GABRIEL FAURE`: le liriche su testo di Paul Verlaine
Transcript
GABRIEL FAURE`: le liriche su testo di Paul Verlaine
CONSERVATORIO DI MUSICA «L. Perosi» - CAMPOBASSO CORSO SPERIMENTALE «REPERTORI VOCALI DA CAMERA NELL’OTTOCENTO» ANNO ACCADEMICO 2002-2003 SESSIONE STRAORDINARIA DI FEBBRAIO GABRIEL FAURE’: le liriche su testo di Paul Verlaine Elaborato delle materie: Storia della musica dell’800, Storia della poesia per musica, Analisi Musicale, Estetica musicale, Critica del testo musicale. TESINA DI Carmine Fratipietro PROFESSORI Barbara Lazotti Piero Niro Luigi Pecchia INDICE Capitolo 1. Gabriel FAURE’ compositore e didatta francese 1.1 La vita 1.2 Le opere 1.3 La musica pianistica 1.4 La musica da camera 1.5 Le mélodies 1.6 La musica sacra Capitolo 2. Decadentismo e Simbolismo 2.1 Situazione politica e culturale 2.2 I poeti “Maledetti” 2.3 La poesia nel periodo simbolista: il poeta Paul Verlaine 2.4 La musica nel periodo simbolista: Fauré e Verlaine Capitolo 3. I testi poetici Capitolo 4. Analisi di Claire de Lune Capitolo 1. Gabriel FAURE’ compositore e didatta francese 1. 1 LA VITA Nasce il 12 Maggio del 1845 a Pamiers, Ariège. Dimostra ben presto una buona predisposizione per la musica, tanto che il padre, Toussaint-Honoré Fauré, nell’Ottobre del 1853, su consiglio di amici, decide di iscriverlo all’Ecole Niedermeyer. Faurè trovò in questa scuola un ambiente molto severo, che lo aiutò a sviluppare la propria musicalità. Ebbe come insegnanti Pierre Louis Philippe Dietsch e Camille Saint-Saens e con quest’ultimo rimase in amicizia per tutta la vita. Con Saint-Saens, Fauré si perfeziona soprattutto in organo, ma anche in pianoforte e si esercita nella composizione. Anche se considerato a volte un allievo mediocre, Gabriel riesce a vincere i Prix di solfeggio nel 1857, d’armonia nel 1860, di pianoforte nel 1862 e di composizione nel 1865. Nel 1865, finiti gli studi, Fauré lascia la scuola per occupare il posto di organista nell’Eglise du Saint-Sauveur a Rennes, che lascia dopo quattro anni per contrasti con il clero di quella chiesa e si trasferisce come organista nella chiesa di Notre-Dame di Clignacourt. Dopo questo periodo Fauré si arruola in guerra e, una volta finita, riprende l’attività di organista e di maestro di cappella alla Madeleine, dove, successivamente sostituisce Theodore Dubois. In quel periodo diventa anche insegnante all’Ecole Niedermeyer. Nel 1877 Fauré ha una delusione d’amore con la figlia della famosa cantante Pauline Viardot, conosciuta perché il compositore iniziò a frequentare la loro casa, come la frequentavano anche Camille Saint-Saens e Charles Gounod. La tristezza per questa delusione si nota nelle opere di quel periodo. Sempre lo stesso anno a Fauré capita l’occasione di seguire il suo vecchio insegnante Saint-Saens a Weimar ed il giovane compositore in quella occasione, sottopone al giudizio di Liszt la sua Ballade op. 19 per pianoforte solo. L’anno successivo ha occasione di ascoltare, a Colonia, L’oro del Reno e la Walkiria di Richard Wagner. Nel 1883 Fauré sposa Marie Fremiet, figlia di un noto scultore, nobile donna ed esemplare madre di famiglia. Gabriel, è ormai sui quaranta anni e occupa la sua vita prevalentemente con le lezioni private, soprattutto perché le sue composizioni, finanziariamente, non gli rendono quasi nulla. Questa situazione non impedisce al compositore di produrre opere di grande importanza e, due anni dopo, l’Académie des Beaux-Arts gli assegna il “Prix Charter” per la musica da camera. Dal 1886 al 1888 il compositore attraversa un periodo doloroso e delicato, perché perde prima il padre e poi la madre. Per la morte del padre, Fauré concepisce il