La vita psichica prenatale

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La vita psichica prenatale
La vita psichica prenatale
La vita psichica prenatale: breve
rassegna
sullo
sviluppo
psichico del bambino prima della
nascita
Di Anna Della Vedova
L’interesse per le fasi della vita che precedono la nascita ha
avuto negli ultimi anni grande diffusione; la precocità e
compiutezza delle competenze sensoriali e percettive fetali e
la complessità delle attività esibite ha portato l’attenzione
sull’insieme di esperienze che il bambino vive nel periodo
prenatale e su come ciò possa costituire il nucleo
fondamentale dell’esperienza psichica ed emozionale
dell’individuo, costituendosi come base per lo sviluppo
successivo.
Dopo un primo genere di approccio basato su teorie e
ricostruzioni soprattutto di stampo psicoanalitico, il grande
impulso ricevuto dalle ricerche sulla vita prenatale è stato
indubbiamente dovuto all’avvento delle tecniche ad ultrasuoni
che hanno consentito l’osservazione in tempo reale
dell’attività spontanea fetale e delle sue reazioni alle più
diverse stimolazioni.
Studi longitudinali di osservazione su casi singoli tramite
ecografia [1, 2] hanno consentito di evidenziare le relazioni
tra età gestazionale e le complesse caratteristiche
dell’attività fetale. Considerevole, a questo proposito, è il
lavoro descrittivo svolto da Ianniruberto e Tajani [3]
riguardo l’evoluzione e classificazione dei movimenti fetali
durante tutto il corso della gestazione in un esteso campione
di soggetti. Studi di impianto prettamente sperimentale hanno,
inoltre, consentito di stabilire delle precise relazioni tra
l’attività esibita dal feto, il tipo di stimolazione esterna
somministrata e l’età gestazionale [4, 5]. Tutto quanto si è
potuto sperimentalmente comprovare depone a favore della
precoce e attiva presenza di un nucleo esperienziale,
emozionale e psichico prenatale e, dunque, della continuità
tra vita psichica pre- e postnatale.
Anche l’osservazione dei bambini nati prematuri costituisce
una notevole fonte di informazioni sulla vita prenatale. La
conoscenza delle caratteristiche evolutive del bambino
prematuro ha consentito di datare con maggiore precisione il
grado di sviluppo degli organi fetali ed ha obbiettivato la
presenza di elaborate capacità percettive e di primitive
organizzazioni comportamentali a partire dalla venticinquesima
settimana di vita.
L’osservazione del comportamento del bambino prematuro ha
messo in evidenza secondo alcuni autori la presenza di una
primordiale forma di autorganizzazione: Bottos e Tonin, per
esempio, parlano della “…esistenza di una organizzazione in
grado di discriminare, attraverso la propria struttura, ciò
che è significativo per essa da ciò che non lo è” [6].
Peraltro alcuni studiosi [7], sulla scorta delle competenze
psicofisiologiche evidenziate nel feto e delle sue capacità di
rispondere anche a stimolazioni intra- ed extrauterine con
valenza emotiva, cominciano a parlare di stati dell’Io
prenatale: “·durante la gestazione il feto è continuamente
interessato da flussi esperienziali che danno consistenza al
suo Io; le stimolazioni, le emozioni, il rapporto con il mondo
intrauterino ed esterno sono delle forze dinamiche coinvolte
nel processo di origine e maturazione psichica”.
In un precedente lavoro [8] è stato preso in esame lo sviluppo
del sistema nervoso prenatale e degli apparati sensoriali e
percettivi in relazione all’insorgere dell’attività psichica
prenatale. Attraverso gli apporti multidisciplinari della
neuroanatomia comparata, della psicofisiologia clinica, della
psicologia sperimentale unitamente agli studi di tipo
osservativo, ecografico e neonatale, è possibile ricostruire
un’immagine abbastanza completa del bambino e della sua vita
psicoemotiva fin dai primordi.
Questo lavoro si propone di esaminare la pluralità degli studi
in questo ambito e descrivere le evidenze sperimentali che
rivelano la precoce manifestazione di insospettate attività
percettive, motorie, esplorative e comunicative del feto. La
presenza della vita psichica fetale, in relazione a quanto si
sta scoprendo riguardo allo sviluppo psicoemotivo del bambino
in queste fasi precoci, viene considerata parallelamente alla
comunicazione gestante-feto e alla formazione del legame
madre-bambino prima della nascita; in questo senso il vissuto
genitoriale di coppia viene preso in esame specialmente in
ambito preventivo.
