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LA MOTIVAZIONE PER RELATIONEM NELL’OTTICA DIFENSIVA
DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA: BREVE RASSEGNA DELLA
RECENTE GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ
Sommario: 1. Premessa - 2. L’obbligo della motivazione prima della L. n. 241 del 1990 - 3. Motivazione
per relationem al processo verbale di constatazione - 4. L’orientamento giurisprudenziale prima dello
Statuto - 5. L’entrata in vigore dello Statuto del contribuente - 6. Il D.lgs. n. 32 del 2001 - 7. La recente
giurisprudenza di legittimità - 8. Rinvio al processo verbale di constatazione redatto nei confronti di
soggetto terzo - 9. Motivazione per relationem della sentenza.
1. PREMESSA
La questione della motivazione dell’atto impositivo rappresenta uno dei motivi ricorrenti di
impugnazione in sede contenziosa.
Questo si verifica in maniera spesso sistematica, ossia a prescindere da un effettivo riscontro del
difetto ma nella convinzione (di gran parte degli operatori) che è preferibile inserire più motivi possibili
di ricorso contando nell’accoglimento di almeno uno di questi.
La motivazione del resto, può essere ragione di annullamento dell’atto a prescindere dalla
fondatezza della pretesa impositiva. Ciò risponde alla teoria “dichiarativa” del processo tributario,
secondo cui la natura del contenzioso avanti le Commissioni tributarie è sostanzialmente quella di un
processo di impugnazione destinato all’annullamento dell’atto viziato prima ancora che a verificarne la
fondatezza o meno nel merito.
Vista la duplice finalità che persegue, consentire il controllo giurisdizionale sulle scelte effettuate
dall’Amministrazione e mezzo di conoscenza per il destinatario delle ragioni che hanno indotto l’Ufficio
ad emanare l’atto, essa assume un’importanza fondamentale per la validità dello stesso.
Vale a dire che, se la Commissione tributaria ritiene che l’Ufficio non abbia motivato l’atto in
maniera chiara e dettagliata con indicazione delle contestazioni mosse al contribuente e delle
disposizioni di legge violate, si deve procedere all’annullamento del provvedimento, a prescindere dal
merito della questione, poiché il destinatario non è stato messo in condizione di comprendere
esattamente le ragioni della pretesa subendo inevitabilmente in sede processuale una limitazione al suo
diritto di difesa.
In considerazione dell’importanza della motivazione ai fini del contenzioso, dopo un breve
excursus sull’argomento, potrà essere utile riportare, anziché le varie e molteplici angolazioni che
toccano la questione e sulle quali molto è stato scritto, una rassegna delle recenti sentenze dei giudici di
legittimità successive all’entrata in vigore dello Statuto.
La prospettiva è volutamente quella dell’amministrazione finanziaria, con l’auspicio che tale
breve elencazione, sebbene purtroppo non completa e soggetta a rapida obsolescenza, possa tornare
utile a chi necessiti di un quadro di riferimenti giurisprudenziali a supporto alla legittimità della
motivazione per relationem in sede contenziosa.
Allo stesso tempo, tuttavia, ritengo dovrebbe suscitare interesse anche a chi operi nel settore
dell’accertamento. E’ importante, infatti, che anche colui che è chiamato a motivare un atto impositivo
sia consapevole dell’orientamento che le Commissioni tributarie e la Corte di Cassazione hanno
maturato in tema di motivazione per relationem, in particolare con riferimento alla conoscenza, da parte
del destinatario, del processo verbale di constatazione cui viene fatto rinvio.
2. L’OBBLIGO DELLA MOTIVAZIONE PRIMA DELLA L. N. 241 DEL 1990
Ancor prima dell’art. 3 L. 7 agosto 1990 n. 241, secondo cui ogni provvedimento
amministrativo, fatta eccezione per gli atti normativi e quelli a contenuto generale, deve essere motivato
ossia indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione in
1
relazione alle risultanze dell’istruttoria, la giurisprudenza aveva già fissato un principio generale circa
l’obbligo della motivazione.
