ART-TREKK

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Giornata di arte e trekking tra il mare e le montagne della Versilia
Per effettuare questa escursione abbiamo bisogno di buone scarpe da trekking oppure scarpe
comode per lunghe camminate, zaino con sacco a pelo e materassino, una bottiglia di acqua,
merendine energetiche, spazzolino da denti e dentifricio.
Iniziamo la giornata con una sveglia alle 7,30 per fare colazione e verso le 8,30 cominciamo la
nostra giornata con una visita a Pietrasanta, definita “La piccola Atene”, capitale della lavorazione
artistica del marmo; l'antica città di Pietrasanta, adagiata nella piana versiliese, rappresenta il
capoluogo storico della Versilia. Per la sua posizione geografica strategica, è stata oggetto in
passato di molte guerre di conquista e riconquista tra Lucca, Pisa, Genova e Firenze. Viene
fondata dal podestà di Lucca, Guiscardo da Pietrasanta, nel 1255 che strappa la già esistente
Rocca di Sala al controllo dei Pisani, impossessandosi anche dei castelli di Corvaia e di Vallecchia.
La città viene costruita secondo un impianto simmetrico a scacchiera, uno dei primi esempi in
Toscana di urbanistica programmata. E' con Castruccio Castracani, Signore di Lucca dal 1316 al
1328, che Pietrasanta conosce il massimo splendore: nel 1324 viene costruita la Rocca Arrighina e
viene potenziata la cinta muraria e la Rocca di Sala. Nel 1513 torna definitivamente nelle mani dei
Medici, per volontà di Papa Leone X. E' proprio in questo periodo che inizia lo sfruttamento delle
cave di marmi “bianchi e misti” in Alta Versilia sotto la supervisione di Michelangelo Buonarroti.
Inoltre, sempre per iniziativa dei Medici, vengono aperte alcune miniere di ferro ed avviate le prime
opere di bonifica delle campagne. Nel 1841, sotto il Granducato di Toscana, Pietrasanta viene
elevata al rango di “città nobile” da Leopoldo II di Lorena.
La nostra visita inizia da Piazza di S. Martino dove si trovano i principali monumenti della città .
Il Duomo di San Martino edificato a partire dal '300, con la sua elegante facciata marmorea
presenta tre portali, un raffinato rosone e vari bassorilievi tra cui lo stemma di Pietrasanta ed altri
riferiti alle passate dominazioni di Genova e Firenze (immagine di San Giovanni Battista).
Accanto al Duomo, sorge l'alto campanile in mattoni rossi, iniziato alla fine del XV secolo sembra
ad opera dell'artista fiorentino Donato Benti e rimasto incompiuto. Nonostante il suo aspetto scarno
dovuto alla mancanza di rivestimento marmoreo nasconde al suo interno un vero capolavoro,
ovvero una scala elicoidale che ha fatto ipotizzare l'intento di Michelangelo, amico dello stesso
Benti ed attivo in Versilia in questo periodo.
L'interno del Duomo, restaurato più volte nel corso dei secoli, per la maggior parte delle opere
pittoriche ha una forte impronta seicentesca.
Del corredo più antico rimane il veneratissimo dipinto della Madonna del Sole, di autore
sconosciuto (XV sec.).
L'opera, visibile solo in particolari occasioni, rappresenta la Vergine con bambino tra S. Giovanni
Battista e San Giovanni Apostolo ed è chiamata così perché a partire dai secoli XVII e XVIII, i
fedeli si raccoglievano in preghiera di fronte alla santa immagine per scongiurare i lunghi periodi di
pioggia e pestilenza. Pregevoli le opere in marmo tra cui le acquasantiere ed i candelabri ai lati del
presbiterio dello scultore pietrasantino Stagio Stagi (XVI sec.) ed il pulpito su cui hanno lavorato tre
diversi artisti: il piedistallo, realizzato da Lorenzo Stagi, padre di Stagio, nel 1504, la tazza
esagonale, scolpita da Donato Benti (1508) e la scala, ricavata da un unico blocco di marmo,
opera di Andrea Baratta (1696).
