il natocco - Castello di Strassoldo di Sotto
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il natocco - Castello di Strassoldo di Sotto
IL NATOCCO Nota su di un toponimo prediale friulano di Marzio Strassoldo Il fondo Il Natocco è un fondo agricolo adiacente al Castello di Strassoldo. Si tratta di un terreno di forma allungata che si stende in direzione nord-sud, delimitato a occidente in un primo tratto dalla Roggia Milleacque, che poi confluisce nel Taglio, affluente dell’Aussa, mentre ad oriente è segnato dalla Roggia Natocco. Merita osservare che le denominazioni di questi corsi d’acqua sono notevolmente cambiate nel corso degli ultimi secoli. Il nome della odierna roggia Milleacque rappresenta senza dubbio una maldestra interpretazione del termine con il quale localmente veniva indicata la roggia che alimentava due mulini a nord del paese. Nessuno attualmente indica in tal modo questo corso d’acqua, che in friulano viene chiamato semplicemente Roe dal Mulin oppure Ledre1, e che in passato assumeva anche il nome di Roe di Vuanis o Roe di Prevan, o Roe dal Torat, o anche Brente di Vuanis: quest’ultimo appare particolarmente interessante perché si riallaccia all’antico idronimo Brenta2, di origine preromana e probabilmente celtica data la sua diffusione in tutta l’Italia settentrionale, con il significato di “vasca, o conca, o contenitore d’acqua”. Non pare dubbio che dopo la colonizzazione slava al nome Brenta, peraltro sopravvissuto quanto meno fino all’Ottocento, si fosse sostituito, almeno per gli abitatori della sponda di sinistra, il nome di *Milaca, *Milache o *Milachis, che i periti di epoca napoleonica responsabili della redazione del catasto del 1811 interpretarono come “Milleacque”, esprimendo a dir il vero una reale caratteristica del corso d’acqua, che viene arricchito da numerosi rivoli di risorgiva da cui si forma il fiume. Il Milaca si congiunge con un ramo artificiale del Taglio, scavato tra i castelli di Sopra e di Sotto, prendendone poi il nome. Esso confluisce nella località delle Gavanis3, all’estremo sud del parco del Castello di Sotto, con il fiume Taglio, che poi scorre fino a raggiungere Muscoli. Il nome è assai diffuso in aree slavofone: proviene dallo sloveno mlaka “pozza, stagno”, termine derivante dalla radice indoeuropea *melk-, che trova numerosi riscontri in altre lingue di questa famiglia con significati vari legati all’idea di umidità4. Anche il nome Taglio è recente, e fu introdotto dopo i notevoli lavori realizzati dai veneziani nel tentativo di rendere navigabile tale corso d’acqua e aprire un collegamento fluviale tra la fortezza di Palmanova e la laguna di Marano. Antecedentemente si chiamava Imburino5, Imberino6, Limburin7, o, in tedesco, Boren8, da un precedente friulano *Burin, nome che viene usato ancora nel Seicento sotto la forma di Limburit (che appare nella mappa qui pubblicata9 e che è una versione probabilmente derivata da una scorretta lettura di Limburin). Si tratta di un idronimo legato ad un antico termine indoeuropeo *bothros “fossa”, che trova riscontri nel greco e nel latino e da cui derivano i toponimi friulani Buttrio, lombardi ed emiliani Budrio e toscani Botria10. 