Il futuro dell`educazione - Journal of e
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Communications Il futuro dell’educazione Pierfranco Ravotto Direttivo SIe-L [email protected] Stralci della Conferenza inaugurale al XVII Encuentro Internacional de Education a Distancia, Guadalajara (Messico), 4 dicembre 2008. Il testo completo, in versione italiana e in versione inglese, è accessibile su SCRIBD (http://www.scribd.com/ravotto). Il video, italiano con traduzione in spagnolo, è accessibile su YouTube (http://www.youtube.com/pierfrancoravotto). Introduzione Ringrazio per la fiducia che mi è stata accordata assegnandomi un titolo così ambizioso: Il futuro dell’educazione. Ringrazio, ma mi corre l’obbligo di ridimensionare. In primo luogo perché io non sono uno studioso di scenari, un esperto delle politiche su scuola e università a livello mondiale. Quella che posso fornire è l’esperienza di un insegnante con trent’anni di impegno sul campo, di attenzione alle dinamiche in atto, di sperimentazione di nuovi modelli pedagogici e dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a supporto della didattica. In secondo luogo perché non siamo in condizione, nel bivio drammatico in cui ci troviamo, di prevedere il nostro futuro, “Sappiamo - ha detto nella notte della sua vittoria elettorale Barack Obama - che le sfide che il futuro ci presenterà sono le più ardue della nostra vita: due guerre, un pianeta in pericolo, la peggiore crisi finanziaria da un secolo a questa parte”. Il futuro dell’educazione dipende, ovviamente, da come sapremo rispondere a quelle sfide. Se non sapremo fermare la corsa al “collasso”, l’educazione potrebbe non avere alcun futuro. Ma evitare il collasso ambientale, evitare lo scontro fra civiltà, risollevare l’economia garantendo una più equa distribuzione della ricchezza … tutto questo Je-LKS Journal of e-Learning and Knowledge Society — Vol. 5, n. 1, febbraio 2009 (pp. 119 - 125) Je-LKS — Communications - Vol. 5, n. 1, febbraio 2009 dipende anche dalle scuole e dalle università, da come sapremo innovare nell’educazione e dalla rapidità con cui sapremo innovare. Da tempo l’Unione Europea parla di “società della conoscenza”. Come ha dichiarato, in occasione dell’approvazione del programma europeo Lifelong Learning, Ján Figeľ, Commissario Ue per l’Istruzione, formazione e cultura: “L’istruzione e la formazione sono le fondamenta delle società di fronte alle mutazioni economiche e demografiche”. E dunque possono essere il motore del cambiamento […]. I nativi digitali Nativi digitali è il termine introdotto da Mark Prensky per indicare una generazione cresciuta immersa nelle tecnologie digitali […] una generazione che dà per scontati l’accesso immediato a qualsiasi informazione e a qualsiasi persona, che è abituata a cercare (e trovare) le risorse occorrenti nel caos di internet, che pratica il peer-to-peer e agisce in modalità multitasking: chatta con MSN mentre scarica musica con e-mule e guarda un filmato su YouTube, nelle orecchie le cuffie del lettore MP3, … “I media e le ICT - scrivono Ardizzone e Rivoltella - sono la cultura in cui i giovani oggi vivono, costruiscono e scambiano significati”. Non è solo una questione di abitudini. Prensky evidenzia come i modelli di pensiero, thinking pattern, dei nativi digitali siano cambiati, forse perché le differenti esperienze hanno portato a differenti strutture del cervello. Howard Gardner afferma che “le menti si differenziano l’una dall’altra in modo significativo a seconda che si siano sviluppate in una cultura pre-alfabetizzata, in una cultura classica o moderna in cui il testo è fondamentale, o in una cultura post-moderna dove l’alfabetizzazione riguarda una varietà di segni che operano congiuntamente, talora in sinergia, talaltra in caotica mescolanza” […]. Per quanto immigranti, noi insegnanti dobbiamo imparare ad essere in sintonia con queste abitudini, ad utilizzare la “lingua” di questi studenti, la “varietà di segni” adatta alle loro menti. Non è possibile restare al modello di scuola novecentesco […] E’ necessaria una rivoluzione copernicana: • dalla centralità del docente alla centralità del soggetto che apprende, • dall'insegnamento all'apprendimento, • dalla trasmissione della conoscenza secondo un modello comportamentista o cognitivista all'elaborazione della conoscenza secondo un modello costruttivista o connettivista, • da un sistema gerarchico (docente-alunni) a un sistema reticolare in cui sia valorizzato il contributo dei pari all'apprendimento, • dall'ordine sistematico, lineare e sequenziale e dai tempi lunghi al disordine ipermediale e ai tempi brevi, • dalla scuola come tortura alla scuola come gioco, • dall'istruzione formale alla contaminazione con l'informale, • dal modello tradizionale a quella che a me piace definire una scuola 2.0. 120 Pierfranco Ravotto - Il futuro dell’educazione Il lifelong learning […] Il termine, lifelong learning, fa riferimento ad un fenomeno del tutto nuovo che ha iniziato a manifestarsi nella seconda metà del secolo scorso sconvolgendo la radicata prospettiva dei secoli precedenti nei quali all’apprendimento era dedicato il periodo iniziale della vita, perché poi su quell’apprendimento si potevano basare sia la cittadinanza che l’attività lavorativa per tutto il resto della vita […]. Il sistema dell’educazione e della formazione professionale deve rispondere alla necessità degli individui di aggiornare le proprie competenze e di acquisirne di nuove per tutto l’arco della loro vita. E ciò sul duplice versante della formazione iniziale e della formazione continua. • Quello che un tempo era il “periodo scolastico” è ora solo “formazione iniziale”. Ciò non diminuisce ma aumenta i compiti di questo segmento formativo che non è più chiamato soltanto a fornire l’insieme di competenze necessarie per inserirsi in una determinata professione ma anche quell’insieme di competenze trasversali che permettano di affrontare i segmenti formativi successivi […]. • Un sistema di formazione per adulti è, nella maggior parte dei paesi, ancora in via di definizione […]. Le certificazioni Nel mondo globalizzato crescono sia la collaborazione fra imprese di paesi diversi che la mobilità transnazionale dei lavoratori (e degli studenti) e Internet permette un fenomeno prima del tutto impensabile: quello del telelavoro da un continente ad un altro, si pensi ai softwaristi o agli operatori di Call center indiani che lavorano per aziende statunitensi. Risulta dunque di grande rilievo il tema della trasparenza delle qualifiche, cui la Comunità Europea ha dedicato molte energie […]. Si tenga conto di quanto si diceva più sopra, relativamente alla necessità di un continuo aggiornamento delle competenze professionali e spesso - val la pena sottolinearlo - di acquisire competenze completamente nuove. Le competenze non possono essere certificate una tantum ma il processo di certificazione deve corrispondere al percorso formativo e lavorativo. Nel futuro dell’educazione trova posto, dunque, anche lo sviluppo di un sistema di certificazione che permetta di riconoscere le tre forme di apprendimento definiti nel “Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente” della Commissione Europea: • "l’apprendimento formale che si svolge negli istituti d’istruzione e di formazione e porta all’ottenimento di diplomi e di qualifiche riconosciute; • l’apprendimento non formale che si svolge al di fuori delle principali strutture d’istruzione e di formazione e, di solito, non porta a certificati ufficiali; • l’apprendimento informale è il corollario naturale della vita quotidiana …” […]. Per non parlarne in termini generici, mi riferirò ad un sistema di certificazione che sta affermandosi in Europa, e particolarmente in Italia, relativamente alle professioni informatiche […]. 