relazione expo Cerreto

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relazione expo Cerreto
Vorrei iniziare ringraziando chi innanzitutto ha permesso di realizzare questo splendido viaggio
studio all’esposizione Universale Expo di Milano, quindi la nostra direttrice Clelia Mazzoni, le
professoresse accompagnatrici Baraldi e Alfano, ma anche i compagni conosciuti durante il viaggio,
senza i quali la visita non sarebbe stata la stessa e che hanno permesso di confrontare i nostri diversi
punti di vista e pareri.
Volendo rappresentare il viaggio effettuato sotto forma di un diario personale inizierò dal 12
maggio.
Subito dopo essere arrivati a Milano, la nostra prima tappa è stata la visita presso le Towers
Unicredit di Milano dove siamo stati accolti dal dirigente dell’area comunicazione Nicola Cannone,
il quale ci ha presentato la struttura costituita da 130 piani (dove gli ultimi 4 hanno accesso solo i
top-manager aziendali), portandoci direttamente al 126 piano, attraverso ascensori ultramoderni che
effettuano la chiamata in remoto, senza quindi la possibilità di essere fermati durante l’ascesa da
altre chiamate di piani diversi. Giunti al nostro piano ci sono stati illustrati brevemente gli uffici
dove vengono svolte le principali mansioni, e ci siamo accomodati in una stanza riunioni dove sono
state spiegate le principali caratteristiche architettoniche dell’edificio come ad esempio i pavimenti
che sono tutti rigorosamente in mochete ricoperti da tappeti molto spessi proprio per evitare che il
personale dei piani inferiori fosse disturbato dai rumori dei piani superiori, dal sistema di
luminazione che è completamente automatizzato, la cui accensione è regolata dalla presenza di
personale all’interno delle stanze misurata attraverso sistemi elettronici che rilevano i movimenti
corporei, tale sistema è utilizzato proprio per evitare quindi sprechi di energia, ed infine ci è stato
fatto notare l’ampia visione panoramica caratterizzata anche dalla presenza di quello che è definito
il più bel palazzo d’Europa, ossia il famoso Bosco verticale, ovvero due torri residenziali
caratterizzate da balconi dove ognuno di essi presenta differenti tipi di piante.
Successivamente, dopo essere tornati al piano terra siamo stati accolti dal direttore della banca
Andrea Esposti, che ci ha affermato come l’Unicredit stia attuando una forte politica di investimenti
in tecnologia innovativa, infatti, la hall d’ingresso dei clienti prevede la disponibilità dell’utilizzo di
tablet per ricercare informazioni durante le file agli sportelli, o ancora la firma digitale che utilizza
un sistema di identificazione che misura vari aspetti, come la pressione della penna sul foglio
elettronico, o l’identificazione della mano utilizzata per firmare e altri aspetti che permettono quindi
di avere un sicuro strumento antitruffa. Infine è da sottolineare la presenza di una stanza
completamente innovativa nella quale si può avviare un contatto telematico in istantanea con un
operatore personale attraverso l’utilizzo di una webcam che proietta il video su un ampio schermo
permettendo quindi al cliente di collegarsi direttamente con il proprio agente di fiducia.
Il giorno 13 e 14 maggio sono stati dedicati completamente alla visita dell’Expo. Arrivati già in
prima mattinata ci attendono lunghe code per l’ingresso, ma una volta superati i tornelli e le varie
fasi di controllo il primo padiglione ad essere visitato è stato quello Zero dell’Onu, uno dei più
grandi e interessanti dell’intera esposizione che mostra una cronistoria del cibo. Personalmente
ritengo che le immagini maggiormente significative sono quelle dove il cibo viene rappresentato
come oggetto di contrattazione sui mercati finanziari, con i principali indici di borsa relativi che si
aggiornano di continuo. Imponente è anche il significato simbolico dell’albero altro 23 metri che
esce al di fuori del padiglione stesso, volto a sottolineare la supremazia della natura sull’uomo e
l’immagine di una collina di scarti alimentari che dimostra come l’industria alimentare e anche
l’uomo in generale sprechino milioni di tonnellate di cibo ogni anno. Il secondo padiglione visitato
è quello del Brasile, la cui unica attrazione interessate, se così la si vuole definire, è una rete che
collega i vari piani, utilizzata per di più dai ragazzi per divertirsi, e a mio parere unica nota di
menzione di un padiglione che al suo interno risulta quasi spoglio (troppe stanze bianche
presenziate da piccole piante su cui non veniva fornita alcuna spiegazione) e che, di fatto, si
classifica come uno dei più deludenti.
