autostima - Il Filo di Arianna

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autostima - Il Filo di Arianna
AUTOSTIMA
Il counseling per lo sviluppo e la crescita
personale
AUTOSTIMA: il counseling per lo
sviluppo e la crescita personale
 Concetto di autostima
 Contributi teorici
 Interferenze nell’autostima: l’evitamento e la
critica (le armi della critica: le “distorsioni
cognitive” e i “devo”)
 Come migliorare l’autostima:
la “ristrutturazione cognitiva”
CONCETTO DI AUTOSTIMA
• Dal latino “aestimare” (“valutare” inteso come
“determinare il valore di…” e “avere una opinione
su…”) è l’idea di sé, come ciascuno vede se stesso,
come si giudica e che tipo di valore si attribuisce
• Senso soggettivo e duraturo di autoapprovazione del
proprio valore personale basato su appropriate
autopercezioni
• E’ l’immagine di sé che si costruisce fin dall’infanzia
• E’ essenziale per la sopravvivenza e la salute
psicologica, per il buon adattamento socioemozionale
Elementi fondamentali
L’A. è la risultante della combinazione di diversi fattori:
 COGNITIVI (definizione e caratterizzazione di sé in
termini descrittivi; opinioni sull’aspetto fisico,
emozioni, vita affettiva e sociale, lavoro…)
 EMOTIVI (insieme di sentimenti positivi o negativi
provati verso se stessi)
 COMPORTAMENTALI (modi con cui la persona si
prende in considerazione e agisce su di sé)
Autostima positiva
 Supporto interiorizzato e autosostegno (permette di





tollerare il rifiuto e la critica)
Senso di adeguatezza alle circostanze, flessibilità
Autonomia di azione e decisione; collabora senza
lasciarsi manipolare
Più in contatto con il presente e capacità empatica
Apertura e disponibilità a creare relazioni nutrienti,
costruttive e paritarie (l’autostima è un prerequisito
dell’amore, non una conseguenza!)
Rispetto, accettazione e benevolenza verso se stessi
e verso gli altri (riconoscimento dei propri limiti,
valore personale, fiducia ma anche capacità di
chiedere aiuto)
Autostima negativa
 Bisogno costante di appoggio esterno e accettazione
 Incertezza, fluttuazione tra adeguatezza e




inadeguatezza (rinforzo negativo)
Ipersensibilità alle critiche, disagio e sofferenza a
causa del giudizio negativo, (tendenza all’evitamento,
al perfezionismo, alla compiacenza,
all’autolimitazione, barriere difensive)
Autocritica, senso di colpa e comparazioni con effetti
autosvalutanti
Focus sugli errori,difetti,fallimenti, opportunità
mancate
Ostilità, irritabilità, insoddisfazione, pessimismo,
tendenze depressive
Autostima negativa
 Rinuncia, rinvii, indecisione e attesa del
“momento giusto”
 Attenzione eccessiva sul passato o futuro
(rimpianti o preoccupazioni anticipatorie)
 Sensazione di non meritare il benessere e la
felicità
 Difficoltà relazionali (enorme bisogno di
amore che predispone a delusioni, sfiducia,
senso di vuoto e solitudine)
Il continuum dell’autostima
L’autostima non va confusa con un atteggiamento di
eccessiva sicurezza.
Sia la persona che si sottovaluta che quella che
dimostra un senso di superiorità hanno una bassa
autostima.
sopravvalutazione
la persona vede solo i suoi
pregi
AUTOSTIMA
la persona vede sia i suoi
pregi che i difetti
sottovalutazione
la persona vede solo i suoi
difetti
CONTRIBUTI TEORICI
Studiosi di indirizzi teorici diversi si sono
avvicinati allo studio e alla definizione del
costrutto di autostima:
1. Approccio psicologia sociale
2. Approccio psicodinamico
3. Approccio della teoria dell’attaccamento
4. Approccio umanistico
5. Approccio cognitivo-comportamentale
6. Approccio della psicologia dello sviluppo
1. Approccio della PSICOLOGIA SOCIALE:
William James (1890)
Il Sé deriva da una costruzione personale (attiva)
dell’individuo su di sé (“amore per se stessi”)
Sostiene l’esistenza di tre costituenti del Sé empirico:
a) Materiale (comprende tutto ciò che si riferisce
come parte di sé, incluse persone e oggetti)
b) Sociale (la reputazione e i riconoscimenti che si
possono ricevere dagli altri). Da qui le aspirazioni e
obiettivi importanti per sé che, in base a quanto si
riesce a soddisfarli, definisce l’autostima.
c) Spirituale (è l’essere interiore e soggettivo, stato di
coscienza. facoltà psichiche, autoconsapevolezza).
