IL CONTRIBUTO DEL TRASPORTO FERROVIARIO NELLA

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IL CONTRIBUTO DEL TRASPORTO FERROVIARIO NELLA
IL CONTRIBUTO DEL TRASPORTO
FERROVIARIO NELLA STRATEGIA DI CRESCITA
IN ITALIA E IN EUROPA
I sette messaggi chiave del Rapporto
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I SETTE
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STUDIO
I SETTE MESSAGGI CHIAVE DELLO STUDIO
Le analisi svolte all’interno di questo studio forniscono numerosi elementi ed evidenze circa lo stato
dell’arte del sistema di trasporto ferroviario all’interno dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea e, in
particolare, delineano un chiaro quadro dello stato di avanzamento del processo di liberalizzazione dei
singoli mercati e di creazione di un mercato unico del trasporto ferroviario.
Nell’ambito di questo scenario è possibile fornire alcune linee guida di riferimento per indirizzare le
future azioni che la classe politica e dirigente, alla guida del nostro Paese, dovrebbe mettere in atto
con urgenza al fine di creare un sistema di trasporto ferroviario sempre più competitivo, efficiente e
sostenibile.
Tali azioni dovranno essere in grado di bilanciare in maniera ottimale gli interessi dei cittadini da un lato
e, dall’altro, le esigenze di sostenibilità economica delle imprese deputate all’erogazione dei servizi di
trasporto, soprattutto con riferimento a quelli forniti a fronte di corrispettivi pubblici (Servizio Universale
di Trasporto Ferroviario).
Nel prosieguo del presente paragrafo verranno elencati, e sinteticamente commentati, i sette messaggi chiave che, a nostro avviso, sono emersi nell’ambito delle analisi svolte e che hanno di fatto guidato
la stesura delle proposte finali del presente lavoro.
1. Il processo di liberalizzazione dei tre pacchetti ferroviari è incompleto e
parzialmente inapplicato
È trascorso circa un ventennio da quando l’Europa iniziò ad interrogarsi sull’opportunità di aprire i singoli
mercati del trasporto ferroviario e creare un mercato unico europeo, ed oltre dieci anni sono passati
dall’introduzione del cosiddetto “primo pacchetto ferroviario“ in tema di liberalizzazione del mercato.
Il processo normativo teso all’introduzione progressiva di regole chiare ed omogenee in tutta l’Unione
Europea ha avuto risultati deludenti, al punto che oggi, nel 2012, le Istituzioni comunitarie stanno procedendo ad una revisione del primo pacchetto ferroviario, per semplificare, chiarire e aggiornare il relativo
quadro normativo.
Il mancato successo del processo è imputabile, da un lato, all’eccessiva articolazione e complessità
delle norme in vigore e, dall’altro, alla mancata attuazione da parte dei singoli Stati Membri, che hanno spesso agito con l’esplicita finalità di proteggere la propria industria e il proprio operatore nazionale.
Il risultato è che oggi in Europa esistono 25 sistemi di trasporto ferroviario differenti in termini di mercato
e dimensione degli operatori, struttura, governance e regolamentazione, mix di traffico, costi e regole di accesso all’infrastruttura.
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Tali differenze, che si rilevavano già prima dell’introduzione dei 3 pacchetti ferroviari, in certi casi sono
aumentate.
Nella gran parte degli Stati Membri ciò è accaduto in modo volontario, con l’obiettivo di chiudere il
mercato alla concorrenza esterna.
2. In Europa non esiste un mercato unico del trasporto ferroviario. I mercati
europei sono un insieme eterogeneo di sistemi ferroviari nazionali divisi e
differenziati
La “Single European Railway Area” è un sogno destinato ancora a lungo a rimanere nel cassetto. Il
fallimento degli sforzi compiuti dal legislatore comunitario si concretizza nell’esistenza di singoli mercati
fra loro estremamente differenti, i quali riflettono, per lo più, precise scelte politiche e strategiche
adottate dai singoli Paesi.
Il Regno Unito, ad esempio, ha anticipato il processo di apertura e liberalizzazione, invano tentato
a livello europeo, dapprima privatizzando sia la gestione del servizio che dell’infrastruttura ferroviaria
(scelta rivelatasi a posteriori alquanto infelice) per poi ri-nazionalizzare l’infrastruttura aprendo completamente il mercato dei servizi ferroviari alla concorrenza, attraverso l’introduzione di un sistema di
franchising per assegnazione dei servizi all’interno di network omogenei di tratte messe a gara.
