Ma dompna·m ten pres (BdT 223, 4)

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Ma dompna·m ten pres (BdT 223, 4)
Ma dompna·m ten pres (BdT 223, 4)
Edizione critica di un testo di Guilhem Magret
1. Introduzione1
Prima di accostarsi all’edizione del testo, mi pare opportuno dare qualche notizia
riguardo al trovatore cui è attribuito, a partire dalla lettura della vida che lo riguarda:
Guillhems Magretz si fo uns joglars de Vianes, jogaire e taverniers. E fez bonas cansos e bons
sirventes e bonas coblas. E fo ben volgutz et onratz; mas anc mais non anet en arnes, que tot
qant gazaingnava el jogava e despendia malamen en taverna. Pois se rendet en un hospital en
Espaigna, en la terra d’En Roiz Peire dels Gambiros.
I cenni della vida che riguardano l’attività di giullare e la provenienza geografica
di Guilhem Magret non sembrano da mettere in discussione; meno sicura è la parte dell’antica biografia che lo vuole frequentatore assiduo di taverne e incallito
giocatore. I dati potrebbero essere degni di fede, ma è altrettanto vero che la fonte dell’anonimo biografo potrebbe essere un componimento dello stesso Guilhem
Magret, la tenzone derisoria intrapresa con Guilhem Rainol d’At. Nel corso del
testo, infatti, Rainol rimprovera più volte il povero Guilhem a causa dei vizi del
vino e del gioco, che lo hanno reso povero. Sicuramente colpiscono, in questo senso, i v. 33-34, che recitano: «Adug vos an a derroc, / Magret, dat, putas e broc». La
cosa certa è che l’immagine, vera o presunta, del trovatore abilissimo ma rovinato
dal vizio della taverna ha colpito non solo la fantasia del redattore della vida, ma
anche quella del miniatore del ms. K, che ritrae Guilhem Magret seduto al tavolo
da gioco, colto nell’atto di lanciare i dadi. Altrettanto misteriose sono le informazioni riguardanti gli ultimi anni del nostro trovatore: la sua presenza presso le corti spagnole è confermata da due dei suoi componimenti. Nel sirventese Aigua pueia contramon (BdT 223, 1)2 Guilhem descrive infatti compiutamente la divisione
dei cinque regni di Spagna, soffermandosi poi su quello di León, di cui tesse un’appassionato elogio descrivendolo con le fattezze di una fonte (fon) magica. Nella
prima delle due tornadas del componimento, infine, il trovatore allude ad un reis
d’Aragon provvidenzialmente lasciato da Dio fra gli uomini per poter riparare a
un dan non meglio precisato. A mio avviso, tanta precisione può essere dovuta solo
1 Questo articolo è il primo risultato della revisione della mia tesi di laurea, comprendente
l’edizione critica dell’intero corpus poetico di Guilhem Magret.
2 Per il testo del sirventese si rimanda all’unica edizione momentaneamente disponibile, quella di Naudieth 1914.
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alla presenza di Guilhem presso le corti spagnole e, in particolare, presso quelle
d’Aragona e di León. Da queste stesse informazioni è possibile ricavare un’ipotesi di datazione del testo: il re di León è identificabile con Alfonso IX, citato dal trovatore attraverso l’interpretatio nominis, così come avviene in Si cum cel que sos
compaignos di Elias Cairel. Secondo Lachin l’uso in entrambi i trovatori dei rimanti pon: Leon : fon nasconderebbe la citazione, appunto, di Alfonso IX. In Guilhem l’interpretatio nominis sarebbe stata utilizzata per non ripetere una seconda
volta il nome Anfos, che compare già al v. 42 e che potrebbe nascondere Alfonso
VIII di Castiglia. Il re aragonese citato nella tornada sarebbe invece Pietro II, che
compare anche nel momento della sua incoronazione da parte del papa ai v. 40-50
della canzone che si sta per proporre, databile, grazie a questo preziosissimo dato,
al 1204. Aigua pueia contramon, secondo i dati finora esaminati, sarebbe invece databile al 1200, anno a cui risalirebbe l’accordo tra Alfonso VIII di Castiglia e Alfonso IX di León per il recupero di alcune terre in Navarra, stipulato grazie all’intercessione di Pietro II che, così facendo, avrebbe riparato al danno della perdita
di questi territori. L’attestazione di Guilhem Magret si fissa quindi in questo brevissimo arco temporale3. Paiono inoltre plausibili tanto il ritiro di Magret presso
un monastero, forse di ospitalieri, come pare indicare il termine hospital, quanto
la collocazione dello stesso nelle terre di Roiz Peire dels Gambiros, identificabile,
mi pare, con il Ruy Diaz de Cameros che si distinse nella battaglia di Las Navas de
Tolosa. Della produzione di Guilhem Magret ci sono stati tramandati, oltre alla
tenzone già citata, due sirventesi, una cobla esparsa e cinque canzoni di argomento amoroso, di cui una di dubbia attribuzione. Il testo che ho deciso di proporre fa
parte di quest’ultimo gruppo ed è uno dei due componimenti sulla cui base è datata la produzione di Guilhem Magret.