Nella piazza sono presenti anche il cinquecentesco Palazzo Moroni, la Chiesa di Sant'Agostino
del XIV, costruita in stile gotico, oggi non più officiata, ma destinata all'allestimento di mostre d'arte,
l'attinente Chiostro, sede della Biblioteca Comunale, del Museo dei Bozzetti e del Centro
Culturale Luigi Russo, il Palazzo Pretorio, nel '300 residenza del Capitano di Giustizia e sede
delle carceri, oggi sede del Teatro Comunale, la colonna del Marzocco o della Libertà, simbolo
del dominio fiorentino, la fonte del Marzocco, fatta costruire dai Medici per provvedere al bisogno
idrico della città (secondo la tradizione chiunque beva la sua acqua farà ritorno a Pietrasanta), la
statua di Leopoldo II, realizzata nel XIX secolo da Vincenzo Santini. Dall'altra parte della piazza,
la Torre delle Ore, innalzata nel 1530 e restaurata nel 1860, l'Oratorio di San Giacinto, adibito a
Battistero a partire dalla seconda metà dell''800. La piazza è conclusa sul lato verso mare, dalla
Rocchetta Arrighina, collegata alla Porta Pisa, la sola rimasta dell'antica cinta muraria.
Pietrasanta è anche sede di studio, lavoro e spesso dimora di molti artisti contemporanei tra i quali
citiamo Fernando Botero: di questo artista di origine colombiana, pittore e scultore di fama
internazionale, possiamo ammirare due affreschi che si trovano nella Chiesa dei SS. Antonio e
Biagio conosciuta anche come Chiesa della Misericordia, ubicata nella centrale Via Mazzini,
poco lontano da Piazza San Martino. Sulle pareti laterali di questa minuscola chiesa, Fernando
Botero ha rappresentato nel suo stile inconfondibile ed originale, caratterizzato da forme piene e
rotondeggianti, la Porta del Paradiso e la Porta dell’Inferno (1993).Nella sua interpretazione del
Paradiso predominano colori allegri e sereni come l'azzurro, il rosso ed il rosa e vengono esaltati
alcuni aspetti piacevoli della vita come la frutta e la musica. La Madonna, trionfante sul male e sul
peccato originale rappresentati dal serpente sotto i suoi piedi, domina la scena. A sinistra, Madre
Teresa di Calcutta, simbolo della fede e dell'altruismo nel XX secolo e San Fernando, capitano e
guerriero spagnolo, mentre sorveglia l'ascesa al cielo dei beati.
Diametralmente opposto rispetto all'affresco de La Porta del Paradiso, la rappresentazione
dell'Inferno è dominata dalla figura imponente del Diavolo, circondato dalle fiamme e dagli spiriti
maligni intenti a punire i dannati. Anche i colori nero, giallo e rosso vivo sono forti ed aggressivi.
In basso l'Avarizia dipinta come uno scheletro intento a contare i soldi e la Vanità, anch'essa uno
scheletro in un lungo abito da sera mentre si ingioiella. Tra i dannati sono riconoscibili Hitler e
Pablo Escobar, noto trafficante di droga colombiano, simboli secondo l'artista della malvagità
umana nel XX secolo.
Terminiamo la visita del centro storico a piedi prima di tornare al nostro mezzo di trasporto che ci
condurrà a Camaiore, distante pochi chilometri.
