Il cinghiale in Umbria - Confagricoltura Umbria

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Il cinghiale in Umbria - Confagricoltura Umbria
Il cinghiale in Umbria: problema o risorsa per il nostro
territorio?
Le trasformazioni del territorio appenninico hanno creato, in questi ultimi anni, le condizioni
idonee per la crescita e la diffusione di diverse specie selvatiche tra cui primeggia il
Cinghiale: i numeri insistenti sul territorio (14.143 i capi abbattuti nell’intera Regione nella
stagione 2011/2012, € 828.250 i danni accertati alle colture nel 2011) rendono necessario
un approccio gestionale che tenga conto degli elementi utili a conseguire non solo una
razionale gestione delle conflittualità innescate dalla presenza di questi animali, ma anche
delle nuove prospettive offerte dalla “risorsa carne”. Da questa consapevolezza nasce
l’esigenza di affrontare, in particolare, le implicazioni derivanti dal crescente consumo della
carne della fauna selvatica cacciata: non si può infatti ignorare come, vista la dimensione
assunta dall’attività venatoria e dall’attività di controllo (per quanto riguarda il cinghiale), la
carne degli ungulati selvatici non possa più essere considerata semplicemente come
risorsa da destinare all’auto-consumo.
Un approccio di tipo commerciale d’altra parte, richiede l’impostazione di un percorso che,
nel rispetto delle normative e regolamenti vigenti, coinvolga gli Enti e le professionalità
interessate in modo da pervenire a una gestione condivisa e consapevole di questa
importante risorsa. In questo modo animali che oggi, ad eccezione del mondo venatorio,
vengono percepiti quale elemento di criticità a causa degli ingenti danni che gli stessi
provocano alle colture, possono assumere un ruolo importante in quanto risorsa
economica aggiuntiva per chi vive e opera sul nostro territorio agro-silvo-pastorale.
Cosa dice la normativa
Secondo la legislazione vigente per poter commercializzare la carne di animali selvatici di
grossa taglia (esclusi quindi Uccelli e Lagomorfi) i capi abbattuti devono essere portati ad
un centro di lavorazione registrato (art.4 del Reg. CE 853/2004); il capo di selvaggina
abbattuto, deve essere privato dello stomaco e dell’intestino e trasportato al centro di
lavorazione il più rapidamente possibile, accompagnato dai visceri ovvero organi della
cavità toracica (polmoni, esofago, trachea, cuore) organi della cavità addominale (fegato,
cistifellea), organi della cavità pelvica (apparato genitale, reni, vescica) e dalla
dichiarazione di post abbattimento (allegato 2 della DD 2221 del 05/04/2011) compilata dal
cacciatore; sussiste anche la possibilità per il cacciatore di commercializzare “piccoli
quantitativi” di carne (nella misura di un capo/cacciatore/anno) tramite la cessione diretta
purchè accompagnato da regolare documentazione di tracciabilità (Allegato 1 DD 2221
05/04/2011).
Il ruolo della persona formata
E’ considerata “persona formata” chi abbia seguito lo specifico corso formativo ai sensi del
Reg.CE n.853/2004, allegato III, sezione IV cap.I.
Nel caso della commercializzazione, la testa ed i visceri del capo abbattuto possono non
accompagnare la carcassa al centro di lavorazione qualora una persona formata effettui
un esame visivo dei visceri e non riscontri caratteristiche indicanti che la carne presenta
un rischio per la salute. In questo caso si richiede la compilazione della parte riservata alla
persona formata dell’allegato 2 della DD 2221 del 05/04/2011 che accompagna la
carcassa al centro di lavorazione. Nel caso del cinghiale la testa ed il diaframma devono
comunque accompagnare la carcassa.
Attualmente non esiste un registro delle persone formate e dall’indagine condotta presso
le principali associazioni di categoria risultano aver seguito un corso per persone formate,
circa 70 utenti di cui 49 nella provincia di Perugia ed i restanti nella Provincia di Terni (dati
C.R.A.T.I.A. 2012).
Il centro di sosta o di raccolta
Il centro di sosta o di raccolta è una struttura funzionale al luogo di abbattimento; potrebbe
essere la “casa di caccia” così come una struttura mobile o un annesso rurale dotato di
pareti e pavimenti facilmente lavabili e disinfettabili, acqua pulita, cella frigorifera di
capacità idonea per contenere le carcasse senza accatastarle e contenitori per i visceri ed
i sottoprodotti.
La funzione del centro di sosta è legata alla necessità di iniziare la refrigerazione dei capi
abbattuti (7°C in tutta la carne) nel più breve lasso di tempo possibile. Il centro di sosta
diventa indispensabile se non si può inviare la carcassa immediatamente al centro di
lavorazione, in questo caso inoltre il centro di sosta deve essere registrato ai sensi del
Reg 852/2004.
