note su alcuni aspetti della ritualità funeraria nell`alto

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note su alcuni aspetti della ritualità funeraria nell`alto
Anna Maria Giuntella
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NOTE SU ALCUNI ASPETTI DELLA RITUALITÀ
FUNERARIA NELL’ALTO MEDIOEVO.
CONSUETUDINI E INNOVAZIONI
Anna Maria Giuntella
La ricerca sul campo non sempre dà risposta
alle domande aperte in sede storiografica, ma
spesso ne apre delle nuove. Qual è dunque la risposta dell’archeologia al tema della ritualità funeraria nei primi secoli dell’alto medioevo, quali nuovi
interrogativi ci possiamo porre e quali sono i tradizionali assunti e luoghi comuni che proprio una
ricerca sempre più attenta e mirata ha consentito
di sfatare? Queste mie brevi considerazioni si
basano su esperienze dirette di scavo - a partire da
quella quasi ventennale in Sardegna e all’origine
dei miei interessi sulla ritualità funeraria - sulle
esperienze più recenti in Abruzzo e su alcuni dati
editi a cura di colleghi ed amici romani1.
1. Lo spazio per i defunti
Un primo punto fondamentale certamente può
essere - in tema di consuetudini e innovazioni - lo
spazio per i defunti.
Non entrerò nel merito dell’argomento perché
oggetto di numerose relazioni di colleghi in questa
sede, ma mi sembra importante non trascurare il
profondo cambiamento rispetto alla consuetudine
romana che portava a separare nettamente lo spazio dei vivi da quello dei morti 2. Il fenomeno
dell’inserimento dei complessi cultuali cristiani nel
tessuto urbano portò con sé l’uso di seppellire entro
le mura in un mutato rapporto tra città dei vivi e
spazio destinato ai morti. Viene meno la tradizionale attitudine nei confronti della morte e un
nuovo approccio appare nettamente a partire dal V
secolo, generalizzato un po’ ovunque. L’edificio di
culto non è certamente la sola ragione di questo
inserimento all’interno del tessuto urbano: a dieci
anni dal seminario all’Ecole Française de Rome 3
molti sono gli interrogativi ancora aperti: si può
parlare di “aree funerarie” all’interno dello spazio
urbano - escludendo, ben inteso, quelle in stretto
rapporto con gli edifici cultuali - o non semplicemente di sepolture occasionali? Quali le ragioni
della scelta di un sito? L’uso di spazi e di edifici
1 Sono grata agli amici e colleghi Letizia Ermini Pani, Vincen-
3 Le sepolture in ambito urbano, Seminari di Archeologia cri-
zo Fiocchi Nicolai e Rossana Martorelli per aver messo a mia
disposizione i dati delle loro ricerche, ancora in parte inediti.
2 Questa consuetudine era molto importante, come è noto, e
tutelata da leggi, ribadite con fermezza ancora in età tardoantica. Si pensi ad esempio al Codice Teodosiano: la legge
del 381 interviene certamente per arginare un abuso, quello cioè di seppellire intra muros, all’interno dei luoghi di
culto (Cod. Th. IX, 17, 6, ed. MOMMSEN-MAYER, p. 465).
stiana, seduta del 12 marzo 1987, in “RACr”, LXIII, 1-4, 1987,
pp. 377-390. Per un aggiornamento sulle sepolture in ambito
urbano rimando ad alcuni recenti contributi: MENEGHINI,
SANTANGELI VALENZANI 1993; MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 1994; LAMBERT 1996. In particolare per le sepolture in ambito urbano in Italia settentrionale
si veda LAMBERT 1994; rimando inoltre ai contributi di
AUGENTI, LAMBERT, STAFFA in questi stessi Atti.
Fig. 1 - Tharros (OR), pianta generale della città con
l’indicazione del quartiere episcopale; sotto, particolare
della chiesa alto medievale di S. Marco e del battistero
della cattedrale (da ZUCCA 1993).
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2. Lo spazio dei morti come origine della
città dei vivi
Fig. 2 - Amiternum (AQ), pianta schematica della città
(da COARELLI 1982); con l’asterisco sono indicate le
aree funerarie alto medievali.
pubblici era regolamentato da disposizioni, ovvero
si può pensare ad una prassi in deroga alle norme
giuridiche? Quale fu la posizione della gerarchia
ecclesiastica, cui spettava il compito della tutela e
dell’organizzazione dei cimiteri extraurbani? Come
ho già detto non entro in merito al problema, ma
desidero solo fermare la mia attenzione su due casi,
oggetto di mie ricerche, distanti geograficamente,
ma entrambi emblematici. A Tharros sulle coste
occidentali della Sardegna (Fig.1), il gruppo episcopale si inserisce all’interno dello spazio urbano, in
prossimità di un complesso termale che viene riadattato per le nuove esigenze cultuali; al suo interno si organizzano le strutture di servizio all’episcopio e una parte degli spazi viene destinata a luogo
di sepoltura, in stretta connessione con il polo cultuale. I corredi funerari, gli oggetti d’ornamento
personale, rimandano ad un periodo compreso tra
il V e la fine del VII secolo 4. Ad A m i t e r n u m i n
Abruzzo, nonostante l’esistenza di un’area cimiteriale suburbana organizzata, legata ad una tomba
martiriale, si seppellisce in ambito urbano non solo
attorno all’anfiteatro, dove la probabile esistenza
della cattedrale giustificherebbe la presenza di
sepolture, ma anche nell’ambito del teatro, in
maniera apparentemente disordinata5 (Fig.2).
4 GIUNTELLA 1995, pp. 129-135 (ivi bibliografia precedente).
5 GIUNTELLA 1993 in c.s. Sul problema dell’ubicazione
della cattedrale in prossimità dell’anfiteatro si veda PANI
ERMINI 1980, pp. 41-52.
6 Sul problema si veda FASOLA, FIOCCHI NICOLAI 1989,
pp. 1201-1205; PANI ERMINI 1989.
