Il fiuto di Sharma - Confindustria Modena
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Il fiuto di Sharma - Confindustria Modena
Mondo | L’economia globale in uscita dalla crisi ia La geografia dei Paesi pronti a una nuova ondata di crescita Il fiuto di Sharma R uchir Sharma è indiano, si è laureato in Economia al Shri Ram College of Commerce di Delhi. Prima di entrare in Morgan Stanley, ha lavorato per la Prime Securities Ltd, una delle principali società finanziarie indiane, occupandosi di mercati esteri. Dal 1991 editorialista per il più importante quotidiano finanziario del Paese «The Economic Times», ha scritto per diverse riviste economiche nel mondo. Oggi è editorialista di «Newsweek» e i suoi articoli sono ospitati da varie pubblicazioni, come «The Wall Street Journal». È arrivato in Morgan Stanley nel 1996 e attualmente ricopre la carica di responsabile del settore Paesi Emergenti. È autore di numerosi saggi, l’ultimo dei quali (« Breakout Nations: In Pursuit of the Next Economic Miracles») è stato pubblicato nel 2012. In cerca di nuovi paradisi Cina, India, Brasile e Russia sono stati i grandi protagonisti del decennio di inizio secolo. Ma l’economista Ruchir Sharma non crede che questo trend continuerà. Perché ci sono già realtà candidate alla successione: dalla Turchia alla Polonia, dalla Thailandia all’Indonesia Turch dia an l i a h T sia e n o Ind di Ugo Bertone A chi sarà affidata l’organizzazione delle Olimpiadi 2020? In corsa, dopo l’autoesclusione dell’Italia, sono rimaste Madrid e Tokyo. Ma alla fine, scommette il ben informato quotidiano britannico «Financial Times», la vittoria toccherà a Istanbul. Anche così verranno sanciti i nuovi equilibri di forza all’interno dell’economia globale in uscita dalla crisi. Equilibri che, però, potrebbero riservare grosse sorprese rispetto ai luoghi comuni ormai consolidati, ammonisce Ruchir Sharma, l’economista di origine indiana responsabile del settore Paesi Emergenti di Morgan Stanley, ovvero di una delle fabbriche del denaro che gestisce i flussi di capitali nelle aree del pianeta più promettenti. La tesi di Sharma, che di recente ha pubblicato al proposito un lun- a ni Polo Cina Cina Le economie al top della crescita Durante il boom degli anni Duemila la percentuale del commercio estero sul Pil di Paesi come Brasile, India e Cina era triplicata. Ma dalla metà del 2008 si è ridimensionata. Il fenomeno è stato anticipato dai mercati azionari: la forbice tra il rendimento assicurato dai mercati migliori rispetto ai peggiori si è allargata dal 10 al 35 per cento Da sinistra: nuovi insediamenti a Hefei, capitale della provincia di Anhui; quartiere dormitorio a Chengdu (Sichuan), la quinta città più popolosa del Paese go studio sull’autorevole rivista statunitense «Foreign Affairs» che ha suscitato grosso interesse e non poche polemiche, ritiene ormai superata la fase del miracolo economico dei Bric, le quattro potenze del nuovo Mondo (Brasile, Russia, India e Cina) individuate nel 2001 da Jim O’Neill di Goldman Sachs come i motori della crescita a due cifre in cui era assolutamente necessario investire per garantirsi una redditività da record. Fin qui niente di nuovo. Da anni, infatti, i grandi pensatoi della finanza internazionale studiano i possibili «nuovi Bric», magari in Africa o in Sud Ame- 16 OUTLOOK - Marzo/Aprile 2013 rica o nel Far East, come dimostrano le attenzioni per il Myanmar, appena uscito dalla dittatura. Fatica sprecata, replica Sharma. Il fenomeno dei Bric, è la sua tesi, è stato soprattutto frutto di una stagione irripetibile, favorita sia dall’afflusso di grossi capitali in arrivo dall’Ovest sia dalla presenza di un forte mercato della domanda dei Paesi occidentali per i prodotti in arrivo dalle economie emergenti, trainate dall’export. Oggi, però, America ed Europa hanno meno capitali da spendere e meno quattrini da destinare