Untitled - Rizzoli Libri
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STEVEN ROWLEY LILY E IL POLIPO Traduzione di Alberto Cristofori ROMANZO BOMPIANI Rowley, Steven, Lily and the Octopus Copyright © 2016 by Steven Rowley First published in 2016 by Simon & Schuster 1230 Avenue of the Americas, New York, NY 10020 © 2016 Rizzoli Libri S.p.A. / Bompiani, Milano ISBN 978-88-452-8116-7 Prima edizione Bompiani maggio 2016 A Lily La Legge dei Lupi Ora questa è la Legge della Giungla, antica e vera quanto il cielo; E il Lupo che la rispetta prospera, il Lupo che la infrange muore. Come la liana che circonda il tronco, la Legge corre avanti e indietro; Poiché la forza del Branco è nel Lupo, e la forza del Lupo è nel Branco. Rudyard Kipling IL POLIPO È giovedì quando lo vedo per la prima volta. So che è giovedì perché il giovedì sera è la sera in cui la mia cagnolina Lily e io ci ricaviamo uno spazio per parlare dei ragazzi che ci sembrano sexy. Lei ha dodici anni, che corrispondono a ottantaquattro anni canini. Io ne ho quarantadue, che corrispondono a duecentonovantaquattro anni canini – ma duecentonovantaquattro portati molto bene, perché sono piuttosto in forma e un sacco di gente mi dice che potrei passare per un duecentotrentottenne, cioè per un trentaquattrenne. Dico questo perché siamo entrambi piuttosto immaturi per la nostra età e tendiamo ad apprezzare i ragazzi più giovani. Facciamo lunghe discussioni sui Ryan. Io sono per Gosling, lei invece è più per Reynolds, anche se non sa dire il titolo di un solo film dei suoi che vorrebbe rivedere. (Abbiamo lasciato perdere Phillipe anni fa perché non eravamo d’accordo su come pronunciarne il nome. FILL-ip? Fill-IP? E anche perché lui non lavora più tanto.) Poi ci sono i Matt e i Tom. Oscilliamo fra Bomer e Damon e Brady e Hardy a seconda di com’è andata la settimana. E infine i Bradley, Cooper e Milton, il secondo dei quali è tecnicamente molto più vecchio e bell’e morto e non so bene perché Lily continui a tirarlo in ballo, se non perché le piacciono i giochi da tavolo che di solito facciamo al venerdì. Comunque, quel particolare giovedì stiamo parlando dei 9 Chris: Hemsworth e Evans e Pine. È quando Lily propone come se niente fosse di prendere in considerazione anche Chris Pratt che io noto il polipo. Non capita spesso di vedere un polipo da vicino, men che meno nel proprio salotto, men che meno aggrappato alla testa del proprio cane come un cappellino da festa di compleanno, perciò sono colto del tutto alla sprovvista. Lo osservo ben bene, Lily e io siamo seduti alle due estremità del divano, con un cuscino a testa, io seduto all’indiana, lei invece appollaiata come il leone della MGM. “Lily!” “Ok, lasciamo perdere Chris Pratt, la mia era solo una proposta,” dice. “No – cos’hai sulla testa?” le chiedo. Due tentacoli del polipo si allungano sul suo muso come un sottogola. “Dove?” “Come dove? Lì. Sulla tempia destra.” Lily si blocca. Mi guarda un istante, restiamo a fissarci, poi lei alza gli occhi verso il polipo. “Ah, quello.” “Sì, quello.” Mi chino subito in avanti e le afferro il muso come facevo quand’era un cucciolo e abbaiava troppo, così eccitata dalla semplice esistenza di ogni cosa nuova che doveva cantare il suo entusiasmo con una serie di note acute e staccate: GUARDA! È! LA! COSA! PIÙ! INCREDIBILE! CHE! ABBIA! MAI! VISTO! È! MERAVIGLIOSO! ESSERE! VIVA! Una volta, avevamo appena incominciato a vivere insieme, nel tempo necessario per farmi una doccia era riuscita a risistemare tutte le mie scarpe numero 44 in cima alle scale a tre camere di distanza. Quando le chiesi perché, la sua risposta fu pura convinzione: QUESTE! COSE! CHE! TI! METTI! AI! PIEDI! DEVONO! STARE! PIÙ! VICINE! ALLE! SCALE! Così piena di energia e di idee. Me la tiro vicina e le giro la testa di lato per poterla osservare bene e a lungo. Lei mi guarda il più storto che può, infastidita, 10 disgustata dalle molestie e dall’attenzione indesiderata, e dalla mia rozzezza di grosso, stupido uomo umano. Il polipo ha una bella stretta ed è aggrappato con forza sopra all’occhio. Mi ci vuole un minuto, ma raccolgo il coraggio e lo tocco. È più duro di quanto avrei immaginato. Più che a un gavettone, fa pensare a... un osso. Al tatto si direbbe sottocutaneo, invece è lì, all’aperto, ben visibile. Conto i suoi tentacoli, girando la testa di Lily all’indietro, e com’è ovvio sono otto. Il polipo sembra arrabbiato, oltre che fuori posto. Aggressivo forse è un termine più corretto. Come se stesse annunciando la propria presenza e chiedesse spazio. Diciamo la verità. Mette paura e insieme lascia perplessi. Da qualche parte, chissà quando, ho visto il video di un polipo che si mimetizzava così alla perfezione sul letto dell’oceano da risultare del tutto