Lo sviluppo sensoriale e motorio prenatale.
Nella specie umana la maturazione di tutti gli apparati
sensoriali si svolge quasi completamente nell’utero [8, 9,
10]. La sequenza nello sviluppo degli apparati sensoriali
prevede che divenga funzionale per primo il sistema della
sensibilità cutanea, successivamente il sistema vestibolare,
il sistema uditivo e infine il sistema visivo; l’attività
motoria spontanea si manifesta a partire dalla sesta settimana
di gestazione [3]. La sensibilità cutanea rappresenta dunque
evolutivamente il primo canale dell’esperienza e della
comunicazione nell’uomo [11]. A otto settimane si evidenzia la
prima forma di sensibilità cutanea; progressivamente, ad una
ad una, manifestano sensibilità tutte quelle aree che
nell’adulto presentano maggior numero e varietà di recettori.
A trentadue settimane tutto il corpo mostra reazioni agli
stimoli tattili. Gli organi gustativi sono maturi alla
quattordicesima settimana e si può vedere come il feto aumenti
o diminuisca l’inghiottimento del liquido amniotico in
relazione alla presenza in questo di sostanze zuccherine o
amare. Alla nascita le preferenze gustative sono già molto
nette. La più recente scoperta riguarda le capacità olfattive
fetali: l’apparato olfattivo si sviluppa tra le undici e le
quindici settimane [12, 13] e c’è motivo di pensare che i
recettori vengano stimolati dall’aroma delle sostanze presenti
nel liquido amniotico visto che è possibile evidenziare nelle
prime ore dopo la nascita un riconoscimento degli stimoli
olfattivi sperimentati in utero [14]. Ciò spiega, tra l’altro,
come i bambini appena nati possano essere attratti dall’odore
del latte materno benché non ne abbiano avuto precedente
esperienza. Per quanto riguarda l’apparato uditivo, la coclea
è già formata a otto settimane e i recettori cominciano a
differenziarsi alle dieci settimane [15]. L’ambiente uterino è
di per sé ricco di rumori provenienti dai funzionamenti
fisiologici del corpo materno ed esercita solo una modesta
funzione di schermo rispetto agli stimoli sonori e, un poco
più intensa,
dall’esterno.
rispetto
a
quelli
luminosi
provenienti
Reazioni a stimoli tra i 250 e i 500 Hz, che si manifestano
come alterazioni nella frequenza cardiaca e nell’attività
motoria, si registrano già a sedici settimane di gestazione,
mentre a ventiquattro settimane le capacità del sistema
uditivo sono paragonabili a quelle dell’età adulta. Poche
settimane dopo è possibile evidenziare sperimentalmente
capacità di discriminazione tra stimoli con diverse
caratteristiche sonore e risposte di “habituation” sonora
[16]. Alla nascita l’apparato visivo è sviluppato a tal punto
da consentire la messa a fuoco di oggetti posti davanti al
viso del neonato alla distanza di venti centimetri; appena
nati i bambini mostrano, peraltro, padronanza di complesse
componenti della funzione visiva [17]. Fino alla ventiseiesima
settimana di gestazione le palpebre non si dischiudono, ma il
feto sembra essere comunque in grado di localizzare gli
stimoli visivi anche in precedenza e mostra di reagire con
accelerazioni della frequenza cardiaca a fasci di luce
proiettati sull’addome materno; nei bambini nati prematuri si
rilevano potenziali evocati visivi a trenta settimane e
abilità visive alla trentunesima settimana; inoltre
l’attenzione visiva testata alle trentaquattro settimane non
differisce da quella dei bambini di quaranta settimane [18].
La prima forma di movimento rilevabile all’ecografia è la
ritmica attività cardiaca che si evidenzia intorno alle tre
settimane di gestazione (molte parti dell’organo cardiaco
sono, comunque, ancora in fase di maturazione). A sei
settimane è possibile vedere le prime forme di attività
motoria [3]: movimenti aggraziati di allungamento e rotazione
del capo, delle braccia e delle gambe. A dieci settimane le
mani vengono portate al capo, al viso e alla bocca, che
presenta già movimenti di apertura, chiusura e inghiottimento.
