Dibattito Classici Romantici
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Dibattito Classici Romantici
IL DIBATTITO TRA CLASSICI E ROMANTICI IN ITALIA Madame de Staël, Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni, «Biblioteca italiana», gennaio 1816 [→ vol. 4, sez. 1, cap. 5, p. 104] L’articolo di Madame de Staël venne pubblicato a Milano nel 1816 sulla rivista filo-austriaca «Biblioteca italiana», nella traduzione da Pietro Giordani, ed ebbe il merito di dare vita a un vivace dibattito in Italia tra i difensori del classicismo e i sostenitori del romanticismo. In queste righe la baronessa esorta i letterati italiani a svecchiare la propria cultura, aprendosi alle nuove poetiche romantiche che stavano sorgendo allora in Europa. Dovrebbero a mio avviso gl’italiani tradurre diligentemente assai delle recenti poesie inglese e tedesca, onde mostrare qualche novità a’ loro cittadini, i quali per lo più stanno contenti all’antica mitologia, né pensano che quelle favole sono da un pezzo anticate, anzi il resto d’Europa le ha già abbandonate e dimentiche. Perciò gli intellettuali della bella Italia, se amano di non giacere oziosi, rivolgano spesso l’attenzione al di là delle Alpi, non dico per vestire le fogge straniere, ma per conoscere, non per diventare imitatori, ma per uscire da quelle usanze viete, le quali durano nella letteratura come nelle compagnie i complimenti, a pregiudizio della naturale schiettezza. […] Havvi oggidì nella letteratura italiana una classe di eruditi che vanno continuamente razzolando le antiche ceneri, per trovarvi forse qualche granello d’oro: ed un’altra di scrittori senz’altro capitale che ha molta fiducia nella loro lingua armoniosa, donde raccozzano suoni vôti d’ogni pensiero, esclamazioni, declamazioni, invocazioni, che stordiscono gli orecchi, e trovan sordi i cuori altrui, perché non esalano dal cuore dello scrittore. G. Berchet, Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo sul «Cacciatore feroce» e sulla «Eleonora» di Goffredo Augusto Bürger La Lettera semiseria di Grisostomo è uno dei principali manifesti del romanticismo italiano. In questo passo Berchet distingue nettamente la maniera di far poesia dei classici da quella dei romantici, sostenendo la superiorità di questi ultimi. Gli stessi antichi – secondo Berchet – furono a modo loro dei romantici, perché fecero poesia su temi contemporanei, senza rifarsi alla lezione di coloro che li avevano preceduti. Alcuni, sperando di riprodurre le bellezze ammirate ne’ Greci e ne’ Romani, ripeterono, e più spesso imitarono modifìcandoli, i costumi, le opinioni, le passioni, la mitologia de’ popoli antichi. [...]. Altri interrogarono direttamente la natura: e la natura non detto loro né pensieri né affetti antichi, ma sentimenti e massime moderne. [...] La poesia de’ primi è classica, quella dei secondi è romantica. Così le chiamarono i dotti d’una parte della Germania, che dinanzi agli altri riconobbero la diversità delle vie battute dai poeti moderni. Chi trovasse a ridire a questi vocaboli, può cambiarli a posta sua. Però io stimo di poter nominare con tutta ragione poesia de’morti la prima, e poesia de’vivi la seconda. Né temo d’ingannarmi dicendo che Omero, Pindaro, Sòfocle, Eurípide ecc. ecc., al tempo loro furono in certo modo romantici, perché non cantarono le cose degli Egizi e de’ Caldei, ma quelle dei loro Greci. P. Giordani, risposta all’articolo di Madame de Staël, «Biblioteca italiana», aprile 1816 Giordani prese parte alla polemica tra classicisti e romantici adducendo ragioni patriottiche, difendendo cioè il carattere nazionale della letteratura italiana, ultimo ramo delle letterature classiche, dalla contaminazione con le letterature straniere. E della letteratura settentrionale, oltre le ragioni abbiamo pur anche avviso dalla esperienza, che, innestata contro natura alle nostre lettere, ne ha fatto scomparire quel pochissimo che vi rimaneva d’italiano. Ognuno ponga mente come si scriva in Italia, dappoiché vi regna Ossian; dietro cui è venuta numerosa turba di simili traduttori. E bello è che questi appassionati di Milton, o di Klopstok, non conoscono poi Dante, e non conosciuto lo disprezzano: cosa da far molto ridere e gli’inglesi e i tedeschi. V. Monti, Sermone sulla mitologia, vv. 12-19, 33-37 Monti compose nel 1825 il Sermone sulla mitologia, quando ormai si era spenta la polemica tra classicisti e romantici iniziata nel 1816. Nell’opera, estrema difesa delle ragioni del classicismo contro l’«audace scuola boreal», come il poeta definisce la letteratura romantica dei paesi nordici, Monti condanna l’introduzione nelle belle lettere italiane dei nuovi “miti” gotici e orrorosi, che si sono sostituiti alle belle favole antiche. In tenebrose nebbie soffiate dal gelato Arturo si.cangia (orrendo a dirsi!) il bel zaffiro dell'italico cielo; in procellosi 16 venti e bufere le sue molli aurette; i lieti allori dell’aonie rive in funebri cipressi; in pianto il riso; e il tetro solo, il solo tetro è bello. [...] 