2. Edizione critica
Manoscritti:
C (f. 349 rB: .G. magret); Da (f. 192 rA-B); I (f. 139 vA: Guillems magretz); K (f. 125
rB-vA: Guillems magretz); R (f. 30 rB: .G. / ma / gret).
Edizioni precedenti:
Naudieth 1914; Riquer 19922 (testo da Naudieth).
3 Pare opportuno ricordare l’esistenza di un’ulteriore ipotesi di datazione per Aigua pueia
contramon, formulata da Riquer: Pietro II riparerebbe al danno della morte di suo padre diventando re nel 1196.
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Schema metrico:
5 coblas unissonans di 10 versi (Frank 390: 25):
a5 b5’ a5 b5’ c8 c8 d8 d8 e8 e8
Ordine delle strofe:
1 2 3 4 5Da I K
1235 CR
2.1 La tradizione manoscritta
La tradizione di questa canzone è costituita da cinque manoscritti, C R di area
francese e I K Da, ascrivibili all’area veneta; il componimento viene attribuito a
Guilhem Magret dall’intera tradizione. Più problematica risulta invece la ripartizione stemmatica dei testimoni: l’assenza della quarta cobla in C R sembra voler
evidenziare il loro costituirsi in un gruppo opposto a I K Da; Da inoltre si distingue da I K per la caduta dei v. 33-34. Dal successivo esame delle varianti, I K
risultano, come spesso accade, canzonieri quasi gemelli, collegati ad un antecedente comune, probabilmente affine a Da. I dati che confermano l’ipotesi della
quasi identità di I K sono diversi: al v. 4, per esempio, entrambi i canzonieri riportano la medesima variante grafica romaingna, mentre al v. 10 è presente la stessa
banalizzazione. I codici sono inoltre accomunati dall’errato efredus al v. 20 e dal
v. 23, ipometro in entrambi i canzonieri. I K presentano anche un evidente errore
comune al v. 46: tutti e due i codici riportano infatti la parola «loill», discostandosi così dalla lezione corretta di C R «lo iuelh». Tutti questi dati sembrano rimandare all’esistenza di un antecedente comune ai due codici. Da può forse aver avuto
un subarchetipo comune con questo antecedente: Da I K risultano infatti spesso
raggruppati e, in particolare, sono uniti da un errore evidente al v. 24. Il v. 20, già citato per l’errore congiuntivo tra I K, risulta piuttosto curioso: il prent riportato da
Da I K è, con tutta probabilità, una banalizzazione, mentre la lezione di R risulta
palesemente errata. C invece potrebbe contenere la lezione buona o, invece, aver
eliminato un’originaria dialefe correggendo in «quant ai» il verso, che originariamente, secondo questa ipotesi, potrebbe essere stato: «per qu’ieu, que ai caut, refredus», ossia «perciò io, che sono caldo di natura, raffreddo, rabbrividisco».
