Cap. 4. Descrizione statistica della turbolenza

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Cap. 4. Descrizione statistica della turbolenza
Cap. 4. Descrizione statistica della
turbolenza
La turbolenza è caratterizzata da moti disordinati che si traducono in fluttuazioni aleatorie
nel tempo e nello spazio e contiene un ampio spettro di frequenze temporali e spaziali. Un
contributo fondamentale alla teoria della turbolenza è stato dato da Kolmogorov nel 1941.
Egli ha cercato una descrizione statistica della turbolenza omogenea ed isotropa basandosi su
poche semplici ipotesi di similarità. In questo capitolo introduciamo gli strumenti matematici
alla base della descrizione statistica della turbolenza.
4.1
L’analisi statistica
L’evoluzione temporale di un segnale turbolento mostra una grande variabilità. Sfruttando la
piccolezza delle lunghezze e dei tempi di correlazione si può tentare un approccio statistico.
Supponiamo dunque che le quantità in esame (componenti della velocità, pressione) siano delle
variabili aleatorie. Definiamo la distribuzione di probabilità FX (x) della variabilie aleatoria
X come la probabilità che X assuma un valore minore di x; la funzione di probabilità fX è
X (x)
; fX (x) dx è la probabilità che X assuma
definita come la derivata di FX : fX (x) = dFdx
valori compresi nell’intervallo ]x, x + dx].
Il valore medio della v.a. X è definito come
hXi =
Z
+∞
xfX (x) dx
−∞
e può essere pensato come la media d’insieme hXi ottenuta realizzando N volte lo stesso
esperimento nelle stesse condizioni:
N
1 X
hXi = lim
Xn
N →∞ N
n=1
La media d’insieme può dipendere sia dallo spazio che dal tempo; l’operatore di media
commuta sia con la derivata temporale che con quelle spaziali.
Definiamo il momento di ordine n della v.a. X come il valore atteso di X n :
n
Mn = hX i =
Z
+∞
−∞
45
xn fX (x) dx
46
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
La deviazione standard σ e la varianza σ 2 sono definite a partire dai momenti di ordine
due:
σ 2 = (X − hXi)2 = X 2 − hXi2
Se X è a media nulla la grandezza si dice centrata.
Si definiscono poi la skewness e la flatness a partire dai momenti di ordine tre e quattro;
supponendo X centrata (se non lo fosse basterebbe sottrarle il suo valore medio) definiamo:
4
3
X
X
F =
S=
3
σ
σ4
Notiamo che per la v.a. Gaussiana risulta S = 0 e F = 3. Ricordiamo che la densità della
gaussiana associata a una variabile aleatoria con media µ e varianza σ 2 è
1 x−µ 2
1
fX (x) = √ e− 2 ( σ )
σ 2π
La sua funzione di ripartizione vale
Z x
2
x−µ
x−µ
1
1
− 21 ( t−µ
)
σ
√
dt = Φ
e
=
1 + erf
FX (x) = √
σ
2
σ 2π −∞
σ 2
con
1
Φ(x) ≡ √
2π
Z
x
−t2 /2
e
2
erf(x) ≡ √
π
dt,
−∞
Z
x
2
e−t dt
0
Un’altra famiglia di grandezze utili per caratterizzare la turbolenza sono i cumulanti di ordine
n: essi sono gli scarti alla gaussiana dei momenti di ordine n: se la variabile aleatoria X fosse
normale il cumulante sarebbe nullo. Esso fornisce dunque una misura quantitativa dello
scarto del segnale dalla gaussiana. Si definisce kurtosis il cumulante normalizzato di ordine
4: K = F − 3.
L’ipotesi di ergodicità consente di effettuare le medie statistiche non più mediante numerose realizzazioni, come sarebbe richiesto dall’operazione di media d’insieme, bensı̀ con una
sola realizzazione. Nel caso di una corrente turbolenta ergodica e statisticamente stazionaria
si può ad esempio eseguire la seguente media temporale
1
hX(x)i = lim
T →∞ T
Z
T /2
X(x, t) dt
−T /2
Da un punto di vista pratico la media temporale non si può fare che su un arco di tempo
finito; tale media approssima bene quella d’insieme quando si consideri un intervallo di tempo
campione T maggiore di un tempo integrale dell’ordine di qualche Eddy Turnover Time, che
definiamo come:
l0
τ0 = ,
v0
dove l0 è la lunghezza integrale, che definiremo in seguito una volta introdotto il concetto
di spettro di energia, mentre v0 è il valore r.m.s. (root mean square) delle fluttuazioni di
velocità, cioè
p
v0 = hv 2 i
4.2. CORRELAZIONI E FUNZIONI DI STRUTTURA
47
Nel caso di una corrente turbolenta statisticamente omogenea, nell’ipotesi di ergodicità,
la media d’insieme può essere sostituita dalla media spaziale:
Z
1
hX(t)i = lim
X(x, t) d3 x
V →∞ V V
Questo tipo di media è effettuabile quando il dominio spaziale è di estensione grande rispetto
alla scala integrale l0 .
Nel caso infine di corrente stazionaria ed omogenea, si può effettuare una media spaziotemporale:
Z
Z
1 1 T /2
X(x, t) d3 x dt
hXi = lim
T,V →∞ T V −T /2 V
4.2
Correlazioni e funzioni di struttura
Un tensore delle correlazioni a n punti è definito come il valore mediato dei prodotti di n
funzioni prese in punti e tempi differenti:
hf1 (x1 , t1 ) . . . fn (xn , tn )i
Particolarmente importanti sono il tensore di correlazione del secondo ordine a due punti
delle fluttuazioni di velocità Qij e quello delle correlazioni triple a due punti Sijk :
(4.1)
Qij (x, x′ , t1 , t2 ) = vi′ (x, t1 )vj′ (x′ , t2 )
Sijk (x, x′ , t) = vi (x, t)vj (x, t)vk (x′ , t)
dove vi′ = vi − hvi i. Il tensore Qij fornisce un’indicazione sulla vicinanza in senso statistico tra
due componenti di velocità in due punti dello spazio e/o a due istanti diversi. Scegliendo t1 =
t2 esso può risultare utile per individuare le strutture, la loro forma spaziale, la loro dimensione
caratteristica: per distanze |x′ −x| più piccole della lunghezza di correlazione spaziale il valore
sarà prossimo a v02 (nell’ipotesi che la velocità sia funzione continua dello spazio), mentre per
valori molto più grandi la correlazione diventa trascurabile. Nella turbolenza la lunghezza di
correlazione spaziale è molto piccola rispetto alle dimensioni di interesse del fluido: si parla
allora di caos spaziale.
