Torna il burlesque degli anni Venti Nella terra dei

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Torna il burlesque degli anni Venti Nella terra dei
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STORIE CATTIVE DELLA SCOZZESE MURIEL SPARK
ISTRUZIONI PER RICONOSCERE IL MASCHIO
CAPRICCI E AVVENTURE AI TEMPI DI LUIGI XIV
Cabbala e falsi messia
Quei meschini uomini senza moglie
Autobiografia erotica sentimentale
L’errore come vocazione
a storia dell’ebraismo è costellata di falsi
messia. Lo scrittore Chaim Potok (New
York 1929-2002) ha affrontato
l’argomento con piglio narrativo e con
esattezza storiografica. Risultato: un reportage
millenario di grande fascino. Siamo a metà del
1600, e tra i rabbini, soprattutto dell’Europa
orientale cominciò
un periodo di
Gunther Anders
effervescenza e di
Storia degli ebrei
confusione religiosa.
Garzanti
543 PAG. 15 EURO
Un cosacco di nome
Chmielnicki guidò
una ribellione di massa contro i ricchi e nobili
polacchi, e gli ebrei videro in quelle sommosse
l’occasione di riscatto dopo secoli in cui il clero
cristiano puntava il dito contro la loro “natura
demoniaca”. Ci fu sangue, non libertà Molti ebrei
si affidarono alla Cabbala, consapevoli che tutto,
Dio compreso, fosse ormai mandato in esilio
(destino eterno dei giudei). Spuntò un singolare
personaggio, Shabbetai Zevi, giovane rabbino di
Smirne che passava frequentemente dalla
depressione all’euforia e ostentava la
disobbedienza alla Torah. Partì per la Terra Santa,
e da vagabondo predicò “il proibito”. Le sue
parole galvanizzarono le comunità ebraiche
avvilite da anni e anni di vergogna e
peregrinazioni. Il messia dava speranza, malgrado
la sua scandalosa vita da eterosessuale e
omosessuale. Fu processato a Costantinopoli. Gli
fu concessa la scelta: o la morte o la conversione
all’Islam. Optò per l’Islam. Su di lui calò il
silenzio, ma molti ne scrissero il profilo. In attesa
di altri messia: figure controverse e imbarazzanti
per l’ortodossia.
Pier Mario Fasanotti
vviliti, sterili, privi di fantasia. Si
muovono indolenti nel sottobosco
sordido di una Londra spietata; fanno
combutta e si difendono dagli attacchi
delle signorine; dispongono di un capitale
sentimentale limitato che impiegano, per la
maggior parte, nella preservazione ossessiva di
se stessi. Sono gli
scapoli di Muriel
Muriel Spark
Spark. La gran dama
Gli scapoli
della letteratura
Adelphi
248 PAG. 18 EURO
scozzese, ad un
anno e mezzo dalla
scomparsa, scaglia a distanza stilettate contro
un certo universo maschile. Un modello
narrativo corale che dispone a raggiera diverse
storie, con protagonisti i senza moglie, divisi tra
il coraggio di una scelta orgogliosa e la
A
Narrativa
Religione
23 SETTEMBRE 2007 ❖ DOMENICA
LA STORIA DEGLI EBREI SCRITTA DA CHAIM POTOK
L
’ultimo libro di Berarda del Vecchio è un
excursus autobiografico attraverso i ricordi
e le proprie esperienze eroticosentimentali. La ricerca dell’«uomo
profiterole» (ovvero dell’uomo «che sia bono,
dolce e con le palle»), mitigata nel corso degli
anni dalla consapevolezza che «anche il miglior
lavoro di pasticceria
umana richiede dei
Berarda Del Vecchio
compromessi», è
L’Inutile Seduttore
l’occasione per
Castelvecchi editore
144 PAG. 10 EURO
l’elaborazione dello
«sdraiami-pensiero».
La prima parte del libro si apre con l’esplicazione
dello sdraiami-pensiero da lei selvaggiamente
rivendicato a un fidanzato un po’ troppo
ripiegato su sé stesso, sulle sue paure e debolezze.
