tra la carne e lo spirito - Associazione L`Esperienza

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tra la carne e lo spirito - Associazione L`Esperienza
Cammino di discernimento per aderire all’Associazione “L’esperienza”
1° INCONTRO
TRA LA CARNE E LO SPIRITO
Inizia un nuovo cammino di discernimento della volontà di Dio sulla nostra
vita che sarà suddiviso in due diversi segmenti:
 un cammino di postulantato, ovvero un periodo che arriverà alla fine
dell’anno, dedicato a comprendere se l’Associazione è un discorso
che merita di essere approfondito e abbracciato come vocazione
della propria vita;
 un cammino di noviziato che arriverà fino a Pentecoste, finalizzato a
conoscere più da vicino la realtà dell’Associazione in vista
dell’adesione già desiderata e condivisa con la propria guida
spirituale.
Naturalmente, alcuni si sentono sin da ora “novizi”, nel senso che
ritengono di aver già compiuto un discernimento previo che li ha convinti
della necessità di seguire questa via specifica. Altri, invece, sono
decisamente “postulanti”, ovvero vogliono, per il momento, soltanto
comprendere meglio cosa sia l’Associazione.
Cercheremo insieme di rendere utile questo cammino sia per gli uni che
per gli altri, tenendo conto che ad un certo punto vi saranno solo due
opzioni possibili:
1. il cammino di chi oggi vuole solo comprendere – i “postulanti” – si
uniformerà a quello dei novizi, prevedendo delle tappe specifiche (e
delle scelte precise!) di cui parleremo in seguito;
2. qualcuno, invece, comprenderà (speriamo in tempi ragionevoli!) che la
scelta dell’Associazione non fa per lui, avendo scoperto, nel
frattempo, la volontà di Dio per la sua vita.
Cominciamo, allora, a camminare insieme, partendo dalla considerazione
che il discernimento è essenziale in ogni esperienza spirituale.
Leggiamo alcuni versetti che ci sono molto cari della Lettera ai Romani di
Paolo:
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Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito
di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
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Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la
carne; 13 poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito
voi fate morire le opere del corpo, vivrete.
14 Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. 15 E voi
non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno
spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre! ”.
26 Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa
sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti
inesprimibili.
(Rm 8, 9.12-15.26)
Paolo ci ammonisce circa il fatto che l’uomo si trova sempre di fronte a
un’alternativa:
1. vivere secondo la carne;
2. vivere secondo lo Spirito.
Come fare la scelta, visto che non sappiamo neppure cosa chiedere a Dio?
Ci scopriamo ogni giorno sempre più deboli e miseri… eppure facciamo
l’esperienza di come lo Spirito preghi in noi con gemiti inesprimibili.
Sovente siamo sotto l’azione dello Spirito, anche se non ce ne accorgiamo!
È, questa, una dimensione tipica dell’esperienza cristiana: da un lato siamo
a contatto con la vita stessa di Dio, più precisamente lo Spirito che è in
noi prega in noi; d’altro lato spesso non ci rendiamo conto di questa
presenza mirabile o tacitiamo la voce gentile dello Spirito in noi.
Paolo spiega bene questa ambiguità dell’esperienza cristiana nella Lettera
ai Galati:
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Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri
della carne; 17 la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari
alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
(Gal 5, 16-17)
E così non dobbiamo meravigliarci se non riusciamo a pregare o se non
sappiamo agire così come vorremmo: è la tensione tra Spirito e carne a
generare lacerazioni e confusioni.
D’altro canto, lo stesso Gesù aveva usato parole molto simili poco prima di
andare a morire in croce:
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Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è
debole”.
(Mt 26,41)
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Sin dal giorno del nostro battesimo siamo consegnati dal Padre alle cure
dello Spirito. E lo Spirito opera in noi senza sosta, spesso a nostra
insaputa. Ma avvertiamo pure in noi un’altra forza che instancabilmente si
oppone all’azione dello Spirito: è la carne che reclama a gran voce i suoi
tristi diritti.
Specifichiamo bene che la carne, secondo il pensiero di Paolo, NON è il
corpo, bensì tutto ciò che si oppone all’azione dello Spirito in noi.
È pur vero che i desideri carnali si servono spesso del nostro corpo per
essere vanamente soddisfatti, ma non c’è identificazione! Esistono
desideri “spirituali” cattivi, ben peggiori di quelli che nell’accezione
comune chiamiamo “carnali”: basti pensare all’odio, all’invidia, all’egoismo…
Dunque, siamo chiamati OGNI GIORNO a scegliere:
 lasciarci guidare dallo Spirito, facendosi ammaestrare dalla sua
unzione, così come ci ricorda Giovanni nella sua prima Lettera:
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E quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che
alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non
mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna.
(1 Gv 2, 27)
 essere in balìa della carne, aprendo la via a tutte le seduzioni del
maligno.
