Torna il burlesque degli anni Venti Nella terra dei
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Torna il burlesque degli anni Venti Nella terra dei
16:35 Pagina 1 STORIE CATTIVE DELLA SCOZZESE MURIEL SPARK ISTRUZIONI PER RICONOSCERE IL MASCHIO CAPRICCI E AVVENTURE AI TEMPI DI LUIGI XIV Cabbala e falsi messia Quei meschini uomini senza moglie Autobiografia erotica sentimentale L’errore come vocazione a storia dell’ebraismo è costellata di falsi messia. Lo scrittore Chaim Potok (New York 1929-2002) ha affrontato l’argomento con piglio narrativo e con esattezza storiografica. Risultato: un reportage millenario di grande fascino. Siamo a metà del 1600, e tra i rabbini, soprattutto dell’Europa orientale cominciò un periodo di Gunther Anders effervescenza e di Storia degli ebrei confusione religiosa. Garzanti 543 PAG. 15 EURO Un cosacco di nome Chmielnicki guidò una ribellione di massa contro i ricchi e nobili polacchi, e gli ebrei videro in quelle sommosse l’occasione di riscatto dopo secoli in cui il clero cristiano puntava il dito contro la loro “natura demoniaca”. Ci fu sangue, non libertà Molti ebrei si affidarono alla Cabbala, consapevoli che tutto, Dio compreso, fosse ormai mandato in esilio (destino eterno dei giudei). Spuntò un singolare personaggio, Shabbetai Zevi, giovane rabbino di Smirne che passava frequentemente dalla depressione all’euforia e ostentava la disobbedienza alla Torah. Partì per la Terra Santa, e da vagabondo predicò “il proibito”. Le sue parole galvanizzarono le comunità ebraiche avvilite da anni e anni di vergogna e peregrinazioni. Il messia dava speranza, malgrado la sua scandalosa vita da eterosessuale e omosessuale. Fu processato a Costantinopoli. Gli fu concessa la scelta: o la morte o la conversione all’Islam. Optò per l’Islam. Su di lui calò il silenzio, ma molti ne scrissero il profilo. In attesa di altri messia: figure controverse e imbarazzanti per l’ortodossia. Pier Mario Fasanotti vviliti, sterili, privi di fantasia. Si muovono indolenti nel sottobosco sordido di una Londra spietata; fanno combutta e si difendono dagli attacchi delle signorine; dispongono di un capitale sentimentale limitato che impiegano, per la maggior parte, nella preservazione ossessiva di se stessi. Sono gli scapoli di Muriel Muriel Spark Spark. La gran dama Gli scapoli della letteratura Adelphi 248 PAG. 18 EURO scozzese, ad un anno e mezzo dalla scomparsa, scaglia a distanza stilettate contro un certo universo maschile. Un modello narrativo corale che dispone a raggiera diverse storie, con protagonisti i senza moglie, divisi tra il coraggio di una scelta orgogliosa e la A Narrativa Religione 23 SETTEMBRE 2007 ❖ DOMENICA LA STORIA DEGLI EBREI SCRITTA DA CHAIM POTOK L ’ultimo libro di Berarda del Vecchio è un excursus autobiografico attraverso i ricordi e le proprie esperienze eroticosentimentali. La ricerca dell’«uomo profiterole» (ovvero dell’uomo «che sia bono, dolce e con le palle»), mitigata nel corso degli anni dalla consapevolezza che «anche il miglior lavoro di pasticceria umana richiede dei Berarda Del Vecchio compromessi», è L’Inutile Seduttore l’occasione per Castelvecchi editore 144 PAG. 10 EURO l’elaborazione dello «sdraiami-pensiero». La prima parte del libro si apre con l’esplicazione dello sdraiami-pensiero da lei selvaggiamente rivendicato a un fidanzato un po’ troppo ripiegato su sé stesso, sulle sue paure e debolezze. Un monologo divertentissimo. A esso seguono L schegge di verità sottoforma di simpatici aforismi ovvero i corollari dello «sdraiami concept» tratti dalle sue tragicomiche esperienze con l’altro sesso quali: «il maschio deve esercitarsi in uno sforzo determinato, progressivo e costante per farsela dare; rifuggi