Scegliendo x = x′ Qij viene chiamata autocorrelazione e fornisce un valore quantitativo
dei tempi di correlazione del segnale turbolento: è chiaro che se t2 − t1 è molto piccolo le
velocità sono molto correlate (valori di correlazione prossimi a 1), poiché la velocità è supposta
funzione continua del tempo. Per tempi molto lunghi invece le due quantità sono praticamente
scorrelate (valori di correlazione prossimi a 0) in virtù della variabilità del moto turbolento.
Si può definire il tempo di correlazione tC che separa i tempi in cui l’autocorrelazione è finita
da quelli in cui essa è prossima a zero. Nella turbolenza pienamente sviluppata tC è molto
più piccolo delle scale di tempi caratteristiche su cui si vuole studiare il sistema: si parla di
caos temporale.
Nel caso in cui la turbolenza sia statisticamente stazionaria (ossia le medie d’insieme non
dipendano dal tempo) il tensore delle correlazioni di velocità non dipende separatamente da
t1 e t2 ma solo dalla differenza t = t2 − t1 ; in questo caso viene spesso usato il tensore delle
correlazioni doppie di velocità ad un istante fissato: con Qij (x, x′ ) con un abuso di notazioni
intenderemo la quantità Qij (x, x′ , 0, 0). Notiamo che Qii (x, x) è il doppio dell’energia cinetica
48
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
turbolenta (l’energia cinetica turbolenta è l’energia cinetica del campo di velocità al quale
viene sottratto il campo medio).
Il tensore Qij gode della seguente proprietà:
Qij (x, x′ ) = Qji (x′ , x)
e se il flusso è incomprimibile, ossia il campo di velocità è a divergenza nulla
∂Qij
∂Qij
=
=0
∂xi
∂x′j
(4.2)
Infine con un altro abuso di notazioni definiamo il tensore delle correlazioni doppie riferite
alla posizione relativa r ≡ x′ − x usando la stessa notazione di (4.1):
Vale la seguente formula:
Qij (x, r) = vi′ (x, 0)vj′ (x + r, 0)
∂Qij (x, r)
∂Qij (x, x′ )
=
∂x′k
∂rk
(4.3)
Infatti (tralasciamo per semplicità di notazioni le coordinate diverse da xk ):
1 ′
∂Qij (x, x′ )
= lim
vi (xk )vj′ (x′k + δ) − vi′ (xk )vj′ (x′k )
′
δ→0 δ
∂xk
∂Qij (x, r)
1 ′
vi (xk )vj′ (xk + rk + δ) − vi′ (xk )vj′ (xk + rk ) =
δ→0 δ
∂rk
= lim
Funzioni di struttura
Le funzioni di struttura Sn sono definite come:
Sn = h[f (x1 , t) − f (x2 , t)]n i
Esse sono facilmente riconducibili a correlazioni a due punti. Sono particolarmente importanti
le funzioni di struttura relative agli incrementi di velocità. Introdotti
δv(x, r, t) = v(x + r, t) − v(x, t)
e un versore e (che può dipendere da x e r), la funzione di struttura di ordine p per gli
incrementi di velocità è definita come:
Sp (x, r, e, t) = h[δv(x, r, t) · e]p i
(4.4)
In particolare si dicono funzioni di struttura longitudinale e trasversale le seguenti
Spk (x, r, t) = h[δv(x, r, t) · rb]p i ,
b ]p i ,
Sp⊥ (x, r, t) = h[δv(x, r, t) · n
rb ≡
r
|r|
b ⊥ rb
n
(4.5)
(4.6)
4.3. OMOGENEITÀ E ISOTROPIA
4.3
49
Omogeneità e isotropia
La turbolenza si dice omogenea se tutte le medie d’insieme sono invarianti rispetto alle traslazioni spaziali. Il tensore di correlazione del secondo ordine dipende allora solo dalla posizione
relativa dei due punti:
Qij (x, x′ , t1 , t2 ) = Qij (r, t1 , t2 )
r = x′ − x
(4.7)
Inoltre vale
Qij (r) = Qji (−r)
Analogamente la funzione di struttura Sp (x, r, e, t) non dipende dalla coordinata x:
Sp (r, e, t) = h[δv(0, r, e, t) · b
e]p i
(4.8)
Più in generale tutte le grandezze statistiche sono legate alle collocazioni relative dei punti
coinvolti ma risultano indipendenti dalla posizione all’interno della corrente.
Nella turbolenza omogenea oltre alla (4.3) vale anche la seguente:
∂Qij (x, x′ )
∂Qij (x, r)
=−
∂xk
∂rk
Infatti:
(4.9)
∂Qij (x, x′ )
1 ′
= lim
vi (xk + δ)vj′ (x′k ) − vi′ (xk )vj′ (x′k )
δ→0 δ
∂xk
1 ′
vi (xk + δ)vj′ (xk + rk ) − vi′ (xk )vj′ (xk + rk )
δ→0 δ
= lim
1 ′
∂Qij (x, r)
vi (xk )vj′ (xk + rk − δ) − vi′ (xk )vj′ (xk + rk ) = −
δ→0 δ
∂rk
= lim
La turbolenza si dice isotropa se le medie d’insieme godono della proprietà d’invarianza
rispetto alle rotazioni.