Le grandi basiliche martiriali, frequentate dai
pellegrini, circondate e invase dai morti, erano
servite da comunità di monaci e divengono spesso
sede di importanti monasteri. Le abitazioni dei
morti non cacciano quelle dei vivi, ma anzi questi
grandi complessi cultuali e cimiteriali extraurbani
sono essi stessi all’origine della formazione di un
abitato stabile che va assumendo, proprio nel
periodo che qui interessa, la fisionomia di un vero
e proprio borgo autonomo (Fig.3)6. Tralascio volutamente i ben noti santuari martiriali del suburbio romano per fermare invece brevemente la mia
attenzione su Cimitile, oggetto di recenti scavi; qui
la tomba venerata ha determinato un lento e graduale spostamento dall’abitato romano di Nola
verso il cimitero che ospitò le spoglie di Felice
(Fig.4 e 5). Le recenti indagini hanno permesso di
acquisire importanti dati sulle fasi altomedievali
del complesso: oltre alla basilica del martire e ad
altri edifici con funzione cultuale le fonti menzionano un battistero, cortili, un acquedotto, case,
ospizi, giardini, ecc. Il massimo sviluppo edilizio
del santuario si deve certamente all’evergetismo
di Ponzio Anicio Paolino, console suffectus e governatore della Campania, il quale ritiratosi con la
moglie presso la tomba di Felice favorì un imponente programma edilizio non solo per il potenziamento delle strutture cultuali e degli spazi funerari ad sanctos , ma anche degli spazi recettivi e funzionali7.Ai primi decenni del VI deve attribuirsi la
costruzione della chiesa di S.Tommaso (Fig. 5, B),
progettata come basilica funeraria, con un sistema
organico di tombe, su due livelli, con deposizioni
multiple, con corredi personali e rituali, collocabili
in un arco cronologico che va dalla metà del VI
all’inizio dell’VIII secolo 8. Ma di ciò tratterò più
avanti a proposito dei riti della deposizione.
Questo stesso fenomeno dello slittamento
della città classica verso aree una volta suburbane per l’attrazione di una tomba venerata, o più
semplicemente di un polo cultuale, è oggi ben
documentato da alcuni scavi recenti in Sardegna
e in Abruzzo. Alludo per esempio alla situazione
di Porto Torres, l’antica Turris Libisonis, il cui
abitato si sposta attorno all’area funeraria legata
al culto di Gavino e compagni. Qui sorge il complesso episcopale, alla fine del V secolo. Di straordinario interesse la vastissima area funeraria per
tipologie tombali, corredi, organizzazione dello
7 PANI ERMINI 1993a; PANI ERMINI et al., 1993, in part.
pp. 223-228.
8 La basilica fu costruita tagliando consistenti strati allu-
vionali connessi probabilmente con la grande alluvione
testimoniata da una lettera di Teodorico degli anni 507-511:
si veda in proposito PANI ERMINI 1993 et al., p. 227.
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Fig. 3 - Pianta di Roma di M. Cartaro (1756), particolare del Borgo attorno a S. Pietro.
Fig. 4 - Cimitile (NA), veduta aerea (da MERCOGLIANO 1988, fig. 1, p. 8).
Fig. 5 - Cimitile (NA), pianta generale del complesso:
A) basilica di S. Stefano, B) basilica di S. Tommaso, C)
basilica nova; i numeri indicano le aree oggetto di
recenti indagini (da PANI ERMINI et alii 1993).
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Fig. 6 - Corfinio (AQ), complesso episcopale di S. Pelino.
spazio in funzione dei rituali funerari e per la continuità d’uso, in un arco cronologico che arriva
alle soglie dell’età moderna 9 . Due cattedrali
suburbane, infine, mi permettono di ribadire il
ruolo svolto, sia pure con modalità diverse, dallo
spazio dei morti nella trasformazione del suburbio. La cattedrale di Corfinio, sorta su un’area
cimiteriale nel suburbio del municipio romano, è
legata ad un culto martiriale (Fig.6). Attorno al
complesso episcopale si sviluppa un abitato, cinto
da mura e come tale ricordato in una lettera di
Adriano I, dotato di strutture artigianali e di uno
spazio funerario, che continuerà ad essere utilizzato, senza soluzione di continuità, fino al XIII
secolo10. Ma come è ben noto gli esempi potrebbero moltiplicarsi, sia pur riferendosi alla sola Italia
centro-meridionale. È però chiaro che nella scelta
dello spazio si evidenziano soluzioni conservative
e altre profondamente innovative. Nell’ambito
della scelta, per alcuni versi conservativa, dello
spazio suburbano, desidero fermare la mia attenzione su alcuni degli aspetti del complesso problema della ritualità funeraria.
3. Modalità di sepoltura e riti della deposizione
La scelta dello spazio destinato ai defunti di
una comunità o di un gruppo familiare fu determinata spesso dall’evergetismo privato, dell’autorità
laica o religiosa, da ragioni cultuali - come si è
appena detto - ovvero dalla continuità rispetto alla
tradizione romana.
È proprio al mondo romano che la società altomedievale guarda nella cura dei propri morti e
nella scelta delle tipologie tombali, sensibile però
ad influssi culturali e a tradizioni legate alla storia
delle diverse regioni della nostra penisola e
all’apporto determinante della cristianizzazione.
9 PANI ERMINI 1993, in c.s. Sull’ipotesi d’ubicazione della
cattedrale, prima della conferma delle recenti indagini, si
Tralascio il problema delle tipologie tombali, perché trattato da altri in questa stessa sede. Affronterò i temi che seguono partendo dalla pluriennale
esperienza dello scavo nel suburbio di Cornus, in
Sardegna, perché da lì è partito il mio interesse
per queste tematiche, ma cercherò costantemente
di confrontarmi con i risultati di recenti scavi nelle
regioni dell’Italia centrale, con qualche piccola
puntata un po’ più al Sud!
La grande area cimiteriale cornuense, all’origine, come dicevo, dei miei interessi sulla ritualità funeraria, fu utilizzata senza soluzione di
continuità dalla prima metà del IV secolo a tutto
il VII secolo. Pertanto è possibile seguirvi la
nascita, la sopravvivenza e l’evoluzione dei riti
legati alla morte. Fatto non trascurabile, il cimitero si sviluppa in un’area suburbana destinata a
diventare un polo di attrazione importante per la
presenza del complesso episcopale, di strutture
artigianali, di spazi abitativi. In prossimità di un
grande impianto termale extraurbano, forse pubblico, si sviluppa una vasta area cimiteriale
comunitaria, con una basilica funeraria mononave, dotata di spazi annessi legati alla ritualità
della deposizione e della commemorazione dei
defunti (Fig. 7). Al primo impianto funerario, subdiale, all’interno di uno degli ambienti dell’installazione termale e della basilica funeraria, si
affianca, a partire dalla fine del IV secolo, un polo
cultuale con basilica episcopale, battistero indipendente e ambienti annessi. In questo complesso, abbandonato all’inizio dell’VIII secolo, gli
spazi legati alla sepoltura e ai riti ad essa connessi sono variamente articolati. La tipologia delle
sepolture si ispira alla tradizione romana e tiene
conto delle risorse ambientali. Sono presenti,
infatti, semplici sepolture ricavate nel banco di
roccia e chiuse da lastroni litici, sepolture a cappuccina, ad enchytrismos, sormontate spesso da
tumuli in muratura intonacati o decorati con
motivi fitomorfi in rosso e bruno su fondo bianco,
ovvero con mosaico, le forme, delimitate da
muretti realizzati con materiali di risulta, le semplici sepolture terragne, scavate all’interno dei
riempimenti atti a livellare i tagli nel banco roccioso e destinati a conferire al cimitero orientale
subdiale un’organizzazione a gradoni. Le più
numerose sono certamente le tombe in sarcofago,
realizzate utilizzando lo stesso calcare marnoso così facile da lavorare ma così facilmente deteriorabile - che costituisce la collina su cui s’imposta
l’intero complesso episcopale. Nell’ultima fase di
frequentazione compaiono le sepolture antropomorfe, delimitate da lastroni litici. Nonostante la
presenza di una vasta area subdiale, di spazi
all’interno della basilichetta mononave, degli
veda GIUNTELLA 1989a, pp. 136-137; GIUNTELLA
1989b, pp. 64-67.
