Tutti abbiamo cercato, in qualche momento della nostra vita, di
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Tutti abbiamo cercato, in qualche momento della nostra vita, di
Education et Sociétés Plurilingues n°25-décembre 2008 L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL Risultati della ricerca sull’intercomprensione fra bambini francesi, italiani e romeni Stella PEYRONEL Tous, à un moment ou un autre de notre vie, nous avons cherché à comprendre une langue étrangère que nous n’avons jamais étudiée ni même entendue, et nous sommes toujours contents de comprendre ne serait-ce que quelques mots, sur le journal de la personne à côté de nous dans un autobus à Vienne, à la télévision de notre chambre d’hôtel à Tunis, de la conversation de nos voisins pendant l’entracte d’un concert à Budapest ou de l’annonce du pilote de notre avion en route pour Helsinki. Et tous, de façon plus ou moins inconsciente, nous avons traduit en actes ces stratégies qui nous aident à comprendre de quoi il s’agit. All of us have, at one time or another, tried to understand a foreign language we never studied or even heard before, and we are always pleased when we understood even a few words, in the paper of the preson next to us in a Viennese trolley, on the TV of our hotelroom in Tunis, of the conversation overheard during the intermission in a concert in Budapest or in the pilot’s announcement on our way to Helsinki. And all of us have used, more or less subconsciously, strategies that help us understand what it’s all about. Tutti abbiamo cercato, in qualche momento della nostra vita, di comprendere una lingua straniera che non avevamo mai studiato o mai nemmeno sentito e tutti siamo stati contenti di comprendere almeno qualche parola, sul giornale aperto della persona accanto a noi sull’autobus a Vienna, alla televisione nella nostra stanza d’albergo a Tunisi, nella conversazione dei nostri vicini durante l’intervallo di un concerto a Budapest o negli annunci del pilota su un aereo per Helsinki. E tutti, in maniera più o meno inconscia, abbiamo messo in atto delle strategie che ci aiutassero a capire di cosa si stesse parlando. Su un giornale abbiamo identificato il titolo di una notizia distinguendolo da una pubblicità o dagli annunci economici e magari nel titolo c’era un nome proprio (di una città, di un uomo politico, di una nazione) e così siamo riusciti, per lo meno, a capire che era successo qualcosa in Spagna o in Russia; alla televisione abbiamo saputo riconoscere il formato del notiziario rispetto a quello di una soap e forse siamo riusciti a capire, anche grazie alle immagini, a cosa si riferivano le notizie; a Budapest abbiamo capito che le persone che ascoltavamo parlavano del concerto (i nomi dei musicisti o del compositore ci hanno aiutati) e sull’aereo, pur non capendo nulla, dal tono della voce del pilota abbiamo capito che si trattava di S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL annunci di routine e non di un’emergenza. Sembra poco, ma è moltissimo se si pensa che si può trattare di lingue totalmente sconosciute. In realtà, per comprendere una lingua sconosciuta mettiamo in atto le stesse strategie che usiamo per comprendere la nostra lingua, per esempio in un ambiente rumoroso: ci basiamo su tutto quanto conosciamo per inferire quanto non riusciamo a capire o quanto non conosciamo. Un altro esempio ci è fornito dai casi di omonimia: per comprendere la frase “Passami la granata” abbiamo bisogno del contesto. Ci aiuta sapere se chi parla è un adulto o un bambino, se è un maschio o una femmina, se la frase viene detta con tono concitato o tranquillo, se chi la pronuncia veste un’uniforme militare o di cameriere, se è pronunciata nel cortile di una scuola o in quello di una caserma; dopo aver esaminato rapidamente tutti questi fattori sapremo, con ragionevole certezza se