Cerclaria - Castello di Strassoldo di Sotto

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Cerclaria - Castello di Strassoldo di Sotto
Cerclaria, terra di poeti e navigatori
Marzio Strassoldo
Premessa
San Gallo è un territorio compreso nella frazione geografica di Strassoldo del comune di
Cervignano del Friuli. Si tratta di un territorio attraversato dalla Strada provinciale del Taglio a sud,
che collega Strassoldo a Castions delle Mura, e da una strada comunale, già interpoderale, che si
biforca conducendo con un percorso asfaltato da un lato a Campolonghetto e dall’altro sotto forma
di strada bianca fino a Sevegliano. E’ limitato ad ovest verso Campolonghetto dalla Roggia della
Franca e attraversato dalla Roggia di San Gallo che nasce dalle risorgive a sud di Sevegliano e si
immette nella Castra. Prima della sistemazione dei confini italo-austriaci del 1866 era attraversato
longitudinalmente da una strada che partiva da Sevegliano, costeggiava la Casa Bianca e finiva a
Curviera (Cortevecchia), dove sorge la Chiesa di Santa Maria Assunta di Castions delle Mura, e
che poi il confine di Stato finiva per ridurre a strada campestre interrotta dal confine.
E’ probabile che nel Medioevo facesse parte del territorio di Azmurgen, che era posto sotto il
dominio della omonima famiglia, di origine probabilmente longobarda. Si trattava di una zona che
comprendeva certamente Castions e Campolonghetto, che in documenti del XII secolo venivano
accompagnati da questo appellativo, e che probabilmente comprendeva il territorio che ora viene
chiamato San Gallo, se si pensa che in taluni documenti è indicata come Cerclaria di Kjastelonso.
Era costituita da due piccole località. La prima aveva il nome di San Gallo di Sopra o Presis,
confinante o immerso nel bosco Coronis, dove venne costruita la chiesetta di San Gallo, ed un
Mulino, detto Mulinut, o Mulino di San Gallo, o Mulino del Bosco, mentre la seconda era San
Gallo di Sotto identificato da una grande e semplice casa padronale e da un Mulino a cinque ruote
alimentato dalla Roggia di San Gallo, e chiamato prima Mulino di Vignudella e poi Mulino degli
Spiriti. E’ caratterizzato da un certo numero di case sparse ove venivano ospitate le poche famiglie
che si dedicavano alla coltivazione dei seminativi strappati alle risorgive a ai boschi.
Fu da tempo immemorabile giurisdizione dei Signori di Strassoldo, probabilmente succeduti agli
Azmurgen e ai Cerclaria che ebbero il territorio dominato da queste famiglie estintesi nei secoli XII
e XIII. Non è chiaro se gli Strassoldo succedettero per vicende matrimoniali o altre agli originari
dominatori o se semplicemente si trattasse di distinti rami della stessa famiglia che viene citata per
la prima volta come Signori di Lavariano e che dalla fine del XII assunse il nome della
“Cortenuova” costruita a breve distanza dalla “Cortevecchia” (“Curviera”) , e cioè del Castello
costruito sull’ “Isola sulla strada” , la “Strassaue” che poi diventerà Strassoldo.
Azmurgen e Cerclaria
L’odierna San Gallo si chiamava anticamente Cerclaria, etimo latino derivante senza ombra di
dubbio da “quercus” da cui “Querqularia”, che diventa Cerclaria, con il significato di querceto,
unica località in Friuli che porti questo nome (1). Essa si trova anche in altre regioni italiane.
Basti citare la Cerclaria dell’Emilia e la Cerchiaria del bergamasco (2).
Il territorio è legato in origine a due famiglie feudali, gli Azmurgen e i Cerclaria.
Gli Azmurgen furono una famiglia feudale di origine germanica e forse longobarda, che aveva
notevoli interessi a Castions e in numerose località della zona, quali Bicinicco, Cavenzano e altre.