1 Ad oriente il fondo è delimitato dalla Roggia Natocco, la Roe da l’Atoc, che nasce da una piccola sorgente sgorgante dal piede della strada provinciale del Taglio e che passa dietro le case del Borgo Natocco. Essa viene arricchita dalle acque della *Roe dai Buions, o *Roe des Lamis, il “Canale dei Fontanili”, come viene chiamato dai tecnici del Consorzio di Bonifica, che nasce dalla grande risorgiva di Perusin, lis Lamis di Perusin, visibili all’estremo limite meridionale del parcheggio comunale inerbato che si stende lungo i vigneti dell’Azienda viticola Zonin. Dopo i lavori di rettificazione e sistemazione condotti nei tardi anni Quaranta dal Consorzio di Bonifica, essa ha consolidato il suo nome tratto da quello del fondo, cui si sovrappone talvolta il nome di “Bunifiche”. Un tempo portava il nome di Roggia Cistigna, o Roggia Castagna e cioè dei terreni boscosi che si estendevano a oriente di Strassoldo, in direzione di Joannis, Novacco e Molindiponte, ivi compreso il grande bosco che circondava il Molino del Ponte, il delizioso borgo distrutto negli anni Sessanta dall’Azienda agricola del Lloyd Adriatico, ora Zonin. Il toponimo Cistigna è un toponimo slavo, derivante dal verbo čistiti “pulire”, qui con il significato di “luogo disboscato, radura”11. Successivamente è stato assimilato al termine cjastine, castagna, da cui è derivato il nome italiano di “Bosco Castagna” 12, forse anche per la presenza di qualche ippocastano che nel Seicento è stato introdotto anche nei fondi agricoli delle pertinenze del Castello: basti pensare che lo stradone del Natocco inizia e finisce con una macchia di ippocastani, cui si aggiunge quella che è stata piantata nel suo punto centrale. Vale la pena di ricordare che il nome Cistigna è stato reintrodotto recentemente, ricavato da documenti d’archivio: per questa ragione viene pronunciato “cistigne” e non, come sarebbe naturale, *sistigne, come osserva la Marcato13. Non un “fossile” toponomastico, quindi, ma la ripresa anche fonetica di un toponimo antico, ormai scomparso nel linguaggio comune. Vale la pena di ricordare che si distingue tra Natoc, costituito dalla parte maggiore del fondo, e Natocut, la punta meridionale, di forma triangolare, che è delimitata a nord da un fosso trasversale. La Mappa pubblicata di seguito (Fig. 1) fa apparire che su tale confine correva il tratto terminale, o un ramo, della Roggia Cistigna. Il fondo, costituito da terreni argillosi asciutti, privi di risorgive, appare di antica utilizzazione agricola e industriale. La suddivisione catastale fa emergere le tracce di una abitazione verso il centro del fondo, verso oriente (Fig. 2), mentre l’osservazione diretta fa dedurre la presenza di una antica fornace romana, come dimostra l’emergere ad ogni aratura di numerosi laterizi costituiti soprattutto da embrici. Il fondo è percorso interamente da un lungo e rettilineo stradone di realizzazione probabilmente seicentesca. Il nome I fiumi Milaca e Imburino segnavano un antico confine etnico tra i territori concessi alla colonizzazione slava nel 900-1000 d.c. dopo lo spopolamento provocato dalle devastazioni ungare, e che si raccoglievano intorno ad Aiello (Joannis, Novacco, Visco, Jalmicco, Crauglio, San Vito degli Schiavi, Tapogliano, Versa, Medea), e i territori rimasti romanzi che si ponevano ad occidente di tale limite. Ad est la microtoponomastica rimane ancora compattamente di matrice slava, salvo la conservazione di una rete superiore di toponimi di origine romanza (Aiello, Alture) e l’introduzione di toponimi friulani in tempi più recenti dopo l’assimilazione dei coloni slavi : i campi, i fossi, i boschi, le sorgenti portano tutti nome slavo. Sul lato occidentale la toponomastica appare al contrario sistematicamente romanza, senza alcuna presenza slava, salvo alcune sporadiche eccezioni13. Vi è solo qualche presenza germanica, come