Una precisazione è necessaria (da ripetere spesso!):non siamo qui per
dimostrare che lasciarsi guidare dallo Spirito comporta necessariamente
l’adesione all’Associazione. Nulla di più sbagliato e fuorviante!! Lasciarsi
guidare dallo Spirito consente a ciascuno di noi di comprendere quale sia il
sogno di Dio sulla nostra vita e quale sia la via concreta per realizzarlo.
…E le vie sono svariate! Guai a pensare che, ad esempio, la via
dell’Esperienza sia l’unica (o, peggio, la migliore) per incontrare Gesù.
Ma è falso anche il viceversa: commetteremmo un grave errore a pensare
che la non adesione all’Associazione sia una scelta “carnale”!
D’altro canto dovremo anche preoccuparci di radicare il nostro
discernimento in un “hic et nunc”:
 bisognerà fare i conti con la concretezza della propria vita e della
propria storia;
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 si dovranno evitare fatiche inutili (gli sposati non si macereranno per
capire se sono chiamati alla vita religiosa, chi non sa tenere una
matita in mano non si sfiancherà per capire se dovrà realizzare
codici miniati, etc…).
Per addentrarci nella difficile arte del discernimento spirituale, può
essere d’aiuto valutare la relazione che esiste tra il discernimento stesso
ed altre realtà. Ci soffermeremo in particolare su:
1. discernimento e Parola di Dio;
2. discernimento e conversione;
3. discernimento e obbedienza;
4. discernimento e preghiera;
5. discernimento e agire quotidiano.
1. Discernimento e Parola di Dio
Esiste un legame strettissimo tra discernimento e ascolto della Parola.
Dobbiamo definire la Parola chiave essenziale di ogni discernimento.
Evagrio Pontico, nel suo “Antirrheticos” (Il Contestatore), dimostra come
la Parola ha la forza di contrastare ogni desiderio disordinato,
riconoscendo il peccato e combattendolo.
In altri termini, la Parola costituisce il primo strumento di un buon
discernimento in quanto aiuta a comprendere ciò che avviene nel cuore.
Ma la Parola ci aiuta anche in un altro senso. Sappiamo bene che per
comprendere la Parola dobbiamo leggerla con differenti chiavi di lettura,
non ci si può fermare alla “lettera”, dobbiamo cercare in profondità ciò
che Dio dice a ciascuno di noi nell’oggi concretissimo della nostra storia. È
la famosa “lectio divina”, un vero e proprio esercizio di discernimento, nel
quale Dio parla a ciascuno personalmente.
La Parola ascoltata raggiunge il cuore, lo fa muovere e sussultare,
producendo una sempre maggiore sensibilità alle istanze dello Spirito. Il
continuo esercizio di lettura pregata della Parola rende il lettore
“dioratikòs”, che significa “uno che sa guardare attraverso le cose”.
Leggiamo insieme il celebre testo della lettera agli Ebrei:
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La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa
penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e
scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. 13 Non v’è creatura che possa nascondersi davanti
a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.
(Eb 4, 12-13)
La frequentazione quotidiana della Parola costituisce il terreno migliore
per ascoltare il proprio cuore e percepire l’eco di quella Parola che risuona
dentro se stessi. Si acquisisce progressivamente una sensibilità nuova per
percepire l’evento di salvezza dietro ogni avvenimento della vita di ogni
giorno.
Chi ha imparato ad ascoltare e assaporare la Parola di Dio avrà una
sensibilità interiore già “accordata” per cogliere dentro di sé le delicate
mozioni dello Spirito.
2. Discernimento e conversione
Ogni opera di discernimento non è concepibile se non ci lasciamo
coinvolgere in un continuo movimento di conversione. Il termine greco
“metànoia” significa “capovolgimento del cuore”.
Sentiamo Paolo:
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Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra
mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.
(Rm 12, 2)
In questo versetto della lettera ai Romani risuona con chiarezza lo
stretto rapporto esistente tra discernimento e conversione. Il
rinnovamento del cuore, spiega Paolo, implica un risveglio, una nuova
sensibilità che chiamiamo conversione perché coinvolge tutto l’uomo.
E lo Spirito vuole rivestire proprio quest’uomo nuovo, convertito, con un
movimento continuo che ci fa osservare, dalla prima conversione in poi,
conseguenze imprevedibili sulla nostra vita. C’è un affinamento
progressivo, un continuo ricominciare, un dispiegarsi di panorami sempre
nuovi man mano che “si sale” (come in montagna) nelle esperienze
spirituali.
3. Discernimento e obbedienza
Fra obbedienza e discernimento esiste un legame evidente. L’obbedienza
suppone che siamo pronti a rinunciare ai nostri desideri personali per
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accogliere il desiderio di Dio. Ma il riconoscimento di tale desiderio non
ricade immediatamente sotto i nostri sensi, da cui la necessità di
obbedire solo a seguito di un discernimento.
Molte forme di obbedienza forgiano i comportamenti, l’obbedienza
cristiana è singolarissima in quanto obbedienza che riproduce quella di
Cristo, il quale fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil
2,8).