dall’ uomo che non sa quello che vuole, o non sa dirlo, perché costui non è un uomo, ma piuttosto una femmina pelosa; se una ti piace e non ci provi dopo cinque secondi, almeno sforzati di farla ridere». Segue il bestiario umano dei più o meno fidanzati dell’autrice, una carrellata di adultescenti(uomini anagraficamente adulti, ma con modalità di esplicazione della personalità adolescenziali). Il giro di vite si chiude e con esso anche il libro con il felice incontro con il suo attuale fidanzato. A dimostrazione del fatto che alla fine la realtà si inchina alla fantasia. Nunzia Garoffolo iamo in Francia alla fine del XVII secolo, nel periodo del regno di Luigi XIV, sovrano tanto annoiato quanto incontentabile nei suoi assurdi capricci. La storia avventurosa che Il serraglio di Versailles racconta è quella del Marchese Charles de Dunan il cui unico impegno nella vita è quello di cercare di attirarsi i favori del re. Quando scopre la nuova passione di Frédéric Richaud Il serraglio Luigi XIV per gli di Versailles animali esotici, il Ponte Alle Grazie Marchese dapprima, 153 PAG. 13 EURO con l’aiuto di un imbalsamatore dilettante, cerca di arricchire la collezione di animali esotici del re, ma il tentativo fallisce miseramente. Decide allora di organizzare un viaggio alla volta dell’Africa nera per catturare quanti più animali selvaggi possibili per il serraglio S di Versailles. Il marchese e i suoi compagni di viaggio si imbarcano su una “carretta” scricchiolante e maleodorante per affrontare la lunghissima traversata. Il racconto del viaggio, delle imprese in terra d’Africa e dell’avventurosissima traversata di ritorno è denso delle vicende picaresche dei personaggi, gelosie, sogni di gloria, avventure erotiche, e di fantasiose e strampalate teorie politiche e antropologiche. Charles de Dunan possiede quella che si definisce “vocazione all’errore” e proprio l’infelice scelta di come presentare i suoi doni al re, segnerà il triste epilogo della sua eroica impresa. Il mondo che l’autore dipinge in questo elegante e raffinato romanzo è solo in apparenza fantasioso e lontano da noi, è una storia che ci dimostra quanto labile sia il confine tra l’uomo e la bestia. Donatella Delfino CINEMA CARTONI ANIMATI Nella terra dei tulipani si inventano nuove città Il vibrante racconto di Consuelo Suncin Sandoval, moglie di Antoine Saint-Exupery, della sua vita con lo scrittore pilota: la morte sempre in agguato, il successo letterario, le improvvise bizze infantili, i tradimenti. Fino all’aereo tedesco che lo abbatte di CLAUDIA CONFORTI l 14 maggio 1940 i bombardieri nazisti radono al suolo Rotterdam: è il remoto, funesto antefatto della rinascita della città, dagli anni Ottanta laboratorio tra più vivaci e sorprendenti dell'architettura. L'Olanda gode di una salda tradizione moderna, che ha la pietra angolare nell'architetto Hendrik Pieter Berlage (18561934), magistrale concertatore di architettura e urbanistica nello sviluppo di Amsterdam. Di conseguenza i primi passi della ricostruzione di Rotterdam, e delle altre città olandesi distrutte dalla guerra, sono guidati dalla tradizione modernista, funzionalista e razionale. Tuttavia, nonostante l'impeccabile controllo urbanistico e l'attenta pianificazione edilizia, Rotterdam appare, agli inizi degli anni Ottanta, più simile a un agglomerato periferico che alla rilucente prefigurazione di una città futura. Proprio il deludente esito della ricostruzione, perseguita in continuità con la tradizione, prepara il terreno per i formidabili cambiamenti che, a partire dagli anni Ottanta, rinnovano la concezione olandese dell'architettura e della città. Epicentro di questo terremoto culturale è la vulcanica e geniale personalità