Nel caso di turbolenza statisticamente stazionaria, omogenea ed isotropa, i momenti di
secondo ordine Qij (x1 , x2 , t1 , t2 ) dipendono soltanto da t = t2 − t1 e da r = |x2 − x1 |:
Qij (x1 , x2 , t1 , t2 ) = Qij (r, t)
(4.10)
Le ipotesi di omogeneità e isotropia permettono di scrivere il tensore delle correlazioni Q
in una forma molto semplice:
Qij (r, t) = A(r)δij + B(r)
ǫijk rk
ri rj
+ C(r)
2
r
r
Per mostrarlo partiamo dal caso particolare in cui r = r î. Definiamo
A(r) = Qyy ,
B(r) = Qxx − A(r),
C(r) = Qyz
In virtù dell’isotropia si può affermare che
Qzz = Qyy ,
Qxy = Qyx = Qxz = Qzx = 0,
Qzy = −Qyz
(4.11)
50
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
e Qij si riduce a:


A+B 0
0
←
→
Q =
0
A C 
0
−C A
(4.12)
La forma (4.11) si riduce alla (4.12) quando r = r î ed è invariante per rotazioni, ossia se
P è la matrice di rotazione si ha
P Q(r)P T = Q(P r)
Per i primi due termini della (4.11) la cosa è evidente. Per il terzo termine si sfrutta la
proprietà seguente del tensore di Ricci:
ǫijk det(P ) = ǫmnq Pim Pjn Pkq
dove P è una matrice qualsiasi e det(P ) è il suo determinante:
Q(P r)|ij = ǫijk Pkl rl = ǫmnq Pim Pjn Pkq Pkl rl = ǫmnq Pim Pjn rq = P Q(r)P T ij
Vedremo in seguito come l’espressione (4.11) possa essere generalizzata al caso di tensori
di ordine m a n punti. Notiamo che A(r) e B(r) sono delle funzioni scalari mentre C(r) è
uno pseudo-scalare, cioè cambia di segno se cambia l’orientamento della base (da destrorsa
a sinistrorsa o viceversa). Pertanto se il flusso fosse statisticamente invariante per riflessioni,
sarebbe C(r) = 0.
La condizione d’incomprimibilità fornisce una relazione tra A e B; infatti dalle (4.2) e
(4.3) otteniamo subito:
∂Qij
=0
∂rj
e in virtù della (4.11):
ǫijk rk ri rj
∂ =0
A(r)δij + B(r) 2 + C(r)
∂rj
r
r
Sfruttiamo l’identità
∂r α
= αr α−2 rj
∂rj
e otteniamo
d Cr
rj rk
dB ri rj rj
ri
C
dA ri
+
+
2B
+
ǫijk
+ ǫijk δjk = 0
3
2
dr r
dr r
r
dr
r
r
Gli ultimi due termini sono nulli, pertanto
dA
dB 2B
+
+
=0
dr
dr
r
(4.13)
Spesso invece di A e B si usano le correlazioni di velocità longitudinale normalizzata f (r)
e trasversale g(r), quantità misurabili direttamente negli esperimenti:
f=
Qxx
,
hvx2 i
Qyy
g = 2
vy
4.3. OMOGENEITÀ E ISOTROPIA
51
Poniamo u2 = vx2 = vy2 = vz2 . Dalla forma di Qij (4.12) si vede subito che f = (A+B)/u2
e g = A/u2 . L’equazione (4.13) diventa:
g=f+
1 d(r 2 f )
r df
=
2 dr
2r dr
In conclusione possiamo scrivere il tensore di correlazione come
2
ri rj df
rk
2 1 d(r f )
Qij = u
δij −
+ C(r)ǫijk
2r dr
2r dr
r
Le funzioni f (r) e g(r) godono delle seguenti proprietà:
• f e g valgono 1 in r = 0. Infatti:
f (0) =
Qxx (0)
hvx (x)vx (x)i
=
=1
u2
u2
e analogamente per g(0).
• f e g sono sempre comprese tra −1 e 1. Infatti per la disuguaglianza di Schwarz:
r
E r
D E
2 D 2
vi (x) vj (x + r) =
vi2 vj2 = u2
|Qij (r)| = | hvi (x)vj (x + r)i | ≤
• Lo sviluppo in serie della funzione f (r) nell’intorno dell’origine fornisce:
1
f (r) = 1 + f ′′ (0)r 2 + O(r 4 )
2
in quanto f è una funzione pari di r (infatti Qxx (−rı) = hvx (x)vx (x − rı)i = hvx (x + rı)vx (x)i =
Qxx (rı) Inoltre deve essere f ′′ (0) ≤ 0 poiché f (r) ≤ 1. Poniamo f ′′ (0) = − λ12 :
f (r) ≃ 1 −
r2
,
2λ2
g(r) = f +
r2
rf ′
≃1− 2
2
λ
(4.14)
λ ha le dimensioni di una lunghezza e viene chiamata la lunghezza di Taylor .
• Osservazioni sperimentali mostrano che nella turbolenza pienamente sviluppata la funzione f è dappertutto positiva e decrescente, mentre g ha un punto di minimo con valore
negativo. Entrambe tendono poi a zero per r → ∞.