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E’ citata per la prima volta in un atto di donazione del 1129 con cui Azo de Castellon o di
Azmurgen insieme alla moglie Matilde lasciano al Capitolo di Aquileia “casale suum” et “curtem
nostram” situati in Castions e un certo numero di mansi localizzati in Bicinicco, in Cavenzano e in
altre località, che - vale la pena di osservare – sono compresi in territori che da tempo
immemorabile furono giurisdizione degli Strassoldo (3). Il toponimo di Azmurgen è stato studiato
dal Grion (4) e dalla Marcato (5) e malgrado qualche ipotesi riguardanti una possibile derivazione
slava, appare di sicura impronta germanica, longobarda o bavaro-carinziana. Esso è composto di
due parti: Azo, o Azzo, vezzeggiativo di origine longobarda continuazione del gotico Atto, e
Murgen con il significato di terreno paludoso, e quindi inteso come “palude di Azo”. Appare
peraltro più probabile che la prima parte del nome si riferisca alla preposizione di luogo dell’antico
alto tedesco az, con le varianti iz, o ez, con il significato di “presso”: si tratterebbe pertanto di un
“luogo presso la palude” denominazione verosimile e coerente con la natura paludosa di quei
territori. La versione slava invece appare poco probabile, considerando che il fiume “Milleacque”,
costeggiante Strassoldo e Privano, che portava un tempo il duplice nome di “Brente” (friulano) e
“Milaca”(slavo) costituiva un antico confine etnico che separava i territori a colonizzazione slava
posti sulla sua sinistra (Jalmicco, Visco, Joannis, Novacco, Aiello, Alture) da quelli rimasti latini
sulla sua destra (Privano, Sevegliano, Bagnaria, Strassoldo, Castions, Cervignano, Torre di Zuino)
(6). Ad ovest di tale linea i toponimi slavi sono assolutamente eccezionali.
A partire dal 1129 di tale famiglia non si fa più menzione, a meno che non si consideri figlio di
Azo quell’ “Ubaldum filium quondam Azzonis qui professus sum ex natione mea lege vivere
longobardorum” che è citato in un atto di vendita del 1134 stilato ad Aquileia riguardante terreni
siti in “Castelione” e nella località “La case”(7) a favore dell’Abbazia di Sesto. Gli storici
dell’Abbazia propendono per l’identificazione del citato “Castelione” in Castions di Zoppola e non
in quello di Azmurgen, ma le coincidenze onomastiche e il fatto che l’Abbazia di Sesto avesse
proprietà anche nei territori della sinistra Tagliamento rendono più verosimile la tesi della
coincidenza delle due famiglie, anche alla luce di un attento esame del documento del 1134 che non
contiene alcun seppur vago riferimento al Friuli occidentale. Comunque sia, a partire da
quest’ultima data non si trovano più notizie sulla famiglia, che può essersi estinta o può aver
cambiato nome, cosa che si verificava frequentemente in un periodo in cui non esistevano i
cognomi e i personaggi più illustri venivano identificati con il nome e la località in cui erano
insediati o sui quali vantavano diritti feudali.
