Le recenti strategie di internazionalizzazione delle imprese italiane

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Le recenti strategie di internazionalizzazione delle imprese italiane
Le recenti strategie di internazionalizzazione
delle imprese italiane: un’analisi per cluster
Il presente lavoro si inserisce all’interno di un progetto
di ricerca più articolato realizzato dall’Osservatorio regionale Banche - Imprese di Economia e Finanza (OBI) finalizzato a “comprendere” - attraverso un’indagine qualitativa su un campione rappresentativo di circa 5.000 imprese
italiane - una serie di tematiche, tra cui le recenti strategie
di innovazione, di internazionalizzazione, di aggregazione,
di investimenti, i rapporti tra il mondo bancario e delle
imprese, ecc.1. In questo lavoro, ci concentreremo, in particolar modo, sulle recenti strategie di internazionalizzazione e sulle relative modalità di organizzazione attraverso
una lettura del comportamento delle imprese raggruppate per gruppi omogenei significativi (cluster).
Per la definizione dei gruppi omogenei di cluster, si è
fatto ricorso alla domanda sulla dinamica del fatturato
aziendale sia come consuntivo rispetto al 2013 che come
previsione per il 20142. Sono state così selezionate, tra le
4.814 unità del campione complessivo, quelle che hanno
indicato un incremento di fatturato sia come consuntivo
che come previsione. In contrapposizione a questo
gruppo, che è stato definito a dinamica positiva, sono
state selezionate le imprese a dinamica negativa, quelle
cioè che hanno indicato una contemporanea riduzione
del fatturato nel 2013 e nel 2014. Tra questi due gruppi
contrapposti di imprese si colloca quello formato dalle
unità che hanno dichiarato un’invarianza per i due distinti
anni di riferimento. Infine, è stato creato un quarto cluster
“Altre imprese” che può considerarsi un residuo, comprendente cioè imprese che non rispondono a nessuna
delle tre tipologie suindicate. Per completare, infine, la
classificazione delle imprese si sono selezionate le stesse
in base a tutte le combinazioni a due a due dei 4 + 4 item
di risposta previsti dalla domanda in questione (aumento,
diminuzione, invarianza, mancata risposta per consuntivi
e previsioni). Dalla sintesi/accorpamento di tutte le combinazioni si è poi arrivati alla composizione di 4 gruppi
omogenei.
La ricerca ha così permesso di delineare i principali
profili strategici delle imprese in relazione ai diversi andamenti di fatturato: lo studio ha analizzato, come suindicato, 4.814 imprese di cui 925 (pari al 17,6% del totale)
“vincenti”, imprese cioè che hanno segnalato di avere aumentato il proprio fatturato nel 2013 e di prevedere un
ulteriore aumento nel 2014; 1.877 imprese caratterizzate
da una dinamica negativa del fatturato sia in termini di
consuntivi che di previsioni (39,2% del totale); 1.634 a di-
namica invariata (36,1% del totale); 378 imprese infine
(7,2% del campione intervistato) sono state inserite nella
tipologia “Altre imprese”.
Quale effetto della crisi, il gruppo più numeroso appare
rappresentato dal secondo cluster di imprese che evidenzia, a confronto soprattutto con il primo cluster, una performance meno favorevole e, in particolar modo, strategie
meno incisive in termini di innovazione tecnologica e di
internazionalizzazione, subendo - di conseguenza - più
pesantemente, rispetto alle altre tipologie di impresa, gli
effetti della crisi economica e del debole andamento dei
consumi.
La nostra Indagine per cluster conferma i risultati di
una serie di recenti ricerche e studi che hanno evidenziato
lo “sforzo” compiuto da un nucleo rilevante del nostro sistema produttivo negli ultimi quindici - venti anni, attraverso in particolar modo strategie di upgrading qualitativo
dei propri prodotti, di innovazione sia di processo che di
prodotto, di internazionalizzazione, volte a riconquistare
competitività sui mercati esteri. Nel contempo, si è assistito
ad un gap crescente, anche all’interno di ciascun settore,
tra imprese virtuose e non virtuose, accompagnato da
un’elevata eterogeneità dei percorsi individuali e delle
performance micro aziendali (Traù, 2013, ISTAT, 2014, De
Nardis, 2014).