Requiem, che concluderà l’anno successivo. Nel 1891 Fauré va per la prima volta a Venezia e lì inizia a comporre le Cinq mélodies op. 58, anche se, in quella piacevole vacanza, non riesce a trovare la tranquillità necessaria per comporre. Nel 1892 compone La bonne Chanson e viene nominato ispettore in Conservatori di provincia. L’anno successivo gli viene assegnato per la seconda volta il “Prix Charter” per la musica da camera dall’Istituto. Una buona svolta professionale avviene per Fauré nel 1896, infatti prima è chiamato a sostituire Théodore Dubois (chiamato alla direzione del Conservatoire) come organista alla Madeleine, poi è nominato professore di Composizione ed occupa la cattedra di Massenet, che aveva dato le dimissioni. Nel 1898 Fauré dirige la musica di scena per Pelléas et Mélisande a Londra e nel 1900 dirige il Prométhée davanti a 7000 spettatori; in quella occasione il compositore ebbe un successo straordinario, cosa che non gli era mai accaduto. Nel 1903 Gabriel si manifestano i primi problemi di sordità che resteranno fino alla morte. Nel 1905 Fauré viene nominato direttore del Conservatoire di Parigi, nonostante le proteste che vi furono da parte del corpo accademico, perché il compositore era uscito dall’Ecole Niedermeyer e perché non era membro dell’Istitut e non aveva mai vinto un Prix de Rome. L’introduzione come membro nell’Istitut avvenne nel 1909 ed anche in questo caso vi furono proteste da parte dei conservatori. La sua situazione accademica non crea nessun problema all’attività del compositore, che proprio in quel periodo, approfondisce il suo mondo interiore e i suoi mezzi di espressione. Nel 1909 Fauré è eletto presidente della Société Musicale Indipendente e l’anno successivo viene confermato per altri cinque anni come direttore del Conservatoire. Questo periodo per Fauré è eccezionale come produttività compositiva, anche se gli segna una flessione nell’attività burocratica. Nel 1920 il compositore è obbligato dal Ministero a lasciare la direzione del Conservatorio, che gli conferisce la medaglia di grande ufficiale della Légion d’honneur. L’anno successivo, compone il secondo Quintetto in do minore che gli procura un successo trionfale e riceve onori anche dal capo dello stato. Fauré muore, a Parigi il 3 Novembre 1924, senza aver avuto la possibilità di ascoltare la sua ultima grande fatica: il Quartetto per archi in mi minore. Sotto il suo insegnamento si sono formati importanti musicisti, tra i quali Maurice Ravel, Louis Aubert, Paul Ladmirault; personalità diverse ai quali non ha mai imposto il suo modo di vedere o di sentire la musica. La musica di Fauré si sviluppa per una sessantina di anni e la sua opera non ha nessuna trasformazione brutale ma subisce una trasformazione costante e la sua grandezza tangibile soprattutto verso la fine delle sue produzione. 1. 2 LE OPERE Allievo di un maestro che coltivò esclusivamente i classici, Fauré è portato a rifarsi a Rameau, Mozart, Haydn, Beethoven. Il suo temperamento, però, è molto vicino allo spirito romantico francese, nonostante questo ammira Chopin e Schumann. Andando a lezione da Saint-Saëns, Fauré rimane fedele alle linee del contrappunto e nello stesso tempo non dimentica il linguaggio armonico, la dote che caratterizza una personalità, un’arte. Solo con il passare degli anni scompaiono le pietre miliari alle quali si era riferita la personalità di Fauré, anche se non rinnega ciò che ha amato, ma finisce per trovarvi se stesso; preferisce la qualità alla quantità e il suo pensiero compositivo è denso di intelligenza e sensibilità. Nel compositore un elemento è sempre presente: il lirismo, che nasce nella monodia