Un monologo divertentissimo. A esso seguono
L
schegge di verità sottoforma di simpatici aforismi
ovvero i corollari dello «sdraiami concept» tratti
dalle sue tragicomiche esperienze con l’altro sesso
quali: «il maschio deve esercitarsi in uno sforzo
determinato, progressivo e costante per farsela
dare; rifuggi dall’ uomo che non sa quello che
vuole, o non sa dirlo, perché costui non è un
uomo, ma piuttosto una femmina pelosa; se una
ti piace e non ci provi dopo cinque secondi,
almeno sforzati di farla ridere». Segue il bestiario
umano dei più o meno fidanzati dell’autrice, una
carrellata di adultescenti(uomini
anagraficamente adulti, ma con modalità di
esplicazione della personalità adolescenziali). Il
giro di vite si chiude e con esso anche il libro con
il felice incontro con il suo attuale fidanzato. A
dimostrazione del fatto che alla fine la realtà si
inchina alla fantasia.
Nunzia Garoffolo
iamo in Francia alla fine del XVII secolo,
nel periodo del regno di Luigi XIV, sovrano
tanto annoiato quanto incontentabile nei
suoi assurdi capricci. La storia avventurosa
che Il serraglio di Versailles racconta è quella del
Marchese Charles de Dunan il cui unico impegno
nella vita è quello di cercare di attirarsi i favori del
re. Quando scopre la
nuova passione di
Frédéric Richaud
Il serraglio
Luigi XIV per gli
di Versailles
animali esotici, il
Ponte Alle Grazie
Marchese dapprima,
153 PAG. 13 EURO
con l’aiuto di un
imbalsamatore dilettante, cerca di arricchire la
collezione di animali esotici del re, ma il tentativo
fallisce miseramente. Decide allora di organizzare
un viaggio alla volta dell’Africa nera per catturare
quanti più animali selvaggi possibili per il serraglio
S
di Versailles. Il marchese e i suoi compagni di
viaggio si imbarcano su una “carretta”
scricchiolante e maleodorante per affrontare la
lunghissima traversata. Il racconto del viaggio,
delle imprese in terra d’Africa e
dell’avventurosissima traversata di ritorno è denso
delle vicende picaresche dei personaggi, gelosie,
sogni di gloria, avventure erotiche, e di fantasiose e
strampalate teorie politiche e antropologiche.
Charles de Dunan possiede quella che si definisce
“vocazione all’errore” e proprio l’infelice scelta di
come presentare i suoi doni al re, segnerà il triste
epilogo della sua eroica impresa.
Il mondo che l’autore dipinge in questo elegante e
raffinato romanzo è solo in apparenza fantasioso e
lontano da noi, è una storia che ci dimostra
quanto labile sia il confine tra l’uomo e la bestia.
Donatella Delfino
CINEMA
CARTONI ANIMATI
Nella terra dei tulipani
si inventano nuove città
Il vibrante racconto di Consuelo Suncin Sandoval,
moglie di Antoine Saint-Exupery, della sua vita con
lo scrittore pilota: la morte sempre in agguato, il successo letterario, le improvvise bizze infantili, i tradimenti. Fino all’aereo tedesco che lo abbatte
di CLAUDIA CONFORTI
l 14 maggio 1940 i bombardieri nazisti
radono al suolo Rotterdam: è il remoto,
funesto antefatto della rinascita della città,
dagli anni Ottanta laboratorio tra più vivaci
e sorprendenti dell'architettura.
L'Olanda gode di una salda tradizione
moderna, che ha la pietra angolare
nell'architetto Hendrik Pieter Berlage (18561934), magistrale concertatore di architettura e
urbanistica nello sviluppo di Amsterdam. Di
conseguenza i primi passi della ricostruzione di
Rotterdam, e delle altre città olandesi distrutte
dalla guerra, sono guidati dalla tradizione
modernista, funzionalista e razionale.
Tuttavia, nonostante l'impeccabile controllo
urbanistico e l'attenta pianificazione edilizia,
Rotterdam appare, agli inizi degli anni Ottanta,
più simile a un agglomerato periferico che alla
rilucente prefigurazione di una città futura.
