STORIA DELLE MERIDIANE

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STORIA DELLE MERIDIANE
STORIA DELLE MERIDIANE
Il sorgere e il tramontare del sole indicavano all'uomo primitivo solo l'avvicendarsi del giorno e
della notte. Poi qualcuno osservò il gioco delle lunghe ombre che, al sorgere, spostandosi
lentamente diventavano sempre più corte fino al culminare del sole a mezzogiorno, e poi tornavano
ad allungarsi sino al tramonto. Questo fenomeno suggerì a qualcun altro di misurare il trascorrere
del tempo con un rozzo bastone infisso nel terreno che, proiettando un'ombra, dette origine al primo
rudimentale orologio solare.
Probabilmente apparso per la prima volta in Cina verso il 2670 a. C., lo strumento fu perfezionato
dai Babilonesi e dagli Egizi: gli obelischi servivano infatti a calcolare il passare del tempo mediante
l'ombra proiettata dal sole su una linea di riferimento determinata sul terreno. Egizio è il più antico
orologio solare noto, il "merkhet" del XV sec. a. C., di cui un frammento è conservato presso il
Museo Egizio di Torino. Aveva la forma di una "T" o di una "L" e, nella scrittura geroglifica,
esprimeva il concetto di "ora".
In Grecia Anassimandro calcolò il primo orologio solare intorno al 500 a.C. L'ottagonale Torre dei
Venti di Atene, costruita nel II sec. a. C., presentava meridiane sulle quattro facce rivolte verso il
sole, che si illuminavano con il passare delle ore dall'alba al tramonto. Le immense piramidi
precolombiane, gli " ziggurat " mesopotamici, i giardini astronomici di Sawai Jai Singh a Jaipur
sono tutte espressioni monumentali dell'arte gnomonica.
Ma anche l'Europa è costellata di monumenti megalitici: i menhir, pietre erette in verticale; i
dolmen, più menir che sorreggono un architrave; i cromlech celtici, costituiti da menir, dolmen e
fossati. Il più noto di tali monumenti è il complesso di Stonehenge, nei pressi di Salisbury in
Inghilterra, con la funzione primaria, ma non esclusiva, di determinare solstizi ed equinozi.
I Romani importarono dal Vicino Oriente l'arte gnomonica, di cui scrisse per primo Vitruvio
Pollione (I sec. a. C.) in De Architectura , mentre Ottaviano Augusto fece realizzare un quadrante
solare orizzontale in Campo Marzio, utilizzando come gnomone un obelisco egizio che, alla fine del
1700, papa Pio VI fece spostare nell'attuale piazza Montecitorio. Un repertorio di orologi solari di
probabile origine romana nell'articolo di Nicola Severino alla pagina "Nuovi quadranti solari di
epoca romana"
Durante il Medioevo l'arte della gnomonica decadde ad eccezione delle comunità monastiche, dove
gli orologi solari scandivano il tempo dedicato alle diverse attività dei monaci: la loro giornata era
divisa nelle otto parti diurne e notturne, in cui si recitano le preghiere previste dalla regola, o
"canone"; tali ore sono quindi dette ore canoniche. Per secoli non furono più realizzati quadranti
solari per uso civile, che gradualmente tornarono ad imporsi verso la fine del Cinquecento: in quel
tempo a Parigi si era affermata la corporazione dei cadraniers , la cui sede si trovava nella rue du
Cherche-midi , che ancora oggi ne tramanda la memoria.
Come si è detto, la prima unità di misura del tempo fu il giorno, nella sua alternanza di luce e buio,
con una suddivisione delle ore diurne in "ora prima", al levar del sole; "ora terza" a metà mattina,
"ora sesta" a mezzogiorno, "ora nona" a metà pomeriggio e "ora dodicesima" al tramonto. Come si
sa, Gesù morì all'ora nona, ossia verso le tre del pomeriggio, in prossimità dell'equinozio. Questa
suddivisione è nota come "ore giudaiche", anche dette "antiche" o "temporali". Dalle ore giudaiche
sono derivate le ore canoniche.