33 Ombra del grande Ettorre, ombra del caro d’Achille amico, fuggite, fuggite, e povere d’orror cedete il loco ai romantici spettri. Ecco, ecco il vero mirabile dell’arte, ecco il sublime. 13. gelato Arturo: vento settentrionale. 14. zaffiro: zefìro, vento leggero e dolce. 15. procellosi: latinismo per tempestosi. 17. aonie: proprio delle Muse. I monti dell’Aonia, in Beozia, sono una delle sedi delle Muse. 36-37. mirabil vero: espressione sarcastica, con cui si allude alle poetiche romantiche, che mettevano al centro del fare artistico la ricerca del vero. M. Praz, Neoclassicismo e Impero, in Gusto neoclassico, Milano, Rizzoli, 1990 [→ vol. 4, sez. 1, cap. 1, p. 29] Nelle righe che seguono il critico mette in evidenza il fatto che le poetiche romantiche erano già, per larga parte, preannunciate dalle aspirazioni di ricerca dell’ideale, tipiche del classicismo. Il ritorno all’antico, oltreché dettato pure da quell’esotismo, da quel tendersi verso un mondo ideale e migliore, era al centro stesso dell’aspirazione romantica. Che romanticismo e neoclassicismo siano due facce della stessa medaglia, è stato detto più volte: su una faccia il ritorno al primitivo si configura come dettato da esigenze razionali, sull’altra come voluto da esigenze sentimentali [...]. Il movimento neoclassico conteneva in sé i germi della più gran parte delle forze romantiche che dovevano distruggerlo. S. Timpanaro, Introduzione a Classicismo e IIluminismo nell’800 italiano, Pisa, Nistri-Lischi, 1965 Secondo Timpanaro, tra Romanticismo e Illuminismo non si trattò dunque di scontro tra opposte posizioni, ma di eredità di uno stesso programma di modernizzazione della cultura italiana, che, iniziato a Milano con la rivista illuminista «Il Caffé», ebbe nella linea romantica del «Conciliatore» la sua naturale prosecuzione. Il movimento di idee che riuscì a prevalere nella cultura di primo Ottocento, in Italia come nelle altre nazioni europee, fu il romanticismo. Esso esprimeva le esigenze di una borghesia che intendeva affermarsi come forza preminente nel campo politico e culturale senza però correre di nuovo il rischio di una radicalizzazione giacobina della lotta. L’ideologia più confacente a questo scopo era il cristianesimo illuminato, che conciliasse la tradizione con il progresso. Il movimento romantico ebbe certo, specialmente in Germania, un’ala oscurantista, che mirava a un’impossibile ritorno al Medioevo feudale e teocratico. Ma, come già vide il De Sanctis, questo non fu, tranne un breve periodo iniziale, l'aspetto preminente del romanticismo europeo; meno che mai di quello italiano, che fin dall'inizio assorbì molti valori della civiltà illuministica e sul piano politico si schierò contro l’assolutismo e contro l'Austria. W. Binni, Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento, Firenze, La Nuova Italia, 1963 Il critico Walter Binni propone nel brano che segue la tesi secondo cui la letteratura classica in Italia fu nutrita da passioni e sentimenti tutti romantici. Le prove più alte del classicismo italiano, lungi dall’essere contrapposte all’arte romantica, ne rappresentano invece la sublimazione degli ideali. La poesia neoclassica, che in Italia sorge sullo stimolo di un movimento culturale internazionale dovuto alla nuova vitalità romantica, acquista la sua forza maggiore quando si alimenta di sensibilità schiettamente nuova, pur facendosi ad un certo punto, sulla rottura di linee ben definite, momento distinto e contrastante con alcune precise tendenze romantiche. Mosso da una sostanziale fede romantica in un assoluto di bellezza senza tramonto, in una perfezione che sorge sulla coscienza di una caducità dolente che viene ritrovata nelle forme e nei gesti perfetti ed ideali di una rinascita dell’arte antica, il neoclassicismo vive nella sua punta più alta quando la passione romantica soffonde di calore la impeccabile linearità, e una segreta furia freme nel candore di forze pacate e consolatrici.