come puo` cambiare la responsabilita` del vettore a seconda della

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come puo` cambiare la responsabilita` del vettore a seconda della
COME PUO’ CAMBIARE LA
RESPONSABILITA’ DEL VETTORE A
SECONDA DELLA LEGGE APPLICABILE
di Maurizio Favaro
Estero >> Commercio internazionale
Va detto innanzitutto che l'espressione responsabilità vettoriale non va confusa con il limite
risarcitorio del vettore come spesso avviene non solo nel linguaggio comune ma, spesso, anche
in quello formale e giuridico, come testimoniano i testi di alcune convenzioni internazionali di
trasporto: la convenzione di Varsavia sul trasporto aereo, per esempio, all'art. 22 precisa che:
“(...) la responsabilité du transporteur est limitée à la somme de ... (...)”. Lo stesso dicasi per
la convenzione di Bruxelles sul trasporto marittimo in cui all'art. 4. par. 5a) si legge che “(...)
le transporteur, comme le navire, ne seront en aucun cas responsables des pertes ou
dommages (...) pour une somme superieure à (...)”.
Più correttamente, invece, la legge italiana 450/85, la convenzione internazionale Cmr
(Ginevra) del 1956 sul trasporto stradale e la Cim (Berna) del 1961 sul trasporto ferroviario,
fanno riferimento a “limiti di risarcimento”. E' indubbio, infatti, che quando si parla in generale
di limiti di responsabilità vettoriale ci si riferisce solo al livello economico dell’indennizzo, e
ciò essenzialmente perché nessuna convenzione o patto tra le parti potrebbe ridurre o
cancellare la responsabilità oggettiva e civile di un prestatore d'opera (vettore) nei confronti
del suo committente (caricatore o ricevitore a seconda di come si conclude il contratto di
trasporto). Ancorché sia perfino intuibile il motivo per cui si fissarono dei limiti risarcitori per il
vettore, va comunque sottolineato che senza di questi ci sarebbe manifesta sproporzione tra il
suo rischio e il suo vantaggio economico a tutto svantaggio alla fine dei ceti mercantili e quindi
dell'economia generale, dato che senza tali limiti i trasporti costerebbero molto di più.
Del tutto diversa – fatta questa necessaria premessa – è invece, la misura della citata
responsabilità oggettiva del vettore e l'eventuale esistenza di attenuanti se non addirittura
di eventi esonerativi e quindi niente a che vedere con la meccanica di riduzioni o sconti
sull'indennizzo (ancorché da alcune fonti chiamati limiti di responsabilità, come si è visto).
Cause liberatorie della responsabilità, quindi, che, il diritto generale e quello pattizio entrambi
concedono al vettore (che riesca a provarne l'esistenza), ma che in alcune convenzioni,
segnatamente la Cmr (guarda caso la più diffusa), possono mettere a dura prova anche
capacità e conoscenza dell'avente diritto.
Nel diritto generale, che per i paesi di civil law è rappresentato dalla norma scritta come il
nostro Codice civile, si assiste generalmente a un approccio vagamente (e ingiustamente)
punitivo nei confronti del vettore che, prima ancora dell'obbligazione di riconsegnare (1687
C.c.) - causa specifica peraltro del contratto di trasporto (1670 C.c.) - assume quella, non
meno grave e densa di attribuzioni, della custodia delle merci (1177 C.c.). Il tutto, poi, con un
grado di responsabilità ex recepito, che è come dire il massimo per un prestatore d'opera.
Il Codice, infatti, sempre nel rigore delle regole tradizionali del receptum, attribuisce al vettore
la responsabilità per il valore integrale del danno e ciò non per l'itinerario geografico
delimitante le località di origine e quella di destinazione risultanti dal contratto di trasporto (o,
in sua assenza, dalla lettera di vettura), bensì per tutto il tempo in cui le merci risultano
sotto la sua giurisdizione, esattamente come fosse un depositario. E la custodia dovrà attuarsi
con la stessa diligenza a quest'ultimo richiesta (1176 C.c.). L'art. 1693 del Codice é su questo
punto talmente chiaro che può essere preso in senso letterale senza sforzi ermeneutici:
“Il vettore è responsabile della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il trasporto dal momento
in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario (.....)”.
