note su alcuni aspetti della ritualità funeraria nell`alto
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note su alcuni aspetti della ritualità funeraria nell`alto
Anna Maria Giuntella 61 NOTE SU ALCUNI ASPETTI DELLA RITUALITÀ FUNERARIA NELL’ALTO MEDIOEVO. CONSUETUDINI E INNOVAZIONI Anna Maria Giuntella La ricerca sul campo non sempre dà risposta alle domande aperte in sede storiografica, ma spesso ne apre delle nuove. Qual è dunque la risposta dell’archeologia al tema della ritualità funeraria nei primi secoli dell’alto medioevo, quali nuovi interrogativi ci possiamo porre e quali sono i tradizionali assunti e luoghi comuni che proprio una ricerca sempre più attenta e mirata ha consentito di sfatare? Queste mie brevi considerazioni si basano su esperienze dirette di scavo - a partire da quella quasi ventennale in Sardegna e all’origine dei miei interessi sulla ritualità funeraria - sulle esperienze più recenti in Abruzzo e su alcuni dati editi a cura di colleghi ed amici romani1. 1. Lo spazio per i defunti Un primo punto fondamentale certamente può essere - in tema di consuetudini e innovazioni - lo spazio per i defunti. Non entrerò nel merito dell’argomento perché oggetto di numerose relazioni di colleghi in questa sede, ma mi sembra importante non trascurare il profondo cambiamento rispetto alla consuetudine romana che portava a separare nettamente lo spazio dei vivi da quello dei morti 2. Il fenomeno dell’inserimento dei complessi cultuali cristiani nel tessuto urbano portò con sé l’uso di seppellire entro le mura in un mutato rapporto tra città dei vivi e spazio destinato ai morti. Viene meno la tradizionale attitudine nei confronti della morte e un nuovo approccio appare nettamente a partire dal V secolo, generalizzato un po’ ovunque. L’edificio di culto non è certamente la sola ragione di questo inserimento all’interno del tessuto urbano: a dieci anni dal seminario all’Ecole Française de Rome 3 molti sono gli interrogativi ancora aperti: si può parlare di “aree funerarie” all’interno dello spazio urbano - escludendo, ben inteso, quelle in stretto rapporto con gli edifici cultuali - o non semplicemente di sepolture occasionali? Quali le ragioni della scelta di un sito? L’uso di spazi e di edifici 1 Sono grata agli amici e colleghi Letizia Ermini Pani, Vincen- 3 Le sepolture in ambito urbano, Seminari di Archeologia cri- zo Fiocchi Nicolai e Rossana Martorelli per aver messo a mia disposizione i dati delle loro ricerche, ancora in parte inediti. 2 Questa consuetudine era molto importante, come è noto, e tutelata da leggi, ribadite con fermezza ancora in età tardoantica. Si pensi ad esempio al Codice Teodosiano: la legge del 381 interviene certamente per arginare un abuso, quello cioè di seppellire intra muros, all’interno dei luoghi di culto (Cod. Th. IX, 17, 6, ed. MOMMSEN-MAYER, p. 465). stiana, seduta del 12 marzo 1987, in “RACr”, LXIII, 1-4, 1987, pp. 377-390. Per un aggiornamento sulle sepolture in ambito urbano rimando ad alcuni recenti contributi: MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 1993; MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 1994; LAMBERT 1996. In particolare per le sepolture in ambito urbano in Italia settentrionale si veda LAMBERT 1994; rimando inoltre ai contributi di AUGENTI, LAMBERT, STAFFA in questi stessi Atti. Fig. 1 - Tharros (OR), pianta generale della città con l’indicazione del quartiere episcopale; sotto, particolare della chiesa alto medievale di S. Marco e del battistero della cattedrale (da ZUCCA 1993). 62 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO 2. Lo spazio dei morti come origine della città dei vivi Fig. 2 - Amiternum (AQ), pianta schematica della città (da COARELLI 1982); con l’asterisco sono indicate le aree funerarie alto medievali. pubblici era regolamentato da disposizioni, ovvero si può pensare ad una prassi in deroga alle norme giuridiche? Quale fu la posizione della gerarchia ecclesiastica, cui spettava il compito della tutela e dell’organizzazione dei cimiteri extraurbani? Come ho già detto non entro in merito al problema, ma desidero solo fermare la mia attenzione su due casi, oggetto di mie ricerche, distanti geograficamente, ma entrambi emblematici. A Tharros sulle coste occidentali della Sardegna (Fig.1), il gruppo episcopale si inserisce all’interno dello spazio urbano, in prossimità di un complesso termale che viene riadattato per le nuove esigenze cultuali; al suo interno si organizzano le strutture di servizio all’episcopio e una parte degli spazi viene destinata a luogo di sepoltura, in stretta connessione con il polo cultuale. I corredi funerari, gli oggetti d’ornamento personale, rimandano ad un periodo compreso tra il V e la fine del VII secolo 4. Ad A m i t e r n u m i n Abruzzo, nonostante l’esistenza di un’area cimiteriale suburbana organizzata, legata ad una tomba martiriale, si seppellisce in ambito urbano non solo attorno all’anfiteatro, dove la probabile esistenza della cattedrale giustificherebbe la presenza di sepolture, ma anche nell’ambito del teatro, in maniera apparentemente disordinata5 (Fig.2). 4 GIUNTELLA 1995, pp. 129-135 (ivi bibliografia precedente). 5 GIUNTELLA 1993 in c.s. Sul problema dell’ubicazione della cattedrale in prossimità dell’anfiteatro si veda PANI ERMINI 1980, pp. 41-52. 