Tale scelta, dettata forse più dalle disastrose condizioni economico finanziarie in cui l’intero sistema
si è ritrovato che dall’effettiva volontà di offrire un migliore servizio ai cittadini, ha fatto scomparire
l’industria nazionale di settore. Allo stesso tempo, la riforma inglese ha prodotto nell’ultimo decennio
una crescita esponenziale dei fondi pubblici immessi nel sistema da un lato e, dall’altro, ha posto i
cittadini britannici nella non felice condizione di pagare le tariffe più alte d’Europa per un servizio che,
sicuramente, non si può qualificare come il migliore del Continente.
Non è casuale la recente proposta del Sindaco di Londra di riportare tutto il servizio di trasporto pendolare verso Londra sotto il controllo pubblico e di integrarlo nella medesima società di gestione della
metropolitana della città, la quale è direttamente controllata dalla sua Municipalità.
All’estremo opposto troviamo il caso francese, ove il Governo ha messo in atto precise scelte di controllo pubblico del servizio di trasporto ferroviario e di chiusura del proprio mercato volte alla difesa,
al consolidamento ed alla crescita del proprio settore industriale e, in particolare, alla creazione di
un campione nazionale come SNCF, la quale è stata poi successivamente dotata di tutte le risorse
umane, tecnologiche e finanziarie (soprattutto) per poter uscire dai confini nazionali e competere progressivamente sui mercati europei. Tali scelte, per poter essere attuate con efficacia, hanno richiesto
ingenti somme di denaro pubblico che nell’ultimo decennio il Governo francese ha via via immesso
all’interno del settore.
Ancora differente, ma che riflette anch’esso precise scelte di strategia Paese, è il caso tedesco. La
Germania ha infatti adottato una strategia per certi aspetti simile a quella francese, volta quindi a creXVI
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are un campione nazionale in grado di competere su tutti i mercati internazionali, ma senza chiudere
completamente il proprio mercato. La strategia tedesca infatti si è basata soprattutto su forti investimenti
mirati alla crescita del Sistema Paese, che hanno fatto diventare la Germania la più grande piattaforma
logistica mondiale, anche grazie alla trasformazione del gruppo DB in uno dei più grandi operatori globali
della logistica integrata. Parallelamente ne ha sostenuto la crescita nel mercato nazionale ed europeo,
stanziando ingenti finanziamenti di lungo periodo per i servizi di trasporto pubblico locale.
L’apertura del mercato del trasporto merci non ha quindi recato alcun danno all’operatore nazionale,
ormai diventato il maggiore attore mondiale del settore, e ha consentito l’ingresso di numerosi operatori privati che hanno introdotto ulteriori elementi di efficienza.
Relativamente ai servizi pubblici locali, l’apertura del mercato è avvenuta in maniera graduale, attraverso un sistema misto di assegnazione di tratte sia in maniera diretta che attraverso bandi di gara i
quali, però, sono sempre stati banditi nei bacini meno strategici del sistema, lasciando quelli ad elevata
intensità di traffico e più redditizi sotto il controllo di DB.
Il risultato finale è che, oggi, la Germania rappresenta il Paese con il maggior numero di operatori
privati sia sul lato merci che passeggeri.
In questo scenario l’Italia, che rappresenta il terzo mercato ferroviario europeo e che esprime anche
il terzo operatore ferroviario europeo, si è sempre caratterizzata per una totale assenza di precise
scelte politiche in materia. Inoltre, l’Italia è tra i Paesi che più velocemente si sono adoperati per
l’implementazione delle Direttive europee rispetto ad altri Stati Membri, senza tuttavia definire una
chiara politica e strategia del trasporto ferroviario. Permangono, infatti, alcuni elementi di criticità: un
quadro di regolazione del settore instabile, l’assenza di piani di investimento, livelli di contribuzione al
servizio di Trasporto Pubblico Locale ferroviario contenuti e non paragonabili a quelli dei principali Paesi
di riferimento (Francia e Germania in primis) e la mancanza di politiche a favore del riequilibrio modale
del trasporto.