Parallelamente, con la ferma opposizione della dottrina, si erano sviluppati difformi
orientamenti giurisprudenziali - fonte di equivoci ma da ritenersi attualmente superati - che
affermavano, quanto alla natura del contenzioso, che questo fosse volto ad accertare la fondatezza o
meno della pretesa fiscale anziché la legittimità degli atti1, oppure che distinguevano tra motivazione
mancante ed insufficiente.
Riguardo tale ultimo aspetto la dottrina, infatti, riteneva non vi fosse la possibilità di una
soluzione intermedia in tema di motivazione, o questa conduce senza salti logici al risultato affermato nell’atto di
accertamento ovvero non consente di raggiungere tale risultato2, quindi unica alternativa possibile era tra il rispetto
o meno di tale obbligo.
3. MOTIVAZIONE PER RELATIONEM AL PROCESSO VERBALE DI CONSTATAZIONE
Tra i vizi della motivazione, contestati spesso in sede contenziosa, ruolo di primo piano riveste
la motivazione per relationem3.
Situazione questa che si verifica ogni volta in cui le ragioni poste a fondamento di un
provvedimento dell’Amministrazione vengono indicate mediante rinvio alle risultanze di altro atto,
spesso al Processo verbale di constatazione.
Nella pratica accade normalmente che gli Uffici finanziari, titolari in via esclusiva del potere
d’accertamento, nella motivazione dell’atto impositivo facciano rinvio proprio al processo verbale di
constatazione redatto in sede di verifica.
Com’è noto questo rappresenta il principale atto istruttorio, sottoscritto dai verbalizzanti4 e dal
contribuente che ne riceve copia al termine della verifica5 e contro il quale, vista la natura di atto
endoprocedimentale, non è ammesso ricorso alla Commissioni tributarie, mentre si discute circa
l’impugnazione dello stesso di fronte agli organi di giustizia amministrativa.
Si tratta di un modo di operare che ha trovato riconoscimento inizialmente a livello
giurisprudenziale ed una prima previsione normativa, riguardante invero la generalità degli atti
amministrativi, all’art. 3, comma 3, L. n. 241 del 1990 se le ragioni della decisione risultano da altro atto
dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e
reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama, trovando in materia tributaria
espressa disciplina soltanto dieci anni dopo, all’art. 7 L. 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del contribuente).
Motivare mediante rinvio ad altro atto consente indiscutibilmente vantaggi sia in termini di
riduzione dei costi che semplificazione dell’attività amministrativa.
La dottrina più accreditata ha, tuttavia, sempre mostrato una certa cautela di fronte a tale
modalità operativa. Proprio in considerazione della finalità di garanzia per l’esercizio del diritto di
difesa, non è mancato chi abbia visto in essa un potenziale peggioramento della condizione del
contribuente.
Mentre è da escludere che ciò si verifichi nei casi in cui l’atto richiamato sia già conosciuto o in
possesso del contribuente medesimo, resta dubbia l’ipotesi del rinvio ad atto conoscibile riguardo al quale
l’onere di acquisirne il possesso ricade inevitabilmente sul destinatario.
La giurisprudenza sottolinea che, perché sia soddisfatto l’obbligo della motivazione, è necessario
che questa consenta di esplicitare la valutazione critica operata dall’Ufficio per l’adozione del
provvedimento finale.
Si tratta della distinzione tra teoria costitutiva e dichiarativa. La giurisprudenza della Suprema Corte pare attualmente attestarsi
su di una posizione intermedia tra le due impostazioni.
2 Fantozzi, Diritto Tributario, II ed., p. 376.
3 L. Salvini, La motivazione per relationem nelle più recenti pronunce della sezione tributaria della Corte di Cassazione, in Rassegna
tributaria n. 3 del 2002, p. 855.
4 Appartenenti alla Guardia di finanza o all’Amministrazione finanziaria.
5 Nel caso di rifiuto da parte del contribuente alla sottoscrizione oppure alla ricezione della copia a lui destinata, questa
rimarrà conservata negli atti d’ufficio.
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Il mero rinvio al processo verbale di constatazione nella motivazione dell’atto impositivo
solleva, pertanto, dubbi che scaturiscono dal timore che il suo totale recepimento sia il “sintomo” che
l’Ufficio impositore non abbia provveduto a valutare autonomamente gli elementi risultanti dall’attività
d’indagine svolta dalla Guardia di finanza e si sia spogliato, così facendo, del suo ruolo istituzionale.