10 GIUNTELLA et al. 1990; GIUNTELLA 1993, in c.s.
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Fig. 7 - Cornus (OR), planimetria generale del complesso; con le lettere B-H è indicata la basilichetta funeraria e il
suo avancorpo (da GIUNTELLA et alii, in corso di stampa).
ambienti ad essa annessi, anche all’interno della
basilica episcopale furono trovate, dai primi indagatori dell’area, delle sepolture che ritengo si possano definire privilegiate per la presenza - raramente attestata nell’intera area - di lastre di
copertura in marmo iscritte, di corredi personali
ricchi. Nessuna delle sepolture indagate all’inizio
degli anni sessanta 11 può essere riferita, sulla
base della documentazione epigrafica, a membri
del clero cornuense. L’orientamento predominante è quello E/W, nel rispetto della tradizione
romana, eccezion fatta per quelle sepolture che si
inseriscono negli spazi di risulta e seguono
l’orientamento N/S. Per quanto riguarda le modalità della deposizione, desidero sottolineare che
alcune delle inumazioni nella zona utilizzata a
partire dalla metà del V secolo sono deposte su un
letto di carboni vegetali, usanza ben nota nelle
necropoli di cultura germanica e diffusasi forse in
Sardegna con l’occupazione vandala12.
11 Ad Ovidio Addis si deve la scoperta delle iscrizioni per le
quali lasciò una dettagliata descrizione del rinvenimento
nella relazione alla Soprintendenza di Sassari sulle due
campagne di scavo da Lui dirette; sulle epigrafi cornuensi si
veda TESTINI 1972, pp. 556-560; MASTINO 1979, pp. 109195; PANI 1986, pp. 95-101.
12 Sulla Sardegna nel periodo di occupazione vandalica si
veda PANI ERMINI 1988.
13 Si veda in proposito GIUNTELLA 1990, p. 220; NUZZO,
in FELLE et al. 1994, pp. 152-154.
14 Molte sono le testimonianze dei padri in proposito, mi
3.1 Corredo personale e corredo rituale
È ormai acquisita la distinzione tra corredo
personale, inteso come oggetti appartenuti al
defunto in vita e legati all’ornamento della persona e spesso segno distintivo delle sue funzioni in
vita, e oggetti offerti al defunto al momento della
deposizione e legati ai riti che accompagnavano la
sepoltura13.La tradizionale convinzione che nelle
necropoli cristiane fossero assenti elementi legati
al vestiario e all’ornamento della persona è oggi
ampiamente contraddetta dall’evidenza archeologica. Nonostante l’atteggiamento intransigente,
sin dai primi secoli, dei Padri della Chiesa che condannavano l’ostentazione della ricchezza al
momento della morte e la vacuità dei beni terreni14, alcune tradizioni si perpetuano, senza soluzione di continuità, sia pure con qualche flessione
e accompagnate da gesti, rituali e momenti comunitari ispirati alla fede cristiana 15. Così si può
limito pertanto a citarne alcune particolarmente emblematiche: S.EUSEBI HIERONIMI, Vita S.Pauli, 17 = PL, 23,
accurante P. MIGNE, Parisiis 1845, col. 28. A. AGOSTINO,
Discorsi, CXXII, 5 = Nuova Bibliotheca Agostiniana, XXXI,
1, a cura di M. RECCHIA, Roma 1990, pp. 68-69; ibid. XXXI,
2, pp. 886-889; in particolare si veda A. AGOSTINI, De cura
pro mortuis gerenda ad Paulinum episcopum = CSEL, XLI,
a cura di I. ZYCHA, Pragae -Vindobonae -Lipsiae 1900.
15 Si veda in proposito FEVRIER 1987, passim; di recente
queste tematiche sono state riprese da E. Rebillard (REBILLARD 1994), soprattutto per il IV e V secolo.
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SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO
Fig. 8 - Cuglieri (OR), orecchini in oro “a globo mammellato” provenienti dall’area cimiteriale di Cornus.
Fig. 9 - Cornus (OR), area cimiteriale orientale, corredo
della tomba 80 (da AMANTE SIMONI 1986).
spiegare la presenza di oggetti legati al vestiario
del defunto, all’ornamento della persona, di suppelletili d’uso quotidiano rinvenute nell’area cimi16 Non entro nel merito delle classificazioni tipologiche per-
ché l’argomento è stato oggetto di ampi e puntuali studi ai
quali volentieri rimando: AMANTE SIMONI 1986b; MARTORELLI 1986; MARTORELLI 1989 in c.s.; rimando, infine, all’ampio contributo di Rossana Martorelli in corso di
pubblicazione in GIUNTELLA et al. in c. s.
17 Cfr. MARTORELLI 1986, p. 166-167. È ben noto il valore
magico e propiziatorio che avevano l’ambra e il corallo nel
mondo antico; valore apotropaico si può forse attribuire, nel
rispetto della consuetudine romana, ai chiodi, rinvenuti in
alcune sepolture cornuensi e non riferibili, per posizione e
numero, a casse lignee o barelle. Si veda in proposito GIUNTELLA 1990, p. 221; GIUNTELLA 1992, p. 132.