Strassoldo14, Borenuf15, Lombardia16, Azmurgen/Smurghin1 7 (l’antico nome 2 della zona di Castions delle Mura, Campolonghetto, Villafranca, Cerclaria), legate alla lingua degli antichi dominatori. È facile quindi individuare in un termine slavo l’origine del nome del fondo: si tratta di otok “isola”, che per il fenomeno fonetico dell’akanje (attivo in molte aree slavofone) dove una o atona si apre in a, si trasforma in Atok. Tale fenomeno fonetico è tipico delle parlate slave alpine, il che fornisce anche un indizio importante per individuare l’origine dei coloni slavi che furono chiamati a ripopolare la zona dopo le devastazioni ungaresche del secolo X. Documentazione Le citazioni del nome trascritte da documenti antichi sono le seguenti: Ottochum 1300 in Ottocho parvo e in Ottocho magno, in “Thesaurus Ecclesiae Aquileiensis”, 269, da DI PRAMPERO, A., Saggio di un glossario geografico friulano dal VI al XIII secolo. Il collegamento con il nostro Natocco è effettuato da DE LUISA L., Strassoldo - Nell’Agro di Aquileia, p. 59. Si noti tuttavia che i due termini appaiono in un documento che riguarda il Castello di Arisperg, in prossimità del Castello di Antro, nella valle del Natisone, che per un certo periodo fu peraltro degli Strassoldo18. I due toponimi tuttavia, malgrado la citazione del De Luisa, probabilmente non riguardano Strassoldo, riferendosi piuttosto a due fondi situati nella valle del Natisone, nella zona di San Giovanni d’Antro, comune di Pulfero. Infatti il documento del 1300 pubblicato nel “Thesaurus” riconosce l’infeudamento a favore di un Janzil de Arispergo di un manso e mezzo sito in Ottocho parvo e di mezzo manso in Ottocho magno. Tali fondi sono citati tra altri situati nella Villa di Arisperg, sotto il castello omonimo, l’attuale Biacis, e la vicina villa di Cras. Appare pertanto molto probabile che tali fondi facessero parte delle pertinenze di quel castello. Anche se in comune di Pulfero non si rintracciano attualmente fondi in forma di isola, va detto che le dimensioni dei fondi citati non sono compatibili con quelli dell’Ottocho parvo di Strasssoldo che misura appena 28.600 mq, non in grado di contenere il manso e mezzo citato, pari a 126.000 mq. complessivi, a meno che non si ipotizzi un successivo restringimento dei suoi confini. E’ pertanto improbabile che i due fondi fossero situati nel Natocut e nel Natoc, che - merita tuttavia ricordare - furono a lungo di proprietà degli Strassoldo Soffumbergo. I documenti testimoniano comunque di antichi rapporti tra i territori delle Valli e della Pedemontana orientale con Strassoldo. Il Mulino del castello di Strassoldo, di proprietà patriarcale, fu ad esempio nel 1275 infeudato ai Signori di Soffumbergo, prima dell’ infeudamento di tale castello agli Strassoldo stessi. Il Capitano di Tolmino nel Quattrocento si approvvigionava periodicamente di vino a Strassoldo19, malgrado la presenza di tanti vigneti nel Cividalese. Otoch 1475 In territorio vocato Otoch, acquam Cistignam apud magnam Silvam apud flumen Strassoldi, Archivio Provinciale di Gorizia, citato da DE LUISA, L., Strassoldo - Nell’Agro di Aquileia, p. 59. Natoc 1475, Archivio Provinciale di Gorizia DE LUISA, L. Strassoldo-Nell’Agro di Aquileia, p. 103. “Pal Natoc, o ai vidut...”, villotta raccolta a Strassoldo negli anni 20. DE LUISA, A. e L., Tradizioni e costumi a Strassoldo e 3 nel Cervignanese, p. 76. “Tal Natoc e jé le semule…”, villotta raccolta a Strassoldo negli anni Venti, in DE LUISA, A. e L., Tradizioni e costumi a Strassoldo e nel