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assemblea iscritte aprile 2009
Testo di Mariagrazia Pellerino fatto proprio dal Direttivo
emily non abita piu’ qui
Due sono i fatti, due gli eventi che sono capitati, che si intrecciano e
domandano una riflessione, una presa di parola e una decisione, che vogliamo
comune.
La fine di Emily nazionale e la “crisi” di Emily-Torino.
Come alcune di voi sapranno, Emily nazionale è stata chiusa per decreto
presidenziale. E’ arrivata alle Emily locali la convocazione per un’assemblea
delle iscritte, in cui, già dal titolo, si capiva come sarebbe andata a finire. E ciò
a dispetto dei più elementari principi della democrazia e soprattutto,
trattandosi di una associazione, della partecipazione e delle decisioni
partecipate.
Quella convocazione era accompagnata da uno scritto della Presidente
nazionale, Franca Chiaromonte, in cui si affermava che l’esperienza di Emily si
era conclusa poiché l’associazione in fondo aveva raggiunto il suo obiettivo,
che era quello di portare le donne nella politica istituzionale, poiché molte
hanno raggiunto posizioni di rilievo e sono presenti nelle istituzioni.
Ecco cosa scriveva Franca Chiaromonte a giugno nella sua prima lettera:
“Quanto all’obiettivo per cui siamo nate, la presenza di più donne in politica,
certo, con brusche frenate, arresti, delusioni (penso a ciò che è successo nel
Sangro, e altri) ma oggi, se mi guardo intorno, ritengo si sia realizzata. Non
solo alcune di noi sono state elette al parlamento, ma altre lavorano nelle
istituzioni locali (comuni, province, regioni). Il Pd ha portato un alto numero di
donne alla Camera e al Senato; la ex Sinistra Arcobaleno aveva molte donne in
lista. Alle primarie per il Pd le liste avevano un grande numero di donne. Anche
nel centrodestra, pure con delle differenze, si fa strada la necessità di
valorizzare il sesso femminile. Per non parlare di ciò che sta avvenendo sullo
scenario internazionale (da Segolene Royal a Hillary Clinton, alla Bachelet, a
Angela Merkel). Senza dimenticare l’importanza che ha il sesso femminile nei
dicasteri dello spagnolo Zapatero e del francese Sarkozy. Dunque, il nostro
primo manifesto ha funzionato! Almeno simbolicamente si guarda alla donne
non come gruppo appresso.”
Ci sembra che questo punto meriti una discussione: se è vero ciò che è
affermato è altrettanto vero che continuiamo ad essere una sparuta minoranza
e che quando i politici decidono le candidature o le nomine perpetuano un
meccanismo di cooptazione maschile.
Se invece si vuole affermare che nonostante la presenza femminile in molti
luoghi di potere, ad esempio il Sindaco di Milano è donna, il Presidente del
Tribunale è donna, il Presidente degli imprenditori è donna ecc., e nulla di
significativo è cambiato, anche questo merita pensieri.
E’ tutta colpa dell’omologazione delle donne di potere al modello dominante e
cioè maschile, o in questa omologazione centra anche la difficoltà di innovare i
luoghi della politica tradizionale in poche e con ancora poca elaborazione
femminile su quella politica o ancora poca forza per legittimarsi ad essere e ad
agire con libertà ed autonomia?
Ma ciò che ci ha trovate profondamente in disaccordo è stato il metodo: chi
aveva iniziato l’associazione la chiude, neanche se i luoghi associativi fossero di
una o due persone e non dei luoghi che diventano collettivi, e perciò degli spazi
pubblici e politici.
Ma forse c’è dell’altro: questa decisione si pone in un contesto preciso, la
nascita del Partito Democratico, il venir meno dell’esperienza del centrosinistra, cui Emily si richiama nello Statuto, come alleanza tra partiti autonomi,
che comprendeva anche la sinistra più “radicale” (ma, va detto, non più
comunista), la scelta del PD di correre da solo per le elezioni, l’esclusione di
quella sinistra dal Parlamento, la scelta di molte di appoggiare Veltroni e non la
Bindi, come Chiaromonte aveva sostenuto (peraltro con non grande impegno di
visibilità in Emily).
Insomma l’esperienza di Emily si conclude perché è cambiato il contesto, ma
quale contesto: quello della politica dei partiti, quello della politica delle
istituzioni, e forse questo è ancora una volta specchio di mancanza di
autonomia.
Ancora una volta un’esperienza femminile si infrange su ciò che decidono,
almeno in maggioranza, i luoghi degli uomini (a Torino si può ricordare
l’esperienza dell’Intercategoriale).
Sembrano lontani i tempi in cui Emily Napoli presentò, con tanta forza e
impegno, una lista di donne fuori dalle decisioni dei partiti, per le elezioni
provinciali campane.