18 Un ambiente dell’impianto termale, nell’ambito del quale
si sviluppano l’area funeraria e il complesso episcopale, fu
trasformato in mausoleo, probabilmente familiare, legato
alla basilichetta funeraria. Tale ambiente fu scavato nel
teriale legata all’episcopio di Cornus. Le tombe
femminili hanno restituito vaghi di collana in
pasta vitrea, in ambra, in ceramica, pendenti
d’ametista, armille, orecchini in argento, in oro,
aghi crinali, in argento, bronzo ed osso, anelli digitali, ecc. Le inumazioni maschili presentavano per
lo più fibbie e placchette di cintura, coltelli, utensili d’uso quotidiano 16. La presenza di rametti di
corallo allo stato grezzo all’interno o sopra sepolture infantili può essere facilmente messo in relazione con le virtù propiziatorie attribuite al corallo,
simbolo, tra l’altro, di fertilità 17 . A defunte di
rango appartengono alcuni corredi che si distinguono per l’accurata lavorazione e la preziosità del
metallo. Mi riferisco, per esempio, ad una coppia di
orecchini a globo mammellato in oro (Fig.8), un
tipo assai diffuso in Sardegna e recentemente
datato ad età altomedievale, rinvenuta all’interno
di una sepoltura in un ambiente adiacente alla
basilichetta funeraria. Tale ambiente per la posizione può definirsi un mausoleo con sepolture privilegiate18. A questi potrei aggiungere il ricco corredo della defunta Patriga Honesta Femina, una
giovane nobile, morta all’età di circa venticinque
anni19 e deposta probabilmente con un mantello,
fermato sul petto da una fibula a disco in argento,
con ardiglione in bronzo; un ago crinale in argento
doveva fermare la sua acconciatura, impreziosita
forse da una rete di fili dello stesso metallo (Fig.9).
Sotto il suo capo, infatti, sono state trovate tracce
d’argento. Il nome e il rango della defunta sono
espressi dall’iscrizione, posta su tre delle quattro
superfici della parte centrale a sezione quadrangolare, accompagnata da una croce greca e da motivi
serpentiformi20. L’ambito cronologico dei corredi
appena descritti è compreso tra la fine VI e il VII
secolo21 . Elemento non trascurabile nella fossa
della cappuccina che conteneva l’inumata erano
presenti due monete bronzee 2 2 . Gli accessori
dell’abbigliamento sia maschile che femminile
confermano la presenza dell’inhumation habillé:
un uso ampiamente documentato nelle necropoli
di cultura romanza, nonostante il ripetersi degli
ammonimenti e delle proibizioni dell’autorità religiosa. Tale prassi è attestata all’interno ed attorno
1955. La relazione di scavo, le dichiarazioni verbali di uno
degli archeologi che qui operarono, il prof. Pietro Pes, e le
successive indagini consentono di stabilire diverse fasi
d’utilizzo del vano a scopo funerario. Insieme agli orecchini
fu rinvenuto un anello digitale in oro - testimonianza orale
di Pietro Pes - di cui oggi purtroppo si è persa traccia. Si
veda in proposito AMANTE SIMONI 1986b, p. 177, fig.
27,31; MARTORELLI 1990, pp. 540-541.
19 FORNACIARI, MALLEGNI 1986, p. 214.
20 AMANTE SIMONI 1986b pp. 173-174, cat. nn. 133-134.
21 Si veda ancora per una disamina approfondita su tali
oggetti e per i confronti AMANTE SIMONI 1986b, pp. 173174, 177.
22 AMANTE SIMONI 1986a, 131; AMANTE SIMONI 1990,
p. 237. Più avanti accennerò al problema della sopravvivenza dell’obolo a Caronte.
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Fig. 10 - Cagliari, Museo Archeologico Nazionale, fibbia
con figurazione cristiana (PANI ERMINI - MARINONE
1982, cat. 189, foto Pani Ermini).
agli edifici di culto, con dignità di cattedrale, come
nel caso di Cornus, ovvero in complessi come quello di San Felice a Cimitile, dove la tomba del Martire è all’origine della formazione di una vera e
propria città-santuario. Questo solo per citare due
esempi emblematici. La consuetudine di vestire il
defunto con gli abiti che era solito usare in vita,
con gli oggetti a lui appartenuti e legati al suo sta tus sociale e alle sue funzioni assume certamente
proporzioni più vaste a partire dal VI secolo, anche
se non mancano testimonianze archeologiche per i
primi secoli del Cristianesimo 2 3 . Un segno di
distinzione sociale sono indubbiamente, considerato l’esiguo numero di sepolture con elementi di
corredo personale, i resti dei calzari rinvenuti
all’interno di due sepolture maschili nella piccola
catacomba di Castelvecchio Subequo, vicino
L’Aquila. Entrambi gli inumati avevano un anello
digitale in bronzo, con castone decorato con simboli cristiani, e lungo gli arti inferiori chiodi di ferro
legati con resti di cuoio e legno24.
La presenza di tradizioni culturali diverse ha
probabilmente influenzato la moda del vestire
quotidiano e, quindi, incrementato l’uso di fibule,
di fibbie di cintura, di affibiagli per calzature e per
23 Si veda in proposito il recente contributo di R. MARTORELLI in c.s., presentato al Colloquio Internazionale presso
la Durham University.
24 Negli scavi del 1990 una sepoltura all’interno dell’ipogeo
ha restituito 70 chiodi, tutti localizzati lungo gli arti inferiori dell’inumato (SALADINO, in GIUNTELLA et al. 1991,
pp. 282-284); nello scavo dell’area subdiale di fronte
all’accesso della catacomba, nel 1992, una seconda sepoltura ha restituito analoghe calzature, in miglior stato di conservazione, tuttora inedite. In generale sulle indagini nella
catacomba cfr. GIUNTELLA et al. 1991.
25 Si pensi, ad esempio, ai manufatti dei centri più importanti di produzione del mondo bizantino o alle botteghe che imitano localmente le produzioni più nobili, cfr. ad esempio
PANI ERMINI, MARINONE 1982, pp. XVI-XVII, in particolare 189-190, 202; MARTORELLI 1991; SERRA 1990, p. 148.
26 SERRA 1990, p. 148. Una crocetta d’argento fu trovata da
Ovidio Addis nello scavo dell’area funeraria cornuense;
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borsa, di ganci per appendere alla cintura utensili.
Prodotti di un artigianato assai raffinato alcuni di
questi elementi, in particolare le fibbie e le fibule
di cintura, denunciano, nell’ornamentazione, la
scelta ideologica della committenza. Alludo alla
comparsa di motivi ornamentali ispirati alle tematiche cristiane, quali croci, figure di santi e di Cristo (Fig.10) 25. Non posso, infine, non ricordare la
presenza di croci, ritagliate in sottili lamine
d’argento o d’oro, destinate ad essere cucite sul
velo funebre. Ben documentate - come è noto - in
contesti di cultura longobarda, tali croci sono presenti anche in altri ambienti culturali, come quelle conservate nell’Antiquarium arborense di Oristano e nel British Museum di Londra, provenienti presumibilmente da contesti funerari di Tharros
e dell’Oristanese26.