di Rem Koolhaas (1944), fondatore dello studio OMA (Office for Metropolitan Architecture) di Rotterdam, tra i più competitivi studi di progettazione europei, vincitore, tra gli altri, del concorso per i mercati generali di Roma. Formato da esperienze atipiche per un progettista - è giornalista e sceneggiatore cinematografico -, potenziate dalla familiarità con le più spericolate avanguardie artistiche, Koolhaas frequenta l'Architectural Association, mitica scuola di architettura di Londra, allora diretta da Alvin Boyarsky; collabora con Oswald Mathias Ungers alla Cornell University e con Peter Eisenman all'Istituto di architettura I di MASSIMO TOSTI onsuelo Suncin Sandoval, vedova di Enrique Gomez Carrillo, ricchissimo scrittore guatemalteco, conobbe Antoine de Saint-Exupéry a Buenos Aires nel 1929. Fu amore a prima vista, anche se passarono quasi due anni prima che i due si sposassero. Lei, Consuelo, nata in Salvador, era una giovane donna con due matrimoni alle spalle (anche il primo marito era morto): aveva ventotto anni, Saint-Ex uno di più. Lo chiamava Tonio (in spagnolo, la sua lingua madre). E lo descriveva così: «Tonio era di una bellezza romana. Quasi due metri dritti verso il cielo, eppure leggero come un uccello». Sembrava fatto apposta per volare. E proprio quello faceva. Era un aviatore, nei tempi in cui quel mestiere richiedeva grande fegato. Non era una vita semplice, quella, e Consuelo la raccontava così: «Ah, le mogli dei piloti! Non era facile né per gli uni né per le altre. Ci compativano e ci amavano. I nostri mariti avevano bisogno di vincere contro la notte, di toccare lo scalo perché noi aspettavamo. Il resto, la fatica, le ore di lotta contro il tempo imprevedibile, la nebbia, gli ordini stupidi dei capi che pretendevano che si buttasse via qualche litro di benzina per alleggerire il motore, nulla aveva importanza. ‘Se potessimo atterrare un quarto d’ora più tardi, ci salveremmo’, scriveva un pilota prima di cadere in acqua e annegare. Ma bisognava seguire gli ordini del campo. Salivano in quelle macchine come automi che vanno in guerra. La guerra contro la notte». L’unica cosa semplice era il ritorno: «Non si parlava di niente, si stava vivi. Si sarebbe ripartiti dopo cinque giorni. Ora era concesso mangiare e bere». Tutti, meno Antoine: «Tonio invece voleva leggere, Tonio voleva scrivere». Sposò la vedova di uno scrittore perché era un intellettuale anche lui. Non era ancora uno scrittore famoso, aveva soltanto l’ambizione di scrivere, ma lo sarebbe diventato, molto più geniale e famoso di Gomez Carrillo, di cui oggi si trova a stento una biografia di poche righe sulla Treccani. Consuelo ha lasciato una testimonianza straordinaria di quell’uomo. L’aveva tenuta per sé, in un manoscritto buttato giù nel corso dei quindici anni di travagliata vita in comune (fino alla morte di lui, nel 1944, quando il suo aereo – probabilmente colpito da un caccia tedesco – cadde in mare al largo della Corsica). Consuelo è morta a Parigi nel 1979. Quel manoscritto è stato ritrovato nel 1993 e pubblicato in Francia nel 2000. Ora esce in Italia, edito da Barbera, con il titolo Memorie della rosa, il manoscritto ritrovato. È un libro d’amore, una storia bellissima proprio perché complicatissima: «Mio Dio», si lascia andare Consuelo, «essere la moglie di un pilota è un mestiere; ma essere la moglie di uno scrittore è un sacerdozio». Soprattutto di uno scrittore come Saint-Ex, fisicamente forte, ma fragilissimo di carattere, soggetto a sbalzi d’umore spesso incomprensibili. Un bambino irrequieto, perennemente insoddisfatto di se stesso, che sapeva rovinare – scientificamente – la vita propria e di chi gli stava accanto. Fu comunque una vita