CAMAIORE Per consolidare il proprio dominio

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CAMAIORE Per consolidare il proprio dominio
CAMAIORE
Per consolidare il proprio dominio territoriale i Comuni maggiori, verso la metà
del Duecento, cominciarono a fondare nuove cittadine (Alba promuoverà
Cherasco, Vercelli altre sette tra le quali Gattinara) convincendo i contadini dei
casolari sparsi nei vasti feudi della campagna a trovare lì la propria libertà –
“l’aria delle città rende liberi”, diceva un adagio di allora – in ordinamenti
autonomi seppure sempre sotto la sorveglianza della città madre, che peraltro
riconoscerà spesso ai loro abitanti, dopo qualche decennio, le prerogative dei suoi
cittadini.
In questo quadro i lucchesi fondano nel 1255 due città nuove lungo quella via
Francigena che conduceva pellegrini e mercanti dal nord italiano ed europeo fino
a Roma: alla più lontana delle due, ai confini settentrionali del dominio, daranno
il nome del loro podestà di quegli anni, il milanese Guiscardo da Pietrasanta,
mentre alla più prossima rimarrà la denominazione più domestica di Camaiore,
forse da un preesistente toponimo campus maior: fin a subito la prima appare
dunque come la figlia prediletta e la seconda quasi una controfigura di servizio,
dieci chilometri a sud, ma come succede nelle fiabe, che Cenerentola sposerà il
principe, così oggi Camaiore sembra più bella.
Le vie per Roma nell’Europa del XIII secolo e la via francigena nel breve
tratto tra Luni e Lucca
Con tutta evidenza, le piante originarie sono state tracciate con i medesimi criteri
– se non addirittura dal medesimo agrimensore – con un fascio di tre strade
lunghe più o meno 260 metri e larghe sei e mezzo, con gli isolati delle due strisce
centrali profondi quattro volte il modulo delle strade: ma le strade di Pietrasanta
sono rigorosamente a riga e squadra mentre a Camaiore sono sbilenche, ma le
stradine traverse sono a Pietrasanta perfettamente modulate e a Camaiore tirate un
po’ a casaccio, ma la piazza di Pietrasanta è larga 25 metri e quella di Camaiore
otto metri di meno, ma a Pietrasanta robuste mura vennero erette dai lucchesi nel
1311 e a Camaiore lo steccato originario sarà sostituito solo nel 1374 dalla
modesta iniziativa della comunità: poca cosa, spesse appena un metro e alte otto,
fatte di pietrame appena sbozzato, giusto per tenere lontani i vagabondi e qualche
manipolo di soldati dispersi ma non certo per resistere all’attacco di un esercito
con le sue brave macchine d’assedio, e se del resto entrambe avevano una piccola
rocca a cavallo delle mura, Pietrasanta aveva là in alto, sul colle, un vero castello.
Le piante originarie di Pietrasanta e di Camaiore
Si noti a Camaiore, nell’isolato di fronte alla chiesa, la stretta traccia di un
vicolo di servizio dietro alle case, oggi quasi del tutto scomparso; il modesto
apparato delle mura
Questa originaria gerarchia va confermandosi nel tempo, e per quanto l’altalena
della ricchezza – consolidata ogni tanto da un ruolo amministrativo di capoluogo
– lo consentano, sulla piazza di Pietrasanta verranno concentrati i temi collettivi,
la chiesa principale, il palazzo municipale e quello del governatore, il teatro, il
monumento e la fontana, con una volontà di forma abbastanza rara, se la
confrontiamo con Cherasco, dove una piazza è mancata per secoli, o con
Gattinara, le cui chiese sono disperse e la piazza è poco più che uno slargo della
strada maggiore.
La piazza principale di Pietrasanta
Tuttavia la bellezza di una città non ha a che vedere con la regolarità del suo
tracciato originario, eseguito in campagna prima ancora che esista una civitas con
una sua propria volontà estetica, mentre dipende non tanto dalla grandiosità dei
suoi temi collettivi – ché altrimenti le città più ricche sarebbero anche le più belle
– bensì con il modo con il quale sono stati disposti i temi collettivi, con la
versatilità delle loro sequenze.
Da questo punto di vista la concentrazione dei temi nella piazza principale di
Pietrasanta – compreso un cospicuo convento degli agostiniani che sembra
sorvegliare la pubblica moralità – rende un cattivo servizio, ché nel resto della
città non vediamo alcun altro tema e la stessa strada longitudinale non è gran che
tematizzata.
Camaiore ha invece col tempo evocato un racconto più convincente e più sottile
perché la piazza principale è sì meno ricca di temi - soltanto il palazzo municipale
comune e la chiesa parrocchiale, la torre campanaria in coabitazione - ma è poi
contrappuntata verso nord, oltrepassato l’arco, da una seconda piazzetta, l’antico
corpo di guardia del rivellino, che ne costituisce una eco raccolta e suggestiva che
un ricco arco trionfale apre sul boulevard.
Contesa dai fiorentini e dai milanesi Camaiore era infatti passata sotto Lucca nel
1442 – mentre Pietrasanta verrà inclusa nei domini fiorentini - e fino ci rimarrà
come il topo nel formaggio, se diede una mano all’establishment lucchese a
sedare la rivolta degli Straccioni: per gratitudine nel 1574 – quarantadue anni
dopo – a segno di perenne ricordo e gratitudine venne eretto questo cospicuo arco
trionfale: ma l’animo umano, si sa, è ingrato, e nel 1617, proprio pochi decenni
dopo, capoluogo della vicaria verrà fatto dai lucchesi Viareggio con qualche
danno per Camaiore.
