ALLARGAMENTO A EST DELL`UNIONE EUROPEA
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ALLARGAMENTO A EST DELL`UNIONE EUROPEA
ALLARGAMENTO A EST DELL’UNIONE EUROPEA: GLI EFFETTI SUL MERCATO DEI BENI Stefano Manzocchi Dipartimento di Economia Università di Perugia Via Pascoli, 20 06123 Perugia Tel. (075)585560 Fax. (075)5855200 E-mail: [email protected] 2 Beatrice Pierluigi Centro Studi Confindustria Viale dell’Astronomia, 30 00144 Roma Tel. (06)5903256 Fax. (06)5918348 E-mail: [email protected] Abstract This paper investigates the economic effects for the Italian industry of the enlargement to the Central and Eastern European countries. Italy shows a consistent trade surplus in the manufacturing industry with respect to those countries. This surplus derives not only from chemical and mechanical products but also from more traditional manufacturing goods. We compute several indices of revealed comparative advantages and show that the intra-industry trade between Italy and Ceeis composed mainly by vertical trade. In other words Italian products are different and thus highly demanded because of their higher quality. We finally analyse some crucial aspects of the current negotiation between the European Union and the accession countries related to the fulfilment of standards of goods, which is necessary for creating a competitive enlarged Single Market. Keywords: East Enlargement, Revealed Comparative Advantages, IntraIndustry Trade. JEL Classification: F0, F1, F4 Il lavoro fa parte del progetto coordinato dal Dipartimento Affari Economici, Presidenza del Consiglio “L’allargamento a est dell’Unione Europea: sfide e opportunità per l’Italia” (febbraio 2001). Gli autori ringraziano Giulio de Caprariis, Giampaolo Galli e Ludovica Rizzotti per gli utili commenti 3 Indice 1. Introduzione e sintesi................................................................ 5 2. Gli effetti economici dell’allargamento.................................... 7 3. Il commercio estero dei Peco.................................................. 11 4. Vantaggi comparati e somiglianza delle specializzazioni dell’industria italiana e dei Peco .................................................. 14 5. Il negoziato .............................................................................. 22 Tavole .......................................................................................... 26 Riferimenti bibliografici ................................................................44 4 1. Introduzione e sintesi Il 1989 segna l’inizio di un processo di trasformazione dei paesi dell’Europa centro-orientale (Peco) senza precedenti: sul fronte politico il passaggio a regimi democratici, sul fronte economico la transizione dalla pianificazione centrale verso un’economia di mercato. Questo processo, non ancora terminato, è stato portato avanti attivando severe politiche di stabilizzazione macroeconomica (dell’inflazione e dei conti pubblici); la ristrutturazione della capacità produttiva; riforme istituzionali radicali (privatizzazioni e creazione di mercati per i beni e per i fattori produttivi); l’apertura del commercio internazionale. Dieci paesi in transizione sono stati riconosciuti come candidati per l’ingresso nell’Unione Europea. Il gruppo di testa include Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia e Ungheria, che hanno aperto i negoziati nel 1998 insieme a Cipro. Questi sono stati seguiti di recente da Slovacchia, Lettonia, Lituania, Romania e Bulgaria, che insieme a Malta hanno iniziato i negoziati con l’Ue all’inizio del 2000. Questo lavoro passa in rassegna lo stato delle relazioni commerciali dell’Unione Europea, e in particolare dell’Italia, con i paesi dell’Europa Centro-orientale candidati ad entrare nella Ue, e avanza alcune ipotesi sulle conseguenze per l’economia italiana dell’allargamento del Mercato Interno dei beni. Il paragrafo 2 si sofferma sugli effetti macroeconomici derivanti dalla liberalizzazione del mercato dei beni nei Peco. Il paragrafo 3 analizza i dati sui flussi commerciali tra Peco, Unione Europea ed Italia con particolare attenzione agli aspetti settoriali; il paragrafo 4 mette a confronto il pattern di specializzazione dei Peco con l’Italia. Il paragrafo 5 si sofferma sugli aspetti negoziali e su alcuni nodi critici della transizione dei Peco verso l’ingresso nell’Unione. I principali risultati dell’analisi dei benefici e dei costi dell’allargamento ad Est per il commercio internazionale dell’Italia possono essere così riassunti: L’ingresso dei 10 candidati Peco avrà effetti complessivamente limitati sull’industria italiana. Le barriere tariffarie nei confronti del 5 mercato comune sono già quasi completamente cadute, tuttavia le importazioni italiane dai Peco pesano per l’1,5% della produzione industriale italiana e per l’1,6% della domanda interna. Nei prossimi anni, anche in presenza di un elevato ritmo di incremento di tali importazioni, la loro rilevanza rispetto alla dimensione dell’economia italiana dovrebbe mantenersi modesta. Il saldo totale del commercio estero dei Peco con l’Unione Europea è notevolmente attivo per i Paesi Ue. L’industria italiana registra un surplus commerciale con i Peco non solo nei macro-comparti della chimica e della meccanica, come nella media Ue, ma anche nei prodotti “tradizionali”. Il divario di reddito pro capite tra i Peco e i Paesi Ue suggerisce che - prescindendo da oscillazioni congiunturali - il disavanzo commerciale dei primi permarrà nel prossimo futuro. Il processo di convergenza richiede infatti che il ritmo di accumulazione del capitale sia relativamente più intenso nei Peco. Questo comporterà un afflusso netto di capitali dall’estero in tali Paesi, per compensare i disavanzi strutturali della bilancia commerciale, per finanziare l’acquisto di beni strumentali dall’estero, e per soddisfare la domanda interna di consumi stimolata dalla crescita del reddito futuro atteso. Il contributo dei Peco alla crescita economica europea dovrebbe rimanere a lungo positivo, dati gli elevati margini di convergenza verso livelli più elevati di reddito pro capite. L’Italia presenta un vantaggio comparato rispetto alla maggior parte dei Peco nel caso dell’industria chimica (con l’eccezione di Lituania, Ungheria e Bulgaria) e nel caso dei macchinari e veicoli (con l’eccezione di Polonia, Slovacchia e Slovenia). Nell’industria manifatturiera di base ed in quella tradizionale l’Italia sembrerebbe fronteggiare in prevalenza commercio di tipo intraindustriale. Analisi effettuate sulla base di una elevata disaggregazione merceologica dei flussi commerciali mostrano però che le esportazioni italiane hanno in media valori unitari più elevati, si concentrano cioè su 6 segmenti di mercato a più alto valore aggiunto. Le imprese italiane hanno dunque un vantaggio competitivo nei segmenti qualitativi elevati. Si assiste in molti casi a fenomeni di outward-processing trade, con esportazione dall’Italia di semilavorati ad alta intensità di capitale e reimportazione di prodotti finiti a più alta intensità di lavoro dai Peco. Quest’ultimo fenomeno è verosimilmente associato ad investimenti diretti nei Peco meno sviluppati (Romania, ad esempio), e può contribuire a spiegare il pattern di commercio intra-industriale in alcuni settori “tradizionali”. Se si combina questo quadro con la plausibile sequenza temporale dell’accesso all’Unione, e della piena partecipazione al Mercato Interno, è ragionevole ritenere che: a) nella prima fase dell’allargamento si assista a modeste variazioni della pressione competitiva sull’industria italiana da parte di concorrenti il cui commercio con l’Unione è già sostanzialmente liberalizzato; e b) tali variazioni saranno equidistribuite e non concentrate solo nei settori “tradizionali”. Nella seconda fase dell’allargamento, l’ingresso dei paesi del Sud Est europeo in più forte ritardo, porterà invece più rilevanti mutamenti nei comparti tradizionali. 