si parla di una scopa o di una bomba, anche se nulla impedisce che una bimba tranquillissima, voglia far saltare in aria la sua scuola... Propongo qui alcune riflessioni sui risultati dell’indagine sull’intercomprensione orale condotta nel Progetto VRAL (si veda l’articolo di Teresa Boella in questo stesso numero) e sugli spunti per la didattica che ne sono scaturiti. Per ogni unità e quindi per ogni testo sottoposto ai bambini che hanno partecipato alla sperimentazione era prevista una registrazione solo audio di un dialogo (da ascoltare e, successivamente, da vedere in video) e due registrazioni video dei monologhi, uno per ogni protagonista. La raccolta dei dati del Progetto VRAL si è servita di tre tipi di schede: una scheda sociolinguistica per ogni allievo coinvolto, una scheda di osservazione della sperimentazione per ognuna delle 5 unità di lavoro previste, e 5 schede per i dati relativi alle diverse fasi di ogni sessione di sperimentazione (primo e secondo ascolto di un dialogo, la visione del dialogo, la visione dei due monologhi). Le schede di osservazione sono state compilate da insegnanti che hanno partecipato al lavoro come osservatori e sono anche servite a monitorare ogni fase della sperimentazione. Prima di passare all’attività di ascolto gli insegnanti sperimentatori dovevano presentare il lavoro che avrebbero fatto insieme ai ragazzi secondo un preciso schema che illustrasse: • lo scopo delle attività (vedere cosa i bambini sarebbero riusciti a capire di una lingua che, essendo “parente” della loro e di quella che studiano a scuola, ha con essa diverse somiglianze); 90 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL • la ripetizione degli ascolti (inclusa la loro ripetizione parziale nei monologhi e integrale nei testi video); • la semplicità degli argomenti dei testi. Lo scopo di questa “presentazione” del lavoro era essenzialmente quello di tranquillizzare i bambini rispetto ad un compito che avrebbero potuto considerare molto difficile e, allo stesso tempo, di facilitare il loro lavoro invitandoli ad immaginare cosa avrebbero potuto trovare nei testi audio. I risultati più significativi che emergono dalle schede di osservazione riguardano il gradimento delle attività da parte dei bambini coinvolti e un aumento del loro interesse dalla prima all’ultima sessione. La scheda sociolinguistica aveva, evidentemente, la funzione di identificare il retroterra linguistico dei bambini coinvolti. I dati raccolti sembrano indicare una sostanziale uniformità per quanto riguarda la lingua materna in Francia e in Romania e una maggior varietà, invece, per quanto riguarda l’Italia. Rispetto alle lingue sentite parlare (diverse dalla lingua materna), invece, la situazione di varietà riguarda tutti e tre i Paesi: nei gruppi italiani e francesi, accanto alle lingue nazionali (francese, inglese, spagnolo, albanese, rumeno, arabo, ecc.) si trovano il patois e diversi dialetti; in Romania, invece, parrebbe che le sole lingue sentite dai ragazzi siano le lingue nazionali più diffuse in Europa (rispetto alla Francia si trovano, oltre a inglese, francese, spagnolo e tedesco, ecc., anche due istanze di russo, una di turco e una di arabo). Le principali occasioni di incontro con lingue straniere, sono, fornite, in tutti e tre i Paesi, dalla scuola, dal cinema o dalla televisione, e dagli amici di famiglia. Veniamo ora alle schede relative alla sperimentazione vera e propria dei materiali nelle tre lingue romanze. Lo scopo di queste schede era quello di raccogliere informazioni attraverso domande che portassero i bambini a riflettere sugli elementi fondamentali, linguistici e non, della comprensione. Ogni volta che un testo (audio o video) è stato loro sottoposto, è stato chiesto ai bambini di identificare i protagonisti della conversazione (maschi o femmine, bambini, giovani, adulti o