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ITALIANI ALL'ESTERO - UNA CURA MANIACALE NELLA LAVORAZIONE, DALL'ALBERO ALLA TAVOLETTA
Cacao africano, genio fiorentino
Ecco il cioccolato migliore del mondo
Così Claudio Corallo, 35 anni nelle piantagioni, fa uscire
dalla selva di Principe un prodotto straordinario
SAO TOMÈ - Il cioccolato più soprendente del mondo ha un nome italiano e un indirizzo esotico: lo
produce Claudio Corallo, fiorentino classe ’51, nel più piccolo degli Stati africani: la minuscola isola di
Principe – 128 chilometri quadrati, 13 chilometri di strade sterrate - nel golfo di Guinea. Una vita
all’Indiana Jones (partito per lo Zaire a 23 anni, con una specializzazione in agronomia tropicale in tasca,
per un progetto di cooperazione del quale scoprì presto di non condividere la logica speculativa) unita
alla cura maniacale di ciò che coltiva, fanno di lui una persona speciale. L’avventura «imprenditoriale»
inizia nel 1979, con l’acquisto e il recupero di due piantagioni di caffè, abbandonate, in Zaire, nel cuore
della foresta equatoriale, a centinaia di chilometri di distanza da Kinshasa, primo centro civile dove può
ipotizzare di commercializzare qualcosa. Lavora duramente e i frutti della sua fatica arrivano: a fine anni
Ottanta, Corallo dà lavoro a un migliaio di persone e il suo caffè viene servito nello storico Florian di
Venezia. Pochi anni dopo, la guerra civile lo costringe ad abbandonare il Paese. Combattimenti,
saccheggi, la fuga dalla piantagione: 1.650 chilometri in piroga sui fiumi, insieme alla moglie portoghese,
Bettina, e ai tre figli.
CACAO DEL BRASILE - Si trasferiscono nella più piccola delle due isole vulcaniche che costituiscono la
Repubblica democratica di Sao Tomè e Principe, indipendente dal 1975, dopo quattro secoli di
dominazione portoghese. Un arcipelago in miniatura, disabitato fino all’arrivo dei colonizzatori, nel 1470,
quando diventa base per la tratta degli schiavi provenienti da diversi paesi africani. Sulle isole, la prima
coltura introdotta dai portoghesi è la canna da zucchero. Nel 1800 arrivano il caffè e, dal Brasile, il cacao,
che trova un terreno tanto favorevole da diventare in breve la prima fonte di reddito. Ma le «isole del
cioccolato» reclamano l’indipendenza, la libertà. Quando la ottengono, e sono passati appena 35 anni,
non ne fanno un volano di crescita. Cattiva gestione politica e mancanza di iniziativa rendono questo
paradiso tutt’oggi poco sfruttato, all’altezza dell’Equatore, un Paese in stato di miseria, ricco dei doni di
madre natura, ma dove si pesca con piroghe intagliate nei tronchi di legno, le donne lavano i panni nei
fiumi e li stendono per strada ad asciugare. Non c’è rete fognaria, la maggior parte delle case a palafitta,
in legno e lamiera, non ha acqua corrente. Fontanelle pubbliche dispensano acqua nelle strade principali,
la corrente elettrica è insufficiente. Ha però vulcani e spiagge bianche, acque turchesi e verdissime
palme, uccelli variopinti, con specie endemiche a decine, frutti, fiori, profumi.
IMPRESA DI FAMIGLIA - In questo luogo, duro e idilliaco, Claudio Corallo avvia un’azienda familiare
che non teme la concorrenza delle multinazionali. All’inizio costruisce una casa in legno su una spiaggia
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nella zona est dell’isola e incomincia a lavorare la giungla che si spinge fino all’acqua. Si apre il cammino
a colpi di machete, trova le vecchie piante di caffè che si riproducono spontaneamente tra la vegetazione
che cresce incontrollata: una piantagione soffocata, nella quale sotto le sue cure torna a soffiare l’aria
dell’Oceano, che pulisce e nutre gli alberi, opportunamente diradati e selezionati. Visti i progressi e
l’abilità del forestiero, l’autorità regionale gli propone l’acquisto di una piantagione abbandonata sulla
collina sovrastante: Terreiro Velho, un’antica «roça» del XIX secolo, con un’elegante dimora in stile
coloniale che contempla dall’alto la selva e il mare.
SELEZIONATO DALLE SCIMMIE - Terreiro Velho si trasforma nel suo capolavoro: Corallo ritrova,
disperse nella foresta che aveva ricoperto tutto, le piante di cacao dello stesso ceppo di quelle importate
nel 1822 e incredibilmente selezionate dalle scimmie che di solito scelgono le capsule più mature per
svuotarle dei semi migliori, succhiare la mucillagine che li ricopre e poi sputarli a terra dove germogliano
e danno vita a nuove piante. Il segreto del suo successo sta nella nobiltà di quel cacao, ma anche nella
cura del processo di produzione, che segue con una meticolosità da “bonsaista”. I capisaldi sono la
distanza minima tra una pianta e l’altra (cinque, sei metri di spazio), il ricorso a piante alte di protezione
per evitare pesticidi, la lavorazione solo manuale, la fermentazione eseguita con il controllo continuo
della temperatura. La macchina per la tostatura è stata costruita ad hoc. Sessanta persone lavorano rigorosamente a mano - solo per la cernita e la sbucciatura del cacao. 150 persone sono impiegate a vario
titolo nel processo che trasforma le fave di cacao nella più pura forma di cioccolato, privo degli aromi,
dallo zucchero di canna alla vaniglia, utilizzati da altri cioccolatieri per ingentilire il prodotto finale o per
coprirne difetti.
UNA STORIA DI ECCELLENZA - La gamma che esce dal suo piccolo magazzino situato sull’isola
principale, Sao Tomè, dove il cacao viene portato per la fase finale della lavorazione, è vasta. Si va da un
cioccolato 100% cacao ad uno che contiene una rara specialità, l’unico distillato al mondo estratto dalla
polpa di cacao. Dal 73% con granella di cacao, ai delicati cioccolati allo zenzero e alle scorze di arancio,
all' 80% sablé, ai grani di caffé ricoperti di cioccolato, alle tavolette ripiene di albicocche secche del
Vesuvio. Quella di Claudio Corallo oggi è una piccola storia italiana di eccellenza, ma che in Italia non ha
pressoché eco.
Ed è forse questo l’unico aspetto amaro di una vicenda che si riassume in un fatturato di 300mila euro
l’anno, per un mercato di nicchia, diviso tra Europa e Stati Uniti, dove a curare i rapporti commerciali
con piccoli negozi, votati ai prodotti organici sono sempre e solo il padre famiglia e i figli. Intanto, le
principali riviste di settore e la stampa internazionale gli tributano critiche entusiaste e alle fiere e alle
presentazioni che l’infaticabile Corallo segue nel mondo, il suo prodotto raccoglie riconoscimenti e
premi.
Antonella De Gregorio
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