ai consumi. E questo avrà grosse conseguenze per le economie emergenti che non potranno, salvo alcuni casi eccezionali, sostituire l’export con i consumi interni. Il risultato? Nei prossimi anni la crescita delle economie extraeuropee non supererà in media il 4 o 5 per cento annuo. Ovvero il «new normal» sarà molto più simile al trend degli anni Cinquanta e Sessanta che non all’esplosione di iniziative del primo decennio del nuovo secolo. E, così come è capitato cin- 10,0 2011 9,0 2012 2013 2014 8,0 7,0 6,0 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 Cina (14,3%) India (5,7%) Russia (3,0%) Tra parentesi il peso sul Pil mondiale nel 2011. Fonte: elaborazioni CsC su dati Fmi Brasile (2,9%) Messico (2,1%) Indonesia (1,4%) Turchia (1,4%) Totale emergenti (48,9%) Marzo/Aprile 2013 - OUTLOOK 17 ile Bras India Nei prossimi anni la crescita delle economie extraeuropee non supererà in media il 4 o 5 per cento annuo. La nuova tendenza sarà molto più simile al trend degli anni Cinquanta e Sessanta che non all’esplosione di iniziative del primo decennio del nuovo secolo. E come avvenne cinquant’anni fa la crescita non riguarderà tutti Da sinistra: lavori in Brasile per un nuovo stadio in vista dei prossimi mondiali del 2014; lavoratori in una miniera di carbone a Bari Brahmana, nel nord dell’India quant’anni fa, la crescita non riguarderà tutti. Semmai la corsa premierà solo alcuni concorrenti. «E non mancheranno le sorprese», ammonisce l’economista. Per ora non mancano le polemiche, viste alcune prese di posizione di Sharma nel suo saggio dal titolo emblematico «Perché the Rest smetterà di crescere», che gioca sul confronto tra the Rest e il West. Prendiamo il caso della Cina. «Siamo di fronte», spiega l’autore, «al tipico esempio di previsione superficiale, che applica il tasso di crescita degli ultimi anni al futuro e lo mette a confronto con quello, calante, degli Stati Uniti o di altre economie avanzate. 18 OUTLOOK - Marzo/Aprile 2013 Un esercizio del genere porta alla conclusione che, nel giro di pochi anni, la Cina supererà gli Stati Uniti. Anzi, questa credenza si è già installata nella coscienza collettiva: un sondaggio di Gallup ci indica che per la metà degli americani la Cina ha già superato gli Usa quale economia leader del pianeta, nonostante che la realtà sia ben diversa: le dimensioni dell’economia Usa sono circa il doppio di quella cinese, il Pil pro capite è sette volte tanto». Insomma, si rischia di ripiombare nella sindrome degli anni Ottanta quando fior di centri studi elaborarono le previsioni più bizzarre per dimostrare l’inevitabile sorpasso del Giappone sugli Usa. Non è la prima volta che la regola non funziona. Negli anni Cinquanta il Paese preferito era il Venezuela, nel ’60 il Pakistan, nel ’70 (sic!) l’Iraq. Ogni volta che si è cercato di individuare un Paese in decollo sulla base della performance economica del recente passato, si sono verificate grosse delusioni. Stavolta, si potrebbe obiettare, le cose potrebbero andare diversamente. Ma mister Sharma non la pensa così. Gli studi che tendono a celebrare il secolo dell’Asia, ironizza, fanno spesso riferimento a considerazioni epocali, sottolineando che Cina e India all’inizio del diciassettesimo secolo valevano circa la metà del Pil mondiale. «Ma una previsione economica seria», ribatte Sharma, «non può andare oltre il prossimo decennio. Un ciclo economico, in media, dura cinque anni. Qualsiasi decisione di investimento sensata non può andare oltre due cicli, ovvero dieci anni». Quindi, che accadrà di qui al 2023? «Nel prossimo decennio», è la sua previsione, «probabilmente sia gli Usa sia l’Europa e il Giappone cresceranno a tassi contenuti. Ma questa frenata passerà in secondo piano di fronte a una decelerazione ancora più marcata di alcuni Paesi che in questo inizio secolo hanno corso molto». In particolare, il tasso di crescita