L’altra famiglia, che non è detto si distinguesse dagli Azmurgen, è costituita dai Cerclaria. Il loro
nome è legato a due personaggi importanti della feudalità friulana, il “milite” Bernardo di Cerclaria
e il poeta di lingua tedesca Tomasino di Cerclaria. Vi è chi ha riferito questi personaggi ad una
famiglia cividalese di provenienze mercantili, non considerando che Bernardo viene chiamato
“miles” e “dominus”, appellativi che ne tradiscono con chiarezza l’appartenenza alla feudalità
friulana (8). Un indizio che indicherebbe l’appartenenza di questi due personaggi ad una famiglia
non feudale potrebbe trovarsi nella dichiarazione con cui Tomasino afferma di essere un “Welsch”,
vale a dire un latino, un friulano di lingua romanza (9). Si può tuttavia ritenere che tale
affermazione non sia da interpretarsi alla lettera, ma nel senso che appartenesse ad una famiglia
germanica trasferita da lungo tempo in Friuli e non fosse scesa recentemente dalla Germania al
seguito di qualche Patriarca tedesco. Appare inverosimile che un friulano di madrelingua
esclusivamente romanza e non tedesca potesse imparare in qualche scuola di Cividale un tedesco di
tale livello da consentirgli di scrivere a poco meno di trent’anni il suo monumentale poema in
perfetta lingua antica alto tedesca. E’ invece verosimile che la sua famiglia si fosse stabilita da
almeno un secolo nella zona di Azmurgen e che avesse acquisito la padronanza della lingua
friulana, senza perdere i suoi collegamenti con il mondo germanico e la lingua tedesca. Il primo
personaggio della famiglia è un tale Bernardo, che appare in un documento del 1145. Il più noto
Bernardo, figlio o nipote del precedente, appare per la prima volta in un atto giudiziale del 1185 in
qualità di testimone (10). Viene ancora citato in un atto del 1188 e nel 1189 appare in un atto di
donazione al Capitolo di Cividale compiuto insieme alla moglie Agnese, alla figlia Adeleyta e alla
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sorella Matilde: si noti che tutti i nomi del gruppo familiare sono tipicamente tedeschi, a parte
quello della moglie Agnese, il che sarebbe non naturale se la famiglia fosse “Welsch”, latina. E’
ancora testimone in un atto del 1190, per apparire infine nell’atto che testimonia della sua attività di
armatore stilato ad Aquileia nel 1197, per finire con il documento sottoscritto a Rialto nel 1198. In
quest’ultimo appare come testimone anche un Corrado di Cerclaria. Di Tomasino di Cerclaria
alcune notizie si ricavano dal suo poema scritto tra il 1215-1216. Dopo la sua morte avvenuta
probabilmente nel 1259 non si hanno più notizie sulla famiglia. Anche in questo caso è probabile
che si fosse estinta o avesse cambiato nome.
Da Cerclaria a San Gallo
Nelle località a nord di Cerclaria appare a partire dal secolo XII una notevole presenza di
possedimenti dell’Abbazia di Moggio, costituita e dotata di beni con il famoso atto di donazione
del conte carantano Chazil (Cacellino), grande feudatario carinziano di origine slava, che vantava
numerosi possedimenti oltre che in Carinzia e nel Canal del Ferro, anche nella pianura friulana, e
che fu probabilmente uno dei protagonisti della colonizzazione slava di vasti territori del medio
Friuli spopolato dalle scorrerie degli Ungari. L’Abbazia di Moggio fu istituita nel 1119 anche per
impulso del Patriarca Voldarico.
Se “Castelunia” e “Banaria”, citati tra i possedimenti
dell’Abbazia, potrebbero essere anche Castions di Zoppola e Bagnarola in prossimità di Sesto al
Reghena, è accertata comunque la presenza di possedimenti mosacensi a Sevegliano e a Villafranca,
località posta tra Sevegliano e Cerclaria (11). Questa presenza diffuse nella zona il culto di San
Gallo, il monaco irlandese che evangelizzò la Svizzera e la Svevia e a cui è intitolata l’Abbazia di
Moggio in qualche modo legata a quella di San Gallo in Svizzera, come è dimostrato dalla
microtoponomastica del comune di Bagnaria Arsa, dove appaiono località come il casale di San
Gallo a Sevegliano e il casale di San Gallo a Campolonghetto, per non parlare delle strade e della
roggia di San Gallo.
Ciò si tradusse nella costruzione a San Gallo di Sopra ai margini o anche al’interno del bosco
Coronis di una chiesetta intitolata a San Gallo (12). Si trattava di una modesta chiesetta campestre
con il campaniletto a vela annessa ad un romitorio o ospizio posti in vicinanza di una antica Strada
che portava ad Aquileia partendo da Ontagnano e sboccando sulla Strada di Germania (Julia
Augusta) a Strassoldo in prossimità della Casa Feresin, la cosiddetta “Strade d’Olee” o “Stradolee”,
una delle tante strade dello stesso nome esistenti in Friuli e collegate al vecchio nome con cui i
friulani indicavano Aquileia, e cioè Olee o Dolee.