vecchi), il loro stato d’animo (tranquilli, arrabbiati, ecc.) e il rapporto in cui erano (amici, conoscenti, ecc.); i bambini dovevano anche cercare di identificare il luogo in cui si svolgeva la conversazione. Rispondendo a queste domande i ragazzi dovevano indicare, in oltre, le ragioni della loro risposta (il tono della voce – o l’espressione del viso nel caso di una registrazione video – per gli stati d’animo, i rumori di fondo per il luogo, ecc.). Un’altra serie di domande riguardava aspetti più linguistici e si chiedeva ai bambini se avevano 91 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL identificato, nella conversazione, domande e risposte, se avevano riconosciuto delle parole e in fine qual era l’argomento; anche per le risposte a queste domande i ragazzi dovevano fornire delle ragioni. In particolare, per le parole riconosciute o identificate, i bambini dovevano dire se ciò era avvenuto perché si trattava di parole simili alla loro lingua materna o ad un’altra lingua conosciuta o se era stato il contesto a far loro comprendere la parola. Vediamo ora, in forma sintetica, alcuni dei risultati dell’analisi relativa al confronto fra i dati provenienti dalla sperimentazione della prima e della terza unità (sia per la lingua studiata che per quella non studiata) in tre gruppi, uno per Paese. Sono state prese in considerazione la classe mista CM1 e CM2 della scuola di Saint Blaise (Briançon), la classe III della scuola di Chiomonte (Torino) e la classe aIVa della scuola di Bucarest. Cominciamo con i dati che riguardano la lingua studiata (italiano, in Francia e in Romania, francese, in Italia). • Per quanto riguarda l’individuazione del luogo in cui si svolge il dialogo solo per il gruppo italiano (Chiomonte) aumentano le ipotesi e le ragioni fornite in base ai rumori sentiti, per gli altri due gruppi l’andamento è lo stesso e il luogo viene individuato sia in base ai rumori sentiti che in base a singole parole o al testo del dialogo nel suo insieme. • Per i gruppi italiano e francese sembrano aumentare le ipotesi circa la relazione fra i protagonisti del dialogo mentre per il gruppo rumeno non sembra esserci variazione. Le ragioni (il testo del dialogo stesso, il tono della voce e il modo di parlare) rimangono sostanzialmente uguali per i tre gruppi. • Aumenta la quantità di ipotesi avanzate dal gruppo italiano circa lo stato d’animo dei protagonisti (rimane sostanzialmente uguale, invece, per gli altri due gruppi), ma nei tre gruppi rimangono uguali le ragioni fornite. • Aumenta leggermente nei gruppi italiano e francese il numero di ragioni fornite per l’individuazione della presenza di domande e risposte all’interno del dialogo, non cambia, però, la tipologia. Per il gruppo rumeno la situazione sembra essere stabile. • In linea di massima, rispetto all’argomento del dialogo, diminuisce la non comprensione e aumentano i “capito” e i “forse” fra prima e terza unità. 92 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL • Per quanto riguarda le parole riconosciute nella lingua studiata, aumenta notevolmente, fra la prima e la terza unità, il numero di parole singole (+123%), mentre il numero dei sintagmi riconosciuti aumenta in misura minore (+71%). Cresce anche, ma in misura molto minore, la lunghezza dei sintagmi riconosciuti. Tabella 1 – Parole riconosciute – Lingua studiata Le parole riconosciute sono state indicate sia in L1 che nella lingua studiata. parole singole* sintagmi (2+ elementi)* U1 U3 U1 U3 Primo ascolto 8 24 13 9 Secondo ascolto 14 32 11 15 Visione 21 39 10 13 Monologhi I ascolto 14 31 11 25 Monologhi II ascolto 16 37 7 27 Totale 73 163 52 89 (+123%) (+71%) *Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli stessi. Rispetto alle ragioni indicate per la comprensione, i dati relativi alle due unità confermano la prevalenza (sia pure con margine molto scarso) del