spumeggiante. Circondati da amici molto speciali come Pablo Ricasso, André Derain, Max Ernst, Peggy Guggenheim, Greta Garbo, André Gide, Marlene Dietrich, Jean Gabin. In uno dei tanti traslochi, fu Marcel Duchamp a scegliere la tinteggiatura delle pareti. Ma fu anche disperante, nei lunghi periodi nei quali Tonio si rifiutava di parlare, o quando si trasferiva altrove con un’altra donna, pur giurando eterno amore a Consuelo, che era la sua musa. E lei fu la musa e l’angelo custode di Tonio fin dall’inizio, quando lo incoraggiò a scrivere, e gli dettò il titolo del suo primo successo, Volo di notte, che gli fruttò il Premio Femina, uno dei riconoscimenti di maggior prestigio in Francia. Lo fu quando lo curò dopo i gravi incidenti che lo restituivano a pezzi. Lo fu per la pazienza con la quale subiva la sua personalità schizofrenica. Fino a quando – dopo l’ennesimo tradimento – Consuelo decise che la misura era colma e si imbarcò a Le Havre su un battello con destinazione Puerto Barrios, in Guatemala. Era l’unica passeggera di quel battello, che l’armatore aveva deciso di trasformare in cargo, e fu a bordo che lei, la Rosa, seppe che il marito s’era schiantato con il suo aereo, riportando trentadue fratture di cui undici potenzialmente mortali. I chirurghi riuscirono ad aggiustarlo anche quella volta. Per portarlo sano all’appuntamento con la guerra. Congedandosi da lei per partire in missione si fece dare un fazzolettino per scriverci sopra il seguito del Piccolo Principe: «Alla fine della storia», le promise, «il Piccolo Principe offrirà questo fazzoletto alla Principessa. Non sarai più una rosa con le spine, sarai la principessa dei sogni che aspetta sempre il Piccolo Principe». Nella realtà la fiaba ha un altro finale. Ma l’ometto calato dall’asteroide B 612, nella sua saggezza, spiega la felicità con poche parole: «Da te gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino…e non trovano quello che cercano… E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua. Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore». La Rosa, sessant’anni dopo, ci ha regalato le sue memorie. disperazione sorda della solitudine maschia. Sono uomini piccoli, meschini. Privi di un grande disegno morale realizzabile nel dono di se stessi, si concentrano sulle bassezze della quotidianità, sui vizi e, qualche volta, su precisi orditi criminosi. La solitudine non è il risultato di una pienezza esistenziale, bensì il frutto di una scelta di maniera. E così troviamo il ciarlatano che mette in scena contatti con l’aldilà come copertura per i suoi fini; l’epilettico che nelle cure amorose di una donna vede solo la replica di un istinto materno tardivo e fugge; avvocati che se la spassano, bariste compiacenti, piccoli drammi soffocati da sbadigli. Manca un’eco morale in questo mondo mosso solo dall’egoismo maschile. Restano solo pallide controfigure di solitudine. Roberta Scorranese Architettura ❖ EFFERVESCENZA DI PROGETTI URBANISTICI NELLA PICCOLA OLANDA Quindici anni vissuti da musa C 5 4 DOMENICA ❖ 23 SETTEMBRE 2007 Storia 21-09-2007 Sociologia 04-qua-2309-Castelli L’uomo all’origine della rivoluzione in atto è Rem Koolhaas, fondatore dello studio OMA In pochi anni il “vento” è arrivato ad Amsterdam e nelle altre maggiori città Fra le nuove opere più significative c’è anche il Belvedere di Renzo Piano a Rotterdam Il lavoro più celebrato è la Biblioteca tecnica di Delft, ideata dal gruppo Mecanoo Simpson anti-ecologici E europeo, con decine di migliaia di visitatori all'anno, per i quali sono predisposti luoghi di informazione, una fiorente editoria, guide professionali poliglotte che illustrano le nuove parti di città e le loro rutilanti architetture. Motore istituzionale