2. Gli effetti economici dell’allargamento Il processo di integrazione economica tra l’Unione Europea e le economie in transizione è iniziato 11 anni fa: nella prima metà degli anni ‘90 sono stati firmati gli “Europe Agreements”, accordi di associazione che forniscono il quadro per la costruzione di relazioni bilaterali tra la Comunità Europea e ciascuno dei paesi partner. Essi tracciano, tra l’altro, il percorso da compiere per la rimozione delle barriere commerciali. Nell’arco di un decennio i Peco hanno raggiunto un discreto grado di apertura. La quota di commercio (esportazioni più importazioni) sul Pil dei Peco non si discosta infatti dalla media europea (Polonia e Bulgaria presentano il grado di apertura minore e Slovenia ed Estonia quello maggiore). L’imposizione tariffaria risulta contenuta in Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia e addirittura 7 nulla in Estonia (tab. 1). I Peco sono, o stanno per diventare, membri del Wto; hanno raggiunto un livello elevato di liberalizzazione del commercio e del mercato dei cambi (Indice Ebrd; cfr. nota tab. 1); l’indice di restrizioni commerciali calcolato dal Fondo Monetario Internazionale (Indice TRI, cfr. tab. 1), segnala un grado di protezione che non si discosta molto dalla media dei paesi dell’Unione Europea. Secondo quanto previsto dagli “Europe Agreements” quasi tutte le restrizioni che sono ancora operanti sui prodotti non agricoli verranno eliminate dai Peco entro la fine del 2002 (Oecd, 1995). L’allargamento migliorerà le condizioni di accesso per gli esportatori dell’Ue. Ciò significa anche l’eliminazione delle restrizioni che includono barriere non tariffarie (ancora molto forti in Polonia e Ungheria) e l’adozione di tariffe esterne comuni (Cet). Attualmente gli stati candidati (con l’eccezione dell’Estonia, per la quale il processo di accesso all’Unione comporterà un aumento tariffario) impongono in media una tariffa del 7% sui beni manifatturieri importati da paesi extra-Ue, mentre questa tariffa è inferiore al 3% nel caso degli scambi tra paesi Ue e extra-Ue. Al contrario, per un numero considerevole di prodotti agricoli l’Unione Europea impone tariffe verso paesi terzi più elevate dei paesi candidati. La liberalizzazione dei mercati Peco dovrebbe favorire le esportazioni delle industrie Ue per le quali il grado di protezione relativo, ovvero il differenziale delle barriere commerciali di paesi candidati rispetto all’Unione, era in passato più elevato. In base a valutazioni del 1996 basate su dati tariffari (Kaminski, 1998), si tratterebbe dei comparti del legno, carta e mobili (con un differenziale di circa il 4% a sfavore dell’Ue), della lavorazione dei metalli (differenziale del 2,5% a sfavore dell’Unione), dei mezzi di trasporto (differenziale dell’8%); del macchinario elettrico e non (differenziale di circa il 4%). In termini di interscambio commerciale con l’Italia, le importazioni italiane dai Peco pesano per l’1,5% della produzione industriale italiana (tab. 5), e per l’1.6% della domanda interna. Nel prossimo futuro, anche in presenza di un elevato ritmo di incremento di tali importazioni, la loro rilevanza rispetto alla dimensione dell’economia 8 italiana dovrebbe mantenersi modesta. D’altra parte, il contributo dei Peco alla crescita economica europea continuerà ad essere positivo, dati gli elevati margini di convergenza verso livelli più elevati di reddito pro capite e mediante il trasferimento tecnologico. Tuttavia, affinché tale potenziale si realizzi occorrerà che questi paesi soddisfino le condizioni di stabilità macroeconomica e capacità competitiva. I paesi più avanzati nella transizione e nei negoziati di accesso (i cosiddetti cinque Peco-Lussemburgo) sono non a caso anche quelli la cui crescita economica nella seconda metà degli anni ’901 è stata più elevata e meno volatile. Nel secondo gruppo Bulgaria e Romania, che sono ancora indietro nella transizione anche se con situazioni differenziate, hanno avuto profili di crescita più bassi e variabili (si veda Ebrd, Transition Report, vari anni). In generale, tuttavia, è ragionevole attendersi che il mercato nazionale dei Peco, una volta ammessi nell’Unione, sia un mercato in espansione e quindi di notevole interesse per le imprese italiane. L’allargamento avrà conseguenze di tipo allocativo, e cioè sulla distribuzione delle risorse. L’allocazione delle risorse viene modificata attraverso le opportunità di trade creation e trade diversion. Ulteriori spazi per creare nuovo commercio (trade creation) dovrebbero provenire dalla riduzione delle tariffe rispetto a paesi terzi, mentre la ricomposizione dei flussi commerciali (trade diversion) dovrebbe essere limitato poiché i paesi dell’Unione Europea sono già i principali partner commerciali dei Peco2. E` possibile che vi sia trade diversion dai paesi Cis, che sono a tutt’oggi partner commerciali di rilievo dei Peco, sebbene questi ed altri paesi guadagnerebbero da un mercato più grande a causa dell’aumento di 1 Con la parziale eccezione della Repubblica Ceca colpita dalla crisi valutaria del 1997. 2 Bulgaria e Lituania presentano il grado di apertura minore nei confronti dell’Ue, il loro commercio con l’Ue rappresentava nel 1999 il 50% di quUello complessivo, si veda tavola indicatori strutturali. 9 reddito e ricchezza nei paesi candidati (cfr. Brenton, Di Mauro, 1998). Anche per limitare possibili effetti di trade diversion derivanti dal recepimento degli “Europe Agreements”, l’Unione Europea ha già incoraggiato i Peco a concludere accordi per liberalizzare il commercio tra di essi. Accordi di commercio intraregionale includono il “Baltic Free Trade Agreement” per i tre paesi del Baltico, ed il “Central European Free Trade Association” (Cefta) che comprende gli altri sette paesi. Gli studi economici sull’allargamento sono abbastanza concordi nel ritenere che gli effetti diretti derivanti dall’accresciuta integrazione dovrebbero essere nel complesso limitati nel caso dei prodotti industriali, dato il già elevato grado di liberalizzazione raggiunto3. I settori più esposti sono invece l’agricoltura e i servizi (ad esempio i servizi finanziari, per i quali vi sono ancora ampi spazi di sviluppo nei paesi in transizione). Gli effetti potenziali sul commercio sono, in generale, studiati utilizzando il cosiddetto gravity model, che consente di confrontare il volume effettivo del commercio con quello considerato “normale”, ovvero quello che tiene conto di variabili fondamentali quali la distanza geografica, la dimensione economica del paese, il reddito pro capite, l’esistenza di frontiere marittime, ecc. La presenza di relazioni commerciali “non-normali” dipende dalla significatività di specifiche variabili dummy che misurano la rilevanza di avere frontiere comuni, di condividere la stessa lingua, di appartenere alla stessa area di free trade o currency union. Sulla base di queste stime il volume del commercio tra Unione Europea e paesi candidati si colloca già oggi su un livello “normale”, mentre il commercio all’interno del mercato comune europeo si situerebbe tra il 20 ed il 40% al di sopra del livello “normale” (Fidrmuc e Fidrmuc, 2000). Inoltre, questo tipo di modelli sembra suggerire che, 3 Si vedano, ad esempio, Brenton e Gros, (1997) e Baldwin et al., (1997); un’opinione diversa si trova in Buch e Piazolo, (2000). 