Proprio il deludente esito della ricostruzione,
perseguita in continuità con la tradizione,
prepara il terreno per i formidabili
cambiamenti che, a partire dagli anni Ottanta,
rinnovano la concezione olandese
dell'architettura e della città.
Epicentro di questo terremoto culturale è la
vulcanica e geniale personalità di Rem
Koolhaas (1944), fondatore dello studio OMA
(Office for Metropolitan Architecture) di
Rotterdam, tra i più competitivi studi di
progettazione europei, vincitore, tra gli altri,
del concorso per i mercati generali di Roma.
Formato da esperienze atipiche per un
progettista - è giornalista e sceneggiatore
cinematografico -, potenziate dalla familiarità
con le più spericolate avanguardie artistiche,
Koolhaas frequenta l'Architectural Association,
mitica scuola di architettura di Londra, allora
diretta da Alvin Boyarsky; collabora con
Oswald Mathias Ungers alla Cornell University
e con Peter Eisenman all'Istituto di architettura
I
di MASSIMO TOSTI
onsuelo Suncin Sandoval, vedova di Enrique Gomez Carrillo,
ricchissimo scrittore guatemalteco, conobbe Antoine de
Saint-Exupéry a Buenos Aires nel 1929. Fu amore a prima
vista, anche se passarono quasi due anni prima che i due si
sposassero.
Lei, Consuelo, nata in Salvador, era una giovane donna con due
matrimoni alle spalle (anche il primo marito era morto): aveva
ventotto anni, Saint-Ex uno di più. Lo chiamava Tonio (in spagnolo,
la sua lingua madre). E lo descriveva così: «Tonio era di una bellezza
romana. Quasi due metri dritti verso il cielo, eppure leggero come un
uccello». Sembrava fatto apposta per volare. E proprio quello faceva.
Era un aviatore, nei tempi in cui quel mestiere richiedeva grande
fegato.
Non era una vita semplice, quella, e Consuelo la raccontava così: «Ah,
le mogli dei piloti! Non era facile né per gli uni né per le altre. Ci
compativano e ci amavano. I nostri mariti avevano bisogno di vincere
contro la notte, di toccare lo scalo perché noi aspettavamo. Il resto, la
fatica, le ore di lotta contro il tempo imprevedibile, la nebbia, gli
ordini stupidi dei capi che pretendevano che si buttasse via qualche
litro di benzina per alleggerire il motore, nulla aveva importanza. ‘Se
potessimo atterrare un quarto d’ora più tardi, ci salveremmo’, scriveva
un pilota prima di cadere in acqua e annegare. Ma bisognava seguire
gli ordini del campo. Salivano in quelle macchine come automi che
vanno in guerra. La guerra contro la notte». L’unica cosa semplice era
il ritorno: «Non si parlava di niente, si stava vivi. Si sarebbe ripartiti
dopo cinque giorni. Ora era concesso mangiare e bere». Tutti, meno
Antoine: «Tonio invece voleva leggere, Tonio voleva scrivere». Sposò la
vedova di uno scrittore perché era un intellettuale anche lui. Non era
ancora uno scrittore famoso, aveva soltanto l’ambizione di scrivere,
ma lo sarebbe diventato, molto più geniale e famoso di Gomez
Carrillo, di cui oggi si trova a stento una biografia di poche righe sulla
Treccani.
Consuelo ha lasciato una testimonianza straordinaria di quell’uomo.
L’aveva tenuta per sé, in un manoscritto buttato giù nel corso dei
quindici anni di travagliata vita in comune (fino alla morte di lui, nel
1944, quando il suo aereo – probabilmente colpito da un caccia
tedesco – cadde in mare al largo della Corsica). Consuelo è morta a
Parigi nel 1979. Quel manoscritto è stato ritrovato nel 1993 e
pubblicato in Francia nel 2000. Ora esce in Italia, edito da Barbera,
con il titolo Memorie della rosa, il manoscritto ritrovato. È un libro
d’amore, una storia bellissima proprio perché complicatissima: «Mio
Dio», si lascia andare Consuelo, «essere la moglie di un pilota è un
mestiere; ma essere la moglie di uno scrittore è un sacerdozio».
