4: Ebbi la fortuna di conoscere Don Orione dal mio direttore

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4: Ebbi la fortuna di conoscere Don Orione dal mio direttore
TESTIMONIANZA DI SUOR MARIA CROCE (LUCREZIA MANENTE)
NEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE DI DON ORIONE (8 gennaio 1965).
4: Ebbi la fortuna di conoscere Don Orione dal mio direttore spirituale, mentre mi trovavo in un
istituto a Palestrina, verso il 1920. Il direttore spirituale si era incontrato a Roma con Don Orione e
questi gli chiese se avesse qualche buona vocazione da mandargli, sia per le suore, che per avviare al
sacerdozio. Avutane risposta positiva, il Servo di Dio gli propose: “Mandi, per adesso, le due più
giovani, perché, essendo la Congregazione nascente, sarà più facile che si adattino alla nuova vita”.
Aggiunse però: “Dite a quelle buone figliuole che da noi non avranno cibi fini, comodità ecc.,
dovranno essere disposte al sacrificio, sacrificio, sacrificio, ed avere molta pietà e spirito di
sottomissione”.
Mentre il direttore spirituale ci riferiva queste parole, era presente anche la superiora dell'istituto,
Suor Maria Pozzi, la quale al sentire dal direttore magnificare Don Orione, come di un santo, disse:
“Se non fossi già suora, andrei anch'io con Don Orione”. Facemmo subito domanda, ma siamo state
accettate soltanto il 12-8-1921, perché Don Orione si trovava in America. Al ritorno dall'America, ci
dettò gli esercizi spirituali lo stesso Don Orione, al quale apersi la mia coscienza e da lui ebbi parole
di incoraggiamento a proseguire: “Andare avanti, diceva, ed amare tanto il. Signore”. Rimasi a
Tortona alla Casa di San Bernardino fin verso il 1933. Da allora sono stata mandata ad aprire il
Piccolo Cottolengo a Milano. Nelle mie deposizioni dirò così molte cose che sono di scienza propria.
La Congregazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità ebbe inizio il 29-6-1915. Don
Orione sentì la necessità di fondarla per avere il personale sufficiente sia per l'assistenza ai ricoverati,
sia anche per il servizio di guardaroba, cucina, ecc., dato che la Congregazione aveva assunto un
notevole sviluppo. So che Don Orione si valse della Marchesina Giuseppina Valdettaro e di una buona
donna, Caterina Volpini, che già prestava servizio nelle sue Case. La sera stessa del 29 giugno, Don
Sterpi le accompagnava a San Bernardino ove si misero subito a riordinare le camere molto in
disordine.
Io entrai nel 1921 e già trovai a San Bernardino una ventina di suore. I primi tempi, al dire delle
consorelle, furono davvero eroici per la povertà, per lo spirito di adattamento e di sacrificio. Don
Orione voleva imprimere nel loro animo l'amore ai poveri ed ai sofferenti attraverso una esperienza
personale, perché anche lui sapeva capire bene i poveri, perché ne aveva condiviso le ristrettezze e i
sacrifici. Presto alla Signorina Valdettaro si aggiunsero buone figliuole della campagna, ed anche
qualche altra signorina di famiglia distinta. Dopo non molti giorni dall'apertura della casa di San
Bernardino, la Valdettaro e la Volpini sono state mandate ad Ameno per mettere in efficienza un
Ricovero per i vecchi in un edificio che Don Orione aveva avuto a disposizione da poco tempo,
proprio perché servisse a quello scopo. Quando io entrai in Congregazione trovai già in vigore un
regolamento, che non so da chi fosse stato preparato. Non so se e quando la Congregazione sia stata
approvata dall'autorità ecclesiastica: so però che il Vescovo veniva per la vestizione delle probande.