francese, si trasfigura influenzato da Schumann, si perfeziona a contatto di Verlaine e trabocca in Pénélope (dramma lirico in tre atti dedicato a Saint-Saëns) e nelle sue ultime opere strumentali e vocali. Le sue opere si possono dividere in tre periodi. Nelle pagine della giovinezza, che sono le più conosciute, si notano le gioie e i poteri della grazia; nel periodo della maturità Fauré educa le curve carezzevoli e le prepara ai rigori di un disegno (negli anni della vecchiaia) che non perde delle sue ricchezze. Fauré, considerato uno dei grandi musicisti francesi, non è mai stato seguito dalla massa ma sempre da una élite. Conosce subito la gloria e la fama ma non ha mai ceduto al facile successo ma ha sempre cercato l’espressione di tutto quello che non è percepibile immediatamente e che, al contrario, richiede uno sforzo di comprensione. 1. 3 LA MUSICA PIANISTICA Tra tutti gli strumenti, il pianoforte è quello che sta più a cuore a Fauré, infatti si può notare che il pianoforte è lo strumento più usato dal compositore, oltre che nel repertorio per solo pianoforte, anche nelle sue liriche e in quasi a tutta la musica da camera; inoltre Fauré era molto dotato pianisticamente. Al primo periodo appartengono i seguenti brani: Trois romances sans paroles, i cinque primi Nocturnes, i tre primi Impromptus, le quattro Barcaroles e i due primi Valses-caprice; Fauré per quanto riguarda questo periodo, non porta innovazioni nel linguaggio musicale e si limita al breve pezzo romantico. Nel secondo periodo, il compositore sembra meno ispirato al piacere sensuale di far cantare lo strumento ed inizia ad imporre le proprie leggi alla tastiera da cui estrae tutte le sue ricchezze. Ne danno atto i Nocturnes n. 6 (1894) ed il n. 7 (1898); nel primo vi è la sintesi della meditazione e della gioia sonora, nel secondo vi è il distacco fra la scrittura semplice del tema e le carezzevoli onde del secondo periodo. Dell’ultimo periodo bisogna ricordare: i cinque ultimi Nocturnes, le cinque ultime Barcarolles, la raccolta dei Préludes e l’Impromptu n.5. In questa periodo la scrittura pianistica può andare dal rinnovo di formule impreviste al limite estremo della semplicità. Ai due estremi della carriera Fauré compone due opere per pianoforte e orchestra: la Ballade (1881) e la Fantasie (1918). Come spirito, si avvicinano più alla musica da camera e non a quello del concerto. 1. 4 LA MUSICA DA CAMERA Come detto in precedenza, per Fauré il pianoforte è lo strumento d’eccezione, infatti, nella sua musica da camera, il pianoforte è sempre presente ad eccezione dell’ultimo Quartetto per archi, composto nel 1924, nel quale Fauré preferisce far cantare solo le sonorità più astratte dei quattro strumenti ad arco. Al primo periodo appartengono due composizioni: la Prima Sonata per violino e pianoforte e il Primo Quartetto con pianoforte composti rispettivamente nel 1876 e nel 1879; rispetto alle composizioni per pianoforte del primo periodo, queste sono più notevoli, vi si trova dentro delle pagine romantiche, a volta entusiaste, a volta drammatiche. Anche nel secondo periodo troviamo: il Secondo Quartetto con pianoforte (1886) e il Primo Quintetto con pianoforte (1906); quest’ultima opera è più che altro di transizione, a tratti misteriosa, talvolta sorprendente per la nuova dinamica unita ad una grande limpidezza di scrittura. Chi può pensare che nelle ultime composizioni di musica da camera ci possa essere un indebolimento dell’ispirazione, causa vecchiaia, si sbaglia. Tutte le opere di questo periodo furono un capolavoro, a partire dalla Seconda Sonata per violino e pianoforte (1916), le due Sonate per violoncello e pianoforte (1917 e 1921); il sublime Secondo Quintetto con pianoforte (1921), il Trio per pianoforte, violino e violoncello (1923) ed infine il Quartetto per archi (1924). 