Progetto mostra - Comando Provinciale VIGILI DEL FUOCO di

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Progetto mostra - Comando Provinciale VIGILI DEL FUOCO di
 L’urlo delle Sirene
1 I “Le finalità del progetto espositivo”
La mostra intende percorrere l’immagine di Torino e dei suoi abitanti durante le
incursioni aeree tra il 1940 e il 1945. Attraverso fotografie, video, diari e preziosi
cimeli sarà possibile riscoprire una città devastata dal fuoco nemico e ricostruire
la serie di bombardamenti che la colpirono, provando a comprendere come si
potesse vivere sotto le bombe. Uno spaccato sulla nostra storia recente che ha
profondamente segnato la vita di molti.
II “Contenuti”
Tra lo scoppio della seconda guerra mondiale e l’entrata in guerra dell’Italia, il
volto di Torino non fu diverso da quello delle altre città. Nel periodo tra le due
guerre era diventata un centro produttivo di primaria importanza, soprattutto
grazie alla Fiat che, con i suoi cinquantamila operai, era ormai tra le più grandi
industrie italiane tant’è che nel 1939 aveva inaugurato lo stabilimento di
Mirafiori. Poco però venne fatto per proteggere i cittadini di fronte alla
conseguenze di un conflitto che si pensava non avrebbe mai toccato il territorio
metropolitano. Esemplare la situazione dei rifugi antiaerei che alla vigilia della
guerra potevano ospitare solo 115 mila persone su una popolazione di oltre
seicentomila.
Per Torino il 12 giugno 1940 fu subito guerra vera. Erano passate appena
ventiquattro ore dalla dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna che già
le prime bombe iniziarono a cadere sulla città. Complice la vicinanza al confine e
la sua natura di città industriale, Torino fu tra le prime città italiane a subire gli
effetti dei bombardamenti aerei, sia in termini di perdite di vita umane che di
distruzione. Torino subì tre diversi cicli di bombardamenti. L’inasprimento del
conflitto si osservò in particolare durante la seconda fase, tra l’autunno 1942 e
l’estate 1943, caratterizzato da una serie di azioni notturne compiute da grandi
formazioni di quadrimotori della RAF che si susseguivano a più ondate colpendo
la città indiscriminatamente. Le bombe dirompenti usate furono di calibro
grosso e grossissimo e furono lanciati anche spezzoni incendiari alla termite, le
nuove bombe al fosforo e bottiglie e bidoni di benzina al fosforo. Ogni ondata
sganciava prima le bombe dirompenti e poi gli ordigni incendiari. Questa tecnica
rendeva impossibile l’impiego dei mezzi antincendio durante l’incursione e
favoriva lo svilupparsi di incendi di vaste proporzioni. A questi, si sommavano i
danni delle esplosioni delle bombe dirompenti, che distruggevano gli edifici e
bloccavano i servizi e le comunicazioni (interrotte le strade, i cavi elettrici e
telefonici, le tubature del gas e dell’acqua). Questa serie di violente incursioni,
provocarono il primo vero e proprio sfollamento dei torinesi. I bombardamenti
alleati non miravano infatti solamente agli obiettivi strategici, come le vie di
comunicazione (soprattutto le ferrovie), le installazioni industriali (stabilimenti
Fiat, officine Savigliano, la CEAT, la Conceria Gilardini, la INCET, la
manifattura Tabacchi) e militari, ma colpirono pesantemente anche tutto il resto
della città, allo scopo di recare più danni possibili e quindi demoralizzare la
popolazione.
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2 Nulla fu risparmiato di fronte alla tremenda ondata distruttiva. Notevoli i danni
al patrimonio storico-artistico: Palazzo Chiablese, Palazzo Lascaris, piazza
Castello, l’Università, la Biblioteca Nazionale, piazza San Carlo, il municipio e
persino il cimitero generale. Molti gli uffici pubblici e privati come la Società
Italiana Gas, l’Azienda Elettrica Municipale, il Distretto Militare, l’Archivio di
Stato, la Prefettura, la Banca d’Italia e la stazione Dora. Chiese e istituti
religiosi come la chiesa di Madonna del Carmine, il Duomo, la Consolata,
Madonna di Campagna, ed ospedali tra cui le Molinette, l’Ospedale Martini e la
Casa della Divina Provvidenza.
Ripercorrere la storia dei bombardamenti su Torino, permette di riscoprire
un’immagine della città completamente diversa e poca conosciuta. Non solo i
danni delle incursioni, ma anche la trasformazione di piazza castello in una
gigantesca aia, o dei parchi pubblici in orti, dove la campagna irruppe nella città
più industrializzata d’Italia.
