Tutti abbiamo cercato, in qualche momento della nostra vita, di

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Tutti abbiamo cercato, in qualche momento della nostra vita, di
Education et Sociétés Plurilingues n°25-décembre 2008
L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
Risultati della ricerca sull’intercomprensione fra bambini francesi, italiani e
romeni
Stella PEYRONEL
Tous, à un moment ou un autre de notre vie, nous avons cherché à comprendre une
langue étrangère que nous n’avons jamais étudiée ni même entendue, et nous sommes
toujours contents de comprendre ne serait-ce que quelques mots, sur le journal de la
personne à côté de nous dans un autobus à Vienne, à la télévision de notre chambre
d’hôtel à Tunis, de la conversation de nos voisins pendant l’entracte d’un concert à
Budapest ou de l’annonce du pilote de notre avion en route pour Helsinki. Et tous, de
façon plus ou moins inconsciente, nous avons traduit en actes ces stratégies qui nous
aident à comprendre de quoi il s’agit.
All of us have, at one time or another, tried to understand a foreign language we never
studied or even heard before, and we are always pleased when we understood even a
few words, in the paper of the preson next to us in a Viennese trolley, on the TV of
our hotelroom in Tunis, of the conversation overheard during the intermission in a
concert in Budapest or in the pilot’s announcement on our way to Helsinki. And all of
us have used, more or less subconsciously, strategies that help us understand what it’s
all about.
Tutti abbiamo cercato, in qualche momento della nostra vita, di
comprendere una lingua straniera che non avevamo mai studiato o mai
nemmeno sentito e tutti siamo stati contenti di comprendere almeno
qualche parola, sul giornale aperto della persona accanto a noi sull’autobus
a Vienna, alla televisione nella nostra stanza d’albergo a Tunisi, nella
conversazione dei nostri vicini durante l’intervallo di un concerto a
Budapest o negli annunci del pilota su un aereo per Helsinki. E tutti, in
maniera più o meno inconscia, abbiamo messo in atto delle strategie che ci
aiutassero a capire di cosa si stesse parlando.
Su un giornale abbiamo identificato il titolo di una notizia distinguendolo
da una pubblicità o dagli annunci economici e magari nel titolo c’era un
nome proprio (di una città, di un uomo politico, di una nazione) e così
siamo riusciti, per lo meno, a capire che era successo qualcosa in Spagna o
in Russia; alla televisione abbiamo saputo riconoscere il formato del
notiziario rispetto a quello di una soap e forse siamo riusciti a capire, anche
grazie alle immagini, a cosa si riferivano le notizie; a Budapest abbiamo
capito che le persone che ascoltavamo parlavano del concerto (i nomi dei
musicisti o del compositore ci hanno aiutati) e sull’aereo, pur non capendo
nulla, dal tono della voce del pilota abbiamo capito che si trattava di
S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
annunci di routine e non di un’emergenza. Sembra poco, ma è moltissimo
se si pensa che si può trattare di lingue totalmente sconosciute.
In realtà, per comprendere una lingua sconosciuta mettiamo in atto le stesse
strategie che usiamo per comprendere la nostra lingua, per esempio in un
ambiente rumoroso: ci basiamo su tutto quanto conosciamo per inferire
quanto non riusciamo a capire o quanto non conosciamo. Un altro esempio
ci è fornito dai casi di omonimia: per comprendere la frase “Passami la
granata” abbiamo bisogno del contesto. Ci aiuta sapere se chi parla è un
adulto o un bambino, se è un maschio o una femmina, se la frase viene
detta con tono concitato o tranquillo, se chi la pronuncia veste un’uniforme
militare o di cameriere, se è pronunciata nel cortile di una scuola o in
quello di una caserma; dopo aver esaminato rapidamente tutti questi fattori
sapremo, con ragionevole certezza se si parla di una scopa o di una bomba,
anche se nulla impedisce che una bimba tranquillissima, voglia far saltare
in aria la sua scuola...
Propongo
qui
alcune
riflessioni
sui
risultati
dell’indagine
sull’intercomprensione orale condotta nel Progetto VRAL (si veda
l’articolo di Teresa Boella in questo stesso numero) e sugli spunti per la
didattica che ne sono scaturiti.