Sebbene in linea di principio l’argomento non sia destituito di fondamento, va detto tuttavia che
il semplice recepimento dei rilievi effettuati dai verbalizzanti in sede di verifica, non può ritenersi di per
sé causa d’illegittimità della motivazione.
La Suprema Corte ha, infatti, affermato in più occasioni6 che tale circostanza non va interpretata
necessariamente come assenza di un’autonoma valutazione da parte dell’Ufficio ma va letta piuttosto
quale esigenza di realizzare un’opportuna economia di scrittura.
Situazione diversa si potrebbe verificare, ad esempio, nel caso in cui l’Ufficio nella motivazione
dell’atto avesse recepito palesi ed evidenti errori contenuti nel verbale, in tale eventualità la mancanza di
valutazione potrebbe ritenersi effettivamente sussistente.
L’argomento, sebbene in alcuni aspetti, prima controversi, abbia raggiunto un livello di
maggiore definizione, si presenta dunque di sicuro interesse sia per il contribuente, contrario
ovviamente a qualsiasi limitazione dei propri diritti, sia per l’Amministrazione finanziaria, da sempre
interessata ad assicurare la correttezza dei propri atti impositivi e sensibile all’evoluzione
giurisprudenziale ai fini del connesso profilo contenzioso.
4. L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE PRIMA DELLO STATUTO
Successivamente all’entrata in vigore della L. n. 241 del 1990, i giudici di legittimità,
abbandonate le iniziali teorie garantiste a salvaguardia del diritto di difesa del contribuente, hanno
mostrato maggiore attenzione alle ragioni dell’Amministrazione.
La Corte di cassazione è passata, infatti, da un’interpretazione favorevole alla legittimità
dell’avviso solo in presenza di certe condizioni, ovvero che l’atto richiamato fosse noto (o legalmente
presunto tale) al destinatario e che lo stesso contenesse la dettagliata indicazione delle violazioni
contestate e dei relativi elementi probatori, fino ad accogliere la tesi della conoscibilità , da intendersi come
possibilità offerta alla parte di pervenire all’effettiva conoscenza dell’atto.
Ad avviso dei giudici, pertanto, non v’è alcun obbligo per l’Amministrazione di allegare l’atto
richiamato, essendo rimesso all’iniziativa del contribuente procurarsi copia di questo, o mediante le
norme generali sul diritto di accesso oppure perché espressamente previsto dalla legge che al
contribuente sia fornita copia del verbale7.
Sul punto, tuttavia, la Corte di cassazione nella sentenza 26 marzo 2003 n. 44308 ha precisato
che il principio, secondo cui la conoscibilità degli atti ai quali fa riferimento la motivazione per
relationem, rende legittimo l’atto impugnato, ha una valenza sempre che, in punto di fatto, questa
possibilità non abbia un costo, anche in termini di tempo, che comporti un “apprezzabile
compressione” dell’esercizio delle azioni di tutela giudiziaria.
Tale impostazione secondo cui è sufficiente la conoscibilità dell’atto, a prescindere da dubbie
valutazioni circa l’apprezzabilità o meno della lesione al diritto di difesa, si pone tuttavia in contrasto
con i principi fondamentali dell’ordinamento, determinando effetti negativi consistenti sia in
un’inevitabile ed ingiusta compressione del termine per presentare ricorso (pari al tempo occorrente al
contribuente per procurarsi l’atto), sia in un potenziale aumento della mole di ricorsi dovuto alla
necessità di impugnazioni effettuate anche ignorando esattamente le ragioni della pretesa impositiva9.
Ex pluribus Cass. n. 10205 del 2003 (richiamata in prosieguo di trattazione).