Definiamo infine la quantità
1
1
R(r) = Qii = hv(x) · v(x + r)i
2
2
(4.15)
R(0) è l’energia cinetica turbolenta media:
R(0) =
Esiste un legame diretto tra R e f :
1 2 3 2
v = u ≡E
2
2
′
u2
1
u2
1
R(r) = (Qxx + Qyy + Qzz ) = (f + 2g) = u2 (3f + rf ′ ) = 2 r 3 f
2
2
2
2r
(4.16)
52
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
Sfruttando la (4.14) si trova l’andamento di R vicino all’origine:
R(r) ≃
′
5r 2
u2
r2
3
=
E
1
−
r
1
−
2r 2
2λ2
6λ2
Esiste anche un legame diretto tra la funzione di struttura longitudinale di ordine 2 e la
funzione f (r). Infatti:
E D
E
D
k
S2 = (vx (x + r î) − vx (x))2 = vx (x + r î)2 + vx (x)2 − 2vx (x)vx (x + r î) =
= Qxx (0) + Qxx (0) − 2Qxx (r) = 2u2 (1 − f (r))
(4.17)
L’espansione vicino all’origine fornisce:
k
S2 ≃
u2 2
r
λ2
Tensore a n punti di ordine m per turbolenza omogenea isotropa e invariante per
parità
La formula (4.11) può essere generalizzata al caso di un tensore a n punti di ordine m (m ≥ n);
definiamo
(m)
Qij...p (r, s, . . . ) = hvi (x1 )vj (x2 ) . . . vp (xm )i
dove r = x2 − x1 , s = x3 − x1 , . . . (in totale n − 1 vettori che definiscono le posizioni relative
(m)
delle n coordinate). Consideriamo la proiezione del tensore Qij...,p sulle direzioni definite da
dei versori a, b, c, . . . :
(m)
Q(r, s, . . . ) = hai vi (x1 )bj vj (x2 ) . . . hp vp (xm )i = ai bj . . . hp Qij...,p (r, s, . . . )
(4.18)
In virtù dell’isotropia Q deve essere invariante per rotazioni. Esso può dipendere soltanto
dagli invarianti costruiti con i vettori a, b, . . . , r, s, . . . da cui esso dipende, ossia da |a|, |b|,
. . . , |r|, |s|, . . . , e dagli angoli tra questi vettori, cioè in definitiva da ai bi , ai ci , . . . , ai ri , ai si ,
. . . , bi ci , . . . , bi ri ,. . . , ri si ,. . . , r 2 , s2 , . . . (siccome per costruzione a2 = b2 = c2 = · · · = 1,
questi invarianti possono essere ignorati). Se la turbolenza non fosse invariante per parità
bisognerebbe includere gli invarianti del tipo ǫijk ai bj rk . Per semplicità supponiamo invarianza
per parità.
La formula (4.18) dipende in modo lineare dai vettori a, b, c, . . . , h ed è una funzione
omogenea di questi; la forma più generale per Q è pertanto una somma di termini del tipo:
A(r 2 , s2 , . . . , ri si , . . . )(ai ri )(bj sj )(ck dk ) . . .
dove ogni componente ai , bi , ci ,. . . ,hi interviene una ed una sola volta, contratta con un altro
membro dello stesso gruppo oppure con uno degli ri , si , . . . . Avremo allora:
X
(m)
Qij...,p (r, s, . . . ) =
Aν (r 2 , s2 , . . . , ri si , . . . )ri sj δkl . . .
(4.19)
ν
dove δkl indica la delta di Kronecker e la somma è estesa a tutti i modi possibili di combinare
le componenti ri , sj , . . . dei vettori posizione e le delta di Kronecker.
4.3. OMOGENEITÀ E ISOTROPIA
53
Vediamo come casi particolari le espressioni più generali possibili per qualche tensore delle
correlazioni a due punti (n = 2):
Per n = 2, m = 2:
Qij (r) = A2 (r)ri rj + B2 (r)δij
(4.20)
Per n = 2, m = 3:
Qijk (r) = A3 (r)ri rj rk + B3 (r)ri δjk + C3 (r)rj δik + D3 (r)rk δij
(4.21)
Per n = 2, m = 4:
Qijkl (r) = A4 (r)ri rj rk rl + B4 (r)ri rj δkl + C4 (r)rj rk δil + D4 (r)rk rl δij + E4 (r)ri rk δjl +
+F4 (r)rj rl δik + G4 (r)ri rl δjk + H4 (r)δij δkl + I4 (r)δik δjl + J4 (r)δil δjk
e A2 (r), B2 (r), . . . sono funzioni pari di r.
Correlazioni di vorticità e di elicità
Definiamo il tensore doppio di vorticità:
Ωij = ωi (x)ωj (x′ )
Poiché la vorticità è il rotore della velocità si ha:
Ωij = ǫilm ǫjpq
∂2 ′
v
(x)v
(x
)
m
q
∂xl ∂x′p
Supponiamo che le velocità abbiano medie nulle; allora:
Ωij = ǫilm ǫjpq
∂ 2 Qmq
∂xl ∂x′p
Poniamoci nel caso di turbolenza omogenea:
∂Qln
∂Qln
=−
,
∂xj
∂rj
∂Qln
∂Qln
=
∂x′j
∂rj
e sfruttiamo l’identità
ǫilm ǫjpq = δij δlp δmq + δip δlq δmj + δiq δlj δmp − δij δlq δmp − δip δlj δmq − δiq δlp δmj
Dopo qualche passaggio in cui si sfrutta anche l’ipotesi di incomprimibilità si ottiene:
Ωij =
∂ 2 Qkk
+ ∆Qji − δij ∆Qkk
∂ri ∂rj
(4.22)
dove ∆ indica l’operatore laplaciano; nel caso di turbolenza isotropa esso dipende solo dalla
∂
∂
coordinata radiale r: ∆ = r12 ∂r
r 2 ∂r
.
Di particolare interesse è la correlazione del prodotto scalare
∂ 2 Qll
ω · ω ′ = Ωii (r) = −δii ∆Qll +
+ ∆Qii = −∆Qll = −2∆R =
∂ri2
54
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
1 d 3
u2 d
1 d 3
2 d
= −u ∆ 2 (r f ) = − 2
(r f )
r
r dr
r dr
dr r 2 dr
2
Nell’intorno dell’origine tenendo conto della (4.14) otteniamo:
15u2
ω2 = 2
λ
Definiamo l’enstrofia Z = 12 ω 2 , e ricordiamo che u2 =
Allora la lunghezza di Taylor si esprime come
λ2 =
2
3E
dove E è l’energia cinetica.