Per ogni unità e quindi per ogni testo sottoposto ai bambini che hanno
partecipato alla sperimentazione era prevista una registrazione solo audio di
un dialogo (da ascoltare e, successivamente, da vedere in video) e due
registrazioni video dei monologhi, uno per ogni protagonista.
La raccolta dei dati del Progetto VRAL si è servita di tre tipi di schede: una
scheda sociolinguistica per ogni allievo coinvolto, una scheda di
osservazione della sperimentazione per ognuna delle 5 unità di lavoro
previste, e 5 schede per i dati relativi alle diverse fasi di ogni sessione di
sperimentazione (primo e secondo ascolto di un dialogo, la visione del
dialogo, la visione dei due monologhi).
Le schede di osservazione sono state compilate da insegnanti che hanno
partecipato al lavoro come osservatori e sono anche servite a monitorare
ogni fase della sperimentazione.
Prima di passare all’attività di ascolto gli insegnanti sperimentatori
dovevano presentare il lavoro che avrebbero fatto insieme ai ragazzi
secondo un preciso schema che illustrasse:
•
lo scopo delle attività (vedere cosa i bambini sarebbero riusciti a
capire di una lingua che, essendo “parente” della loro e di quella che
studiano a scuola, ha con essa diverse somiglianze);
90
S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
•
la ripetizione degli ascolti (inclusa la loro ripetizione parziale nei
monologhi e integrale nei testi video);
•
la semplicità degli argomenti dei testi.
Lo scopo di questa “presentazione” del lavoro era essenzialmente quello di
tranquillizzare i bambini rispetto ad un compito che avrebbero potuto
considerare molto difficile e, allo stesso tempo, di facilitare il loro lavoro
invitandoli ad immaginare cosa avrebbero potuto trovare nei testi audio.
I risultati più significativi che emergono dalle schede di osservazione
riguardano il gradimento delle attività da parte dei bambini coinvolti e un
aumento del loro interesse dalla prima all’ultima sessione.
La scheda sociolinguistica aveva, evidentemente, la funzione di identificare
il retroterra linguistico dei bambini coinvolti. I dati raccolti sembrano
indicare una sostanziale uniformità per quanto riguarda la lingua materna in
Francia e in Romania e una maggior varietà, invece, per quanto riguarda
l’Italia. Rispetto alle lingue sentite parlare (diverse dalla lingua materna),
invece, la situazione di varietà riguarda tutti e tre i Paesi: nei gruppi italiani
e francesi, accanto alle lingue nazionali (francese, inglese, spagnolo,
albanese, rumeno, arabo, ecc.) si trovano il patois e diversi dialetti; in
Romania, invece, parrebbe che le sole lingue sentite dai ragazzi siano le
lingue nazionali più diffuse in Europa (rispetto alla Francia si trovano, oltre
a inglese, francese, spagnolo e tedesco, ecc., anche due istanze di russo,
una di turco e una di arabo). Le principali occasioni di incontro con lingue
straniere, sono, fornite, in tutti e tre i Paesi, dalla scuola, dal cinema o dalla
televisione, e dagli amici di famiglia.
Veniamo ora alle schede relative alla sperimentazione vera e propria dei
materiali nelle tre lingue romanze.
Lo scopo di queste schede era quello di raccogliere informazioni attraverso
domande che portassero i bambini a riflettere sugli elementi fondamentali,
linguistici e non, della comprensione.
Ogni volta che un testo (audio o video) è stato loro sottoposto, è stato
chiesto ai bambini di identificare i protagonisti della conversazione (maschi
o femmine, bambini, giovani, adulti o vecchi), il loro stato d’animo
(tranquilli, arrabbiati, ecc.) e il rapporto in cui erano (amici, conoscenti,
ecc.); i bambini dovevano anche cercare di identificare il luogo in cui si
svolgeva la conversazione. Rispondendo a queste domande i ragazzi
dovevano indicare, in oltre, le ragioni della loro risposta (il tono della voce
– o l’espressione del viso nel caso di una registrazione video – per gli stati
d’animo, i rumori di fondo per il luogo, ecc.). Un’altra serie di domande
riguardava aspetti più linguistici e si chiedeva ai bambini se avevano
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
identificato, nella conversazione, domande e risposte, se avevano
riconosciuto delle parole e in fine qual era l’argomento; anche per le
risposte a queste domande i ragazzi dovevano fornire delle ragioni. In
particolare, per le parole riconosciute o identificate, i bambini dovevano
dire se ciò era avvenuto perché si trattava di parole simili alla loro lingua
materna o ad un’altra lingua conosciuta o se era stato il contesto a far loro
comprendere la parola.