Ai sensi dell’art. 52, comma 6, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, le cui disposizioni sono richiamate, in materia di imposte sui
redditi, dall’art. 33 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
8 Rich iamata anche in prosieguo di trattazione.
9 Sul punto v. Cass. n. 15234 depositata il 3 dicembre 2001 secondo cui la motivazione può assolvere la funzione informativa, che le è
propria, facendo riferimento ad elementi di fatto offerti da documenti diversi, solo se tali documenti sono allegati o sono comunicati al contribuente,
ovvero per altro verso da lui conosciuti…Non sarebbe invece sufficiente…che il documento richiamato sia semplicemente conoscibile dal contribuente
a meno che esso riguardi un atto compiuto in sua presenza o che sia stato a lui comunicato nei modi di legge continuano i giudici, la necessità
di allegare l’atto richiamato risponde anche all’esigenza di evitare che il contribuente veda menomato, ingiustamente, il
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5. L’ENTRATA IN VIGORE DELLO STATUTO DEL CONTRIBUENTE
Alla stesura dello Statuto del contribuente ed, in particolare, al primo comma dell’art. 7 L. n. 212
del 2000 il legislatore, nel dettare la disciplina della motivazione degli atti emanati dall’amministrazione
finanziaria, ha espressamente fatto rinvio al principio contenuto all’art. 3 L. n. 241 del 1990, ossia alla
necessità di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dell’amministrazione.
Preoccupandosi, altresì, di puntualizzare, nell’ultima parte, a garanzia del contribuente, che: Se
nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto questo deve essere allegato all’atto che lo richiama.
Non a torto, in seguito a tale ultima precisazione, poteva ritenersi introdotto un principio
generale d’allegazione di ogni atto richiamato. Situazione questa che, tenuto conto dell’orientamento
giurisprudenziale che si era andato nel tempo sviluppando e definendo, ha creato enormi equivoci,
provocando una repentina inversione di rotta.
Dimostrazione ne è che la stessa Amministrazione finanziaria, pur criticando duramente
l’impostazione, si vide costretta ad invitare gli Uffici ad attenersi, in via prudenziale, all’interpretazione
letterale della norma fino al limite di procedere all’allegazione di ogni documento cui venisse fatto
rinvio nella motivazione, tra cui inevitabilmente anche il processo verbale redatto in sede di verifica e
regolarmente notificato alla parte, vanificando in tal modo quegli obiettivi di economicità ed efficacia
dell’azione amministrativa che proprio tale prassi intende perseguire (circ. 1 agosto 2000 n. 150/E)10.
6. IL D.LGS. 26 GENNAIO 2001 N. 32
Le incertezze e gli equivoci cui ha dato origine la L. 212/2000 devono ritenersi superate con
l’entrata in vigore del D.lgs. 26 gennaio 2001 n. 32 attraverso il quale il legislatore delegato ha, in sede di
attuazione dello Statuto dei contribuenti, chiarito che «Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non
conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne
riproduca il contenuto essenziale».
L’Amministrazione finanziaria, aderendo al dettato normativo, ha modificato così la precedente
impostazione stabilendo che: (...)qualora i processi verbali di constatazione o gli altri atti procedimentali richiamati
nella motivazione siano stati preventivamente notificati o comunicati al contribuente gli uffici non hanno l’obbligo di
allegare gli stessi agli avvisi di accertamento. Quando invece l’atto richiamato non sia stato notificato o comunicato al
contribuente gli uffici dovranno o allegare in copia lo stesso o riprodurne nella motivazione il contenuto essenziale. Per
contenuto essenziale deve intendersi l’indicazione degli elementi che assumono rilevanza ai fini dell’accertamento. Circ. 3
agosto 2001 n. 77/E11.
7. LA RECENTE GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ
Si riportano di seguito alcune massime o passaggi di recenti pronunce della Corte di cassazione
in tema di legittimità della motivazione per relationem.
proprio diritto di difesa riguardo il tempo occorrente per procurarsi la conoscenza dell’atto cui è fatto rinvio, ciò comporterebbe
infatti una più o meno accentuata (e del tutto ingiustificata) riduzione del lasso di tempo a lui concesso per valutare la fondatezza dell’atto
impositivo ed il contribuente onde evitare che l'atto divenga definitivo, si troverebbe costretto a ricorrere in ogni caso in giudizio, prima ancora di
avere la possibilità di conoscere gli elementi necessari per valutare la fondatezza e la legittimità della pretesa impositiva avanzata nei suoi confronti
in Rass. Trib. n. 3 del 2002, pp. 1085 e ss..