Per quanto riguarda C R, questi sembrano appartenere alla stessa famiglia. A
testimonianza di questo, oltre alla lacuna della quarta strofa, presente in entrambi i codici, si trovano alcuni errori e varianti comuni ai due manoscritti. Al v. 27, per
esempio, si nota che C R riportano la stessa lezione errata, contraddetta dai tre rimanenti testimoni; allo stesso modo, al v. 30 C R riportano la parola degus, che comunque è sinonimo del negus di Da I K. Sono comuni a C R anche la variante al
v. 3 e l’esistenza di due lezioni sbagliate, diverse tra loro e tuttavia simili, ai v. 16 e
26. In particolare al v. 16 Da I K portano la lezione «denan»; C ha invece «costa»,
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che significa «a fianco», mentre R risulta ipermetro a causa dell’errato «decosta»,
comunque simile a C. Riguardo all’esistenza di un subarchetipo comune a C R,
pare interessante notare che in entrambi i testimoni il truep o trop del v. 29 è letto
come avverbio, mentre in Da I K è sentito come verbo. Tuttavia l’«a truep» di C
potrebbe essere semplicemente voce del verbo atrobar, sinonimo di trobar; in questo caso quella di R resterebbe una lectio singularis. Si potrebbe quindi proporre
lo stemma seguente:
ω
C
R
Da
K
I
2.2 Metrica e contenuti
Ma dompna·m ten pres è una canzone di argomento amoroso composta da cinque
coblas unissonans
a b a b c c d d e e
5 5’ 5 5’ 8 8 8 8 8 8
con rime -es, -aigna, -oill, -az, -us. Non esiste, stando al Répertoire métrique (F 390:
025), un componimento con analoga successione sillabica; tuttavia lo stesso schema rimico, ma con diverso sillabismo, è impiegato da Guilhem Magret anche nella canzone di argomento amoroso Enaissi·m pren cum fai al pescador.
Caratteristica di questo componimento è l’immagine della prigionia, presente
soprattutto nelle prime due coblas: il poeta si dichiara prigioniero della donna
amata; tuttavia è interessante notare come questa prigionia non assuma caratteri
negativi e sia, in particolare in questo caso, assimilabile a un non meglio conosciuto costum d’Espaigna, usanza che doveva permettere, a quanto pare, alla persona
incarcerata di godere di un certo margine di libertà all’interno del regno.
Dopo le prime quattro coblas di identico argomento, la quinta ed ultima stanza
cambia totalmente tono con l’apostrofe ad un re d’Aragona identificato da una serie di particolari epiteti. È appunto quest’ultima cobla che permette di datare il
componimento, benché in maniera approssimativa, all’anno 1204, che costituisce,
allo stato attuale delle conoscenze, uno dei termini entro cui viene datata la produzione di Guilhem Magret. Sul canzoniere R è inoltre chiaramente visibile un tetragramma che doveva accogliere la notazione musicale della canzone, che però
non è mai stata trascritta.
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2.3 Il testo
Le cinque coblas della canzone sono riportate da tutti i testimoni nello stesso ordine con l’eccezione della quarta stanza, completamente assente nel ramo della
tradizione francese costituito da C R. Non sussiste tuttavia alcun motivo per dubitare della paternità della cobla. Si decide perciò di utilizzare, come base, il testo riportato dal canzoniere Da, colmando con le lezioni di I K le lacune dei v. 33-34. Insieme al componimento e ad una traduzione di servizio, si fornisce un apparato in
doppia fascia: la parte superiore contiene le varianti di sostanza; quella inferiore
riporta invece le sole varianti formali.
I.
Ma dompna·m ten pres.
al costum d’Espaigna,
mais ma bona fes
vol qu’ab lei remaigna,
5 es eu puosc anar o me voill,
q’al seus obs me gardon mei oill
e sa valors e sa beutaz ;
q’aitant val cum s’era ligaz,
q’en la maiso de Dedalus
10 m’a mes Amors, aman, reclus.
La mia signora mi tiene prigioniero secondo l’usanza di Spagna, ma la mia buona fede vuole
che rimanga presso di lei, mentre io posso andare dove voglio, perché a loro piacimento mi
custodiscono i miei occhi e il suo valore e la sua bellezza, al punto che mi vale come se fossi
legato, poiché nella prigione di Dedalo mi ha messo Amore amando e mi ha rinchiuso.
3. mais IKDa ] quar C ] car R; 7. sa CRIK ] sas Da; 8. q’aitant DaIK ] aitan CR; 10. aman DaCR ]
e ma IK.
