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VINI ONIRICI
di CHIARA PASETTI
Come sempre la prima seduta dopo la pausa estiva la riempiva di agitazione. Voleva parlare di tutto
quello che era successo durante l’estate, ma non sapeva da dove cominciare. Anche perché erano
accadute davvero tante cose. Troppe.
- Cosa le hanno detto i sogni in questi due mesi?
- Dottore.. ho sognato tanto. Lui, sempre lui. Situazioni di pericolo, angoscianti. Morivo sempre, e
sempre di morti violente, in situazioni di totale solitudine e abbandono.
- Sono chiaramente sogni generati dai sensi di colpa.
- Sì, me ne rendo conto. Era da tanto che non facevo sogni così cupi. Rodolfo ha sconvolto tutto.
Si sciolse i capelli, come faceva sempre a metà seduta, un gesto che significava abbandono, possibilità di
aprirsi, di sciogliere le resistenze.
- Ce n’è uno in particolare di cui vuole parlare, o sono tutti confusi?
- In effetti ce n’è uno il cui ricordo è ancora molto vivo. Eravamo a casa sua. Atmosfera morbida,
candele, luci soffuse. Aveva preparato lui la cena. Sul tavolo c’erano molte bottiglie. Non saprei dire
quante esattamente, ma erano tante. Ci siamo seduti e abbiamo iniziato a mangiare. Con l’antipasto ha
stappato un Alto Adige Lagrein, Rosato. Poi lo vedo alzarsi e portare in tavola un primo a base di
gamberetti, che io odio… ma lui non lo sa, nemmeno nella realtà dottore, non abbiamo mai mangiato
insieme… ha spostato il rosé su un lato del tavolo e ha aperto un altro vino, bianco, un Gewürtztraminer
profumatissimo, ne sento ancora l’odore se mi concentro. Mi vedo bere quel vino, parecchi bicchieri, e
intanto parliamo. Non ricordo di cosa, ma so che si tratta di discorsi importanti, di quelli delle grandi
occasioni… scelte, paure, difficoltà, sua moglie. Dice che mi ama e che non può vivere senza di me…
mah… e poi ricordo l’ultima bottiglia, un Passito, e una torta al cioccolato (sa che lo adoro, le uniche
cose mangiate insieme sono i gelati al cioccolato, lì andava sul sicuro…). Alla fine siamo sul divano. Ci
baciamo, e sento il sapore dolce della sua bocca. Sensazione languida, intensa. E in quel momento vedo
entrare sua moglie. Luce, rumore. Tutte le bottiglie rimaste sul tavolo esplodono. Il vino scorre sul
pavimento, il rosso si mescola al bianco in un rigagnolo veloce che corre fino al tappeto persiano.
Rumore di vetri. Mi sono svegliata, frastornata, come ubriaca…
- Ci credo, ha bevuto troppo in questo sogno…
- E sa qual è la cosa divertente? La sera dopo il sogno l’ho invitato da me per la prima volta. Gli ho
offerto una birra, faceva caldo. Ha rifiutato. Allora ho proposto di aprire un bianco, avevo in frigo una
bottiglia di Pigato che avevo portato da Savona. Ha detto che lui non beve alcol, e mi ha chiesto un
bicchiere d’acqua.
- Ha presente ciò che scriveva il suo amato Baudelaire vero? Chi non beve vino ha qualcosa da
nascondere...
- Sì… ma scrive anche che gli spettacoli del vino sono immensi, «illuminati dal sole interiore». Il mio
sole interiore ha generato questo sogno, ha rischiarato la strada. Finché ci sarà qualcuno che potrà
entrare nella mia vita e far esplodere tutto, io non sarò mai libera.
Si alzò dal divano dell’analista con un leggero mal di testa. Ma aver raccontato quel sogno la faceva
sentire meglio. Si incamminò pigramente verso l’auto, ripensando alle immagini appena rivissute in
seduta. Nel pomeriggio ricevette una telefonata di Rodolfo, che non sentiva da giorni. Le disse, senza
studiare le parole, di aver lasciato la moglie. Esattamente così. «L’ho lasciata. Io ti amo». Si ricordò
improvvisamente di aver messo nel congelatore una bottiglia di Champagne per festeggiare
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l’anniversario dei suoi genitori… Corse a tirarla fuori, e scoprì che avrebbe dovuto passare la serata a
pulire e asciugare il freezer. La bottiglia era esplosa finendo sulle scatole dei surgelati e sui ghiaccioli. Il
rumore dei vetri che cadevano sulle piastrelle della cucina rimase a lungo nella sua testa.
E poi dicono di non dare troppo credito ai sogni, e che non esistono quelli premonitori…
Sorrise. Era felice. Per la prima volta in vita sua. E libera.
Claire
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