fatto che si tratta della lingua studiata (B). Si conferma anche l’importanza della somiglianza con la L1 (A). Tabella 2 – Ragioni della comprensione delle parole riconosciute – Lingua studiata A B U1 U3 U1 Primo ascolto 3 3 5 Secondo ascolto 3 3 4 Visione 3 3 3 Monologhi I 2 4 0 ascolto Monologhi II 2 2 3 ascolto Totale 13 15 15 A – simile a L1 B – noto in lingua studiata C – già sentito in lingua studiata D – ascolti/visioni precedenti E – altro (non specificato) F – contesto G – simile a altra L (non specificata) C D E F G U3 5 3 2 2 U1 0 0 0 0 U3 0 1 0 0 U1 1 1 0 1 U3 0 1 1 2 U1 1 0 1 0 U3 0 1 1 0 U1 1 0 0 0 U3 0 1 1 0 U1 0 2 0 0 U3 0 1 0 0 2 0 0 1 2 0 1 1 0 0 0 14 0 1 4 6 2 3 2 2 2 1 Meno significativi, anche nel confronto fra le due unità, i dati riguardanti le parole ricordate ma non comprese. Continua ad essere più alto il numero di parole singole di quello di sintagmi. 93 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL Tabella 3 – Parole ricordate ma non comprese – Lingua studiata parole singole* sintagmi (2+ elementi)* U1 U3 U1 U3 Primo ascolto 3 3 1 0 Secondo ascolto 3 4 1 1 Visione 1 2 1 1 Monologhi I ascolto 0 2 1 0 Monologhi II ascolto tutto 1 tutto 0 Totale 7 + tutto 12 4 + tutto 2 *Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli stessi. Per quanto riguarda le ragioni, prevale ancora il fatto che si tratti di parole della lingua studiata (14 occorrenze di B fra le due unità). Sembra aumentare l’importanza di ascolti e visioni precedenti: questo dato potrebbe essere indice di una progressiva famigliarizzazione con la lingua studiata. Tabella 4 – Ragioni per cui si ricordano le parole non comprese – Lingua studiata A U1 U3 Primo ascolto 1 2 Secondo ascolto 0 0 Visione 0 0 Monologhi I ascolto 0 1 Monologhi II ascolto 1 0 Totale 2 3 A – simile a L1 B – già sentito in lingua studiata C – ascolti/visioni precedenti D - altro B U1 4 3 1 0 0 8 C U3 0 2 2 1 1 6 U1 1 1 1 0 0 3 D U3 0 2 1 2 1 6 U1 1 0 0 0 0 1 U3 0 0 0 0 0 0 Veniamo ora ai dati che riguardano la lingua non studiata (rumeno in Francia e in Italia, francese, in Romania). • Le ragioni per l’identificazione del luogo in cui si svolge il dialogo sono praticamente le stesse nella prima e nella terza unità, ma, in quest’ultima, manca qualsiasi riferimento a parole specifiche (nella prima unità si trovava la parola “scola”). Questo potrebbe suggerire l’ipotesi secondo cui i ragazzi darebbero più importanza ai rumori quando si trovano davanti a una lingua sconosciuta. • Fra la prima e la terza unità aumentano leggermente le ipotesi circa la relazione fra i protagonisti del dialogo, almeno nel primo e nel secondo ascolto. Le ragioni di queste ipotesi, però, sono sostanzialmente le stesse: il testo del dialogo stesso, il tono della voce e il modo di parlare (sono presenti alcune indicazioni di 94 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL carattere pragmatico – si chiamano per nome, non si chiedono il nome, si fanno domande sul fratello e la sorella). • Per quanto riguarda l’attribuzione di uno stato d’animo, le ragioni principali sono, in entrambe le unità, il tono della voce e il modo di parlare. Dopo la visione si è aggiunta l’espressione del viso e, in un’istanza, lo sguardo (si guardano con gentilezza – Saint Blaise). • Il tono della voce, l’intonazione, il modo di parlare e le pause sono le principali ragioni indicate per l’individuazione di domande nel testo del dialogo. Ha importanza minore la comprensione del testo del dialogo. • La comprensione generale aumenta fra la prima e la terza unità, ma non in maniera drastica. • Per quanto riguarda le parole singole riconosciute/comprese nella lingua non studiata, non sembra esserci un aumento regolare fra il primo ascolto e gli ascolti successivi, mentre aumentano i sintagmi (indice di maggiore comprensione globale). Fra la prima e la terza unità si