Cap. 11. Modelli LES di turbolenza

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Cap. 11. Modelli LES di turbolenza
Cap. 11. Modelli LES di turbolenza
11.1
La simulazione a grandi vortici
La tecnica di simulazione a grandi vortici (Large Eddy Simulation, o LES) si propone di operare un filtraggio delle equazioni di Navier Stokes, mettendo cosı̀ in evidenza il tensore degli sforzi
sottogriglia. Il sistema viene chiuso mediante una opportuna modellazione di questo termine.
Le equazioni filtrate e modellate vengono poi risolte numericamente. Viene quindi effettuata
una particolare realizzazione del flusso turbolento in esame, necessariamente non esatta a
causa delle approssimazioni dovute al filtraggio, al modello adottato e all’approssimazione
numerica.
Mentre in una simulazione basata sulle equazioni mediate alla Reynolds si vuole determinare la media d’insieme del campo di velocità, in una LES lo scopo è di ottenere una particolare
realizzazione del campo di moto filtrato. Di conseguenza, mentre in una simulazione RANS
si può sfruttare una particolare simmetria per ridurre la dimensione del calcolo (ad esempio
in un problema a simmetria assiale si potrà effettuare un calcolo assialsimmetrico), in una
LES bisognerà sempre procedere ad un calcolo tridimensionale, poiché il campo di velocità
istantaneo è tridimensionale. Inoltre, in un problema con un flusso in ingresso che non sia
puramente laminare (ad esempio l’inflow potrebbe essere lo sbocco di un condotto turbolento)
la simulazione a grandi vortici necessita di una condizione al contorno in inflow che sia un
campo realistico di velocità dipendente dallo spazio e dal tempo, mentre in una simulazione
RANS si deve fornire solo il valore medio che, in situazione statisticamente stazionaria, addirittura non dipenderà dal tempo. Infine una simulazione LES deve necessariamente risolvere
le strutture energetiche (di regola almeno l’80% dell’energia cinetica dovrà essere catturata) e
quindi l’ampiezza del filtro dovrà giacere all’interno della banda inerziale; nel limite in cui la
griglia di calcolo risolve tutte le scale fino a quella dissipativa di Kolmogorov la simulazione
LES tende a diventare una simulazione numerica diretta (DNS) e l’effetto del modello di turbolenza deve svanire. Viceversa in una simulazione RANS è inutile infittire troppo la griglia
di calcolo poiché ciò che si vuole determinare è il moto mediato alla Reynolds, che risulta
diverso dal moto effettivo di una realizzazione ottenuta mediante una DNS; una simulazione
RANS generalmente si effettua alle scale della banda energetica.
11.2
L’operazione di filtraggio
Per separare le scale risolte da quelle non risolte si procede ad un’operazione di filtraggio:
Z
f (x − r, t)G(r, x) d3 r
(11.1)
f (x, t) =
D
131
132
CAPITOLO 11. MODELLI LES DI TURBOLENZA
log E(k)
inertial range
viscous cutoff
LES computational domain
kd
log k
Figura 11.1: Dominio di calcolo per una simulazione a grandi vortici (LES)
Nome
Generale
funzione filtro
G(r)
Box
1
∆H
Gaussiano
Sharp cutoff
1
2 ∆ − |r|
1/2
6r 2
6
exp
−
2
2
π∆
∆
sin(πr/∆)
πr
funzione di trasferimento
R
b = ∞ e−ikr G(r)dr
G(k)
−∞
sin( 21 k∆)
1
k∆
2 2 2
exp − k 24∆
H(π/∆ − |k|)
Tabella 11.1: filtri 1D di uso comune
dove l’integrale si estende a tutto il dominio D. La funzione filtro G è normalizzata:
1. Definiamo la variabile residua:
R
D
G(r, x) d3 r =
f ′ (x, t) = f (x, t) − f (x, t)
In generale il residuo filtrato non si annulla:
f ′ (x, t) 6= 0
Un filtro viene detto omogeneo se G(r, x) non dipende dalla coordinata x. Viene detto
isotropo se la dipendenza da r è solo attraverso il modulo r = |r|.