Determina il senso di A.
1. Approccio della PSICOLOGIA SOCIALE:
William James (1890)
L’atutostima deriva dunque dal rapporto tra:
a) Sé percepito/attuale (= il concetto di sé, la
conoscenza di abilità e capacità, la
valutazione e realizzazione dei proprio
successi/insuccessi…)
b) Sé ideale (= il “dover essere” o il “voler
essere”, le aspirazioni e aspettative ideali)
Aumentando la discrepanza
l’autostima diminuisce!
1. Approccio della PSICOLOGIA SOCIALE:
C. H. Cooley (1902)
L’Io si sviluppa attraverso il rapporto stabilito con gli altri
(società) in una modalità riflessa (l’Io come
specchio) e che tende ad avvalorarsi (profezia che
si autoavvera). Il Sé è quindi il prodotto (passivo)
delle interazioni con gli altri.
Consiste in tre elementi:
a)
b)
c)
Immaginazione relativa al nostro modo di apparire agli altri
(come appaio a questa persona?)
Immaginazione relativa al loro giudizio su tale apparenza (che
cosa pensa di me questa persona?)
La risposta affettiva dell’individuo alla valutazione percepita
(mi sento gratificato o frustrato da questo incontro?)
1. Approccio della PSICOLOGIA SOCIALE:
C. H. Cooley (1902)
L’autostima deriva dunque dall’interazione con
gli altri.
Il concetto di sé, come si sviluppa durante
l’infanzia all’interno del gruppo
primario/famiglia, è quello più duraturo e
meno facilmente modificabile anche se la
valutazione di sé è un processo che perdura
per tutta l’esperienza dell’individuo.
1. Approccio della PSICOLOGIA SOCIALE:
George Mead (1934)
L’Io si costruisce attraverso le interazioni sociali (si
percepisce nel modo in cui viene percepito e valutato
dagli altri).
Fasi del processo di socializzazione:
- Influenza degli “altri significativi”
- Interiorizzazioni delle azioni e atteggiamenti degli
A.S.
- Si assume il ruolo dell’”altro generalizzato”
2. Approccio PSICODINAMICO
 L’acquisizione dell’autostima è strettamente
connessa al processo fondamentale dello sviluppo
del Sé e quindi viene letta in chiave evolutiva
 I principali autori (cfr. Klein e Kohut) descrivono le
prime esperienze del bambino come buone/cattive:
- se i bisogni sono soddisfatti il b. fa esperienza di
benessere e si sente gratificato (A. stabile)
- se è la percezione del “cattivo” che domina, la
struttura interna rispecchia l’individuo come “non
amato” e così vivrà nell’esigenza costante di
rinnovare e dimostrare il proprio valore (A. non
sicura, falso Sé)
3. Approccio della teoria dell’Attaccamento:
J. Bowlby (1973)
Durante l’interazione con la madre il b. sviluppa
credenze stabili su di lei come presente e
accessibile e su se stesso come più o meno
degno di amore:
a) Madre presente, affidabile, che risponde alle
esigenze del b.=bambino con immagine di
sé positiva, come persona degna di amore
b) Madre inaffidabile, che non risponde alle
esigenze del b.=bambino con immagine di
sé instabile e negativa
4. Approccio UMANISTICO:
C. Rogers (1951)
“L’individuo
che realizza se stesso, accetta di essere in modo
consapevole il processo che, interiormente, egli realmente è.