Soprattutto di uno scrittore come Saint-Ex, fisicamente forte, ma
fragilissimo di carattere, soggetto a sbalzi d’umore spesso
incomprensibili. Un bambino irrequieto, perennemente
insoddisfatto di se stesso, che sapeva rovinare – scientificamente – la
vita propria e di chi gli stava accanto.
Fu comunque una vita spumeggiante. Circondati da amici molto
speciali come Pablo Ricasso, André Derain, Max Ernst, Peggy
Guggenheim, Greta Garbo, André Gide, Marlene Dietrich, Jean Gabin.
In uno dei tanti traslochi, fu Marcel Duchamp a scegliere la
tinteggiatura delle pareti. Ma fu anche disperante, nei lunghi periodi
nei quali Tonio si rifiutava di parlare, o quando si trasferiva altrove
con un’altra donna, pur giurando eterno amore a Consuelo, che era la
sua musa. E lei fu la musa e l’angelo custode di Tonio fin dall’inizio,
quando lo incoraggiò a scrivere, e gli dettò il titolo del suo primo
successo, Volo di notte, che gli fruttò il Premio Femina, uno dei
riconoscimenti di maggior prestigio in Francia. Lo fu quando lo curò
dopo i gravi incidenti che lo restituivano a pezzi. Lo fu per la pazienza
con la quale subiva la sua personalità schizofrenica. Fino a quando –
dopo l’ennesimo tradimento – Consuelo decise che la misura era
colma e si imbarcò a Le Havre su un battello con destinazione Puerto
Barrios, in Guatemala. Era l’unica passeggera di quel battello, che
l’armatore aveva deciso di trasformare in cargo, e fu a bordo che lei, la
Rosa, seppe che il marito s’era schiantato con il suo aereo, riportando
trentadue fratture di cui undici potenzialmente mortali. I chirurghi
riuscirono ad aggiustarlo anche quella volta. Per portarlo sano
all’appuntamento con la guerra. Congedandosi da lei per partire in
missione si fece dare un fazzolettino per scriverci sopra il seguito del
Piccolo Principe: «Alla fine della storia», le promise, «il Piccolo Principe
offrirà questo fazzoletto alla Principessa. Non sarai più una rosa con
le spine, sarai la principessa dei sogni che aspetta sempre il Piccolo
Principe».
Nella realtà la fiaba ha un altro finale. Ma l’ometto calato
dall’asteroide B 612, nella sua saggezza, spiega la felicità con poche
parole: «Da te gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso
giardino…e non trovano quello che cercano… E tuttavia quello che
cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua.
Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore».
La Rosa, sessant’anni dopo, ci ha regalato le sue memorie.
disperazione sorda della solitudine maschia.
Sono uomini piccoli, meschini. Privi di un
grande disegno morale realizzabile nel dono di
se stessi, si concentrano sulle bassezze della
quotidianità, sui vizi e, qualche volta, su precisi
orditi criminosi.
La solitudine non è il risultato di una pienezza
esistenziale, bensì il frutto di una scelta di
maniera. E così troviamo il ciarlatano che mette
in scena contatti con l’aldilà come copertura per
i suoi fini; l’epilettico che nelle cure amorose di
una donna vede solo la replica di un istinto
materno tardivo e fugge; avvocati che se la
spassano, bariste compiacenti, piccoli drammi
soffocati da sbadigli. Manca un’eco morale in
questo mondo mosso solo dall’egoismo
maschile. Restano solo pallide controfigure di
solitudine.
Roberta Scorranese
Architettura ❖ EFFERVESCENZA DI PROGETTI URBANISTICI NELLA PICCOLA OLANDA
Quindici
anni vissuti
da musa
C
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4
DOMENICA ❖ 23 SETTEMBRE 2007
Storia
21-09-2007
Sociologia
04-qua-2309-Castelli
L’uomo all’origine
della rivoluzione in atto
è Rem Koolhaas, fondatore
dello studio OMA
In pochi anni il “vento”
è arrivato ad Amsterdam
e nelle altre maggiori città
Fra le nuove opere
più significative
c’è anche il Belvedere
di Renzo Piano
a Rotterdam
Il lavoro più celebrato
è la Biblioteca tecnica
di Delft, ideata
dal gruppo Mecanoo
Simpson anti-ecologici
E
europeo, con decine di migliaia di visitatori
all'anno, per i quali sono predisposti luoghi di
informazione, una fiorente editoria, guide
professionali poliglotte che illustrano le nuove
parti di città e le loro rutilanti architetture.
