dimensioni della persona

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dimensioni della persona
Emmanuel MOUNIER
DIMENSIONI FONDAMENTALI DELLA PERSONA1
Che cos’è la mia persona?
La mia persona non è il mio individuo. Chiamiamo individuo il manifestarsi della persona alla superficie della propria
vita e la sua compiacenza a non perdervisi. Il mio individuo è quell’immagine imprecisa e mutevole derivata in
sovrimpressione dai diversi personaggi tra i quali mi muovo e nei quali mi distraggo e fuggo. Il mio individuo è il
godimento avido di questa dispersione, l’amore incestuoso delle mie caratteristiche, di tutto quel fervore prezioso che
interessa solo me stesso. È inoltre il panico che mi prende al solo pensiero di distaccarmene, la roccaforte di sicurezza
ed egoismo che innalzo intorno a me per garantirmi la sicurezza e difendermi contro le sorprese dell’amore. È infine
l’aggressività capricciosa o altezzosa con cui l’ho armato, la rivendicazione eretta a sistema essenziale della coscienza
di sé e la consacrazione giuridica e metafisica ad un tempo, che le hanno dato, in Occidente, la Dichiarazione dei Diritti
dell’Uomo e il Codice Napoleonico.
La materia isola, decompone, simula certe figure. L’individuo è la dissoluzione della persona nella materia. È un
pleonasmo: l’individuo è, in poche parole, la dissoluzione della persona; o, ancora, la riconquista dell’uomo tramite la
materia che sa scimmiottare lo spirito. La persona si oppone all’individuo in quanto questa è padronanza, scelta,
formazione, conquista di sé. Essa per amore rischia piuttosto di tirarsi indietro. Ed è infine ricca di tutte le comunioni
del mondo, con la carne del mondo e dell’uomo, con lo spirito che l’anima, con le comunità che la rivelano.
La mia persona non è la coscienza che io ho di lei. Ad ogni prelievo che io compio sulla mia coscienza , che cosa ne
traggo?
Spesso, se mi tengo ben saldamente, prelevo frammenti effimeri di individualità, impalpabili come l’aria del giorno.
Se proseguo, mi vengono incontro personaggi che io interpreto, nati dal connubio del mio temperamento con qualche
capriccio intellettuale o astuzie a sorpresa, personaggi che sono già stati, nel tempo passato, e che sopravvivono per
inerzia o vigliaccheria; oppure personaggi che credo di essere perché li invidio o li interpreto o li lascio imprimersi in
me, secondo la moda; personaggi che vorrei essere e che mi assicurano una buona coscienza con la sola presenza
della mia aspirazione che ne riflette l’immagine. Mi dominano talvolta uno, talvolta l’altro: e nessuno mi è estraneo
perché ognuno imprigiona una fiamma tolta al fuoco invisibile che mi arde dentro; ma ognuno è per me un rifiuto
contro quel fuoco più segreto che potrebbe illuminare tutte le loro piccole vicende.
Spogliamo i personaggi e approfondiamo il discorso. Ecco i miei desideri, le mie volontà, le speranze, i richiami. Con
ciò sono arrivato al nocciolo del mio io? Alcuni, che hanno un bell’aspetto, salgono dal ventre. Speranze, volontà mi
appaiono presto come piccoli sistemi ostinati e limitati nei confronti della vita, dell’abbandono e dell’amore. Le azioni,
quando finalmente ritengo di ritrovarmi, diventano anch’esse eloquenza, e le migliori mi sembrano le più estranee
come se, improvvisamente, mani altrui si fossero sostituite alle mie.
Tutto accade dunque come se la mia Persona fosse un centro invisibile a cui tutto si riferisce; bene o male, essa si
manifesta attraverso segni, come un ospite segreto dei minimi gesti della mia vita, ma non può cadere direttamente
sotto lo sguardo della mia coscienza. Colui che sa solo distinguere le cose visibili non riuscirà dunque mai a toccare la
persona neppure con le parole, perché le parole sono create per un linguaggio impersonale. Questa persona si
annuncerà agli altri come il residuo vivente di tutte le loro analisi e si rivelerà loro nell’attimo di una personale
concentrazione interiore.
Se definiamo personalità quel perpetuo spostato che è in noi, in ogni momento, il vicario della persona – e che altro
non è se non un compromesso tra l’individuo, i personaggi e le approssimazioni più sottili della nostra vocazione
personale – se, in poche parole, definiamo la personalità come la sintesi nel tempo del lavoro di personalizzazione,
allora, la mia persona non è la mia personalità. Essa è oltre, supercosciente e sovratemporale, è un’unità data, non
costruita, più ampia delle visioni che ne ho, più intima delle ricostruzioni che provo a farne. È una presenza in me.