Un esempio di ore giudaiche si trova in una delle meridiane del convento di San Domenico a
Taggia. Il sistema rimane in uso, oggi, solo nel convento ortodosso di Monte Athos, nella Penisola
Calcidica.
Si trattava dunque di una suddivisione solare, quindi variabile, che non si accordava con altri
strumenti di misura, per esempio le clessidre, che producevano intervalli di tempo costanti. Alla
fine del Medioevo si diffusero pertanto altri sistemi che si differenziavano in funzione del
riferimento iniziale per il calcolo delle ore. Le meridiane a ore babilonesi - fondate sull'antica
suddivisione del giorno in dodici parti, stabilendo l'inizio della giornata all'alba e la fine al tramonto
- segnavano le ore trascorse dopo l'alba, fissata all'ora 0. Le linee orarie sono quindi numerate da 1 a
12. Se, per esempio, l'ombra tocca il numero 5, significa che il sole è sorto da cinque ore.
Nell'Italia medievale il nuovo giorno, suddiviso in 24 ore uguali di 60 minuti, iniziava invece con il
tramonto, secondo la tradizione biblica. Le meridiane a ore italiche indicano quindi le ore che
mancano al tramonto: posto all'ora ventiquattresima il tramonto del sole, se l'ombra tocca, per
esempio, il numero 18, significa che mancano sei ore al tramonto. Era un sistema di prevalente
utilità rurale, ideale per scandire il lavoro nei campi. In Piemonte (cfr. Lucio Maria Morra - Davide
Dutto, Segnali di tempo / meridiane in provincia di Cuneo, Cuneo 2002) tale sistema fu adottato
ininterrottamente fino al 1802, salvo alcune aree di influenza transalpina.
Una variante delle italiche sono le ore ad usum campanae o "da campanile", entrate in uso in Italia
durante il Seicento; la differenza sta nel fatto che la 24a ora non cade al tramonto bensì dopo circa
mezzora, quando termina il crepuscolo, così da farla coincidere con l'ora dell'Ave Maria, annunciata
dal suono delle campane, che segnava la fine della giornata lavorativa e richiamava i fedeli alla
preghiera serale.
Con l'occupazione francese si impose l'uso - che rimase poi prevalente - dei quadranti a ore francesi
(o europee o astronomiche), dove le linee orarie hanno come riferimento la mezzanotte e l'ombra
segna quindi le ore trascorse da quel momento. Se la il quadrante è orientato a sud, le linee orarie
sono convergenti in alto, verso il centro del quadrante, e il numero 12 indica il mezzogiorno locale.
Suddivisa idealmente la superficie terrestre in 360 meridiani, ciascuno di questi sistemi era legato al
tempo locale, riferito alla longitudine del luogo: ogni paese aveva la sua ora e la lentezza dei mezzi
di trasporto non consentiva di apprezzare le differenze di ora tra un luogo a l'altro. Con la diffusione
del treno e del telegrafo si impose l'uniformazione legale dell'ora all'interno di una nazione, riferita
al meridiano passante per l'Osservatorio astronomico del Paese, oppure riferita a meridiani strategici
che variarono nel tempo: l'Italia adottò, nel 1866, l'ora di Roma, calcolata sul meridiano di Monte
Mario.
Nel 1881, al 3° Congresso geografico internazionale, fu avanzata la proposta di adottare il
meridiano e il tempo medio di Greenwich. Nel 1884, al Congresso geografico internazionale di
Washington, la proposta ottenne l'assenso di quasi tutte le Nazioni presenti, e venne definitivamente
ratificata nel 1912, alla Prima Conferenza Internazionale dell'Ora. Nel 1893 l'Italia aveva intanto
adottato definitivamente come ora legale l'ora media del fuso dell'Europa Centrale, il primo a est di
Greenwich, passante per l'Etna. Nel 1916 fu introdotto lo sfasamento estivo e invernale dell'orario
legale, poi sospeso a più riprese e infine definitivamente adottato nel 1966.