Cervignanese, p. 76. Natocut 1475, Archivio Provinciale di Gorizia. DE LUISA, L., Strassoldo - Nell’Agro di Aquileia, p. 103. Latoc 1674, 1679, Urbari Strassoldo, Archivio Provinciale di Gorizia. DE LUISA, L., Strassoldo Nell’Agro di Aquileia, p. 58. Latoch Mappa censuaria 1812, f. IX, V. MARCATO, C., La storia e l’ambiente attraverso i toponimi, in STRASSOLDO M., Castello, comunità e giurisdizione di Strassoldo: ottocento anni di storia, p. 34. Latoch 1527, Confinazione Monache di Aquileia per Alture, Archivio Museo di Aquileia, citato da PUNTIN, M. Pertegulis, Riuda, Toponomastica del territorio, Comune di Ruda, 1990: “rugia vocata latoch”. Si tratta di un corso d’acqua che forse coincide con l’attuale roggia Accronica, e che traeva il nome da una antica isola a sud di Alture, tra Saciletto e Muscoli. Letoc 1632, Riconfinazioni nella zona di Oleis. Indica un fondo ad ovest di Oleis, in prossimità del Natisone e dell’antico guado Vât dal Lôf, e viene citato anche nella forma di Lettoc, Attoc, Atoc. Si veda BELTRAME. F., PERUZZI, V., PUNTIN, M., Antichi toponimi del Comune di Manzano. Storia e significato, Comune di Manzano s.d. Lotoc Forma orale in uso a Muscoli, secondo MARCATO, C., PUNTIN, M., La toponomastica del territorio comunale di Cervignano, in “Alsa”, n. 10, 1997, p. 29. Attoc In Comune di San Canzian d’Isonzo, sulla Sdobba. Viene citato anche nella forma di Othoc. A sud-ovest del capoluogo si rintraccia anche un Latoch. Si veda PUNTIN, M., Sclavoni nell’Oltreisonzo medievale, in COSTANTINI, E., (a cura di), Slovenia, Società Filologica Friulana, Udine 2003, pp. 559-566. Si può constatare come nella documentazione d’archivio convivano tre versioni: Otoch, Latoc e Natoc. La prima riproduce la versione originaria di otok, isola, mentre le seconde sono l’effetto del processo di trasformazione della o atona in a, e della successiva agglutinazione dell’articolo o della preposizione. La versione friulana Accertato che il toponimo è di origine slava ed ha il significato di “isola”, che corrisponde esattamente alla conformazione geografica del fondo, si tratta di individuare la forma friulana più corretta, da utilizzarsi anche nella segnaletica stradale. 4 Appare comunque sicuro che sul toponimo abbia influito la trasformazione, tipica nelle parlate slave alpine della Carinzia e dell’Alto Isonzo, della o atona iniziale in a, e quindi anche se in due citazioni, del 1300 e del 1454, si riporta la versione Otok, questa sembra convivere con quella in a, e cioè Atok, che poi genera le due forme friulane rispettivamente Natoc e Latoc. La prima deriva da una concrezione della preposizione in, che ha esteso la n al nome seguente iniziante per vocale (in Atoc > in Natoc), come nel caso di Niculèa e Naculèa per Aquileia, Natarù per Oltrerugo di Castelnovo, Nert per Erto, Negrons per Agrons, Naruedule per Arrodola, ecc. La seconda ha origine invece dalla concrezione dell’articolo determinato maschile “l’”, o dalla preposizione articolata “tal” (tal Atoc > tal Latoc). Si noti che tuttora dagli anziani del paese, che non sono abituati a leggere la versione scritta, incorporata nel tavolare o nella cartografia o nei libri sotto forma di Natocco, si sente dire che si deve andare o che si abita, o si lavora tal Atoc, senza raddoppio della l. La forma orale attuale, che coincide con alcune versioni scritte nelle registrazioni tavolari meno recenti e in documentazioni ancora più antiche, è quindi Latoc, oppure Atoc mentre la versione scritta stabilizzatasi in documenti amministrativi