Le prime accolte vestirono l'abito dopo tre o quattro anni dalla fondazione: io stessa alla mia
entrata trovai che la Superiora della Casa, Suor Maria Pazienza, non vestiva l'abito religioso,
quantunque altre lo indossassero, perché Don Orione voleva a quei tempi che le suore, le quali
dovevano per le loro incombenze uscire frequentemente dalla Casa, vestissero come secolari. La
Congregazione appena nata era diretta dalla Valdettaro e l'assistenza spirituale veniva prestata
abitualmente da Don Sterpi e solo saltuariamente da Don Orione.
Nel 1924 venne aperto il Noviziato. Dopo poco più di un anno, la Valdettaro lasciò la
Congregazione, non so per quale motivo. La sua partenza portò un po' di scompiglio nella
Congregazione, in quanto alcune suore andarono con lei, altre ritornarono al secolo o erano in
procinto di andarsene. Intervenne Don Orione con bontà ma con fermezza, facendo capire lo sbaglio e
il pericolo a cui quelle si esponevano. In quei tempi Don Orione non ci abbandonò, ma con la sua
parola ci esortava a proseguire ed essere fedeli alla vocazione ricevuta. Da allora egli venne più spesso
a parlarci e nel 1927, tornando da Roma, era giubilante perché aveva ottenuto il permesso di farci
emettere i santi voti. Quando entrai parecchie Suore si trovavano già nei campi di lavoro, essendo
state già aperte le Case di Ameno, San Sebastiano Curone, Caorle, ecc. Vi erano anche alcune cieche
che si prestavano per la scuola e per la musica. In tutte ho trovato ottimo spirito religioso, molto
fervore, spirito di sacrificio e di obbedienza e amore reciproco.
Verso il 1927, se non sbaglio, Don Orione fondò pure le Suore Cieche Sacramentine per
l'Adorazione Perpetua, valendosi delle cieche che si trovavano già tra le altre Suore, in una casa verso
San Bernardino, che il Servo dì Dio aveva avuto dalle sorelle Marchese, le stesse che lasciarono il
terreno ove sorge ora il Santuario della Guardia. Una delle prime attività si svolse a Tortona dalle
suore nel rione di San Bernardino, dove fu aperto un Asilo per i piccoli e un laboratorio, molto
frequentato, per la gioventù femminile. La prima direzione della Casa fu tenuta dalla signorina
Valdettaro, la quale si interessava di ogni cosa, mantenendosi sempre a contatto con Don Orione. A lei
successe come Superiora Suor Maria Pazienza. Voglio ricordare che le prime tre suore a cui Don
Orione impose l'abito religioso ebbero da lui il nome di: Suor Fede, Suor Speranza, Suor Carità.
La direzione spirituale venne data prima da Don Sterpi, come ho detto, poi da Don Zanocchi e,
quando questi partì per l'America, dal Canonico Perduca. Nei primi tempi, a quanto ho appreso da mie
consorelle, Don Orione si recava ogni giorno dalle suore a celebrare la santa Messa, perché altri
sacerdoti non avrebbero potuto recarvisi impunemente, senza vedersi esposti al pericolo di essere presi
a sassate, dato l'ambiente di quella zona: Don Orione invece era circondato da rispetto per l'opera
caritatevole che aveva già iniziato. Anche in seguito veniva con qualche frequenza e più di una volta
ci dettò gli esercizi spirituali. (…)
45 . E' mia convinzione che il Servo di Dio Don Orione ha praticato in grado eroico tutte le virtù.
L'esercizio di esse non era in Don Orione saltuario, ma costante. Io l'ho sempre visto uniforme, nelle
sue manifestazioni, e ho sempre pensato che era così radicata in lui l'abitudine di praticarle, che la
pratica finiva coll'essere una cosa spontanea.