Come già indicato, il presente lavoro si concentra sulle
recenti strategie di internazionalizzazione delle imprese
italiane distinte in relazione alla dinamica del fatturato
nel 2013 e nel 20143. In uno scenario economico caratterizzato da bassi tassi di crescita del PIL negli ultimi venti
anni (confermato dalle recenti stime preliminari dell’ISTAT
che “vedono”, relativamente al terzo trimestre del 2014,
una caduta congiunturale e tendenziale del Prodotto interno lordo pari, rispettivamente, allo 0,1% e allo 0,4%), le
esportazioni hanno rappresentato e continuano a rappresentare l’unica “voce” attiva della nostra economia grazie, soprattutto, alle strategie realizzate da gran parte del
nostro sistema produttivo per conquistare nuove quote
di mercato anche nell’area extra europea4. Secondo le più
recenti previsioni del Centro Studi Confindustria (CSC) –
di dicembre 2014 - è previsto un aumento delle esportazioni di beni e servizi del 3,5% e del 4% nel corso di quest’anno e di quello successivo. Riguardo a queste tendenze, un precedente Rapporto del CSC (giugno 2014)
evidenzia che la qualità dei prodotti venduti all’estero
rappresenta un fattore cruciale nel determinare la perfor-
— 90 —
SCAMBI
con
L’ESTERO
mance dell’export e costituisce un grande punto di forza
del Made in Italy. Secondo il CSC, infatti, nel periodo 2000
- 2012, il forte aumento della qualità dei beni italiani esportati avrebbe favorito una crescita addizionale dell’export
di 0,27 punti percentuali medi annui5.
In questo scenario, sulla base dei risultati emersi dall’Indagine, sono le imprese a dinamica positiva a manifestare una maggiore propensione all’internazionalizzazione
in termini di fatturato esportato sul totale delle vendite,
in lieve aumento nel 2014 rispetto all’anno precedente
(v. tabella 1).
Il maggior grado di internazionalizzazione delle imprese “in sviluppo” è confermato analizzando la provenienza e la destinazione per aree della merce in entrata e
uscita (v. tabella 2).
In particolare, rispetto alla provenienza delle merci, il
canale estero è utilizzato dal 29,3% delle imprese a dinamica positiva contro il 17,5% delle imprese a dinamica
negativa. Ancora più elevato è il grado di integrazione
con l’estero riguardo alla destinazione delle merci: il 43,6%
delle imprese virtuose segnala, infatti, di fare affluire le
merci al di fuori dei confini nazionali contro una quota
Tabella 1 - Aziende esportatrici e quota del fatturato estero sul fatturato totale
2013
2014
Si
Imprese a
dinamica
positiva
50,6
Imprese a
dinamica
negativa
31,0
Imprese a
dinamica
invariata
43,9
No
49,4
68,9
56,1
0,0
0,1
quota export
44,2
Sì
No
Non sa /Non risponde
Non sa /Non risponde
quota export
Fonte: elaborazioni OBI
Altre imprese
Totale
imprese
45,2
40,1
53,9
59,8
0,1
0,9
0,1
35,0
38,4
43,7
39,1
52,0
32,5
44,3
43,7
41,0
47,6
66,8
55,2
52,6
58,2
0,4
0,7
0,5
3,7
0,8
45,5
34,0
38,4
44,4
39,1
Tabella 2 - Provenienza e destinazione per aree della merce in entrata e uscita dalle imprese
Imprese a
dinamica
positiva
23,8
Imprese a
dinamica
negativa
34,1
Imprese a
dinamica
invariata
27,9
Nord Ovest
59,9
51,8
58,3
Nord Est
49,1
51,6
Centro
38,4
38,8
Mezzogiorno
29,3
Estero
Solo propria Regione
Provenienza merci
Destinazione merci
Fonte: elaborazioni OBI
Altre
imprese
Totale
imprese
23,3
29,3
60,7
56,2
58,6
56,6
54,1
44,6
43,5
41,1
30,0
37,0
34,6
32,7
29,3