Il periodo della guerra non modificò solo pesantemente il tessuto urbanistico
della città, ma anche la memoria profonda di chi visse quei tragici giorni.
Raccontare la vita quotidiana significa anche ricordare gli effetti peggiori del
conflitto per chi rimaneva in città: i razionamenti, la fame, il freddo, gli allarmi e
la corsa nei rifugi.
III “L’organizzazione”
La mostra: “L’urlo delle sirene” è concepita proprio secondo questi contenuti, con
l’intento di raccontare i disastrosi bombardamenti su Torino, cercando di capire
cosa significasse convivere con le bombe.
Archivi pubblici e privati conservano un patrimonio fotografico estremamente
ricco e significativo. Attraverso un’attenta ricerca, si è proceduto a distribuire
tale materiale in maniera cronologica, dalla dichiarazione di guerra alla fine del
conflitto, di modo da creare un percorso espositivo chiaro e di semplice lettura.
La grande efficacia visiva di queste immagini e il loro contenuto estetico, oltre
all'evidente e insostituibile interesse documentario, dimostrano una buona
conoscenza delle recenti vicende della fotografia internazionale, straordinario
esempio della particolare ricchezza della cultura fotografica torinese negli anni
tra le due guerre. In questa vasta raccolta di immagini si scopre una Torino
duramente colpita non solo nelle sue molte e vitali industrie, ma anche tanto nel
suo centro storico quanto alle periferie. Descrivendo questa realtà sconvolta si
osserva l’abilità dei fotografi, molti dei quali anonimi, capaci di registrare i
tragici eventi con freddezza, senza far emergere alcun retorico compiacimento.
In diversi casi, però, questa antologia permette di ripercorrere il particolare
contesto della loro realizzazione. Le prime incursioni ritraggono una città
irreale, in cui l’assenza di ogni forma umana sembra quasi sostenere che la
tragedia, il dolore e la morte non siano passati. Con l’inasprimento delle
incursioni, la percezione della realtà cambia, trasmettendo l’angoscia e la
drammatica sofferenza della gente.
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3 Il materiale fotografico, sarà inoltre supportato da diversi documenti, come diari,
relazioni ufficiali, registri parrocchiali, giornali, verbali di guerra, libri contabili,
lettere e oggetti d’uso quotidiano; potendo così raccontare i bombardamenti con
uno sguardo nuovo e meno tradizionale, che permetta di andare oltre l’evidente
rappresentazione statica, approfondendo e guardando al di là dell’apparente
distacco dell’immagine fotografica. A questo, si aggiungono anche documenti
meno tradizionali quali video, interviste a testimoni, poesie e canzoni, con la
volontà di unire storia e memoria, fatti e ricordi. Il confronto e l’unione di questi
documenti permetterà una rappresentazione oggettiva, in grado di restituire
un’immagine nitida e precisa del tempo di guerra e dell’eccezionalità di quei
giorni. Sono inoltre previsti alcuni approfondimenti monografici, come l’attività
dei vigili del fuoco, dell’ufficio di protezione antiaerea, del trasferimento delle
opere d’arte, oltre alle tipologie di bombe e bombardieri che solcarono il cielo
della città sabauda.
Tutto questo verrà collocato in un allestimento scenografico attentamente
studiato, che permetta di rievocare ciò che viene trasmesso dalle fotografie,
l’immagine di una città devastata e resa irriconoscibile dai cumuli di macerie in
uno scenario di morte e desolazione.
IV “Attività aperte al pubblico”
La mostra, inoltre, vuole essere un punto di partenza per una serie di iniziative
complementari all’esposizione stessa. A tale scopo, saranno organizzati una serie
di incontri gratuiti, curati da storici e docenti, che permetteranno di
approfondire i temi trattati nel percorso. Grazie al supporto di questi studiosi,
che parteciperanno anche in prima persona all’allestimento espositivo, si
tratteranno diversi argomenti relativi alle incursioni, alla vita quotidiana,
all’attività dei Vigili del Fuoco e alla salvaguardia e alla protezione del
patrimonio monumentale.
Inoltre, in collaborazione con un’associazione di guide della provincia di Torino,
sono stati appositamente studiati per le scuole e per il pubblico privato due
diversi itinerari lungo le vie del centro per poter osservare direttamente i danni
provocati dalle incursioni aeree, in parte ancora oggi visibili, uno all’interno del
quadrilatero romano, e un secondo lungo il distretto militare. Infine, un terzo
itinerario permetterà di individuare alcuni dei rifugi realizzati nel centro storico
di Torino, e la visita al ricovero ancora oggi conservato all’interno di palazzo
Campana, nato per ospitare la casa littoria.