del processo è il NAI (Nederland Architetectuur Instituut), l'Istituto Olandese per l'Architettura che, fondendo il Centro di documentazione dell'architettura olandese, il Museo di architettura e il Centro studi per l'abitazione, in origine localizzati ad Amsterdam, dopo una aspra contesa tra la capitale e Rotterdam, si insedia in quest'ultima, nell'edificio costruito da Joe Coenen, vincitore nel 1988 del concorso. Il NAI sorge nel Museumpark, il parco dei musei, ritagliato nel cuore di Rotterdam da Koolhaas, che vi costruisce la Kunsthal, un poliedrico spazio espositivo, plasmato dal respiro sincopato della città. E' esorbitante l'elenco delle architetture del nuovo paesaggio olandese, ci limiteremo pertanto a una rapida selezione che va dalla torre Belvedere di Renzo Piano, al grattacielo Montevideo dei Mecanoo, al World Port Center di Norman Foster, al ponte Erasmus di Van Berkel a Rotterdam; dal macchinistico palazzo della ING House in Amsterdam alla stupefacente biblioteca dell'università tecnica di Delft, capolavoro indiscusso dei Mecanoo. Non tutte sono opere riuscite, anzi! Ma tutte, senza eccezione, attestano audacia e generosità intellettuale, partecipazione etica a un processo sociale istituzionalizzato e democraticamente condiviso. Sullo sfondo del fenomeno Olanda campeggiano elementi fondativi: un'università modernamente attrezzata e aperta al ricambio e al cambiamento; istituzioni pubbliche capaci di mettere in comune obbiettivi e risorse; soggetti privati -società, imprese, professionisti, costruttori- che scendono in campo senza scudi corporativi e privilegi neofeudali. e urbanistica di New York. Immersioni cosmopolite e metropolitane maturano nell'olandese una visione cruda, realistica e sconcertante del progetto. Sedotto dalla visionarità iconica e dilatata della Pop Art, dalle iperboli grafiche della pubblicità, dall'onirismo delle arti di strada, Koolhaas approda a teorizzazioni scheggiate e asistematiche, fortemente suggestive, che antepongono il programma agli aspetti formali e tipologici dell'architettura, alla continuità con la tradizione e con il contesto storico. Il progetto di architettura e di città abbandona programmaticamente la dimensione solitaria e individuale per tuffarsi nella regia turbinosa dell'esperienza. Delirious New York, pubblicato da Koolhaas nel 1978, è il manifesto di una strategia progettuale avida di "cortocircuiti associativi", instabile e mutevole come le voci della metropoli, luogo paradigmatico della congestione architettonica e figurale, laboratorio di un'alchimia arcana, che esorcizza il banale ascrivendolo al sublime. Il dinamismo propagandistico, la spregiudicatezza ideologica e l'attivismo a tutto campo di Koolhaas e del suo gruppo catalizzano le restie forze politiche e istituzionali del governo socialdemocratico e trascinano giovani architetti da tutto il paese, come il gruppo Mecanoo, Ben van Berkel (1957), Joe Coenen (1949), MVRDV e altri, fino a conferire all'architettura e all'urbanistica una condivisa centralità simbolica, politica e culturale. Nel volgere di pochi anni questo fenomeno materializza un paesaggio artificiale, ordito di architetture e di brani di città eccitanti e anticonvenzionali, che da Rotterdam dilagano a Delft, all'Aja, a Utrecht, ad Amsterdam. È una autentica rivoluzione culturale, che pone la minuscola Olanda al centro della galassia architettonica globale, facendone uno dei poli più attrattivi del turismo architettonico ravamo stati facili profeti nell’intuire che il film sui Simpson sarebbe stato uno dei titoli più accattivanti della stagione cinematografica hollywoodiana. La grottesca famiglia di cartone non delude i propri fan nel passaggio al grande schermo facendo