invisibile, finché uno sfortunato mollusco o un granchio o una lumaca di mare non gli passava accanto e lui allora saltava su e colpiva con mortale precisione. Ricordo di essere tornato indietro a guardare e riguardare il video per individuare il polipo nascosto. Dopo innumerevoli passaggi riuscivo a cogliere la sua presenza, a percepire la sua energia in agguato, pronta a scagliarsi, anche se non distinguevo con esattezza la sua forma. Una volta individuatolo, non era più possibile non vederlo – benché si restasse colpiti dalla sua abilità nel nascondersi in piena vista. Questa è una cosa simile. Adesso che l’ho visto, non posso smettere di vederlo, e il polipo deforma tutto il muso di Lily. Un muso che a me è sempre sembrato bellissimo, un nobile, classico profilo di cane, appena tradito da un ridicolo corpo di bassotto. Ma quel muso! Perfetto, nella sua simmetria. Tirandole indietro le orecchie, era come un piccolo birillo da bowling coperto di morbidissimo pelo color mogano. Adesso invece assomiglia meno a un birillo da bowling in buone condizioni e piuttosto a un birillo rovinato; 11 la sua testa ha un rigonfiamento, come se fosse il birillo numero uno in una formazione da dieci. Lily sbuffa due volte allargando le narici e mi rendo conto che la sto ancora stringendo. La lascio andare, consapevole che sta fremendo per l’umiliazione. “Non voglio parlarne,” dice, chinando la testa per mordersi sulla pancia, dove le prude. “Be’, io invece voglio farlo.” Soprattutto voglio parlare di com’è stato possibile che io non abbia mai visto niente finora. Come ho fatto a essere responsabile di tutti gli aspetti della sua vita quotidiana e del suo benessere – cibo, acqua, attività fisica, giochi, denti, dentro, fuori, evacuazione, divertimento, coccole, affetto, amore – e a non aver notato che su un lato della sua testa c’era un polipo che cresceva fino ad assumere dimensioni preoccupanti. Il polipo è un maestro nel mimetizzarsi, mi dico; il suo scopo è restare nascosto. Ma mentre lo dico in silenzio, nella testa mi chiedo perché mi assolvo con tanta facilità. “Fa male?” Un sospiro. Un’esalazione. Quando Lily era più giovane, nel sonno faceva spesso un rumore simile, di solito appena prima che le sue gambe si mettessero a scattare, preambolo di un bel sogno di inseguimento di scoiattoli o di uccelli o di corsa sulla sabbia calda di una spiaggia dorata e infinita. Non so perché, ma mi viene in mente Ethan Hawke che risponde alle domande standard ispirate da Bernard Pivot alla fine di ogni episodio di Inside the Actors Studio: “Un suono o un rumore che ti piace?” I sospiri dei cuccioli, aveva detto Ethan. Sì! Che accostamento meraviglioso, cuccioli e sospiri. Come se i cuccioli caldi e addormentati avessero qualcosa di cui lamentarsi o sentissero stanchezza o esasperazione e quindi sospirassero. Eppure sospirano in continuazione! Esalazioni di 12 fiato dolce, innocente. Ma questo sospiro è diverso. In modo sottile. A un orecchio non allenato potrebbe sfuggire, ma io conosco Lily quanto credo sia possibile conoscere un altro essere vivente e lo noto. C’è un che di pesante. Uno scricchiolio. Il mondo di Lily non è scevro di preoccupazioni: anche lei ha i suoi fardelli da portare. Le chiedo di nuovo: “Fa male?” La sua risposta arriva lentamente, dopo una lunga pausa di riflessione. “Qualche volta.” La cosa più bella dei cani è che sanno quando si ha bisogno di loro e lasciano perdere qualsiasi cosa stiano facendo e ci si mettono seduti vicino per un po’. Non ho bisogno di insistere oltre, con Lily. Posso fare quello che lei ha fatto con me innumerevoli volte, durante i momenti di dolore e di malattia e di depressione e di disagio e malessere generici. Posso restare seduto con lei in silenzio, coi nostri corpi che si toccano quanto basta per generare calore, per condividere la vibrazione energetica di tutte le cose viventi, finché il nostro respiro rallenta e assume il ritmo parallelo che sempre ha quando restiamo seduti in silenzio. Le pizzico la pelle sulla nuca come immagino abbia fatto sua madre un tempo per trasportarla quand’era cucciola. “C’è un vento in arrivo,” le dico. Mi sforzo di guardare il polipo e temo che questa frase sia più vera di quello che vorrei. Soprattutto sto mettendo Lily nella condizione di dire la sua battuta preferita da Elizabeth: The Golden Age. Nessuno dei due ha visto il film, ma facevano vedere e rivedere sempre questa scena nei trailer quand’era al cinema e tutti e due ci rotolavamo per terra dal ridere di fronte a Cate Blanchett che ruggiva e continuava a fare la Regina Vergine. La mia cagna fa un’ottima imitazione di Cate Blanchett. Lily si solleva appena appena e dice la sua battuta al momento giusto: “Posso comandare anche i venti, signore! C’è 13