Smette di essere ciò che non è, di indossare un abito di
circostanza. Non si sforza di essere più di quello che è, con
relativi sentimenti di insicurezza e di ampollosa difesa. Non
cerca di essere meno di ciò che è, con i relativi sentimenti di
colpa e svalorizzazione”
(Rogers, 1961)
La condizione del Sé è ciò che determina la salute
psico-emotiva. Il processo di autovalutazione
organismica viene influenzato dalla valutazione da
parte degli altri (la percezione del sé emerge dalla
struttura costituita dal Sé direttamente sperimentato e
dalle interiorizzazioni distorte)
4. Approccio UMANISTICO:
C. Rogers (1951)
Il “bisogno di considerazione positiva” (= la ricerca di
amore e accettazione da parte delle persone
significative) è più forte della “tendenza
attualizzante” (= la fonte centrale di energia, la
tendenza diretta alla propria realizzazione e allo
sviluppo dell’organismo).
Se le condizioni ambientali non permettono la
realizzazione di sé, il b. non tenta le esperienze
necessarie per la sua “attualizzazione” ma si limita
alla ricerca del consenso e dell’amore dei genitori. In
tal modo rinuncia alla realizzazione per ottenere
l’amore ma così dipenderà dall’esterno e non riuscirà
a costruirsi una buona considerazione di sé.
5. Approccio Cognitivo-comportamentale
Il Sé è costituito dall’insieme di conoscenze, dalla rete
di informazioni che guida la percezione,
l’elaborazione e l’integrazione dell’esperienza.
Il funzionamento psicologico è quindi il risultato di fattori
cognitivi e ambientali (autopercez. = eteropercez.).
L’autostima può derivare da:
a) un particolare modo di percepire il controllo sugli
eventi della vita (cfr. locus of control)
b) conflitti cognitivo-affettivi tra i diversi Sé
(Sé percepito/Sé ideale)
a)Il locus of control
Il locus of control (J. Rotter, 1954) è una
variabile psicologica (processo cognitivo, stile
attributivo) che indica il grado di percezione
rispetto al controllo del proprio destino e degli
eventi (quanto riteniamo che gli eventi della
nostra vita siano prodotti dai nostri
comportamenti/azioni oppure da cause
esterne indipendenti dalla nostra volontà?)
Il locus of control
Due tipi di locus of control (distinzione solo
teorica poiché possono essere compresenti
e variare in base al ruolo, circostanza e
aspettative):
a) Esterno (è la sensazione che gli avvenimenti
si realizzino in modo del tutto estraneo alla
nostra capacità di influenzarli)
b) Interno (è la sensazione di possedere la
capacità di incidere sugli avvenimenti e
pertanto di poterli controllare attivamente)
Il locus of control
 Il l.c. può assumere connotazioni estreme oppure
gradi intermedi ma non esistono soggetti in “forma
pura”
 La posizione lungo il continuum varia in funzione
della personalità e dei vissuti personali ma una
condizione di equilibrio deve poter comprendere
entrambe le tendenze
 Anche un l.c. interno può risultare disfunzionale
quando è eccessivo e/o irrealistico (quando non è
sostenuto da reali sensazioni di competenza e potere
da cui “ansia di prestazione” oppure quando è usato
in situazioni in cui effettivamente non si ha potere da
cui “autocolpevolezza”)
Il locus of control
 L’autostima è in relazione a come si
attribuisce il significato a un’esperienza di
insuccesso:
- Alta autostima implica di attribuire la
responsabilità dell’insuccesso a una
situazione specifica su cui si ha un certo
controllo (es. ho studiato poco!)
- Bassa autostima implica di attribuire
l’insuccesso a una causa globale fuori dal
proprio controllo (es. sono negato per la
matematica, non sono intelligente!)
b) Rapporto tra sé percepito e sé reale
La prospettiva cognitivo-comportamentale ha sottolineato come
l’autostima sia data dal complesso di valutazioni e sentimenti
che abbiamo verso molti aspetti della nostra persona (cfr. Ianes,
2003)
In particolare l’autovalutazione negativa risulta dalla discrepanza
(conflitti cognitivo-affettivi) tra i diversi Sé (cfr. Pope et al., 1992):
- Sé percepito = concetto di sé (visione “oggettiva” delle abilità,
percezione delle caratteristiche e qualità che sono presenti e
assenti; costellazione di elementi usati per descrivere se stessi)
- Sé ideale = immagine della persona che ci piacerebbe essere,
ciò a cui si dà valore (non in modo frivolo ma nel desiderio
convinto di possedere determinate qualità)
Rapporto tra sé percepito e sé reale
Autostima = differenza tra sé percepito e ideale
Si basa dunque sulla combinazione di:
informazioni “oggettive” riguardo a se
stesso (Sé percepito)
valutazione soggettiva di quelle informazioni
(Sé ideale)
Rapporto tra sé percepito e sé reale
Alta autostima: limitata differenza tra i due sé
(es. ragazzo che dà un alto valore al
successo scolastico e ottiene buoni risultati).
