Frontex: la sfida di uno strumento innovativo per le frontiere dell
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Frontex: la sfida di uno strumento innovativo per le frontiere dell
OSSERVATORI / PROSPETTIVA EUROPA Ciro Luigi Tuccillo Frontex: la sfida di uno strumento innovativo per le frontiere dell’Europa Sin dall’epoca della monarchia assoluta, il potere dello Stato su cose e persone era considerato come derivato dal potere sul territorio. La sovranità sullo spazio implica il controllo dei confini. Una delle conseguenze del potere sovrano consiste nella determinazione delle modalità di accesso e di esclusione dal proprio spazio. Il controllo dei confini costituisce una funzione di importanza strategica. Funzione storicamente determinata. Oggi diversi sono i fattori di rischio sociale, culturale, economico e politico che possono mettere a repentaglio la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini. I problemi legati alla sicurezza dei confini sono aumentati in conseguenza di quell’esponenziale crescita degli scambi economici, sociali e culturali che definiamo con il termine globalizzazione. Uno dei fenomeni la cui intensità è aumentata negli anni recenti è quello delle migrazioni illegali. Tra le cause principali delle migrazioni possiamo annoverare l’aumento del divario economico tra aree sviluppate e paesi in via di sviluppo, il collasso di Stati caratterizzati da conflitti etnici e/o da contrapposizioni di tipo religioso, nonché dall’enorme pressione demografica esercitata da aree del mondo con alti tassi di natalità su aree in cui i tassi di nascita sono in declino e la popolazione invecchia rapidamente. La questione del controllo delle frontiere e le questioni di sicurezza a esso correlate interessano in particolare i paesi membri dell’Unione europea, le cui caratteristiche geoeconomiche e demografiche la pongono quale spazio strategico delle migrazioni internazionali. Il fenomeno in analisi assume una valenza peculiare ove lo si consideri entro la prospettiva dell’integrazione europea. A oggi non è dato uno spazio dell’UE, semplicemente perché l’Unione non è uno Stato e, come detto, il requisito del controllo del territorio è il fondamento stesso della sovranità. Tuttavia, data l’estensione su scala europea dei rischi per la sicurezza connessi all’attraversamento dei confini statuali, il controllo delle frontiere è diventato uno dei temi strategici per la sicurezza dei paesi europei che negli ultimi anni hanno cercato di implementare una politica comune in questo settore. In questa prospettiva va analizzato lo sviluppo storico politico di una politica europea di controllo delle frontiere. Agli albori della nascita di Frontex vi è la costruzione di uno spazio di libertà sicurezza e giustizia comune. Il 14 giugno 1985 a Schengen cinque Stati membri (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi) decisero di porre le basi per creare uno spazio nel quale fosse garantita la libera circolazione delle persone, mediante la soppressione dei controlli alle frontiere interne ed una cooperazione sui controlli alle frontiere esterne. Questo accordo tra Stati entrò in vigore nel 1995, con la conseguente abolizione dei controlli alle frontiere interne, creando un’unica frontiera esterna e definendo altresì norme comuni in materia di visti e diritto d’asilo, al fine di consentire la libera circolazione all’interno dei paesi. Allo scopo di conciliare libertà e sicurezza, alla libera circolazione furono affiancate delle misure dette “compensative”. Ai paesi primi firmatari degli accordi si aggiunsero l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’Austria, la Danimarca, la Finlandia e la Svezia. Nel 1999, con la firma del Trattato di Amsterdam, Schengen, che era una politica solo intergovernativa, venne incorporata nel quadro delle politiche UE al Titolo IV del Trattato della Comunità Europea. Negli anni successivi, con l’intensificarsi delle questioni legate alle migrazioni e al controllo delle frontiere, numerose, in particolare in sede di Consiglio europeo, furono le azioni volte a rafforzare la cooperazione tra gli Stati UE in materia di immigrazione, asilo, e sicurezza. In particolare, con il Consiglio Europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, venne definito il primo piano quinquennale di misure legate alla formazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea. Si delineava, seppur non in forma omogenea e coerente, una politica e una concezione europea dei problemi legati al controllo e regolazione dei flussi migratori. A suggello delle diverse iniziative adottate, il 26 ottobre 2004 veniva istituita l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (Frontex). Con Frontex si delineava una prima entità europea volta al controllo delle frontiere. I limiti ad essa posti sono costituiti dal parametro dell’emergenza e della temporaneità quali basi giuridiche per un intervento comune. Tuttavia, le odierne problematiche relative ai flussi migratori si impongono nella loro dimensione transazionale che invita a riflettere su quanto l’Europa intesa come spazio comune si imponga come necessità geopolitica, a cui vanno accompagnati sforzi sempre maggiori per affrontare su scala continentale i problemi legati, in particolare, al controllo delle frontiere esterne. 