Maestri vetrai muranesi Vetri ultimo quarto del XV

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Maestri vetrai muranesi Vetri ultimo quarto del XV
22.
Maestri vetrai muranesi
Vetri
ultimo quarto del XV - primo quarto del XVI secolo
In una postilla al capitolo 67 della
Mariegola dei vetrai muranesi del
1441, stilata il 31 luglio 1454, viene riportata per la prima volta la
dicitura «matricula veteri artis vitreariorum» che segna l’abbandono
del termine ‘fioleri’, antica denominazione dei vetrai. Il cambiamento
non è solo conseguenza dei naturali
mutamenti lessicali, ma è soprattutto indice di una maggiore consapevolezza dell’importanza che l’attività
vetraria aveva raggiunto nel corso
della prima metà del XV secolo,
grazie anche all’elevato livello tecnologico raggiunto dalle maestranze
muranesi. Ne è esempio eclatante
l’invenzione nel 1454 del vetro ‘cri-
stallo’ a opera del muranese Angelo
Barovier; sicuramente con essa inizia
il Rinascimento dell’arte vetraria veneziana, una splendida e lunga stagione produttiva dell’arte decorativa
(Barovier Mentasti 2006, p. 35).
Appartengono a questa importante fase le nove suppellettili in vetro
oggetto dell’attuale restauro e scelte,
tra l’abbondante materiale vitreo di
scavo, per l’edizione 2016 di Restituzioni; esse vanno ad aggiungersi
a quelle già presentate nell’edizione
2002 del progetto (F. Cozza in Restituzioni 2002, pp. 134-145).
Si tratta di oggetti di lusso appartenuti alle monache clarisse e recuperati nel corso degli scavi eseguiti ne-
Prima del restauro, bicchiere di vetro azzurro raffigurante l’Annunciazione
tecnica/materiali
vetro soffiato decorato a smalto
e foglia d’oro
alt. 5 cm; coppetta di lattimo
(IG 330851): diam. orlo 12,7 cm,
diam. base 5,8 cm, alt. 5,3 cm
dimensioni
bicchiere azzurro con putti
(IG 330843): diam. orlo 7,8 cm,
diam. base 5,6 cm, alt. 9,5 cm;
bicchiere (IG 330844): in porzioni
varie; bicchieri azzurri con
l’Annunciazione (IG 330845330847): diam. orlo 7 cm,
diam. base 5,4 cm, alt. 10,3 cm;
diam. orlo 7,3 cm, diam. base
5,6 cm, alt. 9,5 cm; diam. orlo
6,9 cm, diam. base 5,4 cm, alt. 9,6
cm; bicchiere costolato trasparente
(IG 330848): diam. orlo 8 cm,
diam. base 6,3 cm, alt. 10,3 cm;
bicchiere trasparente dipinto e dorato
(IG 330849): diam. orlo 10 cm,
diam. base 6,4 cm, alt. 8 cm; tazza
monoansata azzurra (IG 330850):
diam. orlo 8,8 cm, base tot. 11,4 cm,
provenienza
Padova, scavo della Questura
(ex monastero di Santa Chiara
de Cella Nova)
gli anni 2000-2001 nel cortile della
Questura di Padova, dove appunto
sorgeva il monastero di Santa Chiara de Cella Nova, già soppresso nel
1810 a seguito dei decreti napoleonici e definitivamente demolito negli
anni Sessanta del secolo scorso con
il beneplacito delle amministrazioni
pubbliche dell’epoca (Cozza 2011,
p. 16).
Già nell’edizione 2002 era stato
presentato un bicchiere, il più integro, in vetro azzurro decorato in
foglia d’oro e con smalti policromi;
ora, grazie all’ulteriore intervento di
restauro che ha permesso la ricomposizione formale, siamo in grado
di ammirare altri cinque esemplari
di quello che doveva essere, per i numerosi altri frammenti ritrovati nel
corso delle indagini archeologiche,
un servizio da tavola in uso nel refettorio del monastero clariano nei
primi anni del XVI secolo.