10 sebbene il commercio Peco con i paesi Cis sia diminuito notevolmente dopo lo scioglimento del Consiglio di Mutua Assistenza Economica nel 1991, esso rimane comunque più alto di quanto ci si aspetterebbe data la distanza geografica tra Peco e paesi Cis e la dimensione del mercato dei Cis. Ciò induce a ritenere che vi potrebbe essere ulteriore spazio per accrescere i volumi commerciali in una Unione Europea allargata, con un aumento stimato in circa l’1,5% del commercio totale dei paesi dell’Unione. Questa stima è simile a quella ottenuta nel lavoro di Baldwin et al. (1997): in questo caso viene effettuato un esercizio di simulazione con un modello per l’economia mondiale che consiste nell’osservare gli effetti della creazione di una custom union tra Ue e Peco. Il risultato delle simulazioni porta ad un aumento delle esportazioni Ue verso i Peco di circa il 30%, che corrisponde all’1,5% del totale delle esportazioni Ue. 3. Il commercio estero dei Peco Il saldo commerciale dei Peco con l’Unione Europea è fortemente eccedentario per i Paesi Ue. Il surplus commerciale dell’Unione era pari a 22 miliardi di euro nel 1998, di cui un terzo deriva dall’interscambio dei prodotti chimici e due terzi dai prodotti dell’industria meccanica (tab. 3). Inoltre, il deficit Ue nei settori di base e tradizionali risulta in diminuzione, ed è passato da –2,1 miliardi di euro nel 1993 a –0,2 nel 1998. Per quanto riguarda l’Italia, l’attivo commerciale complessivo era di 2,8 miliardi di euro nel 1999 e di oltre 3 miliardi di euro nel solo comparto manifatturiero. Va sottolineato che l’industria italiana registra un surplus commerciale con i Peco non solo nei macro-comparti della chimica e della meccanica, come nella media dei paesi Ue, ma anche nei prodotti “tradizionali” (tab. 6). 11 3.1. Il commercio con l’Unione Europea Nell’ultimo decennio il commercio tra l’Unione Europea ed i Peco è cresciuto a ritmi sostenuti. Tra il 1993 e il 1998 le importazioni dell’Unione Europea dai Peco sono aumentate mediamente del 19%, con uno spostamento dai beni primari ai manufatti. Nel biennio 1997 - 1998 le importazioni Ue dei prodotti primari hanno registrato un calo dello 0,8% mentre quelle dei prodotti manifatturieri un incremento del 23,2%. Per l’Ue le esportazioni verso i Peco hanno rappresentato l’11% di tutto l’export extra-Ue nel 1998, e per il 90% sono costituite dai prodotti dell’industria manifatturiera. In termini di saldi, il deficit commerciale dei Peco nei confronti dell’Unione Europea è più che triplicato (tab. 3). Le importazioni dell’Unione Europea sono concentrate nell’industria automobilistica (tab. 4), cresciute tra il 1997 e il 1998 del 57,5% (contro un incremento medio annuo del 19,3% nel triennio precedente). Il tasso di crescita delle importazioni di prodotti dell’abbigliamento è passato dal 10,2%, in media, nel triennio 1993-96, al 14,6% nel periodo 1997-98. Questi due settori rappresentano rispettivamente il 21% e il 18% del totale delle importazioni extra-Ue negli stessi settori e costituiscono l’11,3 e il 10,7% delle importazioni complessive dai Peco. L’Unione Europea è il principale mercato di sbocco della maggior parte dei paesi candidati: nel 1999 il 76,2% delle esportazioni totali ungheresi, il 70,5% di quelle polacche, il 69,2% di quelle della repubblica Ceca e il 66% di quelle slovene erano dirette verso l’Unione Europea. I paesi con le minori quote di commercio verso l’Ue sono Bulgaria ed Lituania (con il 50% delle esportazioni totali nel 1999). Il periodo 1997-1998 si è caratterizzato per un ridimensionamento della crescita dell’export della Comunità Europea verso i Peco, soprattutto per quanto riguarda le materie prime energetiche ed alimentari. I beni più esportati sono stati gli autoveicoli, macchine elettriche, macchine varie per l’industria, impianti per le telecomunicazioni, macchine per ufficio e computer. Nello stesso 12 periodo questi paesi hanno subito un rallentamento dell’attività economica, in alcuni casi recessione, in relazione alle crisi dei mercati emergenti; inoltre, gli stessi hanno visto un progressivo apprezzamento del tasso di cambio reale. 3.2. Il commercio con l’Italia Nel 1998 la quota delle importazioni italiane dai Peco sul totale delle importazioni dell’Unione Europea è stata pari all’11,6%; la quota delle esportazioni è stata 12,6%. Tra il 1996 e il 1998 le importazioni italiane dai paesi candidati sono cresciute del 18,6%, anche per effetto delle considerevoli riduzioni tariffarie avvenute nel biennio e dell’incremento dell’attività di investimenti diretti italiani nei Peco. Sia nel 1998 che nel 1999 l’Italia è risultata esportatrice netta nei confronti dei Peco di circa 3 miliardi di euro (tab. 6). Le esportazioni verso i Peco rappresentano il 12,3% delle esportazioni italiane verso paesi extra-Ue, mentre le importazioni dai Peco rappresentano il 10,7% delle importazioni italiane da paesi extraUe. Il mercato più rilevante per le esportazioni italiane è rappresentato dalla Polonia, e poi da Ungheria, Romania, Slovenia e Repubblica Ceca. L’Italia è importatrice netta nei confronti di Romania, Bulgaria e Repubblica Slovacca (tab. 7A-7C). Le importazioni dei prodotti primari rappresentano l’11,6% di quelle totali; tra di essi la componente più rilevante è costituita dalle materie prime non energetiche e dai prodotti agricoli. Le importazioni dei prodotti dell’industria manifatturiera (88% delle importazioni totali) si concentrano nell’industria di base, nell’industria “tradizionale” (legno e mobili, prodotti tessili, cuoio, metalli) e in quella dei mezzi di trasporto. Le esportazioni italiane sono prevalentemente concentrate nelle stesse classi di prodotto (tab. 7A-7C). Considerando un livello di aggregazione merceologico per prodotto a 2 cifre sembrerebbe che ci troviamo di fronte ad una prevalenza di commercio intra-industriale (tab. 8). Analisi effettuate 13 sulla base di una maggiore disaggregazione dei flussi commerciali mostrano però che le esportazioni italiane hanno in media valori unitari più elevati e si concentrano quindi su segmenti di mercato a più alto valore aggiunto4. 4. Vantaggi comparati e somiglianza delle specializzazioni dell’industria italiana e dei Peco 4.1. La misurazione dei vantaggi comparati E’ quindi importante analizzare i vantaggi comparati rivelati tra Italia e paesi candidati. Si cercherà poi di capire se la più elevata qualità dei prodotti italiani sia rimasta una caratteristica della nostra produzione anche alla fine degli anni novanta, e se ciò possa consentire all’Italia di mantenere quote di mercato e surplus commerciali nei settori tradizionali cosiddetti “sensibili” (tessile-abbigliamento, calzature, mobili e prodotti in legno) anche nei confronti dei paesi candidati. Una misura del grado di somiglianza della specializzazione produttiva tra Italia e Peco, e quindi di specializzazione relativa dell’Italia, è data dalle quote normalizzate delle esportazioni italiane in ciascun settore verso ciascun Peco e le quote normalizzate delle importazioni italiane in ciascun settore provenienti da questi stessi paesi. Nel primo caso otteniamo indicazioni di penetrazione dei prodotti italiani nel mercato dei Peco, nel secondo otteniamo informazioni sulla 4 Già a partire dalla seconda metà degli anni ‘80, l’Italia si trovava a competere in qUesti stessi settori “sensibili” con le nuove economie emergenti dell’Asia Orientale. Gli indici di vantaggio comparato rivelato (relativi a dati del 1994; cfr. de Nardis, Traù, 1999) sottolineano una somiglianza notevole in termini di specializzazione dell’industria italiana e delle economie emergenti per il complesso dei prodotti tradizionali. In generale, questa somiglianza si ridimensiona una volta che gli indici di specializzazione siano corretti per tenere conto delle differenze nella qualità dei prodotti, approssimata dai valori medi unitari. 14 penetrazione dei prodotti di questi paesi in Italia. In entrambi i casi, valori dell’indice maggiori di uno indicano una specializzazione per quel prodotto nel mercato estero5. Nel caso delle esportazioni italiane (tab. 9A) si rileva un elevato grado di penetrazione dei prodotti italiani nei settori della manifattura di base, dell’industria manifatturiera varia (settori tradizionali) e dell’industria dei macchinari e veicoli. Non si osservano rilevanti differenziazioni tra i diversi paesi candidati. Nel caso delle importazioni italiane dai Peco (tab. 9B) emerge una sostanziale penetrazione commerciale dei prodotti industriali. Fanno eccezione le materie prime esclusi i combustibili (prodotti primari), la cui penetrazione nel mercato italiano è soprattutto rilevante da parte dei paesi del Baltico. Dal confronto tra i due indici si vede che Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia e Lituania hanno la specializzazione produttiva più dissimile da quella italiana, e Polonia e Repubblica Slovacca e Slovenia quella più simile. Per quantificare il grado di specializzazione dell’Italia e dei Peco nei diversi settori è utile anche calcolare l’indice di vantaggi comparati rivelati (RCAi) suggerito da Neven (1995): X iIz M iIz − Iz Iz RCAi = X Iztot M Iztot Xi Mi + X Iz tot M Iz tot dove RCAi misura il saldo commerciale “normalizzato” (ovvero, aggiustato per lo squilibrio commerciale complessivo e la dimensione X Iz X IW Le quote normalizzate sono calcolate in questo modo: iIz / iIW dove X X tot tot X iIz sono le esportazioni italiane del prodotto i verso il paese z, I indica Italia, W mondo e tot esportazioni di tutti i prodotti. In modo simmetrico sono costruite le quote normalizzate delle importazioni. 