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4 V “Sezioni”
Di seguito sono riportate le sezioni della mostra che andranno a comporre il
percorso espositivo.
L’IDEA DI UNA GUERRA VITTORIOSA
Contenuto
Il 10 giugno 1940 Mussolini scioglie le proprie riserve e dichiara guerra a
Francia e Gran Bretagna, uscendo dall’attendismo che caratterizzò la posizione
italiana allo scoppio della guerra. A convincere il duce sono le folgoranti vittorie
dell’alleato tedesco e la precaria situazione francese, che secondo la propaganda
di regime, avrebbero portato a una sicura e repentina vittoria. Le rosee
previsioni vennero presto smentite su più fronti, data la sconcertante ed
evidente impreparazione militare italiana.
Con lo scopo di dimostrare la propria potenza militare, poco dopo il discorso in
piazza Venezia, il duce ordinò il bombardamento dell’isola di Malta, posta sotto
protettorato inglese, che provocò quaranta morti tra civili e militari nonché
numerosi feriti.
La reazione inglese non si fece attendere. Meno di ventiquattro ore dopo la
dichiarazione di guerra, i bombardieri inglesi partirono alla volta di Torino.
Alcuni degli oggetti esposti
Sussidiario e antologia fascista, anno 1937, Collezione privata, Torino
Uniforme del regio esercito, anno 1940, Museo del combattente piemontese,
Calosso (AT)
La dichiarazione di guerra all’Inghilterra e alla Francia in La Stampa 11 giugno
1940, Archivio storico La Stampa, Torino
12 GIUGNO 1940
Contenuto
Molto cambiò nella notte fra l’11 e il 12 giugno, con il primo attacco aereo sulla
città. Nonostante, gli obiettivi del raid inglese fossero gli stabilimenti della Fiat
e gli scali ferroviari, questa prima incursione permise al Bomber Command della
Royal Air Force di osservare sia la possibilità dei propri aerei di poter
raggiungere i centri industriali italiani e colpirli, sia l’evidente incapacità della
contraerea che non aveva procurato alcun problema ai bombardieri.
Per Torino la sorpresa fu grande. Il regime era riuscito a trasmettere una certa
sicurezza sull’impossibilità dei bombardieri inglesi a colpire la città. Molti
torinesi, infatti, scambiarono la prima incursione per un’esercitazione della
contraerea, tant’è che diversi uscirono a godersi lo spettacolo.
L’incursione degli aerei inglesi si protrasse dall’1.30 alle 3.30 e causò 17 morti e
40 feriti. Le autorità cercarono di nascondere la portata dell’avvenimento.
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5 Persino i giornali rilegarono la notizia tra le colonne interne della cronaca
cittadina.
Alcuni degli oggetti esposti
Immagini di via Priocca, via Porporati e corso IX febbraio, 1940, Archivio Storico
dei Vigili del Fuoco di Torino
I caduti dell’incursione aerea commemorati al Consiglio delle Corporazioni, in
La Stampa 18 giugno 1940, Archivio storico La Stampa, Torino
PERCHÉ COLPIRE TORINO
Contenuto
Negli anni trenta Torino era una città in fase di evoluzione, caratterizzata da un
forte aumento della popolazione, circa 100 mila persone in meno di 10 anni,
dovuta alle immigrazioni dalle campagne, dal veneto e dal meridione. Molte
erano le aspettative prestabilite, e tanti gli obbiettivi da raggiungere, come il
progetto che prevedeva un nuovo complesso urbanistico situato a ridosso delle
rive del Po, nel quartiere “Millefonti”, composto da teatri, cinema, alberghi,
ristoranti, bar, viali alberati, giardini e persino un canale navigabile nel tratto
del Po tra la foce del Sangone e la Gran Madre. Questo non fece altro che
aumentare la solida ricchezza nel campo della produzione, caratterizzata da
grandi complessi industriali di carattere nazionale e di importanza mondiale
costituita da numerose fabbriche, officine, manifatture, medie e piccole
industrie, laboratori artigianali, piccolissime officine che espandevano la loro
produttività all’ombra di grosse istituzioni. Il solo settore metalmeccanico
contava 95.000 lavoratori.
Per l’aumento della propria produzione nel 1939 la Fiat inaugurò, alla presenza
del duce, il nuovo stabilimento di Mirafiori per la realizzazione e l’assemblaggio
di veicoli civili e militari. Altra importante industria torinese era la RIV, società
metalmeccanica specializzata nella produzione di cuscinetti a sfera. Alle soglie
del conflitto, entrambe furono chiamate a soddisfare le necessità e le esigenze
belliche, aumentando notevolmente la propria produzione.