Queste differenze hanno creato una condizione di distorsione della competizione poiché i livelli di
apertura dei mercati sono differenti tra gli Stati Membri, esiste una potenziale presenza di sussidi incrociati, i livelli di finanziamento pubblico al Trasporto Pubblico Locale ferroviario sono diversi, non esiste un
forte ed indipendente Organismo di regolazione e controllo del mercato a livello europeo e le singole
Autorità nazionali non godono di sufficienti poteri ed autonomia per l’esercizio di quelle che dovrebbero essere le proprie funzioni.
3. Non esistono evidenze e correlazioni tra separazione verticale
(unbundling), crescita nel traffico merci e passeggeri e incremento di
efficienza nel sistema ferroviario
Non vi è evidenza che dimostri come la separazione verticale generi efficienza nel sistema, poiché non
esistono correlazioni scientificamente dimostrabili tra separazione verticale e crescita nel traffico merci
o passeggeri. I risultati emersi dalle analisi forniscono un quadro incerto e contrastante.
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Se in alcuni casi, infatti, il settore merci registra tassi di crescita maggiori nei sistemi verticalmente
integrati, e dunque ciò farebbe propendere verso l’assunzione che l’integrazione verticale favorisca
maggiormente il traffico ferroviario, in altri casi, sistemi verticalmente separati registrano tassi maggiori di crescita nel comparto passeggeri.
Con riferimento al trasporto passeggeri, la crescita che sembra caratterizzare i modelli separati in realtà deriva da situazioni e caratteristiche specifiche del Paese.
Nel Regno Unito, ad esempio, la crescita del trasporto passeggeri sembra essere stata più favorita
dall’incremento della competizione attraverso la messa in gara della concessione che dal modello
di separazione verticale. In Francia e Spagna, che hanno optato per modelli formalmente separati in
presenza di un sostanziale monopolio dei rispettivi operatori nazionali, la crescita dei passeggeri su
ferro è stata coincidente con la progressiva messa a regime della rete di trasporto ad alta velocità.
È difficile dunque, in questa situazione, capire effettivamente quanto il modello di separazione verticale
abbia favorito o meno la crescita della competizione e della performance del sistema.
In realtà, distinguere i sistemi di trasporto ferroviario in Europa analizzando semplicemente il modello di
separazione o integrazione verticale è riduttivo e semplicistico, in quanto esistono altri fattori in grado
di influenzare la performance dei sistemi stessi, quali ad esempio il livello di investimenti e di supporto
finanziario, l’efficacia della regolamentazione e le specificità del mercato.
A fronte di tali risultati, a nostro avviso, non esistono sufficienti evidenze per rendere obbligatorio, in
tutti gli Stati Membri, l’applicazione di un modello di separazione verticale.
La separazione verticale potrebbe costituire solo l’ultimo passo di una Road Map che porti alla
costituzione di un mercato ferroviario unico e liberalizzato, a condizione che ne sia dimostrata l’utilità
per promuovere maggiormente la concorrenza e che sia attuata a livello europeo in un contesto di
effettiva reciprocità fra i diversi Stati Membri.
4. Il Trasporto Pubblico Locale ferroviario in Italia è caratterizzato da situazioni
evidenti di sottocompensazione e di incertezza delle risorse ad esso destinate
Il Trasporto Pubblico Locale ferroviario costituisce la spina dorsale del trasporto ferroviario in Europa,
rappresentando oltre il 70% dell’intera offerta di treni-km e, in quasi tutti i principali Paesi europei, esso
è considerato uno dei settori maggiormente strategici per la mobilità.
Il business ferroviario in tutta Europa, come è noto, è caratterizzato dalla presenza di una impresa statale dominante, ad eccezione del caso inglese.
L’Italia è fra i Paesi europei in cui il Trasporto Pubblico Locale ferroviario è meno remunerativo in quanto
i ricavi da traffico e i corrispettivi per passeggero-km sono particolarmente bassi.
I ricavi da traffico sono infatti rispettivamente inferiori del 50% rispetto alla Francia e alla Germania,
mentre i ricavi da contribuzione pubblica sono inferiori in un range tra il 20% e il 30%. Tale situaXVIII
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zione, protratta nel tempo, ha influenzato la quantità e la qualità del servizio offerto e le performance
economiche e reddituali delle imprese ferroviarie.
In un contesto europeo di apertura – seppure graduale – dei mercati, al persistere di tale situazione,
l’operatore nazionale si trova oggi in un posizione di forte svantaggio competitivo: in questo sistema è
evidente che, a parità di politiche, potrà essere più facile per i big player degli altri Paesi (DB, SNCF,
ecc.) procedere con strategie aggressive di acquisizione in altri Paesi.