A quindici settimane tutto il repertorio di movimenti che si
ritrovano nel feto a termine è presente; si evidenziano
movimenti della mandibola, movimenti respiratori e movimenti
combinati degli arti dove le mani sono continuamente portate
ad interagire con le altre parti del corpo e con il cordone
ombelicale.
L’attività motoria si manifesta inizialmente in forma
spontanea come fenomeno endogeno, a carattere ciclico ma
contemporaneamente
rappresenta
l’espressione
di
caratteristiche soggettive del feto [19]. Dopo le dieciquindici settimane le variazioni dell’attività motoria fetale
evidenziano una forma di reazione a stimolazioni provenienti
dal mondo esterno o dal corpo materno. Più avanti nella
gestazione il feto comincia ad esplorare l’ambiente uterino:
sembra cercare il contatto con la placenta e rispondere a
stimolazioni tattili provenienti dall’esterno. E’ importante
sottolineare che, in queste fasi, i sistemi sensoriali e
percettivi lavorano sinergicamente; ciò si rivela nelle
primitive organizzazioni comportamentali e nelle attività
esibite dal feto e permette di affermare la presenza di una
continuità esperienziale fetale.
L’attività onirica è già riscontrabile alle ventitré
settimane, quando si evidenziano chiari segni comportamentali
di sonno R.E.M.; nei bambini prematuri di trenta settimane il
sonno R.E.M. occupa quasi il 100% del tempo di sonno,
diminuendo poi fino al 50%, come è tipico dei bambini a
termine [18]. Sembra che i bambini in utero quando sognano
esibiscano fenomeni comportamentali simili a quelli degli
adulti [20].
Apprendimento e memoria nel feto.
Dagli studi sulla percezione uditiva fetale sono derivate le
ipotesi iniziali riguardo alle prime forme di processi
cognitivi individuabili a livello prenatale. Si è detto che la
capacità di discriminazione tra suoni diversi è già presente a
ventisette settimane [16]. Nello stesso periodo compare la
risposta di “habituation” [8], che si manifesta come un
progressivo decremento della risposta fetale a stimoli sonori
identici presentati ripetutamente in un certo intervallo di
tempo; per le diverse modalità con le quali si declina questa
reazione [21] si può cogliere in essa la presenza di processi
cognitivi di tipo attentivo e mnemonico (è bene precisare che
quando si parla di processi cognitivi nel feto ci si riferisce
a processi di tipo implicito, cioè a quel genere di attività
cognitiva che avviene in assenza di coscienza e che è
dimostrabile, anche negli adulti, attraverso la rilevazione di
variazioni nei parametri psicofisiologici relative alla
presenza, o somministrazione sperimentale, di determinate
stimolazioni). Il fenomeno di “habituation” è stato molto
studiato e, attualmente, gli studiosi sono concordi nel
ritenere che in esso si possa riconoscere la primordiale forma
di plasticità comportamentale e dunque di apprendimento.
Peraltro, studi basati sul condizionamento classico avevano
già in precedenza dimostrato le possibilità di apprendimento
fetale [22].
Scorrendo la letteratura del settore ci si avvede di come
siano stati numerosi gli studi rivolti alle capacità di
apprendimento fetale e alla familiarizzazione del bambino con
determinati
stimoli
caratteristici
dell’esperienza
intrauterina. Le reazioni dei bambini, a poche ore dalla
nascita, al suono del battito cardiaco dimostrano che questo
stimolo è per loro, in assoluto, il preferito tra gli stimoli
sonori [23, 24]; essi sono inoltre in grado di discriminare,
mostrando un’ulteriore preferenza, il battito cardiaco della
propria madre da quello delle mamme degli altri neonati [25].
In esperimenti assai noti Anthony De Casper ha potuto
dimostrare come nelle prime ore dopo la nascita i neonati
mostrino di riconoscere e preferire la voce della propria
madre rispetto a quella di altre donne e rispetto alla voce
paterna [8, 26, 27]. E’ evidente che una tale preferenza non
può essersi sviluppata nelle poche ore di vita extrauterina
trascorse dalla nascita, ma deve essersi stabilita nei periodi
precedenti.