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Brano tratto da: E. MOUNIER, Révolution personaliste et communautaire (1934), in Oeuvres, vol. I, Editions du Seuil,
Paris, 1961; tr. it.: Rivoluzione personalista e comunitaria, Ecumenica editrice, Bari 1984, pagg. 74-78.
Possiamo tuttavia descrivere la persona secondo il volume in cui si manifesta questa presenza. La si immagina ancora
in modo insufficiente se la si osserva sotto la forma di un punto di convergenza invisibile che sta al di là di tutte le sue
manifestazioni. La persona non è un luogo nello spazio, un dominio circoscritto e che si aggiungerebbe ancora ad altri
domini dell’uomo che gli si annettono dal di fuori. La persona è il volume totale dell’uomo. È un equilibrio in
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lunghezza, larghezza e profondità, è una tensione in ogni uomo, tra le sue tre dimensioni: quella che sale dal basso e
l’incarna un corpo; quella che è diretta verso l’alto e l’innalza verso un universale; quella che è diretta verso il largo e
la porta verso una comunione. Vocazione, incarnazione, comunione sono le tre dimensioni della persona.
La mia persona è in me la presenza e l’unità di una vocazione senza limiti nel tempo che m’incita a superare me stesso
indefinitamente e opera, attraverso la materia che la rifrange, un’unificazione sempre imperfetta, sempre rinnovata,
degli elementi che mi si agitano dentro. La missione essenziale dell’uomo è quella di scoprire progressivamente quella
cifra unica assegnatagli come posto ed i doveri che gli competono nella comunione universale, oltre a dedicarsi,
contro la dispersione della materia, al raccoglimento della propria persona.
La mia persona è incarnata. Non può dunque mai liberarsi interamente, nelle condizioni in cui si trova, dalla schiavitù
della materia. Anzi, non può innalzarsi che pesando sulla materia voler schivare questa legge è condannarsi
anticipatamente ad una sconfitta: chi vuole fare l’angelo, fa la bestia. Il problema non sta nell’evadere dalla vita
sensibile e particolare, dalle cose in mezzo alle quali si vive, in seno a società limitate, attraverso certi avvenimenti, ma
sta, piuttosto, nel trasfigurarla.
Infine la mia persona trova se stessa solo dedicandosi alla comunità superiore che chiama e integra le persone singole.
I tre esercizi essenziali della formazione della persona sono dunque: la meditazione, per la ricerca della propria
vocazione; l’impegno, ossia il riconoscimento della propria incarnazione; la rinuncia, vale a dire l’iniziazione al dono di
sé e alla vita altrui. Quando la persona manca ad uno di questi esercizi, ha perso la partita.
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Spirituale finché sale.
Siamo qui di fronte al ritratto vivente della persona così come viene dipinta da Mounier.
Prima di caratterizzarla in positivo, l’autore la differenzia: la persona non è l’individuo e non è la personalità.
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Il binomio persona – individuo è l’assunto fondamentale del personalismo, presente sia in Mounier che in Maritain . Se
l’individuo è manifestazione superficiale e dispersiva dell’io, la persona è nucleo profondo e unitario. «Dispersione e
avarizia, ecco i due segni dell’individualità. La persona è padronanza e scelta, essa è generosità. Nel suo interiore
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orientamento è polarizzata giusto in senso inverso all’individuo.» .
Tuttavia questo binomio esprime una polarità più che un aut-aut. L’individuo rappresenta la tendenza all’indifferenza e
alla dispersione, ma anche l’istinto caparbio di chiusura e di possesso che rende schiavo l’uomo. Al polo opposto, la
persona è tensione alla personalizzazione, è apertura, responsabilità, unità profonda. Entrambe le tensioni percorrono
e abitano il cammino dell’uomo: l’una implica l’altra.
È sulla base di questa distinzione che il personalismo può porsi come tale, come alternativa all’individualismo
deresponsabilizzante e impersonale.
Ad un differente livello, la persona si distingue dalla personalità e dalla coscienza di sé. Si tratta di categorie
psicologiche che intercettano ancora solo la dimensione esteriore, molteplice e superficiale di quell’unità più profonda
che è la persona, la quale non si presta alla presa della coscienza.