10
(…) Si richiama peraltro l’attenzione sulla previsione contenuta nell’ultimo periodo del predetto articolo (“se nella motivazione si fa
riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”), la quale, ad una prima lettura, può essere intesa nel senso
che anche gli atti già notificati o comunicati al contribuente devono essere allegati all’atto che li richiama.(…)Appare pertanto ragionevole
ritenere che la materia sarà oggetto di uno dei decreti legislativi(…) Nel frattempo, pur mancando una espressa previsione di nullità, si
segnala l’opportunità di adeguarsi immediatamente alla disposizione richiamata, al fine anche di evitare eventuali eccezioni di illegittimità.
Si invitano pertanto gli uffici…ad allegare agli atti di accertamento ed di irrogazione delle sanzioni copia degli atti richiamati nelle
motivazioni ancorché gli stessi siano stati già notificati o comunicati al contribuente (…) Circ. n. 150/E del 2000 su Serv. Docum. Econ.
Trib., http://dt.finanze.it.
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In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
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Corte di cassazione, sez. V, 26 giugno 2003 n. 1020512: In tema di avviso di rettifica da parte
dell’amministrazione finanziaria di dichiarazione IVA, la motivazione degli atti di accertamento per
relationem con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di finanza
nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da
parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso,
condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla
circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto
svolgimento del contraddittorio. Massima in Serv. Docum. Econ. Trib13.
Corte di cassazione, sez. V, 18 aprile 2003 n. 6232: Per quanto riguarda la motivazione per
relationem va, in generale, rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi
motivato correttamente un accertamento che faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione
della Guardia di finanza, regolarmente notificato o consegnato all’intimato (cfr. Cass. n. 2943 del 1998 e
n. 5506 del 1996). L’avviso di accertamento ha, infatti, carattere di provocatio ad opponendum e
soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi dell’art. 42 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, ogni volta che
l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi
elementi essenziali e, quindi di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur. A tal fine il citato
art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 prescrive che l’avviso di accertamento deve contenere, a pena di
nullità, l’indicazione dell’imponibile, dell’aliquota applicata e dell’imposta liquidata, nonché delle norme
giustificative dell’operato dell’ufficio e, solo con riferimento all’ipotesi della rettifica operata con
metodo induttivo o sintetico, esige anche la specificazione degli elementi di fatto all’uopo valutati. La
norma non prevede perciò, che l’Amministrazione sia tenuta ad includere nell’avviso di accertamento
notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti, né di riportarne, sia pure
sinteticamente il contenuto (Cass. n. 10812 del 1996 e n. 8685 del 1993) in Serv. Docum. Econ. Trib. 14
Corte di cassazione, sez. V, 1 aprile 2003 n. 4989: Soltanto a partire dalla L. n. 212 del 2000 è
stato affermato il principio – art. 7 – che ove nella motivazione sia fatto riferimento ad altro atto questo
deve essere allegato all’avviso. Il successivo D.lgs. n. 32 del 2001 ha applicato il principio surriferito,
stabilendo – art. 1 – che in materia di imposte sui redditi l’avviso di accertamento se motivato con
riferimento ad altro atto non conosciuto né previamente ricevuto dal contribuente, deve riprodurre il
contenuto essenziale dell’atto richiamato, ovvero recare in allegato l’atto stesso. Trattasi di disposizioni
innovative, che di per sé non hanno efficacia retroattiva.» in Serv. Docum. Econ. Trib. 15
Corte di cassazione, sez. V, 26 febbraio 2001 n. 2780: In linea di principio nessuna norma
impone all’Amministrazione finanziaria di recepire nell’accertamento le conclusioni alle quali è
pervenuta la Guardia di finanza (Cass. n. 3988 del 2000) quindi la motivazione per relationem non sta a
significare che l’ufficio non abbia valutato autonomamente gli elementi acquisiti durante la verifica. Il
fatto che l’ufficio abbia motivato l’accertamento con un mero rinvio alle considerazioni sviluppate dalla
guardia di finanza non sta a significare che a monte non ci sia stata un’autonoma valutazione. (…) In
sostanza, se l’ufficio giunge alle medesime conclusioni della Guardia di finanza, non si vede perché
dovrebbe essere costretto a ripetere cose già note al contribuente, replicando inutilmente un’attività di
mera scritturazione. (…) Il “sintomo” della motivazione “fotocopia” non esclude l’autonomia dei
giudizi in Serv. Docum. Econ. Trib.16
Sulla legittimità del rinvio al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza nello svolgimento
dell’attività investigativa e di controllo da parte dell’Ufficio che condivida appieno i rilievi e le conclusioni ivi contenute si
veda ex pluribus anche Cass. 7 giugno 2002 n. 8690 su Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
13 In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
14 In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
15 In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
16 In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
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8. RINVIO A P.V.C. REDATTO NEI CONFRONTI DI SOGGETTO TERZO
Vi è, poi, un’ipotesi specifica di motivazione per relationem, quando il rinvio riguarda documenti
redatti nei confronti di soggetti diversi dal diretto destinatario dell’atto impositivo, come succede nel
caso di rinvio a processo verbale redatto nei confronti di terzo.
