I pantaloni e le donne: una storia di libertà e trasgressione

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I pantaloni e le donne: una storia di libertà e trasgressione
34 | SPECIALI
| SABATO 7 MAGGIO 2016
I pantaloni e le donne: una storia di libertà e trasgressione
D
onne e uomini, oggi, sono
liberi di indossare qualsiasi capo (o quasi): gonne
cortissime o lunghissime, pantaloni larghi, morbidi o extra-skinny,
bikini ridottissimi o eleganti costumi interi, come quelli delle dive
negli anni Quaranta. Tanto dell’abbigliamento che vediamo in passerella, poi, a parte qualche dettaglio è sostanzialmente unisex – cioè
trasversale rispetto a sesso e genere. L’unica regola che siamo
davvero chiamati a rispettare è il
buon gusto. Ma che cosa intendiamo con “buon gusto”? Be’, di certo
il buon gusto richiede innanzitutto
consapevolezza della propria fisicità: senza, infatti, non è possibile
selezionare i capi che ci valorizzano, e si rischia di lasciarsi trasportare dalle mode verso scelte inadatte a noi. Conoscersi bene è
fondamentale, anche per selezionare in autonomia: chi ha ben
chiaro cosa gli dona e cosa no,
infatti, non cercherà di copiare
alla bell’e meglio il giardino del vicino ma cercherà di costruirsi uno
stile proprio, unico, che lo rispecchi e lo faccia sentire sicuro di sé.
Saper discernere tra le mille proposte degli stilisti, dire “no” all’acquisto di un capo all’ultima moda
preferendone magari uno che
però parla meglio e di più di noi è
una ricchezza. Non amo ricercare
la stravaganza a tutti i costi, è un
bisogno che nemmeno capisco:
credo che sia mille volte più affascinante una donna vestita con
semplicità e a suo agio nei propri
panni di una che si è costruita
un’immagine a tavolino (o forse
dovrei dire una maschera) e che
per forza di cose finisce per non
assomigliare nemmeno a se stessa. A fare scuola in fatto di abbigliamento, rimanendo impresse
nell’immaginario di tutti noi, sono
in fondo le donne raffinate: per
fare qualche esempio, Audrey
Hepburn, Grace Kelly o Jacqueline
Kennedy sono tuttora fonti di ispirazione non tanto grazie alle loro
sagge scelte in fatto di moda, ma
perché hanno saputo essere eleganti con naturalezza, grazia, delicatezza. Era evidente a chiunque
che il loro stile non fosse una sovrastruttura costruita con lo scopo
di farle risaltare, ma nascesse dal
loro modo di essere, nel senso più
profondo del termine. Oggi non ci
pensiamo, ma il fatto che tutte e
tre abbiano indossato pantaloni
non va dato per scontato. Non è
un caso, infatti, che le foto nelle
quali compaiono in pantaloni siano quasi tutte in contesti vacanzieri o sportivi. Poter indossare i
pantaloni per la donna è stata
una vera e propria conquista. Pri-
ma del XX secolo, in Occidente
non erano nemmeno considerati
un capo idoneo al corpo femminile, tant’è che la primissima donna
che ebbe l’ardire di comparire in
pantaloni venne insultata e accusata di oltraggio alla decenza. Si
tratta di Elizabeth Smith Miller,
che nel 1851 uscì di casa con
una tunica ampia, fissata in vita
da una cintura, dalla quale spuntava un paio di calzoni alla turca.