In altre occasioni ho avuto modo di occuparmi
di riti funerari, privilegiando però l’aspetto legato
alle offerte alimentari, ai banchetti comunitari e al
refrigerium27. Le acquisizioni degli ultimi anni, il
lavoro d’équipe finalizzato all’edizione integrale
dell’area cimiteriale orientale di Cornus28, mi consentono d’inserire il discorso nell’ambito della
complessa ritualità che accompagnava la morte.
La presenza di vasellame dentro e fuori della
tomba, spesso associato a resti di pasto, ad ossa di
animali combusti, mi sembra che possa essere
ragionevolmente messa in relazione con la sopravvivenza di conviti rituali, al momento della deposizione, o con il bisogno di attribuire al defunto delle
necessità materiali, anche dopo la morte. Gli
oggetti deposti nella tomba hanno certamente
significati diversi e la cristianizzazione non sembra aver interrotto certe usanze: i vetri dorati così
numerosi nelle catacombe romane - ma non solo in
queste - dentro la tomba o sulla tomba, con acclamazioni di contenuto cristiano, escatologico, con
immagini vetero e neotestamentarie, mostrano
chiaramente la volontà di non interrompere dei
“gesti” che accompagnavano la morte e che avevano un valore rassicurante. Molteplicità di signifiinsieme con altro materiale la croce è stata per anni conservata dagli eredi dell’archeologo sardo e soltanto di recente è
entrata nei depositi del Museo Nazionale di Cagliari. Pertanto non mi è stato possibile visionarla e fotografarla.
Potrebbe trattarsi, stando alla descrizione dello stesso
Addis e a vaghi ricordi personali, di una piccola croce reliquiario.
27 Mi permetto di rimandare a GIUNTELLA et al. 1985;
GIUNTELLA 1990, pp. 215-230; GIUNTELLA 1992.
28 È in corso la pubblicazione dell’area cimiteriale, legata al
complesso episcopale, frutto di un prezioso lavoro d’équipe
in collaborazione con un gruppo di giovani studiosi che, da
quasi dieci anni, si sono affiancati a Letizia Pani Ermini e a
chi scrive nelle ricerche archeologiche cornuensi. Si riman da pertanto a GIUNTELLA et al. in c.s. Sono grata ai collaboratori al volume per aver messo a mia disposizione i loro
dati, consentendomi in questa sede delle preziose anticipazioni relative al tema qui affrontato.
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SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO
Fig. 11 - Cornus (OR), tomba 79 con corredo rituale: brocchetta con ossa di pollo.
cati, dunque, ma com’è stato mirabilmente espresso da Paul Albert Février, uno era lo scopo principale. Cito le sue parole: “Dans des tombes plus tar dives ... on trouve toujours des objets. Plusieurs ou
un seul. Souvenir du repas? Ou objets destinés a
contenir de l’eau bénite ou de l’encens? Ils tradui sent en tout cas la nécessité d’une aide au défunt
dans la tombe”29.
Il vasellame all’interno della tomba, in metallo prezioso, in ceramica o in vetro aveva, in ogni
caso, una valenza rituale, associato o meno al corredo personale e alla suppellettile d’uso quotidiano, agli oggetti sontuari e d’apparato. D’altra
parte, i frequenti rinvenimenti di avanzi di pasto
dentro e fuori la tomba - ricordo fra tutte la testimonianza dell’area cimiteriale cornuense
(Fig.11)30, le frequenti allusioni dei padri della
29 FEVRIER 1987, p. 917. Sull’ipotesi che la brocca nella
tomba possa essere messa in relazione con il Battesimo,
quale oggetto, cioè, utilizzato al momento del rito per versare l’acqua sul capo e conservato per tutta la vita e quindi
deposto nella tomba come ricordo del rito dell’iniziazione
cristiana si veda PEDUTO 1984, pp. 57-63, e la discussione
sulla lezione spoletina di A. ANGENENDT (1987, pp. 328330), in particolare l’intervento di V. Guarino (pp. 328-329).
30 GIUNTELLA et al. 1985, passim; GIUNTELLA 1990, in
part. pp. 221-224; GIUNTELLA 1992, pp. 132-137. Si veda
inoltre PANI ERMINI et al. 1993, pp. 225, 283 e ss. Non va
dimenticata peraltro la preziosa testimonianza delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino, per le
quali gli scopritori ricordano con scrupoloso rigore i resti di
gusci d’uovo, di ossa di animali rinvenuti all’interno delle
sepolture associati alla suppellettile bronzea e ceramica,
MENGARELLI 1902; PASQUI PARIBENI 1918.
31 A. AGOSTINI, Contra Faustum, XX, 21 = CSEL, XXV, p. 560 e
ss. Per una disamina puntuale delle fonti relative a tali forme di
culto dei morti e dei martiri rimando a SAXER 1980, 47-52, 65-73,
135-136, 157-159; FEVRIER 1987, passim; GIUNTELLA 1992.
32 Cfr. in proposito FEVRIER 1977; GIUNTELLA et al.
chiesa ai conviti funebri che i cristiani solevano
compiere presso le tombe dei martiri e dei defunti
testimoniano la concretezza di un rito che l’autorità religiosa aveva cercato di trasformare sin
dalle origini: “sacrificia mortuorum nos vertimus
in agapes … Agapes enim nostrae pauperes
pascunt sive frugibus, sive carnibus”31. L’aspetto
conviviale dei riti che accompagnavano la sepoltura e la commemorazione dei defunti è del resto
espresso dalle tante immagini di banchetto delle
catacombe romane (Fig.12), ovvero dalle concrete
rappresentazioni del cibo e delle suppellettili per
il pasto che l’archeologia africana ci ha restituito32. Esse sono, a mio avviso, l’espressione artistica dell’anello di congiunzione tra una tradizione
ben nota nel mondo romano33 e la ritualità che la
società altomedievale ereditò dal mondo romano,
permeata di contenuti cristiani e di tradizioni culturali diverse.
Non v’è dubbio, infatti, che quest’uso si sia protratto nel tempo, anche nel periodo che interessa in
questa sede. Ne fanno fede alcuni interventi conciliari, quali ad esempio un canone del concilio di
Tours del 567 nel quale si condannavano coloro che
“in festivitate cathedrae sancti Petri apostoli cibos
mortui offerunt”34, ovvero il canone LXIX del concilio di Braga (572) dove si dice esplicitamente “non
liceat christianis prandia ad defunctorum sepulcra
deferre et sacrificia reddere mortuorum”35.
