“Mondo Senza Suoni” Buio. Un immenso vuoto. Pesanti emozioni mi

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“Mondo Senza Suoni” Buio. Un immenso vuoto. Pesanti emozioni mi
“Mondo Senza Suoni”
Buio.
Un immenso vuoto.
Pesanti emozioni mi spingono in fondo a questo abisso, sfiorando idee folli, malsane.
Sprazzi di luce illuminano il silenzio immobile.
Ricordi di risate, di sole e di vita. Colori che svaniscono in un sospiro del mondo.
Il buio dell'animazione sospesa tutto spegne. Viaggio vuoto. Sogni neri.
Mi dicevano che esplorare lo spazio sarebbe stato un viaggio incredibile. Maledetta
propaganda!
Siamo prigionieri della macchina che ci tiene in vita.
Il mio unico appiglio contro la follia è il viso dolce di un angelo che scandisce
incespicando la parola "Papà".
Il silenzio nel modulo di supporto vitale mi accoglie benevolo.
Scivolo fuori dalla tuta di contenimento, restando nudo. La depressurizzazione mi
lascia, come ogni volta, inebetito e debilitato.
Ogni giorno diventa sempre più difficile recuperare le risorse per mantenere il
sistema di supporto di emergenza in piedi.
Devo resistere! Pochi giorni e mi verranno a recuperare. Ne sono sicuro. Non può
essere altrimenti.
Le lenzuola avvolgono le mie membra stanche.
Ma il sonno è lontano dall'arrivare.
Un leggero sibilo nelle orecchie mi perfora la mente in modo continuato.
Ingurgiterò una pasticca di Lexoren. Non vorrei prenderla, ma ho bisogno di dormire.
Dormirò di un sonno nero, senza sogni ma almeno riposerò.
Allungo una mano sullo schermo di sistema e accedo al database della farmacia di
bordo.
Seleziono il Lexoren che si materializza sulla piastra/cucina insieme con una dose di
vino caldo delle Lune di Osar.
L'odore pungente delle spezie lunari invade il modulo, rendendo l'aria irrespirabile
per alcune frazioni di ora.
BOOM!
CRASH!
Un boato assordante, seguito da un tonfo sordo, mi sveglia dal torpore medicale.
Un attimo dopo il sistema di supporto vitale inizia a urlare la propria insofferenza.
È scattato l’allarme di prossimità oppure cos’altro?
Mi alzo dal letto e mi ritrovo a galleggiare nel vuoto. Il sistema di gravità artificiale è
andato. La cosa è grave.
Utilizzando i maniglioni ZeroG, mi spingo fino al portello.
All’esterno vige il silenzio assoluto, reale come la vita stessa.
"Deve essere successo qualcosa alla navicella!"
Un attimo dopo il sistema di supporto vitale inizia a segnalare qualsiasi tipo di avaria.
Ogni piccola frazione del pannello di controllo sta lampeggiando. Un trillo dietro
l'altro, il sistema di bordo mi avvisa che si sta spegnendo tutto. Sto perdendo energia
ad ogni istante.
Le luci si spengono per quattro, forse cinque secondi, venendo rimpiazzate dai led
d'emergenza.
Il supporto vitale è al lumicino.
Mi lancio sulla consolle in cerca di un metodo per bloccare l'emorragia d'energia.
Solamente dopo capirò cos'è successo.
Lancio una subroutine di interdizione sui flussi di ioni delle batterie, riuscendo a
"tappare" la falla.
Le luci si spengono per un attimo, mentre bypasso il sistema di supporto vitale per
modificare i parametri di utilizzo dell'energia. Ho bisogno di massimizzare
l'autonomia delle mie riserve energetiche. Ne va della mia vita!
<< Sistema AT 58. Riavvio in corso. >> La voce robotica dell'Intelligenza Artificiale
che gestisce il sistema di supporto vitale si propaga da i micro diffusori sonori nel
soffitto. << Attesa Impostazione Password di riavvio. >>
Mi sistemo sulla sedia e, dopo alcuni istanti di riflessione, digito la nuova password:
ALASTAR.
Il nome di mio figlio. Sembrano essere passate sei vite dall'ultima volta che ho
pronunciato il suo nome.
L'ultimo ricordo che ho di lui sono le sue lacrime e il tentativo di liberarsi dalla stretta
di Ginevra mentre venivo rinchiuso dentro il modulo di supporto vitale.
Dall’oblò vedo pezzi di metallo che, al rallentatore, galleggiano a mezz’altezza sopra
i resti delle due ali pannellate del modulo.
Non avrò più energia dai pannelli solari. Maledizione!
Attivo la scansione dell'intero scafo della navicella, sia interno che esterno, per capire
i danni e le eventuali cause dell'impatto violento.
Mi ritrovo a trattenere il fiato in attesa del verdetto del computer di bordo.
Due secondi dopo appare sullo schermo una lista sconfortante:
INTEGRITA' STRUTTURALE 12%
RISERVA OSSIGENO 85%
ENERGIA RESIDUA 15%
CAPACITA' DI RICARICA 0,1%
Richiedo un'analisi approfondita dell'evento. Più leggo il resoconto finale e più lo
sconforto si tramuta in disperazione.
Sono morte dieci persone e io sto rischiando la mia vita per un errore di calcolo di
rotta. Qualche genio del centro di controllo volo ci ha fatto uscire dall'iperspazio in
mezzo ad un'enorme fascia asteroidale. L'impatto è stato devastante. L'intero
pacchetto di generazione solare e le vele propulsive sono andati distrutti. I ponti Due
e Tre ed il magazzino sono stati polverizzati. Al momento la navicella non è altro che
un guscio inerme che vaga nel cosmo.