E’ una visione “sana” di sé:
- percepisce realisticamente pregi e difetti e
non li valuta in modo ipercritico
- Ha fiducia in sé e lavora per migliorare le
proprie aree di debolezza, ma si “perdona” i
propri fallimenti
Rapporto tra sé percepito e sé reale
Bassa autostima: elevata differenza tra i due
sé (es. ragazzo che desidera essere molto
popolare ma ha pochissimi amici).
Può essere poco dannosa se influisce su poche
aree del sé ma comunque implica reazioni a
rischio:
- Esibire comportamenti di falsa sicurezza per
dimostrare di “essere all’altezza”
- Ritirarsi su se stessi ed evitare il contatto con
gli altri con la sensazione di essere prima o
poi rifiutati
Alcuni suggerimenti
Per modificare il “divario” tra i due Sé:
- focalizzare un particolare ambito
problematico
- analizzare il divario tra i due sé
- due possibili vie: cambiare il Sé ideale
(obiettivi più ragionevoli) o il Sé percepito
(vedersi sotto una luce più positiva)
n.b. il sé percepito è in realtà soggetto a
distorsioni e preconcetti!
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
Altri studi hanno descritto come si sviluppa l’autostima
durante l’infanzia e l’adolescenza.
S. Harter (1983) ha identificato e descritto tre
componenti (“sistema del sé”):
a) Concetto di sé: si sviluppa tra il 1° e 2° anno di vita
quando il b. inizia a riconoscersi come oggetto e si
sviluppa coinvolgendo qualità concrete e assolute e
poi sempre più astratte e differenziate
b) Autocontrollo: è la capacità di governare le proprie
attività ed espressioni emozionali (rafforza senso di
competenza e autostima)
c) Autostima: corrisponde al livello di A. globale che
l’individuo ha per sé come persona e dipende dal
bilancio tra sé reale e ideale
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
Dall’A. Specifica (= giudizio che riguarda un dato settore) a quella
Globale (= giudizio complessivo sul proprio valore):
Età prescolare (esistono tante valutazioni di sé legate a
situazioni specifiche ed esperienze concrete; riguardano
l’approvazione sociale, competenze cognitive e abilità fisiche)
Scuola elem. e media inf. (valutazioni ancora specifiche
specialmente relative a performance atletiche, successo
scolastico, aspetto fisico, accettazione sociale ma inizia una
valutazione generica globale come cognizione del proprio
valore generale)
Adolescenza (valutazione globale e integrata di diverse
dimensioni come componente quasi esclusiva)
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
Autostima GLOBALE (che non corrisponde alla somma
di quelle specifiche) si costruisce in relazione a:
valutazione di diverse componenti del concetto di sé
variazione nei diversi contesti della vita
dell’individuo (ambito sociale, scolastico, familiare,
corporeo)
importanza attribuita a ciascun contesto o abilità
Autostima GLOBALE POSITIVA si basa su:
Rapporti soddisfacenti con i genitori
Autocontrollo dei sentimenti negativi
Autoaccettazione e condotta interpersonale
“Io, che ho puntato tutto me stesso sull’essere
psicologo, mi sento mortificato se altri
conoscono la psicologia più di me. Ma non mi
crea problemi il fatto di convivere con la mia
grande ignoranza del greco. Le mie
deficienze in quell’ambito non mi danno alcun
senso di umiliazione personale. Se avessi la
pretesa di essere un linguista, sarebbe stato
esattamente il contrario”
(W. James, 1890)
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
 Dario Ianes (2005), pur considerando l’autostima una
caratteristica globale e unitaria (=autovalutazione integrata di
tutte le compnenti del Sé), ha individuato le varie dimensioni che
la costituiscono ossia le aree di esperienza della nostra vita (cfr.