6 Sul problema si veda FASOLA, FIOCCHI NICOLAI 1989, pp. 1201-1205; PANI ERMINI 1989. Le grandi basiliche martiriali, frequentate dai pellegrini, circondate e invase dai morti, erano servite da comunità di monaci e divengono spesso sede di importanti monasteri. Le abitazioni dei morti non cacciano quelle dei vivi, ma anzi questi grandi complessi cultuali e cimiteriali extraurbani sono essi stessi all’origine della formazione di un abitato stabile che va assumendo, proprio nel periodo che qui interessa, la fisionomia di un vero e proprio borgo autonomo (Fig.3)6. Tralascio volutamente i ben noti santuari martiriali del suburbio romano per fermare invece brevemente la mia attenzione su Cimitile, oggetto di recenti scavi; qui la tomba venerata ha determinato un lento e graduale spostamento dall’abitato romano di Nola verso il cimitero che ospitò le spoglie di Felice (Fig.4 e 5). Le recenti indagini hanno permesso di acquisire importanti dati sulle fasi altomedievali del complesso: oltre alla basilica del martire e ad altri edifici con funzione cultuale le fonti menzionano un battistero, cortili, un acquedotto, case, ospizi, giardini, ecc. Il massimo sviluppo edilizio del santuario si deve certamente all’evergetismo di Ponzio Anicio Paolino, console suffectus e governatore della Campania, il quale ritiratosi con la moglie presso la tomba di Felice favorì un imponente programma edilizio non solo per il potenziamento delle strutture cultuali e degli spazi funerari ad sanctos , ma anche degli spazi recettivi e funzionali7.Ai primi decenni del VI deve attribuirsi la costruzione della chiesa di S.Tommaso (Fig. 5, B), progettata come basilica funeraria, con un sistema organico di tombe, su due livelli, con deposizioni multiple, con corredi personali e rituali, collocabili in un arco cronologico che va dalla metà del VI all’inizio dell’VIII secolo 8. Ma di ciò tratterò più avanti a proposito dei riti della deposizione. Questo stesso fenomeno dello slittamento della città classica verso aree una volta suburbane per l’attrazione di una tomba venerata, o più semplicemente di un polo cultuale, è oggi ben documentato da alcuni scavi recenti in Sardegna e in Abruzzo. Alludo per esempio alla situazione di Porto Torres, l’antica Turris Libisonis, il cui abitato si sposta attorno all’area funeraria legata al culto di Gavino e compagni. Qui sorge il complesso episcopale, alla fine del V secolo. Di straordinario interesse la vastissima area funeraria per tipologie tombali, corredi, organizzazione dello 7 PANI ERMINI 1993a; PANI ERMINI et al., 1993, in part. pp. 223-228. 8 La basilica fu costruita tagliando consistenti strati allu- vionali connessi probabilmente con la grande alluvione testimoniata da una lettera di Teodorico degli anni 507-511: si veda in proposito PANI ERMINI 1993 et al., p. 227. Anna Maria Giuntella 63 Fig. 3 - Pianta di Roma di M. Cartaro (1756), particolare del Borgo attorno a S. Pietro. Fig. 4 - Cimitile (NA), veduta aerea (da MERCOGLIANO 1988, fig. 1, p. 8). Fig. 5 - Cimitile (NA), pianta generale del complesso: A) basilica di S. Stefano, B) basilica di S. Tommaso, C) basilica nova; i numeri indicano le aree oggetto di recenti indagini (da PANI ERMINI et alii 1993). 64 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Fig. 6 - Corfinio (AQ), complesso episcopale di S. Pelino. spazio in funzione dei rituali funerari e per la continuità d’uso, in un arco cronologico che arriva alle soglie dell’età moderna 9 . Due cattedrali suburbane, infine, mi permettono di ribadire il ruolo svolto, sia pure con modalità diverse, dallo spazio dei morti nella trasformazione del suburbio. La cattedrale di Corfinio, sorta su un’area cimiteriale nel suburbio del municipio romano, è legata ad un culto martiriale (Fig.6). Attorno al complesso episcopale si sviluppa un abitato, cinto da mura e come tale ricordato in una lettera di Adriano I, dotato di strutture artigianali e di uno spazio funerario, che continuerà ad essere utilizzato, senza soluzione di continuità, fino al XIII secolo10. Ma come è ben noto gli esempi potrebbero moltiplicarsi, sia pur riferendosi alla sola Italia centro-meridionale. È però chiaro che nella scelta dello spazio si evidenziano soluzioni conservative e altre profondamente innovative. Nell’ambito della scelta, per alcuni versi conservativa, dello spazio suburbano, desidero fermare la mia attenzione su alcuni degli aspetti del complesso problema della ritualità funeraria. 3. Modalità di sepoltura e riti della deposizione La scelta dello spazio destinato ai defunti di una comunità o di un gruppo familiare fu determinata spesso dall’evergetismo privato, dell’autorità laica o religiosa, da ragioni cultuali - come si è appena detto - ovvero dalla continuità rispetto alla tradizione romana. È proprio al mondo romano che la società altomedievale guarda nella cura dei propri morti e nella scelta delle tipologie tombali, sensibile però ad influssi culturali e a tradizioni legate alla storia delle diverse regioni della nostra penisola e all’apporto determinante della cristianizzazione. 9 PANI ERMINI 1993, in c.s. Sull’ipotesi d’ubicazione della cattedrale, prima della conferma delle recenti indagini, si Tralascio il problema delle tipologie tombali, perché trattato da altri in questa stessa sede. Affronterò i temi che seguono partendo dalla pluriennale esperienza dello scavo nel suburbio di Cornus, in Sardegna, perché da lì è partito il mio interesse per queste tematiche, ma cercherò costantemente di confrontarmi con i risultati di recenti scavi nelle regioni dell’Italia centrale, con qualche piccola puntata un po’ più al Sud! La grande area cimiteriale cornuense, all’origine, come dicevo, dei miei interessi sulla ritualità funeraria, fu utilizzata senza soluzione di continuità dalla prima metà del IV secolo a tutto il VII secolo. Pertanto è possibile seguirvi la nascita, la sopravvivenza e l’evoluzione dei riti legati alla morte. Fatto non trascurabile, il cimitero si sviluppa in un’area suburbana destinata a diventare un polo di attrazione importante per la presenza del complesso episcopale, di strutture artigianali, di spazi abitativi. In prossimità di un grande impianto termale extraurbano, forse pubblico, si sviluppa una vasta area cimiteriale comunitaria, con una basilica funeraria mononave, dotata di spazi annessi legati alla ritualità della deposizione e della commemorazione dei defunti (Fig. 7). Al primo impianto funerario, subdiale, all’interno di uno degli ambienti dell’installazione termale e della basilica funeraria, si affianca, a partire dalla fine del IV secolo, un polo cultuale con basilica episcopale, battistero indipendente e ambienti annessi. In questo complesso, abbandonato all’inizio dell’VIII secolo, gli spazi legati alla sepoltura e ai riti ad essa connessi sono variamente articolati. La tipologia