Motore istituzionale del processo è il NAI
(Nederland Architetectuur Instituut), l'Istituto
Olandese per l'Architettura che, fondendo il
Centro di documentazione dell'architettura
olandese, il Museo di architettura e il Centro
studi per l'abitazione, in origine localizzati ad
Amsterdam, dopo una aspra contesa tra la
capitale e Rotterdam, si insedia in quest'ultima,
nell'edificio costruito da Joe Coenen, vincitore
nel 1988 del concorso. Il NAI sorge nel
Museumpark, il parco dei musei, ritagliato nel
cuore di Rotterdam da Koolhaas, che vi
costruisce la Kunsthal, un poliedrico spazio
espositivo, plasmato dal respiro sincopato della
città.
E' esorbitante l'elenco delle architetture del
nuovo paesaggio olandese, ci limiteremo
pertanto a una rapida selezione che va dalla
torre Belvedere di Renzo Piano, al grattacielo
Montevideo dei Mecanoo, al World Port Center
di Norman Foster, al ponte Erasmus di Van
Berkel a Rotterdam; dal macchinistico palazzo
della ING House in Amsterdam alla
stupefacente biblioteca dell'università tecnica di
Delft, capolavoro indiscusso dei Mecanoo.
Non tutte sono opere riuscite, anzi!
Ma tutte, senza eccezione, attestano audacia e
generosità intellettuale, partecipazione etica a
un processo sociale istituzionalizzato e
democraticamente condiviso. Sullo sfondo del
fenomeno Olanda campeggiano elementi
fondativi: un'università modernamente
attrezzata e aperta al ricambio e al
cambiamento; istituzioni pubbliche capaci di
mettere in comune obbiettivi e risorse; soggetti
privati -società, imprese, professionisti,
costruttori- che scendono in campo senza scudi
corporativi e privilegi neofeudali.
e urbanistica di New York. Immersioni
cosmopolite e metropolitane maturano
nell'olandese una visione cruda, realistica e
sconcertante del progetto. Sedotto dalla
visionarità iconica e dilatata della Pop Art,
dalle iperboli grafiche della pubblicità,
dall'onirismo delle arti di strada, Koolhaas
approda a teorizzazioni scheggiate e
asistematiche, fortemente suggestive, che
antepongono il programma agli aspetti formali
e tipologici dell'architettura, alla continuità
con la tradizione e con il contesto storico. Il
progetto di architettura e di città abbandona
programmaticamente la dimensione solitaria e
individuale per tuffarsi nella regia turbinosa
dell'esperienza.
Delirious New York, pubblicato da Koolhaas nel
1978, è il manifesto di una strategia progettuale
avida di "cortocircuiti associativi", instabile e
mutevole come le voci della metropoli, luogo
paradigmatico della congestione architettonica
e figurale, laboratorio di un'alchimia arcana,
che esorcizza il banale ascrivendolo al sublime.
Il dinamismo propagandistico, la
spregiudicatezza ideologica e l'attivismo a tutto
campo di Koolhaas e del suo gruppo
catalizzano le restie forze politiche e
istituzionali del governo socialdemocratico e
trascinano giovani architetti da tutto il paese,
come il gruppo Mecanoo, Ben van Berkel
(1957), Joe Coenen (1949), MVRDV e altri, fino
a conferire all'architettura e all'urbanistica una
condivisa centralità simbolica, politica e
culturale.