Fra gli aspetti della ritualità che accompagnava
la morte non va dimenticata la presenza delle monete nei cimiteri, sia all’interno della tomba e quindi
deposte al momento dell’inumazione, sia all’esterno
della tomba, spesso associate a suppellettili e ad
avanzi di pasto combusti, a resti di fuochi. Nel primo
caso la moneta può essere utilizzata come elemento
di collana e quindi entrare a far parte dei corredi
femminili, ovvero come “obolo viatico”, come continuazione del rituale pagano dell’obolo a Caronte36,
nel secondo caso come obolo offerta, forse legata ai
1985, pp. 37-39, Tav. VI, 2. La Jastrzbowska (1979) ritiene
che le scene di banchetto nella pittura cimiteriale romana
siano da intendersi come immagini puramente simboliche,
ma proprio gli esempi africani, i dati archeologici degli ultimi anni e, non ultimo, lo stesso atteggiamento dei convitati
nelle scene romane, mi inducono a propendere per la concretezza del pasto funebre. La cultura cristiana intendeva
certamente questo momento come un’anticipazione del banchetto celeste.
33 BALDASSARRE et al. 1990, in part. pp. 61-70. Sull’ideologia funeraria nel mondo romano si veda SCHEID 1984.
3 4 MANSI, IX, p. 803. È in corso, presso la cattedra di
Archeologia Medievale dell’Università di Chieti, una ricerca
sulle testimonianze letterarie, epigrafiche ed iconografiche
del tema del convito funebre dal IV all’VIII secolo; collaborano alle ricerche, dirette da chi scrive, Mariella Lattanzio e
Chiara Zuccarini.
35 VIVES 1963, p. 102.
36 AMANTE SIMONI 1990, Ead. 1992, ivi bibliografia precedente; per la moneta come elemento di collana cfr. anche
D’ANGELA 1996; RUPP 1997, in part. pp. 92 e ss.
Anna Maria Giuntella
69
Fig. 12 - Roma, catacomba di Marcellino e Pietro, scena di banchetto (foto Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Lau L 45).
Fig. 13 - Cornus (OR), schizzo ricostruttivo di un tumulo quadrangolare con mensa (da GIUNTELLAet al.1985, disegno di C. Sassetti).
riti del convito37. A Cornus, punto di partenza privilegiato per queste brevi note, attorno alle mensae
per i refrigeria, attorno cioè a quegli organismi che
dalla metà del V secolo vengono realizzati o ampliati in funzione dei riti del convito (Fig.13), sembra
esservi una maggiore concentrazione di reperti
monetali. Inoltre nella stessa area cimiteriale si è
potuto rilevare che le monete usate come “obolo via-
tico” nella tomba non sono mai costanti numericamente e presentano spesso una datazione più alta
rispetto a quelle rinvenute all’esterno della tomba38.
Nel complesso gli scavi recenti in ambito ipogeo
e subdiale, testimoniano il perdurare, senza soluzione di continuità, fino alla fine del VII secolo,
dell’uso dell’hinumation habillé, del corredo rituale,
e, accogliendo la recente definizione adottata a pro-
37 A questo proposito vale la pena di ricordare quanto detto
da Paul Albert Février nella discussione della sua Lezione
Spoletina del 1987, l’assenza cioè di espliciti riferimenti
nelle fonti a questa pratica; lo Studioso ricordava anche un
dato a mio avviso interessante: nella tradizione islamica si
compie un pasto sulla tomba dei defunti e si distribuisce
cibo e denaro a tutti coloro che passano (discussione sulla
lezione FEVRIER 1987, pp. 947-948).
38 AMANTE SIMONI 1992, p. 142.
70
SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO
posito delle suppellettili della catacomba di S.Ippolito sulla via Tiburtina39, del “corredo - arredo”, per
individuare e personalizzare la tomba. Sempre
nell’ambito dei corredi rituali per la ricchezza dei
materiali, solo per riferirmi ai contesti a me più
familiari, non posso non ricordare l’area funeraria
subdiale, legata alla catacomba che utilizzarono gli
abitanti di un grosso insediamento non lontano
dalla statio al bivio tra la Labicana e la Latina, il
cimitero di S.Ilario ad bivium. Qui fu costruita, alla
fine del secolo VIII, una basilichetta dedicata al
santo di Poitiers40. Fra le tante tombe con corredo
personale, rituale, con monete, ne ricordo una certamente privilegiata, inserita all’interno di un piccolo recinto realizzato in tufo, con tracce di decorazione dipinta. Si tratta di un sarcofago in pietra
locale con logette e alveolo cefalico nel cuscino, resecato nella parte superiore al momento della costruzione della chiesa. La sepoltura, in buono stato di
conservazione, presentava, lungo il fianco sinistro,
all’altezza del petto dell’inumato, una brocchetta
monoansata, di un tipo ben noto e ampiamente
documentato a Roma e nell’Italia centrale, come
corredo tombale dalla metà del VI al VII secolo. In
complesso tra catacomba e area subdiale il cimitero
poteva ospitare 800-900 sepolture, indizio chiaro
che serviva una comunità discreta. Sempre nella
campagna romana un ulteriore esempio di sopravvivenze rituali lo possiamo trovare nella catacomba
di S.Senatore ad Albano, sia per la presenza di gruzzoli monetali, di offerte singole all’interno della
tomba, che per presenza di corredi personali e rituali, quali brocche, olle da fuoco, bicchieri vitrei, lampade troncoconiche e poliansate, corredate di elementi per la sospensione di bronzo e in rame41. Un
gruppo di sette forme in muratura, parallele, orientate E/W occupa il vano di passaggio verso la c. d.
cripta storica, legata al culto di S.Senatore, santo
noto nei più antichi martirologi e itinerari della
chiesa romana. La costruzione di queste tombe, affini tipologicamente, risale ad un momento costruttivo unitario da porsi attorno alla metà del VI secolo;
due di esse presentavano un gruzzolo con monete
dall’epoca di Costantino a quella di Giustiniano42.
4. Lo spazio per il rito e la liturgia dei defunti
La morte e la deposizione nella tomba furono
39 FELLE et al. 1994.
40 FIOCCHI NICOLAI 1988-1989, pp. 71-88.
41 FIOCCHI NICOLAI et al. 1992.
42 MARTORELLI, in FIOCCHI NICOLAI et al. 1992, pp.
70-97; in part. per i reperti monetali p. 80.