Per escludere l'operatività di tale criterio egli deve dimostrare (se ci riesce, ovviamente, e
quindi con l'onere della prova a suo carico) l'esistenza di cause dirimenti, o meglio ancora, la
derivazione “(.....) della perdita e dell'avaria (.....)” occorse nell'arco di tempo in cui le merci
erano in suo controllo, da (almeno) una delle quattro cause indicate dal Codice, alcune
estranee alla sua sfera di azione, altre legate ai cosiddetti inherent vice o vizi propri sia della
merce che dell'imballaggio, ossia: “(.....) da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose
stesse o dal loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario (…)”. Fin qua,
il diritto generale. Ma le successive – fortemente invocate dagli operatori del trasporto –
norme del diritto uniforme intervengono non già a redimere la responsabilità, come si è
detto, bensì a limitare il loro debito risarcitorio verso la clientela (mittente o destinatario, si
vedrà) commisurandolo a una parte del valore delle merci così perite, fatto salvo ovviamente il
caso di dolo o di una negligenza così imperdonabile da costituirsi a misura di colpa grave.
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CHI PUO’ ESERCITARE L’AZIONE RISARCITORIA?
E prima di addentrarci nel vasto tema delle convenzioni, non è fuori luogo una considerazione
sull'avente titolo (“avant droit” come letteralmente definito dalla Cmr nella sua versione
originale francese). Non è raro, infatti, che, a tale proposito, le parti (ossia mittente e
destinatario, come si è detto) di un contratto di vendita, e del relativo sottostante negozio
giuridico di trasporto, si smarriscano quando si tratta di individuare chi abbia titolo per
sperimentare l'azione risarcitoria verso il vettore soprattutto per il fatto che il contratto di
trasporto quasi sempre è stipulato in favore del terzo. Generalmente, tale azione va esercitata
da chi risulta essere proprietario delle merci al momento del sinistro. E per il passaggio di
proprietà è ininfluente la circostanza dell'avvenuto, o meno, pagamento della merce. Infatti,
per il contratto di vendita di cose determinate, la proprietà si trasferisce dal venditore al
compratore, già all'atto del consenso (rispettivamente ad acquistare e vendere) tra le parti
(1376 C.c.). Ovvio sostenere allora che l'avente diritto – per il contratto di compravendita- non
possa che essere il compratore. Ma non basta, perché occorre tenere in considerazione anche il
contratto di trasporto che, perfezionato da quello tra le due parti (ossia venditore o
compratore) che se ne assume contrattualmente l’obbligazione, indicherà anch'esso chi avrà
titolo alla citata azione. Onere, questo, che nel commercio internazionale sarà del venditore o
del compratore a seconda del termine di resa (Incoterms) adottato.
Ciò non vuol dire, è bene precisare, che il diritto ad agire nei confronti del vettore sia riservato
esclusivamente a chi paga il trasporto. Perché solo se la vendita è alle condizioni D (Ddu e
Ddp) il venditore/mittente conclude il contratto di trasporto in suo proprio favore, ma se le
condizioni fossero Cpt o Cip il contratto di trasporto sarebbe concluso in nome del venditore
ma per conto del compratore, ossia in favore del terzo, cui si trasferisce anche il diritto
all'azione verso il vettore inadempiente.
Il Codice civile, invece, che non discrimina tra commercio estero e commercio nazionale,
attribuisce direttamente al destinatario nominato sul contratto di trasporto tutti i diritti dallo
stesso derivanti, come si afferma all'art. 1689: “I diritti nascenti dal contratto di trasporto
verso il vettore spettano al destinatario dal momento in cui, arrivate le cose a destinazione o
scaduto il termine in cui sarebbero dovute arrivare, il destinatario ne richiede la consegna al
vettore (.....)”.
