tar campania sentenza 30 marzo 2015, n. 1896 - anaci

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tar campania sentenza 30 marzo 2015, n. 1896 - anaci
TAR CAMPANIA SENTENZA 30 MARZO 2015, N. 1896
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7553 dell’anno 2007, proposto da:
Sica Teresa, rappresentata e difesa dall'avv. Bruno Imparato, presso lo studio del quale è elettivamente
domiciliata, in Napoli, alla via Mergellina n. 2;
contro
Comune di Marcianise, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Laura D'Angelo,
presso lo studio della quale è elettivamente domiciliato, in Napoli, alla via Del Rione Sirignano n. 6;
per l'annullamento del provvedimento prot. n. 14475 del 30/11/2007, con cui il dirigente del V Settore del
Comune di Marcianise ha respinto l’istanza presentata dalla ricorrente al fine di conseguire il rilascio del
permesso di costruire in sanatoria per alcune opere eseguite in difformità dalla concessione edilizia n. 5730
del 1999.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Marcianise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2014 il dott. e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato l’11.12.2007 e depositato il successivo 20 dicembre, st ha esposto
- che era proprietaria di un fabbricato sito in Marcianise, alla via, del quale era stato assentito, mediante
concessione edilizia n. 5730 del 17.9.1999, un piccolo ampliamento al primo piano (realizzazione di due
vani adiacenti, destinati a lavanderia, in luogo di preesistente deposito, e collegati al vano scala), nonché la
ristrutturazione del vano scala e la realizzazione di un sottotetto non abitabile;
- che, tuttavia, i previsti lavori erano stati eseguiti con alcune difformità (peraltro di scarso rilievo) rispetto
al progetto approvato;
- che, conseguentemente, con ordinanza n. 1679/urb. dell’8.9.2006, il Comune di Marcianise (sollecitato da
alcuni vicini sanzionati per abusi di maggiore rilevanza) le aveva ingiunto di eliminare le opere abusive;
- che ella aveva quindi ottemperato alla parte più rilevante di tale ordinanza, provvedendo a rendere del
tutto inaccessibile il sottotetto, e perciò a far sì che lo stesso fosse compatibile, quale volume tecnico, con
la vigente normativa urbanistico-edilizia;
- che per le restanti opere realizzate in difformità rispetto alla concessione edilizia n. 5730 del 17.9.1999,
aveva presentato al Comune di Marcianise una domanda di rilascio di permesso di costruire in sanatoria,
trattandosi di opere compatibili con la normativa urbanistico-edilizia vigente (tanto all’epoca di costruzione,
che al momento);
- che su tale domanda si era formato il silenzio-diniego del Comune, annullato dal T.A.R. Campania-Napoli –
sezione VIII con la sentenza n. 9978/2007;
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- che successivamente l’Amministrazione comunale aveva denegato la presentata istanza, sulla scorta della
seguente affermazione: “l’intervento richiesto in sanatoria non è conforme alla disciplina urbanistica ed
edilizia vigente”.
Tanto esposto, la ricorrente ha impugnato il diniego da ultimo oppostole, chiedendone l’annullamento per i
seguenti motivi:
I) violazione dell’art. 36 co. 3 DPR 380/2001 e dell’art. 2 L. 241/1990 – eccesso di potere per difetto di
motivazione: la motivazione dell’impugnato provvedimento sarebbe del tutto carente; la mera
affermazione della non conformità delle opere alla disciplina urbanistico-edilizia vigente non consentirebbe
di conoscere le effettive ragioni del diniego di sanatoria; mancherebbe una adeguata indicazione delle
opere in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia vigente;
II) violazione della N.T.A. del PRG per la zona B1 – erroneità della motivazione – violazione degli artt. 12 e
13 DPR 380/2001: anche facendosi riferimento alle opere a suo tempo realizzate in difformità rispetto alla
concessione edilizia del 1999, e poi elencate nell’ingiunzione a demolire n. 1679/2006, il progetto di
sanatoria sarebbe pienamente compatibile con le disposizioni del PRG per la zona B1 in cui ricade il
fabbricato in questione; il tetto realizzato sarebbe sanabile in quanto, a seguito della sua procurata
inaccessibilità andrebbe considerato come volume tecnico non computabile; come da perizia di parte
all’uopo prodotta, anche le ulteriori opere in questione sarebbero sanabili;
III) violazione dell’art. 10 bis L. 241/1990: prima dell’adozione del provvedimento negativo, avrebbero
dovuto essere comunicati i motivi ostativi all’accoglimento della presentata istanza di sanatoria.