delle sepolture si ispira alla tradizione romana e tiene conto delle risorse ambientali. Sono presenti, infatti, semplici sepolture ricavate nel banco di roccia e chiuse da lastroni litici, sepolture a cappuccina, ad enchytrismos, sormontate spesso da tumuli in muratura intonacati o decorati con motivi fitomorfi in rosso e bruno su fondo bianco, ovvero con mosaico, le forme, delimitate da muretti realizzati con materiali di risulta, le semplici sepolture terragne, scavate all’interno dei riempimenti atti a livellare i tagli nel banco roccioso e destinati a conferire al cimitero orientale subdiale un’organizzazione a gradoni. Le più numerose sono certamente le tombe in sarcofago, realizzate utilizzando lo stesso calcare marnoso così facile da lavorare ma così facilmente deteriorabile - che costituisce la collina su cui s’imposta l’intero complesso episcopale. Nell’ultima fase di frequentazione compaiono le sepolture antropomorfe, delimitate da lastroni litici. Nonostante la presenza di una vasta area subdiale, di spazi all’interno della basilichetta mononave, degli veda GIUNTELLA 1989a, pp. 136-137; GIUNTELLA 1989b, pp. 64-67. 10 GIUNTELLA et al. 1990; GIUNTELLA 1993, in c.s. Anna Maria Giuntella 65 Fig. 7 - Cornus (OR), planimetria generale del complesso; con le lettere B-H è indicata la basilichetta funeraria e il suo avancorpo (da GIUNTELLA et alii, in corso di stampa). ambienti ad essa annessi, anche all’interno della basilica episcopale furono trovate, dai primi indagatori dell’area, delle sepolture che ritengo si possano definire privilegiate per la presenza - raramente attestata nell’intera area - di lastre di copertura in marmo iscritte, di corredi personali ricchi. Nessuna delle sepolture indagate all’inizio degli anni sessanta 11 può essere riferita, sulla base della documentazione epigrafica, a membri del clero cornuense. L’orientamento predominante è quello E/W, nel rispetto della tradizione romana, eccezion fatta per quelle sepolture che si inseriscono negli spazi di risulta e seguono l’orientamento N/S. Per quanto riguarda le modalità della deposizione, desidero sottolineare che alcune delle inumazioni nella zona utilizzata a partire dalla metà del V secolo sono deposte su un letto di carboni vegetali, usanza ben nota nelle necropoli di cultura germanica e diffusasi forse in Sardegna con l’occupazione vandala12. 11 Ad Ovidio Addis si deve la scoperta delle iscrizioni per le quali lasciò una dettagliata descrizione del rinvenimento nella relazione alla Soprintendenza di Sassari sulle due campagne di scavo da Lui dirette; sulle epigrafi cornuensi si veda TESTINI 1972, pp. 556-560; MASTINO 1979, pp. 109195; PANI 1986, pp. 95-101. 12 Sulla Sardegna nel periodo di occupazione vandalica si veda PANI ERMINI 1988. 13 Si veda in proposito GIUNTELLA 1990, p. 220; NUZZO, in FELLE et al. 1994, pp. 152-154. 14 Molte sono le testimonianze dei padri in proposito, mi 3.1 Corredo personale e corredo rituale È ormai acquisita la distinzione tra corredo personale, inteso come oggetti appartenuti al defunto in vita e legati all’ornamento della persona e spesso segno distintivo delle sue funzioni in vita, e oggetti offerti al defunto al momento della deposizione e legati ai riti che accompagnavano la sepoltura13.La tradizionale convinzione che nelle necropoli cristiane fossero assenti elementi legati al vestiario e all’ornamento della persona è oggi ampiamente contraddetta dall’evidenza archeologica. Nonostante l’atteggiamento intransigente, sin dai primi secoli, dei Padri della Chiesa che condannavano l’ostentazione della ricchezza al momento della morte e la vacuità dei beni terreni14, alcune tradizioni si perpetuano, senza soluzione di continuità, sia pure con qualche flessione e accompagnate da gesti, rituali e momenti comunitari ispirati alla fede cristiana 15. Così si può limito pertanto a citarne alcune particolarmente emblematiche: S.EUSEBI HIERONIMI, Vita S.Pauli, 17 = PL, 23, accurante P. MIGNE, Parisiis 1845, col. 28. A. AGOSTINO, Discorsi, CXXII, 5 = Nuova Bibliotheca Agostiniana, XXXI, 1, a cura di M. RECCHIA, Roma 1990, pp. 68-69; ibid. XXXI, 2, pp. 886-889; in particolare si veda A. AGOSTINI, De cura pro mortuis gerenda ad Paulinum episcopum = CSEL, XLI, a cura di I. ZYCHA, Pragae -Vindobonae -Lipsiae 1900. 15 Si veda in proposito FEVRIER 1987, passim; di recente queste tematiche sono state riprese da E. Rebillard (REBILLARD 1994), soprattutto per il IV e V secolo. 66 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Fig. 8 - Cuglieri (OR), orecchini in oro “a globo mammellato” provenienti dall’area cimiteriale di Cornus. Fig. 9 - Cornus (OR), area cimiteriale orientale, corredo della tomba 80 (da AMANTE SIMONI 1986). spiegare la presenza di oggetti legati al vestiario del defunto, all’ornamento della persona, di suppelletili d’uso quotidiano rinvenute nell’area cimi16 Non entro nel merito delle classificazioni tipologiche per- ché l’argomento è stato oggetto di ampi e puntuali studi ai quali volentieri rimando: AMANTE SIMONI 1986b; MARTORELLI 1986; MARTORELLI 1989 in c.s.; rimando, infine, all’ampio contributo di Rossana Martorelli in corso di pubblicazione in GIUNTELLA et al. in c. s. 17 Cfr. MARTORELLI 1986, p. 166-167. È ben noto il valore magico e propiziatorio che avevano l’ambra e il corallo nel mondo antico; valore apotropaico si può forse attribuire, nel rispetto della consuetudine romana, ai chiodi, rinvenuti in alcune sepolture cornuensi e non riferibili, per posizione e numero, a casse lignee o barelle. Si veda in proposito GIUNTELLA 1990, p. 221; GIUNTELLA 1992, p. 132. 