17,5
22,5
28,9
22,2
Non sa /Non risponde
2,3
2,3
1,8
5,2
2,3
Solo propria Regione
26,5
40,6
28,8
25,0
32,8
Nord Ovest
63,1
47,4
62,0
62,0
56,4
Nord Est
58,7
46,4
61,2
59,5
54,8
Centro
50,3
39,7
52,3
58,3
47,4
Mezzogiorno
40,4
34,6
47,0
51,7
41,3
Estero
43,6
26,4
37,3
39,5
34,3
0,8
1,1
1,0
3,6
1,2
Non sa /Non risponde
— 91 —
sensibilmente più bassa tra le imprese meno virtuose
(26,4%). A conferma di un maggiore orientamento ai mercati locali, le imprese a dinamica negativa denunciano (in
quote percentuali più elevate rispetto agli altri cluster di
imprese, soprattutto rispetto a quelle a dinamica positiva)
di acquistare e vendere le merci prevalentemente a imprese della stessa Regione.
Le imprese a dinamica positiva si distinguono, inoltre,
per rivolgersi a più mercati extra europei (v. tabella 3). Se
l’Unione Europea (a 28 Paesi) rimane l’area privilegiata, le
imprese “in sviluppo” indicano, in quote sensibilmente
superiori rispetto a quelle delle altre tipologie di cluster,
di esportare verso il Nord Africa, l’America settentrionale,
l’America meridionale e l’Asia.
Nel contempo, le imprese a dinamica positiva segnalano di avere attivato o avere l’intenzione di attivare rapporti commerciali (v. tabella 4) con i mercati emergenti
(in particolar modo con l’area dei Paesi BRICS).
Appare opportuno sottolineare, altresì, che una quota
rilevante del totale imprese dichiara di non avere alcuna
Tabella 3 - Principali mercati di destinazione dei prodotti delle imprese per area geografica di destinazione
Imprese a
dinamica
positiva
Imprese a
dinamica
negativa
Imprese a
dinamica
invariata
Altre imprese
Totale
imprese
87,5
92,3
89,1
Altri Paesi europei (esclusa UE)
43,7
34,7
38,5
57,5
39,9
Nord Africa
22,0
12,8
16,2
20,0
16,7
America del Nord
37,1
21,0
23,1
41,1
26,9
America del Sud
28,4
19,2
15,4
33,4
20,9
Asia
36,1
21,5
19,1
40,9
25,3
Altri paesi del mondo
19,0
13,7
14,0
33,3
16,5
Non sa /Non risponde
0,3
0,7
0,5
0,1
0,5
Unione Europea (28 Paesi)
91,3
88,7
Fonte: elaborazioni OBI
Tabella 4 - Rapporti commerciali attivati o da attivare nei mercati emergenti (gruppo BRICS e altri)
attivati
Brasile
Imprese a
dinamica
positiva
22,1
Imprese a
dinamica
negativa
15,8
Imprese a
dinamica
invariata
10,0
Russia
26,6
19,5
19,5
India
22,5
9,1
Cina
29,4
Sud Africa
Paesi Area MED
Altri
In nessuno
Non sa /Non risponde
da attivare
Altre imprese
Totale imprese
25,9
15,7
42,8
23,0
9,1
27,7
13,6
14,5
15,6
38,6
20,2
17,0
8,2
8,9
29,7
12,2
24,7
13,6
12,3
42,5
17,9
3,3
1,7
1,9
2,7
2,2
42,7
56,9
61,4
35,3
53,8
1,7
1,6
1,4
1,5
1,5
Brasile
16,6
14,8
10,6
23,9
14,3
Russia
19,5
12,9
15,1
31,8
16,7
India
13,0
4,9
7,8
28,8
9,7
Cina
14,8
11,6
12,7
36,3
14,6
Sud Africa
Paesi Area MED
Altri
In nessuno
Non sa /Non risponde
Fonte: elaborazioni OBI
9,6
5,1
8,2
29,3
9,1
15,4
9,9
10,1
25,1
12,4
2,0
1,5
1,8
1,1
1,7
61,4
64,4
68,8
47,6
64,1
2,4
2,2
1,3
5,0
2,1
— 92 —
SCAMBI
con
L’ESTERO
Tabella 5 - Modalità di organizzazione per i mercati esteri
Imprese a
dinamica positiva
Imprese a
dinamica
negativa
Imprese a
dinamica
invariata
Altre imprese
Totale imprese
79,9
87,9
88,9
89,1
86,6
16,5
7,3
7,6
9,5
9,6
3,4
4,8
3,5
1,2
3,7
0,2
0,1
0,0
0,2
0,1
agisce o agirà da sola
agisce o agirà in
collaborazione con altre
imprese del luogo
agisce o agirà in
collaborazione con altre
imprese italiane
Non sa /Non risponde
Fonte: elaborazioni OBI