Nel caso in cui la casa di caccia/annesso rurale, sia utilizzato per la lavorazione di animali
destinati all’autoconsumo o alla commercializzazione diretta, la registrazione del centro di
sosta non è obbligatoria ma è auspicabile che i requisiti strutturali previsti dai centri di
sosta autorizzati fungano da vademecum per l’organizzazione di queste strutture per
garantire la base della qualità igienico sanitaria delle carni.
L’importanza di strutture idonee ancorché non registrate ai sensi del Reg. CE 852/2004, è
stata percepita dalle Aziende Faunistico Venatorie: nella Provincia di Perugia delle 18 AFV
intervistate nove possiedono un locale adibito a centro di sosta, in tutti i casi dove questo
locale è presente, lo stesso è organizzato almeno con una cella frigorifera ed acqua
corrente.
I centri di lavorazione
I centri di lavorazione in Umbria registrati ai sensi del Reg. CE 853/2004 sono cinque
secondo quanto emerso dai dati rilevati presso gli stessi, il flusso di capi di cinghiale a tali
centri è praticamente inesistente, si parla infatti solo di qualche capo conferito
sporadicamente.
Questi dati fanno scaturire importanti riflessioni circa i nodi organizzativi di una possibile
filiera. In particolare sembra evidente che il meccanismo di conferimento presso il centro di
lavorazione sia bloccato e che la commercializzazione, ad esclusione della cessione
diretta, sia inesistente o si riduca a pochi numeri concentrati sull’Alta Valle del Tevere.
D’altro canto la possibilità di organizzare il trasporto presso il centro di raccolta e stipulare
degli accordi con lo stesso sarebbe la base per trattare forniture con centri di
trasformazione e distribuzione: una filiera permetterebbe di valorizzare a livello
commerciale ed aumentare la visibilità delle carni di ungulato selvatico per consumatore e
supporterebbe le Provincie, le Aziende Faunistico Venatorie ed i singoli cacciatori nella
gestione
del
cacciato
dall’abbattimento
alla
commercializzazione
favorendo
un’
opportunità di reddito per alcune categorie di operatori economici presenti sul nostro
territorio (aziende faunistico venatorie , cacciatori, imprese agricole, agriturismi, ristoranti
tipici, botteghe storiche).
Da non sottovalutare anche il fatto che sussiste il reale interesse da parte della
distribuzione a trattare un prodotto locale, tracciabile e legato al territorio purché sia
garantita la continuità di fornitura ed il rispetto dei protocolli di tracciabilità e di
autocontrollo igienico sanitario.
Tutto ciò premesso e considerando le indicazioni contenute nella legislazione vigente
quale conditio sine qua non per promuovere qualsiasi iniziativa, ci si pone un importante
interrogativo: è possibile realizzare una filiera di carne di ungulati selvatici cacciata in
Umbria, con particolare riferimento al cinghiale? Quali sono le problematiche principali che
impediscono a questa risorsa territoriale di essere utilizzata come tale?
Le indagini condotte in questo primo semestre di ricerca hanno in parte fatto luce su alcuni
aspetti; sulla base delle riflessioni scaturite, il progetto “Studio per la realizzazione di una
filiera umbra di carni di ungulati selvatici al fine di migliorarne l’efficienza commerciale e la
valorizzazione economica” proseguirà nell’obiettivo di rendere un quadro completo della
possibile filiera, indagando sugli aspetti economici, sulla possibilità di stipulare accordi di
fornitura, sulle caratteristiche nutrizionali della carne di cinghiale (in collaborazione con il
Dipartimento di Biologia Applicata dell’Università degli studi di Perugia) e sulla sicurezza
alimentare delle carni stesse, auspicando il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera
alimentare poichè la loro partecipazione attiva costituisce elemento fondamentale per la
soluzione delle problematiche inerenti la gestione del territorio e della fauna.
Il C.R.A.T.I.A. è a disposizione dei soggetti interessati per l’approfondimento delle
tematiche relative alla commercializzazione e gestioni delle carni di cinghiale post
abbattimento.
Dott.ssa Martina Pedrazzoli
“Progetto di ricerca STUDIO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA FILIERA UMBRA DI CARNI DI UNGULATI SELVATICI AL FINE DI
MIGLIORARNE L’EFFICIENZA COMMERCIALE E LA VALORIZZAZIONE ECONOMICA co-finanziato dal Fondo Sociale Europeo
(FSE) nell’ambito del Programma Operativo regionale (POR) Umbria, FSE “Obiettivo Competitività Regionale e Occupazione”
2007-2013, realizzato tramite l’Avviso pubblico aiuti individuali per la realizzazione di progetti di ricerca”.
Perugia, Novembre 2013