18 Un ambiente dell’impianto termale, nell’ambito del quale si sviluppano l’area funeraria e il complesso episcopale, fu trasformato in mausoleo, probabilmente familiare, legato alla basilichetta funeraria. Tale ambiente fu scavato nel teriale legata all’episcopio di Cornus. Le tombe femminili hanno restituito vaghi di collana in pasta vitrea, in ambra, in ceramica, pendenti d’ametista, armille, orecchini in argento, in oro, aghi crinali, in argento, bronzo ed osso, anelli digitali, ecc. Le inumazioni maschili presentavano per lo più fibbie e placchette di cintura, coltelli, utensili d’uso quotidiano 16. La presenza di rametti di corallo allo stato grezzo all’interno o sopra sepolture infantili può essere facilmente messo in relazione con le virtù propiziatorie attribuite al corallo, simbolo, tra l’altro, di fertilità 17 . A defunte di rango appartengono alcuni corredi che si distinguono per l’accurata lavorazione e la preziosità del metallo. Mi riferisco, per esempio, ad una coppia di orecchini a globo mammellato in oro (Fig.8), un tipo assai diffuso in Sardegna e recentemente datato ad età altomedievale, rinvenuta all’interno di una sepoltura in un ambiente adiacente alla basilichetta funeraria. Tale ambiente per la posizione può definirsi un mausoleo con sepolture privilegiate18. A questi potrei aggiungere il ricco corredo della defunta Patriga Honesta Femina, una giovane nobile, morta all’età di circa venticinque anni19 e deposta probabilmente con un mantello, fermato sul petto da una fibula a disco in argento, con ardiglione in bronzo; un ago crinale in argento doveva fermare la sua acconciatura, impreziosita forse da una rete di fili dello stesso metallo (Fig.9). Sotto il suo capo, infatti, sono state trovate tracce d’argento. Il nome e il rango della defunta sono espressi dall’iscrizione, posta su tre delle quattro superfici della parte centrale a sezione quadrangolare, accompagnata da una croce greca e da motivi serpentiformi20. L’ambito cronologico dei corredi appena descritti è compreso tra la fine VI e il VII secolo21 . Elemento non trascurabile nella fossa della cappuccina che conteneva l’inumata erano presenti due monete bronzee 2 2 . Gli accessori dell’abbigliamento sia maschile che femminile confermano la presenza dell’inhumation habillé: un uso ampiamente documentato nelle necropoli di cultura romanza, nonostante il ripetersi degli ammonimenti e delle proibizioni dell’autorità religiosa. Tale prassi è attestata all’interno ed attorno 1955. La relazione di scavo, le dichiarazioni verbali di uno degli archeologi che qui operarono, il prof. Pietro Pes, e le successive indagini consentono di stabilire diverse fasi d’utilizzo del vano a scopo funerario. Insieme agli orecchini fu rinvenuto un anello digitale in oro - testimonianza orale di Pietro Pes - di cui oggi purtroppo si è persa traccia. Si veda in proposito AMANTE SIMONI 1986b, p. 177, fig. 27,31; MARTORELLI 1990, pp. 540-541. 19 FORNACIARI, MALLEGNI 1986, p. 214. 20 AMANTE SIMONI 1986b pp. 173-174, cat. nn. 133-134. 21 Si veda ancora per una disamina approfondita su tali oggetti e per i confronti AMANTE SIMONI 1986b, pp. 173174, 177. 22 AMANTE SIMONI 1986a, 131; AMANTE SIMONI 1990, p. 237. Più avanti accennerò al problema della sopravvivenza dell’obolo a Caronte. Anna Maria Giuntella Fig. 10 - Cagliari, Museo Archeologico Nazionale, fibbia con figurazione cristiana (PANI ERMINI - MARINONE 1982, cat. 189, foto Pani Ermini). agli edifici di culto, con dignità di cattedrale, come nel caso di Cornus, ovvero in complessi come quello di San Felice a Cimitile, dove la tomba del Martire è all’origine della formazione di una vera e propria città-santuario. Questo solo per citare due esempi emblematici. La consuetudine di vestire il defunto con gli abiti che era solito usare in vita, con gli oggetti a lui appartenuti e legati al suo sta tus sociale e alle sue funzioni assume certamente proporzioni più vaste a partire dal VI secolo, anche se non mancano testimonianze archeologiche per i primi secoli del Cristianesimo 2 3 . Un segno di distinzione sociale sono indubbiamente, considerato l’esiguo numero di sepolture con elementi di corredo personale, i resti dei calzari rinvenuti all’interno di due sepolture maschili nella piccola catacomba di Castelvecchio Subequo, vicino L’Aquila. Entrambi gli inumati avevano un anello digitale in bronzo, con castone decorato con simboli cristiani, e lungo gli arti inferiori chiodi di ferro legati con resti di cuoio e legno24. La presenza di tradizioni culturali diverse ha probabilmente influenzato la moda del vestire quotidiano e, quindi, incrementato l’uso di fibule, di fibbie di cintura, di affibiagli per calzature e per 23 Si veda in proposito il recente contributo di R. MARTORELLI in c.s., presentato al Colloquio Internazionale presso la Durham University. 24 Negli scavi del 1990 una sepoltura all’interno dell’ipogeo ha restituito 70 chiodi, tutti localizzati lungo gli arti inferiori dell’inumato (SALADINO, in GIUNTELLA et al. 1991, pp. 282-284); nello scavo dell’area subdiale di fronte all’accesso della catacomba, nel 1992, una seconda sepoltura ha restituito analoghe calzature, in miglior stato di conservazione, tuttora inedite. In generale sulle indagini nella catacomba cfr. GIUNTELLA et al. 1991. 25 Si pensi, ad esempio, ai manufatti dei centri più importanti di produzione del mondo bizantino o alle botteghe che imitano localmente le produzioni più nobili, cfr. ad esempio PANI ERMINI, MARINONE 1982, pp. XVI-XVII, in particolare 189-190, 202; MARTORELLI 1991; SERRA 1990, p. 148. 26 SERRA 1990, p. 148. Una crocetta d’argento fu trovata da Ovidio Addis nello scavo dell’area funeraria cornuense; 67 borsa, di ganci per appendere alla cintura utensili. Prodotti di un artigianato assai raffinato alcuni di questi elementi, in particolare le fibbie e le fibule di cintura, denunciano, nell’ornamentazione, la scelta ideologica della committenza. Alludo alla comparsa di motivi ornamentali ispirati alle tematiche cristiane, quali croci, figure di santi e di Cristo (Fig.10) 25. Non posso, infine, non ricordare la presenza di croci, ritagliate in sottili lamine d’argento o d’oro, destinate ad essere cucite sul velo funebre. Ben documentate - come è noto - in contesti di cultura longobarda, tali croci sono presenti anche in altri ambienti culturali, come quelle conservate nell’Antiquarium arborense di Oristano e nel British Museum di Londra, provenienti presumibilmente da contesti funerari di Tharros e dell’Oristanese26. In altre occasioni ho avuto modo di