Nel volgere di pochi anni questo fenomeno
materializza un paesaggio artificiale, ordito di
architetture e di brani di città eccitanti e
anticonvenzionali, che da Rotterdam dilagano a
Delft, all'Aja, a Utrecht, ad Amsterdam. È una
autentica rivoluzione culturale, che pone la
minuscola Olanda al centro della galassia
architettonica globale, facendone uno dei poli
più attrattivi del turismo architettonico
ravamo stati facili profeti nell’intuire che il film sui Simpson sarebbe
stato uno dei titoli più accattivanti della stagione cinematografica
hollywoodiana. La grottesca famiglia di cartone non delude i propri
fan nel passaggio al grande schermo facendo leva sull’attualissimo
tema dell’emergenza ambientale non rinunciando affatto alla scorrettezza
politica che da sempre contraddistingue i suoi geniali autori. Perciò non
manca la presa in giro del profeta autorizzato dell’ecologismo a stelle e strisce
Al Gore, così come la stoccata alla scarsa attenzione che per l’argomento
denotano i repubblicani (s’immagina che il futuro presidente degli States sia
un ingessato e improbabile Schwarzenegger). E una volta tanto la trama non
è il pretesto per un infilata di gag, ma il collante per situazioni narrative non
prive di un certo sviluppo. Al centro della vicenda non può che esserci
l’imbranato Homer che non trova di meglio che sbarazzarsi dei liquami del
suo maialetto da compagnia riversandoli nel lago di Springfield appena
depurato: è la classica goccia che fa traboccare il vaso e la cittadina viene
inglobata in un’enorme cupola e messa sotto quarantena per gli insostenibili
livelli di inquinamento. Ma Homer, nel solco della tradizione tutta
americana del self made man, saprà riscattarsi e salvare la collettività, manco
fossimo in un film di Frank Capra! Gusto per il paradosso e satira sociale si
sprecano in un film indirizzato più agli adulti che ai bambini.
Fabio Melelli
I Simpson, Il film
Di David Silverman
Revival ❖ INTERVISTA A DITA VON TEESE, CHE OGGI E’ L’INDISCUSSA REGINA DEL RILANCIO DEL GENERE
POLIZIESCO
Un giallo con finale scontato
Venezia si è fatto un gran discorrere del cinema italiano in crisi,
incapace di decollare, coinvolgendo anche questo titolo in
concorso. Sia chiaro, è un prodotto ben fatto. Ma essendoci tutti gli
ingredienti giusti - un bravo regista, una storia forte tratta da un
successo della narrativa gialla norvegese (Lo sguardo di uno sconosciuto), un
cast d’eccezione per ricoprire anche ruoli minori, luoghi incantevoli l’aspettativa era alta. Invece, quest’omicidio misterioso di cui è vittima una
bella e brava ragazza di provincia riesce a mantenere alta la suspense solo
brevemente. Sono proprio le battute dei protagonisti a smontare
immediatamente tutti i possibili moventi di un’umanità così normale da
nascondere sempre qualche inconfessabile segreto, facendo convergere i
sospetti in un’unica direzione. Insomma tutto il contrario di quello che
dovrebbe fare un giallo alla Hitchkcock, ma, si sa, questo genere non è mai
stato il forte del cinema italiano. Eppoi vietato attendersi sorprese dalla regia
(Molaioli è al suo esordio dopo aver collaborato con Moretti, Mazzacurati,
Luchetti e Calopresti): tutto prevedibile e didascalico. Segmentando il film
sarebbe già una fiction bella e pronta. Questo è il guaio, che lamentano un
po’ tutti a proposito del cinema italiano, e c’è poco da scandalizzarsi od
offendersi. Peccato, tanto più che per una volta si era tentato di fare
un’operazione intelligente e lungimirante cercando di promuovere il
territorio attraverso forme di collaborazione tra gli enti locali (del Friuli) e la
produzione cinematografica… Davvero peccato.
Camilla De Nardis
La ragazza del lago
Regia di Andrea Molaioli
Con Valeria Golino, Toni Servillo, Fabrizio Gifuni
A
DOCUMENTARIO
Malasanità Usa e getta
Torna il burlesque degli anni Venti
di NUNZIA GAROFFOLO
Per promuoverlo è
stato creato un sito
sul web e anche
una boutique a
Roma che offre
perfino corsi di
aggiornamento
Il suo segreto?
«Mantenere alta
l’eccitazione», dice
la regina
ricontestualizzazione, adattamento di
esperienze maturate in epoche passate.