Vediamo ora, in forma sintetica, alcuni dei risultati dell’analisi relativa al
confronto fra i dati provenienti dalla sperimentazione della prima e della
terza unità (sia per la lingua studiata che per quella non studiata) in tre
gruppi, uno per Paese. Sono state prese in considerazione la classe mista
CM1 e CM2 della scuola di Saint Blaise (Briançon), la classe III della
scuola di Chiomonte (Torino) e la classe aIVa della scuola di Bucarest.
Cominciamo con i dati che riguardano la lingua studiata (italiano, in
Francia e in Romania, francese, in Italia).
• Per quanto riguarda l’individuazione del luogo in cui si svolge il
dialogo solo per il gruppo italiano (Chiomonte) aumentano le ipotesi
e le ragioni fornite in base ai rumori sentiti, per gli altri due gruppi
l’andamento è lo stesso e il luogo viene individuato sia in base ai
rumori sentiti che in base a singole parole o al testo del dialogo nel
suo insieme.
• Per i gruppi italiano e francese sembrano aumentare le ipotesi circa
la relazione fra i protagonisti del dialogo mentre per il gruppo
rumeno non sembra esserci variazione. Le ragioni (il testo del
dialogo stesso, il tono della voce e il modo di parlare) rimangono
sostanzialmente uguali per i tre gruppi.
• Aumenta la quantità di ipotesi avanzate dal gruppo italiano circa lo
stato d’animo dei protagonisti (rimane sostanzialmente uguale,
invece, per gli altri due gruppi), ma nei tre gruppi rimangono uguali
le ragioni fornite.
• Aumenta leggermente nei gruppi italiano e francese il numero di
ragioni fornite per l’individuazione della presenza di domande e
risposte all’interno del dialogo, non cambia, però, la tipologia. Per il
gruppo rumeno la situazione sembra essere stabile.
• In linea di massima, rispetto all’argomento del dialogo, diminuisce la
non comprensione e aumentano i “capito” e i “forse” fra prima e
terza unità.
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
• Per quanto riguarda le parole riconosciute nella lingua studiata,
aumenta notevolmente, fra la prima e la terza unità, il numero di
parole singole (+123%), mentre il numero dei sintagmi riconosciuti
aumenta in misura minore (+71%). Cresce anche, ma in misura
molto minore, la lunghezza dei sintagmi riconosciuti.
Tabella 1 – Parole riconosciute – Lingua studiata
Le parole riconosciute sono state indicate sia in L1 che nella lingua studiata.
parole singole*
sintagmi (2+ elementi)*
U1
U3
U1
U3
Primo ascolto
8
24
13
9
Secondo ascolto
14
32
11
15
Visione
21
39
10
13
Monologhi I ascolto
14
31
11
25
Monologhi II ascolto
16
37
7
27
Totale
73
163
52
89
(+123%)
(+71%)
*Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli
stessi.
Rispetto alle ragioni indicate per la comprensione, i dati relativi alle due
unità confermano la prevalenza (sia pure con margine molto scarso) del
fatto che si tratta della lingua studiata (B). Si conferma anche l’importanza
della somiglianza con la L1 (A).
Tabella 2 – Ragioni della comprensione delle parole riconosciute – Lingua studiata
A
B
U1 U3 U1
Primo ascolto
3
3
5
Secondo ascolto
3
3
4
Visione
3
3
3
Monologhi I
2
4
0
ascolto
Monologhi II
2
2
3
ascolto
Totale
13 15 15
A – simile a L1
B – noto in lingua studiata
C – già sentito in lingua studiata
D – ascolti/visioni precedenti
E – altro (non specificato)
F – contesto
G – simile a altra L (non specificata)
C
D
E
F
G
U3
5
3
2
2
U1
0
0
0
0
U3
0
1
0
0
U1
1
1
0
1
U3
0
1
1
2
U1
1
0
1
0
U3
0
1
1
0
U1
1
0
0
0
U3
0
1
1
0
U1
0
2
0
0
U3
0
1
0
0
2
0
0
1
2
0
1
1
0
0
0
14
0
1
4
6
2
3
2
2
2
1
Meno significativi, anche nel confronto fra le due unità, i dati riguardanti le
parole ricordate ma non comprese. Continua ad essere più alto il numero di
parole singole di quello di sintagmi.