In tal caso la giurisprudenza si è mostrata sostanzialmente contraria a riconoscerne la
legittimità. Valgono in proposito le considerazioni svolte sin qui, ossia che effettivamente non è
sufficiente che il contribuente sia astrattamente in grado di procurarsi l’atto.
Corte di cassazione, sez. V, 23 gennaio 2003 n. 979: Il requisito della motivazione dell’avviso di
accertamento (…) pone a carico dell’ufficio l’onere di indicare non soltanto gli estremi ed il titolo della
pretesa impositiva, ma anche le situazioni giustificative del ricorso al metodo induttivo o sintetico e può
essere assolto per relationem, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto offerti da altri
documenti, a condizione che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dal destinatario, onde tale
presupposto è in re ipsa quando il riferimento attiene a verbali d’ispezione e verifica compiuti alla
presenza del contribuente, o a lui notificati o comunicati nei modi di legge, incombendo diversamente,
sull’amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare l’effettiva conoscenza di tali altri documenti da
parte del contribuente (Cass. n. 7149 del 2001) non è ammissibile pertanto il rinvio quando il processo
verbale di constatazione richiamato per relationem faccia a propria volta rinvio “ad una successiva
determinazione degli uffici finanziari” in Serv. Docum. Econ. Trib.17
La Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi su una fattispecie anteriore l’entrata in vigore
dello Statuto, perviene nella Cass. 1 aprile 2003 n. 4989 a riconoscere la legittimità della motivazione per
relationem ad un processo verbale di constatazione redatto nei confronti di altro contribuente e non
allegato all’atto impositivo.
Corte di cassazione, sez. V, 26 marzo 2003 n. 4430: In tema di Imposta sul valore aggiunto, nel
caso in cui la motivazione dell’avviso di accertamento faccia rinvio a verbali ispettivi redatti nei
confronti di soggetti diversi dal contribuente è necessario, ai fini della legittimità dell’atto che
l’amministrazione dimostri, anche tramite presunzioni, l’effettiva conoscenza di tali documenti da parte
del contribuente massima in Serv. Docum. Econ. Trib.18
In particolare i giudici di legittimità hanno affermato: Correttamente i giudici di appello hanno
dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento motivato con rinvio a due “segnalazioni”19 della guardia
di finanza, scaturite da controlli operati nei confronti di soggetti diversi dalla L. S.p.a. (…) E’ evidente
che diversa sarebbe stata la conclusione se l’accertamento fosse scaturito non da una segnalazione
derivata da un controllo presso terzi, ma da un controllo diretto nei confronti della L. S.p.a., la quale
sarebbe stata necessariamente edotta delle contestazioni, quanto meno in occasione della sottoscrizione
del relativo processo verbale.