La moda, la musica e l’arte fino a pochi
anni fa ha tratto notevole ispirazione
dagli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Oggi
invece tornano in auge gli anni Cinquanta e con
essi la moda, le sonorità ed anche le forme di
intrattenimento che hanno contraddistinto
quell’epoca. E in quest’ultimo ambito
l’esperienza americana è imprescindibile ieri
come oggi. Redivivo torna il burlesque, genere di
intrattenimento americano a metà strada tra il
varietà e lo spogliarello. Nato sul finire dell’
Ottocento e destinato a un pubblico popolare,
eminentemente maschile, il cui tratto saliente si
desume dal nome stesso che tradotto in italiano
significa “burlesco”. Il burlesque era uno
spettacolo teatrale la cui sovversiva ironia
sconfinava nella satira contro la classe dirigente.
Con il passar del tempo lo spettacolo ha però
perso gran parte del suo carattere sovversivo. L’
artista di burlesque ha iniziato a parlar di meno
ed a esibirsi per ciò che era, una donna, la cui
fisicità era enfatizzata dai costumi, divenuti, per
la gioia del pubblico, ancor più succinti. Epurato
dell’ elemento di teatralità il burlesque è
decaduto sul finire degli anni Venti. Ha avuto un
nuovo breve guizzo a ridosso del secondo
conflitto mondiale, per poi scomparire
definitivamente, lasciando il posto ad altre ben
R
distinte forme di intrattenimento più o meno
politically correct ovvero al varietà ed allo
spogliarello.
A partire dagli anni ’90, il burlesque è tornato
nuovamente in auge in America e la tendenza è
approdata anche in Italia. Esiste infatti un sito
web, www.burlesqueitalia.it, creato da Attilio
Reinhardt che si propone lo scopo di
promuovere il burlesque in Italia ed è stata
anche creata Zou Zou, una boutique di
abbigliamento, accessori e letteratura burlesque,
che si trova nel centro storico di Roma, a Piazza
Navona, dove si possono perfino seguire dei
corsi di burlesque, strutturati in workshop,
tenuti dalla famosa artista italo-canadese Cecilia
Bravo.
La rinnovata persuasività del burlesque,
fenomeno di costume oltrechè genere di
intrattenimento, è senza dubbio da ascriversi
alla conclamata fama della sua regina, Dita Von
Teese. Già famosa, ancor prima del matrimonio
e recente divorzio con la contestata, satanica
rock-star Marilyn Manson. Acclamata dagli
stilisti più famosi che fanno a gara per averla
come modella, benchè non vada oltre il metro e
sessanta. Dita Von Teese è una vera icona
glamour. Una diva di altri tempi eppure
estremamente contemporanea la cui
intelligenza e volontà di ferro sprizza da tutti i
pori. E ciò si evince dalla breve intervista che
segue, da lei rilasciata recentemente a Senigallia,
dove si è esibita (nell’ ambito del Summer
Jamboree Festival,) regalando al pubblico
italiano ben tre sfavillanti performance: la
giostra, la danza con i ventagli ed il bagno nel
bicchiere di Martini.
Ha scelto da sola il suo nome d’arte?
Non proprio. Ho scelto il nome “Dita Von
Treese”, ma la rivista Playboy per cui ho posato
per la prima volta nel 1995, lo ha erroneamente
trascritto come Dita Von Teese che ho poi
mantenuto.
Quando e perché ha deciso di esibirsi in
spettacoli burlesque?
Agli inizi degli anni ’90. Vestivo in stile vintage
ed avevo letto molto sulle pin-up e sulle dive di
Hollywood. Dopo aver scoperto che la maggior
parte delle pin-up negli anni ’30 e ’40 erano
ballerine di burlesque, da ballerina quale ero,
mi è sembrato naturale riportare in vita
quest’arte.
Dove e quando si è esibita per la prima
volta?
Non ricordo. Mi sono esibita in diversi locali,
strip-club, fetish-club e locali underground.
Presumibilmente il mio primo spettacolo
burlesque risale al 1995.
Quali sono gli ingredienti di uno
spettacolo burlesque?