43 Ringrazio l’amico Vincenzo Fiocchi Nicolai per avermi
consentito di portare a questo congresso i risultati di
un’importante e fortuita scoperta che risale al 1991. Nel settembre di quell’anno, infatti, la crescita anomala dell’erba
medica in un campo prospiciente la via Ardeatina rivelò la
presenza della parte terminale absidale di un edificio. Le
dunque accompagnate da un complesso di riti del
commiato e della commemorazione che certamente seguivano, nel mondo cristianizzato, la liturgia
dei defunti. L’archeologia ha messo in evidenza,
soprattutto in taluni contesti geografici della
nostra penisola, quali ad esempio, per il periodo
altomedievale, la Sardegna, la presenza di dispositivi per la deposizione delle offerte e per il rito
comunitario del banchetto (Fig.13). Accanto a questi, però, è possibile trovare anche spazi chiusi o
recintati con questa stessa funzione. Penso ad
esempio all’ambiente quadrangolare costruito a
Sud dell’area funeraria orientale di Cornus, alla
basilica funeraria e agli ambienti ad essa legati
nella medesima area (Fig.7, B-H, R), ma anche alle
grandi basiliche circiformi romane.
La recente scoperta di una nuova basilica di
tale tipo sulla via Ardeatina, per i dati che ha
restituito, ben si inserisce nelle tematiche da me
affrontate43.
Nella tarda estate del 1991, la crescita anomala del manto erboso rivelò la presenza di un robusto muro, con andamento semicircolare, nel terreno compreso tra l’Appia e l’Ardeatina, nel cui sottosuolo si sviluppano i diversi nuclei del complesso
callistiano. Un primo sondaggio d’emergenza
rivelò che si era in presenza di un basilica cimiteriale, che sembrava di grandi dimensioni. Le successive e prolungate campagne di scavo hanno
messo in luce una basilica del tipo circiforme44, da
identificare con ogni probabilità con l’edificio fatto
costruire da papa Marco sulla via Ardeatina, dove
lo stesso pontefice si fece inumare (Fig.14). La
grande novità archeologica ben si inquadra nelle
tematiche da me esposte ed in quelle più generali
affrontate dal convegno. La basilica, infatti, come
testimoniano la tecnica edilizia e le sequenze stratigrafiche, fu certamente in uso dalla metà del IV
secolo - papa Marco è l’immediato successore di
Silvestro, il contemporaneo di Costantino - fino
alla metà del VII secolo. Le sepolture al suo interno sono sarcofagi marmorei, forme a più piani,
tombe a pozzo, aperte nel pavimento e con evidenti segni di reimpiego. Il dato certamente di grande
interesse a fini del mio discorso è costituito dalla
presenza, in tutti i periodi di frequentazione ed
uso, di ricchi corredi personali e rituali, oggetti di
ornamento della persona, suppellettile di uso quotidiano, come aghi da cucito, coltelli forbici, dadi
successive campagne di scavo - tuttora in corso - hanno confermato la prima suggestiva ipotesi circa l’appartenenza
dell’edificio in questione al tipo a deambulatorio con navate
avvolgenti (cfr. FIOCCHI NICOLAI 1995; FIOCCHI NICOLAI 1997; FIOCCHI NICOLAI et al. in c.s).
44 Cinque sono le basiliche di questo tipo note a Roma, tutte
sorte nella prima metà del IV secolo: la memoria apostolo r u m sulla via Appia, S.Agnese sulla via Nomentana,
S.Lorenzo sulla via Tiburtina, SS.Pietro e Marcellino sulla
via Labicana e la basilica anonima della via Ardeatina,
l’unica per la quale manca un legame con un culto martiriale. Per la bibliografia sulle basiliche a deambulatorio cfr.
FIOCCHI NICOLAI 1997, in part. p. 83.
Anna Maria Giuntella
71
Fig. 14 - Roma, basilica circiforme della via Ardeatina, planimetria del settore rimesso in luce (da FIOCCHI NICOLAI 1997).
da gioco, salvadanai, giocattoli infantili, ceramica
fine da mensa in terra sigillata chiara D, anche
nelle forme più tarde (HAYES 104-107), forme
chiuse dello stesso tipo di vasellame, lucerne dei
tipi ben noti, forme Atlante VIII e X, bottiglie
vitree, coppe incise, lucerne troncoconiche, olle e
brocche in ceramica comune, lucerne del tipo a
“ciabatta” sempre in ceramica comune priva di
rivestimento, e reperti monetali che coprono un
arco cronologico che va dall’età costantiniana
all’inizio del VII secolo45. Mi pare che le condizioni
di rinvenimento confermino mirabilmente la
sopravvivenza di pratiche funerarie diverse, che
dentro la tomba assumono il chiaro significato del
perdurare di antiche consuetudini, anche se la
presenza di un’alta percentuale di lucerne vitree e
fittili, all’interno della sepoltura, può forse essere
legata ai frequenti richiami della liturgia dei
defunti, dei padri della chiesa, dei canoni conciliari alla luce di Cristo che rischiara le tenebre della
morte.
Un’ultima notazione va fatta a proposito
dell’interpretazione di questi singolari edifici di
culto romani a deambulatorio, destinati alla sepoltura dei defunti e alle cerimonie di commiato e commemorazione. Jean Guyon ha sottolineato, circa
dieci anni fa, a proposito della basilica di Marcellino
e Pietro, ad duas lauros46, il legame di costruzioni di
questo tipo con lo svolgimento delle agapi funerarie,
documentato nel caso di Marcellino e Pietro, anche
dalla presenza di dispositivi, quali le mense, in
marmo e in muratura47. Si tratta, quindi, di luoghi
legati alla liturgia dei defunti, alla liturgia eucaristica e ai riti funerari 48. Funzioni non dissimili
dovevano averle anche gli avancorpi e gli spazi
annessi nelle grandi basiliche funerarie. Ricordo
soltanto che nell’atrio della basilica vaticana Pammachio offrì un grandioso banchetto per i poveri in
memoria della moglie defunta49. Ma tali banchetti
continuarono ben oltre il IV secolo. Le disposizioni
conciliari, come accennato sopra, nel tentativo di
arginare una consuetudine, indirettamente avvalorano i dati dell’archeologia.
45 FIOCCHI et al. in c.s.
46 GUYON 1987, pp. 207-315.
48 Di recente Mario Torelli ha sottolineato la valenza simbolica di tali chiese, rilevando che la loro particolare icnografia,
ispirata alla pianta del circo, evidenzia la lotta, l’agone
dell’uomo per vincere la morte (TORELLI 1992, pp. 203-217).
49 PAULINI EP., Epistolae, XIII, 11, recen. G. DE HARTEL
= CSEL 29, Pragae-Vindobonae-Lipsiae 1894, pp. 92-93.