I cinque bicchieri – quattro ricostruiti nella forma e uno solo per una
porzione – si presentano con un’analoga forma sub-cilindrica, apoda,
con fondo a cono rientrante nel cui
apice vi è traccia dello stacco del pontello, cioè la canna utilizzata nella fase finale della modellatura. Il vetro di
colore azzurro – che si otteneva dal
vetro bianco trasparente mediante
l’aggiunta di «quanto bisogna di zaffera, opportunamente manipolata»
collocazione
Padova, magazzini della
Soprintendenza Archeologia
del Veneto (IG 330843-330851)
scheda
Francesco Cozza
restauro
Silvia Ferucci (Kriterion s.n.c.,
Bologna)
con la direzione di Stefano Buson
Dopo il restauro, bicchiere di vetro azzurro, particolare con la raffigurazione
dell’angelo nunziante
Dopo il restauro
Prima del restauro, coppetta di lattimo
Dopo il restauro, coppetta di lattimo
Prima del restauro, tazza monoansata di vetro azzurro
Dopo il restauro, tazza monoansata di vetro azzurro
Dopo il restauro, porzione di parete di bicchiere raffigurante tre putti
Dopo il restauro, bicchiere di vetro trasparente dipinto e dorato
Prima del restauro, bicchiere di vetro azzurro
raffigurante l’Annunciazione
Durante il restauro, bicchiere di vetro azzurro raffigurante
l’Annunciazione, rimozione della parete in cera
Dopo il restauro, bicchiere di vetro azzurro, particolare
con la raffigurazione di Maria
Prima del restauro, bicchiere di vetro azzurro
raffigurante putti che reggono un festone
Durante il restauro, bicchiere di vetro azzurro raffigurante
putti che reggono un festone, assemblaggio
Dopo il restauro, bicchiere di vetro azzurro raffiugurante
putti che reggono un festone
Durante il restauro, bicchiere costolato di vetro trasparente
dipinto e dorato, alterazione dei colori e della doratura
Durante il restauro, bicchiere costolato di vetro trasparente
dipinto e dorato, ricostruzione formale
Dopo il restauro, bicchiere costolato di vetro trasparente
dipinto e dorato
(Zecchin 1987, p. 119) – presenta la
superficie esterna abbondantemente
decorata mediante l’applicazione di
foglia d’oro e di pigmenti policromi. È questa una moda decorativa
che viene ripresa dai maestri vetrai
muranesi dopo un’interruzione iniziata alla metà del Trecento; prima
di questa data e a partire dal 1281 i
documenti podestarili testimoniano
a Murano una prima fase produttiva di decorazioni a smalti fusibili su
vetro «unica in Europa» (Barovier
Mentasti 2006, p. 34). La doratura
è presente nei nostri esemplari, con
apparenze differenziate per il diverso
stato di conservazione, sotto il bordo
superiore con una fascia supportata
da una sequenza di denti di lupo.
Sull’insieme pittorico a smalto vengono delineate le forme delle figure
mediante variazioni cromatiche che
ne definiscono, differenziandoli, i
vari particolari. Così il colore bianco
caratterizza le sembianze umane e i
festoni vegetali, mentre il giallo evidenzia i capelli modellati a caschetto
di alcuni putti e anche gli elementi
fisici della scena; il bruno scuro appare sulle altre capigliature e sulle
ali; il colore rosso ciclamino invece
definisce il manto dell’angelo nun-
ziante. Le scene figurate presenti sulle superfici esterne si differenziano
tra loro: su tre bicchieri aventi uguali
dimensioni è riconoscibile, nonostante la loro frammentarietà, la rappresentazione dell’Annunciazione
i cui protagonisti, Maria e l’angelo
Gabriele, si contrappongono rimanendo però contornati da ghirlande;
nel terzo, che risulta avere una forma
leggermente più grande e un colore
del vetro meno intenso, troviamo tre
putti ignudi che, tenendo sulla spalla
un lungo festone vegetale impreziosito da svolazzi di nastri, incedono,
distanziati l’uno dall’altro, verso de-
stra, il tutto su uno sfondo puntinato
in bianco con effetto immaginario
di una nevicata; infine nella piccola
porzione di parete del quinto esemplare rimangono tre putti, raffigurati
in movimento sparso, accompagnati
da un nastro sinuoso.
Un altro esemplare di bicchiere risulta esteticamente assai diverso dai precedenti essendo la sua forma troncoconica percorsa, solo per due terzi
dell’altezza, da costolature verticali
e avendo il piede apodo munito di
un anello reso a tacche ottenute con
l’uso della pinzetta; si tratta dei «goti
dorati da costa» e dei «goti cum coste
Dopo il restauro, bicchieri di vetro azzurro dipinti e dorati
d’oro» citati in due inventari di vetrerie muranesi, rispettivamente del
1485 e del 1508. Sulla sua superficie
esterna rimangono abbondanti tracce di doratura che coprono in particolare le costolature, mentre la fascia
liscia posta sotto il bordo è percorsa
da una composizione floreale policroma. Questa tipologia di bicchiere, assegnabile agli ultimi decenni del
XV secolo e ai primi del XVI, trova
un puntuale riferimento iconografico nella scena centrale, raffigurante il
presepio, del Trittico Portinari, opera del pittore fiammingo Hugo van
der Goes datato 1470 e conservato
agli Uffizi di Firenze. Un esemplare
analogo nella forma costolata, ma
differente nella decorazione pittorica sulla fascia posta sotto alla bocca, è
conservato all’Uměleckoprůmyslové
Museum di Praga. Diverso ancora appare un altro bicchiere per la
forma tronco-conica più tozza e per
l’apparato decorativo che, sviluppato sulla fascia inferiore della parete,
è delineato come un graticcio a losanghe contenenti rosette stilizzate; i
colori utilizzati sono il rosso, il giallo
e l’azzurro, mentre sul fondo pinzato
vi sono tracce di doratura.