intenzione di attivare alcun rapporto commerciale con i
Paesi suindicati a conferma che, unitamente alle strategie
di internazionalizzazione adottate da molte nostre imprese, rimane ancora un grande “vuoto di mercato” che
potrebbe essere colmato, almeno parzialmente, da opportuni interventi di politica economica e industriale.
L’Indagine ha cercato di esplorare altri importanti
aspetti inerenti il processo di internazionalizzazione tra
cui, in particolar modo, le modalità di organizzazione delle
imprese nel rivolgersi ai mercati esteri (v. tabella 5).
Un’elevata quota percentuale di imprese indica che
preferisce agire da sola o che agirà da sola (tale quota appare più ridotta per le imprese a dinamica positiva)6. Ana-
lizzando i diversi cluster di imprese emerge una differenza
comportamentale di un certo rilievo: le imprese “in sviluppo” manifestano una maggiore propensione ad agire
in collaborazione con altre imprese del luogo.
Riguardo alle varie tipologie degli accordi di collaborazione, quella di carattere commerciale (import/export)
rappresenta l’accordo raggiunto dalla maggioranza del
totale delle imprese intervistate (v. tabella 6). Le imprese
a dinamica positiva, rispetto agli altri cluster di impresa, si
distinguono per il maggiore ricorso agli accordi di collaborazione tecnologica, a quelli di collaborazione produttiva in loco e, infine, alla subfornitura per le aziende estere
(già presenti nei mercati emergenti).
Tabella 6 - Tipologia degli accordi di collaborazione attivi o da attivare con altre imprese
Imprese a
dinamica
positiva
Imprese a
dinamica
negativa
Imprese a
dinamica
invariata
Altre imprese
Totale imprese
69,8
67,6
82,2
65,2
72,9
Collaborazione tecnologica (scambio
di conoscenze)
17,1
2,8
6,9
0,4
8,7
Committente per sub fornitura (a
imprese locali e/o italiane)
13,1
10,8
19,9
6,9
14,2
6,4
13,6
7,7
15,8
9,4
15,4
11,8
9,6
0,0
11,6
Acquisizione quote di aziende estere
1,0
0,5
2,8
0,0
1,4
Joint venture
0,9
4,2
4,9
0,0
3,1
Altro
0,8
0,0
2,5
0,4
1,1
Non sa /Non risponde
0,9
7,0
0,6
18,0
3,6
Collaborazione commerciale
(import/export)
Subfornitura per aziende estere (già
presenti nei mercati emergenti)
Collaborazione produttiva in loco
Fonte: elaborazioni OBI
— 93 —
Soffermandoci sui risultati dell’Indagine evidenziati in
questo lavoro, sembrano emergere specifici suggerimenti
di politica industriale; in primo luogo, emerge la necessità
di sostenere le imprese a dinamica positiva premiando in
qualche modo gli “sforzi” da esse compiute in tema di innovazione e di internazionalizzazione (in tal senso meritevole di attenzione sono le recenti misure, tra cui la Sabatini bis e il credito di imposta, per l’acquisto
incrementale nella misura del 15% di nuovi beni strumentali previsto nel Decreto legge sulla competitività di metà
giugno)7. Concordemente con alcune indicazioni di policy
evidenziate in un recente Rapporto sull’economia toscana
(2014), è proprio intorno alle imprese più dinamiche (individuate in questo studio sulla base della crescita degli
addetti e/o del fatturato nel triennio 2010 - 2012 in Toscana) che deve “…costruirsi la politica industriale della regione cercando, da un lato, di far fronte alle loro esigenze
attraverso un sostegno ai loro impegni di investimento, di
innovazione e di internazionalizzazione e rafforzando, dall’altro, la loro capacità di trasmettere effetti sul resto del sistema”.