L’operazione di filtraggio in generale commuta con quella di derivazione temporale:
∂f
∂f
=
∂t
∂t
La derivata spaziale commuta con l’operazione di filtraggio se e solo se il filtro è omogeneo;
infatti
Z
∂f
∂f
∂G(r, x)
f (x − r, t)
=
+
dr
∂xi
∂xi
∂xi
D
I filtri omogenei monodimensionali di uso comune sono presentati nella tabella 11.1. H(x)
è la funzione di Heavyside che vale 1 se x è positivo e 0 altrimenti.
La funzione di trasferimento è la trasformata di Fourier della funzione filtro. Dato che
l’operazione di filtraggio è una convoluzione, la trasformata di Fourier della (11.1) a una
dimensione è semplicemente:
11.2. L’OPERAZIONE DI FILTRAGGIO
133
b fb(k)
fb(k) = G(k)
È immediato vedere che il filtro sharp cutoff è l’unico filtro per il quale valga la proprietà
2
b
b
[G(k)]
= G(k),
ossia f = f
Esso è anche l’unico filtro in cui il filtrato del residuo si annulla: f ′ (x, t) = 0.
Il filtro gaussiano corrisponde ad una distribuzione gaussiana con media nulla e varianza
1
∆2 in modo che i momenti del secondo
σ 2 . Viene
generalmente il valore σ 2 = 12
R ∞ adottato
ordine −∞ r 2 G(r) del filtro gaussiano e del filtro box siano uguali. Definiamo con hf i∆ il
filtrato della funzione f con parametro ∆. Allora:
q
b ∆1 )G(k,
b ∆2 ) = G
b k, ∆2 + ∆2
G(k,
1
2
hhf i∆1 i∆2 = hf i√∆2 +∆2
1
2
In particolare
hhf i∆ i∆ = hf i√2∆
ossia applicando due volte consecutivamente
√ il filtro gaussiano di ampiezza ∆ è come se si
applicasse un filtro gaussiano di ampiezza 2∆.
I filtri uno-dimensionali definiti sopra possono essere estesi facilmente in 2 e 3 dimensioni:
• Il filtro box diventa una media all’interno di una sfera di raggio 21 ∆ (estensione isotropa),
oppure un parallelepipedo di lati ∆x , ∆y , ∆z (estensione anisotropa).
• Lo sharp cutoff cancella le armoniche di Fourier con |k| ≥ kc = π/∆.
• Il filtro Gaussiano diventa una distribuzione congiunta con matrice di covarianza δij ∆2 /12.
11.2.1
Le equazioni di Navier Stokes filtrate
Considereremo nel seguito un fluido incomprimibile a densità e proprietà costanti:
∂vi
=0
∂xi
∂vi
∂
∂p
∂
+
(vi vj ) = −
+ 2ν
Sij
∂t
∂xj
∂xi
∂xj
dove p è la pressione divisa per la densità e Sij è il tensore velocità di deformazione
∂vj
1 ∂vi
Sij =
+
2 ∂xj
∂xi
Nel seguito faremo l’ipotesi di operare con filtri omogenei; di conseguenza le derivate spaziali commutano con l’operazione di filtraggio. Filtrando l’equazione di continuità
otteniamo:
∂vi
∂vi′
∂
∂v i
=
= 0,
=
(vi − v i ) = 0
∂xi
∂xi
∂xi
∂xi
134
CAPITOLO 11. MODELLI LES DI TURBOLENZA
ossia entrambi i campi v e v ′ sono solenoidali.