Un po’ era questione di costume,
un po’ di precetti religiosi. Da un
lato la Chiesa invitava a indossare
un abbigliamento casto, che esprimesse con chiarezza la differenza
sessuale; dall’altro la società, impregnata da questo tipo di regole,
riteneva che i pantaloni – il capo
maschile per eccellenza – fossero
sinonimo di coraggio e spregiudicatezza, valori tutt’altro che femminili. La donna, al contrario, era
incoraggiata a essere pudica, morigerata, riservata. Il divieto per le
donne di portare i pantaloni era
talmente radicato all’epoca che
Christine Bard, una storica contemporanea, afferma che è stato
più semplice per i Francesi prendere la Bastiglia che per le donne
indossare i pantaloni. Sembra una
battuta, ma non la è, almeno non
del tutto: basti pensare che in
Francia, durante la Rivoluzione, il
prefetto di Parigi aveva stabilito
con un’ordinanza che le donne potessero indossare i pantaloni solo
previa autorizzazione della prefettura! A sbloccare questa situazione contribuì lo sport: ai primi del
Novecento si cominciò a ritenere i
pantaloni femminili un indumento
dignitoso, a patto che venissero
portati per fare ciclismo, equitazione o alpinismo. Era “legittimata” a portarli anche Isadora Duncan, ballerina che, tra fine
Ottocento e inizio Novecento, divenne celebre come precorritrice
della danza moderna. A fare la
differenza, però, fu più che altro
un manipolo di coraggiose, che se
ne infischiò delle regole sociali e
indossò i pantaloni a costo di dare
scandalo (o forse proprio con questo scopo). Trattandosi di coraggiose molto in vista – parlo di Marlene Dietrich, Greta Garbo o
Katherine Hepburn – una volta
esaurito lo sbigottimento generale, in un tempo relativamente breve i pantaloni diventarono un
capo ardito ma indossabile. La
prima stilista a interpretarli fu
un’anticonformista con taglio alla
garçonne, ovvero mademoiselle
Gabrielle Bonheur Chanel, la famosissima Coco: animata dalla
sua creatività e da un forte desiderio di innovare, seppe trasformare un capo tradizionalmente
maschile in uno degli indumenti
più eleganti del guardaroba femminile. Tutto cominciò in spiaggia.
Coco era al mare con il duca di
Westminster, Hugh Richard Arthur
Grosvenor, quando si rese conto
che non si sentiva a suo agio con
il solo costume. Acquistò quindi
un paio di pantaloni bianchi da
marinaio, aggiunse qualche collana e fu così che negli anni Venti le
donne cominciarono a mettere i
calzoni in spiaggia. Negli anni
Trenta si diffusero anche i primi
completi (giacca e pantaloni) declinati al femminile. L’anticipatrice
assoluta di questa moda fu Marlene Dietrich, che ne L’angelo azzurro indossò addirittura un frac, diventando nel giro di una scena
una delle attrici più amate, scandalose e ambigue del tempo. Durante il decennio successivo la
guerra spazzò via tutto, compresa
l’aura esotica e trasgressiva dei
pantaloni da donna, che emersero
più che altro come capo da lavoro
e si diffusero quindi nelle fabbriche e nei campi. Finita la guerra,
per un certo periodo la moda ricominciò a proporre per le donne
solo vestiti e gonne: evidentemente, il mondo non era ancora pronto. Fu negli anni Sessanta che i
pantaloni diventarono un capo
davvero unisex, nella versione elegante come in quella sportiva.
Dobbiamo questo cambiamento
di costume al grande Yves Saint
Laurent, che proprio in quegli anni
realizzò il suo capo icona, lo smoking femminile, liberamente ispirato a Marlene Dietrich. Lo fece
fotografare da Richard Avedon e
cambiò la storia della moda e del
costume. Dall’unione di quei due
magnifici talenti scaturì infatti una
specie di magia: alla fine degli
anni Sessanta il linguaggio della
femminilità scoprì nuove parole,
un nuovo modo di essere seducenti. Con la fine delle costrizioni,
delle imposizioni e dei divieti cominciò a farsi strada la libertà di
indossare ciò che fa sentire bene,
capi maschili compresi – proprio
quella che oggi conosciamo e che
ha portato Giorgio Armani a rendere i pantaloni un capo fondamentale per le business woman
emergenti negli anni Ottanta. I
pantaloni sono oggi uno dei capi
più cool. Espressione di un mix
esplosivo di femminilità e rigore,
decisione e grazia, donano a chi li
indossa un fascino enigmatico e
misterioso. Caposaldo del guardaroba femminile, per la stagione
primavera/estate che stiamo vivendo sono stati proposti in tanti
diversi materiali, fogge e colori.
