Primo contributo all`analisi formale della zootoponomastica del

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Primo contributo all`analisi formale della zootoponomastica del
Primo contributo all’analisi formale della zootoponomastica del Piemonte montano
Alberto Ghia – Università di Torino
Nel designare lo spazio che lo circonda, l’uomo da sempre ha fatto ricorso al suo ricco bagaglio di
esperienze e di credenze e, tramite lo studio della toponomastica, «è possibile leggere, come in
trasparenza, gli elementi che sono stati importanti nella vita materiale e spirituale di coloro che
questi nomi li hanno scelti e fissati» (Rivoira 2012: 107). Un aspetto che riveste una grande
importanza è sicuramente la condivisione degli spazi tra uomo e mondo animale; per tal motivo,
approfondire lo studio della zootoponomastica, ovvero delle denominazioni di luogo in cui si
riscontrano appellativi animali, è interessante sotto vari punti di vista.
Si è analizzato il corpus toponomastico dell’Atlante Toponomastico del Piemonte Montano,
progetto di ricerca dell’Università degli studi di Torino, costituito da circa 70.000 microtoponimi1;
dall’interrogazione del data base, è stato possibile individuare circa 1700 zootoponimi,
corrispondenti a poco più del 2,5% dell’intero corpus. Sono pertanto stati esclusi quei toponimi che,
al loro interno, contengono nomi di animali che gli informatori riconducono a soprannomi o
cognomi, come, ad esempio, [aŋ kɑ del raˈtei̯ ŋ] (Vèsime° PI ‘in casa del Topo (dim.)’, dal
soprannome del proprietario) 2 o [ai̯ ɡɑi̯ ] (Castelletto Uzzone° PI ‘ai (luoghi dei) Gallo’, dal
cognome più diffuso tra i residenti), benché sia noto che, in alcuni casi, le motivazioni
antroponomastiche fornite dagli informatori possono delinearsi come facili soluzioni a motivazioni
divenute oscure – e che possano delinearsi come reinterpretazioni di toponimi originariamente
creati con una componente motivazionale animale – mentre sono stati inclusi quei toponimi la cui
componente zoonimica è, con buona probabilità, l’esito della reinterpretazione, da parte dei
parlanti, di un appellativo geografico divenuto opaco3: tali soluzioni sono state adottate nel rispetto
delle motivazioni fornite dagli informatori durante le inchieste e dunque del loro aspetto sincronico.
All’interno del corpus, si è deciso di focalizzare l’attenzione sui toponimi che vengono formati a
partire dai nomi degli animali selvatici, ovvero quegli animali che l’uomo non ha addomesticato,
per la pluralità di ruoli (tanto simbolici, quanto economici) che le società hanno attribuito ad essi.
Nella comunicazione si intende mostrare i risultati dell’analisi strutturale e formale condotta su tale
gruppo di toponimi: all’interno del toponimo infatti si possono isolare tanto elementi di significato
lessicale quanto di significato funzionale, variamente legati tra loro.
Tra gli elementi di significato lessicale si trovano, oltre agli zoonimi, appellativi geografici; come si
mostrerà, alcuni di questi ultimi sembrano essere più frequentemente coinvolti nella
zootoponomastica, e, allo stesso modo, non tutti gli animali hanno lo stesso peso nel corpus: alcuni
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Il progetto di ricerca – in breve, ATPM – prevede, per ogni punto di inchiesta (coincidente con i comuni che
costituiscono le comunità montane piemontesi), la raccolta sistematica del patrimonio microtoponimico tramite
inchieste di natura sincronica condotte sul campo; per un quadro più dettagliato dei metodi di inchiesta si veda
l’introduzione alle singole monografie (Gendre-Jalla 1993). Lo status attuale delle raccolte non copre uniformemente
l’area oggetto di inchiesta, ma la mole di dati raccolti permette comunque di poter avanzare alcune inferenze di
carattere tendenziale.
2
Si spiega sinteticamente la citazione del toponimo: la stringa toponimo appare trascritta in IPA, per agevolarne la
lettura; tra parentesi, è indicato il Comune nel quale il toponimo è stato raccolto, eventualmente seguito dal simbolo °,
che indica una inchiesta terminata, sottoposta a revisione da parte della redazione e pubblicata, la sigla dell’area
linguistica della parlata (FP: francoprovenzale; LI: ligure; LO: lombardo; OC: occitano; PI: piemontese; WA: Walser)
e, tra apici, il significato offerto dagli informatori. Si segnala che, in bibliografia, sono riportati solamente i volumi da
cui sono stati estratti esempi al fine di realizzare tale proposta di contributo.