E per completezza di informazione va anche detto che nel trasporto marittimo alle condizioni
Cfr/Cif, si instaura un’eccezione a quanto detto sugli Incoterms del gruppo C, perché in questo
caso (documento di trasporto sotto forma di polizza di carico) vale e domina su tutto il
soggetto che risulta essere possessore di buona fede di questo titolo, emesso già in suo favore
se nominativo o a questi girato nel caso di titolo all'ordine, trascurando qui intenzionalmente
il titolo al portatore per le sue peculiarità.
Si potrebbe, infatti, assistere a una situazione al limite del paradosso in cui il venditore con
resa cif (con trasporto da lui pagato) e polizza intestata (o girata) al compratore/consignee non
potrebbe più esercitare il diritto di contrordine (1685 C.c.).
Quale che sia, allora, la scelta delle parti in merito a chi abbia da sostenere il ruolo del citato
ayant droit (come definito dalla Cmr), va detto come diversa possa risultare la meccanica
dell'esonero di responsabilità in favore del vettore a seconda che la disciplina di riferimento,
come si è accennato, sia il Codice o le convenzioni.
Questi atti internazionali, disponibili per ogni singola modalità, qualcuno messo a punto già agli
inizi del secolo scorso (per non parlare del noto Harter Act americano risalente addirittura al
1893), disciplinano l'intera materia, compresa l'azione di responsabilità e i limiti risarcitori dei
vettori, in ciò prevalendo (in quanto “patti e usi contrari”) sul diritto generale.
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CMR E PROVA PER LIBERARE IL VETTORE
Ma nel mentre in questo ambito (il diritto generale appunto) per escludere l'operatività del
criterio di responsabilità del vettore, di cui al citato art. 1693 C.c., dev'essere portata la prova
positiva dell'esistenza di cause liberatorie, nella Cmr (Convention Merchandises Routieres),
invece è sufficiente, a liberare il vettore, la sola presunzione (comunque fondata,
ovviamente) che la perdita o l'avaria possa essere stata causata da uno o più rischi particolari
appositamente elencati all'art. 17 della stessa di cui qui, in libera traduzione italiana dal testo
ufficiale francese, si riportano alcuni passi:
“1. Il vettore è responsabile della perdita totale o parziale o dell'avaria verificatasi tra il momento della
presa in consegna della merce e quello della riconsegna, nonché del ritardo.
2. Il vettore è liberato da tale responsabilità se la perdita, l'avaria o il ritardo sono dovuti a colpa
dell'avente diritto, (.....) a un vizio proprio della merce o a circostanze per lui inevitabili (.....)”.
3. Per liberarsi dalla sua responsabilità il vettore non può eccepire l'imperfezione del mezzo di trasporto
né la colpa di chi gli ha noleggiato il mezzo, o dei di lui dipendenti.
4. Fermo restando quanto disposto all'art. 18 (.....) il vettore è liberato dalla sua responsabilità quando
la perdita o l'avaria derivi dai rischi particolari inerenti a uno o più dei segmenti fatti:
a) impiego di veicoli aperti e senza telone quando tale impiego è stato espressamente previsto e
menzionato in lettera di vettura;
b) insufficienza o difetto dell'imballaggio (.....);
c) movimentazione, caricamento, stivaggio o scaricamento della merce a cura del mittente o del
destinatario, o dai loro preposti;
d) natura della merce;
e) insufficienza o difetto delle marche e dei numeri dei colli;
f) trasporto di animali vivi”.
Fin qui, come si vede, l'approccio della convenzione di Ginevra del 1956 ricalca, per buona
misura, i canoni del diritto generale (basti vedere l'imputazione automatica della responsabilità
del vettore) anche se più esplicita è la definizione di ritardo quando un previsto termine di resa
non sia stato convenuto tra le parti ed espressamente indicato in lettera di vettura o altra
documentazione probatoria (corrispondenza, contratto…).