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
Tabella 3 – Parole ricordate ma non comprese – Lingua studiata
parole singole* sintagmi (2+ elementi)*
U1
U3
U1
U3
Primo ascolto
3
3
1
0
Secondo ascolto
3
4
1
1
Visione
1
2
1
1
Monologhi I ascolto
0
2
1
0
Monologhi II ascolto
tutto
1
tutto
0
Totale
7 + tutto 12
4 + tutto 2
*Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli
stessi.
Per quanto riguarda le ragioni, prevale ancora il fatto che si tratti di parole
della lingua studiata (14 occorrenze di B fra le due unità). Sembra
aumentare l’importanza di ascolti e visioni precedenti: questo dato potrebbe
essere indice di una progressiva famigliarizzazione con la lingua studiata.
Tabella 4 – Ragioni per cui si ricordano le parole non comprese – Lingua studiata
A
U1 U3
Primo ascolto
1
2
Secondo ascolto
0
0
Visione
0
0
Monologhi I ascolto
0
1
Monologhi II ascolto
1
0
Totale
2
3
A – simile a L1
B – già sentito in lingua studiata
C – ascolti/visioni precedenti
D - altro
B
U1
4
3
1
0
0
8
C
U3
0
2
2
1
1
6
U1
1
1
1
0
0
3
D
U3
0
2
1
2
1
6
U1
1
0
0
0
0
1
U3
0
0
0
0
0
0
Veniamo ora ai dati che riguardano la lingua non studiata (rumeno in
Francia e in Italia, francese, in Romania).
•
Le ragioni per l’identificazione del luogo in cui si svolge il dialogo
sono praticamente le stesse nella prima e nella terza unità, ma, in
quest’ultima, manca qualsiasi riferimento a parole specifiche (nella
prima unità si trovava la parola “scola”). Questo potrebbe suggerire
l’ipotesi secondo cui i ragazzi darebbero più importanza ai rumori
quando si trovano davanti a una lingua sconosciuta.
•
Fra la prima e la terza unità aumentano leggermente le ipotesi circa
la relazione fra i protagonisti del dialogo, almeno nel primo e nel
secondo ascolto. Le ragioni di queste ipotesi, però, sono
sostanzialmente le stesse: il testo del dialogo stesso, il tono della
voce e il modo di parlare (sono presenti alcune indicazioni di
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
carattere pragmatico – si chiamano per nome, non si chiedono il
nome, si fanno domande sul fratello e la sorella).
•
Per quanto riguarda l’attribuzione di uno stato d’animo, le ragioni
principali sono, in entrambe le unità, il tono della voce e il modo di
parlare. Dopo la visione si è aggiunta l’espressione del viso e, in
un’istanza, lo sguardo (si guardano con gentilezza – Saint Blaise).
•
Il tono della voce, l’intonazione, il modo di parlare e le pause sono le
principali ragioni indicate per l’individuazione di domande nel testo
del dialogo. Ha importanza minore la comprensione del testo del
dialogo.
• La comprensione generale aumenta fra la prima e la terza unità, ma
non in maniera drastica.
• Per quanto riguarda le parole singole riconosciute/comprese nella
lingua non studiata, non sembra esserci un aumento regolare fra il
primo ascolto e gli ascolti successivi, mentre aumentano i sintagmi
(indice di maggiore comprensione globale).
Fra la prima e la terza unità si verifica un aumento notevole (98%) del
totale di parole singole riconosciute e un aumento minore, ma pur sempre
significativo (50%) del totale dei sintagmi. Questi aumenti confermano,
anche in questo caso, un aumento della comprensione globale.
Tabella 5 – Parole riconosciute – Lingua non studiata
parole singole*
sintagmi (2+ elementi)*
U1
U3
U1
U3
Primo ascolto
11
22
6
9
Secondo ascolto
12
14
8
12
Visione
10
21
12
13
Monologhi I ascolto
13
25
9
19
Monologhi II ascolto
7
23
17
25
Totale
53
105
52
78
(+98%)
(+50%)
*Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli
stessi.