Corte di cassazione, sez. V, 30 ottobre 2002 n. 15319: (…) Già il rinvio ad una situazione
rispetto alla quale la società era estranea e, quindi, priva della necessaria conoscenza dei dati reali,
pregiudicava notevolmente l’esercizio del diritto di difesa nella pienezza della sua esplicazione. Si
aggiunga che il verbale richiamato – si ripete fuori della disponibilità della società – non era allegato
all’avviso di accertamento sicché restava privo di riscontro un elemento fondamentale, posto a base del
requisito motivazionale del provvedimento impositivo, così facendo venir meno la stessa validità
dell’avviso di accertamento in Serv. Docum. Econ. Trib. 20
Corte di cassazione, sez. V, 3 maggio 2002 n. 6330: il requisito motivazionale dell’avviso di
accertamento (…) può essere assolto per relationem, cioè mediante riferimento ad elementi di fatto
offerti da altri documenti, a condizione che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dal destinatario: tale
In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
19 Da tenere distinte dal processo verbale di constatazione, in quanto atti atipici.
20 In Serv. Docum. Econ. Trib., http://dt.finanze.it.
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presupposto è in re ipsa quando il riferimento attiene a verbali di ispezione o verifica compiuti alla
presenza del contribuente o a lui notificati o comunicati nei modi di legge; quando invece i verbali
oggetto di relatio riguardano un soggetto diverso deve dimostrarsi anche tramite presunzioni l’effettiva
conoscenza dei documenti da parte del contribuente. Massima tratta dal Serv. Docum. Econ. Trib.21
Tale impostazione, favorevole alla motivazione per relationem ad elementi di fatto offerti da altri
documenti, purché gli stessi siano conosciuti o conoscibili dal destinatario, trova conferma nella Cass.
24 luglio 2002 n. 1081722.
Diverso è il caso affrontato nella Cass. 22 agosto 2002 n. 1239423, dove la Corte è stata chiamata
a giudicare della legittimità di un avviso motivato mediante rinvio ad un processo verbale di
constatazione, effettuato nei confronti del contribuente, a sua volta contenente un ulteriore richiamo a
processi verbali redatti a carico di altri soggetti che avevano intrattenuto con la società rapporti
commerciali.
Al riguardo i giudici distinguono due ipotesi, il caso in cui i due processi verbali di constatazione
notificati contenevano tutti gli elementi necessari ad individuare la pretesa tributaria così come richiesto
dall’art. 42 D.P.R. n. 600 del 1973, nel qual caso un ulteriore richiamo ad altri processi verbali sarebbe
stato un mero riferimento alla fonte da cui erano stati tratti gli elementi a sostegno della pretesa fiscale e
avrebbe, quindi rivestito un carattere aggiuntivo e non essenziale con la conseguenza che la mancata
notifica di tali ulteriori verbali non avrebbe comportato alcuna nullità dell’accertamento ed il caso in cui
non abbiano tale contenuto, per cui costituendo l’ulteriore richiamo un elemento necessario per
l’individuazione della pretesa fiscale, la mancata messa a conoscenza dei processi verbali in questione
avrebbe comportato la nullità dell’accertamento.
Riguardo la necessità che l’atto sia conosciuto dal destinatario senza possibilità di integrazione in
giudizio Corte di cassazione, sez. V, 5 agosto 2002 n. 11669 un avviso può ritenersi adeguatamente motivato
per relationem solo nel caso in cui il provvedimento richiamato sia stato portato a conoscenza del contribuente in
precedenza o contestualmente all’avviso stesso in modo tale da consentire a quest’ultimo di prendere cognizione degli
elementi sui quali l’amministrazione fonda la propria pretesa tributaria. L’atto richiamato non può invece essere prodotto
successivamente in sede di giudizio in quanto ciò comporterebbe una inevitabile lesione del diritto di difesa del contribuente
che non sarebbe in grado di impugnare l’atto avendo presenti tutti gli elementi su cui si fonda l’accertamento su Serv.
Docum. Econ. Trib.24
9. MOTIVAZIONE PER RELATIONEM DELLA SENTENZA
La motivazione per relationem è un istituto che può riguardare tanto gli atti amministrativi che le
decisioni dei giudici. In quest’ultimo caso viene fatto rinvio alle conclusioni cui sono pervenuti altri
giudici in situazioni analoghe, nonché spesso agli esiti del giudizio di merito di primo grado.
Tale prassi, sebbene non auspicabile, deve ritenersi legittima a condizione, tuttavia, che non
diventi una mera conferma, priva di dimostrazione, della sentenza impugnata. Un’eventualità questa che
renderebbe configurabile un evidente vizio di motivazione visto che la decisione si presenterebbe priva
delle necessarie premesse logiche e giuridiche richieste.