5 15 dell’interscambio) verso un dato paese nell’industria i; X iIz e M iIz rappresentano le esportazioni e le importazioni italiane verso e da il Iz Iz e M tot sono le esportazioni ed importazioni paese z nell’industria i; X tot totali italiane nei confronti del paese z. L’indice assume valori nell’intervallo tra meno 1 (nel caso in cui il paese in questione - ovvero l’Italia - non esporti nessun bene nel settore i) e più 1 (nel caso in cui il paese non importi nessun bene nel settore i). Un valore positivo (negativo) indica la presenza di un vantaggio (svantaggio) comparato nei confronti di ciascun paese candidato. L’indice è uguale a zero quando le quote di esportazioni e importazioni del paese sono esattamente le stesse. Il risultato dei calcoli è presentato nella tabella 10. Nel caso dei prodotti primari l’Italia registra un segno negativo nei confronti di tutti i paesi candidati, il che segnala uno svantaggio comparato. L’indice è invece positivo, ma molto prossimo allo zero per l’aggregato relativo all’industria manifatturiera. L’Italia presenta un vantaggio comparato rispetto alla maggior parte dei Peco nel caso dell’industria chimica (con l’eccezione di Lituania, Ungheria e Bulgaria) e nel caso dei macchinari e veicoli (con l’eccezione di Polonia, Slovacchia e Slovenia). L’indice risulta invece molto prossimo allo zero, e di segno variabile, nell’industria manifatturiera di base ed in quella tradizionale (si veda la voce Altri prodotti). 4.2. Somiglianza tra esportazioni italiane e dei Peco verso il Mercato Comune. Oltre all’impatto del commercio dei Peco sul mercato domestico, la produzione italiana è anche soggetta a potenziali effetti di spiazzamento sul mercato comune. Ciò potrebbe avvenire nella misura in cui vi sia una elevata somiglianza delle esportazioni dell’Italia e dei Peco verso il resto dell’Unione Europea. A questo scopo abbiamo costruito un indice di specializzazione relativa (tab. 11), che misura il grado di somiglianza delle esportazioni italiane e dei Peco nei confronti del 16 Mercato Interno (EU-15 meno l’Italia). L’indice è uguale ad uno nel caso di perfetta sovrapposizione delle specializzazioni di Italia e Peco, tende a zero nel caso di quota settoriale italiana che tende a zero, e non è definito nel caso di quota del paese candidato che tende a zero. Quando il valore dell’indice è maggiore (minore) di uno l’Italia risulta relativamente più (meno) specializzata dei Peco nell’export dei beni a cui l’indice si riferisce. La formula per il calcolo dell’indice è la seguente: Si = X iI X tot X iz I X tot z dove X iI sono le esportazioni italiane verso il mercato europeo nel settore i; X iz le esportazioni del paese z verso il mercato europeo (da cui viene esclusa l’Italia) nel settore i. Dalla tabella 11 è possibile notare che, relativamente all’industria manifatturiera, l’Italia risulta generalmente più specializzata nei settori agroalimentare (dove pesano le restrizioni della Politica Agricola Comunitaria verso gli esportatori extra-Ue), della chimica e delle macchine e veicoli, mentre presenta un grado di specializzazione relativa variabile nel comparto della manifattura di base. I Peco mostrano una specializzazione relativa (indice inferiore ad uno) nell’industria manifatturiera varia, che comprende i settori tradizionali. Utilizzando un maggiore livello di disaggregazione per settore (4 cifre), vari autori hanno però mostrato come la somiglianza tra modelli di specializzazione all’export è maggiore all’interno dell’area Peco che non tra Peco e Paesi Membri dell’Unione, con la parziale eccezione della Grecia e del Portogallo (Brenton e Di Mauro, 1998). Quindi, l’adesione di alcuni paesi candidati al Mercato Interno e la connessa riduzione delle barriere al commercio con l’Unione, produrrebbe un aumento della tensione competitiva soprattutto nei paesi candidati esclusi e, in minor misura, in Portogallo e Grecia. In secondo luogo, è comunque necessario comprendere se la sovrapposizione settoriale a livello aggregato non nasconda significative differenze nella qualità dell’export. Il passo successivo consiste quindi 17 nel costruire indicatori che rendano conto delle differenze qualitative dei prodotti. 4.3. Differenze qualitative tra i prodotti dell’industria italiana e dei Peco. Per avere una misura dell’eterogeneità dei prodotti nel contesto dei flussi commerciali intra-industry è possibile partire dall’indice di Grubel-Lloyd. Tale indice, che consente di valutare la somiglianza, in un certo settore, delle esportazioni con le importazioni di uno stesso paese (trade overlap), può essere distinto in due parti: orizzontale e verticale. Il commercio orizzontale si riferisce allo scambio intra-industry di prodotti effettivamente differenziati, il commercio verticale si riferisce allo scambio di prodotti simili, ma caratterizzati da una diversa “qualità”. La suddivisione dell’indice avviene sulla base dei valori medi unitari dei beni considerati. Prodotti che rientrano nella stessa classificazione merceologica e i cui valori medi unitari cadono all’interno di un dato intervallo sono considerati qualitativamente simili e appartenenti al commercio orizzontale. Prodotti i cui valori medi unitari cadono al di fuori dell’intervallo sono ritenuti qualitativamente diversi e appartenenti al commercio verticale6. L’analisi empirica del commercio Italia-Peco, in particolare un studio di Ferragina (2000) su dati relativi al periodo 1988-1995 per cinque paesi Peco, conclude che il commercio intra-industry verticale (quello in cui la qualità della produzione italiana è superiore) è stata la componente più importante dei flussi commerciali tra Italia e paesi dell’allargamento. Nel 1995 la percentuale di commercio verticale si collocava tra il 65% (Polonia) ed il 90% (Bulgaria) del totale del 6 Consideriamo uno scostamento dei valori medi unitari pari a ± 0,25, ovvero, posto pari a 1 il valore medio unitario del prodotto del primo paese, se il valore medio unitario del prodotto del secondo paese si colloca nell’intervallo [0,751,25] ci troviamo in presenza di commercio orizzontale. 18 commercio intra-industry. Queste percentuali sono leggermente inferiori a quelle calcolate per il commercio intra-industry tra Unione Europea e Peco (Aturupane, 1999), nel qual caso il commercio verticale si colloca tra l’80 e il 90% del commercio intra-industry. Nuove valutazioni condotte su dati del 1999 indicano che la differenza qualitativa tra merci italiane e merci provenienti dai Peco è confermata, e quindi la somiglianza delle strutture di export aggregate nasconde divari in termini di valori medi unitari. Questo consente di ridimensionare sensibilmente l’entità della pressione competitiva che le esportazioni dei Peco eserciterebbero sulle produzioni italiane. Il confronto tra valori medi unitari delle esportazioni e delle importazioni si è limitato ai soli prodotti che rientrano nelle categorie della manifattura di base, delle macchine e veicoli e della manifattura varia (sulla base della classificazione SITC a 4 cifre; cfr. tab. 12). La percentuale di commercio intra-industry verticale nell’industria manifatturiera risulta pari all’83% in media per il totale dei Peco. Questa percentuale si riduce al 78% per i beni manifatturieri vari. La Slovenia presenta la percentuale più bassa di commercio verticale con l’Italia (con il 64% nella manifattura varia ed il 70% nel totale dei settori considerati), segue l’Ungheria (con il 72% nella manifattura varia ed il 75% nel totale dei settori considerati). Il commercio intra-industriale con Estonia e Lettonia risulta per oltre il 90% dei prodotti di tipo verticale. 