Nella terza unità prevale, fra le ragioni per la comprensione delle parole, la
lingua studiata (B, 12), seguita dalla L1 (A, 10) e dalla ripetizione degli
ascolti (F, 10).
Se si sommano i risultati nelle due unità, A e B si trovano al primo posto
alla pari con 25 occorrenze, seguiti dalla ripetizione degli ascolti (F, 20).
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
L’importanza della somiglianza con un altra lingua (C) aumenta fra la
prima e la terza unità, ma rimane ridotta come numero di occorrenze (5),
rispetto agli altri fattori.
Tabella 6 – Ragioni della comprensione delle parole riconosciute – Lingua non studiata
A
B
C
U1 U3 U1 U3 U1 U3 U1
Primo ascolto
3
2
2
3
0
1
1
Secondo ascolto 3
2
3
2
0
1
1
Visione
3
2
3
2
0
0
1
Monologhi I
3
2
3
3
0
1
2
ascolto
Monologhi II
3
2
2
2
1
1
2
ascolto
Totale
15 10 13 12 1
4
7
A – simile a L1
B – simile a lingua studiata/conosciuto in lingua studiata
C – simile a altra L (non specificata)
D – contesto
E – altro (amici, film, ecc.)
F – ascolti/visioni precedenti
G – ambientazione
D
E
F
G
U3
1
0
1
2
U1
3
1
1
1
U3
1
1
0
0
U1
0
3
2
2
U3
0
2
2
3
U1
0
0
0
0
U3
0
0
1
0
1
0
1
3
3
0
0
5
7
3
10
10
0
0
Per quanto riguarda le parole ricordate ma non comprese, fra la prima e la
terza unità aumentano le parole singole (+0,48%), ma diminuiscono i
sintagmi da 12 a 5 (-140%).
Tabella 7 – Parole ricordate ma non comprese – Lingua non studiata
parole singole*
sintagmi (2+ elementi)*
U1
U3
U1
U3
Primo ascolto
4
10
3
3
Secondo ascolto
5
5
3
0
Visione
8
10
2
2
Monologhi I ascolto
8
5
2
0
Monologhi II ascolto
4
13
3
0
Totale
29
43
12
5
(+0,48%)
(-140%)
*Le parole singole e i sintagmi riconosciuti ai diversi ascolti sono quasi sempre gli
stessi.
La ripetizione degli ascolti/visioni (F,17) continua ad essere la ragione
principale per cui le parole non comprese sono ricordate, seguono la
somiglianza con la lingua materna (A, 13) e la lingua studiata (B, 12)
seguendo in sostanza la tendenza generale individuata sulla base dei dati
relativi alla prima unità in tutti i gruppi.
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
Nel confronto fra prima e terza unità, però, è evidente una notevole
diminuzione dell’influenza della L1 (da 10 a 3) come pure una diminuzione
dell’importanza della lingua studiata (da 9 a 3): questi dati parrebbero
indicare un certo grado di famigliarizzazione con la lingua non studiata, sia
pure controbilanciato da un ricorso un po’maggiore alla somiglianza con
altre lingue (C, da 2 a 4).
Tabella 8 – Ragioni per cui si ricordano le parole non comprese – Lingua non studiata
A
Primo ascolto
Secondo ascolto
Visione
Monologhi I
ascolto
Monologhi II
ascolto
Totale
Totale
B
C
D
U1
1
2
3
3
U3
0
0
1
1
U1
0
2
3
3
U3
0
0
1
1
U1
0
0
1
1
U3
0
0
2
1
U1
0
0
0
0
U3
0
0
0
0
1
1
1
1
0
1
0
0
3
13
9
3
12
2
4
0
0
10
6
E
0
F
G
U1 U3 U1 U3 U1 U3
Primo ascolto
1
3
0
0
0
0
Secondo ascolto
3
1
2
1
0
0
Visione
0
1
2
2
0
0
Monologhi I
1
3
3
3
0
0
ascolto
Monologhi II
2
2
1
3
0
0
ascolto
Totale
7
10 8
9
0
0
Totale
17
17
0
A – simile a L1
B – simile a lingua studiata/conosciuto in lingua studiata
C – simile a altra L (non specificata)
D – contesto
E – altro (amici, film, ecc.)
