N°7 di Pier Magazine (Primavera/Estate 2011) - Berlin-Gay

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N°7 di Pier Magazine (Primavera/Estate 2011) - Berlin-Gay
Speciale Germania - Salvatore Trapani
OLA DI MEMORIA
BERLINO FA SCUO
Dall’ombra dei forni crematori al parlamento
tedesco: il riscatto del movimento gay.
Berlino è il luogo
storico del movimento omosessuale.
Capitale gay e lesbica d’Europa, fin dai
Dorati anni Venti,
dopo le violenze
nazionalsocialiste
e i movimenti di
emancipazione
degli anni Sessanta
e Settanta, qui la
comunità gay si
è imposta diventando parte integrante della
politica tedesca. Un trend per l’Europa…
L’assenza di un’adeguata memoria storica in
Italia, verso le responsabilità del Paese negli
anni del periodo fascista, continua a creare
situazioni imbarazzanti e abnormi.
L’Italia in sé non è povera di memoria, ma
quel che è mancata fino ad ora è la comune
accettazione di un dato: noi siamo stati parte
integrante della violenza e della negazione dei
diritti umani, negli anni bui delle persecuzioni e
del terrore fascista.
Per questo ci resta una memoria agonizzante
col rammarico in più di un’occasione persa,
cioè il maturare compatto di un paese in
Nazione. Centocinquanta anni di Unità svaniscono in una manciata di secondi, se si riflette
su questo dato.
Dietro la cortina dei festeggiamenti, restiamo
divisi davanti alle fasi storiche più critiche
della nostra Società nazionale; sembriamo
incapaci di farcene una ragione.
Perché? Per la paura di restare pietrificati guardando negli occhi la Gorgonide, ripugnante
Monumento agli omosessuali
assasinati d’Europa
personificazione del lato più spregevole della
nostra Storia: ebrei, omosessuali, invalidi,
handicappati, oppositori, sono stati scherniti,
stigmatizzati, stanati e deportati se non
torturati e picchiati a morte.
Se riuscissimo ad accettarlo ci evolveremmo,
capiremmo che non bisogna per forza sedersi
dalla parte dei vincitori, per vincere.
Così navighiamo in difficili acque.
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E non è la crisi economica, ma è l’evoluzione
civile che non è avvenuta.
L’esempio sta nel confronto con la Germania:
era il 1978 quando Auschwitz ascese gli onori
della cronaca con lo sceneggiato televisivo
Olocausto sulla storia -romanzata- della famiglia ebrea Weiss. Così che milioni di tedeschi
-soprattutto giovani- ne furono scioccati.
E’ a partire da questa data che tutti i fenomeni
di rimozione della memoria sono falliti.
Da quel momento non smisero di porre
martellanti interrogativi alla generazione che li
precedeva, ai loro insegnati nelle università, ai
nonni e ai genitori: come mai è accaduto?
Un interrogativo che echeggia ancora sgomento,
non più solo dagli scranni universitari, ma
soprattutto parlamentari.
Ma noi italiani guardammo sconvolti a ciò
che “solo” la Germania fu in grado di fare. Nel
polverone delle accuse ci siamo messi tra gli
accusatori.
Bastava guardare al paese tedesco per differenziarci: distrutto, con interi quartieri e città
cancellati nelle rappresaglie alleate; denigrato
e diviso poi dal Muro sovietico.
Noi invece eravamo illesi e assolti: le ferite
sanguinanti tedesche non ebbero un corrispettivo italiano.
Le nostre città sono state risparmiate, i nostri
beni culturali ristrutturati e non persi. Non abbiamo vissuto decenni tra le macerie; una generazione non si è consumata, come in Germania,
prona a mani nude tra i ruderi per riottenere
i mattoni da ricostruzione nel confronto con
l’incubo nazifascista e i suoi esiti.
La violenza postbellica è stata appunto risparmiata agli italiani.
conferito, che è il bandolo della questione nel
suo vizio di forma più che attuale.
L’Italia è stata il pavimento delle camere a
gas e dei crematori, come l’Europa razzista e
antisemita, omofoba e intollerante.