La bellezza dei costumi, della scenografia
nonché la bellezza, l’eleganza, la personalità e il
talento dell’artista. E’ comunque altrettanto
importante non riproporre mere repliche degli
spettacoli del passato, ma inserire in esso anche
opo Bowling at Columbine e Fahrenheit 9/11, in Sicko Michael
Moore attacca la sanità americana. E di nuovo ci dice qualcosa che
già sappiamo, ma questa volta il quadro che appare è più
sconcertante. Negli Usa 47 milioni (il 16 per cento della
popolazione), tra cui 9 milioni di bambini, non hanno assicurazione
sanitaria. Così negli ospedali vieni buttato fuori, messo in un taxi (quello sì
pagato) e scaricato su un marciapiede. Chi invece ha l’assicurazione deve
scontrarsi con potenti compagnie che decidono se, e quanto, risarcirti. Chi ci
lavora segue la formula: più bocci, più guadagni. E quando, con la base di
Star Wars, scorre sullo schermo l’elenco delle malattie senza copertura
assicurativa si ride amaro. I casi mostrati sono agghiaccianti: dalla madre di
famiglia (assicurata) che ha visto morire la figlia di 5 anni perché l’ospedale
(più vicino) non era convenzionato, fino all’artigiano che, dopo essersi reciso
due dita, ha dovuto scegliere quale farsi riattaccare (quello più economico):
l’anulare (12mila dollari) o il medio (60mila). A questo punto inizia un
confronto con altri Paesi, casualmente nemici storici degli Stati Uniti. In
Canada la sanità è gratis per tutti. In Inghilterra c’è il rimborso spese per chi va
in ospedale e i medici della mutua possono permettersi case di proprietà e
macchine di lusso perché più curano, più guadagnano. In Francia l’assistenza
è totale (inclusa la baby sitter gratuita che all’occorrenza diventa cameriera).
A Cuba persino i terroristi di Al Qaeda, rinchiusi Guantanamo, hanno
assistenza sanitaria. Nel regno di Fidel c’è almeno una farmacia ogni isolato e
un inalatore, che in America costa 113 dollari, lo paghi 5 centesimi. Ed è qui
che Moore porta a far curare i volontari di Ground Zero che dopo essere
riconosciuti eroi ora sono dimenticati dal governo che li riconosce solo come
“non dipendenti” dello Stato. Il j’accuse di Moore è fondato, ma lui stesso
rischia di minarlo. Non riesce a evitare il solito tono sensazionalistico e la
propaganda elettorale (tutto è nato con il repubblicano Nixon, mentre la
democratica Hillary è una santa incompresa). Mostra i suoi punti deboli:
non ama il contraddittorio e qui lo esclude completamente. Non è immune
da errori: La Kaiser Permanente è vero che é stata la prima managed care ma,
nata come organizzazione mutualistica per i lavoratori, è rimasta una delle
poche Hmo no profit; nella classifica Oms (che mostra lui stesso) Cuba è
dietro gli Usa. Anche se la cosa più sorprendente è l’Italia al secondo posto.
Mario Accongiagioco
Sicko
Di Michael Moore
D
elementi nuovi.
In che modo si esplica il talento dell’
artista burlesque?
Nel riuscire a mantener alta l’eccitazione e al
tempo stesso nel procrastinare il più possibile il
momento dello spogliarello. Durante
l’esibizione l’artista non deve sembrare che si
stia sforzando di esser sexy, ma deve agire con
estrema eleganza e naturalezza.
Quanto contano per lei i costumi, li sceglie
da sola?
Contano tanto. Ogni costume vale circa 40.000
dollari. Quindi può ben immaginare che tenga
ai miei costumi non soltanto per motivi
sentimentali.
Chi li disegna?
La mia migliore amica Catherine D’Lish li
realizza, ma li creiamo insieme. Una grande
impresa per due donne!
Cosa direbbe ad una giovane ragazza che
dopo averla vista sul palcoscenico
decidesse di diventare un’artista
burlesque?
La incoraggerei ad abbracciare lo spirito del
burlesque, ma non necessariamente al fine di
sceglierlo come lavoro. Esistono molti modi per
vivere come una regina del burlesque senza
tuttavia calcare il palcoscenico. La maggior parte
delle mie fan comprende ciò. Un ritorno al
fascino, all’eleganza nonché la valorizzazione
della sensualità, è ciò che sopra ogni cosa spero
di ispirare”.