47 Sulle mense in muratura ed in marmo in ambito funera-
rio si veda quando scritto da E. CHALKIA (1986, pp. 169197) a proposito del cimitero dei Giordani a Roma.
72
SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO
Dall’esame, sia pur rapido, di alcune importanti aree funerarie del suburbio romano, della campagna romana, di area abruzzese, campana e
sarda appaiono costanti alcuni elementi che possono, almeno in parte rispondere agli interrogativi
sulla ritualità funeraria nel passaggio dall’antichità al medioevo. Perdura senza soluzione di continuità, nelle zone indicate, fino alla fine del VII
secolo, l’uso di inumare con oggetti di corredo personale, suppellettile legata alla vita quotidiana, al
rito dell’offerta alimentare, accompagnata - anche
se non sempre - da avanzi di pasto. È inoltre assai
bene documentato l’uso di deporre gruzzoli (Albano, Cornus, basilichetta anonima della via Ardeatina, ecc.), oltre che monete singole, nelle sepolture come obolo viatico, reminiscenza dell’obolo a
Caronte. L’obolo comporta spesso il recupero di
pezzi non più in corso legale e legati, talvolta, al
loro riutilizzo come elementi di collana. La consuetudine cristiana non sembra affatto precludere
l’uso di corredo personale e rituale, anche in prossimità o addirittura all’interno di complessi episcopali, santuari, oratori. È evidente, inoltre, la
sopravvivenza di spazi destinati alle agapi funerarie, “organizzati” (Cornus, anonima della via
Ardeatina, Cimitile, ecc.), certamente fino alla
metà del VII secolo. Anche se si tratta di un’area
un po’ ai limiti, geograficamente parlando, rispetto alle aree prese in esame nel Convegno, giova
ricordare che a Cornus è attestato, nell’ultima
occupazione a scopo funerario dell’area ad Est del
complesso episcopale, l’uso di deporre l’inumato su
un letto di carboni. Sempre a Cornus sono presenti tracce di fuochi esterni alla sepoltura, con resti
ossei combusti e suppellettile da mensa intenzionalmente frammentata. L’orientamento prevalente nelle deposizioni più antiche, nelle aree subdiali considerate, è quello E/W. Dopo segue condizionamenti imposti dal recupero degli spazi.
All’interno degli edifici di culto è costantemente
verso l’altare. All’interno degli spazi ipogei, laddove non condizionato dalla presenza della tomba
venerata - come nel caso delle tombe davanti alla
cripta storica di S.Senatore ad Albano - a seconda
dell’orientamento dell’escavazione delle gallerie,
gli inumati volgono il capo ad Est o a Sud.
In tutti i cimiteri di cui ho trattato è attestato
l’uso di sepolture multiple, inteso come deposizioni
contemporanee, o come riuso anche a breve distanza
di tempo dalla prima deposizione50. Numerosi sono i
casi di due o più inumazioni, escludendo da questo
novero le sepolture nelle quali è evidente la riduzione della prima deposizione per far posto alla successiva. Anche per questo aspetto del rituale funerario
la comunità cristiana ereditò dal mondo e dalla legislazione romana il concetto della sacertà e della
inviolabilità della tomba51; in tal senso infatti debbono intendersi alcune ben note formule deprecatorie nell’epigrafia cristiana e altomedievale 52. La
prassi contraddice, anche in questo caso, le normative. Non voglio affrontare il complesso tema perché
implicherebbe entrare nel merito di problematiche
di ordine giuridico, culturale e religioso che mi porterebbero molto lontano. La protezione della tomba
dalle manomissioni e dai furti non riguarda certamente la proprietà del sepolcro e le disposizioni
testamentarie. Vale la pena però brevemente ricordare, fra le tante testimonianze offerte in proposito
dalle disposizioni conciliari, dai vescovi e dal clero,
quanto viene espressamente affermato in un canone
del concilio di Mâcon del 585, dove si condanna
duramente l’uso di aprire una sepoltura per deporvi
un altro defunto, a meno che non ci sia una precisa
disposizione del proprietario: “Comperimus multos
necdum marcidata mortuorum membra sepulchra
reserare et mortuos suos superimponere vel aliorum,
quod nefas est, mortuis suis religiosa loca usurpare,
sine voluntate scilicet domini sepulchrorum. Ideo que statuemus, ut nullus deinceps hoc peragat. Quod
si factum fuerit, secundum legum auctoritatem
superimposta corpora de eisdem tumulis reiacten tur”53.Il sinodo diocesano di Auxerre dice chiaramente: “non licet mortuum super mortuum mitti”54;
nello stesso sinodo, al canone XII: “non licet mortuis
nec eucharestia nec osculum tradi, nec in vela nec in
palla corpora eorum involvi” 55. Tali disposizioni,
come tante altre delle quali si fa menzione in questa
sede, sono puntualmente contraddette dall’evidenza
dei rinvenimenti, dagli oggetti relativi all’abbigliamento e all’ornamento della persona, così frequenti
nei cimiteri cristiani coevi alla disposizione56.
Ho nettamente privilegiato il VI e VII secolo
lasciando forse un po’ in ombra il secolo VIII, secolo per il quale le attestazioni della cultura materiale sembrano meno importanti e meno sicure,
ma certamente anche questo dato, se rapportato
alle aree funerarie suburbane, alle quali io in particolare mi sono riferita, può considerarsi un dato
importante.
50 Sul problema delle sepolture multiple, in contesto cristia-
56 La severità dei canoni conciliari è manifestamente igno-
no, in Sardegna si veda PANI ERMINI 1990, p.26.
51 Cfr. DE VISSCHER 1963.
52 Sul problema si veda TESTINI 1980 (1958), p. 448 e ss.;
ZUCCA 1990, ivi bibliografia precedente.
53 Can. 17, in Concilia Galliae, edid. C. CLERQ = Corpus
christianorum, CXLVIII A, Turnholti 1963, p. 246.
54 Can. 15, ibidem, p. 267.
55 Can. 12, ibidem, p. 267.
rata nella consuetudine e, del resto, per quel che riguarda le
deposizioni multiple, non bisogna dimenticare quanto racconta Gregorio Magno, nei Dialoghi, a proposito dell’abate
del monastero di San Pietro, vicino a Preneste, che morendo
dichiara di volere accanto a sé, dopo la morte, un giovane
monaco, a lui molto caro, che di lì a poco morirà anche lui
(GREGORII I PAPAE, Dialogi, III, 23, ed. a cura di A. de
VOGUÈ e P. ANTIN = Sources Chrétiennes, 260, Paris
1979, pp. 358-360).
Brevi conclusioni
Anna Maria Giuntella
73
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