1. 5 LE MÉLODIES Gran parte delle sua produzione è formata da musica per canto e pianoforte e musica da camera; a questo repertorio rimarrà fedele fino alla fine dei suoi giorni. Con le sue Mélodies ha portato un rinnovamento del genere; però non bisogna dimenticare, che il terreno favorevole gli era già stato preparato in precedenza da Charles Gounod e Lalo. Fauré, nelle sue melodie, non va mai al di fuori dell’ideale nazionale, al contrario di Henri Duparc, che vorrebbe unire il Lied tedesco con le Romance francesi; Fauré nelle sue mélodie, tranne nell’ultimo periodo, non va in cerca di qualcosa di oscuro, ma vi mette delle nozioni percepibili dai sensi e dalla ragione, come ad esempio Après un rêve, Clair de lune, Arpège, Soir e nel ciclo de La Bonne chanson. In quest’ultimo, scritto sui versi dell’omonimo poema di Verlaine, vi è un grande poema lirico, con la presenza di cinque temi essenziali che vengono riproposti più volte nelle varie liriche. L’ultimo ciclo di Fauré, non ha niente a che vedere con il precedente. Troviamo uno dei più bei poemi, una tra le più perfette liriche della sua opera e forse le più belle liriche francesi, l’Horizon chimérique (1921); compose queste liriche soprattutto grazie all’ispirazione che gli diede, con un linguaggio vigoroso e semplice, Jean de la Ville de Mirmont. Per quanto riguarda la musica per canto e pianoforte ricordiamo le raccolte: Poème d’un jour (1880-81), Cinq mèlodies su poesie di Verlaine (1891), Le don silencieux (1906), Le chanson d’Eve (1906-10), Le jardin clos (1914-15), su poesie di van Lerberghe, Mirages (1919), C’est la paix (1919), L’horizon chimèrique (1921). 1. 6 LA MUSICA SACRA Fauré, come musica sacra, scrisse poco ed il perché si può immaginare: lui non era credente. L’Ecole Niedemeyer, nella quale compie i suoi studi, doveva sviluppare nei suoi allievi il gusto e la pratica della musica sacra, ma le convinzioni del compositore, non si avvicinavano minimamente al clima spirituale che lo circondava. La composizione più importante è il Requiem (1887-1900); poi ne abbiamo altre due di minore importanza, ma che vanno comunque ricordate: il Cantique de Recine (1863) e la Messe Basse (1907). Fauré, considerato un compositore di grande gusto musicale, avvertiva dentro di sé la necessità di un rinnovamento nell’ambito dell’arte musicale e della didattica; infatti quando nel 1905 assunse la direzione del Conservatorio di Parigi ne cambiò radicalmente, in senso accademico, i programmi e, contro la conservatrice Societè National de Musique, diede vita alla Societè National Indèpendent. Fauré nella sua produzione mostra di continuare la tradizione romantica ma con uno spirito diverso, ossia si esprime con un linguaggio classico ma lucidamente razionale: trascolora l’armonia moraleggiante e aperta a concatenazioni insolite, la dinamica, il timbro. Queste caratteristiche sono state riprese e sviluppate, in maniera originale, da Debussy. Capitolo 3 - Testi poetici Clair de lune poesia di Paul Verlaine Votre âme est un paysage choisi Que vont charmant masques et bergamasques, Jouant du luth et dansant, et quasi Tristes sous leurs déguisements fantasques! Tout en chantant sur le mode mineur, L'amour vainqueur et la vie opportune, Ils n'ont pas l'air de croire à leur bonheur, Et leur chanson se mêle au clair de lune, Au calme clair de lune, triste et beau, Qui fait rêver les oiseaux dans les arbres, Et sangloter d'extase les jets d'eau, Les grands jets d'eau sveltes parmi les marbres! Chiaro di luna La vostra