o cartografici, è quella di Natocco da Natoc. Per evitare tali oscillazioni del nome a seconda dell’articolo e della preposizione che precede il nome, sembra preferirsi la forma originaria Atoc. E quindi Natocco in italiano, perché così stabilizzatosi nella tradizione scritta, amministrativa, tavolare, catastale e cartografica, e anche letteraria, e Atoc in friulano, come risulta dall’uso orale 20. Note 1. Antico idronimo che si trova in varie parti del Friuli e della Slovenia, e che in diversi documenti medioevali viene citato come Ydria (1265), Edra (1294), Idria (1274), Idria (1288), Edra (1294). Per concrezione dell’articolo “l” si passa a Ledra. A esso si legano i nomi degli affluenti dell’Isonzo Judrio e Idria e della nota località slovena di Idria. Altri idronimi o toponimi della stessa origine sono il Ledròn di Maniago, il Nîdras di Forni di Sopra, l’Idresca di Caporetto, il Nidrella di Segnacco, l’Idres di Cassacco. Si tratta di un idronimo prelatino, probabilmente venetico, se non più antico forse legato al primo indoeuropeo, connesso all’idea di acqua, con parentela nei confronti della parola greca “hydor”, di quella germanica “water” e ittita “watar” che appunto significano “acqua”. Si veda DESINAN, C.G., La toponomastica del Comune di Artegna, Società Filologica Friulana, Udine 1972, p. 71-72, e DESINAN, C.G., La toponomastica del Comune di Osoppo, Società Filologica Friulana, Udine 1979, p. 94. Come si è visto tale idronimo si trova anche in altre parti del Friuli, in particolare in comune di Bagnaria Arsa, come nome alternativo, di tradizione orale, della roggia Armentarezza. Vedasi TIUSSI, C. (a cura di), Bagnaria Arsa. Viaggio tra archeologia, storia e arte, p. 148. Questi ultimi comunque si riallacciano al Canale Ledra che redistribuisce le acque del Tagliamento su gran parte della pianura udinese. Al riguardo si devono notare due curiosi fenomeni di estensione del nome ad aree dove la denominazione non poteva originarsi. E così l’ultima diramazione meridionale delle acque del canale Ledra Tagliamento viene estesa nell’uso locale al Milaca di Strassoldo, in cui si immette all’altezza di Privano, come alla Armentarezza di Sevegliano, mentre il nome di Milaca (Milleacque) risale, almeno nella cartografia, ma non nell’uso locale, alla estrema diramazione meridionale del Ledra, che passa per Trivignano, Clauiano, Jalmicco e Visco, nella pianura asciutta dove non può prodursi il fenomeno della moltiplicazione degli affluenti nascenti dalle risorgive, da cui l’idea delle “mille acque” propria della fascia di risorgenza delle falde freatiche. 2. Si tratta di un antico idronimo preromano, probabilmente celtico, data la sua diffusione in tutta l’Italia settentrionale e soprattutto nelle aree alpine, fino alla Svizzera francese. Esso trae la sua origine dal termine brenta, che ha il significato di “vasca” o “tino d’acqua”. In friulano mantiene il significato di “recipiente d’acqua” ma acquista anche quello di “corso d’acqua”, o nel suo diminutivo brentele quello di corso d’acqua minore, derivato da un corso d’acqua o torrente principale. Si noti che nella Roggia Armentarezza poco a nord di 5 Sevegliano confluisce una Roggia Brentana. Va osservato che brentane in friulano, termine equivalente a montane, si intende una piena di fiume, dal che potrebbe dedursi che il termine doveva essere assai diffuso in Friuli. Il nome si ritrova nella Mappa catastale del 1847, rettificata nel 1851, Sevegliano, foglio 12, citato in TIUSSI, C. (a cura di), Bagnaria Arsa. Viaggio tra archeologia, storia e arte, p. 142. 