Non si hanno notizie sull’epoca in cui fu costruita la chiesetta. Essa viene citata esplicitamente una
prima volta in un elenco di chiese oggetto di specifici lasciti da parte di Bernardo di Strassoldo nel
1334, ove viene citato un legato a favore della Chiesa di San Gallo di Cerclaria. Il nome di
Cerclaria risulta attivo fino al secolo XVI, quando comunque sempre più spesso tra le giurisdizioni
di Strassoldo viene citato San Gallo di Cerclaria, qualificazione che successivamente venne fatta
cadere. Il territorio da alcuni secoli viene definito semplicemente come San Gallo.
Un tentativo di marineria friulana: Bernardo di Cerclaria
Il nome di Cerclaria è legato ad uno dei pochi tentativi di costruire una marineria friulana, che finì
per infrangersi contro la potenza veneziana, che non poteva ammettere concorrenti sul mare.
Accanto al tentativo di Bernardo di Cerclaria i documenti ricordano anche l’iniziativa del
contemporaneo e probabilmente amico Federico di Caporiacco, che, appartenendo alla famiglia che
deteneva il controllo del Castello di Duino, munito di due porti, quello di Duino ai piedi del
castello e quello di San Giovanni in Tuba sul Timavo, che davano immediato sbocco sul mare, e dei
castelli di Zuino e di Porpetto, che si disponevano sui limiti di navigabilità di corsi di risorgiva di
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una certa importanza. Federico di Caporiacco è noto per aver armato una nave destinata a portare
pellegrini e crociati in Terrasanta e di essere incorso nella scomunica irrogata da un suo autorevole
passeggero, il vescovo di Verona Riprando che si era lamentato del trattamento - a suo dire
pessimo - ricevuto sulla nave, che peraltro si era inoltrata in mare in una stagione assai
controindicata, l’autunno 1187, e proprio quando il Saladino riconquistava Gerusalemme. Interrotto
il viaggio, il collerico Vescovo provvide a scomunicare Federico di Caporiacco e a informare di un
tanto il Patriarca Godofredo affinché desse attuazione alla scomunica. Cosa di cui il Patriarca
sembra non si facesse impressionare, se è pur vero che continuò ad servirsi di Federico in iniziative
di qualche delicatezza (13).
Si ha notizia che nello stesso periodo il milite Bernardo di Cerclaria aveva provveduto ad armare
una nave di notevoli dimensioni sempre allo scopo di gestire il trasporto di pellegrini e crociati in
Terrasanta. La nave venne costruita nello squero di Bibons. Si è discusso parecchio dove potesse
collocarsi questo cantiere. Secondo il Leicht doveva trattarsi di Biverons, posto sulla sinistra del
Livenza poco sotto Torre di Mosto (14). Per un moderno che conosce la spiaggia di Bibione,
sarebbe naturale farla coincidere con quella località, se non fosse attendibile l’ipotesi di Frau (15)
secondo la quale Bibione sarebbe un toponimo di recente coniazione, ripreso da un toponimo della
laguna di Marano. Secondo Paschini è inverosimile che Bernardo dovesse rivolgersi ad un cantiere
tanto lontano dalla sua Cerclaria o dalla sua Cividale, e tende a individuare la località nell’isola di
Bibiones, che è collocata in una cronaca medioevale tra Grado e Caorle, e quindi probabilmente
nella zona di Marano (16). E infatti qui esiste un’isola, forse un tempo collegata con la terraferma,
che si chiama Biuni, l’esito finale di una evoluzione linguistica che, attraverso Bioni e Biones, porta
a Bibons.
La nave doveva essere di ragguardevoli dimensioni, giacché risultava dotata di venti ancore,
numero che individua i navigli dotati delle stazze maggiori, di due barche, di cinque vele e 24 remi
Anche il suo valore appare notevole se viene stimato in 5.000 libbre, importo che viene ricostruito
considerando che il valore di quattro carati ammontava a 200 libbre.