In data 28 gennaio 2008 si è costituito in giudizio il Comune di Marcianise, contestando l’ammissibilità e,
comunque, la fondatezza del ricorso.
In data 5 febbraio 2014 parte ricorrente ha depositato nuova domanda di fissazione di udienza, ai sensi e
per gli effetti di cui all’art. 82 cpa.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
sc impugna con il presente ricorso, articolato su tre motivi, il provvedimento a firma del dirigente del V
Settore del Comune di Marcianise, adottato in “Riscontro nota prot. n° 12981 del 31.10.07 –
Comunicazione parere su richiesta di permesso a costruire – Sentenza TAR Campania-Napoli, sez. VIII, n°
9978/2007”, e con il quale, dopo le premesse “che le NTA del vigente PRG, Nome Generali, per la zona in
cui ricade il fabbricato…non consente ampliamenti volumetrici tranne che per lavori di ristrutturazione e
risanamento igienico di ambienti, già destinati ad abitazione, con ampliamenti per un volume non superiore
a 50.00 mc per ogni unità abitativa”, nonché “che il presupposto per il rilascio del P.C. in sanatoria è la
conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione
dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”, è stato espresso “parere negativo” alla
richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata appunto dalla Sica, sugli assunti che l’intervento
assentito con la concessione edilizia n° 5730/99 fosse stato “realizzato in totale difformità alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente”, e che “intervento richiesto in sanatoria in data 14.5.2007 prot. n° 5601”
non risultasse “conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente”.
Preliminarmente, va osservato come il provvedimento impugnato non abbia in realtà natura di mero
“parere” (ovvero di atto solo consultivo), bensì costituisca il definitivo diniego opposto dal Comune di
Marcianise all’istanza di sanatoria prot. n. 5601 presentata in data 14.5.2007 dalla Sica. In tal senso, infatti,
depone la specifica indicazione, nello “oggetto”, dell’essere l’atto a “riscontro nota prot. n° 12981 del
31.10.07” (ovvero all’attivata pratica di sanatoria), nonché la circostanza del non essere successivamente
intervenuto – nonostante il lungo tempo trascorso – alcun ulteriore provvedimento sulla questione.
Occorre, altresì, porre in evidenza il contesto fattuale in cui è venuto ad inserirsi il provvedimento
impugnato.
A questo proposito, va detto che è incontestato che, rilasciata in favore di sg la concessione edilizia n.
5730/99 avente ad oggetto “ampliamento di n. 2 mc. 50 e ristrutturazione scala al fabbricato per civile
abitazione alla via R. Musone n° 35, come da progetto redatto dal geom. Gaetano Farro da Marcianise”, le
opere in concreto realizzate sono poi risultate difformi dal suddetto titolo, per cui, con ordinanza n.
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1679/Urb dell’8.9.2006, il Comune di Marcianise ne ha ingiunto la demolizione ai sensi dell’art. 31 DPR
380/2001 (individuandole come segue: “al piano primo, al posto delle previste n° 2 lavanderie è stato
realizzato un unico locale, ampliato a sud verso il ballatoio scala, che riportava le seguenti dimensioni ml.