121 Je-LKS — Communications - Vol. 5, n. 1, febbraio 2009 Il sistema EUCIP [13] è basato sull’individuazione di 3.000 competenze, organizzate in 155 categorie a loro volta raggruppate in 18 aree, e di un insieme di 21 + 1 figure professionali […]. Il valore del sistema EUCIP deriva: • dalla declinazione delle figure professionali sulla base di competenze valutabili, • dalla granularità del sistema di competenze e dal suo costante aggiornamento, • dal riconoscimento delle diverse forme dell'apprendimento. Inoltre un tale sistema è un potente strumento - grazie ai servizi di assessment e auto-assessment che lo accompagnano - sia per gli individui che intendono autovalutare la propria professionalità e costruirsi un percorso formativo, sia per le aziende e le pubbliche amministrazioni che intendano valutare la professionalità dei propri dipendenti e definire programmi di formazione oppure che intendano valutare la professionalità dei propri consulenti o delle aziende fornitrici. Il ruolo e le competenze degli insegnanti L’insegnante era, fino a qualche decennio fa, in una posizione di forza: deteneva conoscenze e competenze sicuramente superiori a quelle dei suoi allievi. Ed il suo compito era quello di “trasmetterle” o, con metodologie più “attive”, di aiutare gli studenti a raggiungerle proponendo loro percorsi formativi ed esperienze in cui non correva comunque mai il rischio di essere “indietro” rispetto ai suoi studenti. Oggi non è più scontato che sia così. Se si occupa di formazione degli adulti, il docente deve interagire con persone che hanno già acquisito una serie di competenze sia in percorsi formali che informali o non formali, magari con tecnici che hanno competenze pratiche maggiori delle sue! Se si occupa di formazione iniziale - e dovrebbe, come abbiamo detto, far uso delle ICT - si trova probabilmente davanti studenti più esperti di lui nell’uso di tali tecnologie. Così è, che ci faccia piacere o meno. Nel futuro dell’educazione - ed in parte già “nel presente” - si delinea una nuova e più ricca figura professionale docente non tanto “trasmettitore di conoscenze” quanto: • Progettista di percorsi formativi a partire dalle specifiche esigenze del discente (o del gruppo di discenti) […] • Animatore/coordinatore in una comunità di apprendimento […] • Produttore e adattatore di materiali didattici […] In un recente convegno promosso da AICA in Italia e dedicato all’uso delle ICT nell’insegnamento, Didamatica, Antonio Calvani suggeriva: “E’ forse ora di passare dall’insegnare ‘la’ tecnologia, o dall’insegnare ‘con’ la tecnologia, all’insegnare ‘nella’ tecnologia”. Dall’invenzione del linguaggio a quella della scrittura, dalla stampa alla fotografia, ... si è sempre insegnata la tecnologia: si insegna a leggere e scrivere e analogamente si insegna a usare il computer. Si è sempre insegnato con la tecnologia: per esempio si usano i registratori per far sentire la corretta pronuncia di una lingua straniera o un filmato per meglio far comprendere un fenomeno fisico o chimico. Più una tecnologia è stata matura e pervasiva, più i docenti e gli studenti erano immersi in essa, più si 122 Pierfranco Ravotto - Il futuro dell’educazione può dire che l’insegnamento avveniva/avviene in essa: la nostra scuola è sicuramente immersa nel linguaggio, nella scrittura, nella rappresentazione per immagini, … Oggi è tempo che sia immersa nel digitale, nella virtualità. [...] La conversazione è una delle grandi caratteristiche del web 2.0 e cos’è il processo educativo se non conversazione? Non sono forse fra i massimi simboli dell’educazione Socrate che interrogava i concittadini sulla piazza di Atene, Platone che faceva vita comune con i suoi discepoli nell’Accademia e Aristotele che insegnava passeggiando con i suoi allievi nel gymnasium dedicato ad Apollo? Nella scuola tradizionale la rigida organizzazione delle lezioni e la netta separazione fra orario scolastico ed orario extrascolastico spezzettano e inibiscono la conversazione. Fuori della classe gli studenti fanno i compiti ma non possono conversare con l’insegnante, l’insegnante corregge i compiti ma non conversa con l’allievo. E il tempo in aula, fra la campanella d’inizio e quella di fine lezione, è spesso sufficiente solo per un monologo. Usare non solo lo spazio “reale” dell’aula ma anche gli spazi virtuali disponibili permette di intrecciare le mille conversazioni che altrimenti rimangono inespresse. […] Il valore dell’apertura nel contesto educativo Due tendenze