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Molti studi mettono in guardia il ricercatore alle prime armi dalle sviste etimologiche in cui si può incorrere, se non si
considera il fenomeno con la dovuta attenzione; un esempio di tale fenomeno di opacizzazione e reinterpretazione,
considerando quanto sostenuto da Nouvel 1980, può essere esemplificato dal toponimo [ˈkanta ˈkykːu] (Tagliolo
Monferrato° PI ‘Canta Cuculo’), la cui struttura è affine ad alcuni toponimi francesi che presentano lo stesso modello
formale, cantare + zoonimo; secondo l’autore, l’attuale struttura e la loro motivazione sono sorte in seguito
all’opacizzazione di due radici preindoeuropee, di cui la prima sarebbe rappresentata da *kan-t ‘pietra’, mentre la
seconda ovviamente dipende dall’animale “cantante”: nel caso di [ˈkykːu], è possibile riconoscere una radice pre
indoeuropea *kuk- ‘altura’ (Rousset 1991: 91).
sono molto frequenti, come il lupo (141 occorrenze), l’orso (75 occorrenze), la volpe (70
occorrenze) e l’aquila (55 occorrenze), mentre altri presentano una scarsa attestazione: ad esempio,
limitandoci alle denominazioni degli insetti, si segnala che il bombo, il calabrone, la lucciola, il
moscerino e il maggiolino presentano un’unica attestazione.
Per quanto riguarda il rapporto tra appellativi geografici e zoonimi, è interessante notare che si
possono delineare dei rapporti di combinazione preferenziali: è il caso del legame tra sporgenze
rocciose e rapaci, di cui si riporta come esempio [lu rok du farˈkət] (Coazze° FP ‘la roccia del
falchetto’). Oltre che nei toponimi complessi, è possibile osservare una certa ricorsività strutturale
anche nei suffissi derivazionali, dove si registra una certa diffusione del suffisso –ARIA: si veda, ad
esempio, [l orˈsjero] (Chiomonte° OC, ‘la zona degli orsi’).
Sarà inoltre opportuno soffermarsi sulla variazione semasiologica degli zoonimi presenti nelle
forme toponimiche raccolte; il modello di inchiesta, rispettoso delle classificazioni tassonomiche di
tradizione orale, fa sì che i dati raccolti si prestino a essere efficacemente analizzati secondo questa
prospettiva. Si considerino come esempi, le denominazioni derivate dalla base latina CRĪBĔLLU(M)
(REW 2321) 4: in quattro casi, l’animale è identificato con il gheppio; in altri tre casi l’animale è
identificato con il falco, termine che non corrisponde a una specie, ma a una classificazione
tassonomica di ordine superiore; in ulteriori quattro casi, l’animale è identificato con la civetta, uno
strigidiforme che con i falconidi condivide solamente la caratteristica di essere un uccello rapace.
Si delineeranno infine le funzioni assunte dagli zootoponimi. A partire dal modello di
funzionalizzazione strutturato da Marrapodi (2006: 88-95) e tendendo sempre presente la duplice
possibilità di impiego dello zoonimo in toponomastica (ovvero in abstentiam o in presentiam,
Gendron 2010: 187), si valuterà se tra la struttura formale del toponimo e la sua funzione possano
essere riscontrati dei rapporti costanti, che contribuiscano a fare chiarezza circa le strategie
toponomastiche dell’area montana del Piemonte.
Bibliografia:
ATPM = [13] Ostana, Alessandria, 1988; [21] Coazze, Torino, 2002; [34] Morbello, Torino, 2008;
[37] Tagliolo Monferrato, Torino, 2009; [45] Chiomonte, Torino 2013; [48] Castelletto Uzzone,
Torino 2014; [49] Vèsime, Torino 2014.
Gendron, Stéphane (2010): Animaux et noms de lieux, Éditions Errance : Paris.
Marrapodi, Giorgio (2006): Teoria e prassi dei sistemi onimici popolari: la comunità orbasca
(Appennino Ligure centrale) e i suoi nomi propri, Quaderni della Rivista Italiana di Onomastica,
Società editrice romana: Roma.
Nouvel, Alain (1980): Des pierres qui chantent, in: Onomastique-Dialectologie, Colloque tenu à
Loches (mai 1978), éd. par M. Mulon, F. Dumas, G. Taverdet, Societé française d’onomastique:
Dijon, pp. 160-165.
REW = Meyer-Lübke, Wilhelm (19353), Romanisches Etymologisches Wörterbuch, Carl Winter
Universitätsverlag: Heidelberg.
Rivoira, Matteo (2012): Nomi di luoghi, in: Duberti, Nicola – Miola, Emanuele (a c.d.), Alpi del
Mare tra lingue e letterature. Pluralità storica e ricerca di identità, Edizioni dell’Orso: Alessandria,
pp. 107-136.
Rousset, Paul-Louis (1991): Ipotesi sulle radici preindoeuropee dei toponimi alpini, Quaderni di
cultura alpina, Priuli e Verlucca editori: Ivrea.
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Riportiamo qui, cursoriamente: [ɾa kirˈvela] (Morbello° PI, ‘il gheppio’); [əl ˈroke d la kriˈvela] (Vèsime° PI, ‘le
rocche del falco’); [le ˈkryˈele] (Ostana° OC, ‘le civette’).