anima è uno scelto paesaggio Incantato da maschere e bergamasche Che suonano il liuto e danzano, quasi Tristi sotto i loro fantastici travestimenti. Cantano così in modo minore L’amore vincitore e la giusta via, Con l’aria di non credere alla felicità, E la loro canzone si unisce al chiaro di luna, Al calmo chiaro di luna, triste è bello, Che lascia sognare gli uccelli sugli alberi E gli zampilli singhiozzare in estasi, I grandi zampilli guizzare tra i marmi. Le papillon et la fleur poesia di Victor Hugo La pauvre fleur disait au papillon céleste: Ne fuis pas!.. Vois comme nos destins sont différents, je reste Tu t’en vas! Pourtant nous nous aimons, nous vivons sans les homes. Et loin d’eaux! Et nous nous ressemblons et l’on dit que nous sommes Fleurs tous deux! Mais hélas, l’air t’emporte et la terre m’enchaîne, Sort cruel! Je voudrais embraumer ton vol de mon haleine, Dans le ciel! Mais non, tu vas trop loin, parmi des fleur sans nombre, Vous fuyez! Et moi je reste seule à voir tourner mon ombre A mes pieds! Tu fuis, puis tu reviens, puis tu t’en vas encore Luire ailleurs! Aussi me trouves–tu toujours à chanque aurore Tout en pleurs! Ah! Pour que notre amour coule des jours fidèles, O mon roi! Prends comme moi racine ou donne–moi des ailes Comme à toi! La farfalla e il fiore Il povero fiore diceva alla farfalla celeste: Non fuggire! Guarda quanto i nostri destini sono diversi, io resto Tu te ne vai! Tuttavia noi ci amiamo, noi viviamo senza gli uomini. E lontano da essi! E noi ci somigliamo e si dice che noi siamo Fiori entrambi! Ma, ahimé, l’aria ti porta via e la terra mi incatena, Sorte crudele! Vorrei profumare il tuo volo del mio odore, Nel cielo! Ma no, tu vai troppo lontano, tra fiori innumerevoli, Voi fuggite! Ed io resto solo, a vedere girare la mia ombra Ai miei piedi! Tu fuggi via, poi ritorni, poi te ne vai ancora A luccicare ancora! Perciò tu mi trovi sempre ad ogni aurora Tutto in lacrime! Ah! Affinché il nostro amore conti giorni fedeli, O mio re! Prendimi come radici o donami delle ali Come te. Notre amour op. 23 n. 2 Il nostro amore Poesia d’Armand Silvestre Notre amour est chose légère, Comme les parfums que le vent Prend aux cimes de la fougère, Pour qu’on les respire en rêvant; Notre amour est chose légère! Il nostro amore è cosa leggera, come i profumi che il vento prende dalle cime della felce, affinché li si respiri sognando; il nostro amore è cosa leggera! Notre amour est chose charmante, Comme les chansons du matin, Où nul regret ne se lamente où vibre un espoir incertain; Notre amour est chose charmante! Il nostro amore è cosa incantevole, come le canzoni del mattino, dove nessun rimpianto si lamenta, dove vibra una speranza incerta; il nostro amore è cosa incantevole! Notre amour est chose sacrée, Comme les mystère des bois, Où tressaille una âme ignorée, Où les silences ont des voix; Notre amour est chose sacrée! Il nostro amore è cosa sacra, come i misteri dei boschi, dove trema un’anima sconosciuta, dove i silenzi hanno voci; il nostro amore è cosa sacra! Notre amour est chose infinie, Comme les chemins des couchants, Où la mer, aux cieux réunie, S’en dort sous le soleils penchants; Il nostro amore è cosa infinita, come i cammini dei tramonti, dove il mare, unito al cielo, s’addormenta sotto il sole declinante; Notre amour est chose éternelle, Comme tout ce qu’un dieu vainqueur A touché du feu de son aile, Comme tout ce qui vient du cœur; Il nostro amore è cosa eterna, come tutto ciò che un dio vittorioso ha toccato col fuoco della sua ala, come tutto ciò che viene dal cuore. Notre amour, est chose éternelle, Est chose éternelle! Il nostro amore è cosa eterna, è cosa eterna!