1 Recupero crediti ad alto rischio. Nel 2013 aumentati i

Transcript

1 Recupero crediti ad alto rischio. Nel 2013 aumentati i
Il Sole 24 ore - 19 marzo 2014 – p. 12
Recupero crediti ad alto rischio. Nel 2013 aumentati i debiti di imprese e famiglie.
di Roberto Iotti
Anche nel 2013 la massa debitoria di imprese e
famiglie è qualitativamente peggiorata. Tanto che
Unirec - l'associazione che raccoglie in Confindustria
Servizi le aziende impegnate nel recupero crediti stima un rialzo nel numero delle pratiche (da 35
milioni del 2012 a oltre 36 milioni) e del valore (da 43
a 44 miliardi). Nel contempo Unirec stima un calo del
20-21% dei risultati di recupero. In questo contesto, un terzo delle imprese associate chiuderà in
perdita l'esercizio scorso.
«È il termometro fedele del quadro finanziario del Paese», spiega Gianni Amprino, presidente di
Unirec, 200 aziende e oltre 18mila addetti «altamente qualificati e professionalizzati», aggiunge il
presidente. Recuperare crediti non è facile, vista la congiuntura, e non è certamente agevole
telefonare o suonare il campanello di casa di un debitore, «che sia una famiglia in arretrato con le
bollette di telefono o energia, oppure un'impresa che non paga da tre, quattro mesi perché non ha
liquidità».
Sarà anche per queste difficoltà che in alcuni casi gli stessi riscossori vengono denunciati perché
accusati di essere vessatori. Il sito dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha una lunga
sequenza di pronunciamenti contro aziende del recupero crediti, perché hanno fatto una telefonata in
più al debitore o l'hanno fatta sul posto di lavoro o in orari non consentiti.
«Dobbiamo sfatare la voce - spiega Amprino - secondo cui i nostri operatori sono come lo sceriffo di
Nottingham. Certo, qualche caso c'è stato, ma purtroppo tocchiamo ogni giorno con mano che in
Italia, chi non paga, è un furbo. E questi furbi utilizzano tutti i mezzi per sfuggire alle loro
responsabilità, compresi ricorsi e denunce».
Oltre ai furbi, le aziende del recupero crediti - vigilate dal ministero degli Interni - fanno i conti con una
concorrenza che non teme certo l'Agcom: la malavita. Sicilia, Lazio, Campania e Lombardia sono le
regioni con i più alti tassi di protesti e di pratiche aperte. E sono anche le regioni in cui camorra e
soprattutto 'ndrangheta intervengono "per nome e per conto" e con il sistema della minaccia fisica
incassano. Nelle relazioni delle Direzioni distrettuali antimafia, la voce usura ormai è affiancata da
tempo da quella "recupero crediti".
1
Il Sole 24 ore - 19 marzo 2014 – p. 12
«Per chi lavora nella legalità - dice ancora il
presidente di Unirec - non è facile. Noi
lavoriamo per grandi gruppi dell'energia e
delle telefonia, per il sistema bancario, siamo
soggetti alla normativa antiriciclaggio e siamo
obbligati a segnalare operazioni sospette.
Siamo una interfaccia professionale tra chi è
in difficoltà nei pagamenti e il committente. Il
76% delle posizioni è gestito con strutture di
call phone, il restante 24% da agenti sul
territorio. Ai debitori proponiamo piani di
pagamento flessibili e concordati in modo tale
che l'attività non venga compromessa».
In sette anni la massa creditizia è letteralmente esplosa: erano 15,2 miliardi nel 2007, siamo a 44
miliardi nel 2013. Segno tangibile della recessione. Mutui, prestiti personali, carte di credito e leasing
rappresentano il 59% di questo valore. Fatture relative a forniture di energia e telecomunicazioni sono
il 34% mentre il 7% fa riferimento a debiti aziendali. Lo scorso anno le aziende che hanno subito
almeno un protesto sono state più di 50mila. A fine 2012 erano 370mila le imprese con un ritardo di
oltre due mesi nei pagamenti alla scadenza concordata. Numero cresciuto anche nel 2013. «L'arrivo
della legge sui tempi di pagamento - aggiunge Amprino - e lo sblocco dei crediti della pubblica
amministrazione non hanno, per il momento, avuto gradi effetti sulle imprese».
A questa enorme massa di crediti si è arrivati per motivi differenti: «Per quanto riguarda le famiglie dice Amprino - certamente l'uso eccessivo del pagamento a rate ha generato una bolla diventata poi
insostenibile. Sulle imprese, è evidente il peso del credit crunch, ma anche quello dei mancati o
ritardati pagamenti e quello del crollo delle vendite sul mercato. Tendenzialmente si tratta di piccole e
medie imprese che con un piano concordato di rientro si rimettono in pari. Ma troviamo anche molti
casi di imprese chiuse o sottoposte a procedura concorsuale». Un altro segnale di allarme arriva dalla
cessione del quinto dello stipendio. «Abbiamo clienti che ci chiamano perché da due o tre mesi non
ricevono più il quinto della retribuzione dalle aziende i cui dipendenti sono sottoposti a questa
procedura. Alla verifica risulta che quella stessa azienda non paga più lo stipendio da un periodo
analogo. È un fenomeno preoccupante che abbiamo registrato lo scorso anno».
2
Il Sole 24 ore - 19 marzo 2014 – p. 12
ARTICOLI CORRELATI
La dura «risalita» di una PMI edile
Romano Barni è titolare di una impresa edile. Lavora in subappalto nella costruzione di condomini e
ha anche una flotta di cinquanta automezzi per lavori esterni (manutenzione, impianti aerei,
installazioni) con cestelli o autoscale. Parco automezzi in buona parte acquisito in leasing.
Romano Barni, verso la fine dello scorso anno, affronta una crisi di liquidità aziendale generata da
due motivi con cui migliaia di altre imprese italiane hanno a che fare: il ritardato pagamento di alcune
fatture da parte di società edili più grosse; il diniego della banca a concedere ulteriore credito.
«Ci siamo trovati quasi all'improvviso senza liquidità – spiega l'imprenditore di Castiglion Fiorentino –
e abbiamo accumulato ritardi nel pagamento di tre rate del leasing per un importo di 30mila euro. E
spiegare che tutto ciò non era per causa nostra non è servito a molto».
L'impresa di Romani Barni viene quindi contattata dalle strutture di riscossione della banca titolare del
leasing, con la quale non si arriva ad un accordo.
«In quel periodo - spiega ancora l'imprenditore - un nostro debitore finisce in concordato preventivo e
il credito viene praticamente dimezzato. Un altro colpo. La banca gira la pratica a una società di
recupero crediti e qui, devo dire, arriva la svolta. Con i funzionari di questa società concordiamo un
progetto di pagamento flessibile in quattro cinque mesi, che permette alla mia azienda di respirare e
guardare ancora al futuro.
A fine febbraio abbiamo chiuso la procedura e pagato tutte le rate arretrate. Ma adesso sono io che
devo rientrare dei crediti che ho.
Per fortuna il lavoro è ripreso, ma si incassa ancora ancora poco e con mille problemi. La normativa
europea sui pagamenti? Mi faccia un'altra domanda, è meglio».
3