occuparmi di riti funerari, privilegiando però l’aspetto legato alle offerte alimentari, ai banchetti comunitari e al refrigerium27. Le acquisizioni degli ultimi anni, il lavoro d’équipe finalizzato all’edizione integrale dell’area cimiteriale orientale di Cornus28, mi consentono d’inserire il discorso nell’ambito della complessa ritualità che accompagnava la morte. La presenza di vasellame dentro e fuori della tomba, spesso associato a resti di pasto, ad ossa di animali combusti, mi sembra che possa essere ragionevolmente messa in relazione con la sopravvivenza di conviti rituali, al momento della deposizione, o con il bisogno di attribuire al defunto delle necessità materiali, anche dopo la morte. Gli oggetti deposti nella tomba hanno certamente significati diversi e la cristianizzazione non sembra aver interrotto certe usanze: i vetri dorati così numerosi nelle catacombe romane - ma non solo in queste - dentro la tomba o sulla tomba, con acclamazioni di contenuto cristiano, escatologico, con immagini vetero e neotestamentarie, mostrano chiaramente la volontà di non interrompere dei “gesti” che accompagnavano la morte e che avevano un valore rassicurante. Molteplicità di signifiinsieme con altro materiale la croce è stata per anni conservata dagli eredi dell’archeologo sardo e soltanto di recente è entrata nei depositi del Museo Nazionale di Cagliari. Pertanto non mi è stato possibile visionarla e fotografarla. Potrebbe trattarsi, stando alla descrizione dello stesso Addis e a vaghi ricordi personali, di una piccola croce reliquiario. 27 Mi permetto di rimandare a GIUNTELLA et al. 1985; GIUNTELLA 1990, pp. 215-230; GIUNTELLA 1992. 28 È in corso la pubblicazione dell’area cimiteriale, legata al complesso episcopale, frutto di un prezioso lavoro d’équipe in collaborazione con un gruppo di giovani studiosi che, da quasi dieci anni, si sono affiancati a Letizia Pani Ermini e a chi scrive nelle ricerche archeologiche cornuensi. Si riman da pertanto a GIUNTELLA et al. in c.s. Sono grata ai collaboratori al volume per aver messo a mia disposizione i loro dati, consentendomi in questa sede delle preziose anticipazioni relative al tema qui affrontato. 68 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Fig. 11 - Cornus (OR), tomba 79 con corredo rituale: brocchetta con ossa di pollo. cati, dunque, ma com’è stato mirabilmente espresso da Paul Albert Février, uno era lo scopo principale. Cito le sue parole: “Dans des tombes plus tar dives ... on trouve toujours des objets. Plusieurs ou un seul. Souvenir du repas? Ou objets destinés a contenir de l’eau bénite ou de l’encens? Ils tradui sent en tout cas la nécessité d’une aide au défunt dans la tombe”29. Il vasellame all’interno della tomba, in metallo prezioso, in ceramica o in vetro aveva, in ogni caso, una valenza rituale, associato o meno al corredo personale e alla suppellettile d’uso quotidiano, agli oggetti sontuari e d’apparato. D’altra parte, i frequenti rinvenimenti di avanzi di pasto dentro e fuori la tomba - ricordo fra tutte la testimonianza dell’area cimiteriale cornuense (Fig.11)30, le frequenti allusioni dei padri della 29 FEVRIER 1987, p. 917. Sull’ipotesi che la brocca nella tomba possa essere messa in relazione con il Battesimo, quale oggetto, cioè, utilizzato al momento del rito per versare l’acqua sul capo e conservato per tutta la vita e quindi deposto nella tomba come ricordo del rito dell’iniziazione cristiana si veda PEDUTO 1984, pp. 57-63, e la discussione sulla lezione spoletina di A. ANGENENDT (1987, pp. 328330), in particolare l’intervento di V. Guarino (pp. 328-329). 30 GIUNTELLA et al. 1985, passim; GIUNTELLA 1990, in part. pp. 221-224; GIUNTELLA 1992, pp. 132-137. Si veda inoltre PANI ERMINI et al. 1993, pp. 225, 283 e ss. Non va dimenticata peraltro la preziosa testimonianza delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino, per le quali gli scopritori ricordano con scrupoloso rigore i resti di gusci d’uovo, di ossa di animali rinvenuti all’interno delle sepolture associati alla suppellettile bronzea e ceramica, MENGARELLI 1902; PASQUI PARIBENI 1918. 31 A. AGOSTINI, Contra Faustum, XX, 21 = CSEL, XXV, p. 560 e ss. Per una disamina puntuale delle fonti relative a tali forme di culto dei morti e dei martiri rimando a SAXER 1980, 47-52, 65-73, 135-136, 157-159; FEVRIER 1987, passim; GIUNTELLA 1992. 32 Cfr. in proposito FEVRIER 1977; GIUNTELLA et al. chiesa ai conviti funebri che i cristiani solevano compiere presso le tombe dei martiri e dei defunti testimoniano la concretezza di un rito che l’autorità religiosa aveva cercato di trasformare sin dalle origini: “sacrificia mortuorum nos vertimus in agapes … Agapes enim nostrae pauperes pascunt sive frugibus, sive carnibus”31. L’aspetto conviviale dei riti che accompagnavano la sepoltura e la commemorazione dei defunti è del resto espresso dalle tante immagini di banchetto delle catacombe romane (Fig.12), ovvero dalle concrete rappresentazioni del cibo e delle suppellettili per il pasto che l’archeologia africana ci ha restituito32. Esse sono, a mio avviso, l’espressione artistica dell’anello di congiunzione tra una tradizione ben nota nel mondo romano33 e la ritualità che la società altomedievale ereditò dal mondo romano, permeata di contenuti cristiani e di tradizioni culturali diverse. Non v’è dubbio, infatti, che quest’uso si sia protratto nel tempo, anche nel periodo che interessa in questa sede. Ne fanno fede alcuni interventi conciliari, quali ad esempio un canone del concilio di Tours del 567 nel quale si condannavano coloro che “in festivitate cathedrae sancti Petri apostoli cibos mortui offerunt”34, ovvero il canone LXIX del concilio di Braga (572) dove si dice esplicitamente “non liceat christianis prandia ad defunctorum sepulcra deferre et sacrificia reddere mortuorum”35. Fra gli aspetti della ritualità che accompagnava la morte non va dimenticata la presenza delle monete nei cimiteri, sia all’interno della tomba e quindi deposte al momento dell’inumazione, sia all’esterno della tomba, spesso associate a suppellettili e ad avanzi di pasto combusti, a resti di fuochi. Nel primo caso la moneta può essere utilizzata come elemento di collana e quindi entrare a far parte dei corredi femminili, ovvero come “obolo viatico”, come continuazione del rituale pagano dell’obolo a Caronte36, nel secondo caso come obolo offerta, forse legata ai 1985, pp. 37-39, Tav. VI, 2. La Jastrzbowska (1979) ritiene che le scene di banchetto nella pittura cimiteriale romana siano da intendersi come immagini puramente simboliche, ma proprio gli esempi africani, i dati archeologici degli ultimi anni e, non ultimo, lo stesso atteggiamento dei convitati nelle scene romane, mi inducono a propendere per la concretezza del pasto funebre. La cultura cristiana intendeva certamente questo momento come un’anticipazione del banchetto celeste. 