1. dompna Da ] dona CR, domna IK; 2. al costum DaIKR ] a costuma C; 3. quar C ] car R;
4. c’ab DaIK ] quab C, cap R; lei IKD ] lieys C, leys R; remaigna CRDa ] romaingna IK; 5. es
RIKDa ] et C; eu IKDa ] yeu CR; o Da ] on IKCR; voill IKDa ] vuelh CR; 6. q’al seus ops Da ]
quassos ops C, ca sos R, qual seus IK; gardon DaIK ] guaran R, garon C; mei Da ] miei K, mey
I, mi R, miey C; oill DaIK ] huelh CR; 7. valors DaCIK ] valor R; beutaz Da ] beutatz CRIK;
8. q’aitant DaI ] quai tant K, aitan CR; s’era ligaz DaK ] sera ligatz I, sera liatz R, si era liatz
C; 9. q’en DaK ] quen CRI; maiso Da ] maison IK, mayzon R, maizo C; de CRIK ] e Da; 10. reclus DaCIK ] resclus R.
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II.
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S’estacat m’agues
ab un fil d’eraigna,
s’aitant no·ill valgues ;
Deu prec que·m contraigna,
15 q’ades l’am mais on plus mi duelh,
s’ieu ia denan leis me despuoill !
C’aissi fui qant nasqei fadaz :
qe tot cant l’abellis me plaz
et il ten m’ades en refus,
20 per qu’ieu quant ai calt refredus.
Se mi avesse avvolto con un filo di ragnatela, non le sarei altrettanto utile; prego Dio che mi trattenga, poiché sempre più l’amo e più mi dolgo, se mi spoglio davanti a lei! Poiché quando nacqui così fui incantato: che tutto ciò che le aggrada, mi piace, e lei continua a rifiutarmi, perciò
quando ho caldo, mi raffreddo.
13. s’aitant DaIK ] si tan CR; 15. mais on plus DaIKC ] on mais on pus R; 16. si ia CR; denan
DaIK ] costa C, decosta R; 17. nasqei Da ] nasquei KR, nasquet I, nasquiey C; 19. ten CRIK ]
teing Da; 20. entre caut refreius R, prentz efredus K, prent efredus I, prent caut refredus Da.
11. s’estacat DaIKR ] si stacat C; 12. fil CRIK ] fill Da; d’eraigna DaK ] deraingna I, daranha
C, deranha R; 13. no·ill DaIK ] nol CR; valgues DaCIK ] valges R; 14. Deu DaIK ] Dieu R,
Dieus C; contraigna Da ] contraingna IK, contranha CR; 15. q’ades DaI ] quades KC, cades R;
on plus DaIK ] on pus R, en plus C; duoill DaIK ] duelh CR; 16. leis DaIK ] ley R, lieys C; me
DaR ] mi IKC; despuoill DaIK ] despuelh CR; 17. c’aissi DaIK ] caysi R, quayssi C; fui DaIK ]
fuy CR; qant Da ] quant IK, can R, quan C; fadaz Da ] fadatz IKCR; 18. qe Da ] que IKCR;
quant DaIK ] cant R, quan C; abellis DaIKC ] abelis; me DaCIK ] mi R; plaz Da ] platz IKCR;
19. et il DaIK ] et el R, et ylh C; 20. eu DaIK ] ieu CR; refredus Da ] refreius R, refregus C.
III.
A bels diz cortes
conquer e gadaigna
amicx e plaides,
mas vas mi s’estraigna,
25 q’eu vauc e veing cum l’anaduoill
enamoratz plus q’eu no suoill;
mas d’aitant sui meravillaz:
on es merces e pietaz?
Q’eu non n’i trob ni pauc ni plus
30 et am mais e meilz que negus.
Con belle parole cortesi conquista e guadagna amici e difensori, ma da me si allontana, perciò
vado e vengo come l’orbettino, innamorato più di quanto ero solito; ma di questo sono meravigliato: dove sono mercé e pietà? Perché non ne trovo né poca né molta e amo più e meglio di
chiunque altro.
23. amicx e plaides C ] amics mais plaides Da, amics plaides IK, et amics e plaides R ; 24. mas
vas mi s’estraigna CR ] mais vol quami sestraigna IK, vol quami sestraigna Da; 26. enamoratz
plus qu’eu no suoill DaIK ] en amor ai pua que no suelh C, e no morray pus que no suelh R;
27. mas d’aitant DaIK ] e suy aissi meravellatz C, son aisi meravillatz R; 28. merces e pietaz
DaCR ] merce o pietaz IK; 29. qu’eu non n’i trob ni pauc ni plus Da ] qeu non trop ni pauc ni
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plus K, qeu ni truep ni pauc ni plus I, quieu non ay trop ni pus R, quieu non a truep ni mais ni
pus C; 30. negus DaIK ] degus CR.