Ad ogni stadio del proprio processo di crescita, ciascuno può prendere consapevolezza della propria identità in
cambiamento; tuttavia la persona è sovratemporale, rappresenta l’unicità sottesa a qualsiasi personalità.
Finora tuttavia il ritratto della persona ci appare ancora solo in negativo. Nella seconda parte del brano possiamo
allora veder emergere i suoi tratti costitutivi: tre elementi essenziali la caratterizzano.
Innanzitutto l’elemento spirituale della vocazione. L’assegnazione di un valore fondativo dell’essere umano alla
dimensione spirituale non è secondaria, soprattutto se ribadito da un pensatore che si confronta con i sistemi
antropologici elaborati dal marxismo e dal pensiero liberale, entrambi fondati sull’eliminazione dell’elemento spirituale
e su una risposta di tipo materiale ai bisogni umani e sociali.
Scrive Mounier,in alcune pagine precedenti a quelle prese in esame in questo brano: «la società, cioè il regime legale,
giuridico, sociale ed economico non ha per missione il compito di sottomettere le persone al suo dominio, né di
assumere lo sviluppo della vocazione: ma deve assicurare loro, anzitutto, la zona di isolamento, di protezione, di
tranquillità e di agio che permetterà loro di riconoscere nella più assoluta libertà spirituale quella vocazione; dovrà
aiutarle, senza costringerle, e con un’educazione ispiratrice, a liberarsi dai conformismi e dagli errori dovuti a
confusione; dovrà dare loro, con l’appoggio dell’organismo sociale ed economico, i mezzi materiali, comunemente
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necessari» .
La vocazione conserva l’unità della persona al di là della molteplicità della sua personalità, dei suoi atteggiamenti, del
suo cambiamento. È frutto del raccoglimento e della meditazione. È elemento primario ed essenziale, cui la società
stessa deve sottomettersi e finalizzarsi.
Ma la persona è anche l’uomo nella sua umanità concreta, l’uomo che ha bisogni materiali, l’uomo incarnato
(incarnazione), che vive nel mondo e si serve delle cose, e ha bisogno delle cose tra le quali vive: l’uomo indigente. Egli
non può mai prescindere da questa corporeità che lo costituisce. Il problema tuttavia non sta, avverte Mounier,
nell’evadere dalla vita materiale, nel prescindere da essa, ma nel trasfigurarla, nel convertire lo sguardo su di essa.
Tuttavia l’esperienza della persona inizia davvero solo quando essa incontra un Tu e sperimenta così il Noi della
comunità, quando si decentra e vive il movimento della spogliazione e del dono. «La prima esperienza della persona è
l’esperienza della seconda persona. Il tu e in lui il noi, precede l’io, o per lo meno lo accompagna. È nella natura
materiale (alla quale parzialmente noi siamo sottomessi), che regna l’esclusione, in quanto uno spazio non può essere
occupato due volte. Ma la persona, attraverso il movimento che la fa esistere, si espone. Così essa è per natura
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Cfr. il capitolo Individualità e personalità in: J. MARITAIN, La persona e il bene comune, Morcelliana, Brescia 1995.
E. MOUNIER, Manifesto al servizio del personalismo comunitario, Ecumenica editrice, Bari 1975, pag. 68.
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E. MOUNIER, Rivoluzione personalista e comunitaria, cit., pag. 73.
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comunicabile, è anzi la sola ad esserlo.[…]Quando la comunicazione si allenta o si corrompe, io perdo profondamente
me stesso. […] Si potrebbe quasi dire che io esisto soltanto nella misura in cui esisto per gli altri, e, al limite, essere
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significa amare.»
La comunità dunque non è la presenza e la vita con gli altri che mi sottrae i privilegi del badare solo a me stesso; non è
un sistema organizzato in cui ogni componente è un ingranaggio sostituibile e qualsiasi altro volto è un volto
impersonale tanto quanto il mio. La comunità è il luogo in cui il singolo fa esperienza della relazione e in essa si
realizza. La persona non è completa se non nella comunità e nella relazione con l’altro.
In questo senso, la rivoluzione proposta da Mounier si caratterizza come personalista e, insieme, comunitaria: i due
aggettivi stanno assieme inseparabilmente, sono due facce della stessa medaglia.
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E. MOUNIER, Le Personnalisme, Collection “Que sais-je?”, Presses Universitaires de France, Paris, 1947, tr. it. a cura
di Aldo Cardin, riveduta da Massimo Pesenti, Il Personalismo, AVE, Roma 1964, pag. 60.