della Cina dovrebbe rallentare in maniera sensibile di almeno 4,5 punti percentuali annui: «La popolazione cinese», spiega Sharma, «è semplicemente troppo grande e in- Secondo Ruchir Sharma il fenomeno dei Bric è stato frutto di una stagione irripetibile, favorita sia dall’afflusso di grossi capitali dei Paesi industrializzati sia dalla forte domanda di import dell’Occidente. Oggi però Europa e America hanno meno denaro da investire e minore disponibilità ai consumi. Con grosse conseguenze per le economie emergenti vecchia troppo rapidamente per sostenere un tasso di crescita simile a quello del recente passato. Inoltre, circa la metà dei cinesi vive in centri urbani, perciò il Paese si sta avvicinando a quello che gli economisti definiscono la “svolta di Lewis”, ovvero il punto in cui viene meno la spinta della forza lavoro garantita dall’arrivo continuo dalle campagne di manodopera. È l’effetto delle massicce ondate migratorie dalle campagne alle regioni manifatturiere della costa, ma ancor di più della politica del figlio unico. Sono certo che tra non molti anni l’idea ben radicata tra gli americani di un prossimo sorpasso della Cina sarà ricordata Marzo/Aprile 2013 - OUTLOOK 19 nia Polo Impagabile Il nuovo decennio è difficile da interpretare, mancano punti di riferimento precisi. Per più motivi. Le potenze occidentali hanno gravi problemi da affrontare e anche i Bric sono destinati a rallentare la corsa. Invece a stupire saranno Turchia, Repubblica Ceca, Corea del Sud, Thailandia, Indonesia, Nigeria e Sri Lanka Sopra: operai nella fabbrica di elicotteri Sikorsky Aircraft Corp di Mielec, in Polonia come una delle paranoie che periodicamente investono la coscienza collettiva». I dati in arrivo dal Paese del Drago, per la verità, non confermano l’ipotesi della frenata, così come la racconta Sharma. Dopo il congresso di ottobre, dove è stato sancito il cambio della leadership che sta avvenendo in questi giorni di primavera, l’economia cinese ha mostrato confortanti segnali di ripresa. Ma, d’altro canto, i nuovi leader hanno fissato obiettivi di crescita assai più modesti del passato (il 7,5 per cento annuo) che pure non hanno prodotto più disoccupazione, a conferma che l’offerta di forza lavoro giovani- 20 OUTLOOK - Marzo/Aprile 2013 le è in brusca frenata. Il «cambio della guardia» vaticinato da Sharma, del resto, ha già trovato un esempio clamoroso: la decisione di Apple di riportare in patria una parte della produzione. Con una grande novità, però: il manufacturing, anche in Usa, sarà affidato alla Foxconn, il colosso cinese che cura la realizzazione di iPad e iPhone, in grave difficoltà a reclutare nuovi operai in patria. I minori tassi di crescita dell’Occidente e della Cina avranno, secondo la sfera di cristallo di mister Sharma, grosse conseguenze a livello mondiale. «Questi Paesi compreranno di meno all’estero con effetti negativi per le economie più orientate all’export come Brasile, Malesia, Messico, Russia e Taiwan, per fare qualche nome. Durante il boom degli anni Duemila, la percentuale del commercio estero sul Pil di questi stati era triplicata. Ma, a partire dalla metà del 2008, ha iniziato a ridimensionarsi e a tornare ai valori precedenti. Il fenomeno è già stato anticipato dai mercati azionari: la forbice tra il rendimento assicurato dai mer- Avere sempre informazioni esclusive e raccolte alla fonte. Entra in iTunes e Google play e scarica la tua app. &RQVXOWDVXOWXRVPDUWSKRQHSURÀOLELRJUDÀFLGHLSHUVRQDJJLGLPDJJLRUH ULOLHYRHSURÀOLGHOOHD]LHQGHH,VWLWX]LRQLSLUDSSUHVHQWDWLYHLQ,WDOLD ,OQRVWURFRVWDQWHDJJLRUQDPHQWRWLRIIUHXQDYLVLRQHUHDOHGLFKLFRQWDQHO panorama economico, politico, sociale e culturale. 