21. a DaIK ] ab CR; bels DaIKR ] belhs C; diz Da ] ditz IKCR; 22. conquer e gadaigna Da ]
conquier e gadaingna IK, conqier e gazanha R, conqer e gazanha C; 23. amicx CRI ] amics
KDa ; plaides CIK ] playdes R, plaideis Da ; 24. mas CR ] mais IK; s’estraigna DaIK ] sestranha
CR; 25. q’eu Da ] queu IK, quieu CR; veing DaIK ] venh CR; cum DaIKC ] com R; anaduoill
DaIK ] anhaduelh CR; 26. qu’eu DaI ] quieu K; no DaCR ] non IK; suoill DaIK ] suelh CR;
27. mas DaK] mais I; meravillaz Da ] meraveillatz IK, meravillatz R, meravellatz C; 28. on
CRIK ] ou Da; pietaz Da ] pietatz CK, piezatz I, piatatz R; 29. q’eu Da ] queu IK, quieu CR;
plus DaIK ] pus CR; 30. mais DaIK ] mays CR; meilz Da ] mielz IK, mielhs CR.
IV.
Ren al mas merces
non crei qu’el soffraigna,
qu’a tot las res
qu’a pro domna taingna:
35 humilitaz a et orguoill,
lai on taing, e tan gent acuoill
q’om non es tant mal enseignaz
que de·llei no·s parta pagaz;
e quant s’en es partiz chascus
40 non tem q’om de nuill mal l’acus.
Credo che non le manchi nulla se non la pietà, poiché ha tutto ciò che si conviene a una nobile
signora: ha umiltà e orgoglio, quando serve, e modo di accogliere tanto gentile che non c’è uomo
così male educato che da lei non si allontani appagato; e quando ciascuno se n’è andato, non
temo che la si accusi di alcun male.
Mancano CR.
32. qu’el Da ] que IK ;
32. soffraigna DaK ] sofraingna I; 33. tot I ] totz K; 34. domna I ] dompna K; 35. humilitaz Da ]
humilitatz IK; orguoill Da ] orgoill IK; 36. tan IK ] tant Da; gent IK ] geint Da; 37. q’om Da ]
quom IK; enseignaz Da ] enseignatz K, enseingnatz I; 38. que de·llei Da ] que delleis IK; pagaz
DaI ] pagatz K; 39. sen IDa ] cen K; partiz DaK ] partitz I; 40. nuill I ] nuil K, null Da.
V.
Reis Aragones,
legatz de Romaingna,
e dux e marqes
e coms de Sardaigna,
45 gent avez esclarzit l’escuoill
e del forment triat lo ioill ,
q’en loc de Saint Peir’es pausatz
e dreituriers reis coronaz !
Pos Deus vos a mes lai sus,
50 menbre de nos qu’estam sa ius.
Re d’Aragona, legato di Romagna, e duca e marchese e conte di Sardegna, nobilmente avete purificato la specie e dal grano separato il loglio; voi, che vi siete fermato nel luogo di san Pietro e
siete stato incoronato giusto re! Poiché Dio vi ha posto lassù, ricordatevi di noi che restiamo
quaggiù.
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45. esclarzit DaCR ] esclarit IK; 46. loill IK, lo zoill Da; 50. qu’estam DaK ] que som I, qui em
R, que em C.
41. reis DaIK ] reys CR; 42. Romaingna DaIK ] Romanha CR; 43. dux DaI ] ducx CR, dus K;
marqes Da ] marques CRIK; 44. Sardaigna Da ] Sardeingna K, Sardaingna I, Sardanha R, Serdanha C; 45. escuoill DaIK ] escuelh CR; 46. froment Da ] formen R, forment IK, fromen C;
lo ioll ] lo iuelh CR 47. q’en DaK ] quen I, qel R, quel C; loc DaIR ] luoc K, luec C; saint DaIK ]
san CR; Peires Da ] Peire IK, Peire es R, Peiretz C; 48. dreiturers Da ] drechuriers CR, dreuriere I, draturiers K; reis DaIK ] reys CR; coronaz Da ] coronatz IKCR; 49. pos Da ] puois K,
pois I, pus CR; Deus DaI ] Dieus CRK; lai sus DaIK ] layssus R, lay sus C; 50. menbre DaKR ]
rembre I, membreus C; sa ius IKCR ] za ius Da.