Alcuni degli oggetti esposti
Modello di cuscinetto a sfera, 1940, Museo del cuscinetto, Villarperosa (TO)
Inaugurazione stabilimento Mirafiori, 1939, Archivio Istituto Luce, Roma
Abito femminile, 1935, Istituto d’arte Passoni, Torino
UNPA
Contenuto
Nel 1936, in un clima di tensione internazionale determinato dalla possibilità di
un conflitto europeo, venne fondato l’Ufficio Nazionale di Protezione Antiaerea
(UNPA), per la pianificazione di misure volte a ridurre al minimo possibile gli
inevitabili danni che i bombardamenti aerei avrebbero potuto arrecare alle
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6 persone ed alle cose esistenti sul territorio nazionale. In tempo di pace, i compiti
di questo ufficio erano regolamentati direttamente dal Ministero della Guerra,
mentre in guerra ne conservava l’alta direzione e provvedeva che venisse
segnalato in tempo l’avvicinarsi dell’attacco aereo, mentre tutti i provvedimenti
di protezione erano di competenza delle amministrazioni civili.
In particolare, le funzioni principali dell’UNPA erano, in collaborazione con le
altre forze di soccorso, come i Vigili del Fuoco e la Croce Rossa: essere in grado di
dare l’allarme alla popolazione in modo da poter attuare provvedimenti di
sicurezza, rendere difficile al nemico l’individuazione degli obbiettivi, sottrarre
nella più larga misura possibile persone e cose agli effetti dei bombardamenti
aerei, accrescere al massimo la capacità di resistenza a quegli obbiettivi che non
possono essere sottratti ai bombardamenti, provvedere nel più breve tempo
possibile all’opera di soccorso ed al ripristino dei servizi danneggiati.
Alcuni degli oggetti esposti
Manifesto di Protezione Antiaerea, 1940, Archivio Storico della città di Torino
Maschera di Protezione antigas, 1938, Museo del combattente piemontese,
Calosso (AT)
Spille dell’UNPA, 1939-43, Collezione privata, Milano
SALVARE
Contenuto
Con la guerra alle porte e la paura dei bombardamenti sempre più prossimi, si
sentì la necessità di tutelare in ogni modo possibile le opere d’arte, i monumenti
e le preziose reliquie che la città custodiva. L’ufficio di protezione antiaerea si
occupò della protezione di edifici, palazzi e monumenti mediante la costruzione
di strutture di rinforzo che prevedevano fondamentalmente l’utilizzo di cassoni
di legno riempiti di sabbia e terriccio. Mentre per il potenziamento degli infissi,
porte e finestre si procedeva tramite travi di legno con il sostegno di sacchetti
contenenti terriccio e sabbia.
Il Castello di Agliè rivestì un ruolo fondamentale per la tutela del patrimonio
storico artistico della città. Le sale della residenza vennero segretamente
adattate a deposito di oggetti e documenti provenienti da residenze e musei
torinesi a forte rischio di esportazione da parte del comando tedesco: nelle grandi
cucine, smantellate nell’occasione, trovarono posto le antichità egizie. Divenne
rifugio non solo per la gran parte delle opere dei musei civici ma anche per
quelle provenienti dalla biblioteca Reale, Pinacoteca Albertina, Palazzo Reale,
Archivio di Stato e Villa della Regina. I dipinti custodi dalla Galleria Sabauda
furono trasferiti nel castello di Guiglia, da dove verranno rapidamente
smobilitati nel 1944 per essere trasferiti all’Isola Bella.
Anche la Sacra Sindone venne spostata in un luogo più sicuro. Già nel 1939, in
gran segreto, il sacro lenzuolo fu trasferito al Quirinale e successivamente presso
l’Abbazia di Montevergine, luogo considerato lontano dai pericoli della guerra,
ma soprattutto lontano dai bombardamenti.
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7 Alcuni degli oggetti esposti
Documenti di trasporto, 1942, Archivio dei Musei Civici, Torino
Cassa per trasporto opere in zinco, 1942, Museo d’Arte Antica di Palazzo
Madama, Torino
Immagini del trasporto opere della Galleria Sabauda, 1942, Archivio Fotografico
della Sovrintendenza ai Beni Storico e Artistici del Piemonte
1940 – 1942
Contenuto
Il primo ciclo di bombardamenti, iniziato nella notte tra l’11 e il 12 giugno e
terminato il 25 ottobre 1942, fu caratterizzato da incursioni esclusivamente
notturne compiute da squadriglie di pochi aerei. Lo scopo principale del Bomber
Command in queste prime incursioni era quasi esclusivamente volte a
migliorare la tecnica e a definire un piano d’attacco valido. Fino al novembre del
1942 si contarono molti allarmi a cui corrisposero solo 14 incursioni, che
causarono 39 morti e 105 feriti, tra cui alcuni per l’esplosione di proiettili
difettosi sparati dalla contraerea. Proprio a causa delle irregolarità degli
attacchi, i torinesi patirono poco gli effetti dei bombardamenti, tant’è che la
popolazione iniziò a disertare i rifugi, alcuni dei quali furono adibiti a depositi di
carbone.