verifica un aumento notevole (98%) del totale di parole singole riconosciute e un aumento minore, ma pur sempre significativo (50%) del totale dei sintagmi. Questi aumenti confermano, anche in questo caso, un aumento della comprensione globale. Tabella 5 – Parole riconosciute – Lingua non studiata parole singole* sintagmi (2+ elementi)* U1 U3 U1 U3 Primo ascolto 11 22 6 9 Secondo ascolto 12 14 8 12 Visione 10 21 12 13 Monologhi I ascolto 13 25 9 19 Monologhi II ascolto 7 23 17 25 Totale 53 105 52 78 (+98%) (+50%) *Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli stessi. Nella terza unità prevale, fra le ragioni per la comprensione delle parole, la lingua studiata (B, 12), seguita dalla L1 (A, 10) e dalla ripetizione degli ascolti (F, 10). Se si sommano i risultati nelle due unità, A e B si trovano al primo posto alla pari con 25 occorrenze, seguiti dalla ripetizione degli ascolti (F, 20). 95 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL L’importanza della somiglianza con un altra lingua (C) aumenta fra la prima e la terza unità, ma rimane ridotta come numero di occorrenze (5), rispetto agli altri fattori. Tabella 6 – Ragioni della comprensione delle parole riconosciute – Lingua non studiata A B C U1 U3 U1 U3 U1 U3 U1 Primo ascolto 3 2 2 3 0 1 1 Secondo ascolto 3 2 3 2 0 1 1 Visione 3 2 3 2 0 0 1 Monologhi I 3 2 3 3 0 1 2 ascolto Monologhi II 3 2 2 2 1 1 2 ascolto Totale 15 10 13 12 1 4 7 A – simile a L1 B – simile a lingua studiata/conosciuto in lingua studiata C – simile a altra L (non specificata) D – contesto E – altro (amici, film, ecc.) F – ascolti/visioni precedenti G – ambientazione D E F G U3 1 0 1 2 U1 3 1 1 1 U3 1 1 0 0 U1 0 3 2 2 U3 0 2 2 3 U1 0 0 0 0 U3 0 0 1 0 1 0 1 3 3 0 0 5 7 3 10 10 0 0 Per quanto riguarda le parole ricordate ma non comprese, fra la prima e la terza unità aumentano le parole singole (+0,48%), ma diminuiscono i sintagmi da 12 a 5 (-140%). Tabella 7 – Parole ricordate ma non comprese – Lingua non studiata parole singole* sintagmi (2+ elementi)* U1 U3 U1 U3 Primo ascolto 4 10 3 3 Secondo ascolto 5 5 3 0 Visione 8 10 2 2 Monologhi I ascolto 8 5 2 0 Monologhi II ascolto 4 13 3 0 Totale 29 43 12 5 (+0,48%) (-140%) *Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli stessi. La ripetizione degli ascolti/visioni (F,17) continua ad essere la ragione principale per cui le parole non comprese sono ricordate, seguono la somiglianza con la lingua materna (A, 13) e la lingua studiata (B, 12) seguendo in sostanza la tendenza generale individuata sulla base dei dati relativi alla prima unità in tutti i gruppi. 96 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL Nel confronto fra prima e terza unità, però, è evidente una notevole diminuzione dell’influenza della L1 (da 10 a 3) come pure una diminuzione dell’importanza della lingua studiata (da 9 a 3): questi dati parrebbero indicare un certo grado di famigliarizzazione con la lingua non studiata, sia pure controbilanciato da un ricorso un po’maggiore alla somiglianza con altre lingue (C, da 2 a 4). Tabella 8 – Ragioni per cui si ricordano le parole non comprese – Lingua non studiata A Primo ascolto Secondo ascolto Visione Monologhi I ascolto Monologhi II ascolto Totale Totale B C D U1 1 2 3 3 U3 0 0 1 1 U1 0 2 3 3 U3 0 0 1 1 U1 0 0 1 1 U3 0 0 2 1 U1 0 0 0 0 U3 0 0 0 0 1 1 1 1 0 1 0 0 3 13 9 3 12 2 4 0 0 10 6 E 0 F G U1 U3 U1 U3 U1 U3 Primo ascolto 1 3 0 0 0 0 Secondo ascolto 3 1 2 1 0 0 Visione 0 1 2 2 0 0 Monologhi I 1 3 3 3 0 0 ascolto Monologhi II 2 2 1 3 0 0 ascolto Totale 7 10 8 9 0 0 Totale 17 17 0 A – simile a L1 B – simile a lingua studiata/conosciuto in lingua studiata C – simile a altra L (non specificata) D – contesto E – altro (amici, film, ecc.) F – ascolti/visioni precedenti G – ambientazione Per comprendere un discorso, come abbiamo detto all’inizio, applichiamo le stesse strategie alle