L’equazione del momento filtrata si scrive:
∂τij
∂v i
∂p
∂
∂
S ij
+
(v i v j ) = −
−
+ 2ν
∂t
∂xj
∂xi
∂xj
∂xj
dove τij è il tensore degli sforzi sottogriglia:
τij = vi vj − vi vj
(11.2)
Un modello di turbolenza deve fornire un’adeguata espressione del tensore τij in funzione
delle variabili filtrate, in modo da chiudere il sistema di equazioni.
11.3
Modelli a viscosità turbolenta
Questi modelli sono stati i primi proposti nella letteratura. Si fa l’ipotesi che l’effetto delle
piccole scale filtrate sia un aumento della dissipazione, e pertanto si modella il tensore degli
sforzi sottogriglia con un termine proporzionale al tensore velocità di deformazione filtrato:
τija = τij −
δij
τkk = −2νT S ij
3
(11.3)
νT è chiamato coefficiente di viscosità turbolenta.
11.3.1
Il modello di Smagorinsky
Questo è stato il primo modello proposto in letteratura, nel 1963. Si suppone che il coefficiente
di viscosità turbolenta νT dipenda soltanto dal tasso di dissipazione ǫ e dall’ampiezza del filtro
∆. Con considerazioni dimensionali si ricava:
νT = Cǫ1/3 ∆4/3
(11.4)
e C è una costante senza dimensioni.
Pensando di operare con un filtro nella banda inerziale (ossia ∆ appartiene alla banda
inerziale), la dissipazione di energia per effetti viscosi è trascurabile, e quindi
ǫ = −τija S ij = 2νT S ij S ij = νT |S|2
(11.5)
dove abbiamo definito |S|2 = 2S ij S ij . Da questa equazione ricaviamo νT = ǫ/|S|2 . Sostituendo nella (11.4):
ǫ2/3 = C∆4/3 |S|2
(11.6)
e infine ponendo CS = C 3/4 :
νT = CS2 ∆2 |S|,
τija = −2Cs2 ∆2 |S|S ij
l’espressione di νT ricorda quella di Prandtl nella teoria mixing length, dove avevamo che
2 |∂U/∂y|. Il prodotto C ∆ ha il ruolo di lunghezza di mescolamento l
νT ∼ lm
s
m e |S| ha il
ruolo di gradiente di velocità.
11.3. MODELLI A VISCOSITÀ TURBOLENTA
135
Si può trovare un legame teorico tra la costante CS e la costante CK dello spettro di
Kolmogorov (5.7). Per ottenerlo mostriamo innanzitutto che
2
b
E(k) = |G(k)|
E(k)
dove E(k) è lo spettro di energia completo e E(k) è lo spettro di energia corrispondente al
campo di velocità filtrato. Infatti per definizione (4.26):
Z
1
1e
Φii (k) dσ
E(k) = Φii (k) =
2
2 S(k)
e Φii (k) è la trasformata di Fourier della correlazione Qii (r):
Z
Z
1
1
E(k) =
Qii (r)e−ik·r d3 r
dσ
2 S(k)
(2π)3 D
Analogamente, per il campo di velocità filtrato si avrà:
Z
Z
1
1
dσ
E(k) =
Q (r)e−ik·r d3 r
2 S(k)
(2π)3 D ii
e
Qii (r) = hv i (x)v i (x + r)i =
=
Z Z
D
=
D
Z Z
D
D
(11.7)
d3 p d3 qG(p)G(q) hvi (x − p)vi (x + r − q)i =
d3 p d3 qG(p)G(q) hvi (x)vi (x + r + p − q)i
Z Z
D
D
d3 p d3 qG(p)G(q)Qii (r + p − q)
Inseriamo questa espressione nella (11.7):
Z Z Z
Z
1
1
E(k) =
d3 r d3 p d3 qG(p)G(q)Qii (r + p − q)e−ik·r
dσ
2 S(k)
(2π)3 D D D
poniamo s = r + p − q:
Z Z Z
Z
1
1
E(k) =
d3 s d3 p d3 qG(p)G(q)Qii (s)e−ik·s−ik·q+ik·p
dσ
2 S(k)
(2π)3 D D D
e facendo l’ipotesi di isotropia della funzione filtro si ricava:
Z
1
2
b G
b∗ (k) = |G(k)|
b
dσΦii (k)G(k)
E(k)
E(k) =
2 S(k)
Il legame tra CS e CK viene dal fatto che
Z +∞
k2 E(k) dk
ǫ = 2νT
0
usiamo la (5.7) e la relazione (11.4) per νT :
Z +∞
Z
4/3 4/3
2/3
1/3 b
2
ǫ = 2νT CK ǫ
k |G(k)| dk = 2ǫCK CS ∆
0
0
+∞
2
b
k1/3 |G(k)|
dk
136
CAPITOLO 11. MODELLI LES DI TURBOLENZA
2 , cioè dal filtro scelto.