L’inferiore contribuzione pubblica al trasporto ferroviario in Italia penalizza l’operatore nazionale che
fornisce il servizio di trasporto a condizioni peggiori rispetto ai competitor stranieri. Sotto questo profilo è
significativo il fatto che le Ferrovie Svizzere, invitate a partecipare alla gara per la fornitura del servizio di
trasporto ferroviario in Piemonte, si siano successivamente ritirate. Un comunicato ufficiale della società
di trasporto svizzera precisa che le ragioni del ritiro sono da ricondurre all’insufficiente sostenibilità delle
risorse messe a disposizione e alle complesse condizioni di quadro generale.
Riteniamo dunque indispensabile per il sistema del Trasporto Pubblico Locale ferroviario italiano una
radicale revisione del suo attuale modello di finanziamento, forse troppo dipendente dai corrispettivi
per contratto di servizio pubblico a causa di un patto politico-sociale, che ha tenuto estremamente
basse le tariffe, ormai obsoleto.
In aggiunta, l’incertezza che ancora oggi caratterizza il quadro regolamentare dei finanziamenti, impedisce qualsiasi forma di pianificazione di investimenti di medio e lungo termine.
Dalla definizione di un quadro stabile e certo delle risorse disponibili per un periodo adeguato alla
programmazione dei servizi e degli investimenti, dipenderà il successo del processo di liberalizzazione
del settore.
Il rischio, infatti, è il ripetersi dell’esperienza dei primi anni 2000, quando l’impossibilità delle Regioni di
organizzare le gare ha prodotto un lungo periodo di regimi di prorogatio annuali dei contratti di servizio
con l’operatore dominante che, in presenza di risorse decrescenti in termini reali e dell’impossibilità di
programmare e realizzare investimenti, ha prodotto un peggioramento della qualità dei servizi.
5. In Italia le gare possono costituire uno strumento efficace per promuovere
la competizione ed aprire il mercato a condizione che si operi in un
contesto di certezza regolamentare e finanziaria in cui la sostenibilità
di lungo periodo sia garantita da un adeguato bilanciamento fra servizi
richiesti e risorse disponibili
Nel panorama europeo, Regno Unito e Svezia presentano i sistemi ferroviari più liberi ed aperti alla
concorrenza nel Trasporto Pubblico Locale ferroviario.
In Germania e in Italia, dove la recente sentenza della Corte Costituzionale ha abolito l’obbligatorietà
delle gare, i Länder e le Regioni hanno facoltà di scelta tra affidamento diretto e procedure a evidenza pubblica.
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In Francia e Spagna c’è ancora un regime di monopolio a favore dell’incumbent nazionale.
L’esperienza tedesca dimostra che la messa a gara dei servizi di trasporto ferroviario richiede tuttavia
condizioni di certezza del quadro regolamentare e finanziario (in termini di risorse pubbliche certe
messe a disposizione) che non hanno caratterizzato il nostro Paese nell’ultimo ventennio e che, di
recente, si sono addirittura aggravate.
Sarebbe a nostro giudizio opportuna un’introduzione progressiva dei bandi di gara coerentemente
con la strategia di sistema adottata e che tali bandi siano formulati in modo da fornire garanzia di
sostenibilità e qualità del servizio.
L’apertura del mercato in Italia è da sempre frenata da incertezza sia nell’entità dei pagamenti sia nelle tempistiche degli stessi, minori corrispettivi e prezzi dei biglietti più bassi rispetto ai competitor europei.
Ciò ha creato evidenti fenomeni di sottocompensazione per il servizio erogato.
In un contesto di assegnazione competitiva del servizio tramite bando di gara non si dovrà più imporre al precedente operatore, una volta scaduto il contratto, l’obbligo di continuità del servizio (come
successo negli ultimi anni). L’operatore uscente dovrà quindi essere libero di “lasciare” un mercato che
non presenti livelli di redditività adeguata.
Infine, per evitare fenomeni di “cherry picking“ da parte di una più agguerrita concorrenza internazionale che, avvantaggiata da un contesto di risorse disponibili più favorevole rispetto ai nostri operatori,
potrebbe attuare politiche di dumping sui prezzi molto aggressive (almeno inizialmente), è essenziale
che si studino adeguati bacini di traffico da mettere a gara, composti da un insieme omogeneo di
tratte più o meno redditizie.