33 BALDASSARRE et al. 1990, in part. pp. 61-70. Sull’ideologia funeraria nel mondo romano si veda SCHEID 1984. 3 4 MANSI, IX, p. 803. È in corso, presso la cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Chieti, una ricerca sulle testimonianze letterarie, epigrafiche ed iconografiche del tema del convito funebre dal IV all’VIII secolo; collaborano alle ricerche, dirette da chi scrive, Mariella Lattanzio e Chiara Zuccarini. 35 VIVES 1963, p. 102. 36 AMANTE SIMONI 1990, Ead. 1992, ivi bibliografia precedente; per la moneta come elemento di collana cfr. anche D’ANGELA 1996; RUPP 1997, in part. pp. 92 e ss. Anna Maria Giuntella 69 Fig. 12 - Roma, catacomba di Marcellino e Pietro, scena di banchetto (foto Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Lau L 45). Fig. 13 - Cornus (OR), schizzo ricostruttivo di un tumulo quadrangolare con mensa (da GIUNTELLAet al.1985, disegno di C. Sassetti). riti del convito37. A Cornus, punto di partenza privilegiato per queste brevi note, attorno alle mensae per i refrigeria, attorno cioè a quegli organismi che dalla metà del V secolo vengono realizzati o ampliati in funzione dei riti del convito (Fig.13), sembra esservi una maggiore concentrazione di reperti monetali. Inoltre nella stessa area cimiteriale si è potuto rilevare che le monete usate come “obolo via- tico” nella tomba non sono mai costanti numericamente e presentano spesso una datazione più alta rispetto a quelle rinvenute all’esterno della tomba38. Nel complesso gli scavi recenti in ambito ipogeo e subdiale, testimoniano il perdurare, senza soluzione di continuità, fino alla fine del VII secolo, dell’uso dell’hinumation habillé, del corredo rituale, e, accogliendo la recente definizione adottata a pro- 37 A questo proposito vale la pena di ricordare quanto detto da Paul Albert Février nella discussione della sua Lezione Spoletina del 1987, l’assenza cioè di espliciti riferimenti nelle fonti a questa pratica; lo Studioso ricordava anche un dato a mio avviso interessante: nella tradizione islamica si compie un pasto sulla tomba dei defunti e si distribuisce cibo e denaro a tutti coloro che passano (discussione sulla lezione FEVRIER 1987, pp. 947-948). 38 AMANTE SIMONI 1992, p. 142. 70 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO posito delle suppellettili della catacomba di S.Ippolito sulla via Tiburtina39, del “corredo - arredo”, per individuare e personalizzare la tomba. Sempre nell’ambito dei corredi rituali per la ricchezza dei materiali, solo per riferirmi ai contesti a me più familiari, non posso non ricordare l’area funeraria subdiale, legata alla catacomba che utilizzarono gli abitanti di un grosso insediamento non lontano dalla statio al bivio tra la Labicana e la Latina, il cimitero di S.Ilario ad bivium. Qui fu costruita, alla fine del secolo VIII, una basilichetta dedicata al santo di Poitiers40. Fra le tante tombe con corredo personale, rituale, con monete, ne ricordo una certamente privilegiata, inserita all’interno di un piccolo recinto realizzato in tufo, con tracce di decorazione dipinta. Si tratta di un sarcofago in pietra locale con logette e alveolo cefalico nel cuscino, resecato nella parte superiore al momento della costruzione della chiesa. La sepoltura, in buono stato di conservazione, presentava, lungo il fianco sinistro, all’altezza del petto dell’inumato, una brocchetta monoansata, di un tipo ben noto e ampiamente documentato a Roma e nell’Italia centrale, come corredo tombale dalla metà del VI al VII secolo. In complesso tra catacomba e area subdiale il cimitero poteva ospitare 800-900 sepolture, indizio chiaro che serviva una comunità discreta. Sempre nella campagna romana un ulteriore esempio di sopravvivenze rituali lo possiamo trovare nella catacomba di S.Senatore ad Albano, sia per la presenza di gruzzoli monetali, di offerte singole all’interno della tomba, che per presenza di corredi personali e rituali, quali brocche, olle da fuoco, bicchieri vitrei, lampade troncoconiche e poliansate, corredate di elementi per la sospensione di bronzo e in rame41. Un gruppo di sette forme in muratura, parallele, orientate E/W occupa il vano di passaggio verso la c. d. cripta storica, legata al culto di S.Senatore, santo noto nei più antichi martirologi e itinerari della chiesa romana. La costruzione di queste tombe, affini tipologicamente, risale ad un momento costruttivo unitario da porsi attorno alla metà del VI secolo; due di esse presentavano un gruzzolo con monete dall’epoca di Costantino a quella di Giustiniano42. 4. Lo spazio per il rito e la liturgia dei defunti La morte e la deposizione nella tomba furono 39 FELLE et al. 1994. 40 FIOCCHI NICOLAI 1988-1989, pp. 71-88. 41 FIOCCHI NICOLAI et al. 1992. 42 MARTORELLI, in FIOCCHI NICOLAI et al. 1992, pp. 70-97; in part. per i reperti monetali p. 80. 