visione multidimensionale):
- del successo scolastico
- relazionale
- familiare
- corporea
- emozionale
- del controllo sull’ambiente
- socioeconomica
- dei valori
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
 Alice Pope (1992), specialmente per l’età evolutiva,
-
indica quattro aree fondamentali nella valutazione
dell’autostima:
Ambito sociale (percezione del b. rispetto a sé come
amico degli altri)
Ambito scolastico (percezione di sé come studente
rispetto a coetanei, insegnanti, genitori)
Ambito familiare (percezione di sé come componente
della famiglia)
Ambito corporeo (percezione del proprio aspetto
fisico e capacità)
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
S. Coopersmith (1967) ha effettuato una ricerca su ragazzi di 10 e
11 anni.
Quattro fattori nell’età evolutiva:
a) Il valore che il b. percepisce di avere per gli altri
(affetto, apprezzamento, attenzione)
b) Il vissuto di successo del b.(status o posizione
percepita nel suo ambiente)
c) La definizione personale del b. di “successo” e
“insuccesso” (dipende dalle aspettative e
aspirazioni personali)
d) La modalità di risposta del b. al feedback negativo e
alla critica
5. Approccio della Psicologia dello sviluppo
Per favorire un’alta autostima:
 E’ centrale il ruolo dei genitori (come accettazione
totale dei figli facendoli sentire apprezzati e
considerati e modelli per come gestire e affrontare
situazioni problematiche ponendo limitazioni ben
definite al comportamento, “regole chiare”)
 Non possono trasmettere ai figli ciò che loro stessi
non hanno!(chi non ama se stesso non solo non può
amare un altro ma ritiene estremamente improbabile
poter essere a sua volta amato)
Per una bassa autostima:
- Genitori troppo coercitivi o permissivi, che si
rapportano in modo brusco o distante dando così la
sensazione ai figli di non essere apprezzati.
“Il mio il deve essere un oggetto di amore tanto
quanto ogni altro essere. L’affermazione della
propria vita, felicità, crescita, libertà è
determinata dalla propria capacità di amare,
cioè nelle cure, nel rispetto, nella
responsabilità e nella comprensione. Se un
individuo è capace di amare in modo
produttivo, ama anche se stesso; se può
amare solo gli altri, non può amare
completamente”
(E. Fromm, 1956)
INTERFERENZE NELL’AUTOSTIMA:
l’evitamento
Le tendenze fondamentali del comportamento umano
sono:
- fuga/evitamento (di ciò che viene percepito come
doloroso)
- Avvicinamento/contatto (di ciò che viene ritenuto
positivo).
Entrambe le modalità sono “sane” se rispondono in
modo realistico alla situazione ma diventano
disfunzionali se adottate in modo rigido e
stereotipato.
INTERFERENZE NELL’AUTOSTIMA:
l’evitamento
 L’evitamento come strategia comportamentale
costante è alla base delle autosvalutazioni.
 L’evitamento è una forma di negazione e fuga che
richiede distorsioni del pensiero e preclude possibilità
di crescita e sviluppo personale.
 L’evitamento esclude due importanti fattori
psicologici:
- l’assunzione di rischi psicologici (intrapsichico e
interpersonale)
- la responsabilità personale (di sentimenti e azioni)
Responsabilità per:












La mia salute e cura del corpo
Le mie emozioni
La mia scelta del partner
La mia scelta degli amici
Il mio livello di impegno nel lavoro
Il mio livello di coinvolgimento nei rapporti sociali
Il modo in cui tratto le persone
Il mio sviluppo intellettuale
Il mio carattere
La mia felicità
Le mie autovalutazioni
Il raggiungimento dei miei obiettivi
INTERFERENZE NELL’AUTOSTIMA:
la Critica
Critica patologica= voce interiore negativa che ci
attacca e ci giudica (accusa, confronta, stabilisce
standard di perfezione, memorizza i fallimenti ma non
i successi, attacca per ogni errore, detta regole
rigide, “etichetta”, ingrandisce i lati deboli).