5E
Z
(4.23)
Infine definiamo le correlazioni di elicità H(r) = hωi (x)vi (x′ )i. Nel caso omogeneo si
ricava:
∂Qqi
∂ rl ∂
hvq (x)vi (x + r)i = −ǫipq
= −ǫipq
C(r)ǫiql
H(r) = ǫipq
∂xp
∂rp
∂rp
r
dove C(r) è la funzione che appare in (4.11). Elaboriamo ulteriormente questa formula:
2Crj
∂
Crl
∂
H(r) = −2δpl
=−
∂rp
r
∂rj
r
4.4
Tensore spettrale della turbolenza omogenea
Prendiamo in esame il caso di turbolenza statisticamente stazionaria ed omogenea, in cui il
tensore di correlazione si esprime come
Qij (x1 , x2 , t1 , t2 ) = Qij (r, t)
Definiamo la trasformata di Fourier di Qij (r, t):
Z
1
Φij (k, t) =
Qij (r, t)e−ik·r d3 r
(2π)3 V
essa prende il nome di tensore spettrale della turbolenza omogenea. Naturalmente la trasformata inversa è
Z
Qij (r, t) = Φij (k, t)eik·r d3 k
Il tensore Φij è Hermitiano:
Φji (k, t) = Φ∗ij (k, t)
dove (·)∗ indica il numero complesso coniugato. Ciò è conseguenza del fatto che
Qij (−r, t) = Qji (r, t)
La relazione di incomprimibilità si traduce in
∂Qij
=0
∂ri
⇒
ki Φij = 0
4.4. TENSORE SPETTRALE DELLA TURBOLENZA OMOGENEA
∂Qij
=0
∂rj
⇒
55
kj Φij = 0
L’energia cinetica turbolenta è legata alle componenti diagonali di Φij . Infatti
Z
1
1
E(t) = Qii (0, t) =
Φii (k, t) d3 k
2
2
Introduciamo ora gli spettri. Poniamo
1
4πr 2
e ij (r) =
Q
Z
Qij (r) dσ
S(r)
dove per comodità di notazioni abbiamo omesso la variabile temporale (sarà sottintesa da ora
e ij (r) è perciò il valore medio di
in avanti); S(r) è la sfera di raggio r centrata nell’origine. Q
Qij per due punti posti a distanza r. Definiamo lo spettro nello spazio di Fourier:
Z
e
Φij (k) dσ
Φij (k) =
S(k)
eij (k)dk è il contributo all’integrale del tensore spettrale a due punti per numeri d’onda di
Φ
ampiezza compresa tra k e k + dk.
e ij (r) e Φ
eij (k) sono legate dalle due relazioni seguenti:
Q
e ij (r) =
Q
eij (k) = 2
Φ
π
Z
+∞
0
Z
+∞
0
eij (k) sin kr dk
Φ
kr
eij (r)kr sin kr dr
Q
(4.24)
(4.25)
e ij (r) e Φeij (k) sono trasformate di seni l’una dell’altra. Dimostriamo
Ossia le due funzioni r Q
k
la (4.24):
Z
Z
Z
Z
Z
1
1
1
ik·r 3
3
e
Qij (r) =
Φij (k)e
d k=
dσeik·r
Qij (r) dσ =
dσ
Φij (k) d k
4πr 2 S(r)
4πr 2 S(r)
4πr 2 V
V
S(r)
Calcoliamo l’integrale interno:
Z
Z
dσeik·r =
S(r)
2π
dφ
0
Cambiamo variabile: u = cos θ:
Z
Z
dσeik·r = 2πr 2
S(r)
Pertanto
e ij (r) =
Q
=
Z
0
Z
+∞
1
−1
Z
π
sin θ dθr 2eikr cos θ
0
r
dueikru = 4π sin kr
k
Z
Z +∞
sin kr
sin kr 3
Φij (k)
dk
d k=
dσ =
kr
kr
S(k)
0
Z +∞
Z
sin kr
eij (k) sin kr dk
Φ
Φij (k) dσ =
dk
kr
kr
0
S(k)
Φij (k)
56
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
La dimostrazione della (4.25) è del tutto simile.
Definiamo ora lo spettro di energia nello spazio di Fourier:
Z
1e
1
E(k) = Φii (k) =
Φii (k) dσ
2
2 S(k)
(4.26)
Vale la seguente proprietà:
E=
Z
+∞
E(k) dk
0
dove E è l’energia cinetica totale. Infatti:
Z +∞
Z
Z
Z
1 +∞ e
1 +∞
E(k) dk =
Φii (k) dk =
Φii (k) dσ dk
2 0
2 0
0
S(k)
Z
Z
1
1
3
d kΦii (k) =
d3 kΦii (k)eik·r con r = 0
=
2
2
1
1
= Qii (0) = hvi (x)vi (x)i = E
2
2
La quantità R(r) definita in (4.15), nel caso isotropo può essere scritta come R(r) =
1 e
2 Qii (r), infatti
Z
Z
1
Qii (r)
e
Qii (r) =
Qii (r) dσ =
dσ = Qii (r)
4πr 2 S(r)
4πr 2 S(r)
La contrazione sugli indici delle relazioni (4.25) e (4.24) fornisce allora delle relazioni che
legano E(k) e R(r):
Z +∞
sin kr
dk
(4.27)
E(k)
R(r) =
kr
0
Z
2 +∞
R(r)kr sin kr dr
(4.28)
E(k) =
π 0
Il tensore spettrale Φij può essere calcolato a partire dal tensore di correlazione della
trasformata di Fourier delle componenti della velocità. Posto
Z
1
vi (x)e−ik·x d3 x
vbi (k) =
(2π)3
si ha infatti:
Φij (k)δ(k − k′ ) = vbi∗ (k)b
vj (k′ )
(4.29)
dove δ(k) indica la delta di Dirac. Da ciò si vede che nello spazio di Fourier non c’è correlazione
tra grandezze valutate per vettori d’onda diversi. Dimostriamo ora la (4.29):
Z Z
1
′ ′
∗
′
vi (x)vj (x′ )ei(k·x−k ·x ) d3 xd3 x′
vbi (k)b
vj (k ) =
6
(2π)
Poniamo x′ = x + r e applichiamo l’operazione di media d’insieme all’equazione precedente:
Z Z
∗
1
′
′
′
vbi (k)b
vj (k ) =
vi (x)vj (x′ ) ei(k−k )·x e−ik ·r d3 x d3 r
6
(2π)
4.4. TENSORE SPETTRALE DELLA TURBOLENZA OMOGENEA
57
In virtù dell’omogeneità hvi (x)vj (x′ )i dipende da r ma non da x e lo si può portare fuori
dall’integrale in d3 x:
Z
Z
∗
−ik′ ·r
1
′
′
3
′
vbi (k)b
vj (k ) =
d r vi (x)vj (x ) e
ei(k−k )·x d3 x
6
(2π)
L’integrale interno è semplicemente (2π)3 δ(k − k′ ), e il risultato segue direttamente.