6. Una forte e indipendente Authority di vigilanza e regolamentazione, con
poteri decisionali e coercitivi, è elemento essenziale per aprire il mercato
Mettere mano alla governance del sistema richiede, come primo passo, una rapida operatività della
neo-costituenda Authority nazionale dei Trasporti, e risorse e poteri adeguati a garantirne forza e
indipendenza. Il principale compito dell’Authority dovrebbe essere quello di definire le linee guida di
sviluppo del settore, tenendo conto delle peculiarità territoriali. Questa potrebbe rappresentare l’occasione per costruire una sorta di tavolo di concertazione inter-istituzionale permanente tra i differenti
stakeholder per gestire il cambiamento auspicato.
La definizione delle tariffe dei servizi pubblici, quale il trasporto locale su ferro, rientra tipicamente
tra i poteri delle Authority di regolazione, secondo meccanismi trasparenti che garantiscano adeguamenti automatici. Ciò permetterebbe, da una parte di liberare gli enti locali dal conflitto che li
vede spesso coinvolti in veste sia di regolatori sia di azionisti delle aziende che erogano il servizio,
dall’altra di liberare le aziende di trasporto dal vincolo delle tariffe, mantenute bloccate da amministrazioni locali troppo spesso prigioniere dei risvolti politici che un loro innalzamento potrebbe determinare.
L’Authority dovrebbe inoltre vigilare sul rispetto degli impegni presi da Regioni e Imprese ferroviarie nei
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Contratti di Servizio pubblico sia in termini di quantità e qualità dei servizi erogati che di congruità e
regolarità dei pagamenti dei corrispettivi pubblici.
A tal fine un ulteriore compito a nostro giudizio essenziale è una stesura delle linee guida per la scrittura
dei bandi di gara che consenta la valutazione di congruità dei bandi tra servizi richiesti dalle Regioni
e le risorse pubbliche messe effettivamente a disposizione.
Essa dovrebbe infine partecipare attivamente alla costituzione di un network europeo delle diverse
Autorità di regolazione nazionali che porti, a tendere, alla creazione di un’Autorità a livello comunitario.
7. Un sistema di mobilità efficiente e sostenibile – sia a livello economico
che ambientale – necessita di efficaci politiche di riequilibrio modale e di
sistemi incentivanti l’utilizzo della modalità ferroviaria sia per i passeggeri
che per le merci
La crescita dei flussi commerciali e di persone sul territorio comunitario non è stata accompagnata da
un corrispondente riequilibrio tra le diverse modalità di trasporto: nella maggioranza degli Stati Membri
il trasporto su strada rappresenta la modalità principale per il traffico delle merci.
Tale sbilanciamento appare particolarmente accentuato in Italia, dove circa il 90% del trasporto
merci è veicolato su strada, a fronte di meno del 10% del trasporto ferroviario.
Dalle analisi condotte emerge come in Italia gli oneri del trasporto merci su gomma siano inferiori
rispetto ad altri Paesi europei. La ridotta quota modale della ferrovia in Italia riflette politiche meno
incisive rispetto a quelle adottate da altri Paesi europei a favore del riequilibrio modale. Ad esempio, in
Paesi di transito come la Germania e l’Austria – dove la somma aggregata di oneri quali l’imposta sul
possesso dei veicoli, le accise sul carburante e i pedaggi – è molto elevata rispetto ad analoghi valori
in Italia, si osserva una significativa quota modale del trasporto su ferro.
Sarebbe dunque auspicabile, anche per il nostro Paese, l’introduzione di misure di medio-lungo termine finalizzate ad un ribaltamento della convenienza attuale dell’utilizzo del trasporto su gomma
a favore di quello su ferro.
In generale i Paesi che hanno introdotto tasse sul traffico stradale pesante sono i primi come quota
di trasporto merci ferroviario: ad un aumento dell’1% del costo del trasporto merci su gomma corrisponde un incremento dell’1,4% di quota modale del trasporto merci su ferro.
In uno scenario dominato sempre più dalla necessità di sfruttare al meglio logistica e trasporto combinato quali modalità efficienti e rispettose dell’ambiente, il trasporto ferroviario è infatti in grado di
offrire alcuni vantaggi non trascurabili sulla lunga distanza e di minimizzare i costi esterni rispetto a
quello su gomma.
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