43 Ringrazio l’amico Vincenzo Fiocchi Nicolai per avermi consentito di portare a questo congresso i risultati di un’importante e fortuita scoperta che risale al 1991. Nel settembre di quell’anno, infatti, la crescita anomala dell’erba medica in un campo prospiciente la via Ardeatina rivelò la presenza della parte terminale absidale di un edificio. Le dunque accompagnate da un complesso di riti del commiato e della commemorazione che certamente seguivano, nel mondo cristianizzato, la liturgia dei defunti. L’archeologia ha messo in evidenza, soprattutto in taluni contesti geografici della nostra penisola, quali ad esempio, per il periodo altomedievale, la Sardegna, la presenza di dispositivi per la deposizione delle offerte e per il rito comunitario del banchetto (Fig.13). Accanto a questi, però, è possibile trovare anche spazi chiusi o recintati con questa stessa funzione. Penso ad esempio all’ambiente quadrangolare costruito a Sud dell’area funeraria orientale di Cornus, alla basilica funeraria e agli ambienti ad essa legati nella medesima area (Fig.7, B-H, R), ma anche alle grandi basiliche circiformi romane. La recente scoperta di una nuova basilica di tale tipo sulla via Ardeatina, per i dati che ha restituito, ben si inserisce nelle tematiche da me affrontate43. Nella tarda estate del 1991, la crescita anomala del manto erboso rivelò la presenza di un robusto muro, con andamento semicircolare, nel terreno compreso tra l’Appia e l’Ardeatina, nel cui sottosuolo si sviluppano i diversi nuclei del complesso callistiano. Un primo sondaggio d’emergenza rivelò che si era in presenza di un basilica cimiteriale, che sembrava di grandi dimensioni. Le successive e prolungate campagne di scavo hanno messo in luce una basilica del tipo circiforme44, da identificare con ogni probabilità con l’edificio fatto costruire da papa Marco sulla via Ardeatina, dove lo stesso pontefice si fece inumare (Fig.14). La grande novità archeologica ben si inquadra nelle tematiche da me esposte ed in quelle più generali affrontate dal convegno. La basilica, infatti, come testimoniano la tecnica edilizia e le sequenze stratigrafiche, fu certamente in uso dalla metà del IV secolo - papa Marco è l’immediato successore di Silvestro, il contemporaneo di Costantino - fino alla metà del VII secolo. Le sepolture al suo interno sono sarcofagi marmorei, forme a più piani, tombe a pozzo, aperte nel pavimento e con evidenti segni di reimpiego. Il dato certamente di grande interesse a fini del mio discorso è costituito dalla presenza, in tutti i periodi di frequentazione ed uso, di ricchi corredi personali e rituali, oggetti di ornamento della persona, suppellettile di uso quotidiano, come aghi da cucito, coltelli forbici, dadi successive campagne di scavo - tuttora in corso - hanno confermato la prima suggestiva ipotesi circa l’appartenenza dell’edificio in questione al tipo a deambulatorio con navate avvolgenti (cfr. FIOCCHI NICOLAI 1995; FIOCCHI NICOLAI 1997; FIOCCHI NICOLAI et al. in c.s). 44 Cinque sono le basiliche di questo tipo note a Roma, tutte sorte nella prima metà del IV secolo: la memoria apostolo r u m sulla via Appia, S.Agnese sulla via Nomentana, S.Lorenzo sulla via Tiburtina, SS.Pietro e Marcellino sulla via Labicana e la basilica anonima della via Ardeatina, l’unica per la quale manca un legame con un culto martiriale. Per la bibliografia sulle basiliche a deambulatorio cfr. FIOCCHI NICOLAI 1997, in part. p. 83. Anna Maria Giuntella 71 Fig. 14 - Roma, basilica circiforme della via Ardeatina, planimetria del settore rimesso in luce (da FIOCCHI NICOLAI 1997). da gioco, salvadanai, giocattoli infantili, ceramica fine da mensa in terra sigillata chiara D, anche nelle forme più tarde (HAYES 104-107), forme chiuse dello stesso tipo di vasellame, lucerne dei tipi ben noti, forme Atlante VIII e X, bottiglie vitree, coppe incise, lucerne troncoconiche, olle e brocche in ceramica comune, lucerne del tipo a “ciabatta” sempre in ceramica comune priva di rivestimento, e reperti monetali che coprono un arco cronologico che va dall’età costantiniana all’inizio del VII secolo45. Mi pare che le condizioni di rinvenimento confermino mirabilmente la sopravvivenza di pratiche funerarie diverse, che dentro la tomba assumono il chiaro significato del perdurare di antiche consuetudini, anche se la presenza di un’alta percentuale di lucerne vitree e fittili, all’interno della sepoltura, può forse essere legata ai frequenti richiami della liturgia dei defunti, dei padri della chiesa, dei canoni conciliari alla luce di Cristo che rischiara le tenebre della morte. Un’ultima notazione va fatta a proposito dell’interpretazione di questi singolari edifici di culto romani a deambulatorio, destinati alla sepoltura dei defunti e alle cerimonie di commiato e commemorazione. Jean Guyon ha sottolineato, circa dieci anni fa, a proposito della basilica di Marcellino e Pietro, ad duas lauros46, il legame di costruzioni di questo tipo con lo svolgimento delle agapi funerarie, documentato nel caso di Marcellino e Pietro, anche dalla presenza di dispositivi, quali le mense, in marmo e in muratura47. Si tratta, quindi, di luoghi legati alla liturgia dei defunti, alla liturgia eucaristica e ai riti funerari 48. Funzioni non dissimili dovevano averle anche gli avancorpi e gli spazi annessi nelle grandi basiliche funerarie. Ricordo soltanto che nell’atrio della basilica vaticana Pammachio offrì un grandioso banchetto per i poveri in memoria della moglie defunta49. Ma tali banchetti continuarono ben oltre il IV secolo. Le disposizioni conciliari, come accennato sopra, nel tentativo di arginare una consuetudine, indirettamente avvalorano i dati dell’archeologia. 45 FIOCCHI et al. in c.s. 46 GUYON 1987, pp. 207-315. 48 Di recente Mario Torelli ha sottolineato la valenza simbolica di tali chiese, rilevando che la loro particolare icnografia, ispirata alla pianta del circo, evidenzia la lotta, l’agone dell’uomo per vincere la morte (TORELLI 1992, pp. 203-217). 49 PAULINI EP., Epistolae, XIII, 11, recen. G. DE HARTEL = CSEL 29, Pragae-Vindobonae-Lipsiae 1894, pp. 92-93. 