diverse si confrontano e si scontrano in una pluralità di campi: “aprire” o “chiudere”? Permettere e facilitare l’accesso alle risorse – alla terra, all’acqua, alle medicine, alla musica, alle informazioni, alle idee, ... – o limitarlo a protezione di legittimi interessi, la proprietà di un bene, di un brevetto, la paternità di un’idea, il diritto alla privacy? Linux e Apache sono i più famosi software free/open […] hanno dimostrato - a dispetto della loro gratuità e del modo in cui sono prodotti - di saper stare sul “mercato” sia in termini di conquista di significative fette di mercato sia in termini della capacità di generare “affari”. Nel campo dell’open content tutti conoscono Wikipedia […] e l’open courseware del MIT […] e molti singoli insegnanti stanno mettendo in condivisione i propri materiali didattici, si tratti di un intero corso in Moodle piuttosto che di un singolo learning object. Si trovano materiali didattici su siti che non sono nati con questo obiettivo, per esempio su YouTube o su Slideshare, esistono specifiche repository didattiche aperte come Merlot. Connexions, Wikieducator, Wikivideo, freeLOms che abbiamo sviluppato nel progetto SLOOP e tante altre. E’ già il presente e, a maggior ragione, può essere il futuro. Il web 2.0 grazie al modello della condivisione ed al sistema dei “tag” ha, come dice O’Really “embraced the power of the web to harness collective intelligence”. L’uso del web per condividere materiali, percorsi e progetti didattici può raccogliere l’intelligenza collettiva degli insegnanti e degli stessi studenti facendo fare un salto di qualità ai sistemi educativi. Può essere il futuro, ma solo se la tendenza all’apertura avrà il sopravvento su quella alla chiusura, che pure è forte e proclama le sue motivazioni: quella dei singoli insegnanti gelosi dei loro prodotti, non disponibili a rilasciarli gratuitamente o timorosi del giudizio dei colleghi, quella delle scuole o delle università che pensano di dover proteggere il proprio patrimonio, quella degli editori che pensano di aver tutto da perdere se non mantengono uno strettissimo copyright. hanno motivazioni “ragionevoli” color che si oppongono all’apertura, ma sono motivazioni che guardano al passato, 123 Je-LKS — Communications - Vol. 5, n. 1, febbraio 2009 non al futuro. Nel loro libro - “Wikinomics 2.0. La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo” - Don Tapscott e Anthony D. Williams mostrano come stia nascendo una nuova modalità produttiva basata sulla collaborazione e sulla condivisione della proprietà intellettuale. Presentano esempi di successo: da Amazoon a eBay, dal progetto Genoma Umano in campo farmaceutico al Mindstorm di Lego, dal rapporto di IBM con l’open source alla divulgazione delle API di GoogleMaps, dall’utilizzo di ricercatori esterni - “connect and develop” - nella Ricerca e Sviluppo di Procter & Gamble alla progettazione del Boeing 777. E dunque perché non dovrebbero essere vincenti, anche da un punto di vista economico, iniziative fondate sui principi di apertura, condivisione e collaborazione fra soggetti diversi nell’ambito dell’educazione? Perché frenare e non premere sull’acceleratore? […] Produrre materiali aperti, dunque modificabili per adattarli a contesti diversi (per esempio traducendoli) o per migliorarli e trasferibili fra tecnologie, condividerli in repository indipendenti o dare libero accesso alle proprie repository, rendere “taggabili” i materiali e i corsi agli insegnanti ed agli studenti stessi, dare libero accesso ai laboratori virtuali: non sono solo indicazioni di lavoro, sono linee di tendenza, qui e là già in atto, che aiutano a individuare un possibile scenario futuro. BIBLIOGRAFIA Ardizzone P., Rivoltella P.C. (2008), Media e tecnologie per la didattica, Milano, Vita e pensiero. Calvani A. (2008), Relazione invitata a Didamatica, Taranto, 28 aprile 2008. Barack O. (2008), Remarks of President-Elect Barack Obama: Election Night http://www.barackobama.com/2008/11/04/remarks_of_presidentelect_bara.php (verificato 7 novembre 2008). 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