Lancio uno sguardo verso lo schermo e noto che le percentuali stanno scendendo
lentamente... ma continuano a scendere. Questa cosa non va per niente bene.
RISERVA OSSIGENO 84%
ENERGIA RESIDUA 14%
Mi affanno a guardare sullo schermo di sistema la carica del pacco batterie.
Trattengo il respiro, come se fossi in attesa di una condanna, in cerca di una speranza
a cui aggrapparmi, per continuare a lottare.
Non posso arrendermi!
Lancio un SOS. Forse solo un grido in un mondo senza suoni.
Sono rimasto lucido e concentrato fino ad adesso. Sto lottando con tutte le mie forze
mentali per contrastare la letargia del Lexoren. Finora non ho mollato.
Sono quasi due ore che sto cercando di resettare i parametri operativi per risparmiare
energia, ma è tutto inutile.
Ho provato inutilmente a impostare due nuove diverse configurazioni di
rigenerazione ossigeno, ma non ho fatto altro che consumare energia.
La situazione è disperata. Lo schermo non mente.
RISERVA OSSIGENO 75%
ENERGIA RESIDUA 10%
Devo isolare questa sezione della navicella e convogliare qui tutte le riserve di
ossigeno e energetiche, per minimizzare gli sprechi. Mi dispiace per gli altri miei
compagni di viaggio, ma non posso permettermi di custodire i loro corpi lasciando
aperte e energeticamente attive delle sezioni danneggiate della navetta.
Con un groppo alla gola, dichiaro ad alta voce: << Alastar, isolare e convogliare
verso la sezione quattro le riserve d’ossigeno ed energetiche dell’astronave. >>
Mi avvicino all’oblò e rincorro con lo sguardo le varie sezioni distaccarsi e vagare
alla deriva nel vuoto cosmico.
Ogni distacco, anticipato da un forte colpo metallico e seguito da un contraccolpo, mi
riempie l’animo di pena.
RISERVA OSSIGENO 66%
ENERGIA RESIDUA 4%
Apro l’alloggiamento delle tute spaziali. Ce ne sono due, ma una presenta un
profondo taglio. Grazie al cielo, l’altra è integra. La indosso velocemente senza
chiudere la visiera del casco. Questa tuta sarà il mio ultimo baluardo di difesa in
questa tragedia. Sarà la mia ultima riserva d’aria.
Mi rimetto a lavorare come un forsennato sulle routine di ricarica energetica.
Passa un'altra ora senza risultati. La logica della nuova routine collassa ad ogni inizio
ciclo.
Per un attimo lo schermo ha sfarfallato, come se non avesse più energia,
riaccendendosi dopo un veloce riavvio del sistema.
Lancio l’ennesimo e, forse, ultimo SOS.
Si spengono le luci. Resto immerso nel buio per un’altra ora.
Il freddo inizia ad attanagliare il mio corpo. Il respiro si accorcia. L’ossigeno sta
finendo. Chiudo il casco della tuta e non penso ad altro se non al volto del piccolo
Alastar. Ho solo 15 minuti di ossigeno.
Prendo il gancio per le EVA e lo assicuro ad uno dei maniglioni ZeroG. Mi avvicino
alla camera di decompressione e, senza attendere la compensazione, sblocco il
portello.
Il risucchio mi tira verso l’esterno. Se non fosse per gli stivali magnetici farei la fine
delle mille suppellettili che galleggiano nel vuoto.
Aspetto alcuni secondi. Mi lancio lentamente verso il vuoto sussurrando: << Notte
Alastar. Autodistruzione. >>
<< Al mio tre abbattete questa porta, facendo attenzione! Non sappiamo cosa trovarci
davanti. >>
<< Uno… Due… Tre! >>
La porta in plastimetallo viene divelta velocemente grazie a due micro cariche sui
cardini.
La pattuglia robotica SWAT irrompe rapida e letale nel piccolo appartamento seguita
dai due investigatori DEA, Liliken e Oswald.
Il piccolo soggiorno in penombra si riempie dei “Libero” che gli SWAT lanciano
dopo aver ispezionato i tre locali dell’alloggio.
<< Agente Oswald venga a vedere. – uno dei ricognitori, indicando la camera da
letto, invita l’agente ad entrare nella stanza – Penso che la “larva” sdraiata sul letto
sia il suo uomo! >>
Poco dopo, come a rendere omaggio al fuggitivo, gli agenti DEA e due SWAT si
ritrovano a cingere il letto sudicio e ricoperto di cartacce e bottiglie vuote.
<< Avevi ragione Liliken! – ruppe il silenzio l’agente Oswald, sventolando un
microchip da 20 crediti verso il collega. – Il nostro hacker biologico non era altro che
un Dreamer strafatto di “Mutante Nero”! >>
<< Questa maledetta droga per hacker ci sta creando tanti, troppi fastidi. Questo è il
sedicesimo in meno di settantadue ore >> replicò Liliken, strappando con evidente
soddisfazione il credi-chip dalle mani del collega.
Lasciarono alla chetichella la stanza immersa nel cupo silenzio della morte.
Congedarono gli SWAT dicendo loro che avrebbero atteso loro l’arrivo della
scientifica. Liliken sprofondò nel divano e si accese un sigaretta surrogato e
rivolgendosi al collega, disse: << Hai visto anche tu la bruciatura alla base del collo.
Nuova Thule ha colpito di nuovo. >>
Dalla finestra semi aperta si udirono le sirene della scientifica avvicinarsi sempre più.
Liliken sospirò profondamente e, rivolgendo un sorriso compiaciuto al collega,
chiuse il discorso dicendo: << Torniamo in centrale. E non dimenticare che tocca a te
stilare il rapporto questa volta. >>
FINE