O forse fu proprio quello scontro, con quello che ne derivò magari anche sul
piano privato delle donne protagoniste di quella stagione, a far riflettere? Ma
allora questo costo meritava riflessioni da scambiare poiché nella politica vanno
nominate proprio quelle cose, come la fatica dello scontro, che sono invece
taciute e perciò questa presa di posizione andava discussa come decisione
politica.
Di una politica, che proprio perché nuova, libera dal già pensato, da quello che
si conviene, mette in agenda per trarne elaborazione e azione quello che
accade nelle relazioni, ai nostri corpi, se lo scontro che proponiamo è
simmetrico alla situazione di esclusione e/o di “violenza”
inclusiva e
inglobante, che vogliamo combattere.
Penso all’asimmetria del pensiero della “non violenza” di Ghandi, che sento
vicino a certe pratiche politiche femminili (come le Madri di Plaza de Mayo).
torna a casa emily!
E a Torino?
Inutile nascondere che anche qui la crisi risente del contesto politico
istituzionale, la nascita del PD e il distacco dalla comune esperienza dei partiti
della sinistra ma anche l’avvicinamento di posizioni meno laiche, ha prodotto
delle frizioni tra le donne di Emily più addentro alla vita partitica e istituzionale.
Siamo partite come associazione che promuoveva la partecipazione delle
donne alla politica istituzionale sia elettiva che di secondo grado (nomine negli
enti e organi di gestione della cosa pubblica), e la nostra attività è stata anche
preparare le donne per questi compiti (corsi di formazione istituzionale, sui
bilanci ecc.) e di sostenere le candidature delle nostre socie.
Abbiamo sollecitato i partiti del nostro schieramento e i rappresentanti
istituzionali sulle candidature e sulle nomine femminili, credendo
nell’importanza di portare le donne nelle istituzioni per cambiarle secondo il
nostro sguardo.
Abbiamo sempre detto che non ci interessavano genericamente le donne, ma
quelle che si riconoscevano nella scelta di un percorso di libertà femminile, di
autonomia e avevano desiderio di rinnovare la politica istituzionale (patti con le
candidate ecc.).
Durante le elezioni ci siamo trovate spesso in difficoltà: le candidate che
avremmo dovuto sostenere non erano da noi scelte e allora non sempre era
automatico o entusiasta il sostegno. D’altra parte molte candidate sembravano
non così interessate al sostegno di Emily.
E noi ci siamo dette che avremmo dovuto crescere, far diventare più pesante la
nostra forza, il nostro dire e quindi più significativa la nostra azione anche di
appoggio. Oppure la scelta di non sostegno.
Abbiamo pensato che la forza della nostra Associazione era di essere luogo di
dialogo e incontro tra donne della politica istituzionale (assessore, consigliere
comunali, ecc) e donne impegnate nella vita sociale, nel lavoro,
nell’associazionismo, o semplicemente donne che avevano desiderio di
appoggiare altre donne nella politica istituzionale, sostenendo il desiderio di
queste e condividendo il desiderio di una politica rinnovata.
Questo incontro ci sembra che per un po’ ci sia stato (assemblee numerose,
iniziative partecipate da molte donne, pubbliche e private).
Poi qualcosa è saltato: la frustrazione di vedere ad ogni elezione la presenza
femminile diminuire, la decisione di fare un passo indietro durante le elezioni
per evitare conflitti tra e con le candidate in un sistema elettorale a preferenza
unica, l’uscita dalla associazione di donne, impegnate nella politica
istituzionale, che non hanno condiviso la scelta di non impegnarci nelle
campagne elettorali.
Ma anche difficoltà di integrazione con le donne più legate ai partiti e alle
logiche interne di schieramento.
Emily ha a lungo riflettuto su come raggiungere le altre donne, quelle che
stanno nelle case, nei mercati, nei lavori anche più pesanti e meno gratificanti.
Abbiamo pensato che una forte alleanza con le altre associazioni femminili ci
avrebbe almeno garantito di allargare il nostro orizzonte di riferimento e di
ampliare le destinatarie dei nostri discorsi.
Abbiamo organizzato dei seminari per interrogarci insieme alle donne delle
istituzioni, a quelle che ricoprivano incarichi nei partiti, insieme agli uomini,
insieme alle altre associazioni, perché la presenza femminile stava sempre più
scemando sia come numeri che come qualità.
Abbiamo scritto documenti di analisi, intravedendo una partenza sfavorita dalla
scarsa visibilità pubblica delle donne a partire dalla società, dal lavoro, ci siamo
interrogate sulla mancanza di interesse da parte di molte donne verso la
politica dei partiti.
Il nostro proposito era proprio cercare di mettere insieme, far parlare,
comunicare i desideri di entrambe: quelle che la politica la vivono tutti i giorni
e quelle che la praticano nei luoghi dove si decide o dove si pretende o si cerca
di farlo.
Per questo il lavoro con le altre associazioni ci sembrava importante, così come
ci sembrava importante andare a pensare alle pratiche politiche che ci avevano
precedute, il femminismo degli anni 70, e di quello che oggi ancora viveva in
noi e nelle altre di quel pensiero e di quelle pratiche politiche.