3. Da Cavana, e cioè lo specchio d’acqua formato alla confluenza dei due fiumi del Milaca e dell’Imburino, o successivamente dei due rami del fiume Taglio, che consentiva la manovra delle barche procedenti in senso opposto. In alcuni disegni seicenteschi sulla sponda occidentale vi vengono raffigurate alcune “cavane”, vale a dire tettoie per il riparo delle barche. 4. Vedasi il dizionario etimologico sloveno SNOJ, M., Slovenskj Etimološki Slovar, p. 407. 5. Imburino. Vedasi la relazione del Provveditore di Palma Nicolò Sagredo, in TAGLIAFERRI, A. (ed.), Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma. Provveditorato Generale di Palma, p. 120. 6. Imberino. Vedasi la relazione di Giovanni Mocenigo, in TAGLIAFERRI, A. (ed.), Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma. Provveditorato Generale di Palma, p. 20. 7. Limburin. Vedasi la relazione di Marc’Antonio Memmo, in TAGLIAFERRI, A. (ed.), Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma. Provveditorato Generale di Palma, p. 63. 8. Boren: la versione in tedesco di Imburino, come risulta dal toponimo Borenuff o Bornuff che appare negli Urbari di Casa Strassoldo del Quattrocento, trascritti nella tesi di laurea BENES, P., L’urbario della famiglia Strassoldo degli anni 1448-1454, parte II, p. 35. Si tratta dell’indizio di una primitiva denominazione friulana del tipo *Burin. 9. Una rappresentazione del Natocco quale si configurava alla metà del Seicento è data dalla Mappa dovuta al perito Antonio Calligaris, datata 1669, che si custodisce negli Archivi provinciali di Gorizia. Il fondo è già percorso longitudinalmente dal lungo stradone tuttora esistente che punta sul campanile di San Nicolò e che non è chiaro dove si raccordasse al paese. Il Limburino (Limburit) appare già rettificato dai lavori dei veneziani, mentre la Roggia “Castagna” presenta un andamento ancora assai sinuoso, successivamente corretto dai lavori di bonifica del 1947-1949. Un fosso trasversale al confine meridionale del “Broilo” collega il Limburino alla “Castagna”. A sud del Taglio collegante il Limburino al Milaca e che separa tra loro i due Castelli, e dove lo Stradone sembra terminare, viene presentata una sistemazione dei terreni, comprendenti il Castello di Sotto e l’attuale Parco, di carattere geometrico, suddiviso in 16 quadrangoli regolari, che forse prefigura l’originario assetto del Parco, che in effetti in una mappa della fine del Settecento appare diviso in una serie di grandi aiuole quadrangolari. Il fondo è suddiviso latitudinalmente in una serie di comparti regolari. Il fosso che distingue il Natoc dal Natocut appare costituito dal tratto finale della “Castagna” che sembra tagliare la punta del fondo. Altra particolarità è costituita dalla presenza nella parte meridionale a ridosso della Cistigna di un “Bosco che doverà redursi in Prato”. 10. Vedasi PELLEGRINI, G. B. - FRAU, G., I nomi dei castelli friulani, p. 291. 11. Si veda MARCATO, C., La storia e l’ambiente attraverso i toponimi, p. 35. 12. Si veda MARCATO, C., La storia e l’ambiente attraverso i toponimi, p. 31. 