Le civiltà rinascimentale, barocca, simbolista
e poi decadente, hanno dato fuoco alle fornaci,
alla fine di un atavico principio di razionalismo
positivista, che ha generato il principio di
necessità di tali violenze: ineluttabili, nel
conseguire il miraggio di una società perfetta,
bella e priva di macchie superficiali.
P i e r M a g a z i n e - P r i m a v e r a 2011 - La vetrina di Pier Pour Hom - www.piermaga zine.it
La porta di Brandenburgo simbolo di Berlino e
della Germania post Guerra fredda
E’ dietro a questi aneliti del bello, che giorno e
notte bruciavano i forni crematori.
La civiltà del bello pur di crederci ha nascosto
il lato più brutale dietro una maschera. Il rifiuto
di questa evidenza continua a creare danni
in Italia, mentre la presa di responsabilità in
Germania ha prodotto la ricostruzione di un
Paese e l’avvio di una grande rivoluzione civile.
Le minoranze perseguitate di allora hanno
oggi un posto di diritto nella società tedesca e
un ruolo politico nel Paese.
E i segni di questo riconoscimento sono
evidenti, a partire già dal tessuto cittadino,
con una trama di percorsi e monumenti sotto
gli occhi di tutti.
E come a Berlino, in nessun altro centro
europeo.
Ciò non è stato il frutto di un regalo storico;
quelle minoranze non hanno lasciato spazio a
un futuro dimentico.
Come il movimento gay, che qui ha combattuto
fin dal primo momento perché non svanissero
dal ricordo le colonne di fumo e cenere dei
crematori, pieni anche delle salme della stessa
L’Eldorado da locale gay negli anni 30 venne trasformato dai nazisti in seggio elettorale.
I primi successi di Marlene Dietrich furono proprio qui.
Noi ci eravamo arresi con Badoglio e l’armistizio; abbiamo dimostrato di essere “brava
gente”, un popolo ravvedutosi in tempo.
La mancanza di tracce è valsa come mancanza
di una lezione storica, invece.
I responsabili fascisti di quelle violenze, fatte
con i nazisti, non erano tra gli aguzzini a Norimberga, ma nel nuovo parlamento democratico. Ci
siamo dati l’alibi di uno statuto speciale, auto
Scopri il nuovo modo di viaggiare gay nella
nuova San Francisco tedesca...
comunità omosessuale tedesca.
Un apporto che si è costruito uscendo allo
scoperto e tenendo in mano quei testi storici e
sotto gli occhi le immagini dai campi, portate
nei cortei, davanti ai sindaci, ai parlamentari e
ai sindacati.
L’emancipazione imposta, non solo per il
conseguimento della libertà sessuale, ma per
quello ben più importante del riconoscimento
Con la scritta:“La democrazia inizia dalla sessualità”
si evidenzia la Motz Strasse, quale via gay di Berlino per eccellenza
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Berlino in libertà da una prospettiva tutta GAY.
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della Storia, raccontando anche per aneddoti le
vicende della comunità e del suo destino.
La notte-gay sarà parte integrante della vostra
visita. Berlino con i suoi monumenti illuminati,
politico e civile: Berlino ha un sindaco gay, il
socialdemocratico Klaus Wowereit, e il Paese
ha un ministro degli esteri e vicecancelliere
gay, Guido Westerwelle del partito liberale. Un
modello che chiama la comunità gay italiana,
imponendole un percorso altrettanto necessario e il medesimo coraggio politico.
Non si tratta di guardare solo al passato italiano
per capire le differenze, ci basta partire da un
presente avvinghiato a un’adolescenza perenne,
per la mancata presa di coscienza: ecco gli echi
delle ronde; la caccia agli immigrati; il negato
matrimonio civile per gli omosessuali; una
legislazione parziale; il rifiuto di creare luoghi
della memoria e l’abbandono irresponsabile di
quelli esistenti.
L’Italia gay accettando la sfida farebbe la
svolta.
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appartiene alla generazione libera dopo le lotte per i
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