13 / FUTURI OSSERVATORI / PROSPETTIVA EUROPA Nel preambolo del Regolamento istitutivo di Frontex vengono esplicate le ragioni politiche alla base della nascita dell’Agenzia: «La politica comunitaria nel settore delle frontiere esterne dell’Unione europea mira a una gestione integrata atta a garantire un livello elevato e uniforme del controllo e della sorveglianza, necessario corollario alla libera circolazione delle persone nell’ambito dell’Unione europea nonché componente essenziale di uno spazio di libertà,sicurezza e giustizia. A tal fine è prevista l’istituzione di norme comuni in materia di criteri e procedure relativi al controllo delle frontiere esterne». La ratio della creazione dell’Agenzia va rinvenuta, quindi, nella «esperienza maturata dall’organo comune di esperti in materia di frontiere esterne (precedentemente istituito, ndr) nell’ambito del Consiglio, [pertanto] dovrebbe essere istituito un organismo specializzato incaricato di migliorare il coordinamento della cooperazione operativa tra gli Stati membri nel settore della gestione delle frontiere esterne in veste di Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione». Frontex, fatte salve le competenze degli Stati, «semplifica e rende più efficace l’applicazione delle misure comunitarie vigenti e future relative alla gestione delle frontiere esterne garantendo il coordinamento delle azioni intraprese dagli Stati membri ai fini dell’applicazione di tali misure, contribuendo in tal modo a un livello efficace, elevato e uniforme di controllo delle persone e di sorveglianza delle frontiere esterne degli Stati membri». Si vede come la dialettica Stato-Unione sia anche qui essenziale per comprendere la portata dei compiti UE rispetto alla dimensione nazionale. La portata operativa dell’Agenzia è definita al comma 4 dell’art. 1: «Per frontiere esterne degli Stati membri s’intendono le frontiere terrestri e marittime degli Stati membri e i loro aeroporti e porti marittimi, cui si applicano le disposizioni del diritto comunitario in materia di attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone». Definite le funzioni e la sfera di applicazione, il Regolamento istitutivo definisce i compiti dell’Agenzia. Essa «coordina la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne; assiste gli Stati membri in materia di formazione del corpo nazionale delle guardie di confine, anche per quanto riguarda la definizione di standard comuni di formazione; effettua analisi dei rischi; segue gli sviluppi della ricerca pertinenti al controllo e alla sorveglianza delle frontiere esterne; aiuta gli Stati membri in circostanze che richiedono una maggiore assistenza tecnica e operativa alle frontiere esterne; offre agli Stati membri il supporto necessario per l’organizzazione di operazioni di rimpatrio congiunte» (art.2). Vediamo come, in effetti, dalla generalità dei compiti assegnati, vi sia un ampio spettro di attività che l’Agenzia può porre in essere al fine di offrire un supporto agli Stati membri in circostanze particolari. È evidente come la categoria di 14 / FUTURI circostanza particolare sia una categoria eminentemente politica. La vastità e la complessità dell’impegno di Frontex, ma soprattutto la fluidità del contesto in cui è chiamata a operare, impongono una continua ridefinizione degli strumenti necessari per il controllo delle frontiere dell’UE. Nuove sfide e nuovi rischi legati al mutare dello scenario geopolitico e geo-economico dei Paesi terzi rendono Frontex uno strumento che deve possedere una necessaria flessibilità, per adeguarsi continuamente a nuovi scenari. La grande intuizione di uno spazio comunitario sovrastatale, con dei confini da difendere e proteggere, impone strumenti al passo con i tempi. Operazioni congiunte tra Stati membri, progetti pilota con reparti specializzati, squadre di intervento rapido su richiesta di uno Stato membro (laddove si registrino situazioni di pressioni alle frontiere urgenti ed eccezionali), squadre europee di guardie di frontiera in grado di intervenire nei contesti operativi ove sia necessario un intervento e operazioni di rimpatrio congiunte degli Stati membri sono tutti strumenti previsti dall’Agenzia. Ma la vera grande sfida è quella posta dall’art. 13: la cooperazione con i Paesi terzi. Solo attraverso una politica di buon vicinato sarà possibile arginare le falle che rischiano di aprirsi alle frontiere dell’Europa, progettando del terzo millennio. Approfondimenti • Martines T., Diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 1986. • Schmitt C., Le categorie del Politico, Il Mulino, Bologna, 1999. • Frontex: http://frontex.europa.eu/