L'origine di Camaiore viene concordemente attribuita all'epoca romana, all'indomani della sconfitta
definitiva delle bellicose tribù locali dei Liguri Apuani. Secondo gli storici il suo nome deriva dalla
locuzione latina “campus maior”, ovvero “grande pianura”. Nel I secolo A.C., viene ricordata come
mansio, cioè come stazione di posta sulla via tra Luni e Lucca. Verso il IX secolo A.C., dalle prime
case costruite lungo l'attuale via IV Novembre, inizia lo sviluppo edilizio di Campo Majore con la
costruzione della Chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo e del vicino Ospedale, punto di
riferimento determinante per la popolazione, ma anche per i numerosi pellegrini ed i mercanti di
passaggio sulla via Francigena. Nel XII secolo viene annessa a Lucca ed il centro abitato subisce
un notevole sviluppo fino alla sua vera e propria rifondazione con il podestà Guiscardo da
Pietrasanta. Un secolo più tardi, dopo un breve periodo di dominazione pisana, Camaiore torna
sotto il controllo di Lucca e fortificata con una nuova e più robusta cerchia di mura. Nel XV secolo,
dopo la caduta di Paolo Guinigi, i Fiorentini si impossessano del borgo, ma nel 1442 dopo una
lunga trattativa, Camaiore viene restituita a Lucca e ne seguirà da lì in poi il destino fino alla
costituzione del Regno d'Italia.
Camaiore è stata duramente colpita dall'epidemia di peste del 1528: in questa circostanza viene
istituita la festa del Nome di Gesù, invocato dalla popolazione per scongiurare il devastante morbo.
Nel 1660, al termine del contagio, viene proclamato come patrono della cittadina il Santissimo
nome di Gesù (celebrato il 1 giugno). Sopra la porta di ingresso di molte case nel centro storico di
Camaiore è ancora possibile trovare la sigla IHS, un Cristogramma (la I sta per “Iesous”, Gesù)
molto diffuso nell'arte figurativa della Chiesa cattolica già nel Medioevo.
Particolare impulso al culto ed alla diffusione di questo trigramma è stato dato da San Bernardino
da Siena, al cui nome resta associato ancora. Il frate ne promuove l'ostensione ai fedeli accorsi
alle sue omelie, raffigurandolo su tavolette di legno poste sull'altare durante la celebrazione
eucaristica.
Il centro storico di Camaiore conserva pregevoli testimonianze storico-artistiche a partire dalla
Chiesa della Collegiata di Santa Maria Assunta nella bella piazza di San Bernardino, costruita
nel 1278 in stile romanico, poi soggetta ad importanti modifiche e restauri tra il XVI ed il XVIII
secolo. Alcuni recenti restauri hanno restituito l'originale sobrietà della facciata in blocchetti rustici
di pietra, con il pregevole rosone a dieci braccia. L'annessa torre campanaria, costruita nel 1365, si
affianca alla navata sinistra ed è sormontata da una piccola cupola. All'interno predomina lo stile
barocco e lo spazio si divide in tre navate con altari laterali.
Sopra l'entrata principale si trova un organo del cinquecento tra i più antichi in Toscana, purtroppo
non più funzionante e non ancora restaurato.
A sinistra della Chiesa troviamo la Porta San Pietro con l'arco recante l'affresco della Vergine,
i resti più significativi delle antiche mura merlate del Trecento,
Non lontano dal centro storico, si trova la suggestiva “Badia di San Pietro”, chiesa romanica
ricostruita nel XII secolo A.C. su un primitivo edificio dell'VIII secolo, fondato dai benedettini. Allora
qui sorge un monastero retto da un padre abate (da cui deriva il termine Badia) dove i monaci
vivono secondo la regola di S. Benedetto “ora et labora”. Il grande arco a tutto sesto che si
incontra nel piazzale antistante la chiesa, è l'unico resto delle mura merlate che nel XIII circondano
interamente il monastero.