F – ascolti/visioni precedenti
G – ambientazione
Per comprendere un discorso, come abbiamo detto all’inizio, applichiamo
le stesse strategie alle lingue conosciute e a quelle che non conosciamo.
Spesso non siamo coscienti di queste strategie, così come non siamo
coscienti di tutti gli elementi che prendiamo in considerazione e che
completano il significato di quanto leggiamo o ascoltiamo.
L’intercomprensione “orale” sembrerebbe essere più difficile di quella
“scritta” anche perché, in generale, deve essere più immediata (verba
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
volant...), ma l’esperienza condotta all’interno del Progetto VRAL ha
dimostrato che anch’essa è possibile, se si tiene conto di tutti i fattori che
intervengono a completare la comunicazione.
Rifacendoci al concetto di competenza comunicativa, intesa come la
capacità di comunicare (e quindi di comprendere) mettendo in campo
contemporaneamente diverse competenze (linguistica, pragmatica,
sociolinguistica, interazionale e culturale) abbiamo elaborato le schede che
hanno accompagnato la sperimentazione e abbiamo potuto verificare che i
bambini erano in grado di applicare le diverse abilità al fine di
comprendere una lingua sconosciuta o di comprendere meglio una lingua
non ancora conosciuta perfettamente.
L’importanza che i ragazzi hanno dato ad elementi pragmatici della
comunicazione (la presenza di domande e risposte nei dialoghi individuata
sulla base dell’intonazione, delle pause e dei turni, per esempio), conferma
la centralità della competenza comunicativa nel loro processo di
comprensione (e, potenzialmente, di apprendimento) delle lingue.
L’importanza della competenza comunicativa per i ragazzi è dimostrata
anche dal fatto che hanno spesso individuato l’argomento dei dialoghi e dei
monologhi basandosi sulla competenza pragmatica e indicando delle
funzioni (si presentano, si fanno domande, si chiedono il nome, ecc.). La
sensibilità che hanno rivelato nel definire la relazione fra i partecipanti
all’interazione comunicativa (si conoscono, non si conoscono, sono amici,
si sono appena conosciuti – quest’ultima possibilità suggerita dai ragazzi
stessi e non prevista nelle schede –, ecc.) e nel fornire le ragioni della loro
definizione, dimostra anche la loro attenzione ai ruoli sociali e psicologici
come elementi della comunicazione. La precisione con cui hanno
identificato il luogo in cui si svolgevano i dialoghi e hanno fornito le
ragioni delle loro ipotesi è ulteriore conferma del loro sviluppato senso
della competenza comunicativa.
La modalità di raccolta dei dati non ha permesso di individuare strategie di
(inter)comprensione specifiche individuali, ciononostante è possibile fare
ipotesi circa alcune delle strategie applicate: somiglianza con la L1,
somiglianza con altre lingue, interpretazione basata su elementi
extralinguistici (espressione del viso, stato d’animo, rumori, ambiente,
ecc.).
E’ emerso con chiarezza, però, (anche dalle relazioni degli insegnanti
sperimentatori) che è stata applicata la strategia più importante in ogni
processo di conoscenza e in particolare per quanto riguarda la
comunicazione verbale in quanto tipica delle società umane: la
collaborazione.
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S. Peyronel, L’intercomprensione secondo il Progetto VRAL
Fra parlanti nativi (o anche non nativi) di una lingua, la negoziazione del
significato è una delle espressioni della collaborazione; tanto più fra
parlanti di lingue diverse, per arrivare all’intercomprensione, è necessaria
la collaborazione. Il fatto che la sperimentazione sia stata effettuata su
gruppi ha permesso di mettere in evidenza il carattere collaborativo
dell’intercomprensione, almeno nel senso di collaborazione del gruppo al
fine di arrivare alla comprensione. La sperimentazione ha rivelato anche
l’importanza della collaborazione con gli insegnanti che in molti casi non
conoscevano la lingua non studiata e si sono trovati (e “sono stati trovati”
dai ragazzi) sullo stesso piano nel processo di comprensione.
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