13. Una eccezione sembrerebbe costituita dagli idronimi indicati dalla relazione del Provveditore di Palma Marc’Antonio Memmo del 1599, secondo cui la roggia Castra sarebbe stata formata da tre fontane, chiamate Compadril, Potocchio e Malachia, che sgorgano nei dintorni di Sevegliano. Mentre il primo idronimo appare friulano, i secondi sono di origine slava. Il fatto è che questi nomi sono scomparsi nell’uso attuale, sostituiti dai nomi attuali delle rogge Giuliana, Franca e San Gallo, per cui non è facile individuare il fontanile che portasse il nome di Malachia o Milaca. Va però detto che in un documento del 1508 viene citata nella zona di San Gallo una Mlachja che forse coincideva con l’attuale Roggia di San Gallo. A questi si aggiungano gli idronimi di Roggia Posseche, che scorre in Castions, e del Potoch che dà il nome anche ad un bosco nella zona di Sevegliano, citato nel 1586, e il microtoponimo di Doline, il nome di un terreno a sud di Bagnaria. 14. Per l’origine del nome si vedano PELLEGRINI, G. B. - FRAU, G., I nomi dei castelli friulani, p. 280 e MARCATO, C., La storia e l’ambiente attraverso i toponimi, p. 28. 6 15. Il Ponte di Borenuf si trova citato più volte negli urbari della famiglia Strassoldo. Si veda Nart de Ronchis paga, per la casa apresso el ponte de Bornuff…(p.149) ; Nart de Ronchis paga, per la stalla de Borenuff…(p. 35); Thion de Ialmich paga, per l’altra casa apresso in ditto Bornuff…(p.302), in BENES, P. , L’urbario della famiglia Strassoldo degli anni 1448-1454, parte II, p. 35. Tesi di laurea Università di Trieste, AA. 1978-79. L’origine del nome appare chiaramente tedesca: Borenuf, sponda dell’Imburino. 16. La documentata presenza longobarda nelle zone di Castions e di Bagnaria fa supporre che tale toponimo facesse riferimento ad un insediamento di tale origine. Tuttavia, non essendovi finora registrate attestazioni documentarie o archeologiche antiche, può darsi che il toponimo sia legato a qualche insediamento più recente di coloni di origine lombarda. La questione è comunque ancora da approfondire. Vedasi TIUSSI, C. (ed), Bagnaria Arsa. Viaggio tra archeologia, storia e arte, p. 148. 17. Sul personaggio di Azo de Azmurgen si veda l’articolo di GRION, G., Leggenda e storia onomastica, in “Pagine Friulane”, anno XVI, n. 8, 1901, pp. 113-117. Ma anche MARCATO, C., Sull’origine del nome “Smurghin”, in Alsa, n. 6, 1993, pp. 24. 18.Vedasi CZOERNIG, C., Gorizia, Cassa di Risparmio di Gorizia, Gorizia 1969, p. 571. 19. BENES, P., L’urbario della famiglia Strassoldo degli anni 1448-1454, parte II, p. 35. Tesi di laurea Università di Trieste, AA. 1978-79. 20. Si ringrazia il dott. Franco Finco per le preziose indicazioni di ordine linguistico riguardanti il passaggio da Otok a Natoc e Latoc. Bibliografia DE LUISA, A. e DE LUISA, L., Tradizioni e costumi a Strassoldo e nel Cervignanese, Proloco Strassoldo, Missio, Udine 1978. DE LUISA,L., Strassoldo - Nell’agro aquileiese, Miani, Udine 1992. ANONIMO, Thesaurus Ecclesiae Aquilejensis, Tipografia Mandari, Udine 1847. DI PRAMPERO, A., Saggio di un glossario geografico friulano dal VI al XII secolo, Antonelli, Venezia 1892. MARCATO, C., La storia e l’ambiente attraverso i toponimi, in STRASSOLDO, M., Castello, comunità e giurisdizione di Strassoldo: ottocento anni di storia, Proloco Strassoldo, Missio, Udine 1990, pp. 25-43. PELLEGRINI, G. B. - FRAU, G., I nomi dei castelli friulani, in “Studi Linguistici Friulani”, Vol. 1, Udine 1969, pp. 257-315. SNOJ, M., Slovenski Etimološki Slovar, Modrijan, Lubiana 2003. STRASSOLDO, M., Il castello di Strassoldo, Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli Venezia Giulia, Cassacco 1981. STRASSOLDO, M., Castello, comunità e giurisdizione di Strassoldo: ottocento anni di storia, Proloco Strassoldo, Missio, Udine 1990, pp. 25-43. TIUSSI, C. (a cura di), Bagnaria Arsa. Viaggio tra archeologia, storia e arte, Comune di Bagnaria Arsa, Tavagnacco 2000. 7