La vicenda ci è stata trasmessa da alcuni documenti. Con il primo, sottoscritto a Cividale nel 1197,
Bernardo si impegna con una fideiussione ad adempiere una obbligazione nei confro nti del Doge
di Venezia, di cui non è noto il contenuto, ma che probabilmente riguardava l’impegno ad operare
da Rialto. Il secondo documento porta la data del 22 aprile 1198 con il quale Leonardo di Tarcento
garantisce una promessa di Bernardo al Doge di Venezia, che aveva già trovato la fidejussione di
molti altri nobili friulani. L’iniziativa era stata finanziata anche dal Patriarca che evidentemente
guardava all’intervento con un certo favore tanto da dare in prestito 100 marche con la garanzia di
Giovanni di Zuccola e di Warnerio di Cucagna con atto del 30 novembre 1197. Con atto 18
settembre 1197 Sebastiano Ziani di Caorle aveva acquistato da Bernardo 4 dei cento carati in cui
era divisa la nave, per 200 libbre. Evidentemente per avviare la sua iniziativa Bernardo aveva
dovuto superare difficoltà finanziarie non indifferenti.
Nello stesso anno 1198 Sebastiano Ziani cede al Doge la sua quota di partecipazione. Il che fa
intravvedere come Venezia, sia acquisendo una parte della proprietà della nave, sia ottenendo o
imponendo l’approdo di Rialto, aveva acquisito il controllo dell’iniziativa.
Dopo il 1198 non si hanno più notizie di Bernardo, per cui si può ritenere che fosse scomparso poco
tempo dopo l’avvio della sua iniziativa. Come per l’iniziativa di Federico di Caporiacco, così per
quella di Bernardo di Cerclaria questi tentativi di portare il Friuli in mare vennero rapidamente
spenti dalla potenza veneziana.
Un personaggio significativo della letteratura medioevale tedesca: Tomasino di Cerclaria
A Ceclaria è legato anche un personaggio significativo della letteratura tedesca del Medioevo. Si
tratta di Tomasino di Cerclaria che nell’inverno 1215-1216 scrisse un poema didascalico in lingua
tedesca indirizzato alla nobiltà del
Friuli e della Germania con l’intento di insegnare i
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comportamenti più consoni al rango e alle responsabilità di tale strato sociale. In quel periodo si
assisteva ad un processo di rilevante germanizzazione del Friuli. I Patriarchi erano tutti di origine
tedesca e portavano con sé dalle regioni di provenienza amministratori, feudatari, uomini d’armi,
cortigiani, prelati. Nella corte patriarcale si parlava tedesco, come in tutti i castelli costruiti e poi
presidiati da famiglie di origine germanica. In talune famiglie feudali del Friuli orientale è certo che
la lingua tedesca ha convissuto per secoli con quella friulana ed è probabile che non abbia mai
cessato di essere impiegata anche ai giorni nostri, attraverso la prolungata appartenenza di tali
territori all’Impero. Gli strati alti della società, quali i feudatari, i prelati, i grandi commercianti, gli
amministratori, i notai provenivano dalle regioni tedesche, vicine come la Carinzia, il Tirolo e la
Baviera, o lontane come la Svevia, la Franconia, la Sassonia, la Boemia. In altri termini se avesse
continuato nel suo ruolo di governo il Patriacato ghibellino, controllato dall’Impero, si sarebbe
affermato in Friuli quel processo di germanizzazione che invece si protrarrà fino alle estreme
conclusioni nel Sudtirolo
che in quegli anni da terra
prevalentemente ladina diverrà
completamente tedesca, respingendo la locale popolazione romanza in alcune valli laterali, quali la
Val Badia, la Val Gardena nonché la Val Venosta, che solo successivamente cederà al predominio
dell’elemento germanico. Tanti tratti distintivi dell’identità friulana è scaturita da questa secolare
presenza tedesca, che poi verrà completamente assorbita dall’elemento friulano, lasciando qualche
traccia significativa nel lessico, nella toponomastica e nel vocalismo, ma soprattutto nel sistema di
valori e nei comportamenti della comunità friulana, quali il senso della legge, dell’ordine, del
lavoro, dell’impegno e della parola data. Espressione importante di questo clima culturale è l’opera
di Tomasino, che dopo aver composto un’opera in lingua provenzale, che rappresentava la lingua
letteraria per eccellenza di tanta parte dell’Europa di allora, diffusa nelle città e nelle corti dai
trovatori d’Occitania, che egli indica come l’Ensenhamens, andato perduto ma i cui contenuti sono
in parte trasposti nell’opera principale, ha consegnato alla letterature tedesca un’opera poetica di
qualche valore, il Wälischer Gast, o Welhische gast, l’ospite latino, che occupa una posizione non
trascurabile nella letteratura tedesca del Medioevo. Si tratta di un lungo poema didascalico
composto di dieci libri e di 14.752 versi accoppiati dalla rima, redatti in stile semplice e in un
tedesco meridionale, dalle assonanze bavaro-carinziane e tirolesi, che doveva essere il tedesco
parlato in quei tempi in Friuli. Lo stile è corretto anche se non particolarmente ricco dal punto di
vista lessicale, tipico di chi conosceva il tedesco come seconda lingua.