5.20 x ml. 6.10 per un’altezza interna di ml. 3.65 il tutto per una superficie di mq. 31.70 circa ed una
volumetria di circa mc. 133.60 contro i mc. 95.50 previsti in progetto. Lo stesso risultava rifinito ma non
ammobiliato e sulla parete a sud risultava realizzato un camino. Le altezze del sottotetto, sovrastante detto
vano, realizzato con struttura in legno e copertura con pannelli coibentati, è risultata essere di altezza di
circa ml. 2.75 la max mentre la min è risultata ml. 2.10 contro i previsti ml. 1.20 del progetto, inoltre il
previsto abbaino non risultava realizzato. Prospiciente il vano ad ovest, indicato come cucina sul grafico
progettuale, risultava realizzata una mensola in c.a. non prevista in progetto, a quota di mt. 3.65 dal
calpestio del balcone, a copertura dello stesso; tale mensola riportava le seguenti dimensioni lunghezza
circa mt. 6.50 x circa mt. 1.70. L’altezza del vano scala all’estradosso del torrino è risultata essere di circa
ml. 11.10 dalla quota cortile. Al piano terra, nel sottologgiato, risultava demolito il locale rappresentato
come w.c. nel grafico progettuale mentre i vani a nord, prospicienti l’androne, al momento risultavano allo
stato rustico privi anche degli infissi”. Tale descrizione appare sostanzialmente confermata dal tecnico di
parte ricorrente, ing. Michele Spirito, nella relazione depositata in allegato al ricorso).
Dopo di ciò, la comproprietaria st, al fine di regolarizzare la situazione urbanistico-edilizia di quanto
realizzato in difformità, ha proceduto per un verso alla completa “chiusura” del sottotetto mediante
occlusione delle relative aperture (in tal modo ritenendo di aver ottemperato all’ordine demolitorio,
avendo reso inutilizzabile tale vano); e, per altro verso, ha presentato un’istanza ai sensi dell’art. 36 DPR
380/2001 onde ottenere la sanatoria degli altri abusi commessi, sanatoria al cui conseguimento si è però
frapposto - quale elemento ostativo - il diniego qui in discussione.
Ciò chiarito, prima di passare all’esame delle censure articolate, occorre fare due importanti premesse.
La prima è che non può condividersi la tesi della ricorrente secondo cui, per quanto riguarda il sottotetto,
sarebbe assimilabile all’ingiunto ripristino l’operata occlusione delle esistenti aperture mediante loro
tamponatura in muratura, così da interdire in via definitiva l’utilizzo dell’ambiente e da trasformarlo in
volume tecnico (cioè una mera camera d’aria con funzione isolante termica rispetto alle strutture
sottostanti) non computabile ai fini urbanistico-edilizi: in contrario, infatti, va rilevato che la giurisprudenza
ha costantemente affermato che “vanno considerati come dei volumi tecnici (come tali non rilevanti ai fini
della volumetria di un immobile) soltanto quei volumi destinati esclusivamente agli impianti necessari per
l’utilizzo dell’abitazione e che non possono essere ubicati al suo interno” (così Cons. di Stato sez. VI, n° 3038
del 17.6.2014; nonché cfr. Cass. Civ sez. II, n. 2566 del 3.2.2011; TAR Campania-Salerno n. 1119 del
3.8.2006; TAR Campania-Napoli n. 1506 del 3.2.2006), e che, quindi, ai fini della definizione di volume
tecnico “assumono valore tre ordini di parametri: il primo positivo e funzionale, attiene al rapporto di
strumentalità necessaria del manufatto con l’utilizzo della costruzione alla quale si connette; il secondo ed
il terzo negativi, consistono da un lato nell’impraticabilità di soluzioni progettuali diverse – nel senso che
tali costruzioni non devono potere essere ubicate all’interno della parte abitativa – e dall’altro lato ad un
rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti” (cfr. Cass. Pen.