Sebbene in tal caso l’attenzione non sia rivolta tanto alla conoscenza da parte del destinatario
dell’atto cui viene fatto rinvio, quanto piuttosto all’esigenza che sia assicurata la completezza della
pronuncia, può essere utile richiamare sul punto qualche intervento dei giudici di legittimità.
Di seguito alcuni interventi della Corte di cassazione in materia.
Corte di cassazione, 19 agosto 2003 n. 12129: Nell’ipotesi in cui la sentenza impugnata sia
motivata mediante rinvio alla sentenza di primo grado, il vizio di omessa o insufficiente motivazione –
deducibile in sede di legittimità ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. – sussiste solo se, con il rinvio sia
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stato omesso l’esame di uno specifico elemento di segno contrario alla prima decisione, potenzialmente
idoneo a condurre ad una diversa decisione, e non anche per effetto della sola tecnica del rinvio,
essendo la sentenza di primo grado, richiamata dal secondo giudice divenuta parte integrante della
propria decisione.
Corte di cassazione, sez. lav., 25 settembre 2002 n. 13937: Nessun dubbio circa l’ammissibilità,
in linea generale, di una motivazione della sentenza per relationem dovendosi giudicare la sua
completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell’atto al quale si opera rinvio, rinvio che
conduce a considerarlo parte integrante dell’atto rinviante. Ma dall’ordinamento si ricava il principio
generale secondo il quale il rinvio va operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo
della motivazione per relationem: il riferimento è in primo luogo all’art. 3 L. 7 agosto 1990 n. 24, in
tema di procedimento amministrativo al comma 3 (…) ed ancora la L. 27 luglio 2000 n. 212 all’art. 7,
comma primo,(…). Orbene se il descritto rigore formale è prescritto per gli atti dell’amministrazione
pubblica, l’art. 111 Cost. obbliga il giudice ad offrire garanzie anche maggiori, sicché non può
considerarsi motivazione valida quella che si traduce, come nella specie, nel rinvio assolutamente
generico ad atti neppure identificati nei loro estremi.
Corte di cassazione, sez. III, 27 maggio 2002 n. 7713: Adempie all’obbligo di motivazione il
giudice del gravame che si richiami “per relationem” alla sentenza impugnata di cui condivida le
argomentazioni logico – giuridiche, purché dia conto di aver valutato criticamente sia il provvedimento
impugnato che le censure proposte.
Corte di cassazione, sez. II, 10 aprile 2000 n. 4485: La legittimità della motivazione per
relationem è stata più volte ammessa da questa Corte a condizione però che nella sentenza deliberata in
sede di gravame siano vagliati, sia pure sinteticamente, il provvedimento di primo grado e le censure
proposte contro di esso, in modo che “l’iter argomentativo desumibile dall’integrazione della parte
motiva delle due pronunce risulti corretto ed idoneo allo scopo”. Nella specie questa situazione non si
rinviene perché la Corte nel merito ha richiamato la sentenza di primo grado (…) senza riportare
nemmeno sinteticamente le argomentazioni salienti di detta pronuncia nei cui confronti erano stati
proposti specifici motivi di gravame. In questo caso la motivazione della sentenza d’appello è perciò
solo apparente perché in essa la fonte del convincimento della Corte (sentenza di primo grado) è
indicata ma non è sottoposta ad alcuna sia pure sintetica disamina (…).
Corte di cassazione, SS.UU., 8 giugno 1998 n. 5612: La Corte territoriale ha motivato per
relationem richiamando la pronuncia arbitrale, di cui ha condiviso le ragioni logico-giuridiche. Orbene
la motivazione per relationem deve considerarsi rituale, quando il rinvio sia fatto ad una decisione di
grado precedente nello stesso processo, purché il giudice del gravame abbia dato conto di aver valutato
criticamente sia il provvedimento impugnato che le censure proposte.
Corte di cassazione, 23 agosto 1996 n. 7768: Il giudice di appello può legittimamente far proprie
le argomentazioni del giudice di primo grado ove non si limiti a richiamarle genericamente ma esprima
le ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti dalle parti.
Ugo Mangiavacchi
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