Il ‘latimo’ veneziano – corrispondente all’«attimum», già citato in
un documento orvietano del 1360,
a proposito dell’acquisto di stagno
necessario per preparare «el vetro
per lu mosaico [...] bianco candido»
– inizialmente e fino alla metà del
XV secolo veniva utilizzato anche a
Venezia esclusivamente per ricavare
le tessere musive bianche. Nel corso
della seconda metà del Quattrocento
i vetrai veneziani introducono l’uso
di questo particolare vetro anche
nella produzione dei soffiati destinati soprattutto a essere decorati con
smalti e oro. Un esempio di questa
raffinata produzione è stato presentato nell’edizione 2002 di Restituzioni; si tratta di un micro-vasetto, forse
identificabile con la categoria delle
«saliere de latimo cum figure», la cui
superficie sferica riporta una decorazione a scaglie dorate e la raffigurazione di due busti umani delineati
alla maniera dei ritratti carpacceschi.
In questa edizione presentiamo invece un prodotto «de lactimo schieto»,
cioè privo di decoro; si tratta di una
coppetta emisferica munita di basso
piede a cercine cilindrico, detto a
‘sciàmbola butada’ perché ottenuto
con vetro aggiunto. La mancanza di
decorazione, confermata dalle attente osservazioni al microscopio della
restauratrice, ci fa pensare che fosse
una suppellettile di uso quotidiano
e personale di una monaca (anche se
gli oggetti di lattimo erano destinati,
per la maggior parte, a essere impre-
ziositi da decori policromi e dall’applicazione della foglia d’oro).
L’ultimo oggetto restaurato consiste
in una tazza apoda e ‘manegada’, cioè
con manico, che appare elegante per
la forma a calotta, la cui superficie
esterna è decorata da costolature raggianti dal fondo e che sfumano passando sulla parete a un decoro plastico a losanghe, che in trasparenza crea
un effetto di chiaroscuro sull’azzurro
intenso della pasta vitrea.
In conclusione possiamo affermare
che il ritrovamento di numerosi reperti vitrei – avvenuti nel corso degli
scavi archeologici nel luogo dove si
ergeva l’antico monastero di Santa Chiara a Padova –, grazie anche
all’intervento di restauro finanziato
da Intesa Sanpaolo, ci permette ora
di conoscere e ammirare le tecniche
e le qualità stilistiche ottenute dai
maestri vetrai muranesi, raggiunte
in particolare nello scorcio temporale compreso tra gli ultimi decenni del
Quattrocento e i primi decenni del
Cinquecento.
Indispensabile – per una corretta e
sicura conservazione nel tempo dei
reperti vitrei, emersi dagli strati di
terreno in condizioni chimico-fisiche particolari (ambiente asfittico,
umido e ricco di carbonio) – è stato
l’intervento delle restauratrici della
Soprintendenza Archeologica, che
hanno provveduto direttamente sullo scavo al recupero dei frammenti e
al loro alloggiamento in contenitori,
posti entro sacchetti ermetici, per il
mantenimento del grado di umidità
con l’opportuna aggiunta di un battericida.
Il restauro conservativo finale – preceduto da un’opportuna e fruttuosa
ricerca degli attacchi dei numerosi
frammenti, condotto con perizia
dalla ditta Kriterion s.n.c. – ha dovuto affrontare numerose problematiche legate alla fragilità dei frammenti
e alla delicatezza dei decori pittorici
spesso alterati nel cromatismo o con
distacchi in essere e perdite già avvenute. La presenza dei decori pittorici
ha reso più complessi sia la fase di pulitura sia l’incollaggio dei frammenti,
per il quale è stata utilizzata una tecnica particolare consistente nell’applicare la colla solo sulla superficie
non decorata. La frammentarietà di
alcuni reperti ha reso necessaria, per
la loro stabilità, la ricomposizione
formale mediante integrazioni delle
lacune eseguite con tecniche e materiali diversi; ciò ci permette anche
una migliore lettura complessiva degli apparati decorativi.
Bibliografia
Inediti.
Bibliografia di riferimento
1987
L. Zecchin, Vetro e vetrai di Murano.
Studi sulla storia del vetro, I, Venezia.
2002
Restituzioni 2002. Capolavori restaurati,
catalogo della mostra (Vicenza, Gallerie
di Palazzo Leoni Montanari, 13 aprile 30 giugno 2002), Vicenza.
2003
S. Davison, Conservation and Restoration of Glass, Oxford.
2006
R. Barovier Mentasti et al., Trasparenze e riflessi. Il vetro italiano nella pittura,
Verona.
S.P. Koob, Conservation and Care of
Glass Object, London.
2011
F. Cozza, Le memorie ritrovate del monastero di Santa Chiara di Cella Nuova a
Padova, catalogo della mostra (Noventa
di Piave, 21 dicembre 2011 - 30 giugno
2012), Padova.
2014
S. Ferucci, C. Camerlo, L’uso dei siliconi dentistici nella integrazione delle lacune
dei reperti vitrei, in Lo stato dell’arte 12,
atti del XII congresso nazionale IGIIC
(Milano, Accademia di Belle Arti di
Brera, 23-24 ottobre 2014), Firenze, pp.
55-63.