Partendo da Camaiore prendiamo la strada che conduce a Lucca e, giunti in localita’ la Pieve,
troviamo la Pieve di S. Stefano e Giovanni Battista, posta su una lieve altura, cui si accede per
un'ampia scalinata che sale tra due bastioni di pietra. Con il suo fonte battesimale ed il suo
cimitero ha ricoperto a lungo il ruolo di chiesa madre per tutta la valle di Camaiore, godendo di
particolare prestigio anche per la sua ubicazione lungo la Via Francigena. La sua costruzione è
senz'altro precedente rispetto alla vicina Badia di S. Pietro e risale all'incirca al VII secolo quando
la chiesa presenta un'unica navata. L'aspetto attuale è il frutto di molte ristrutturazioni subite nel
tempo: una parte dell'edificio romanico primitivo è ancora visibile sulla fiancata sinistra vicino al
campanile dove sono rimaste disposte in file regolari piccole pietre rozze. La parte superiore della
facciata presenta due monofore con arco a tutto sesto introdotte dopo l'intervento di restauro del
'900. Il portale di marmo bianco, in stile barocco, è datato 1628. Sulla fiancata sinistra s'innalza la
bella torre campanaria trecentesca a base quadrata.
Proseguendo per la via di Montemagno, una volta scollinato, prendiamo la direzione di Gombitelli
dove ci fermeremo a pranzare.
Gombitelli si trova ad ovest del monte Prana, a circa 480 metri sul livello del mare da cui dista in
linea d'aria 12 Km. Questo piccolo centro vanta origini antichissime: probabile castellare dei LiguriApuani e successivamente utilizzato dai romani, più tardi viene citato in documenti del VII, IX, X
secolo. Nell'XI e XII secolo viene fortificato con due torri i cui ruderi sono ancora visibili in località
La Rocca. Dopo i saccheggi dei Lucchesi, il borgo subisce un forte calo demografico. Solo nel '500
un gruppo di fabbri tedeschi al seguito delle armate di Carlo V, finisce per stabilirsi a Gombitelli
avviando attività manifatturiere fra cui la fabbricazione dei chiodi.
I pochi abitanti, imparando l'idioma dei fabbri tedeschi, danno origine ad una lingua molto
particolare, della quale, in paese, solo qualche anziano purtroppo oggi ricorda ancora qualcosa.
Quello strano dialetto, ancora in uso negli anni 30, comincia piano piano ad essere dimenticato.
Anche l'artigianale lavorazione del ferro e dei chiodi viene a poco a poco sopraffatta dall'industria
moderna e così i discendenti degli ultimi fabbri sono stati costretti a dedicarsi ad altre attività.
A questo punto ci fermiamo a pranzare in uno dei ristoranti di questo piccolo, ma affascinante e
“gustoso” paesino.
Suggeriamo un esempio di menù tipico:
Antipasto con ottimi salumi prodotti proprio in loco.
Prosciutto Penitente*
Carpaccio di Arista
Salsiccia
Primo piatto
Zuppa di verdure all’aglio
Secondo
Scoppolato di Pedona **
con lardo al forno
Il tutto accompagnato da un vitigno, rigorosamente autoctono, “che sente il mare”!!, un Vermentino
bianco gt Toscana, annata 2008, 13.5 °C. Vitigno tradizionale delle coste tirreniche da sempre
coltivato nel territorio apuano-versiliese. Vinificazione semplice, otto mesi nei caratelli, con
successivo affinamento in bottiglia per 8-12 mesi Di color giallo paglierino con nuances dorate,
cristallino e consistente. Al naso si apre con una buona intensità e complessità, note floreali (fiori
bianchi), frutta matura con leggere note di vaniglia e cocco. Al gusto è secco, abbastanza caldo,
morbido,fresco e leggermente minerale. Di corpo e buon equilibrio con ottima persistenza
gustativa,di grande armonia gusto-olfattiva. Insomma un vino che si presta, in maniera positiva, ad
accompagnare questo eccellente pranzo a partire dai salumi all’ottimo prodotto caseario .
*Il prosciutto penitente era quello che non “prendeva sale” e che veniva messo “in penitenza” in un
ambiente chiuso che conteneva farina di castagne, assumendo profumi caratteristici. Oggi si è
ripresa questa tradizione trattando con farina di castagne i prosciutti prima della stagionatura.
Insomma un “prosciutto dolce” del quale sono maestri i componenti della famiglia Triglia di
Gombitelli, dove il primo aprile si festeggia assaggiando i “Penitenti” al termine della stagionatura.