46 : Ritengo fermamente che Don Orione, mentre ancora viveva, fosse dotato di doni
soprannaturali. Nel 1939, se non erro, Don Orione si trovava al Piccolo Cottolengo e coi suoi religiosi
si parlava della guerra, già scoppiata in Polonia, e che si riteneva non lontana anche per la Italia. Il
discorso veniva fatto mentre erano seduti a tavola: io che sentivo, chiesi: “Padre, se avviene tutto
questo, cosa sarà di noi?” Don Orione rispose: “Le mie suore forse dovranno togliersi l'abito e andare
a fare del bene, come già in altre guerre”. Un po' spaventata esclamai: “Ma, togliere l'abito!” E allora
Don Orione si fece serio, e disse: “Statemi bene a sentire: qualunque cosa avvenga il Cottolengo non
sarà toccato; anzi vi dirò di più: il Cottolengo sarà il rifugio di tanti ed anche nostri benefattori saranno
aiutati dal Cottolengo. Così fu difatti, e la parola di Don Orione si avverò pienamente. Poco dopo
difatti vennero famiglie intere di russi ed, in seguito, furono accolti anche ebrei e molti fascisti che ci
venivano inviati dal Card. Schuster; fra essi la famiglia della sorella di Mussolini e la moglie
dell'Onorevole Teruzzi con la bambina. Nelle ristrettezze di quei tempi, qualche benefattore, come
Don Orione aveva predetto, veniva al Cottolengo — al quale per una ammirabile Provvidenza di Dio
nulla è mai mancato —, per sfamarsi o per avere generi alimentari che non si potevano avere al
mercato.
Un anno che non so precisare, verso il 1930, nella Casa Madre di San Bernardino era scoppiata
una epidemia di febbre maltese e quasi tutte le suore (circa una trentina) ne furono colpite. La Madre
generale, che si trovava fra le più gravi, una notte, alle ore 24, sentendosi quasi vicina a morire, mi
pregò di chiamarle Don Orione: benché l'ora fosse così tarda, non potei fare a meno di avvertire per
telefono Don Orione e comunicargli il desiderio della Madre generale. Don Orione venne e, quando
uscì dalla camera dell'ammalata, mi raccomandò di chiamarlo in qualsiasi momento. Io scoppiai in
pianto e lui mi disse: “State tranquilla che di voi non morirà nessuna. Il giorno della festa della
Madonna della Guardia sarete tutte in processione. Dei miei ne moriranno quattro”. E cosi fu.
Morirono quattro chierici già vicini ad essere ordinati sacerdoti.
Ero presente un giorno in cui una povera donna venne a cercare di Don Orione. Aveva con sé un
bambino muto dalla nascita e desiderava una benedizione di Don Orione su di lui nella speranza che il
bambino potesse acquistare l'uso della parola. Don Orione accondiscese ben volentieri al desiderio di
quella madre e, dopo averlo benedetto, le disse: “Stia tranquilla: il bambino parlerà”. Poi rivolgendosi
al bambino: “E tu, bambino, verrai sulla mia tomba a recitare una preghiera”. Quando la salma di Don
Orione giunse al Cottolengo, quel bambino, che si trovava presente, chiamò subito: “Mamma!
mamma!” e seguì con la mamma la salma fino a Tortona.
53 (Proc. /. 749 v.): Ho avvicinato moltissime persone milanesi, le quali a loro volta vennero a
contatto con Don Orione, e posso dire che tutte avevano del Servo di Dio il concetto di santo. Penso che
proprio per tale opinione, che avevano del Servo di Dio, erano sempre più numerosi quelli che
attendevano di parlare o di essere benedetti da Don Orione. Appena sapevano del suo arrivo, era subito
un affollarsi di gente, che lo teneva impegnato per tutta la giornata, salvo una interruzione al momento
del pranzo. Molti andavano a gara per procurarsi il privilegio di poterlo accompagnare fino a Tortona.
Anche dopo la morte, e più ancora, il Servo di Dio gode fama di santo. So che al Piccolo Cottolengo è
una continua richiesta di preghiere, per ottenere da lui qualche grazia: richiesta che viene fatta da
persone di ogni età e condizione. E ciò meglio di ogni parola mostra in quale concetto il Servo di Dio sia
tuttora tenuto. (Summarium, 659 ss)