Elementi significativi della biografia di Tomasino emergono dai suoi versi. Ci tiene a dire che è
nato in Friuli, che è un “Welsch”, un “Walich”, vale a dire un friulano di lingua romanza e cioè
friulana, e si firma come Thomasin von Zerclere. Quando si mise a scrivere la sua opera aveva
poco meno di trent’anni e quindi doveva essere nato intorno al 1185. Frequentò qualche scuola di
Cividale o di Aquileia, si ordinò probabilmente sacerdote e visse alla corte del Patriarca Wolfger di
Erla, già Vescovo di Passau, che fu Patriarca dal 1204 al 1218. Fu forse presente in qualche corte
dell’Italia settentrionale e certamente nel campo di Ottone IV in Val Lagarina, che seguì insieme al
Patriarca alla sua incoronazione a Roma il 4 ottobre 1209. Contrariamente a quanto scrive qualche
suo biografo, la sua famiglia non apparteneva al ceto mercantile di Cividale, ma alla feudalità
insediata nella Bassa Friulana, come denuncia il nome legato alla località di Cerclaria, e gli
appellativi con cui viene chiamato il padre o lo zio, quel Bernardo di Cerclaria di cui si è parlato
sopra, ed anche la natura dell’opera che difficilmente avrebbe attratto l’attenzione del figlio di una
famiglia mercantile. Si è visto come Bernardo viene chiamato “miles” e “dominus”, il che significa
che la famiglia faceva parte della nobiltà feudale che era interamente di origine germanica, come
sembra arguirsi anche dalla onomastica familiare che è tutta germanica. Probabilmente si trattava di
una famiglia di antico insediamento che aveva avuto il tempo di inserirsi pienamente nell’ambiente
friulano della zona di Azmurgen e apprendere la lingua friulana come principale, forse perché la
madre era di tale lingua (si osservi che la moglie di Bernardo – unica tra le donne della famiglia porta un nome che non è germanico, Agnese: se era friulana e madre di Tomasino, si spiega perché
la lingua materna di Tomasino era “Walich” e cioè friulana), pur mantenendo viva quella tedesca: è
infatti improbabile che il tedesco studiato da principiante in qualche scuola cividalese lo ponesse in
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grado di scrivere a poco meno di trent’anni una tale opera. Appare comunque chiaro che Tomasino
dichiari con qualche orgoglio di essere nato in Friuli e di essere di lingua friulana. E un indizio che
Tomasino appartenesse alla famiglia nobile dei Cerclaria si può forse trarre dalla esortazione che
egli rivolge ai cavalieri tedeschi di prendere la via del mare: un chiaro riferimento alla impresa del
padre o dello zio Bernardo, o una mera risposta ad un clima generale di favore per l’avventura
crociata? Non può peraltro escludersi l’ipotesi – mai peraltro espressa dalla letteratura - che
Tomasino non appartenesse alla famiglia dei Signori di Cerclaria e che avesse assunto il
patronimico per qualche ragione di familiarità con i Cerclaria stessi o comunque per la sua
provenienza dalla medesima località. Esistono numerosi casi di personaggi Savorgnan, Prampero,
Strassoldo che portavano il nome ma non appartenevano alla famiglia feudale di quel nome.