Alcuni degli oggetti esposti
Incursione sul Lingotto, 1940, Archivio Storico Fiat, Torino
Incursione su via Cibrario, 1940, Archivio Storico della città di Torino
Incursione su Mirafiori, 1941, Archivio Storico Fiat, Torino
BOMBE E BOMBARDIERI
Contenuto
Le bombe sganciate dagli aerei alleati furono principalmente di due diverse
tipologie: bombe dirompenti e incendiarie. Le bombe dirompenti potevano essere
di piccolo (250 libbre), medio (500 libbre), grosso (1000 e 2000 libbre) o
grossissimo calibro (4000 e 8000 libbre). Queste ultime, conosciute anche come
block-buster, erano in grado di distruggere un intero isolato. Oltre alla potenza,
veniva variato anche il tempo di scoppio. Le bombe, infatti, erano di tre tipi:
torpedine, a scoppio immediato, che distruggeva le soffitte e i piani alti delle
case; mina, a scoppio lievemente ritardato, che permetteva alla bomba di
giungere al centro dell’edificio, provocandone il crollo coll’esplosione; e a scoppio
differito, che esplodevano con un ritardo da due ore a due giorni dopo il loro
contatto con il bersaglio. Furono, inoltre, impiegati gli spezzoni incendiari,
esagonali, in grado di scatenare un incendio anche di grandi proporzioni, e le
bombe al fosforo, al cui interno vi era una spoletta che permetteva di proiettare
violentemente all’esterno il liquido infiammabile.
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8 I cacciabombardieri inglesi impiegarono spesso la tecnica dell’area bombing,
un’azione combinata compiuta da massicce formazioni di bombardieri, che a più
ondate concentravano il loro carico di bombe di grosso calibro su una ristretta
area cittadina.
Alcuni degli oggetti esposti
Bomba inglese, 1942, Museo del Cuscinetto, Villarperosa (TO)
Scheggia di spezzone incendiario, 1943, Collezione privata, Torino
Frammento di una fusoliera britannica, 1944, Gruppo Amici Velivoli Storici,
Torino
MEMORIE
Contenuto
Un gran numero di testimonianze ci permette oggi di ricostruire la vita
quotidiana e gli effetti dei tragici bombardamenti che colpirono Torino tra il
1940 e il 1945. Una memoria straordinaria per ampiezza e ricchezza, composta
dai ricordi di persone comuni, fotografi, letterati ma anche dei bombardieri
nemici. Il confronto e l’unione di questi documenti consente una
rappresentazione dei bombardamenti oggettiva, in grado di restituire
un’immagine nitida e precisa del tempo di guerra e dell’eccezionalità di quei
giorni.
Come le cronache riportare nel diario dell’Istituto Prinotti o nelle memorie
personali di Emanuele Artom e Carlo Chevallard, dove sono scrupolosamente
documentati molti aspetti della guerra rivelando la realtà del conflitto, le
emozioni e, in definiva, il clima nel quale si produssero eventi che coinvolsero
ogni aspetto della vita delle persone. I racconti autobiografici descritti nel La
casa in collina di Cesare Pavese, in Ci sono anche gli altri di Alfredo Toniolo e in
Se c’era la luna di Renzo Rossotti narrano gli avvenimenti sociali e le vicende
quotidiane nei giorni dei bombardamenti.
Altrettanto dettagliatamente la documentazione fotografica svolge la funzione di
testimonianza. Impiegata in origine dagli uffici comunali per il censimento dei
danni subiti, riflettono la drammaticità di una città sconvolta. L’UPA non
disponendo di personale e di attrezzature idonee, si avvaleva delle riprese
effettuate da ditte specializzate, come la Satiz, e da fotoreporter della “Gazzetta
del Popolo”. Spesso usufruiva delle immagini tempestivamente effettuate dai
fotografi pompieri appartenenti all’83° Corpo dei Vigili del Fuoco di stanza a
Torino. Tra questi vi fu Domenico Scrigna, accompagnato dalla sua Leica, fu
autore della più ricca raccolta di immagini sui bombardamenti.