In modo analogo agli spettri di velocità definiamo gli spettri per la vorticità:
Z
1
−ik·r 3
′
Zij (k, t) =
Ω
(r,
t)e
d
r,
Ω
=
ω
(x)ω
(x
)
ij
ij
i
j
(2π)3 V
eij (k) =
Z
Z
1
Z(k) = Zeii (k)
2
Zij (k) dσ,
S(k)
Z(k) è chiamato lo spettro di enstrofia. Definiamo anche l’enstrofia totale
Z=
Risulta:
1
hωi (x)ωi (x)i
2
1
Z = Ωii (0) =
2
Z
+∞
Z(k) dk
0
Lo spettro di enstrofia e quello di energia sono legati dalla relazione:
Z(k) = k2 E(k)
Per dimostrarlo partiamo dalla (4.22) e operiamo la trasformata di Fourier::
ki kj
2
2
Zij = −ki kj Φll − k Φji + δij k Φll = δij − 2 k2 Φll − k2 Φji
k
Contraendo gli indici otteniamo:
Zii = k2 Φii
Pertanto
eii = k2 Φ
eii
Z
Mostriamo adesso che il tensore spettrale nel caso di turbolenza omogenea ed isotropa si scrive
in generale come
iH(k)
E(k)
Πij +
ǫijn kn
(4.30)
Φij (k) =
2
4πk
8πk4
dove E(k) è lo spettro di energia e H(k) è lo spettro di elicità (quest’ultimo si annulla se la
kk
turbolenza è invariante per riflessione). Il tensore Πij = δij − ki 2j viene chiamato tensore di
proiezione poiché gode della proprietà che dato un qualsiasi vettore a, il vettore bi = Πij aj è
perpendicolare a k.
Per dimostrare la (4.30) scomponiamo il tensore Φij in una parte simmetrica ΦSij e una
antisimmetrica ΦA
ij :
S
Φij = ΦA
ij + Φij ,
1
ΦA
ij = (Φij − Φji ),
2
1
ΦSij = (Φij + Φji )
2
58
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
Quella simmetrica è reale mentre quella antisimmetrica è immaginaria. Infatti:
1 ∗
1
∗
A
ΦA∗
⇒ Re(ΦA
ij = (Φij − Φji ) = (Φji − Φij ) = −Φij
ij ) = 0
2
2
1
1 ∗
∗
S
⇒ Im(ΦSij ) = 0
ΦS∗
ij = (Φij + Φji ) = (Φji + Φij ) = Φij
2
2
La forma più generale di un tensore antisimmetrico immaginario a due indici è
ΦA
ij = iǫijk ak
con a vettore reale. A causa dell’incomprimibilità:
1
ki ΦA
ij = (ki Φij − ki Φji ) = 0
2
Pertanto
ki ǫijn an = 0 ⇒ a×k = 0
I due vettori a e k sono dunque paralleli: a = h(k)k e
ΦA
ij = iǫijl h(k)kl
(4.31)
La funzione h(k) è uno pseudoscalare (ossia cambia segno per riflessione) legato all’elicità.
b
b
Precisamente mostriamo che h(k) = H(k)
2k 2 dove H è la trasformata di Fourier dell’elicità.
Infatti sappiamo che
∂Qin
H(r) = hωi (x)vi (x + r)i = ǫijn
∂rj
Operiamo la trasformata di Fourier:
b
H(k)
= iǫijn kj Φin
(4.32)
Calcoliamo la quantità ǫnij kn ΦA
ij usando prima (4.32) e poi (4.31):
b
b
b
1
1
1
H(k)
H(k)
H(k)
ǫnij kn ΦA
−
=−
ij = ǫnij kn (Φij − Φji ) = − ǫinj kn Φij − ǫjni kn Φji = −
2
2
2
2i
2i
i
2
ǫnij kn ΦA
ij = iǫnij ǫijp kn kp h(k) = 2iδnp kn kp h(k) = 2ik h(k)
Il confronto tra questi due risultati mostra che
b
H(k)
= 2k2 h(k)
Occupiamoci adesso della parte simmetrica del tensore Φij . La forma più generale è data
dalla (4.20):
ΦSij = b(k)δij + c(k)ki kj
Imponiamo l’incomprimibilità:
ki Φsij = 0
Pertanto
=⇒
b(k)
k2
ki kj
= b(k) δij − 2
= b(k)Πij
k
Ricaviamo l’espressione di b(k) in funzione dello spettro di energia:
Z
Z
1e
1
1
E(k) = Φii (k) =
Φii (k) dσ =
2b(k) dσ = 4πk2 b(k)
2
2 S(k)
2 S(k)
ΦSij
c(k) = −
4.5. CORRELAZIONI TRIPLE A DUE PUNTI
4.5
59
Correlazioni triple a due punti
Definiamo il tensore delle correlazioni triple a due punti di velocità:
Sijk (r) = hvi (x)vj (x)vk (x + r)i
Notiamo che esiste un solo tipo indipendente di correlazioni triple a due punti. Ad esempio
si vede subito che il tensore
′
(r) = hvi (x)vj (x + r)vk (x + r)i
Sijk
è funzione di Sijk :
′
Sijk
(r) = Sjki (−r)
Nel caso di turbolenza statisticamente invariante per riflessioni si ha:
Sijk (r) = −Sijk (−r)
Infatti
Sijk (r) = hvi (x)vj (x)vk (x + r)i = h[−vi (−x)][−vj (−x)][−vk (−x − r)]i =
= − hvi (−x)vj (−x)vk (−x − r)]i = −Sijk (−r)
e da ciò si deduce che Sijk (0) = 0.