2.4 Commento
2. Al costum d’Espaigna: non si riesce a comprendere con precisione il significato
di questa espressione, che nella lirica trobadorica compare solo qui. Esiste però
una similitudine istituita da Raimon de Miraval tra l’amata e un «soudadier
d’Espanha» in Tot quan fatz de ben ni dic, v. 13-16: «per so·m ten pres cum soudadier d’Espanha / que quora·s vol m’empenh en la mesclanha, / ab lo sieu voler ai
sen / e non am lunh so malvolen». Stando a queste sue due uniche attestazioni, il
costum d’Espaigna potrebbe essere una situazione per la quale il prigioniero dà a
chi l’ha catturato la propria parola che non fuggirà, mantenendo così una certa libertà di movimento. A questo si aggiungerebbero una serie di obblighi di obbedienza. Su questo argomento si veda anche Riquer 21992: 921. La frase in cui
l’espressione è collocata potrebbe significare che, nonostante l’amata abbia concesso al poeta questo tipo di prigionia in cui può andare dove preferisce, la buona
fede imponga all’amato di restare presso la donna per servirla.
6-7. Obs: la parola, diffusa in provenzale e in catalano, è di chiara derivazione
latina: obs ⬍ ŏpus. Per quanto riguarda l’espressione particolare «a sos obs», il
REW ne offre una traduzione precisa, «nach Bedürfnis», a cui risulta difficile trovare un equivalente italiano. Si è qui deciso di rendere il significato della frase con
«a loro piacimento», con riferimento agli occhi, al valore e alla bellezza della donna. L’abbinamento di queste tre caratteristiche dell’amata con il verbo gardar pone
il problema di una possibile personificazione di queste figure. Gardar significa infatti «custodire», ma anche, letteralmente «fare la guardia»; l’inserimento di questa espressione in un contesto metaforico relativo alla prigionia, concorre a far
pensare che Occhi, Valore e Bellezza siano i guardiani di questa specie di carcere
amoroso.
9. Chiara allusione al labirinto da cui era impossibile uscire, costruito a Creta
da Dedalo per tenere prigioniero il Minotauro. La ricerca sulle concordanze ha
portato a rilevare l’esistenza di alcune attestazioni del personaggio di Dedalo, ma
nelle quali viene citato come immagine di colui che, a differenza di Icaro, ha saputo capire quando stava volando troppo in alto. Nel caso specifico, tuttavia, la me-
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tafora del labirinto indica un edificio dal quale per quanta strada si percorra e per
quanto ci si allontani, risulta impossibile uscire; così il legame con l’amata: per
quanto l’amante sia libero di andare dove meglio crede, non è in grado di lasciare
la prigione invisibile costituita dal sentimento amoroso. L’allusione alla «maison
de Dedalus» è da considerare un hapax.
10. Amors: dato il contesto, si preferisce la personificazione.
11-12. L’immagine della ragnatela indica la mancanza di forza, qualcosa che, secondo Pfeffer «is representative of something into which the spider put much
time and effort, but which is quickly and easily destroyed and, therefore, worthless». Lo stesso modo di dire, non troppo comune nella lirica trovadorica, è impiegato dall’anonimo continuatore della Canso de la crosada 183, 58-58, che mette in bocca a Simon de Montfort le seguenti parole: «e si sa pert Toloza ni Proensa requer / el fa l’obra d’aranha, que no val un diner». La stessa immagine è usata
da Jausbert de Puycibot per indicare la maggiore consistenza della propria opera
in Gasc, pecs, laitz joglars e fers, v. 48-50 (Shepard 1924: 13): «e si·l sirventes retras /
a lor nebotz, ben sabras / que non er’ obra d’araigna». La metafora della ragnatela è infine particolarmente cara a Peire Vidal, che la inserisce in tre dei suoi componimenti. Si veda soprattutto l’impiego che il trovatore ne fa in ambito amoroso
in En una terr’estranha, v. 49-51 (Avalle 1960: 198): «Quar pus qu’obra d’aranha /
no pot aver durada / Amors, pus es proada». Il significato di vanità e inconsistenza viene mantenuto anche nelle due rimanenti attestazioni dell’immagine della ragnatela in Peire Vidal: in Mout es bona terr’Espanha, v. 17 (Avalle 1960: 102), il
trovatore si riferisce a se stesso dicendo: «Fach ai l’obra de l’aranha»; in Ges pel
temps fer e brau, v. 70 (Avalle 1960: 250) la metafora si lega a un certo En Sauc,
riguardo al quale Peire Vidal asserisce: «e sos pretz es aitals cum fils d’aranha».