4.4. Aspetti settoriali Pur se complessivamente molto limitati (con l’eccezione dell’agricoltura e, presumibilmente, del settore agro-alimentare), gli effetti dell’allargamento del Mercato Interno ad alcuni Peco, e nel futuro a tutti gli altri, sono generalmente considerati diversamente distribuiti nei diversi settori produttivi. Il caso dell’agricoltura è ovviamente il più complesso, e costituisce un capitolo a sé poiché è legato alla Politica Agricola Comunitaria ed alla sua eventuale riforma in previsione dell’accesso dei Peco. Nel caso del comparto agro-alimentare, nel quale 19 l’elevata la protezione della Ue ha condotto ad un surplus dell’Unione verso i Peco (tab. 3) ma nel quale i paesi candidati sono esportatori netti verso il resto del mondo (tab. 2 e 3), è possibile prevedere che l’Ue chiederà deroghe e periodi transitori prima di consentire il pieno accesso dei nuovi membri al Mercato Interno. In generale, le dinamiche nel settore agro-alimentare saranno condizionate dalla eventuale riforma della Politica Agricola Comunitaria. Inoltre, questo settore risente del ritardo dei Peco in tema di misure veterinarie e sanitarie, ed è fondato ritenere che i Peco stessi chiederanno alcune deroghe temporanee. Nei settori industriali dell’Ue, ed in particolare dell’Italia, le differenze sembrano più sfumate soprattutto se si considera il calendario presumibile dell’allargamento. La penetrazione delle importazioni dai Peco in percentuale del valore aggiunto settoriale italiano è più elevata nei comparti della meccanica e nei settori tradizionali, ma è comunque limitata (tab. 5). Le esportazioni dei Peco verso il Mercato Interno nel 1998 sono soprattutto concentrate in produzioni “tradizionali”, tendenzialmente labour-intensive, (mobili, tessile e abbigliamento), beni “maturi” in cui la scala di produzione è importante (siderurgia e prodotti in metallo) e autoveicoli (tab. 4). Tuttavia, appare evidente che tra i settori dove più elevato è stato il tasso di crescita delle importazioni Ue tra il 1993 ed il 1998 vi sono le industrie a medio-alto contenuto tecnologico (autoveicoli, macchinario elettrico e non, apparecchi per telecomunicazioni) e non i settori tradizionali. Questa tendenza è il naturale risultato di tre fattori concomitanti. Primo, i Peco più avanzati sono quelli che, al tempo stesso, hanno riorientato le loro produzioni verso comparti avanzati, hanno migliorato la qualità dell’export e sono riusciti a penetrare con più successo il Mercato Interno (Hoekman e Djankov, 1996). Secondo, gli investimenti diretti dall’estero si sono in gran parte diretti verso i Peco più avanzati e verso i settori a medio-alto contenuto tecnologico. Infine, la crescita della domanda internazionale è più intensa in questi comparti, e quindi la crescita dell’export è ceteris paribus più rapida (European Commission, 20 1998). In sintesi, dunque, l’ingresso dei Peco più avanzati non dovrebbe concentrare la pressione competitiva sui settori industriali tradizionali, poiché la struttura produttiva di quei paesi si è già riorientata verso comparti più capital-intensive grazie anche agli investimenti delle imprese dell’Ue. Come abbiamo rilevato nell’introduzione, per l’Italia il saldo commerciale con i Peco è attivo anche nei comparti di base e tradizionali (tab. 6). L’interscambio italiano ha in gran parte i caratteri dell’intraindustry trade, ma l’analisi dei dati disaggregati evidenzia che le imprese italiane hanno conservato un vantaggio competitivo nei segmenti qualitativi più elevati. D’altra parte, si assiste in molti casi a fenomeni di outward-processing trade con esportazione dall’Italia di semilavorati ad alta intensità di capitale e re-importazione di prodotti finiti a più alta intensità di lavoro dai Peco. Quest’ultimo fenomeno è verosimilmente associato ad investimenti diretti nei Peco più arretrati (Romania, ad esempio), e può contribuire a spiegare il pattern di commercio intraindustry in alcune industrie tradizionali (ad esempio, parte dell’interscambio italiano di calzature da e verso la Romania; cfr. tab. 8). Il quadro dell’interscambio tra i singoli Paesi candidati ed Italia (tab. 8, 9 e 10) è piuttosto differenziato. Nella gran parte dei casi, il saldo commerciale totale nel 1999 è stato positivo per l’Italia, con l’eccezione di quello con Slovacchia, Romania e Bulgaria con disavanzi di moderata entità rispetto al volume del commercio estero italiano. Tuttavia, i paesi che verosimilmente saranno ammessi per primi nell’Unione (PecoLussemburgo con l’aggiunta della Slovacchia) mostrano saldi positivi e vantaggi comparati sia in alcuni comparti tradizionali o maturi (siderurgia), sia in alcuni settori a medio-alto contenuto tecnologico. Ad esempio, la Polonia e le Repubbliche Ceca e Slovacca hanno avuto nel 1999 saldi positivi nell’interscambio di veicoli con l’Italia, mentre l’Ungheria ha avuto un avanzo commerciale nel comparto del materiale e macchinario elettrico. Al contrario, i paesi più arretrati (Bulgaria e Romania), mostrano avanzi commerciali e vantaggi comparati soltanto nei settori tradizionali o maturi. Si noti che, in alcuni casi (l’automobile 21 in Polonia, alcuni comparti tradizionali in Romania), l’interscambio commerciale con l’Italia è anche il risultato degli investimenti delle imprese industriali italiane nei Peco. Se si combina questo quadro con la plausibile sequenza temporale dell’accesso all’Unione, e quindi della piena partecipazione al Mercato Interno, è verosimile: a) che nella prima fase dell’allargamento si assista a modeste variazioni della pressione competitiva sull’industria italiana da parte di concorrenti il cui commercio con l’Unione è già sostanzialmente liberalizzato; e b) che tali variazioni siano equidistribuite e non riferite esclusivamente ai settori “tradizionali”. L’ingresso dei paesi del Sud Est europeo in più forte ritardo, nella seconda fase dell’allargamento, porterà invece maggiori mutamenti nei comparti tradizionali. L’intensità relativa degli investimenti italiani in alcuni di quei paesi (ad esempio in Romania) lascia tuttavia immaginare che le imprese italiane abbiano colto alcune opportunità derivanti dal basso costo del lavoro per delocalizzare segmenti labour-intensive del processo produttivo, contribuendo forse a rafforzare il divario qualitativo tra produzioni realizzate in Italia e nei Peco. 5. Il negoziato L’allargamento deve rispondere non solo a una opportunità politica, ma anche ai principi economici che costituiscono il fondamento dell’Unione, stabiliti nel Trattato di Amsterdam. L’ingresso dei nuovi Paesi Membri deve contribuire alla crescita economica dell’Europa nel suo complesso (ed al processo di convergenza dei Peco) senza indebolire il nucleo delle istituzioni comunitarie e in particolare il Mercato Interno. La libera circolazione di beni e capitali (nonché dei lavoratori) è il fulcro del Mercato Interno. Centrali sono il principio di equa concorrenza e di efficienza. L’ingresso di nuovi membri è subordinato alla loro capacità di conformarsi adeguatamente ai criteri di Copenaghen, ed in particolare a quelli di una economia di mercato efficiente ed in grado di far fronte alle 22 pressioni competitive sul Mercato Interno, nonché al criterio di stabilità macroeconomica. I paesi candidati devono aver recepito e posto in atto al momento dell’ingresso nell’Unione tutto l’Acquis Communautaire. La concessione di periodi transitori durante i quali sospendere l’applicazione di parte dell’Acquis deve essere opportunamente giustificata. I periodi transitori devono essere limitati nel tempo e nello scopo, non distorsivi della funzionalità e della concorrenza nel Mercato Interno e accompagnati da piani che definiscano il processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie. I nodi