sez. III, n. 7217 del 17.11.2010; TAR Campania-Napoli n. 4076 del 27.7.2011; TAR Puglia-Lecce n. 1801 del
27.8.2013; TAR Campania-Napoli n. 443 del 27.1.2009; TAR Calabria-Catanzaro n. 1616 del 5.12.2008; TAR
Campania-Napoli n. 19352 del 7.11.2008; TAR Sicilia-Palermo n. 1749 del 9.7.2007). Ne consegue, che non
può essere considerato volume tecnico il piano di copertura in questione, impropriamente definito
sottotetto, ma costituente in realtà una mansarda, in quanto caratterizzato da rilevante altezza media
interna (ben superiore a quella sufficiente a svolgere una mera funzione isolante dal punto di vista termico)
nonché da un notevole ingombro complessivo, incidente in modo significativo sui luoghi esterni (cfr. Cons.
di Stato sez. VI, n. 3038 del 17.6.2014; Cons. di Stato sez. V, n. 354 del 31.1.2006; Cass. Pen. sez. III, n. 7217
del 17.11.2010; TAR Campania-Napoli n. 443 del 27.1.2009); e tali connotazioni non risultano eliminate
dall’avvenuta occlusione mediante tamponatura dell’ingresso e delle altre aperture: rimane, infatti il
carattere di locale autonomo suscettibile di potenziale e oggettiva utilizzabilità abitativa, come dimostrato
comunque (cfr. foto allegate alla consulenza di parte ricorrente a firma dell’ing. Michele Spirito) dalla
possibilità di (futuro) accesso garantita dalla presenza di una scala interna.
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La seconda considerazione è che le opere abusivamente realizzate in difformità dalla concessione edilizia n.
5730/99 costituiscono un unicum che non può essere parcellizzato (come invece vorrebbe la ricorrente,
mediante l’asserita “demolizione” del vano sottotetto, che però – si è visto - demolizione non è), poiché
poste in essere contestualmente sul medesimo immobile quale insieme organico finalizzato a migliorarne la
funzionalità: con esse, in ogni caso, si è determinato un aumento della superficie utile e della cubatura
originariamente assentite (oltre che con la realizzazione del sottotetto, anche con la realizzazione al primo
piano di un unico locale ampliato verso il ballatoio della scala, con conseguente utilizzo di cubatura
precedentemente qualificabile come volume tecnico alla stregua delle NTA al PRG – norme generali).
Ecco, allora che gli argomenti su cui si fonda il presente ricorso devono essere disattesi, in quanto:
- l’opposto diniego risulta fornito di adeguata motivazione, poiché viene ben chiarito che la non conformità
dell’intervento (comportante aumenti di volumetria) alle NTA al PRG – norme generali è rinvenibile nel
divieto di aumento della preesistente volumetria (desumibile dall’affermazione che “Attese le
caratteristiche dell’abitato di Marcianise, è vietata ogni opera di urbanizzazione, nuova costruzione,
trasformazione ampliamento o sopraelevazione di edifici nelle zone omogenee A1 – B1 – B2 – C2, prima
della formazione ed approvazione del relativo piano particolareggiato”), “tranne che per lavori di
ristrutturazione e risanamento igienico di ambienti, già destinati ad abitazione, con ampliamenti per un
volume non superiore a 50.00 mc. per ogni unità abitativa” (presupposti questi ultimi che non risultano
sussistenti per l’intervento di specie, ricadente appunto in zona B1);
- che effettivamente l’intervento effettuato risulta non conforme alla disciplina urbanistica di riferimento
proprio perché comportante aumento della precedente volumetria;
- che l’omissione della previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di sanatoria
risulta comunque superabile ai sensi dell’art. 21 octies co. 2 L. 241/1990, in quanto, posto che la
valutazione sulla conformità urbanistica a sanatoria dell’effettuato intervento è di tipo vincolato e non
discrezionale, nella specie risulta palese che, anche se il detto onere procedimentale fosse stato assolto, il
contenuto del provvedimento conclusivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
Pertanto, il proposto ricorso va, in definitiva, in toto respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da st, lo respinge.
Condanna la ricorrente alla rifusione in favore del Comune di Marcianise delle spese di giudizio, che liquida
in complessivi €2.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 7 maggio 2014, 23 luglio 2014, 3 dicembre 2014,
con l'intervento dei magistrati:
Ferdinando Minichini, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Olindo Di Popolo, Primo Referendario
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