1HZVFRPXQLFDWLVWDPSDHLQWHUHVVDQWLFRQWULEXWLYLGHR 8QRVWUXPHQWRGLODYRURLPSUHVFLQGLELOHFKHSRUWDQHOPRQGR LOYDORUHODFRPSHWLWLYLWjHDIÀGDELOLWjGHOQRVWUR3DHVH WHO’S WHO IN ITALY S.r.l. email: [email protected] www.whoswho.eu Mondo cati migliori rispetto ai peggiori si è allargata dal 10 al 35 per cento». Insomma, dopo la fase di crescita generalizzata, si torna a un panorama più differenziato, in cui alle storie di successo (ad esempio, il decollo delle tigri asiatiche nel decennio tra gli anni Settanta e Ottanta) si contrapporranno situazioni difficili, di mancato sviluppo. Non sarà per nulla facile individuare i possibili vincitori. Soprattutto, attenzione a non cadere nei luoghi comuni. Non ha senso scegliere sulla base dell’assetto politico: dei 124 Paesi che dal 1980 in poi hanno saputo sostenere una crescita del 5 per cento annuo il 52 per cento vanta un sistema politico democratico, mentre il 48 per cento è retto da regimi autoritari. Se ne deduce che, nel medio termine, non conta tanto la formula di governo quanto la capacità della leadership di assecondare le politiche dello sviluppo. Guai, infine, a sopravvalutare il cosiddetto «dividendo demografico». Certo, il successo cinese negli anni passati è stato reso possibile da una manodopera giovane e fortemente motivata. Ma non è detto che la regola debba funzionare sempre: in un mondo meno orientato alla produzione di beni per l’export occorre valutare il livello di formazione e le politiche attive per l’occupazione per evitare brutte sorprese. Una manodopera giovane, ad esempio, non è garanzia di successo per i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Si entra, insomma, in un decennio difficile da interpretare, senza punti di riferimento precisi. Per più motivi. È venuto meno l’appeal del modello Giappone, solo in parte sostituito dalla Corea del Sud. L’Unione europea, già punto di riferimento per i Paesi dell’Est, dopo le convulsioni dell’area euro, oggi non è più la meta dichiarata di quelle democrazie. Anche il paradigma americano, basato sul liberalismo economico, l’espansione dei mercati finanziari e la ritirata dello Stato dall’economia, non gode più di grandi consensi. D’altra parte, i Bric in questo quadro sono destinati a rallentare la corsa: la Cina non registrerà più tassi di crescita a due cifre; U]XOORLWSK,YDQR'L0DULD Mondo Dal 1996 Ruchir Sharma lavora per Morgan Stanley IO M R A P RIS ETICO ENERG n o diicco Tutti llo ciiaamo lo fac lo e o, noi Da sempr 1RLOLSURJHWWLDPRHUHDOL]]LDPRVLQGDO ,PSLDQWLPHFFDQLFLHGHOHWWULFLVROX]LRQLVXPLVXUDSHUDPELHQWL GLRJQLWLSRORJLDHGLPHQVLRQHFHOOHFOLPDWLFKHHFOHDQURRP VLVWHPLSHUSURGXUUHHQHUJLDGDIRQWLULQQRYDELOLSURJHWWD]LRQH UHDOL]]D]LRQHHJHVWLRQH¿QDOL]]DWHDOULVSDUPLRHQHUJHWLFR IMPIANTI IMPIANTI TRIALI INDUSTRIALI INDUS CLEAN ROOM CLI MA CLIMATICHE CELLE ATICHE ENERGIA ENERGIA SERVICE il Brasile, nonostante il sostegno degli appuntamenti con i mondiali di calcio e le Olimpiadi, è passato da una crescita annua del 4,5 al 2 per cento; la Russia non fa meglio, con un calo dal 7 al 3,5 per cento, seguita dall’India che si ridimensiona dal 9 al 6 per cento. In questa cornice, gli operatori finanziari ed economici a caccia di «nuovi paradisi» dovranno essere ben attenti a puntare sulle aree economiche più interessanti. La classificazione di Ruchir Scharma si basa sui livelli di reddito. Tra i Paesi che oggi possono vantare un reddito pro capite tra i 20.000 e i 25.000 dollari, a suo dire, solo due, Repubblica Ceca e Corea del Sud, potranno sostenere un ritmo di crescita medio del 3 per cento annuo per il prossimo decennio. Nella categoria tra i 10.000 e i 15.000 dollari, l’unica realtà ad avere qualche chance di crescere tra il 4 e il 5 per cento è la Turchia; ma non è escluso che la Polonia riesca a ottenere un risultato quasi analogo, solo di poco inferiore. Tra i 5.000 e i 10.000 dollari, l’unico Paese in grado di ottenere performance lusinghiere è la Thailandia. Sotto, infine, non mancheranno le performance di rilievo: Filippine, Indonesia, Nigeria, Sri Lanka e una pattuglia di Stati africani sub sahariani. •