b
Il risultato dipende ovviamente dalla forma funzionale di |G(k)|
Per il filtro sharp cutoff:
Z
+∞
k
1/3
0
Pertanto
1
CS =
π
2
b
|G(k)|
dk =
2
3CK
3/4
Z
π/∆
k1/3 dk =
0
≃ 0.18
3 π 4/3
4 ∆
per CK ≃ 1.4
Il modello di Smagorinsky ha le seguenti debolezze:
• Contiene una costante CS il cui valore deve essere fornito. Il valore ottimale basato
su confronti sperimentali e simulazioni dirette risulta diverso dal valore teorico trovato
sopra, e dipende dal tipo di flusso considerato: generalmente si assume CS = 0.1 per
un flusso con shear e CS = 0.23 per turbolenza isotropa in decadimento.
• In situazione laminare con presenza di gradienti di velocità (ad esempio nel sottostrato
laminare dello strato limite) il modello deve essere soppresso a mano altrimenti introduce
una dissipazione aggiuntiva spuria. Nel caso dello strato limite si usa l’espressione di
van Driest della viscosità turbolenta (si confronti con la (10.13)):
h
i2
+
νT = CS ∆(1 − e−y /A ) |S|
• Il flusso a piccola scala viene supposto statisticamente omogeneo ed isotropo e si assume
valida la teoria di Kolmogorov.
• Il modello è sempre dissipativo in ogni punto e ad ogni istante. Manca quindi l’ingrediente del backscatter riscontrato negli esperimenti e nelle simulazioni dirette, conseguenza
dell’intermittenza, secondo cui localmente il flusso a piccola scala fornisce energia ai
vortici a scala più grande.
• L’ipotesi di viscosità turbolenta implica che i due tensori τij e S ij siano allineati. Ciò è
in contrasto con misure sperimentali e risultati di DNS.
11.3.2
Modello della funzione di struttura
Métais e Lesieur (1991) propongono che la viscosità turbolenta νT sia funzione dell’energia
alla scala del filtro, invece che della dissipazione ǫ. Dimensionalmente si vede che:
νT ∼
E(k)
k
1/2
Lo spettro di energia tuttavia non è calcolabile in modo semplice nel corso della simulazione numerica. Dalla teoria di Kolmogorov sappiamo che lo spettro di energia e la funzione di struttura longitudinale di ordine 2 sono legate dalla (5.8); ponendo k = π/∆ e
νT = νT (∆, S 2 (x, ∆)) dimensionalmente si ottiene:
q
νT = CF ∆ S 2 (x, ∆)
11.4. MODELLI A SIMILARITÀ DI SCALA
137
Nella simulazione numerica il valore di
E
D
S 2 (x, ∆) = [(v(x + r) − v(x)) · er ]2
|r|=∆
può essere calcolata mediante una media sulla sfera di raggio ∆ intorno al punto x. Qualora
esistano delle direzioni di omogeneità il valore di S 2 (x, ∆) può essere opportunamente mediato
lungo queste direzioni.