Dal 1216 non si hanno ulteriori notizie sulla sua vita, che non lascia tracce nella documentazione
letteraria o d’archivio e la data della sua morte appare puramente ipotetica
Il giudizio della critica sull’opera di Tomasino è controverso. Il Marchetti definisce il volume come
una prolissa versificazione didascalica. Le storie più recenti della letteratura tedesca lo rivalutano,
dandone un giudizio positivo: “Sembra che Tomasino non conoscesse per lettura diretta i poemi
epici francesi: conosceva certamente quel tanto che sui loro eroi e sulle loro eroine risultava da
accenni sparsi per le liriche provenzali. Tale materiale è da lui impiegato abilmente nella forma di
“exempla moralia” ed anche “historica” esposti con garbo e finezza, in forma talora un po’ rigida,
ma sempre piacevolmente discorsiva (…). L’opera ebbe anche forse per questo motivo un successo
duraturo; converrà però forse ripetere a tal riguardo che è l’unico trattato completo sulle virtù
cavalleresche e sulle virtù in genere che sia stato scritto nel Medioevo in lingua tedesca”. Si tratta di
un’opera senza dubbio importante, anche per la versione riccamente illustrata di una sua edizione
(17).
Quanto rimane di un passato significativo
San Gallo esce dal suo isolamento alla metà degli anni Ottanta dello scorso secolo, quando il
Comune di Cervignano riuscì, su forte richiesta dei consiglieri comunali di Strassoldo, ad asfaltare
e a rendere comunale una strada interpoderale che univa Strassoldo a Campolonghetto. Da allora
ebbe qualche momento di sviluppo. Vi si insediò - nel cuore della campagna - una azienda di
apparati antincendio, si sviluppò una grande azienda zootecnica, tutte le case rurali vennero
recuperate, si aprì una via di collegamento tra Strassoldo, Campolonghetto e Sevegliano. Non
rimangono elementi che richiamino un passato medioevale. La chiesetta di San Gallo andò
completamente in rovina nella seconda metà dell’Ottocento, quando venne lasciato crollare il tetto
abbandonando ad un rapido degrado le strutture murarie. Ora rimangono solo le fondamenta, che
vennero messe in luce e scavate per l’iniziativa dei soci della Proloco. Rimane il fabbricato che
doveva fungere da romitorio e da ospizio, che una più attenta analisi architettonica dovrebbe
appurare se si tratta di una casa rurale di più recente costruzione oppure dell’antico edificio
ospitante i frati devoti a San Gallo e dipendenti in qualche modo dalla Abbazia di Moggio. I due
Mulini, di San Gallo di Sopra e di San Gallo di Sotto, sono scomparsi (18). Il primo fu da tempo
abbandonato al degrado e di essi rimangono poche tracce immerse in un boschetto. Il secondo fu
completamente raso al suolo da una proprietà che non voleva sobbarcarsi gli oneri di un recupero e
di una manutenzione. Di significativo si possono citare solo il grande casale di San Gallo di Sotto
recentemente recuperato e che è di particolare interesse per il loggiato in colonne circolari in
laterizio che ne sostiene il piano superiore a meridione, quasi unico in Friuli, se si eccettua un
analogo fabbricato a Castello di Porpetto (19), cui si aggiunge la grande casa padronale immersa in
un bel parco che si situa sempre a San Gallo di Sotto sul limitare di un bosco, e che forse poteva
essere la dimora dei Cerclaria o almeno il sito in cui la stessa si ergeva. Di qualche interesse anche
perché vi risiedette spesso lo scrittore Stanis Nievo, discendente di Ippolito Nievo, dopo che il
terremoto del 1976 danneggiò fortemente la sua parte del Castello di Colloredo. Non vi sono più
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case abbandonate, ed anzi alcune nuove furono costituite negli ultimi decenni. Su di una casa rurale,
recuperata da un amatore che la utilizza saltuariamente, è stato apposto un dipinto con il quale si
raffigura San Gallo con l’orso cui la leggenda lo lega e una lapide con la quale si richiama l’antico
nome della località.