cruciali del negoziato per l’ammissione, per quanto concerne la mobilità dei beni, hanno a che vedere con la concorrenza e la funzionalità del Mercato Interno, e con la tutela del consumatore. Essi riguardano in special modo quattro aree: a) la disciplina degli aiuti di Stato nei paesi candidati: non si tratta soltanto di regolamentarli secondo la disciplina Ue (le deroghe richieste dai Peco sono limitate), ma anche di identificarli e di renderli trasparenti (in molti casi, si tratta di forme di aiuto non palesi, quali ribassi sui prezzi delle forniture elettriche o regimi preferenziali per gli interessi sui crediti concessi da finanziarie controllate in tutto o in parte dallo Stato); b) le normative ambientali, sia quelle con impatto sui processi produttivi sia quelle con impatto sui prodotti. L stime del costo di adeguamento alle direttive ambientali Ue per i paesi del primo gruppo sono elevate (attorno all’1% del Pil se distribuite su un intervallo di 10 anni; si veda Dziegielewska, 2000)7. In questo ambito, i paesi candidati hanno richiesto periodi transitori molto lunghi (fino a 10 anni): si tratta 7 I costi risulterebbero anche più elevati per i paesi più arretrati; si veda anche l’Ebrd Transition Report (2000), pag. 57: sono considerati i costi per tutti i Peco e il costo complessivo di 121,6 miliardi di euro ripartito per 20 anni sarebbe pari all’1,8% del Pil all’anno. 23 di determinare se e in che misura queste deroghe possano ledere l’equa concorrenza nel Mercato Interno8; c) la tutela della proprietà intellettuale. Gli incentivi al nonenforcement degli accordi internazionali in materia di marchi e brevetti sono forti nei Peco. In particolare, Estonia, Ungheria e Polonia nel primo gruppo, e Lituania e Slovacchia nel secondo, sembrano lontane da livelli accettabili di implementazione dell’acquis (Gros et al. 2000). Le imprese farmaceutiche dell’Ue – che investono molto in ricerca e sviluppo – potrebbero risentire in misura maggiore del mancato adeguamento dei Peco agli standard internazionali di protezione brevettuale. d) gli standard tecnici e la certificazione dei prodotti. In questo caso, come per l’ambiente, vi sono due aspetti da considerare: la tutela del consumatore Ue (particolarmente rilevante nei settori dell’agroalimentare e della farmaceutica, ma anche - ad esempio - dei giocattoli); e la tutela della concorrenza. In particolare, l’industria elettronica ed elettro-meccanica italiana segnala l’esigenza che i Peco si adeguino agli standard di certificazione europei prima dell’effettivo ingresso nell’Unione, per evitare distorsioni nel mercato interno. Per quanto concerne le deroghe e i periodi transitori richiesti in tema di aiuti di Stato e ambiente, una ipotesi ragionevole è quella secondo cui, se tali concessioni verranno avallate in sede di negoziato, i settori a più elevata intensità di materie prime ed energia (chimico, siderurgico, lavorazione dei minerali non metalliferi) potrebbero subire le maggiori distorsioni della concorrenza in un Mercato Interno allargato. In particolare, il nodo negoziale degli aiuti di Stato viene percepito con preoccupazione dall’industria siderurgica italiana. Il comparto siderurgico europeo si è ristrutturato nel corso dell’ultimo ventennio, e 8 In proposito si veda anche Gros et al. (2000), pag. 47, dove l’orientamento non sarebbe quello di imporre costi “eccessivi” che rischierebbero di rallentare la crescita dei Peco quanto piuttosto di identificare delle priorità in modo da attribuire un peso maggiore all’adeguamento agli standard più rilevanti per l’impatto sul mercato dei beni. 24 l’ingresso dei Peco – che hanno eccedenze di capacità produttiva e bassi standard ambientali – potrebbe richiedere nuove ristrutturazioni. Per quanto concerne l’adeguamento degli standard tecnici, i Peco più avanzati nella transizione (Polonia, Ungheria) sono quelli che - in seguito al ri-orientamento dell’export verso settori della meccanica a medio-alto contenuto tecnologico - mostrano nel tempo una quota crescente dell’export soggetto a barriere tecniche nel Mercato Interno. Al contrario, tale quota è in calo in Romania e Bulgaria, che quindi tendono a esportare merci meno sofisticate verso l’Unione Europea (Brenton et al., 2000). Ciò significa che l’allargamento dell’Unione ai candidati più avanzati comporterà per questi ultimi elevati costi anche per l’adeguamento tecnico e la certificazione, a meno di concessioni di periodi transitori che potrebbero distorcere la concorrenza a favore dei Peco proprio in alcuni comparti nei quali la penetrazione delle loro esportazioni nel Mercato Interno è più rapida (ad esempio, mezzi di trasporto, macchinario elettrico e non, apparecchi per telecomunicazioni). Un ruolo virtuoso per l’adeguamento della struttura produttiva dei Peco può essere svolto, in questo ambito, dagli investimenti diretti dai paesi dell’Unione. Come sostenuto al termine del paragrafo 4.4, il mero ingresso di alcuni candidati può alterare la posizione competitiva dei Peco esclusi, e quindi condizionarne le probabilità di accesso futuro. In sintesi, appare chiaro che, se è ragionevole ipotizzare che l’effettivo allargamento avrà inizio a partire dal 2004-5 per i paesi Peco-Lussemburgo, occorre evitare che i paesi out risultino così penalizzati, sia in termini di accesso al Mercato Interno, sia in termini di fondi strutturali, da pregiudicarne le possibilità di accesso futuro. 25 TAVOLE 26 27 87.7 128.6 186 137.6 120.6 89.9 48.9 62.1 134.5 112.6 Tab. 1 – Indicatori di commercio dei Peco, 1999 Grado di apertura (1) Bulgaria Repubblica Ceca Estonia Ungheria Lettonia Lituania Polonia Romania Repubblica Slovacca Slovenia Grado di apertura (2) (PPP) 26.2 49.7 81.1 58.8 51.5 38 22 16.3 45.9 78.9 Imposizi. tariffaria (%) 15.1 6.8 0 13.3 5.3 4.5 11.6 23.8 12 10.6 Indice Ebrd (3) 4+ 4+ 4 4+ 4+ 4 4+ 4 4+ 4+ Indice TRI (4) 6 1 1 5 1 1 2 4 2 5 EU-15 74.5 80.6 5 na 4 1. Esportazioni ed importazioni in % del Pil usando i tassi di cambio di mercato 2. Esportazioni ed importazioni in % del Pil sulla base della PPP 3.Indice Ebrd= indice di liberalizzazione del commercio e dei cambi calcolato dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo Il valore più elevato è 4+, ed indica che i paesi hanno raggiunto gli standard di paesi avanzati in termini di rimozione delle barriere Tariffarie e l'appartenenza al Wto 4. Indice TRI= indice di restrizioni commerciali. Può variare da 1 a 10; 1 è il valore meno restrittivo. Fonte: Fmi (World Economic Outlook, ottobre 2000) Wto (appartenenza) 1996 1995 firmato il protocollo di accesso 1995 1999 negoziazioni 1995 1995 1995 1995 27 26.8 20.2 21.7 34.2 13.7 24.6 19.8 22.6 28.4 0.95 75.4 8.43 39.36 27.61 -41.7 27.1 13.5 18.9 46.7 -6.7 19.3 13.8 14.5 30.5 0.16 -4.14 -3.01 6.68 -7.81 -0.53 -18.4 -6.58 3.36 -15.18 Saldo valori assoluti 1994 1997 -9.82 -28.3 -5.84 -9.37 0.41 -0.06 -0.33 -1.01 -5.92 -8.29 93.8 15.01 36 42.79 -14.9 Esportazioni valori var. % assoluti 96-97 94-97 93.8 23.5 16.8 17.45 16.6 9.5 8.57 17.1 11.3 4.35 21.5 9.1 4.53 11.4 6.7 1.48 Importazioni valori var.% assoluti 96-97 94-97 122.1 21.3 21.2 26.83 7.4 11.9 8.64 11 14.2 5.37 11.7 13.4 12.82 3.4 9.9 Tab. 2 - Il commercio mondiale dei Peco distinto per gruppi di prodotto, 1997 (Miliardi di euro e valori %) Gruppi di prodotto (SITC Rev.3) Totale Prodotti primari (0-4) Alimentari (0+1) Materie prime (2+4) Energia (3) Prodotti manifatturieri (5-8) Chimica (5) Altri prodotti della manifattura (6+8) Macchinari e veicoli (7) Articoli non classificati (9) Fonte: Onu 28 Tab. 3 - Commercio EU-Peco per gruppi di prodotto, 1998 (in miliardi di euro e variazioni %) Importazioni Ue var.