Questo modello mantiene sostanzialmente le stesse limitazioni di quello di Smagorinsky. È più accurato nella turbolenza omogenea ed isotropa mentre mostra una dissipazione
sottogriglia eccessiva in situazioni con gradienti di velocità a grande scala.
11.4
Modelli a similarità di scala
Questi modelli si basano sull’ipotesi che gli scambi energetici tra le scale risolte e quelle non
risolte dipendano essenzialmente dalle scale più vicine a quelle del filtro; in altri termini,
che le interazioni siano locali nello spazio di Fourier. Allora nella formula (11.2) possiamo
ragionevolmente usare le più piccole scale risolte per estrapolare il valore del tensore degli
sforzi sottogriglia. Il modello originale di Bardina (1983) pone:
τij = CB (v i v j − v i v j )
La costante di Bardina CB è il coefficiente di similarità.
Proseguendo in questa linea di pensiero Liu, Meneveau e Katz (1994) propongono una
b > ∆:
variante dove viene impiegato un secondo filtro (b) di ampiezza ∆
v ib
vj )
τij = CL (vd
ivj − b
La separazione di scale dei due filtri non deve essere troppo grande altrimenti viene violata la
località delle interazioni nello spazio di Fourier, ma non deve eesere neanche troppo piccola
b
altrimenti il modello risulta troppo poco dissipativo. Un valore ragionevole è ∆ ≃ 0.8∆
I modelli a similarità di scala hanno le seguenti proprietà:
• sono modelli anisotropi : i due tensori τij e S ij non sono necessariamente allineati
• non sono puramente dissipativi: localmente in spazio e in tempo si riscontra un incremento di energia cinetica. In realtà si riscontra che questi modelli sono troppo poco
dissipativi e le simulazioni numeriche che si basano su di essi hanno problemi di stabilità
numerica.
• si disattivano automaticamente nelle regioni dove le scale piccole sono assenti, ossia nelle
regioni laminari e in quelle di transizione.
11.5
Procedura dinamica
La procedura dinamica (Germano 1991) si propone di determinare la costante del modello
nel corso della simulazione numerica. L’idea è di impiegare due filtri, il filtro griglia (− ) di
b > ∆. Si assume che entrambe le ampiezze dei
ampiezza ∆ e il filtro test (b) di ampiezza ∆
filtri siano dentro la banda inerziale, e si suppone che lo stesso modello di turbolenza sia
valido per le equazioni filtrate con entrambi i filtri.
138
CAPITOLO 11. MODELLI LES DI TURBOLENZA
Consideriamo il caso generale dell’equazione differenziale
∂u(x, t)
= f (u(x, t))
∂t
dove f (u(x, t)) è un operatore differenziale non lineare. Applichiamo il filtro di ampiezza ∆:
∂u
= f (u) = f (u) + f (u) − f (u)
∂t
supponiamo che il termine f (u)−f (u) possa essere modellato mediante una funzione g(c, u, ∆)
dove c = (c1 , ..., cn ) è un vettore di n costanti del modello che non dipendono dall’ampiezza
del filtro:
f (u) − f (u) = g(c, u, ∆)
La procedura dinamica si propone di determinare delle equazioni per i coefficienti incogniti
b > ∆:
ci . A questo scopo viene impiegato il secondo filtro di ampiezza ∆
b
fd
(u) − f (b
u) = g(c, u
b, ∆)
L’appicazione successiva dei due filtri fornisce:
Nelle ipotesi che
d
\
f (u) − fd
(u) = g(c,
u, ∆)
d
f (u) = fd
(u)
b=u
e che u
b
(notiamo che ciò è rigorosamente vero solo nel caso del filtro sharp cutoff) si ottiene per
sottrazione un’equazione per i coefficienti c:
\
b − g(c,
b) = g(c, u
b, ∆)
fd
(u) − f (u
u, ∆)
(11.8)
Risolvendo numericamente questa equazione ad ogni nodo della griglia di calcolo si ottengono i valori dei coefficienti c. Naturalmente se il termine da modellare non fosse stato
uno scalare ma un vettore o un tensore, avremmo ottenuto più di una equazione per i coefficienti ci . Notiamo che questi coefficienti vengono a dipendere dallo spazio e dal tempo. Per
consistenza si dovrà verificare a posteriori che le loro variazioni siano piccole per distanze
contenute all’interno della banda inerziale.