La sequenza della piazza principale e della piazzetta del rivellino con l’arco
trionfale
Dalla piazza principale il tratto verso ponente della lunga via che attraversa la città
è una strada principale densissima e festosa di negozi, disposta come si conviene
tra la piazza principale e la porta di maggiore rilievo – e ritmata da una breve
strada trionfale verso la chiesa del Suffragio - qui sottolineata dal mercatale, una
grande piazza del mercato con un fondale quasi monumentale costituito dalla ricca
e bizzarra facciata della ferrovia delle Apuane.
La strada principale e la piazza del mercato con sul fondo la vecchia stazione
Sul tratto verso levante della via che attraversa la città, dalla parte opposta della
piazza principale, sono stati edificati i palazzi dei cittadini più facoltosi, facendone
una vera e propria strada monumentale, una strada che hanno di solito soltanto le
città più grandi perché comporta l’esistenza di una élite consistente, nelle piccole
un raro palazzo aristocratico finisce nella strada principale.
La strada monumentale
La strada monumentale sottolinea e consolida la percezione che il settore orientale
della città sia in qualche modo privilegiata – forse per la lontana presenza
dell’abbazia benedettina o forse perché dalla parte di Lucca - diventando il filo
conduttore di una sequenza ritmata da altre sequenze e da qualche tema.
La sequenza trasversale più rilevante è guidata dalla “piazzetta” davanti al
porticato del museo – un tempo sede di una confraternita con una sua chiesa –
appena contrappuntato dalla chiesetta di San Michele (a sua volta quasi fondale
del tratto di ponente della via secondaria meridionale, dove passava la via
Francigena lambita a una schiera di case poi incorporate nel piano della città
nuova) esaltata da un arco disposto apposta a sottolineare una breve strada
trionfale con al fondo la facciata di un’altra chiesa: qui le poste italiane hanno ben
colto la vocazione del luogo, ma peccato che il modesto edificio sia in un
disadorno e incongruo stile moderno.
La piazzetta con la chiesa di San Michele e il museo, di fronte l’arco e la
strada trionfale
Le due strade trasversali che abbiamo visto ritmare a monte la strada longitudinale
hanno tutte il fondale di una chiesa mentre la terza, nel successivo tratto della
strada monumentale, coerente al desiderio di eleganza estetica della città, avrà
soltanto la vista sul portale di un palazzo; subito dopo la sequenza verrà arricchita
da un’altra chiesa, dal precoce teatro secentesco dell’Olivo – sul sito del vecchio
tiratoio della lana - rifatto dalla colta borghesia locale a palchetti nel 1770, e poi
quasi a riprendere fiato dal contrappunto del giardino pubblico e della passeggiata
alberata, per concludersi davvero nel cimitero, accanto all’abbazia costruita nel
VII secolo dai benedettini, della quale ammiriamo l’elegante torre campanaria
costruita in stile romanico cent’anni fa.
La piccola strada trionfale, la passeggiata e l’abbazia benedettina
Questo addensamento lungo la strada longitudinale che attraversa la città è poi
efficacemente contrappuntato dalle due parallele, quella meridionale tematizzata
dal breve contrappunto della piazzetta con uno slargo dietro alla chiesa di San
Vincenzo, ma soprattutto quella settentrionale dove saranno allineati qualche
palazzo e soprattutto due rilevanti chiese, a sua volta poi in qualche modo
contrappuntata da una cerchia di boulevard - che ha al suo centro l’arco trionfale ricavati dalla demolizione delle mura delle quali seguono la giacitura senza alcuna
rettifica, sicché il loro tracciato sinuoso traspare benissimo dietro alla cortina delle
case, che con la loro caratteristiche facciate toscane ci ricordano che, dopotutto,
l’antico desiderio della bellezza non è ancora del tutto morto.
La strada secondaria nord e le case lungo il boulevard
Del resto anche il boulevard meridionale, da sempre più popolare, ha una propria
dignità, tematizzato da un secondo giardino pubblico, che da un lato sottolinea e
in un certo senso conclude la sequenza della piazza principale e dall’altro include
a sua volta lo stadio riconducendolo alla sequenza che fa capo alla passeggiata
Borghesia ricca e colta, dicevamo, se ha costruito un proprio teatro già nel
Seicento, una borghesia in qualche misura laica, se tutte le chiese hanno poi a
che vedere con devozioni locali e mancano del tutto i conventi degli ordini
mendicanti, almeno fino agli inizi del Seicento quando, nel clima della
controriforma, il Comune cederà ai francescani il terreno per costruirvi il loro: ma
fuori mano, molto lontano dal versante nobile della città, in un sito che del resto
corrispondeva alla vocazione del loro fondatore di mescolarsi con i poverelli.
Ma anche una borghesia credente – nella curiosa contraddizione dei toscani - se
le prediche di San Bernardino alla metà del Quattrocento indurranno a mettere la
case sotto la protezione di Gesù con l’iscrizione IHS sulla porta e a dedicargli la
piazza principale.
Pianta tematizzata
A questo ritratto – la cui prima versione è stata pubblicata nel volume Piccole città, borghi e villaggi edito dal
Touring Club Italiano nel 2007 – ha collaborato Ludovico Milesi.