E così siamo tornate a riflettere sul tema donne e lavoro, tornate perché in
Emily per alcuni anni ha lavorato un gruppo sul cd tetto di cristallo.
Due cicli di incontri: quello del 2008 sui Femminismi, quello del 2009 su donne
e lavoro.
Questo perché Emily Torino pensa che anche questa è politica e sicuramente è
politica delle donne, da queste frequentata, tematizzata e praticata.
Il tema del lavoro, e del lavoro, per le donne ci è sembrato in questo momento
storico ed economico fondamentale, ma ci interessava anche vedere come le
competenze relazionali femminili facessero gioco nelle nuove organizzazioni
aziendali e nei nuovi contenuti lavorativi.
Noi del Direttivo di Emily siamo propense a provare a continuare questa
esperienza: in questo momento di crisi e di difficoltà pubblica e privata c’è un
gran bisogno di luoghi di incontro e di scambio tra donne, di riflessione su
questa crisi che non è la nostra crisi.
E’ la crisi di un sistema strutturato da un pensiero e da un agire a cui non
abbiamo storicamente partecipato e forse per noi donne potrebbe essere
un’occasione per far capire che il nostro sguardo è utile a tutte/ tutti, che le
cose si possono pensare in modo completamente diverso, che questo è solo un
modello possibile, che ce ne sono degli altri, che la libertà femminile intesa
come autonomia e possibilità di portarci intere nelle cose che facciamo in
questo momento ha spazi più grandi.
Ma per questo occorrono energie e desiderio.
Per questo vorremmo rifondare un’associazione come Emily, dove si tengano
insieme la politica fatta nelle case, nelle strade, nelle scuole, nel lavoro,
facendo la spesa, e quella fatta nei luoghi delle istituzioni, dei partiti,
guardando ad entrambi questi spazi pubblici in modo diverso, vedendo i vuoti
in cui portare le nostre ricchezze, creando davvero un dialogo che provi a
costruire relazioni di fiducia.
Da cosa ripartire? Secondo l’analisi interpretativa che proponiamo, il primo
obiettivo dovrebbe essere rafforzarci nella nostra autonomia dalle logiche dei
luoghi degli uomini. Per questo abbiamo bisogno di un nostro spazio in cui
continuare ad elaborare un pensiero nuovo, autonomo, completamente
diverso, espressione della libertà femminile. Ma sappiamo che il pensiero non
può essere disgiunto dalle pratiche politiche, e anche queste devono essere
espressione della nostra libertà.
Potremmo dunque ricominciare da questo: rilanciare Emily come luogo di
elaborazione di pratiche e pensiero libero e critico, e per dare parola e voce a
questo pensiero e a queste pratiche su vari temi e vicende di attualità. Questo
per sentirci meno sole e nello stesso tempo per dare visibilità a noi donne e al
contributo che possiamo dare per rinnovare la sfera pubblica. Vogliamo
continuare a sostenere e promuovere la partecipazione delle donne alla politica
istituzionale, che riteniamo strumento fondamentale per la vita democratica del
paese. Vogliamo fare questo mantenendo un dialogo tra tutte noi: tra chi
continua a svolgere il proprio lavoro ed impegno professionale in campi diversi,
chi si impegna nel mondo associativo e del volontariato, chi già fa politica
istituzionale, chi si sta preparando per parteciparvi più attivamente, chi ha
responsabilità nei consigli di amministrazione di enti e consorzi pubblici, senza
scordare che spesso ricopriamo più ruoli. Ciò che ci unisce è elaborare pensiero
e pratiche secondo il nostro sentire e la nostra libertà femminile. La politica
istituzionale oggi è lontana dalla vita reale delle persone. Il nostro modo di
intendere la politica istituzionale e il dialogo tra di noi, avendo tra di noi ruoli e
responsabilità diversi, può rappresentare di per sé un modo di avvicinare spazi
che non avrebbero dovuto allontanarsi.
Per rilanciare EmilyTorino proponiamo di rivitalizzare la partecipazione alla vita
associativa con una redistribuzione delle deleghe, in modo che siano più
numerose le iscritte che contribuiscono ad espandere l’associazione e rendere
la sua azione efficace. Il direttivo ha già iniziato al suo interno a distribuire
nuove deleghe, ma sono ancora numerose le attività che hanno bisogno di una
persona che se ne assuma la responsabilità. In direttivo abbiamo per esempio
individuato una delega per la comunicazione sia interna sia esterna. Stiamo
inoltre lavorando alla costruzione del sito. Rimane però da identificare chi si
occupa di rilanciare il rapporto con le altre associazioni, facendo tesoro
dell’esperienza fatta; dovremmo curare di più l’accoglienza delle donne che si
avvicinano alla nostra associazione per la prima volta; e potremmo organizzare
più attività culturali. Ma vorremmo anche che altre idee e disponibilità
emergessero dall’Assemblea.