Nel contempo, emerge dall’Indagine l’importanza di
“seguire” anche le imprese in difficoltà (a dinamica negativa) individuando interventi ad hoc; in particolar modo
la ricerca sul campo ha messo in evidenza come spesso le
imprese agiscano da “sole” e non siano sufficientemente
sostenute. Al riguardo, degno di nota è il recente Piano
straordinario per il rilancio internazionale dell’Italia. Tale
Piano, “lanciato” nella seconda metà del 2014, si pone il
principale obiettivo di cogliere le nuove opportunità legate alla crescita della domanda globale e all’incremento
della classe media (stimata in circa 800 milioni in più nei
prossimi 15 anni), favorire le PMI nell’accesso ai mercati
internazionali, espandere la presenza nei Paesi caratterizzati da un maggiore potenziale di crescita, attrarre infine
capitali esteri. Lo stesso Piano individua una serie di azioni
da adottare in Italia (tra cui il potenziamento di grandi
eventi in Italia, la formazione di Export temporary manager,
una Piattaforma e-Commerce per le PMI) e all’estero (l’attuazione di un Piano speciale volto a “catturare” nuovi
mercati, a definire accordi con la Grande Distribuzione
per fare conoscere all’estero i prodotti del Made in Italy,
ecc.).
Paolo Carnazza
(Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e
medie imprese - Divisione VII - PMI, Start up innovative e
reti di impresa)
Giovanni Carnazza
(Dottorando di ricerca presso la Facoltà di Economia
dell’Università degli Studi RomaTre)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Causo S., et al., L’internazionalizzazione delle imprese manifatturiere italiane durante la crisi: vincitori e vinti nel
mercato globale, L’Industria, n.1, gennaio-marzo 2014.
Centro Studi Confindustria, Scenari economici, La partenza lenta e ritardata, giugno, 2014.
Centro Studi Confindustria, Scenari economici, Le sfide della politica economica, settembre 2014.
De Nardis S., Polvere e altare. Nomisma – Scenario 11 luglio 2014.
Fondazione Edison et al., I.T.A.L.I.A., Geografia del nuovo Made in Italy, 2013.
Fondazione Nord Est, Unicredit, L’Italia delle imprese, luglio 2011.
Fortis M., Corradini S., Le 1.000 nicchie di eccellenza del Made in Italy - Un nuovo indicatore di competitività, in (a
cura di) Quadrio Curzio A., Fortis M., Nuove polarità nella Geo-economia, Il Mulino, 2010.
Fortis M. 2014. Industria europea e italiana ancora in patria, l’eccellenza traina l’export, Il Sole 24 Ore, 14 novembre.
ISTAT, Secondo Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, febbraio 2014.
OBI, Impresa e Competitività. La reazione delle imprese al diffuso clima di incertezza generato dal perdurare della
crisi: si accentuano le diversità, Giannini Editore: Napoli. Disponibile anche in E-Book (www.bancheimprese.it), 2014.
Rossi E., Casini Benvenuti S., Toscana 2020, La ripresa è possibile, Il Sole 24 Ore, Guida al Lavoro, 2014.
SACE, Alla ricerca della crescita perduta. Opportunità e ritorni di un’Italia più internazionale, 2014.