Allo stesso tempo i rapporti interpretativi degli incursori nemici mostrano
l’esigenza di documentare gli effetti dei danni provocati, in maniera quasi
speculare a chi li subisce. Le cronache riportate da Guy Gibson e i diari del
Bomber Command descrivono con estrema precisione i resoconti delle proprie
azioni sull’Italia, in particolar modo su Torino.
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9 Anche se successiva al termine del conflitto, Obiettivo Italia di Giorgio Bonacina
illustra in maniera documentaria e rigorosa gli effetti dei bombardamenti sui
grandi centri industriali e sugli effetti alla popolazione.
Alcuni degli oggetti esposti
Diario di Carlo Chevallard, 1974, Biblioteca civica, Torino
Bomber Command War diaries, 1985, Collezione privata, Torino
La gioia di distruggerli di Guy Gibson, 1969, Collezione privata, Torino
VITA QUOTIDIANA
Contenuto
Durante le prime sporadiche incursioni, i torinesi vivevano la propria
quotidianità con la consueta pacatezza. Si assistevano agli spettacoli a teatro, al
cinema e si partecipava alle sfilate di moda e alle esposizioni cittadine. Anche i
primi tesseramenti di generi alimentari furono tollerati, probabilmente resi
sopportabili dagli orti di guerra che il regime stava realizzando nei principali
parchi della città.
Il vero cambiamento di umore da parte della popolazione arrivò con
l’inasprimento dei razionamenti, in particolare, olio, zucchero e carbone.
Malgrado i vari interventi nella modificazione della qualità di pane che si
succedettero nel corso del primo anno di guerra e che lo resero progressivamente
immangiabile, il provvedimento più lacerante nell’opinione pubblica, fu proprio
il suo tesseramento. Le limitazioni sempre più forti ai consumi, il fallimento del
complesso sistema annonario e la fame, spinsero al commercio clandestino e alla
maggiorazione dei prezzi.
Dall’autunno del 1942, la popolazione torinese fu sempre più frequentemente
sottoposta alla tensione degli allarmi, spesso nel cuore della notte e in giorni
successivi. Con l’inasprimento dei bombardamenti, la crescente devastazione e
l’inutilità dei rifugi di fortuna realizzati negli scantinati, vere e proprie trappole,
costrinsero molti torinesi ad abbandonare la città verso la collina o verso le parti
pianeggianti appena fuori Torino. Tra la massa degli sfollati, molti si recavano al
mattino in città per lavorare, e ritornavano nelle campagne limitrofe la sera.
Alcuni degli oggetti esposti
Manifesti per la consegna delle tessere annonarie, 1940-43, Archivio Storico
della Città di Torino
Abiti e corredo nuziale, 1935-1940, Collezione privata, Calliano (AT)
Giocattoli e libri per bambini, 1935-40, Museo della Scuola e del Libro
d’Infanzia, Torino
Bigiotteria, 1940-43, Collezione privata, Torino
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10 Contenuto
Il secondo ciclo di bombardamenti prese avvio dal 19 novembre fino all’estate del
1943, quando per Torino iniziò l’inferno: tredici incursioni notturne sganciarono
2003 bombe dirompenti di diverso calibro e diverse centinaia di migliaia di
quelle incendiarie, provocando 1438 morti e feriti 1800. Alla fine dell’estate del
1943 il profilo della città risultò profondamente cambiato e sconvolto, segnato
dalle continue incursioni e dalle terribili bombe da 8000 libbre, che provocarono
la distruzione completa, fino ai rifugi, di alcuni edifici in borgo san paolo, e della
chiesa di madonna di campagna al cui interno erano stipate decine persone. Tale
distruzione era dovuta a una precisa scelta del Bomber Command. L’obiettivo
degli aerei inglesi era la devastazione sistematica di interi quartieri e zone
industriali, accompagnato da un impatto lacerante sulle popolazioni, attuato
mediante il bombardamento a zona. Per tale motivo, questi dieci mesi rimasero
impressi nella memoria collettiva dei torinesi come un dei momenti più tragici
della storia della città.