Cominciamo dai tagli: sulle passerelle continuano a sfilare gli ormai
onnipresenti skinny, affiancati
però da modelli oltremisura (i baggy); sono inoltre diffusi pantaloni
ampi e corti, mentre si assiste a
un gradito ritorno, ovvero i pantaloni a zampa di elefante. Quest’ultimo modello, che strizza l’occhio
agli anni Settanta, nella sua versione denim con frange o ricami è
adattissimo alla donna hippie.
Tempestato di paillettes, portato
con una t-shirt a maniche corte (o
direttamente senza maniche) è invece ideale per una serata tutta
dedicata alla disco music. Un altro
grande ritorno ispirato dagli anni
Settanta sono le tute: in tessuto
impalpabile le più eleganti, oppure
in versione “da lavoro”, sono perfette anche al posto del classico
tailleur per una donna sofisticata
che ama stupire. Tornando ai pantaloni, nelle vetrine vi capiterà di
vedere anche tanti modelli a vita
alta e corti alla caviglia, per uno
stile assolutamente versatile. Gli
stilisti li hanno proposti anche in
varianti “estreme”, altri fin sopra
l’ombelico, strettissimi in vita (ideali da sottolineare con una cintura), oppure over con tasconi. Immancabile lo stile maschile. Per
renderlo più giocoso, arrotolate il
fondo appena sopra la caviglia e
scegliete la scarpa in funzione
dello stile che volete interpretare:
una stringata rigorosa per il giorno, un paio di sneakers per essere
e sentirsi più easy o un paio di
décolleté dal tacco altissimo per
le serate più sexy. Tra le proposte
più di tendenza, voglio citare i
pantaloni a culotte, poco più lunghi o appena più corti del classico
modello capri, ma decisamente
più larghi, sono di solito adatti a
donne alte, con polpacci e caviglie
sottili. Quanto ai tessuti, se ne trovano di ogni tipo e peso: i negozi
cominciano a esporre pantaloni
morbidi e leggerissimi, magari impreziositi da trasparenze, tagli e
spacchi seducenti, anche in versione culotte, mentre la pelle rimane un must di stagione, benché sia già stata un pezzo
fondamentale dell’inverno appena
passato. Impossibile poi non citare l’onnipresente denim, protagonista assoluto delle passerelle
nelle interpretazioni più vaste. Da
quando, nell’Ottocento, una nota
azienda decise di utilizzarlo per
realizzare le divise dei suoi operai,
non ha smesso di conquistare platee di estimatori di ogni fascia sociale, diventando anche un capo
di culto per icone nel campo del
cinema e della musica. In questa
stagione i modelli classici continuano a trovare spazio nei negozi,
ma affiancati da altri dal gusto più
contemporaneo (come modelli a
vita alta o tagliati al vivo) oppure
couture: parlo per esempio di
completi sartoriali, di abiti giacca
e pantalone o di tute incredibilmente chic, tutto realizzato in denim. La fantasia più in voga è certamente la riga, che è stata
proposta dagli stilisti in ogni veste
possibile e immaginabile. Nei pantaloni ne troviamo una sola, di
lato, come a richiamare le tute
sportive degli anni Ottanta, oppure tantissime in verticale, più larghe, più strette, maxi oppure sottilissime in stile yacht. I colori base
rimangono due grandi classici, il
bianco e il nero, ma le stampe e le
fantasie spaziano anche su tinte
più accese e calde. Voglio chiudere citando il capo che forse adoro
più di ogni altro, per la sua capacità di guardare all’armadio di lui
senza dimenticare la femminilità:
sto parlando del tailleur giacca e
pantaloni. Che si tratti di un modello da giorno o di uno smoking,
è comunque un pezzo senza tempo, che farà la differenza in qualsiasi contesto, rendendovi intriganti,
seducenti ed eleganti. Non posso
che essere grata a tutte le anticipatrici, alle anticonformiste e agli
stilisti che hanno sfidato le regole
solide benché superate di una società in evoluzione, spazzando via
divieti sterili e privi di significato e
portandoci oggi a essere libere di
indossare ciò che davvero ci fa
sentire sicure di noi stesse.
G. F.