Maestri vetrai muranesi Vetri ultimo quarto del XV

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Maestri vetrai muranesi Vetri ultimo quarto del XV
22.
Maestri vetrai muranesi
Vetri
ultimo quarto del XV - primo quarto del XVI secolo
Lo stato di conservazione dei nove
manufatti vitrei sottoposti a intervento di restauro appariva eterogeneo, anche se tutti gli oggetti
si presentavano completamente
frammentati e lacunosi (fig. 1). I
due reperti non interessati da decorazioni erano ben conservati,
evidenziando unicamente la presenza di leggere iridescenze sulla
superficie ma senza forti fenomeni
di degrado. Gli oggetti decorati
invece mostravano una situazione
caratterizzata da degrado molto
accentuato come evidenti iridescenze, opacità, distacchi sia della
decorazione stessa che della superficie vitrea, alterazioni cromatiche
e numerose perdite di tratti decorati (fig. 2).
La superficie delle porzioni è stata
esaminata al microscopio per verificare la possibilità di approfondire
la pulitura, in quanto si notava la
presenza di leggeri depositi in alcune aree decorate; tuttavia questo
è stato possibile in pochissimi casi,
visto il pessimo stato di conservazione della superficie. La documentazione prima, durante e dopo
l’intervento è stata integrata da una
campagna di rilievi dello stato delle superfici sia tramite l’utilizzo di
obiettivi macro (fig. 3) sia con mi-
croscopio digitale (figg. 4-5), che
ha permesso con estrema facilità di
ottenere immagini dettagliate della
superficie a un buon livello di ingrandimento.
Numerosi test di consolidamento
sono stati effettuati per riuscire a
migliorare lo stato della superficie
applicando soluzioni di diverso
tipo, sia resine acriliche in acetone a diverse concentrazioni, che
soluzioni alcoliche di alcool polivinilico, e infine soluzioni fissative
e protettive di ultima generazione
sviluppate da una spin-off dell’Università di Padova che sfruttano le
proprietà dei nanosilicati basati su
tecnologia sol-gel, appositamente
studiate per l’utilizzo su supporti
ceramici e vitrei a bassissima porosità. I gel formano uno strato sottile, incolore e trasparente di silice
vetrosa di spessore nanometrico
che dovrebbe proteggere la superficie senza alterarla, penetrando
nelle micro-fessurazioni e nelle
irregolarità.
Nessuno dei test ha dato purtroppo risultati ottimali, e vista l’estrema eterogeneità delle condizioni
superficiali non è stato possibile
identificare un prodotto che avesse
un risultato soddisfacente in ogni
situazione; i test sono stati docu-
tecnica/materiali
vetro
dimensioni
bicchiere azzurro con putti
(IG 330843): diam. orlo 7,8 cm,
diam. base 5,6 cm, alt. 9,5 cm;
bicchiere (IG 330844): in porzioni
varie; bicchieri azzurri con
l’Annunciazione (IG 330845330847): diam. orlo 7 cm,
diam. base 5,4 cm, alt. 10,3 cm;
diam. orlo 7,3 cm, diam. base
5,6 cm, alt. 9,5 cm; diam. orlo
6,9 cm, diam. base 5,4 cm, alt. 9,6
cm; bicchiere costolato trasparente
(IG 330848): diam. orlo 8 cm,
diam. base 6,3 cm, alt. 10,3 cm;
bicchiere trasparente dipinto e dorato
(IG 330849): diam. orlo 10 cm,
diam. base 6,4 cm, alt. 8 cm; tazza
monoansata azzurra (IG 330850):
diam. orlo 8,8 cm, base tot. 11,4 cm,
alt. 5 cm; coppetta di lattimo
(IG 330851): diam. orlo 12,7 cm,
diam. base 5,8 cm, alt. 5,3 cm
provenienza
Padova, scavo della Questura
(ex monastero di Santa Chiara
de Cella Nova)
collocazione
Padova, magazzini della
Soprintendenza Archeologica
del Veneto (IG 330843-330851)
relazione di restauro
Silvia Ferucci
restauro
Silvia Ferucci (Kriterion s.n.c.,
Bologna)
con la direzione di Stefano Buson
1. Durante il restauro, particolare di porzioni in diverso stato di conservazione
2. Prima del restauro, particolare di superficie molto degradata
3. Durante il restauro, particolare macro della decorazione floreale
4. Durante il restauro, riprese con microscopio digitale
5. Prima del restauro, particolare di un piede di putto ripreso con microscopio
digitale
mentati con immagini al microscopio digitale, prima e dopo l’applicazione. Al fine di preservare il
più possibile l’integrità delle superfici, è stato possibile applicare solo
in parte i metodi di assemblaggio
di normale impiego, e in particolare sui manufatti non decorati o
sulla parte interna priva di decoro. L’operazione infatti prevede
utilizzo di piccole strisce di nastro
adesivo poste trasversalmente alle
fratture, comportando un vero e
proprio strappo della superficie e
delle decorazioni (fig. 6): è quindi
stato necessario individuare tecniche e metodologie alternative da
applicare agli oggetti decorati.