Il ritardo nella riconsegna, infatti, si verifica, secondo l'art. 19 della Cmr:
ƒ quando vi è superamento del termine convenuto;
ƒ oppure, nel caso in cui il termine non sia convenuto, quando vi è
superamento del tempo accordato a un vettore diligente tenuto conto delle
circostanze. Nel caso di carico parziale vi è ritardo quando si superi il tempo
richiesto, sempre a un vettore di normale diligenza (N.d.T.), per formare,
ossia mettere assieme, un carico completo in condizioni normali.
Ma, più interessante al presente studio perché palesemente diversa dal Codice, è la circostanza
della presenza del solo dubbio della derivazione del danno da uno o più rischi particolari
elencati all'art. 17 quale condizione sufficiente a eliminare l'automaticità dell'imputazione al
vettore, da come si può rilevare al successivo art. 18:
“1. La prova che la perdita, l'avaria o il ritardo abbiano avuto per causa uno dei fatti previsti all'art. 17 è
a carico del vettore;
2. Qualora il vettore dimostri che, avuto riguardo alle circostanze di fatto, la perdita o l'avaria, ha potuto
risultare da uno o più rischi particolari previsti dall'art. 17 (.....) si presume che la perdita o l'avaria sia
stata così causata (.....);
3. La presunzione di cui sopra non si applica nel caso previsto dall'art. 17, par. 4a) quando vi sia un
ammanco rilevante o perdita di colli (.....)”.
Ma affinché l'estrinsecazione di questo concetto, più liberale per il vettore, non sembri troppo
unilaterale e di parte, è lo stesso art. 18 al paragrafo 2 che offre all'avente diritto sulle merci la
possibilità di rendere nuovamente operativo il principio di automaticità di attribuzione di
responsabilità al vettore quando riesce a provare che il danno non è derivato da uno dei
rischi elencati, appunto, all'art. 17. Il testo originale, infatti, così esprime: “(.....) L'ayant droit
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peut toute fois faire la preuve que le dommage n'a pas eu l'un de ces risques pour cause totale
ou partielle (...)“.
Con questo si smentisce che il mittente sia chiamato a provare la colpa o la negligenza
dell'operatore solo quando il rapporto è tra il mandante e mandatario, come nel caso della
spedizione (1737 C.c.). Nel mandato di spedizione infatti, compete al mittente/mandante
rilevare e provare addebiti nei confronti dello spedizioniere/mandatario per negligenza (1710
C.c.) e cattiva esecuzione del mandato (dato che dalla spedizione non sorgono per lo
spedizioniere/mandatario obbligazione di risultato come per il trasporto, ma solo di mezzi).
Nel contratto di trasporto è invece il vettore che deve dimostrare la non derivazione del danno
da una delle citate clausole liberatorie e riportate all'articolo 1693 C.c., per esimersi dalla
responsabilità. Ma, se in luogo del Codice si applica una disciplina internazionale, come la Cmr,
è nuovamente il mittente (a volte anche il destinatario a seconda del termine di resa),
comunque committente, del trasporto che deve farsi (lui e non il vettore) carico di fornire le
prove della responsabilità del vettore. Tutto questo per dire che ancorché in un contratto di
trasporto (classico contratto di prestazione d'opera) è il vettore che deve dare dei risultati, è
pur sempre il committente che non deve mai perdere il controllo dell'intero complesso
meccanismo della circolazione delle sue merci.
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GLOSSARIO
CMR
Convention Marchandise Routière. Convenzione internazionale che regolamenta il trasporto su
strada. La lettera di vettura stradale che ne deriva non è rappresentativa delle merci, ma
prova la presa in carico da parte del vettore e il perfezionamento del contratto di trasporto.
CIM
Convention Internazionale Marchandise. Convenzione internazionale che regolamenta il
trasporto per via ferroviaria. La lettera di vettura ferroviaria o lettera CIM che ne deriva non è
rappresentativa delle merci, ma prova la presa in carico da parte del vettore e il
perfezionamento del contratto di trasporto.
.
Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/
Documento pubblicato su licenza di WKI - Ipsoa Editore
Fonte: Commercio Internazionale
Quindicinale di diritto e pratica degli scambi con l'estero, finanza, mercati, contrattualistica, tecnica valutaria e
doganale, fiscalità internazionale
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