13. Si tant no·ill valgues: «non gli sarei altrettanto utile». Il riferimento è ad
Amore, che viene personificato già al v. 10, ma si tenga conto che ci può essere la
solita ambiguità tra Amore e la donna: qui il poeta potrebbe anche riferirsi a
quest’ultima.
17. Abellis: voce del verbo abellir ⬍ bellus del tardo latino. Il significato, tanto in antico francese, quanto in provenzale è quello di «piacere».
20. Refredus è la prima persona singolare dell’indicativo presente del verbo refrejuzar, come attestato dal PD. Per la ricostruzione della lezione di questo verso
si rimanda alla ricostruzione stemmatica in 2.1.
23. Plaides: è termine del linguaggio giuridico. Plaides ⬍ plait ⬍ placǐtum, in
provenzale indica colui che all’interno di un processo assume il ruolo di avvocato
difensore.
25. Anhaduoill: si tratta dell’orbettino, un serpente di dimensioni molto piccole, totalmente innocuo e comunemente ritenuto cieco. L’espressione significherebbe quindi «vado e vengo senza vedere dove, in modo inconsapevole». L’immagine dell’orbettino è un hapax; per l’espressione vauc e veing si veda per esempio
Uc Brunenc, Ab plazer receup et acuoill, 10 (Gresti 2001: 11): «per q’ieu port gaug
qan vau ni veing, / e per bon’aventura·m feing / joios d’amor pus qu’eu non suoill.».
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28. Si preferisce, rispetto all’edizione di Naudieth, aggiungere un punto interrogativo.
36. Acuoill: il sostantivo, dal verbo acolhir ⬍ *accolligere, cioè «accogliere»,
indica il modo nobile e gentile con cui si intrattiene una visita. Il gent che precede
il sostantivo vuole appunto rafforzare questa idea di gentilezza e nobiltà, in quanto acuoill è termine già di per sé positivo. Del verbo acolhir è anche attestato il
contrario, dezacolhir, designante la cattiva accoglienza. Acuoill, come il suo sinonimo acuillimen, è quindi originariamente un elemento del cerimoniale della corte; in un secondo tempo il termine è poi passato, insieme a molti altri, nella sfera
amorosa ad indicare il modo in cui la donna accetta il servizio d’amore. Si veda a
questo proposito Gambino 2003: 60.
37. Mal enseignatz: per la donna che cambia i mal enseignatz si veda, per esempio, Cadenet, S’ieu neimais deserenan, 49-52 (Zemp 1978: 329): «e si es malvatz / ni
mal enseingnatz, / ja bella dompna ni pros / no·is taign que·l fassa joios.». Da un
punto di vista etimologico enseignatz ⬍ enseigner ⬍ *insignāre significa letteralmente «educato» nel senso di colui che ha ricevuto un insegnamento; in provenzale il termine può anche indicare la persona abituata a fare qualcosa. In entrambi i casi i mal enseignatz sono coloro che si comportano male, in maniera vile.
41-43. Il re d’Aragona in questione potrebbe essere Pietro II (1196-1213), forse
lo stesso reis d’Aragon citato da Guilhem Magret nel sirventese Aigua pueia contramon, v. 57. I titoli che seguono sono piuttosto insoliti, però, se riferiti a Pietro II.