leva sull’attualissimo tema dell’emergenza ambientale non rinunciando affatto alla scorrettezza politica che da sempre contraddistingue i suoi geniali autori. Perciò non manca la presa in giro del profeta autorizzato dell’ecologismo a stelle e strisce Al Gore, così come la stoccata alla scarsa attenzione che per l’argomento denotano i repubblicani (s’immagina che il futuro presidente degli States sia un ingessato e improbabile Schwarzenegger). E una volta tanto la trama non è il pretesto per un infilata di gag, ma il collante per situazioni narrative non prive di un certo sviluppo. Al centro della vicenda non può che esserci l’imbranato Homer che non trova di meglio che sbarazzarsi dei liquami del suo maialetto da compagnia riversandoli nel lago di Springfield appena depurato: è la classica goccia che fa traboccare il vaso e la cittadina viene inglobata in un’enorme cupola e messa sotto quarantena per gli insostenibili livelli di inquinamento. Ma Homer, nel solco della tradizione tutta americana del self made man, saprà riscattarsi e salvare la collettività, manco fossimo in un film di Frank Capra! Gusto per il paradosso e satira sociale si sprecano in un film indirizzato più agli adulti che ai bambini. Fabio Melelli I Simpson, Il film Di David Silverman Revival ❖ INTERVISTA A DITA VON TEESE, CHE OGGI E’ L’INDISCUSSA REGINA DEL RILANCIO DEL GENERE POLIZIESCO Un giallo con finale scontato Venezia si è fatto un gran discorrere del cinema italiano in crisi, incapace di decollare, coinvolgendo anche questo titolo in concorso. Sia chiaro, è un prodotto ben fatto. Ma essendoci tutti gli ingredienti giusti - un bravo regista, una storia forte tratta da un successo della narrativa gialla norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto), un cast d’eccezione per ricoprire anche ruoli minori, luoghi incantevoli l’aspettativa era alta. Invece, quest’omicidio misterioso di cui è vittima una bella e brava ragazza di provincia riesce a mantenere alta la suspense solo brevemente. Sono proprio le battute dei protagonisti a smontare immediatamente tutti i possibili moventi di un’umanità così normale da nascondere sempre qualche inconfessabile segreto, facendo convergere i sospetti in un’unica direzione. Insomma tutto il contrario di quello che dovrebbe fare un giallo alla Hitchkcock, ma, si sa, questo genere non è mai stato il forte del cinema italiano. Eppoi vietato attendersi sorprese dalla regia (Molaioli è al suo esordio dopo aver collaborato con Moretti, Mazzacurati, Luchetti e Calopresti): tutto prevedibile e didascalico. Segmentando il film sarebbe già una fiction bella e pronta. Questo è il guaio, che lamentano un po’ tutti a proposito del cinema italiano, e c’è poco da scandalizzarsi od offendersi. Peccato, tanto più che per una volta si era tentato di fare un’operazione intelligente e lungimirante cercando di promuovere il territorio attraverso forme di collaborazione tra gli enti locali (del Friuli) e la produzione cinematografica… Davvero peccato. Camilla De Nardis La ragazza del lago Regia di Andrea Molaioli Con Valeria Golino, Toni Servillo, Fabrizio Gifuni A DOCUMENTARIO Malasanità Usa e getta Torna il burlesque degli anni Venti di NUNZIA GAROFFOLO Per promuoverlo è stato creato un sito sul web e anche una boutique a Roma che offre perfino corsi di aggiornamento Il suo segreto? «Mantenere alta l’eccitazione», dice la regina ricontestualizzazione, adattamento di esperienze maturate in epoche passate. La moda, la musica e l’arte fino a pochi anni fa ha tratto notevole ispirazione dagli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Oggi invece tornano in auge gli anni Cinquanta e con essi la moda, le sonorità ed anche le forme di