Non è stato solo il riconoscimento di stimoli isolati che si è
riscontrato nei neonati testati nelle prime ore dopo la
nascita: il risultato sorprendente di un ulteriore esperimento
di De Casper fu che i neonati possono discriminare tra due
diverse favole per bambini e mostrare preferenza per quella
che la mamma aveva raccontato loro, tutti i giorni per dieci
minuti (secondo la consegna sperimentale), nell’ultimo
trimestre di gravidanza [28]. Sembra chiaro, a questo punto,
che gli elementi di base del linguaggio siano appresi tramite
l’esposizione sonora prenatale, e infatti lo spettrogramma
sonoro del pianto dei prematuri di ventisette settimane
contiene già le caratteristiche vocali specifiche della voce
materna.
Si è visto inoltre che i neonati dirigono preferibilmente la
loro attenzione verso persone che parlano la lingua dei propri
genitori piuttosto che verso persone che si rivolgono loro in
un’altra lingua. Analogamente, un altro originale esperimento,
svolto dal Prof. Hepper dell’Università di Belfast, ha
rivelato che un brano musicale udito tutti i giorni negli
ultimi tre mesi di gestazione viene riconosciuto dai neonati;
infatti, bambini, le cui madri in gravidanza seguivano
quotidianamente una nota “soap opera”, mostravano risposte di
orientamento attentivo al comparire della colonna sonora della
trasmissione stessa [29]. Lo stesso autore ha potuto anche
dimostrare che esistono delle differenze sessuali a livello
dello sviluppo fetale: le femmine osservate in ecografia
mostrano un numero di movimenti della bocca (che coinvolgono
gli organi fonoarticolatori) significativamente superiore ai
maschi della stessa età gestazionale [30]. Se dall’esame di
tutti questi studi compaiono evidenze di riconoscimento e
apprendimento fetale rispetto agli stimoli e alle esperienze
sperimentate durante il periodo intrauterino, possiamo
veramente chiederci quanto il feto entri in comunicazione con
la gestante e l’ambiente che circonda la diade e come
profondamente ne sia influenzato nel suo sviluppo.
Ancora più strabilianti sono i risultati ottenuti da alcuni
studiosi e operatori del settore prenatale, che hanno messo a
punto dei programmi di stimolazione fetale e comunicazione tra
genitori e nascituro. Di questo settore applicativo si è già
parlato estesamente in un precedente lavoro [8]; si tratta di
programmi differenziati che utilizzano una stimolazione
tattile e uditiva (vocale e musicale) di tipo sistematico per
favorire l’utilizzo da parte del feto delle sue abilità
sensoriali e percettive. L’idea di base è che incentivare le
esperienze sensoriali del feto ne promuova lo sviluppo
somatopsichico. Questa ipotesi è sostenuta da studi di
derivazione neuroembriologica [8, 9, 33, 34, 35] secondo i
quali il sistema nervoso in formazione si avvantaggerebbe
molto da una stimolazione appropriata, ricavandone uno
sviluppo più ricco e precoce. Rilievi longitudinali su
campioni di bambini che hanno partecipato a tali programmi,
documentano, di fatto, effetti positivi che si manifestano in
una precocità nello sviluppo fisico e psicologico e in una
interazione genitore-bambino positiva e ricca [32].
Un fatto sorprendente che si è potuto constatare in diversi
casi è che dopo ripetute esperienze il feto è in grado di
mostrare una precisa attenzione e responsività nei giochi
tattili con i genitori, per esempio rispondendo con un pari
numero di calcetti ad un certo numero di piccoli colpi delle
dita sull’addome materno, oppure, seguendo con i suoi arti,
sulla parete interna dell’utero, il percorso del dito del
genitore sull’addome materno. Viene dunque posta particolare
enfasi sull’importanza di avviare una precoce comunicazione
tra genitori e feto [31, 36], utilizzando, nei momenti
quotidiani riservati all’interazione tra i genitori e il
bambino in utero, varie modalità comunicative sensoriali e
affettive, anche nell’ottica di una promozione della precoce
formazione del legame affettivo genitori-bambino.
L’insieme degli studi e delle osservazioni “in vivo” conferma
dunque nei fatti la vivace presenza sensoriale, psichica,
emozionale del feto fin dalle prime fasi della gravidanza. La
spinta interattiva e comunicativa che si può rintracciare
nell’ultimo trimestre di gravidanza chiarisce meglio quanto
importante sia nello sviluppo somatopsichico fetale
l’attenzione e il coinvolgimento affettivo genitoriale. Se si
tiene conto di quanto detto fino ad ora, non è più possibile
ignorare quanto l’ambiente esterno ed il feto entrino in
contatto tra loro direttamente e attraverso lo stretto
rapporto feto-gestante (con le sue emozioni e i suoi vissuti
influenzati dalla relazione con il partner e i famigliari
nonché dal tipo di vita che essa conduce) e quanto, inoltre,
le esperienze vissute nel periodo fetale siano influenti e
rintracciabili nello sviluppo successivo.