Quello di legato di Romagna era un titolo generalmente attribuito a cardinali o rappresentanti del pontefice nella terra di Romagna (sotto il dominio papale dalla donazione dell’Italia centrale fatta alla Santa Sede da Pipino il Breve nel 754), ma dalla cronologia dei legati pontifici non risulta nessun appartenente alla famiglia di
Aragona che si sia fregiato di tale nome. L’espressione è stata tradotta dagli studiosi con «legato di Roma»; Martín de Riquer giustifica questa espressione ipotizzando che questa designazione sia stata data a Pietro II per il suo essere stato a capo di
una crociata contro il regno moro di Maiorca. Diversamente Naudieth e Chambers
ipotizzano che il monarca sia tornato in Spagna dopo aver ricevuto l’incoronazione
a Roma con il titolo di portabandiera di San Pietro nel 1204. Quest’ultima ipotesi
pare plausibile, in particolare se si considera che l’incoronazione da parte del papa
era vincolante: era vista da un lato come legittimazione celeste del potere del re, dall’altro come istituzione di una sorta di vincolo vassallatico in cui il pontefice risultava il sovrano che concedeva al monarca di turno l’esercizio del potere. Un’ulteriore ipotesi è che il sintagma sia da tradurre con «legato d’oriente», dando al
termine Romaigna il significato di «Romània, impero bizantino». Non sembra tuttavia che la corona d’Aragona abbia avuto un simile ruolo nella propria storia.
La designazione di duca è piuttosto insolita e si potrebbe avanzare l’ipotesi di un
significato etimologico della parola, quello di «condottiero, comandante», con ulteriore eventuale allusione alla citata spedizione contro Maiorca. Per quanto riguarda il titolo di marchese, già di Alfonso II, padre di Pietro, questo potrebbe essergli
stato erroneamente attribuito. Si veda a proposito di questo Riquer 21992: 923.
Ma dompna·m ten pres
197
Infine, il nome di conte di Sardegna è da ritenersi esatto poiché Pietro II era anche conte di Barcellona, a cui la Sardegna era associata a partire dal 1118, quando
Ramón Berenguer III ereditò l’isola.
45. Escuoill: termine di etimologia incerta, qui con il significato di «specie, razza», come anche in Giraut de Borneill. La parola può anche indicare la natura di
qualcosa, come in Arnaut Daniel, Autet e bas entre·ls prims foilz (Eusebi 1996: 7580). L’editore scarta l’ipotesi di Canello della derivazione di escuoill da schola e
traduce con «carattere, genere, maniera». In Uc Brunenc, Ab plazer receup et
acuoill, 44 (Gresti 2001: 15) infine si ha l’accezione di escuoill come scoglio
(⬍ *scolium), nel senso di ostacolo che impedisce il passaggio. I dizionari etimologici riportano questi stessi significati, ma riportano un’ulteriore ipotesi di derivazione escuoill ⬍ scŏpŭlus latino. Sul significato e l’uso di questo termine poco
comune, si veda Asperti 1989.
46. L’espressione «(avez) del forment triat lo ioill» significa letteralmente ‘(avete) dal grano separato il loglio’; ioill o iuelh ⬍ lolĭum latino è la graminacea comunemente nota con il nome di zizzania. L’allusione sarebbe quindi all’immagine
evangelica della separazione, alla fine dei tempi, del grano buono dalla zizzania,
cioè dei buoni dai malvagi, diventata oggi un popolare modo di dire. L’immagine
sembra quindi rimandare una seconda volta alla crociata contro Maiorca cui allude Riquer 21992.
47-48. Pausaz: il termine ha il duplice significato di ‘fermarsi, arrestarsi’ e di ‘riposare, trovare pace’. L’etimologia è la stessa in entrambi i casi: pausaz ⬍ pausar
⬍ pausāre. I due versi alludono in modo piuttosto evidente all’incoronazione del
reis Aragones del v. 41 presso il loc de saint Peire, cioè Roma, quindi per mano papale. L’identificazione del monarca con Pietro II d’Aragona pare relativamente sicura: si tratta infatti del primo re della casata aragonese che ha ricevuto le insegne
del potere dal pontefice a Roma; forse anche per questo è noto come Pietro il
Cattolico.
49-50. Gli ultimi due versi del componimento hanno tutto il sapore della captatio benevolentiae: il trovatore chiede al proprio signore che si ricordi di lui, ora
che si trova all’apice del suo potere.
Brescia
Miriam Zanelli
Bibliografia
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studi in onore di Aurelio Roncaglia, vol. 1, Modena: 77–86
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Miriam Zanelli
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