Alcuni degli oggetti esposti
Effetti dei danni delle incursioni alleate, 1943, Archivio Istituto Luce, Roma
Immagini dei resti della Chiesa di Madonna di Campagna, 1942, Archivio
Storico dei Vigili del Fuoco di Torino
Memoriale del Convento di Madonna di Campagna, 1942, Archivio Provinciale
dei Cappuccini del Piemonte, Torino
RIFUGI
Contenuto
Fin dalla seconda metà degli anni trenta il Governo emanò una serie di leggi e
regolamenti relativi alla difesa passiva della città. Si dispose per i nuovi edifici
la costruzione di rifugi idonei, regolati da varie norme che ne descrivano la
dimensione, il numero di posti, le vie di accesso, l’illuminazione, e il
posizionamento delle latrine. Nei singoli edifici, l'applicazione e la vigilanza di
tutte le vigenti misure antiaeree era affidata al proprietario dell'abitazione
stessa e alla figura del capo fabbricato, nominato direttamente dall’Unpa. Allo
scoppio della guerra l'inadeguatezza numerica dei ricoveri casalinghi e pubblici
rese necessario l'adattamento di normali cantine trasformandole in ricoveri 'di
circostanza', tramite il puntellamento dei soffitti e pochi altri accorgimenti. A
Torino furono realizzati 781 ricoveri nei nuovi fabbricati, 57 in case non abitate e
requisite per uso pubblico, 106 nei fabbricati scolastici, 56 negli stabili
municipali assegnati come abitazione. Vennero inoltre approntati 23.000 metri
di trincee, 2000 metri di muri paraschegge di sacchetti a terra, 1160 metri di
muri paraschegge a protezione di 89 tratti di portici.
Questi sistemi si rivelarono ben presto inefficaci, tant’è che nel 1942 il comune di
Torino avviò la costruzione di 45 ricoveri pubblici con tecniche antibomba e
anticrollo in varie parti della città. La capienza della totalità dei rifugi
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11 permetteva la protezione di solo il 15% della popolazione e alla fine della guerra
alcuni ricoveri erano ancora in costruzione.
Alcuni degli oggetti esposti
Immagini dei ricoveri antiaerei di Mirafiori, 1940, Archivio Storico Fiat, Torino
Pianta di Torino con i rifugi antiaerei, 1943, Archivio Storico della Città di
Torino
Dinamo a pedali, 1943, Museo Diffuso di Torino
13 LUGLIO 1943
Contenuto
Il 13 luglio 1943 il Bomber Command, per favorire l’avanzata alleata nel sud
Italia, volle concentrare a Torino il più duro bombardamento sino ad allora mai
compiuto nel nostro paese. 250 Lancaster scaricano 413 bombe dirompenti e
alcune decine di migliaia di spezzoni incendiari, per un totale di 763 tonnellate.
Le conseguenze furono spaventose, determinate anche dal ritardato azionamento
della sirena dall’allarme che incominciò a suonare a incursione già iniziata. Il
bilancio delle vittime fu di 792 morti e 914 feriti, nettamente superiore a quello
che si era registrato in tutte le precedenti aggressioni. In quei tragici 70 minuti
nulla venne risparmiato, non ci fu parte della città a non essere colpita. In molti
quartieri i soccorritori impiegarono più di dieci giorni a domare gli incendi. Oltre
ai gravissimi danni provocati agli stabilimenti industriali (la Fiat Mirafiori, la
Manifattura Tabacchi, la Società Italiana Gas, l’Azienda Elettrica Municipale) e
al distretto militare della città, moltissimi furono i danni al patrimonio storico,
come al duomo, alle chiese di Santa Teresa e San Domenico, a Palazzo
Chiablese, a piazza San Carlo, alla Biblioteca Nazionale. Neppure il Cimitero
Monumentale fu risparmiato, a riprova che questo fu più che altro un attacco a
scopo terroristico.
Alcuni oggetti esposti
Immagine di Palazzo Chiablese, 1943, Archivio Fotografico dei Musei Civici,
Torino
Immagine del Cimitero Monumentale, 1943, Archivio Storico della Città di
Torino
Immagine di Piazza San Carlo, 1943, Archivio Fotografico dei Musei Civici,
Torino
8 SETTEMBRE 1943
Contenuto
In conseguenza alla caduta del regime fascista, il 25 luglio 1943, il re affidò la
formazione di un nuovo governo al generale Badoglio. I torinesi non ebbero
nemmeno il tempo di festeggiare la fine della dittatura che, poche ore dopo
l’annuncio per radio, fu segnalato un nuovo attacco dal cielo. Il giorno successivo
Ares snc, Corso Francia 43 Torino
2013. Tutti i diritti sono riservati L’urlo delle Sirene
12 veniva annunciata la continuazione della guerra, facendo ripiombare il paese nel
caos e nella confusione generale. I bombardamenti su Torino proseguirono fino
alla proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre. Tutto questo segnò un punto di
svolta politico e militare nel conflitto e, in particolare, nelle incursioni su Torino.
Le ostilità proseguivano dal lato opposto, accanto agli alleati e contro la
Germania e il regime fascista, visti da molti come gli unici responsabili dei
tragici effetti dell’entrata in guerra.