11.6
Il modello dinamico di Germano
Nel modello di Germano (1991) viene applicata la procedura dinamica al modello di Smagorinsky per il tensore degli sforzi sottogriglia (11.3). Definiamo il tensore degli sforzi per il
filtro griglia (figura 11.2a)
τij = vi v j − v i v j
il tensore degli sforzi per il filtro test Tij (figura 11.2b)
vib
vj
Tij = vc
i vj − b
11.6. IL MODELLO DINAMICO DI GERMANO
139
e il tensore degli sforzi risolti Lij (figure 11.2c)
Lij = vc
vib
vj
i vj − b
L’equazione (11.8) fornisce la cosiddetta identità di Germano:
Lij = Tij − τbij
E(k)
^
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0000000
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k k
Grid filter
(a)
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1111111111
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0000000000
^1111111111
E(k)
k k
Test filter
(b)
k
(11.9)
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00000
11111
E(k)
k
^
k k
k
Resolved scales filter
(c)
Figura 11.2: Filtri usati nella procedura dinamica
applichiamola al modello di Smagorinsky:
1
=
2
1
2
τij − τkk δij = −2C∆ |S|S ij ,
3
S ij
1
b 2 |S|
bS
b ,
Tij − Tkk δij = −2C ∆
ij
3
b =1
S
ij
2
L’identità di Germano (11.9) fornisce:
∂v i
∂v j
+
∂xj
∂xi
vj
∂b
∂b
vi
+
∂xj
∂xi
!
i
h
1
b − C∆2 |S|S
bS
\
b2 |S|
Laij ≡ Lij − Lkk δij = −2 C ∆
ij
ij
3
Otteniamo cosı̀ un sistema di cinque equazioni (poichè i tensori che compaiono sono simmetrici e a traccia nulla) per una incognita (la costante C del modello). La soluzione ottimale
viene determinata applicando una procedura ai minimi quadrati (Lilly 1992): definiamo
Q = (Laij − 2CMij )2 ,
la soluzione ai minimi quadrati è data da
∂Q
∂C
2\
b2 b b
Mij = ∆ |S|S
ij − ∆ |S|S ij
= 0:
C(x, t) =
Laij Mij
2Mkl Mkl
(11.10)
Il modello dinamico di Germano ha le seguenti proprietà:
• La costante del modello non deve più essere fornita ma diventa una funzione dello spazio
e del tempo che viene calcolata nel corso della simulazione.
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CAPITOLO 11. MODELLI LES DI TURBOLENZA
• Il modello si spegne automaticamente nelle regioni laminari, ad esempio nel sottostrato
b
laminare dello strato limite. Infatti dove non sono presenti scale piccole le quantità S
2
b2 − ∆ )|S|S ij non tende a zero, mentre il
e S tendono a diventare uguali, e Mij ∼ (∆
a
b e v tendono a diventare uguali. La
termine Lij tende ad annullarsi poiché le velocità v
formula (11.10) mostra che C tende ad annullarsi come Laij .
• La costante C non è necessariamente positiva. Valori negativi sono responsabili di un
aumento di energia cinetica e vengono associati al backscatter . Le simulazioni numeriche
mostrano che la percentuale dei punti dove avviene questo fenomeno è considerevole
(dell’ordine del 40%).
• Il modello è soggetto a instabilità numeriche causate da valori troppo grandi (sia positivi
che negativi) della costante C, e/o da una sua elevata variabilità spaziale. Per evitare
ciò si limita C entro valori prefissati.