La tecnica che ha dato i migliori risultati è senz’altro quella sperimentata presso il Corning Museum of
Glass, cioè la preparazione di resi-
na acrilica (Paraloid® B72) in una
soluzione in acetone ad alta concentrazione, da porre all’interno
di tubetti in alluminio, seguita poi
dall’incollaggio delle porzioni per
contatto, tramite l’evaporazione
veloce del solvente, come di solito
viene fatto per i reperti fittili (fig.
7). Questa tecnica presenta alcuni svantaggi, come la creazione
in frattura di un minimo strato di
adesivo che può portare a un incorretto allineamento dei frammenti;
inoltre in genere piccole bolle di
aria vengono inglobate all’interno
della frattura rimanendo visibili.
In questo specifico caso questi limiti non sono apparsi come ostacoli sostanziali, considerato che
ottenere un riassemblaggio perfetto sarebbe stato già molto difficile;
inoltre considerato che tutti gli og-
6. Durante il restauro, assemblaggio dei frammenti con nastro adesivo
7. Durante il restauro, assemblaggio con adesivo acrilico al microscopio
9. Durante il restauro, integrazione indiretta di una porzione di ansa
getti decorati si erano opacizzati,
la formazione di micro-bolle non
avrebbe creato problemi di ordine
estetico.
D’altro canto questo metodo presenta numerosi vantaggi: il più
importante è senz’altro quello di
essere completamente reversibile e
di permettere anche in un secondo
tempo, ammorbidendo con il solvente, il riallineamento delle connessioni imprecise. L’intera operazione, per limitare al massimo errori di riassemblaggio incorretto, è
stata svolta sotto il controllo dello
stereomicroscopio.
Durante la ricerca delle connessioni si è verificato che lo stesso
oggetto presentasse parti in stato
di conservazione diametralmente
opposte; infatti alcune porzioni
in perfette condizioni sia del vetro
che dell’apparato decorativo erano in connessione con altre, che
al contrario apparivano estremamente degradate con una evidente
alterazione dei colori e della matrice vitrea.
Tali elementi hanno confermato
l’ipotesi che il fenomeno è stato determinato dalle diverse condizioni
micro-climatiche e chimiche di
giacitura dei frammenti nel sito di
ritrovamento. Questa particolarità
conservativa ha inoltre permesso
di identificare precedenti errori di
attribuzione degli oggetti.
Prima di procedere con l’integrazione delle lacune è stata eseguita
un’ulteriore ricerca di porzioni e
8. Durante il restauro, integrazione con controforme in silicone dentistico
frammenti pertinenti ai manufatti
oggetto dell’intervento conservativo, visionando tutte le porzioni in
vetro provenienti dallo stesso scavo. Si è allora ipotizzato che alcuni
frammenti, dato il pessimo stato di
conservazione, potessero avere perso completamente la decorazione
superficiale e che per questo motivo non fossero stati identificati,
trattandosi di una notevole quantità di porzioni vitree. Questa tesi
si è rivelata giusta: sono state infatti
rinvenute varie porzioni pertinenti, che hanno permesso per tutti gli
oggetti tranne uno, rimasto notevolmente lacunoso, la ricostruzione completa del profilo.
Anche la metodologia e le tecniche
adottate per integrare le lacune sono state necessariamente adattate
alla situazione conservativa: l’esigenza di ripristinare la forma degli
oggetti per restituirne una lettura
completa ha portato alla sperimentazione di tecniche e materiali
diversi. Di fatto soltanto per gli oggetti non interessati da decorazioni
superficiali è stato possibile utilizzare il metodo integrativo diretto,
che utilizza controforme sigillate in
silicone dentistico, all’interno delle
quali viene colata resina epossidica
a bassa viscosità (fig. 8).