Alcuni degli oggetti esposti
La guerra è finita, in La Stampa 9 settembre 1943, Archivio storico La Stampa,
Torino
Uniforme del generale Badoglio, 1940-44, Museo Storico Badogliano, Grazzano
Badoglio (AT)
VVFF
Contenuti
L’attività di soccorso compiuta dai vigili del fuoco fu, per tutti i 5 anni del
conflitto, estremamente intensa e complessa spesso a causa della scarsità di
personale e di attrezzature. Furono registrati 10.000 interventi, di cui solo 1.100
in occasione dell’incursione del 1 luglio 1943. Secondo recenti stime, le
operazioni riportate rappresentano circa un quinto di quelle realmente compiute.
I verbali di guerra riportano la stanchezza delle squadre per il duro lavoro, gli
atti di eroismo e le drammatiche immagini di recupero delle vittime dalle
macerie. Da essi traspaiono le difficoltà quotidiane e i mezzi di fortuna per
puntellare, rimuovere travi e trovare un’alternativa per lo spegnimento degli
incendi, dato che gli acquedotti spesso erano sconvolti dalle incursioni. In molti
casi, gli interventi richiedevano diverse ore di lavoro, se non addirittura giorni.
Spesso la violenza dell’attacco causava immensi roghi che potevano coinvolgere
interi quartieri, e gli interventi potevano essere rallentati per le difficoltà nel
recupero delle vittime dalle macerie. Ma le operazioni di soccorso proseguivano
anche i giorni successivi alle incursioni, a causa delle bombe a scoppio ritardato
o per i crolli improvvisi degli stabili sinistrati.
Alcuni degli oggetti esposti
Immagini relative ai soccorsi di sinistrati, 1940-45, Archivio Storico dei Vigili del
Fuoco di Torino
Verbali di guerra, 1940-45, Archivio Storico dei Vigili del Fuoco di Torino
Uniforme da pompiere, 1938-45, Archivio Storico dei Vigili del Fuoco di Torino
Ares snc, Corso Francia 43 Torino
2013. Tutti i diritti sono riservati 1944 – 1945
L’urlo delle Sirene
13 Contenuto
L’ultimo ciclo di bombardamenti iniziò nell’autunno del 1943. Si trattava di
incursioni compiute per lo più di giorno, da aerei inglesi e americani, che
partivano dalle basi del Nord Africa e dal territorio italiano occupato. Le bombe
di medio calibro utilizzate non provocavano eccessivi danni né morti ma
mantenevano la popolazione in una continua tensione. Diversamente dalle
precedenti, queste incursioni erano per lo più azioni di disturbo verso gli
obiettivi militari, gli scali ferroviari e industriali della città. Il 5 aprile 1945,
venti giorni prima della liberazione, la città conobbe il suo ultimo
bombardamento che colpì la stazione di Torino–smistamento, oggetto di più
attacchi con il chiaro scopo di interrompere i collegamenti con i territori
controllati dall’esercito tedesco.
Alcuni degli oggetti esposti
Immagini dello stabilimento dell’Aeronautica d’Italia, 1944, Archivio di Stato,
Torino
Immagini relative a Borgo San Paolo, 1944, Archivio Storico della Città di
Torino
Immagini delle Molinette, 1945, Archivio Storico della Città di Torino
L’EPILOGO
Contenuto
Alla fine della guerra Torino si presentava ferita e oltraggiata, costretta a
pagare un duro contributo di vite umane e di opere edilizie distrutte, causate
dalle 56 incursioni aeree che complessivamente durarono 1454 minuti. I torinesi
furono per ben 285 volte sottoposti alla tensione degli allarmi e al riparo nei
rifugi, onde evitare una delle 6280 bombe sganciate dai 2154 aerei che
sorvolarono la città. Dopo 5 anni di guerra, la città contava migliaia di morti e
feriti, interi quartieri distrutti, danni irreparabili al patrimonio storicoarchitettonico e al processo produttivo. Ma la voglia di ricominciare e di
allontanare il ricordo della guerra permisero alla sua cittadinanza di ricostruire
parte di ciò che era andato perduto e riprendere a produrre, fino a divenire una
delle capitali economiche e industriali del paese.
Alcuni degli oggetti esposti
Risarcimento dei danni di guerra alla Fiat, 1946, Archivio di Stato, Torino
Libro Torino ferita e mutilata di Ezio Gray, 1945, Collezione Privata, Torino
Annuario statistico della città di Torino, 1946, Centro Documentazione Storica,
Torino
Ares snc, Corso Francia 43 Torino
2013. Tutti i diritti sono riservati