La forma più generale del tensore Sijk nel caso di turbolenza invariante per riflessioni è
data dalla (4.21) con l’aggiunta del fatto che Sijk è simmetrico rispetto ai due primi indici:
Sijk (r) = A(r)ri rj rk + B(r)(ri δjk + rj δik ) + C(r)δij rk
Imponendo la solenoidalità del campo di velocità si mostra che Sijk (r) dipende da una
sola funzione scalare. Definiamo
K(r) = S111 (r î)
(4.33)
si mostra che
Sijk (r) =
K − rK ′
2K + rK ′
K
r
r
r
+
(ri δjk + rj δik ) − δij rk
i
j
k
2r 3
4r
2r
(4.34)
La funzione scalare K(r) è legata alla funzione di struttura longitudinale di ordine 3:
k
S3 ≡ [vk (x + r) − vk (x)]3 = 6K(r)
4.6
(4.35)
La dinamica nello spazio reale: l’equazione di KàrmànHowarth
L’equazione di Kàrmàn-Howarth riguarda l’evoluzione delle correlazioni a due punti di velocità
per la turbolenza omogenea ed isotropa. Per un campo turbolento in decadimento, ossia senza
forzanti esterne si ottiene:
∂R
= Γ (r) + 2ν∆R
(4.36)
∂t
60
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
dove
1 ∂ 1 ∂(r 4 K)
Γ (r) = 2
2r ∂r r ∂r
(4.37)
∂vi
∂
∂p
+
(vk vi ) = −
+ ν∆vi
∂t
∂xk
∂xi
(4.38)
∂
∂
r 2 ∂r
mentre R e K sono definite
e ∆ è l’operatore laplaciano in simmetria sferica: ∆ = r12 ∂r
in (4.15) e (4.33). Per dimostrare la (4.36) partiamo dalle equazioni di Navier Stokes scritte
per le variabili v = v(x) e p = p(x) e per le variabili v ′ = v(x′ ) e p′ = p(x′ ) (con x′ = x + r):
∂vj′
∂
∂p′
+ ′ (vk′ vj′ ) = − ′ + ν∆′ vj′
∂t
∂xk
∂xj
E
D
Consideriamo l’equazione (4.38)vj′ + (4.39)vi e sfruttiamo il fatto che
∂
∂x′k
=
∂
∂rk :
(4.39)
∂
∂xk
= − ∂r∂k e che
∂Qij
∂ ′ ′
∂ ′
∂ ′
∂ ′ −
vj vk vi +
vi vk vj =
pvj −
p vi + 2ν∆Qij
∂t
∂rk
∂rk
∂rk
∂rk
∂
∂
∂ ′
∂ ′ ∂Qij
−
Sikj +
Sjki(−r) =
pvj −
p vi + 2ν∆Qij
∂t
∂rk
∂rk
∂rk
∂rk
D E
Mostriamo ora che i termini di pressione pvj′ e hp′ vi i si annullano; in virtù dell’isotropia la
forma più generale possibile per un generico vettore hAi (r)i è hAi i = A(r)ri (cf. (4.19)). Se
i
Ai è solenoidale allora ∂Ar
∂ri = 0 e pertanto
r
dA
+ 3A = 0
dr
Da ciò si deduce che A = αr −3 ; se hAi i non diverge nell’origine deve essere A(r) = 0 e dunque
hAi i = A(r)ri = 0.
Sfruttiamo il fatto che Sjki (−r) = −Sjki (r):
∂Qij
∂
−
(Sikj + Sjki ) = 2ν∆Qij
∂t
∂rk
(4.40)
Operiamo la contrazione sugli indici i e j:
∂Qii
∂Siki
−2
= 2ν∆Qii
∂t
∂rk
Dall’espressione (4.34) ricaviamo:
Siki
rK ′ + 4K
rk ,
=
2r
∂Siki
1 d
= 2
∂rk
2r dr
1 d(r 4 K)
r dr
e la (4.36) segue direttamente. La (4.36) può essere scritta in
struttura:
!
k
k
∂ r4 k
∂
r 4 ∂S2
∂S
−
S
= −ν
−
r4 2 +
2 ∂t
∂r 6 3
∂r
∂r
termini delle funzioni di
2 4
r ǫ
3
(4.41)
4.7. LA DINAMICA NELLO SPAZIO DI FOURIER
61
2
dove ǫ = − dE
dt è la potenza dissipata. Infatti moltiplichiamo la (4.36) per r e sfruttiamo la
relazione (4.16):
1 ∂ ∂u2 r 3 f
1 ∂ 1 ∂r 4 K
∂
2 ∂R
−
= 2ν
r
(4.42)
2 ∂r ∂t
2 ∂r r ∂r
∂r
∂r
Notiamo che
u2 ∂
=
r
∂r
2r ∂r
2 ∂R
4 ∂f
r
∂r
Sostituendo in (4.42) e moltiplicando per 2r otteniamo:
∂u2 r 4 f
∂r 4 K
∂
−
= 2νu2
∂t
∂r
∂r
r
4 ∂f
∂r
(4.43)
2
2
Notiamo che u2 = 32 E e che ∂u
∂t = 3 ǫ. La relazione (4.41) segue direttamente usando le
(4.35), (4.16) e (4.17).