Questo metodo, che risulta piuttosto lungo e laborioso, necessita
di una sequenza di passaggi piuttosto rigida, nei quali è richiesta
la massima precisione. La resina
utilizzata è la Hxthal NYL di produzione americana e formulata
appositamente per il restauro del
vetro. Si tratta di una resina epossidica bicomponente piuttosto
fluida, caratterizzata da un basso
indice di rifrazione, molto simile
al vetro, e da un’elevata resistenza
all’invecchiamento, senza alterazioni soprattutto cromatiche. Il
tempo di catalizzazione completa
è piuttosto lungo e può variare in
funzione della temperatura da sette
a venti giorni.
La resina, per essere utilizzata nella ricostruzione di parti mancanti,
deve essere pigmentata al fine di
ottenere un tono simile a quello del vetro: a questo scopo sono
stati utilizzati dei micro-pigmenti
impiegati industrialmente, dopo
avere effettuato varie prove, prima
di riuscire a ottenere il tono di colore adatto.
Viste le grandi dimensioni di alcune porzioni da integrare, nella
grande lacuna della vasca della
coppa ansata in vetro blu a nido
d’ape è stato necessario impiegare, per l’immissione della resina
dal punto più basso, una cannuccia con un diametro maggiore di
quelle standard, ed effettuare più
fori di immissione all’interno della
circonferenza della cannuccia, al
fine di evitare che l’apporto della
resina fosse insufficiente a colmare
10. Durante il restauro, riproduzione in gesso e in resina di una porzione di ansa
11. Durante il restauro, integrazione con parete esterna in cera dentistica
12. Durante il restauro, rimozione della parete in cera
interamente la lacuna. Per la ricostruzione di una porzione di ansa
mancante è stata invece utilizzata
la tecnica dell’integrazione indiretta (fig. 9). Si è quindi ricostruita
con il gesso dentistico la porzione
mancante, modellandola fino a ottenere la forma giusta; la parte così
ottenuta è stata trattata, perché la
superficie risultasse non porosa;
quindi si è costruito uno stampo
in silicone e si è riprodotta la parte
mancante in resina (fig. 10), che
successivamente è stata fatta aderire all’originale come se fosse un
frammento.
Questa tecnica permette di evitare
all’oggetto sollecitazioni meccaniche, in quanto la porzione mancante viene riprodotta e lavorata
te: micro-sfere in vetro di norma
utilizzate per la micro-sabbiatura,
in modo che la resina diventasse
pastosa fino a poter essere applicata
in verticale senza colare. Il fatto che
la resina così miscelata non colasse
ha permesso di utilizzare un’unica
parete e non due, una esterna e una
interna, come è necessario quando
la resina è utilizzata pura e quindi
estremamente fluida.
Le controforme in silicone sono
state utilizzate solo per i fondi,
liberi dalle decorazioni, mentre le
pareti e gli orli sono stati integrati
applicando come controforma cera
dentistica solo nella parte esterna ai
manufatti, in maniera molto precisa, in modo che interessasse solo il
perimetro della lacuna per circa un
quando è distaccata dall’oggetto
originale. Per la coppa in vetro lattimo, data la peculiarità del vetro,
si è deciso, a seguito di numerose
prove, di impiegare come materiale integrante il Milliput, uno stucco epossidico di norma utilizzato
per il restauro delle porcellane, addizionando terre colorate, per ottenere un tono cromatico in accordo
con l’originale; questo, inserito in
una controforma in cera dentistica
(fig. 11), è stato infine rifinito meccanicamente.
Gli oggetti decorati sono stati integrati con una tecnica diversa, dopo
avere fatto numerose prove e vari
test. Le integrazioni sono state effettuate in maniera diretta con la resina Hxtal ma caricata con un iner-
millimetro. Questo ha permesso,
una volta catalizzata la resina, di
avere una superficie già rifinita; rimaneva invece più irregolare la superficie interna all’oggetto, senza
tuttavia compromettere il risultato
estetico finale. Infine, sono stati rifiniti meccanicamente unicamente
orli e fondi per raccordarsi a quelli
originali; molta cautela è stata posta nella rimozione delle pareti in
cera, controllando al microscopio
per danneggiare il meno possibile
il perimetro delle parti mancanti
(fig. 12). La resina caricata con le
micro-sfere ha perso in parte la sua
trasparenza, risultando translucida
e accordandosi dunque con l’opacità degli oggetti.
Bibliografia di riferimento
S. Davidson, Conservation and
Restoration of Glass, Oxford 2003.
S. Koob, Conservation and Care of
Glass Object, London 2006.
S. Ferucci, C. Camerlo, L’uso dei
siliconi dentistici nella integrazione
delle lacune dei reperti vitrei, in Atti
del XII Congresso Nazionale IGIIC
(Milano, 23-24 ottobre 2014), Firenze 2014.