La variabilità elevata è anche un motivo di inconsistenza del modello, poiché esso riposa sull’ipotesi che C sia costante all’interno della banda inerziale. Per risolvere questo
problema si dovrebbe calcolare la media d’insieme della costante C ma ciò non è evidentemente realizzabile nella pratica. Si può procedere ad una media nelle direzioni di
omogeneità qualora esse esistano, altrimenti si può ricorrere ad una media in tempo
seguendo la particella fluida lungo la sua traiettoria lagrangiana (Cabot et al 1996).
• il modello di Smagorinsky è basato su un’ipotesi di isotropia delle scale non risolte, il
cui contributo può quindi essere rappresentato con una viscosità turbolenta isotropa
2
ντ = −2C∆ |S|; questa ipotesi viene estesa anche al modello di Germano, col risultato
che il tensore degli sforzi sottogriglia viene scorrettamente forzato all’allineamento con
il tensore velocità di deformazione delle scale risolte.
11.7
Modello dinamico anisotropo
Per ovviare in parte ai limiti del modello dinamico è stato formulato un modello dinamico
anisotropo (Abbà et al. 2003).
τij − (δij /3)
X
k
2
2
2
τkk = −2Bijrs ∆ |S|S rs + δij Bkkrs∆ |S|S rs
3
Il tensore del quarto ordine Bijrs assume la forma
Bijrs =
X
Cαβ aiα ajβ arα asβ
α,β
dove aiα sono le componenti dei versori aα (α =1,2,3) di una terna da determinare che gode
della proprietà a−1 = aT , dove aT è la matrice trasposta. Cαβ = Cβα sono gli elementi di una
matrice simmetrica 3×3 che sostituisce il coefficiente C del modello isotropo. Anche in questo
caso i coefficienti Cαβ sono variabili nello spazio e nel tempo. La matrice di trasformazione
aiα definisce un sistema di riferimento locale in cui il tensore Bijrs viene ridotto a diagonale
rispetto a due indici. Si sottolinea il fatto che, affinchè l’invarianza Galileiana sia rispettata,
la matrice a non deve dipendere esplicitamente dalla velocità ma dalle sue derivate spaziali.
11.8. MODELLI DINAMICI MISTI
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I coefficienti Cαβ vengono determinati applicando la procedura dinamica. Si trova:
aT La aαβ
Cαβ =
2aT M a|αβ
dove Mij è la stessa matrice definita sopra
Per esempio può essere utilizzata la terna
a1 =
ω
,
|ω|
a2 =
ω×v
,
|ω × v|
a3 = a1 × a2 ,
ω = ∇ × v.
ma in diverse prove è stato verificato che i risultati sono insensibili alla scelta della terna.
11.8
Modelli dinamici misti
Partendo dalla constatazione che un modello a viscosità turbolenta gode di buone proprietà
di dissipazione mentre un modello a similarità di scala ha ottime proprietà di correlazione
con il tensore degli sforzi sottogriglia da modellare, diversi autori hanno proposto dei modelli
misti che sommano entrambi i contributi. Il primo modello apparso in letteratura fu proposto
da Liu et al. (1994):
2
a
τija = KLaij − 2C∆ |S|S ij
dove come al solito con l’apice a si intende la parte anisotropa del tensore, e
d
bi u
bj
Lij = u
i uj − u
Salvetti e Banerjee (1995) invece hanno formulato un modello misto dinamico in cui il
termine misto è assunto proporzionale al tensore di Leonard modificato
Lij = ui uj − ui uj .
In questo modello il tensore degli sforzi sottogriglia è
2
a
τija = KLaij − 2C∆ |S|S ij
e i coefficienti K e C vengono determinati mediante la procedura dinamica descritta sopra.
Se viene utilizzato un filtro cutoff nello spazio di Fourier il termine di Leonard modificato
coincide con l’errore di aliasing (Piomelli 1998). In tal caso si preferisce usare il modello
di Liu et al. al quale viene applicata ugualmente la procedura dinamica per determinare i
coefficienti del modello.