Il terzo padiglione visitato è quello dell’Angola, che ha rappresentato una vera e propria sorpresa,
infatti, sin dall’ingresso, attraverso varie immagini proiettate su uno schermo tecnologico a forma di
baobab (albero tipico dei paesi africani) ci viene illustrato come il ruolo della donna sia principale
nell’alimentazione e nella cura della sana nutrizione locale. Infine ci vengono forniti vari gadget tra
i quali uno dei più interessanti è sicuramente il passaporto angolano dove sono riportati le varie
regioni dei paesi con i piatti tipici. Il quarto padiglione visitato è quello della Malesia, anch’esso
interessante perché riproduce al proprio interno le tipiche foreste pluviali con la presenza anche di
piccole cascate artificiali. Anche in questo caso particolare importanza è data alla natura dato che
vengono messe in mostra i semi ottenibili dalle foreste utilizzati per vari scopi come ad esempio in
campo medico per la farmaceutica naturale. Il padiglione successivo è quello della Colombia, anche
quest’ultimo non molto coinvolgente ed interattivo dati i lunghi video presentativi che avevano
come principale tema l’esaltazione del favorevole clima mite della nazione, trascurando tutti gli altri
temi tipici quali la biodiversità del cibo e la nutrizione in generale. Altrettanto deludente è stato il
padiglione dell’Argentina che ha fatto del suo punto di forza il ristorante dati i bassi prezzi e anche
in considerazione del fatto che l’ingresso del padiglione vero e proprio è situato addirittura dietro di
esso. All’interno del padiglione vi è un’unica stanza in cui non ci è data alcuna spiegazione degli
oggetti presenti. Di diverso impatto visivo è il padiglione dell’Azerbaijan, che sin dall’architettura
esterna è in grado di attirare molti visitatori, grazie alle sue esterne sfere di vetro(frutto di
ingegneria partenopea) visibili dal decumano,(così chiamata la via principale che permetteva
l’acceso ai singoli padiglioni), e agli elevati contenuti tecnologici, come ad esempio i fiori
elettronici che se toccati emettono piacevoli suoni. Merita una menzione positiva anche il Future
Food District della COOP che rappresenta il supermercato del futuro dove viene mostrato come la
spesa diventerà più semplice, veloce e meno costosa. Infatti le informazioni dei prodotti sono
riportate su dei schermi elettronici che si aggiornano di continuo e permettono quindi di risparmiare
enormi quantità di costi in termini di carta, inoltre il FFD prevede anche la disponibilità di casse
automatiche fai da te dove è lo stesso cliente a vestire i panni del cassiere. Piacevole è stato anche
il padiglione dei Paesi Bassi presentato in stile street food dove venivano anche offerti assaggi
gratuiti di alcuni prodotti tipici come formaggi al cocco o lo stroopwafel (wafel allo sciroppo). Un
discorso a parte merita il palazzo Italia che se mentre dall’esterno sembra incantevole ed imponente
grazie alla sua architettura indiscutibile, all’interno lascia a desiderare. Infatti subito entrati si entra
in una stanza in cui partono dei video sonori che spiegano come alcune persone grazie ad un misto
di creatività e intelligenza siano riuscite a sviluppare sistemi di coltivazione della terra efficienti e
produttivi. Nelle sale immediatamente successive si assiste ad un gioco di specchi dove ogni parete
riflette la propria immagine quasi all’infinito per poi entrare in un ulteriore stanza in cui sono narrati
i principali disastri naturali italiani che hanno danneggiato la natura a causa dell’opera dell’uomo,
collegata direttamente con la tematica dell’ultimo piano dove è rappresentata una cartina geografica
dell’Europa dove manca appunto l’Italia, sommersa dal mare, una sorta di provocazione volta a non
ridimensionare i problemi climatici e naturali della nazione e del pianeta in generale. Tuttavia il
palazzo Italia costruito su 3 piani, avrebbe potuto osare di più sia in temi di contenuti che
tecnologici soprattutto se confrontato con i padiglioni del Giappone ed Emirati Arabi che
personalmente ritengo i migliori dell’intero Expo, testimoniati anche dalle lunghe code di ingresso.
Il Giappone occupa il primo posto in classifica tecnologica per come ha saputo stupire i visitatori
grazie alla “Cascata della diversità”, ossia un’installazione che simula l’effetto di una cascata di
acqua proiettata su uno schermo cilindrico che cade dal soffitto, contenente informazioni su
agricoltura, cibi e cultura alimentare giapponese, permettendo inoltre la possibilità interagire
inserendo il proprio smartphone in apposite fessure in modo tale da visualizzare le varie ricette.
Infine lo spettacolo è il punto di forza dati i vari tavoli touch che permettevano di interagire
direttamente con i presentatori, in base ai menù scelti. Il padiglione Emirati Arabi invece è quello
che ha affrontando nel miglior modo il tema del garantire il diritto al cibo a tutti, attraverso un video
significativo che dimostra come l’acqua sia un bene essenziale che non va sprecato soprattutto per
un paese arido come quello in questione e che in un futuro non molto prossimo queste stesse
condizioni climatiche avverse possano riprodursi anche in altri paesi del mondo.
In conclusione ritengo che l’intera esposizione sia espressione di temi che non possono più essere
ignorati dall’uomo in particolare da quello industriale, e che la responsabilità di come sarà il pianeta
in futuro dipende soltanto da come agiremo ora per prevenire l’integrità della natura, perché è solo
grazie ad essa se il diritto al cibo verrà garantito a tutti.
Riccardo Cerreto