** Lo scoppolato di Pedona "Gran Cru" è un formaggio di pecora affinato in grotta. La particolare
lavorazione conferisce al formaggio una piacevole sensazione di latte fresco, nonostante il lungo
periodo di stagionatura. Per sprigionare al palato il meglio di sé, il taglio deve essere
necessariamente a roccia, ovvero a piccole scaglie, questo è il taglio ottimale per avere al palato
tutti gli aromi di questo straordinario prodotto. La produzione limitatissima fa dello scoppolato un
vero e proprio tesoro della produzione casearia italiana e deve il suo nome ad una leggenda che ci
narra il Ghirlanda: “Tristano, detto 'Pedona', un pastore camaiorese che indossava sempre la
coppola, fu incaricato da un signorotto lucchese di produrre formaggio con il latte delle pecore di
sua proprietà che pascolavano alle Seimiglia. Il pastore però, per ingannare il padrone, mescolava
latte di pecora con latte di mucca togliendosi la coppola in un inchino di facciata quando il
proprietario lo rimproverava per lo scarso sapore del prodotto. Fino a quando il signorotto scoprì in
una grotta le forme di delizioso cacio che il 'Pedona' preparava per sé...”
Terminato, ahimé, il pranzo, ci riposiamo per un’oretta respirando l’aria di questi splendidi posti
che riempie i polmoni del sentore di montagna annaffiato dal salmastro della brezza marina che si
inerpica fin quassù.
Proseguiamo con il nostro mezzo fino al Passo del Lucese dove troviamo un ristoro dove fare
scorta di pane, acqua (e vino per chi voglia) e salumi con cui ci sfameremo per la cena.
A destra del ristoro si inerpica la strada prima e il sentiero poi che ci condurrà fino alla cima del
Prana (1220 mt) sotto la cui croce pernotteremo.
Durante il tragitto non possiamo non restare affascinati dalla bellezza e dalla varietà delle piante
presenti; olivi e poi castagni, pioppi e lecci, perfino dei pini marittimi che osano dimorare a queste
altitudini.
Dopo essersi allontanati per circa un chilometro dal ristoro si scorgono le prime tracce lasciate dai
cinghiali che popolano felici questi luoghi.
Dopo circa 2 – 2,5 ore di cammino ci ritroviamo immersi in un paesaggio straordinario tra un
panorama prettamente montano ed una splendida vista dell’intera Versilia con la sua costa che da
quassù è possibile dominare in tutta la sua interezza e bellezza.
Il mare, la spiaggia, la pianura con il lago di Massaciuccoli e le serre che sembrano diamanti
illuminate dal sole tramontante, le prime colline che si adagiano fino alle pendici di questo che e’
l’ultimo baluardo delle Alpi Apuane.
Arrivati sotto la croce posta alla sommità di questa montagna prepariamo il terreno dove sistemare
i sacchi a pelo dove passeremo la notte, e nell'attesa dello splendido tramonto del sole che si
scioglie nel mare, raccoglieremo rami secchi e legnetti per preparare un falò che ci terra’
compagnia durante la cena a base di salumi e formaggi presi al ristoro del passo.
Arrivata la notte non rimane che goderci lo spettacolo più indimenticabile di questa meravigliosa
giornata …
Il cielo pieno di stelle come non lo avete mai visto accompagnato dallo splendido panorama della
Versilia “by night” che si apre davanti a noi, le luci delle navi in mare, dei viali e dei locali danno
risalto al cielo nero tempestato di stelle………………..
Dopo la notte passata a contemplare l'immensità del cielo alle prime luci dell'aurora ci apprestiamo
ad ammirare l'alba che piano piano dà il buongiorno a questa terra stupenda e saturi di cotanta
beltà dopo una piccola colazione ci incamminiamo per il ritorno.
Giunti di nuovo al nostro mezzo di trasporto ci dirigiamo di nuovo verso la costa e per scrollarci di
dosso le fatiche di questa indimenticabile giornata, un refrigerante bagno nelle acque del Mar
Tirreno.