% Esportazioni Ue var. % 7.23 -1.5 0.9 -1.09 -1.32 21.73 7.12 -0.2 14.81 22.26 -0.79 1.55 -1.49 -0.85 Saldo valori assoluti 1993 1998 20.6 9 6.8 15.4 8.9 8.35 2.34 -2.07 8.08 0.08 93-98 14.7 -0.8 5.6 4.6 -20.8 22.2 20.6 20.1 24.4 0.3 97-98 90.24 7.69 4.36 1.89 1.44 16.4 10.8 13.4 20.4 -3.4 valori assoluti 19.3 5.4 4.6 10.9 0.2 80.38 10.4 29.66 40.33 87.4 93-98 19.4 -0.8 2.3 2.4 -8.4 22.6 13.6 16.4 36.2 0.65 97-98 67.98 8.48 2.81 3.38 2.29 23.2 0.6 14.2 40.3 4.2 valori assoluti Totale Prodotti primari (0-4) Alimentari (0+1) Materie prime (2+4) Energia (3) 58.65 3.28 29.86 25.52 5.8 Gruppi di prodotto (SITC Rev.3) Prodotti manifatturieri (5-8) Chimica (5) Altri prodotti della manifattura (6+8) Macchinari e veicoli (7) 0.57 Articoli non classificati (9) Note: per il periodo 93-98 media annua Fonte: Comext - Eurostat 29 Tab. 4 - Commercio EU-Peco per prodotti principali, 1998 (in miliardi di euro e variazioni %) Gruppi di prodotto (SITC Rev.3) Autoveicoli Abbigliamento e accessori da abbigliamento Macchine elettriche Macchine generatrici di corrente Mobili Ferro e acciaio Prodotti di metallo Telecomunicazioni, TV, video Macchinario per l'industria in generale Prodotti tessili Autoveicoli Macchine elettriche Macchinario per l'industria generale Prodotti tessili Macchinario specializzato per industrie particolari Telecomunicazioni, TV, video Articoli di manifattura vari Prodotti di metallo Macchine da ufficio e computers Articoli di carta e cartone Nota: Importazioni ed esportazioni sono riferite alla Ue Fonte: Comext-Eurostat 30 57.5 14.6 23.1 44.1 18.2 15.5 17.2 46.3 28.8 19.1 Val. Assol 7.72 7.31 5.76 3.36 3.13 2.95 2.89 2.38 2.28 2.06 22.4 19.6 17.4 12.7 11.9 12.7 10.8 16.9 49.3 11.2 97-98 10.79 7.93 6.34 5.98 4.67 3.77 3.54 3.41 2.74 2.49 var.% quota sul totale extraUe dello 93-98 stesso capitolo (%) Importazioni 38.4 21 12.4 17.9 32.1 10.6 48.8 14.4 18.9 43.5 22.4 24 19.7 20.6 57.2 9 31.2 11 18.9 12.6 Esportazioni 24.7 15.8 29.3 14.9 20.5 13.4 15.9 29.5 15.8 10.6 33.5 13.5 17.3 11.8 24.7 17.6 24.2 12.8 23 18.5 commercio EU con Peco 11.3 22.1 30.6 35.5 40.1 44.5 48.7 52.2 55.6 58.6 Cumula to (%) 11.3 10.7 8.5 4.9 4.6 4.3 4.2 3.5 3.3 3 12 20.7 27.8 34.4 39.6 43.7 47.7 51.4 54.5 57.2 % 12 8.8 7 6.6 5.2 4.2 3.9 3.8 3 2.8 Est onia 0.01 0 0.02 0.03 0 0.01 0 0 0 Lett onia 0.01 0 0.01 0.01 0.01 0 0 0 Litu ania 0.01 0 0 0 0.01 0 0.02 0 0.03 0 Pol onia 0.30 0 0.23 0.16 0.17 0 0.42 0.04 0.72 2.18 Tab. 5 - Importazioni italiane dai Peco in % del valore aggiunto italiano, 1999 (valori %) Totale Industria Prodotti chimici Gomma e plastica Articoli in pelle e calzature Legno e articoli in legno Carta e cartone Prodotti tessili Ferro e acciaio Macchine elettriche Veicoli Fonte: Elaborazioni Csc su dati Eurostat Rep . Ceca 0.16 0 0.26 0.18 0.11 0 0.78 0.04 0.16 0.58 Slo vacchia 0.16 0.01 0.12 0.18 0.09 0.03 0.18 0.06 0.11 1.23 Ung heria 0.25 0.03 0.42 0.49 0.29 0 0.30 0.09 0.59 0.51 Ro mania 0.34 0 0.15 2.64 0.18 0.02 0.10 0.20 0.24 0.03 Bul garia 0.09 0 0.07 0.43 0.05 0 0.08 0.15 0.04 0.01 Slo Tot venia ale Peco 0.19 1.53 0 0.05 0.24 1.49 0.08 4.19 0.21 1.15 0.14 0.19 0.26 2.15 0.07 0.65 0.25 2.15 0.72 5.25 31 Imp. da Peco su Imp. da extra Ue 10.67 4.22 9.46 7.66 0.49 Exp vs. Peco su Exp. vs. Extra-Ue 12.27 7.40 10.29 9.88 0.03 Tab. 6- Commercio Italia-Peco per gruppi di prodotto, 1999 (miliardi di euro) 2.83 -0.41 0.02 -0.38 -0.06 Saldo 11.30 0.56 0.43 0.13 0.00 Export 8.47 0.98 0.41 0.51 0.06 12.90 10.57 13.27 13.04 Import Gruppi di prodotto (SITC Rev.3) Totale Prodotti primari (0-4) Alimentari (0+1) Materie prime (2+4) Energia (3) 15.32 7.91 18.28 14.34 0.19 3.25 0.35 1.02 1.88 0.20 10.73 0.87 5.20 4.66 -0.01 7.48 0.52 4.18 2.78 0.00 Prodotti manifatturieri (5-8) Chimica (5) Altri prodotti della manifattura (6+8) Macchinari e veicoli (7) 0.01 Articoli non classificati (9) Fonte: Elaborazioni Csc su Comext - Eurostat (Dicembre 2000) 32 0.0 3 0.0 1 0.0 0 0.0 1 0.0 1 0.0 2 0.0 0 0.0 2 0.0 0 0.0 0 0.0 4 0.0 1 0.0 0 0.0 1 0.0 0 0.0 3 0.0 0 0.0 3 0.0 0 0.0 0 0.0 8 0.0 2 0.0 1 0.0 1 0.0 0 0.0 6 0.0 1 0.0 3 0.0 1 0.0 0 Tab. 7 A – Importazioni italiane dai Peco per gruppi di prodotto, 1999 (miliardi di euro) (SITC Rev.3) Est Let Lu P Slova Un Ro Bul Re Slo Tot onia tonia tuania olonia cchia gheria mania garia p. Ceca venia ale Peco 1 0.91 1.4 1.8 0.5 0.8 1.0 8.4 Totale .65 0 9 3 5 9 7 0 0.05 0.2 0.1 0.0 0.0 0.1 0.9 Prodotti primari (0-4) .22 6 7 6 8 1 8 Alimentari (0+1) 0 0.01 0.1 0.0 0.0 0.0 0.0 0.4 .15 3 5 2 1 3 1 Materie prime (2+4) 0 0.04 0.1 0.1 0.0 0.0 0.0 0.5 .05 2 1 3 6 8 1 Energia (3) 0 0.00 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 .02 1 1 1 0 0 6 1 0.86 1.1 1.7 0.4 0.7 0.9 7.4 Prodotti manifatt. (5-8) .44 3 2 7 7 8 8 Chimica (5) 0 0.04 0.1 0.0 0.0 0.0 0.0 0.5 .07 5 4 5 9 6 2 Altri prodotti della manifattura (6+8) 0 0.35 0.5 1.4 0.3 0.3 0.5 4.1 .43 5 9 7 6 5 8 Macchinari e veicoli (7) 0 0.48 0.4 0.1 0.0 0.3 0.3 2.7 .94 3 9 5 2 6 8 0 0.00 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 .00 1 0 0 0 0 1 Articoli non classificati (9) 33 0.0 9 0.0 1 0.0 1 0.0 0 0.0 0 0.0 9 0.0 1 0.0 5 0.0 3 0.0 0 0.1 2 0.0 1 0.0 1 0.0 0 0.0 0 0.1 0 0.0 1 0.0 6 0.0 4 0.0 0 0.1 6 0.0 1 0.0 1 0.0 0 0.0 0 0.1 5 0.0 2 0.0 7 0.0 7 0.0 0 Tab. 7 B - Esportazioni italiane dai Peco per gruppi di prodotto, 1999 (miliardi di euro) (SITC Rev.3) Es Le Lu P Slov Un Ro Bu Re Sl To tonia ttonia tuania olonia acchia gheria mania lgaria p. Ceca ovenia tale Peco 3 0.61 1.8 1.7 0.4 1.3 1.5 11. Totale .44 1 5 5 2 5 30 0 0.03 0.0 0.0 0.0 0.1 0.1 0.5 Prodotti primari (0-4) .14 6 3 2 1 5 6 Alimentari (0+1) 0 0.03 0.0 0.0 0.0 0.0 0.1 0.4 .11 4 3 1 8 1 3 Materie prime (2+4) 0 0.00 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.1 .03 2 1 0 2 4 3 Energia (3) 0 0.00 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 .00 0 0 0 0 0 0 3 0.58 1.7 1.7 0.4 1.2 1.4 10. Prodotti manifat. (5-8) .30 5 1 4 1 1 73 Chimica (5) 0 0.04 0.1 0.0 0.0 0.1 0.1 0.8 .26 5 8 3 3 4 7 Altri prodotti della manifattura (6+8) 1 0.27 0.8 1.2 0.2 0.5 0.7 5.2 .20 4 2 5 0 5 0 Macchinari e veicoli (7) 1 0.27 0.7 0.4 0.1 0.5 0.5 4.6 .83 5 2 6 9 1 6 0 0.00 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 .00 0 0016 0 0 0 0 Articoli non classificati (9) 34 0.0 85 0.009 0.0 05 0.010 0.004 0.0 94 0.0 02 0.0 32 0.0 60 0.0 00 1.7 83 0.079 0.036 0.026 0.017 1.8 63 0.1 99 0.7 69 0.8 96 0.002 0.303 0.017 0.01 6 0.032 0.00 0 0.286 0.00 6 0.082 0.209 0.00 0 Tab. 7 C - Saldi commerciali Italia - Peco per gruppi di prodotto, 1999 (miliardi di euro) (SITC Rev.3) Est Let Lu Pol Slov onia tonia tuania onia acchia eria 0.0 0.0 Totale 59 76 0.0 Prodotti primari (0-4) 0.007 04 Alimentari (0+1) 0.0 0.0 06 08 Materie prime (2+4) 0.007 0.002 Energia (3) 0.005 0.002 0.0 0.0 Prodotti manifatt. (5-8) 66 72 Chimica (5) 0.0 0.0 07 06 Altri prodotti della manifattura (6+8) 0.0 0.0 34 26 Macchinari e veicoli (7) 0.0 0.0 25 40 0.0 0.0 Articoli non classificati (9) 00 00 Fonte: Elaborazioni Csc su Comext – Eurostat (Dicembre 2000) 0.143 0.132 0.022 0.102 0.008 0.009 0. 035 0.270 0. 225 0.002 0.072 0.040 0.008 0.021 0.010 0.032 0.027 0.117 0. 112 0.001 Ungh R B R omania ulgaria ep. nia Ceca 0.409 0. 466 0. 0.199 028 0. 0.095 074 0.097 0.042 0.007 0.004 0.615 0. 440 0.005 0. 039 0.292 0. 135 0.318 0. 266 0.002 0.006 35 Slove 0.46 7 0.03 6 0.07 5 0.037 0.002 0.42 9 0.08 3 0.19 7 0.14 9 0.00 1 uania 84 Legno e art. in legno (44) 1 94 2 4274 3 0336 7 362 5 6539 4 4705 2 43046 2 3952 2 5118 2 21043 6 25617 1 663823 olonia . Ceca cchia Slova 2646 2778 19813 3023 5 3197 9 6214 35222 5 91330 4 33818 35855 10605 2 32469 18161 31811 8118 3821 9 3369 7 4517 90 2899 6 2548 9 4964 8 1678 42 8884 26 904 Tab. 8A - Importazioni Italiane dai Peco, 1999 (Classificazione Nace, 2digit, migliaia di euro) Gruppi di prodotto Est Let Lit P Rep 385 tonia 104 46 68 39 26 onia Plastica e prodotti in plastica (39) 44 38 Prodotti chimici (38) Gomma e articoli in gomma (40) 3 451 5 107 Articoli in pelle (42) 338 2 175 847 4 11 - 561 1 461 8 122 4 323 205 788 21 203 5 404 77 594 6 145 3 70 347 26 943 5 16 949 9 402 Carta e cartone (48) Prodotti tessili (50-59) Calzature (64) Ferro e acciaio (72) Macchine elettriche (85) Veicoli (87) Totale 36 gheria Un 145 95 846 17 139 37 269 45 100 671 430 5 176 400 697 60 570 10 178 987 147 741 141 3132 mania Ro 124 5 254 11 104 93 167 85 624 83 593 9 569 21 499 498 128 822 745 67 775 2 194 1793 garia Bul 195 2 804 1 870 5 841 8 167 46 888 472 98 767 40 949 42 118 49 166 2 531 481 venia 232 8 369 25 193 74 847 1 702 36 