Traù F., L’eterogeneità dei risultati economici delle imprese negli anni della globalizzazione e della crisi, QA –Rivista
dell’Associazione Rossi – Doria, n.4, 2013.
Note
L’OBI, costituito nel 1996, ha la principale finalità di approfondire la conoscenza dei sistemi produttivi regionali e sviluppare le relazioni
tra il mondo bancario e le imprese, proponendosi, altresì, quale strumento di analisi e di programmazione dei processi di sviluppo sul
territorio. Gli autori ringraziano l’OBI per avere reso possibile questa pubblicazione e il Dott. Fabio Pinca per gli utili suggerimenti formali e
sostanziali. Restano ovviamente responsabili per ogni eventuale errore e/o omissione.
2
In un recente articolo (Causo et al., 2014) è stata svolta una cluster analysis più articolata rispetto a quella elaborata nel nostro lavoro,
estesa all’universo delle imprese manifatturiere estratto dai dati del Censimento ISTAT del 2011; in particolar modo sono stati individuati
cinque cluster di imprese (Piccolo cabotaggio, Multinazionali tascabili, Dinamiche, Conservative, Unità complesse) sulla base di distinti
profili strategici (Dinamismo, Internazionalizzazione, Complessità organizzativa).
3
Per un’analisi approfondita dell’Indagine relativa alle varie tematiche, si rinvia a OBI, 2014.
4
Attraverso queste strategie, molte imprese sono riuscite a riconquistare competitività e ad incrementare le quote di mercato all’estero
(in particolar modo verso l’area dei Paesi extra UE) collocandosi ai primissimi posti della graduatoria mondiale dell’export in poco meno di
mille nicchie di eccellenza (Fortis, Corradini, 2010 e Fondazione Edison et.al., 2013); secondo quest’ultimo studio l’Italia vanta, relativamente
al 2011, un attivo di 183 miliardi di dollari grazie a un totale di 946 prodotti classificatisi primi, secondi o terzi nel saldo commerciale
mondiale. Sulla base del Trade Performance Index, aggiornato al 2013, l’Italia si è confermata prima per competitività nel commercio internazionale nel tessile, cuoio - calzature, abbigliamento e occupa il secondo posto nei comparti dei manufatti di base tra cui metalli e
ceramiche, meccanica non elettronica, apparecchi elettrici, mezzi di trasporto e manufatti diversi tra cui articoli in plastica e occhiali.
Solamente la Germania ha fatto meglio negli scambi internazionali (Fortis, 2014).
5
Secondo una recente ricerca (Sace, 2014), esisterebbero ulteriori spazi per aumentare l’internazionalizzazione della nostra economia;
in particolar modo “…se riuscissimo a raggiungere nel 2018 un’incidenza dell’export sul PIL del 44% (pari al dato medio Germania - Spagna nel
2013 e comunque inferiore al dato tedesco del 2007), si genererebbero esportazioni aggiuntive per circa 40 miliardi di euro l’anno, con un incremento
di reddito nazionale tra quattro anni intorno ai 125 miliardi di euro, pari a una crescita del 9% rispetto al PIL attuale”.
6
La “solitudine” delle imprese all’estero è confermata da un’Indagine svolta dalla Fondazione Nord Est e da Unicredit: nel 2011 il 56,6%
delle imprese avrebbe, infatti, indicato di non essersi rivolto ad alcun ente o istituzione una volta presa la decisione di iniziare la propria
attività al di fuori dei confini nazionali (tale quota era pari al 52,7% nel 2010).
7
Particolare successo sembra avere avuto la Sabatini bis: a metà ottobre del 2014, secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo
Economico, sarebbero pari a 2,3 miliardi di euro i finanziamenti richiesti da circa 7.600 imprese di piccole e medie dimensioni per l’acquisto
di macchinari, impianti, beni strumentali, hardware, tecnologie digitali, ecc.. E’ previsto, entro il 2014, l’esaurimento dell’intero plafond da
2,5 miliardi l’anno.
1