Nel caso di turbolenza statisticamente stazionaria le equazioni (4.38) e (4.39) non contengono le derivate temporali ma bisogna aggiungere la forzante f a secondo membro. la (4.40)
diventa
∂
−
(Sikj + Sjki ) = 2ν∆Qij + fi vi′ + fi′ vi
∂rk
La forzante viene supposta agire a grande scala; per valori sufficientemente piccoli di r abbiamo allora hfi′ vi i ≃ hfi vi i = ǫ e analogamente hfi vi′ i ≃ hfi′ vi′ i = ǫ. Dopo qualche passaggio
otteniamo l’equazione analoga della (4.41):
!
k
∂S
2
∂
∂ r4 k
r4 2 + r4ǫ
S3 = −ν
−
∂r 6
∂r
∂r
3
Questa equazione (4.41) può essere integrata in r e fornisce una relazione molto utile, l’equazione
di Kolmogorov :
k
∂S2
4
k
6ν
= ǫr + S3
(4.44)
∂r
5
4.7
La dinamica nello spazio di Fourier
L’equazione di Navier-Stokes nello spazio di Fourier è:
∂b
vi
+ ikj vd
b − νk2 vbi
i vj = −iki p
∂t
dove il cappuccio indica la variabile trasformata secondo Fourier. L’equazione di continuità
fornisce ki vbi = 0. Proiettiamo l’equazione nel piano ortogonale a k, applicando il proiettore
kk
Πij = δij − ki 2j :
∂
i
2
+ νk vbi = −iΠij kn vd
j vn
j vn = − Pijn vd
∂t
2
dove Pijn = Πij kn + Πin kj . Siccome
Z
Z Z
3
vd
vbj (p)b
vn (k − p) d p =
vbj (p)b
vn (q)δ(p + q − k) d3 p d3 q
j vn =
62
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA
si vede che alla variazione dell’armonica k contribuiscono solo i modi con p e q tali che
p + q = k. L’interazione può essere locale, quando coinvolge scale di movimento simili
(|p| ∼ |q| ∼ |k|), oppure non locale, quando uno dei tre vettori d’onda della triade è molto
più corto degli altri due, cioè quando nell’interazione è coinvolta una scala più grande delle
altre: in quest’ultimo caso vi può essere uno scambio energetico non locale.
4.8
Equazione di evoluzione per lo spettro di energia
Ci proponiamo di ricavare una equazione di evoluzione per lo spettro di energia. Operiamo
nel seguente modo sull’equazione di Kàrmàn-Howarth (4.36):
2
π
Z
+∞
(4.36) kr sin kr dr
0
Sfruttando la relazione (4.28) dopo qualche passaggio otteniamo:
∂E(k)
= T (k) − 2νk 2 E + ǫ(k)
∂t
dove
T (k) =
2
π
Z
(4.45)
+∞
Γ (r)kr sin krdr
0
e Γ (r) è definita in (4.37). T (k) proviene dal termine convettivo dell’equazione di NavierStokes ed è chiamata funzione di trasferimento. ǫ(k) è la dissipazione di energia proveniente
dalla forzante esterna. Risulta
Z
+∞
T (k)dk = 0
0
Infatti:
Γ (r) =
e quindi
Γ (0) = lim
Z
r→0 0
ma
Z
+∞
T (k)
0
+∞
T (k)
sin kr
dk
kr
sin kr
dk =
kr
Z
+∞
T (k)dk
0
4K
7
r
+ K ′ + K ′′
r→0 r
2
2
Γ (0) = lim
e il limite vale 0 poiché K(0) = K ′ (0) = 0.
T dunque trasferisce l’energia ma non la crea né la distrugge. Integrando la (4.45)
otteniamo:
Z +∞
Z
d +∞
k2 Edk + ǫ
E(k)dk = −2ν
dt 0
0
da cui si vede che la dissipazione di energia è pari a 2νZ, dove Z = 12 ω 2 è l’enstrofia media.
Il bilancio energetico attraverso il numero d’onda k viene ottenuto integrando l’equazione
di evoluzione dello spettro di energia tra 0 e k:
∂
∂t
Z
k
0
E(q, t) dq −
Z
0
k
T (q, t) dq = −2ν
Z
0
k
2
q E(q, t) dq +
Z
0
k
ǫ(k) dk
4.8. EQUAZIONE DI EVOLUZIONE PER LO SPETTRO DI ENERGIA
vale a dire
∂
∂t
Z
0
k
E(q) dq + Πk = −2ν
Z
k
2
q E(q, t) dq +
0
Z
63
k
ǫ(k) dk
(4.46)
0
dove Πk è il flusso di energia ed è legato al trasferimento T (k) dalla relazione
T (k) = −
∂Πk
∂k
Osserviamo infine che il tasso di dissipazione dell’energia per unità di massa
Z ∞
k2 E(k, t) dk
ǫ = 2ν
0
presenta un fattore k2 nell’integrale: questo significa che il contributo delle piccole scale
risulta prevalente. Se inoltre consideriamo l’equazione della quantità di moto senza forzante
nel limite dei k grandi, risulta prevalere il termine viscoso (∼ k2 ) rispetto a quello convettivo
(∼ k), riducendosi cosı̀ a
∂
+ νk2 vbi (k, t) = 0
∂t
La soluzione si calcola immediatamente:
vbi (k, t) = vbi (k, 0)e−νk
2t
essa indica che la velocità delle piccole scale turbolente decade esponenzialmente con un tempo
caratteristico pari a 1/(νk 2 ).
64
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE STATISTICA DELLA TURBOLENZA