388 34 150 970 723 4 425 03 769 61 205 512 109 3728 Slo 239 48 229 873 123 071 770 40 394 101 147 038 125 3469 744 736 411 236 655 845 150 8572 859 9711 Tot ale Peco tonia 779 716 uania 102 7 928 135 2 187 00 433 9 553 449 8 575 122 6 235 46 625 0 95 846 8 697 4 174 803 272 6 659 3 138 7 467 644 0 366 7 116 338 onia 232 85 147 855 448 40 760 8 464 8 456 89 428 70 744 06 254 09 236 888 575 293 345 5307 10 239 90 329 72 17 50 71 38 00 19 766 54 221 42 041 13 612 87 655 14 1930 13 35616 5435 2431 6 1723 3533 1242 4412 3629 2 2263 0 6737 5967 9 2033 4 6473 80 205 37 792 67 946 9 986 2 723 5 283 31 699 46 618 48 320 22 142 168 151 210 183 7602 936 8 417 50 514 9 375 3 365 3 264 29 250 93 202 803 287 44 111 000 432 74 192 0431 217 3 169 86 289 7 312 1 886 840 9 244 27 363 28 230 2 441 66 197 42 457 654 134 72 798 82 126 04 506 9 195 13 398 59 758 70 362 12 657 24 102 170 166 036 167 1609 883 39 496 821 862 67 399 12 427 89 176 863 375 023 498 337 175 269 803 245 113 1122 117 10021 Tab. 8B - Esportazioni Italiane verso i Peco, 1999 (Classificazione Nace, 2digit, migliaia di euro) Gruppi di prodotto Est Let Lit Pol Re Slov Un Ro Bul Slo Tot p. Ceca acchia gheria mania garia venia ale Peco 5345 325 Plastica e prodotti in plastica (39) 406 onia Gomma e articoli in gomma (40) 401 Prodotti chimici (38) Articoli in pelle (42) 168 1390 Legno e art. in legno (44) Carta e cartone (48) 4058 11480 Prodotti tessili (50-59) Calzature (64) 71 4611 Ferro e acciaio (72) Macchine elettriche (85) 2662 93281 Veicoli (87) Totale 37 Tab. 8C - Esportazioni nette Italia - Peco, 1999 (Classificazione Nace, 2digit, migliaia di euro) Gruppi di prodotto Estonia Lettonia Lituania Polonia Rep. Ceca Slovacchia Ungheria Romania Bulgaria Slovenia Prodotti chimici (38) 2642 23091 9335 2789 5942 8123 221 11144 Plastica e prodotti in plastica (39) 5277 4394 6208 123581 60094 4503 -5350 16339 8945 42957 Gomma e articoli in gomma (40) 362 536 1341 14504 -24762 -6395 -4468 -5344 -5808 -6770 Articoli in pelle (42) 398 989 441 246 -1143 755 -17083 -13032 -5297 -3402 Legno e art. in legno (44) -9331 -2454 -3799 -51891 -34419 -30569 -93436 -58830 -15860 -50723 Carta e cartone (48) 988 1245 984 -13931 -13749 24026 20490 7521 1025 Prodotti tessili (50-59) -1552.8 17600 9265 -200176 -397569 -69760 -106454 -31828 -22871 -75100 Calzature (64) 6862 4797 4323 50454 13045 -9839 -7912 -296695 -40412 28978 Ferro e acciaio (72) -1153 25 350 291 -11877 -29118 -24988 -100078 -92640 23221 Macchine elettriche (85) 4288 6265 -6 15845 38007 25861 -36819 36433 32317 25209 Veicoli (87) 2657 3462 6963 -50324 -25912 -331891 3469 35522 18080 -39476 Totale 58555 75861 95982 1791484 447190 -265924 424470 -21362 -73827 577881 Fonte: Comext-Eurostat (Dicembre 2000) 38 0.76 1.60 0.15 0.00 0.11 0.83 1.08 0.85 2.14 0.00 0.81 2.19 0.83 0.01 2.01 0.59 0.94 1.07 1.76 0.00 1.00 0.67 0.25 0.01 0.31 1.06 1.05 1.30 1.16 0.00 0.44 0.73 0.18 0.00 0.26 0.88 1.11 1.60 0.79 0.00 0.67 0.54 0.11 0.00 0.05 0.81 1.30 1.33 1.08 0.00 0.34 0.25 0.26 0.00 0.27 0.98 1.37 1.24 1.18 0.01 0.20 0.32 0.13 0.00 0.10 0.51 2.03 0.72 1.77 0.00 0.48 0.31 0.28 0.00 0.21 0.70 1.60 1.04 1.42 0.00 Ceca 0.98 0.73 0.45 0.00 0.14 1.13 0.98 1.34 1.09 0.00 1.15 0.33 0.70 0.00 0.33 1.06 1.46 0.99 1.16 0.02 Tab. 9A - Indice di penetrazione dei prodotti italiani sul mercato dei Peco (quote normalizzate delle esportazioni italiane), 1999 Estonia Lettonia Lituania Polonia Slovacchia Ungheria Romania Bulgaria Rep. Slovenia (SITC Rev.3) Alimentari (0) Bevande e tabacchi (1) Materie prime escluso comb. (2) Energia (3) Oli vegetali e animali (4) Chimica (5) Manifattura di base (6) Macchinari e veicoli (7) Beni manifatturieri vari (8) Beni non classificati per tipo (9) 39 Estonia 0.00 0.00 4.06 2.26 0.00 0.01 2.31 0.10 2.31 0.01 0.92 0.00 2.71 0.76 0.00 1.30 2.30 0.38 0.73 0.00 1.08 0.08 0.58 0.16 0.00 0.30 1.17 1.61 0.79 0.03 Lettonia Lituania Polonia 0.01 0.04 2.98 0.88 0.00 0.01 3.99 0.08 1.36 0.00 Slovacchia 0.14 0.02 0.71 0.00 0.01 0.31 1.43 1.49 1.57 0.01 1.17 0.05 1.47 0.08 0.55 0.83 1.09 0.87 2.19 0.12 0.31 0.01 1.08 0.06 0.08 0.18 1.21 0.29 5.75 0.03 0.49 0.21 0.90 0.30 0.03 0.80 2.51 0.24 3.02 0.03 Ungheria Romania Bulgaria Rep. Slovenia Ceca 0.09 0.29 0.31 0.46 1.39 1.32 0.07 0.02 0.00 0.25 0.83 0.43 2.08 2.37 1.06 0.95 1.02 1.38 0.07 0.01 Tab. 9B - Indice di penetrazionedei prodotti dei Peco sul mercato italiano (quote normalizzate delle importazioni italiane), 1999 (SITC Rev.3) Alimentari (0) Bevande e tabacchi (1) Materie prime escluso comb. (2) Energia (3) Oli vegetali e animali (4) Chimica (5) Manifattura di base (6) Macchinari e veicoli (7) Beni manifatturieri vari (8) Beni non classificati per tipo (9) Nota: valori maggiori di uno indicano una specializzazione relativa del settore nel mercato estero Fonte: Elaborazioni Csc su Comext-Eurostat (Dicembre 2000) 40 -0.63 -0.26 -0.84 -0.98 0.04 -0.26 -0.12 -0.46 -0.17 -0.64 -0.98 0.01 -0.04 -0.06 -0.06 0.71 -0.63 -0.98 0.00 0.25 -0.03 -0.04 0.41 -0.46 -0.92 Slovenia -0.70 -0.63 -0.77 -0.99 0.04 0.33 -0.06 Rep. Ceca -0.03 0.58 -0.80 -0.40 0.09 -0.11 0.08 Bulgaria -0.53 -0.47 -0.61 -1.00 0.00 0.27 0.07 Romania -0.57 -0.08 -0.87 -0.99 0.05 0.32 0.14 Slovacchia Ungheria -0.34 0.97 -0.61 -0.98 0.12 -0.29 -0.03 -0.01 0.37 Polonia -0.70 1.00 -0.95 -1.00 0.07 0.96 -0.21 0.08 -0.96 Lutuania Prodotti primari (0-4) Alimentari (0+1) Materie prime (2+4) Energia (3) 0.19 0.96 -0.01 0.60 -0.87 Lettonia Prodotti manifatturieri (5-8) Chimica (5) Altri prodotti della manifattura (6+8) 0.40 -0.85 Estonia Tab. 10 - Indice di vantaggi comparati rivelati, 1999 Macchinari e veicoli (7) 0.77 0.85 0.53 -0.03 -0.09 0.15 -0.83 -0.95 -0.98 -0.86 Articoli non classificati (9) Nota: L'indice assume valori nell'intervallo tra -1 (nel caso in cui l'Italia non esporti nessun bene nel settore i) e +1 (nel caso in cui l'Italia non importi nessun bene nel settore i). Un valore positivo (negativo) indica la presenza di un Vantaggio (svantaggio) comparato nei confronti di ciascun Peco; (Neven, 1995). 41 Estonia Lettonia Lituania Polonia Slovacchia 1.32 0.49 0.53 0.25 0.23 7.45 0.68 1.07 1.30 1.07 9.17 2.35 0.12 1.11 0.82 6.45 1.38 1.73 0.40 1.51 3.69 2.45 0.08 0.58 0.33 0.65 4.13 0.52 - Ungheria Romania Bulgaria Rep. Ceca 3.70 6.61 0.24 0.52 1.22 10.97 1.64 0.71 0.85 4.23 Tab. 11 - Indice di specializzazione relativa delle esportazioni italiane e Peco rispetto al mercato comune, 1999 (SITC Rev.3) Alimentari (0) 1.83 2.59 0.49 1.90 0.99 Bevande eTabacchi (1) 0.42 0.68 1.47 8.40 4.19 Oli non combustibili (2) 0.05 0.03 0.05 0.25 0.17 Energia (3) 0.18 0.08 0.33 0.14 0.49 Combustibili (4) 0.72 0.28 0.72 2.88 1.19 Chimica (5) 1.36 0.90 0.86 2.14 1.85 Manifattura di base (6) 1.40 1.66 1.64 0.71 0.77 Macchine e veicoli (7) 1.60 2.27 5.11 2.07 1.10 Manifattura varia (8) 1.08 2.12 0.68 0.61 1.15 Articoli non classificati (9) 0.47 0.93 0.21 0.97 8.55 Nota: l'indice e' uguale a uno nel caso di perfetta sovrapposizione delle specializzazioni di Italia e Peco. Quando il valore dell'indice e` maggiore (minore) di uno l'Italia risulta relativamente piu' (meno) Specializzata dei Peco nell'export dei beni a cui l'indice si riferisce. Fonte: Elaborazioni Csc su dati Comext-Eurostat (Dicembre 2000) 42 Estonia Lettonia Lituania olonia 79 80 84 81 71 70 76 72 83 82 68 78 79 73 72 75 93 89 72 85 Rep. Ceca Slovacchia Ungheria Romania Tabella 12 - Percentuale di commercio intraindustriale-verticale tra Italia e Peco, 1999 SITC rev.3 95 95 95 Manifattura di base (6) 100 93 86 Macchine e veicoli (7) 88 96 88 Manifattura varia (8) 94 95 90 Media Fonte: Elaborazione Csc su dati Eurostat, Comext (Dicembre 2000) Bulgaria 88 95 76 86 74 73 64 70 Slovenia 43 Totale Peco 85 84 78 83 Riferimenti bibliografici Aturupane C. (1999), Horizontal and vertical intra-industry trade between Eastern Europe and the EU, Weltwirschafliches Archiv, 135, 1. Baldwin R., Francois J., Portes R. (1997), The Cost and Benefits of Enlargement: the impact on the EU and Central Europe, “Economic Policy”, vol. 24, pp. 127-176. 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