lingue conosciute e a quelle che non conosciamo. Spesso non siamo coscienti di queste strategie, così come non siamo coscienti di tutti gli elementi che prendiamo in considerazione e che completano il significato di quanto leggiamo o ascoltiamo. L’intercomprensione “orale” sembrerebbe essere più difficile di quella “scritta” anche perché, in generale, deve essere più immediata (verba 97 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL volant...), ma l’esperienza condotta all’interno del Progetto VRAL ha dimostrato che anch’essa è possibile, se si tiene conto di tutti i fattori che intervengono a completare la comunicazione. Rifacendoci al concetto di competenza comunicativa, intesa come la capacità di comunicare (e quindi di comprendere) mettendo in campo contemporaneamente diverse competenze (linguistica, pragmatica, sociolinguistica, interazionale e culturale) abbiamo elaborato le schede che hanno accompagnato la sperimentazione e abbiamo potuto verificare che i bambini erano in grado di applicare le diverse abilità al fine di comprendere una lingua sconosciuta o di comprendere meglio una lingua non ancora conosciuta perfettamente. L’importanza che i ragazzi hanno dato ad elementi pragmatici della comunicazione (la presenza di domande e risposte nei dialoghi individuata sulla base dell’intonazione, delle pause e dei turni, per esempio), conferma la centralità della competenza comunicativa nel loro processo di comprensione (e, potenzialmente, di apprendimento) delle lingue. L’importanza della competenza comunicativa per i ragazzi è dimostrata anche dal fatto che hanno spesso individuato l’argomento dei dialoghi e dei monologhi basandosi sulla competenza pragmatica e indicando delle funzioni (si presentano, si fanno domande, si chiedono il nome, ecc.). La sensibilità che hanno rivelato nel definire la relazione fra i partecipanti all’interazione comunicativa (si conoscono, non si conoscono, sono amici, si sono appena conosciuti – quest’ultima possibilità suggerita dai ragazzi stessi e non prevista nelle schede –, ecc.) e nel fornire le ragioni della loro definizione, dimostra anche la loro attenzione ai ruoli sociali e psicologici come elementi della comunicazione. La precisione con cui hanno identificato il luogo in cui si svolgevano i dialoghi e hanno fornito le ragioni delle loro ipotesi è ulteriore conferma del loro sviluppato senso della competenza comunicativa. La modalità di raccolta dei dati non ha permesso di individuare strategie di (inter)comprensione specifiche individuali, ciononostante è possibile fare ipotesi circa alcune delle strategie applicate: somiglianza con la L1, somiglianza con altre lingue, interpretazione basata su elementi extralinguistici (espressione del viso, stato d’animo, rumori, ambiente, ecc.). E’ emerso con chiarezza, però, (anche dalle relazioni degli insegnanti sperimentatori) che è stata applicata la strategia più importante in ogni processo di conoscenza e in particolare per quanto riguarda la comunicazione verbale in quanto tipica delle società umane: la collaborazione. 98 S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL Fra parlanti nativi (o anche non nativi) di una lingua, la negoziazione del significato è una delle espressioni della collaborazione; tanto più fra parlanti di lingue diverse, per arrivare all’intercomprensione, è necessaria la collaborazione. Il fatto che la sperimentazione sia stata effettuata su gruppi ha permesso di mettere in evidenza il carattere collaborativo dell’intercomprensione, almeno nel senso di collaborazione del gruppo al fine di arrivare alla comprensione. La sperimentazione ha rivelato anche l’importanza della collaborazione con gli insegnanti che in molti casi non conoscevano la lingua non studiata e si sono trovati (e “sono stati trovati” dai ragazzi) sullo stesso piano nel processo di comprensione. 99