intrattenimento che hanno contraddistinto quell’epoca. E in quest’ultimo ambito l’esperienza americana è imprescindibile ieri come oggi. Redivivo torna il burlesque, genere di intrattenimento americano a metà strada tra il varietà e lo spogliarello. Nato sul finire dell’ Ottocento e destinato a un pubblico popolare, eminentemente maschile, il cui tratto saliente si desume dal nome stesso che tradotto in italiano significa “burlesco”. Il burlesque era uno spettacolo teatrale la cui sovversiva ironia sconfinava nella satira contro la classe dirigente. Con il passar del tempo lo spettacolo ha però perso gran parte del suo carattere sovversivo. L’ artista di burlesque ha iniziato a parlar di meno ed a esibirsi per ciò che era, una donna, la cui fisicità era enfatizzata dai costumi, divenuti, per la gioia del pubblico, ancor più succinti. Epurato dell’ elemento di teatralità il burlesque è decaduto sul finire degli anni Venti. Ha avuto un nuovo breve guizzo a ridosso del secondo conflitto mondiale, per poi scomparire definitivamente, lasciando il posto ad altre ben R distinte forme di intrattenimento più o meno politically correct ovvero al varietà ed allo spogliarello. A partire dagli anni ’90, il burlesque è tornato nuovamente in auge in America e la tendenza è approdata anche in Italia. Esiste infatti un sito web, www.burlesqueitalia.it, creato da Attilio Reinhardt che si propone lo scopo di promuovere il burlesque in Italia ed è stata anche creata Zou Zou, una boutique di abbigliamento, accessori e letteratura burlesque, che si trova nel centro storico di Roma, a Piazza Navona, dove si possono perfino seguire dei corsi di burlesque, strutturati in workshop, tenuti dalla famosa artista italo-canadese Cecilia Bravo. La rinnovata persuasività del burlesque, fenomeno di costume oltrechè genere di intrattenimento, è senza dubbio da ascriversi alla conclamata fama della sua regina, Dita Von Teese. Già famosa, ancor prima del matrimonio e recente divorzio con la contestata, satanica rock-star Marilyn Manson. Acclamata dagli stilisti più famosi che fanno a gara per averla come modella, benchè non vada oltre il metro e sessanta. Dita Von Teese è una vera icona glamour. Una diva di altri tempi eppure estremamente contemporanea la cui intelligenza e volontà di ferro sprizza da tutti i pori. E ciò si evince dalla breve intervista che segue, da lei rilasciata recentemente a Senigallia, dove si è esibita (nell’ ambito del Summer Jamboree Festival,) regalando al pubblico italiano ben tre sfavillanti performance: la giostra, la danza con i ventagli ed il bagno nel bicchiere di Martini. Ha scelto da sola il suo nome d’arte? Non proprio. Ho scelto il nome “Dita Von Treese”, ma la rivista Playboy per cui ho posato per la prima volta nel 1995, lo ha erroneamente trascritto come Dita Von Teese che ho poi mantenuto. Quando e perché ha deciso di esibirsi in spettacoli burlesque? Agli inizi degli anni ’90. Vestivo in stile vintage ed avevo letto molto sulle pin-up e sulle dive di Hollywood. Dopo aver scoperto che la maggior parte delle pin-up negli anni ’30 e ’40 erano ballerine di burlesque, da ballerina quale ero, mi è sembrato naturale riportare in vita quest’arte. Dove e quando si è esibita per la prima volta? Non ricordo. Mi sono esibita in diversi locali, strip-club, fetish-club e locali underground. Presumibilmente il mio primo spettacolo burlesque risale al 1995. Quali sono gli ingredienti di uno spettacolo burlesque? La bellezza dei costumi, della scenografia nonché la bellezza, l’eleganza, la personalità e il talento dell’artista. E’ comunque altrettanto importante non riproporre mere repliche degli spettacoli del passato, ma inserire in esso anche opo Bowling at Columbine