Un orologio solare si compone di tre elementi essenziali: il quadrante propriamente detto, su cui
cadono i raggi del sole. Lo gnomone, che comprende uno stilo e un nodo: lo stilo si dice "ortostilo"
o "falso stilo", se è perpendicolare alla parete, utilizzato di norma fino a tutto il Settecento; si dice
invece "polare" se è parallelo all'asse terrestre, tipico della tradizione francese e quindi invalso
nell'uso italiano dopo il 1800. Il centro della meridiana è il punto in cui lo stilo è infisso nella
parete. L'estremità opposta si dice "nodo" o "indice gnomonico".
Lo gnomone ad asta - retta o serpentiforme - è un generatore di ombra, mentre lo gnomone a
"piastra forata" - spesso in forma di sole a raggi - o "a camera oscura", convoglia un raggio di luce.
Il terzo elemento è costituito dalle demarcazioni, ossia le proiezioni delle orbite celesti, che
forniscono informazioni astronomiche, geografiche e cronometriche.
Una demarcazione importante per la costruzione stessa del quadrante è la linea meridiana verticale,
che generalmente ha la forma di una freccia rossa a piombo, rivolta verso il basso e contrassegnata
da una "M": indica la culminazione del sole a sud di quella specifica località, e anche il
mezzogiorno vero, ossia l'ora intermedia tra le ore di sole appena trascorse dal sorgere del sole e
quelle che devono ancora passare fino al tramonto: era tanto importante la sua funzione che per
estensione il suo nome passò a designare popolarmente tutti i quadranti solari.
La linea equinoziale, proiezione dell'equatore celeste, è la semiretta che interseca le linee orarie,
percorsa dall'ombra dello stilo nei due giorni dell'equinozio, il 21 marzo e il 23 settembre. Spesso è
accompagnata dai segni zodiacali dell'Ariete e della Bilancia. Se è orizzontale, significa che la
meridiana è esposta esattamente a Sud. Se è più bassa a sinistra, significa che la meridiana è esposta
a Ovest. Viceversa, se è più bassa a destra, significa che la meridiana è esposta a Est.
Le linee diurne dei solstizi sono linee curve: l'iperbole superiore, proiezione del tropico del
capricorno , è percorsa dall'ombra quando il sole è nel suo punto più basso sull'orizzonte, intorno al
21 dicembre (solstizio d'inverno). Quando è percorsa dall'ombra l'iperbole inferiore, proiezione del
tropico del cancro , significa che il sole è nel suo punto più alto sull'orizzonte, intorno al 21 giugno
(solstizio d'estate).
Altre iperboli concave o convesse indicano la posizione del sole nei diversi mesi dell'anno, a volte
unite ai corrispondenti segni zodiacali. A volte è presente, in alto, una linea orizzontale che indica
l'orizzonte, ossia la posizione più bassa del sole all'alba e al tramonto.
Altra indicazione frequente è la costante locale, che corrisponde alla differenza di tempo, in anticipo
o in ritardo, fra il passaggio del sole al meridiano dell'Etna (a 15° longitudine Est da Greenwich, sul
quale sono regolati i nostri orologi), e il passaggio del sole al meridiano del luogo dove si trova il
quadrante solare. Poiché la terra ruota su se stessa da ovest verso est, la costante locale è positiva se
la località si trova a Ovest del meridiano dell'Etna, ed è negativa se la località si trova ad Est. Poiché
il grado d'arco corrisponde a 4' di tempo, sarà sufficiente trasformare in minuti e secondi la
differenza risultante tra la longitudine del luogo e quella del meridiano dell'Etna per ottenere la
costante locale.