47 Sulle mense in muratura ed in marmo in ambito funera- rio si veda quando scritto da E. CHALKIA (1986, pp. 169197) a proposito del cimitero dei Giordani a Roma. 72 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Dall’esame, sia pur rapido, di alcune importanti aree funerarie del suburbio romano, della campagna romana, di area abruzzese, campana e sarda appaiono costanti alcuni elementi che possono, almeno in parte rispondere agli interrogativi sulla ritualità funeraria nel passaggio dall’antichità al medioevo. Perdura senza soluzione di continuità, nelle zone indicate, fino alla fine del VII secolo, l’uso di inumare con oggetti di corredo personale, suppellettile legata alla vita quotidiana, al rito dell’offerta alimentare, accompagnata - anche se non sempre - da avanzi di pasto. È inoltre assai bene documentato l’uso di deporre gruzzoli (Albano, Cornus, basilichetta anonima della via Ardeatina, ecc.), oltre che monete singole, nelle sepolture come obolo viatico, reminiscenza dell’obolo a Caronte. L’obolo comporta spesso il recupero di pezzi non più in corso legale e legati, talvolta, al loro riutilizzo come elementi di collana. La consuetudine cristiana non sembra affatto precludere l’uso di corredo personale e rituale, anche in prossimità o addirittura all’interno di complessi episcopali, santuari, oratori. È evidente, inoltre, la sopravvivenza di spazi destinati alle agapi funerarie, “organizzati” (Cornus, anonima della via Ardeatina, Cimitile, ecc.), certamente fino alla metà del VII secolo. Anche se si tratta di un’area un po’ ai limiti, geograficamente parlando, rispetto alle aree prese in esame nel Convegno, giova ricordare che a Cornus è attestato, nell’ultima occupazione a scopo funerario dell’area ad Est del complesso episcopale, l’uso di deporre l’inumato su un letto di carboni. Sempre a Cornus sono presenti tracce di fuochi esterni alla sepoltura, con resti ossei combusti e suppellettile da mensa intenzionalmente frammentata. L’orientamento prevalente nelle deposizioni più antiche, nelle aree subdiali considerate, è quello E/W. Dopo segue condizionamenti imposti dal recupero degli spazi. All’interno degli edifici di culto è costantemente verso l’altare. All’interno degli spazi ipogei, laddove non condizionato dalla presenza della tomba venerata - come nel caso delle tombe davanti alla cripta storica di S.Senatore ad Albano - a seconda dell’orientamento dell’escavazione delle gallerie, gli inumati volgono il capo ad Est o a Sud. In tutti i cimiteri di cui ho trattato è attestato l’uso di sepolture multiple, inteso come deposizioni contemporanee, o come riuso anche a breve distanza di tempo dalla prima deposizione50. Numerosi sono i casi di due o più inumazioni, escludendo da questo novero le sepolture nelle quali è evidente la riduzione della prima deposizione per far posto alla successiva. Anche per questo aspetto del rituale funerario la comunità cristiana ereditò dal mondo e dalla legislazione romana il concetto della sacertà e della inviolabilità della tomba51; in tal senso infatti debbono intendersi alcune ben note formule deprecatorie nell’epigrafia cristiana e altomedievale 52. La prassi contraddice, anche in questo caso, le normative. Non voglio affrontare il complesso tema perché implicherebbe entrare nel merito di problematiche di ordine giuridico, culturale e religioso che mi porterebbero molto lontano. La protezione della tomba dalle manomissioni e dai furti non riguarda certamente la proprietà del sepolcro e le disposizioni testamentarie. Vale la pena però brevemente ricordare, fra le tante testimonianze offerte in proposito dalle disposizioni conciliari, dai vescovi e dal clero, quanto viene espressamente affermato in un canone del concilio di Mâcon del 585, dove si condanna duramente l’uso di aprire una sepoltura per deporvi un altro defunto, a meno che non ci sia una precisa disposizione del proprietario: “Comperimus multos necdum marcidata mortuorum membra sepulchra reserare et mortuos suos superimponere vel aliorum, quod nefas est, mortuis suis religiosa loca usurpare, sine voluntate scilicet domini sepulchrorum. Ideo que statuemus, ut nullus deinceps hoc peragat. Quod si factum fuerit, secundum legum auctoritatem superimposta corpora de eisdem tumulis reiacten tur”53.Il sinodo diocesano di Auxerre dice chiaramente: “non licet mortuum super mortuum mitti”54; nello stesso sinodo, al canone XII: “non licet mortuis nec eucharestia nec osculum tradi, nec in vela nec in palla corpora eorum involvi” 55. Tali disposizioni, come tante altre delle quali si fa menzione in questa sede, sono puntualmente contraddette dall’evidenza dei rinvenimenti, dagli oggetti relativi all’abbigliamento e all’ornamento della persona, così frequenti nei cimiteri cristiani coevi alla disposizione56. Ho nettamente privilegiato il VI e VII secolo lasciando forse un po’ in ombra il secolo VIII, secolo per il quale le attestazioni della cultura materiale sembrano meno importanti e meno sicure, ma certamente anche questo dato, se rapportato alle aree funerarie suburbane, alle quali io in particolare mi sono riferita, può considerarsi un dato importante. 50 Sul problema delle sepolture multiple, in contesto cristia- 56 La severità dei canoni conciliari è manifestamente igno- no, in Sardegna si veda PANI ERMINI 1990, p.26. 51 Cfr. DE VISSCHER 1963. 52 Sul problema si veda TESTINI 1980 (1958), p. 448 e ss.; ZUCCA 1990, ivi bibliografia precedente. 53 Can. 17, in Concilia Galliae, edid. C. CLERQ = Corpus christianorum, CXLVIII A, Turnholti 1963, p. 246. 54 Can. 15, ibidem, p. 267. 55 Can. 12, ibidem, p. 267. rata nella consuetudine e, del resto, per quel che riguarda le deposizioni multiple, non bisogna dimenticare quanto racconta Gregorio Magno, nei Dialoghi, a proposito dell’abate del monastero di San Pietro, vicino a Preneste, che morendo dichiara di volere accanto a sé, dopo la morte, un giovane monaco, a lui molto caro, che di lì a poco morirà anche lui (GREGORII I PAPAE, Dialogi, III, 23, ed. a cura di A. de VOGUÈ e P. ANTIN = Sources Chrétiennes, 260, Paris 1979, pp. 358-360). Brevi conclusioni Anna Maria Giuntella 73 BIBLIOGRAFIA C. AMANTE SIMONI 1986a, Il contributo numismatico . Cul tura, materiali e fasi storiche del complesso cultuale di Cornus, in L’archeologia romana e altomedievale nell’Oristanese, Atti del Convegno di Cuglieri (22-23 giugno 1984) = Mediterraneo tardoantico e medieva le. Scavi e ricerche, 3, Taranto, pp. 103-133. C. 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