e Fahrenheit 9/11, in Sicko Michael Moore attacca la sanità americana. E di nuovo ci dice qualcosa che già sappiamo, ma questa volta il quadro che appare è più sconcertante. Negli Usa 47 milioni (il 16 per cento della popolazione), tra cui 9 milioni di bambini, non hanno assicurazione sanitaria. Così negli ospedali vieni buttato fuori, messo in un taxi (quello sì pagato) e scaricato su un marciapiede. Chi invece ha l’assicurazione deve scontrarsi con potenti compagnie che decidono se, e quanto, risarcirti. Chi ci lavora segue la formula: più bocci, più guadagni. E quando, con la base di Star Wars, scorre sullo schermo l’elenco delle malattie senza copertura assicurativa si ride amaro. I casi mostrati sono agghiaccianti: dalla madre di famiglia (assicurata) che ha visto morire la figlia di 5 anni perché l’ospedale (più vicino) non era convenzionato, fino all’artigiano che, dopo essersi reciso due dita, ha dovuto scegliere quale farsi riattaccare (quello più economico): l’anulare (12mila dollari) o il medio (60mila). A questo punto inizia un confronto con altri Paesi, casualmente nemici storici degli Stati Uniti. In Canada la sanità è gratis per tutti. In Inghilterra c’è il rimborso spese per chi va in ospedale e i medici della mutua possono permettersi case di proprietà e macchine di lusso perché più curano, più guadagnano. In Francia l’assistenza è totale (inclusa la baby sitter gratuita che all’occorrenza diventa cameriera). A Cuba persino i terroristi di Al Qaeda, rinchiusi Guantanamo, hanno assistenza sanitaria. Nel regno di Fidel c’è almeno una farmacia ogni isolato e un inalatore, che in America costa 113 dollari, lo paghi 5 centesimi. Ed è qui che Moore porta a far curare i volontari di Ground Zero che dopo essere riconosciuti eroi ora sono dimenticati dal governo che li riconosce solo come “non dipendenti” dello Stato. Il j’accuse di Moore è fondato, ma lui stesso rischia di minarlo. Non riesce a evitare il solito tono sensazionalistico e la propaganda elettorale (tutto è nato con il repubblicano Nixon, mentre la democratica Hillary è una santa incompresa). Mostra i suoi punti deboli: non ama il contraddittorio e qui lo esclude completamente. Non è immune da errori: La Kaiser Permanente è vero che é stata la prima managed care ma, nata come organizzazione mutualistica per i lavoratori, è rimasta una delle poche Hmo no profit; nella classifica Oms (che mostra lui stesso) Cuba è dietro gli Usa. Anche se la cosa più sorprendente è l’Italia al secondo posto. Mario Accongiagioco Sicko Di Michael Moore D elementi nuovi. In che modo si esplica il talento dell’ artista burlesque? Nel riuscire a mantener alta l’eccitazione e al tempo stesso nel procrastinare il più possibile il momento dello spogliarello. Durante l’esibizione l’artista non deve sembrare che si stia sforzando di esser sexy, ma deve agire con estrema eleganza e naturalezza. Quanto contano per lei i costumi, li sceglie da sola? Contano tanto. Ogni costume vale circa 40.000 dollari. Quindi può ben immaginare che tenga ai miei costumi non soltanto per motivi sentimentali. Chi li disegna? La mia migliore amica Catherine D’Lish li realizza, ma li creiamo insieme. Una grande impresa per due donne! Cosa direbbe ad una giovane ragazza che dopo averla vista sul palcoscenico decidesse di diventare un’artista burlesque? La incoraggerei ad abbracciare lo spirito del burlesque, ma non necessariamente al fine di sceglierlo come lavoro. Esistono molti modi per vivere come una regina del burlesque senza tuttavia calcare il palcoscenico. La maggior parte delle mie fan comprende ciò. Un ritorno al fascino, all’eleganza nonché la valorizzazione della sensualità, è ciò che sopra ogni cosa spero di ispirare”.