Il tempo indicato dagli orologi solari è il "tempo vero" definito dalla rotazione terrestre, che non è
costante; quindi, rispetto agli orologi meccanici a "tempo medio", costante per convenzione, gli
orologi solari accumulano ritardi e anticipi periodici. Come spiega L. M. Morra nel suo libro, "tali
incrementi e decrementi sono espressi da una funzione detta "equazione del tempo", che si annulla
quattro giorni all'anno, il 16 aprile, il 14 giugno, il 2 settembre e il 25 dicembre. Ciò significa che se
durante l'anno segnassimo ogni giorno, alla stessa ora del nostro orologio da polso, la posizione di
un'ombra, essa ovviamente si allungherebbe e si accorcerebbe con le stagioni, ma non lungo una
linea retta: genererebbe una linea curva a forma di "8", chiamata lemniscata ": è possibile trovarla o
soltanto in corrispondenza delle ore 12 o addirittura una per ogni ora; tale espediente grafico
permette di leggere l' ora media direttamente dagli orologi solari".
Spesso i campanili erano provvisti di orologio ma, poiché i meccanismi antichi erano imprecisi,
sulla torre campanaria si costruiva anche una meridiana, per controllare l'esattezza dell'orologio.
Meridiane a camera oscura
Si trovano all'interno di chiese o conventi, luoghi di grandi dimensioni, dove i religiosi potevano
dedicarsi allo studio di fenomeni astronomici, oppure verificare l'esatto funzionamento degli orologi
meccanici posti sulla chiesa.
In queste meridiane la luce del sole non colpisce uno stilo, bensì filtra attraverso un foro praticato su
una parete, su una vetrata o su una volta, e si proietta sul pavimento, dove è tracciata una linea retta,
orientata per nord-sud, corrispondente alla linea del meridiano locale.
Il raggio di luce entra e scorre di mese in mese per tutta la sua lunghezza: nei solstizi d'estate e
d'inverno toccherà l'una o l'altra estremità della linea, mentre agli equinozi si troverà esattamente a
metà. Esempi di meridiane a camera oscura si trovano nella chiesa di San Petronio a Bologna, nel
duomo di Acireale, nella basilica di San Leonardo, vicino Foggia, nella chiesa di S. Maria degli
Angeli a Roma.
Secondo Lucio Maria Morra, circa il 70% dei quadranti risale al periodo barocco, quando esisteva
una folta schiera di gnomonisti che appartenevano alla corporazione degli orolai . In Piemonte si ha
notizia di un solo quadrante orizzontale anteriore al Seicento, datato MDXCVII e di provenienza
incerta perché fu rimosso dalla sua sede originale e oggi, restaurato dalla Solaria Opere di Fabio
Garnero, è esposto a Saluzzo nel Museo di Casa Cavassa. I quadranti ottocenteschi sono circa il
25% mentre quelli del Novecento sono un numero irrilevante. Le realizzazioni recenti sono invece
in costante aumento.
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, i quadranti esistenti non sono indicativi della
produzione effettiva a causa delle mutilazioni inferte al patrimonio gnomonico originale [si pensi
alla pratica di coprire con intonaco le meridiane affrescate sulle case in occasione di rifacimenti
murari, per non affontare i costi di un restauro (cf. per esempio il caso di Voltaggio (AL); né risulta
l'esistenza di un inventario ministeriale che consenta la tutela da parte degli organi preposti alla
conservazione del patrimonio artistico nazionale. Sono pertanto in corso censimenti a cura di
Amministrazioni locali, enti e associazioni specialistiche, come pure di operatori del settore come,
per citarne uno tra tutti, la Solaria Opere, che ha al momento censito oltre 2000 quadranti solari
nella sola provincia di Cuneo.
Di norma i quadranti venivano realizzati nelle areee più ricche rispetto alla realtà economica del
tempo (strettamente legata all'agricoltura), quando occorreva organizzare i ritmi di lavoro. Nelle
aree montane la presenza di quadranti si infittiva nelle valli di maggior transito. Un esempio si ha
con la Val Varaita, al confine con la Francia, dove nella sola pertinenza comunale di Bellino
esistono 32 quadranti recentemente censiti e restaurati, datati tra il 1735 e il 1934, oltre ad altri
irrecuperabili o difficilmente accessibili.
Tratto da http://www.sullacrestadellonda.it/meridiane/meridiane_intro.htm