La comunicazione gestante-feto.
Quando si parla di comunicazione gestante-feto non bisogna
dimenticare che, oltre ad avere un legame “speciale” con il
bambino, la gestante rappresenta il “medium” di tutti gli
elementi dell’ambiente fisico e psicologico che circonda la
diade.
Alcuni studi hanno verificato che il feto è influenzato da
intensi turbamenti degli stati emotivi materni e manifesta
questo restando per alcune ore successive all’evento
disturbante in uno stato di agitazione motoria; se la
situazione di stress materno persiste nel tempo, l’eccitazione
motoria fetale diventa un tratto stabile riflettendosi nel
basso peso alla nascita [37]. A livello dell’ambiente, il
ruolo maggiormente patogeno verso il benessere del feto sembra
sia assunto dalla presenza prolungata di elementi stressanti
che comportino una continua minaccia per la sicurezza emotiva
della madre, tensioni continue ed imprevedibili sulle quali
essa sente di avere poche o nulle possibilità di controllo; a
questo proposito particolare peso sembrano avere le tensioni
coniugali [38, 39].
Alla luce di questi elementi riveste dunque notevole
importanza il clima emotivo e famigliare in cui gestante e
feto sono inseriti. Particolarmente interessante mi pare,
quindi, il porre l’attenzione sulla formazione del legame tra
il bambino in utero ed i suoi genitori. Si può infatti
considerare che la precoce presa di coscienza della presenza
del bambino come individuo da parte dei genitori possa agire
sui vissuti e sulle rappresentazioni che essi hanno di se
stessi nel nuovo ruolo genitoriale e sulle fantasie rispetto
al bambino in arrivo. Questa sorta di mobilizzazione interiore
nei genitori può predisporre un’area di evoluzione verso nuovi
ruoli ed equilibri nell’assetto famigliare, e favorire il
crearsi di uno spazio psichico di attesa e di accoglimento per
il nascituro, con ampia ricaduta sul piano della promozione di
uno sviluppo psicoemotivo equilibrato del bambino stesso.
Relativamente ai vissuti della gestante ed alla influenza che
possono esercitare sul benessere fetale attraverso la
comunicazione primitiva che avviene nel “dialogo” gestantefeto, l’atteggiamento della gestante verso la gravidanza è
risultato essere in relazione con caratteristiche di
personalità del bambino. Uno studio longitudinale svolto su
163 donne in gravidanza e, successivamente, sui loro bambini
ha rilevato che la non accettazione della gravidanza e del
feto da parte della madre correla con un comportamento di tipo
deviante o patologico nei bambini [40, 41, 42]. Anche
l’atteggiamento paterno non accettante si è visto interferire
nel vissuto materno rispetto al feto e alla gravidanza stessa
[43, 44]. Alcuni studiosi ritengono che il feto sia il
depositario delle emozioni materne e che i soggetti
caratterizzati da una solida fiducia di base e da buona
autostima abbiano potuto percepirsi fin dai primordi della
vita psichica come individui desiderati e amati [45].
Se, alla luce di questi vari contributi, è possibile
dimostrare l’esistenza di un mondo psichico ed emotivo fetale
e la presenza di un legame madre bambino prenatale, molte
riflessioni possono essere fatte. In particolare, riguardo
alle vicissitudini dello sviluppo psichico sano e patologico,
mi sembra importante considerare l’influenza che queste fasi
così arcaiche del funzionamento mentale, la cui caratteristica
è quella di essere per eccellenza un funzionamento
“psicosomatico” dominato e determinato da una sensorialità
intensa e totalizzante, possono continuare ad esercitare nello
sviluppo successivo dell’individuo e il ruolo che possono
rivestire nella genesi della psicopatologia .
Da questo punto di vista i vissuti relativi alle esperienze
intrauterine e all’investimento emotivo delle stesse,
costituiti secondo le leggi dell’inconscio e del soma, si
pongono come la base più antica e profonda nella formazione
del sé.
Anna Della Vedova insegna
l’Università di Brescia
Psicologia
Clinica
presso