L’obbedienza che ci interessa, dunque, deve divenire una reale
partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo. Questa sola è la
prospettiva entro la quale si devono muovere tanto colui che comanda (la
guida spirituale) quanto colui che obbedisce.
Solo nella luce della Pasqua possiamo arrivare a dire che “colui che
obbedisce è sicuro di non sbagliarsi mai”.
L’obbedienza di cui stiamo parlando, si badi bene, non è l’adesione
completa ad un pacchetto di regole più o meno severe, bensì è impegno
totale della nostra libertà, è redenzione in atto visto che si ripete in noi il
gesto salvifico di Cristo.
Al cuore dell’obbedienza crocifiggente vedremo sgorgare uno sguardo
nuovo che ci fa vedere chiaro. Sarà la rinuncia alla nostra volontà che ci
aiuterà a comprendere la volontà di Dio. E allora potremo ben dire
“comincia con l’obbedire, comprenderai più tardi”.
4. Discernimento e preghiera
La preghiera è il luogo per eccellenza dove avviene ogni discernimento
spirituale. In realtà possiamo anche definire la preghiera stessa come un
discernimento in atto, se riusciamo ad abbandonarci completamente
all’azione dello Spirito.
È questa una delle meraviglie più grandi dell’esperienza cristiana, ma
anche un mistero sconcertante! Da un lato, siamo immersi nella luce dello
Spirito e nella sua preghiera che opera in noi; d’altro lato, gli echi che ne
percepiamo sono estremamente rari, se non assenti del tutto.
In questo senso la preghiera è innanzi tutto un esercizio di pazienza,
disponendo la nostra volontà a ricevere ciò che Dio ci ha promesso
secondo i suoi tempi, non i nostri.
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Come per la lectio divina, anche nella preghiera avvertiremo un
progressivo affinamento della nostra sensibilità interiore. Si arriverà a
riconoscere la mano di Dio, anche se si dovesse avere l’impressione, quasi
la certezza, di non avanzare più, di ristagnare disperatamente.
5. Discernimento e agire quotidiano
L’agire quotidiano non è meno importante della preghiera. Ciò che importa
realmente è essere sotto la mozione dello Spirito!
Quanto ho appreso nella preghiera faciliterà la scoperta della volontà di
Dio nel mio agire quotidiano, e viceversa. È essenziale, perché ciò accada,
essere in stato di attesa e di ascolto.
E allora la distinzione tra preghiera e azione tende ad essere abolita:
contemplativo e apostolo si congiungono.
Non si tratta di confondere i due ambiti né di poter interscambiare l’uno
con l’altro. Si tratta, invece, di imparare ad agire in maniera pacificata,
con l’orecchio interiore incessantemente all’ascolto dei movimenti dello
Spirito perché l’azione si lasci continuamente guidare da essi.
L’esame di coscienza che la Chiesa ci chiede di compiere alla fine di ogni
giorno (durante la Compieta) ha il senso di verificare proprio questa
unificazione, e non di fare una mera elencazione delle cattive azioni
compiute!
Al termine di questo breve percorso sul discernimento, dobbiamo
aggiungere solo un’altra cosa. Tutto ciò che abbiamo detto presuppone
che il discernimento avvenga mediante un opportuno accompagnamento
spirituale.
È necessario il confronto con un accompagnatore, una guida spirituale.
Non basta qualche ricetta facile, né basta riferirsi ad alcuni seppur validi
principi generali. Non basta nemmeno il buonsenso di chi conosce la vita e
gli uomini. Bisogna altresì evitare che un cieco guidi un altro cieco.
Una sintesi felice di ciò che dobbiamo cercare nella guida spirituale l’ha
scritta S. Giovanni della Croce:
L’anima che vuole veramente progredire deve guardare attentamente in quali mani si mette,
poiché il discepolo sarà uguale al maestro, il figlio al padre. […] difficilmente si troverà una
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guida perfetta con tutte le doti di cui c’è bisogno, poiché è necessario che sia saggia,
prudente e ricca di esperienza.
Se è vero che per guidare uno spirito sono fondamentali la scienza e la discrezione, se i
direttori non hanno anche l’esperienza di quanto è più sublime, non riusciranno a incamminarvi
le anime, allorché Dio ve le vorrà condurre. Potrebbero anche arrecar loro grave danno poiché,
non conoscendo la via dello Spirito, spesso fanno perdere alle anime quei delicati profumi per
mezzo dei quali lo Spirito Santo le dispone a sé.
(S. Giovanni della Croce, Fiamma viva d’amore)
Ogni via dello Spirito è unica e non può essere né anticipata né ripetuta.
Sia, dunque, la guida che sceglieremo capace di riconoscere l’azione di Dio
in noi, di avvertire quei “delicati profumi” appena percettibili che lo
Spirito ha sparso nel cuore di ciascuno di noi.
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