Note
1) Sull’etimo si intrattiene il noto linguista Giovanni Battista Pellegrini. Si veda PELLEGRINI,
G.B., Nuove annotazioni etimologiche friulane, in “Ce Fastu?”, Vol. LXIII, febbraio 1987, pp. 6373. Ricorda in particolare che deve trattarsi di un toponimo assai antico, appartenente allo strato
più arcaico della toponomastica friulana, perché localmente si è affermato il termine “rovere” da
robur, da cui i tanti Roveredo, mentre quercus prevale a sud degli Appennini, il che confermerebbe
- per inciso - la provenienza sannita dei coloni romani che costruirono Aquileia.
2) Si veda MARCATO, C., La storia e l’ambiente attraverso i toponimi, in STRASSOLDO,
M., Castello, comunità o giurisdizione: ottocento anni di storia, Pro Loco, Strassoldo 1990,
pp. 25-43.
3) Tra i molti elenchi delle località comprese nella giurisdizione della Signoria di Strassoldo si
veda quello inserito in MARCHISIO RACCAMPO, R. M., La giurisdizione criminale della
Signoria di Strassoldo nel secolo XVI, Tesi di laurea, Trieste 1973.
4) Si veda GRION, G., Leggenda e storia onomastica, in “Pagine Friulane”, Udine 1902, pp.
113-117.
5) MARCATO C., Sull’origine del nome “Smurghin”, in Alsa, n. 6, 1993, pp. 24-29.
6) Si veda STRASSOLDO, M., Il Natocco. Nota su di un toponimo prediale friulano, in “Alsa”, n.
1/2011, pp. 5-10.
7) Il documento è trascritto da SIMONETTI, M. L., Ricerche sulla famiglia Strassoldo, Tesi di
Laurea, Trieste 1961.
8) Si veda LEICHT, P. S., Bernardo di Cerclaria, in “Memorie Storiche Forogiuliesi”, 1925, pp.
111-116.
9) Si consulti DISANTO R. , Thomasin von Zerclere. Der Welsche Gast, Parnaso, Trieste 2001.
10) Si vedano i documenti pubblicati in LEICHT, P. S., Bernardo di Cerclaria, in “Memorie
Storiche Forogiuliesi”, 1925, pp. 111-116.
11) Si veda il bel volume sul comune di Bagnaria Arsa: TIUSSI, C., Bagnaria Arsa. Viaggio tra
archeologia, storia e arte, Comune di Bagnaria Arsa, Agraf , Tavagnacco 2000.
12) Si veda DELUISA A. - DELUISA L., Le chiese di Strassoldo e altre notizie, Pro Loco
Strassoldo, Missio, Udine 1985.
13) PASCHINI, P., Navi e naviganti friulani in sulla fine del secolo XII, Tipografia Moretti e
Percotto, Udine 1913.
14) Si veda LEICHT, P. S., Bernardo di Cerclaria, in “Memorie Storiche Forogiuliesi”, 1925, pp.
111-116.
15) Si veda FRAU, G., Note storiche e linguistiche sul toponimo “Bibione”, in BERGAMINI, G.,
PILINNINI. San Michêl, Società Filologica Friulana, Udine 1985, pp. 215-224.
16) Si veda il Chronicon Venetum o “Cronaca” di Giovanni Diacono del XI secolo, dove si
elencano le dodici isole più importanti della giurisdizione dogale di Venezia: “Prima illarum
Gradus dicitur… Seconda namque Bibiones nominatur. Tertio vero Caprulas vocitant…”. Si tratta
probabilmente di un’isola nei pressi di Marano.
17) In ristampa anastatica a cura di DI SANTO, R, La parola e l’immagine nel ciclo illustrativo
del Welscher Gast di Thomasin von Zerclere, Parnaso, Trieste 2003.
18) Si veda DELUISA, L., Vecchi mulini del Cervignanese, Pro Loco Strassoldo, Missio, Udine
1972.
19) Si veda una foto della Casa Benacchio-Zanetti in DELUISA, L., Vecchie case della Bassa
Friulana, Seconda Edizione, Cartotecnica Isontina, Gorizia 1993.
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