Come armi usa: le distorsioni cognitive e i valori e
regole/doveri con cui siamo cresciuti (paragona
l’”essere” al “dover essere” e rileva l’inadeguatezza)
E’ “martellante”, controllante e intollerante.
Origine della Critica
 Durante l’infanzia
 Sulla base delle relazioni con genitori, adulti
significativi…
 In riferimento a esperienze di rimproveri,
ammonimenti, giudizi, disapprovazioni
 Per “proteggere” la parte vulnerabile dal
dolore e dalla vergogna di “essere meno di
quanto dovremmo essere” e dal timore del
rifiuto
Fattori dell’intensità della Critica
 L’etichettare i comportamenti indesiderati dei genitori




come “moralmente” sbagliati/cattivi
Non differenziare gli avvertimenti sui comportamenti
dai giudizi sull’identità
La frequenza degli eventi punitivi
La contraddittorietà degli eventi punitivi (vissuta con
senso di colpa)
La frequenza con cui gli eventi punitivi erano legati
alla rabbia e rifiuto genitoriale
Funzioni della Critica
A)Aiuta a risolvere problemi e soddisfare alcuni
bisogni di base:
 agire in maniera giusta
 sentire di avere valore
 sentirsi accettati dai nostri genitori
interiorizzati
 controllare sentimenti negativi
Funzioni della Critica
B)Cerca di “proteggere” dalle emozioni
spiacevoli quando:
- ci si sente cattivi, sbagliati, inadeguati, senza
valore
- si sperimenta la paura del fallimento
- si prova rabbia
- si è afflitti dai sensi di colpa
 Riconoscere la critica:
“cosa mi dico quando…”
 Ascolto del dialogo interno:
critica
Mi aiuta a
sentirmi o a
fare…
Mi aiuta ad
evitare…
L’attacco verso se stessi
 L’attacco rivolto a se stessi paradossalmente
procura sollevo dal dolore ma sarà un
sollievo “precario” e “devastante” per
l’autostima (la difesa è più dolorosa dei
sentimenti che si vogliono evitare)
 L’attacco contro se stessi aliena dal proprio
Sé e dagli altri e riduce le energie per il
cambiamento (senso di impotenza e
disperazione)
L’attacco verso gli altri
 Giudicare e classificare noi stessi in maniera
assoluta
 Giudicare e classificare il comportamento
degli altri
 Usare etichette negative
 Pretendere che gli altri debbano essere
diversi da come sono
 Rimproverare gli altri ritenendoli responsabili
dei propri vissuti spiacevoli
Armi della critica: distorsioni cognitive
 Generalizzazioni
 Uso di etichette stereotipate
 Selezionare e filtrare la realtà
 Pensiero polarizzato
 Autorimproveri
 Personalizzazione
 Lettura del pensiero
 Credenze errate
 Ragionamento emotivo
n.b. Il modo in cui pensiamo influenza azioni/emozioni!
Le distorsioni cognitive
GENERALIZZAZIONE
Si prende un evento e se ne fa una regola
generale che si applica poi a una serie di
situazioni diverse, senza mai verificare
Termini ricorrenti: “tutti, nessuno, sempre,
mai…”
Funzione: nascondere/placare forti sentimenti
che riguardano una situazione/persona
Es. “non riesco mai…”; “nessuno mi capisce”
Le distorsioni cognitive
ETICHETTE STEREOTIPATE
Si danno giudizi stereotipati invece che fare una
descrizione realistica delle qualità (cliché
dispregiativi, stereotipi su persone, cose,
comportamenti, esperienze)
Es. “sono un incapace”…”gli uomini sono tutti
infantili!”
Le distorsioni cognitive
SELEZIONARE E FILTRARE LA REALTA’
Si focalizza l’attenzione solo su determinati
aspetti della realtà, ignorando il resto; si
tende a dar rilievo ad elementi negativi,
togliendo valore a quelli positivi
Es. “mi va sempre tutto storto”
Le distorsioni cognitive
PENSIERO POLARIZZATO
Si classificano tutte le azioni ed esperienze in
dicotomie, categorie bianco/nero e secondo valori
assoluti, con enfasi su parte negativa
Es. “nel lavoro o sono competente o una nullità”
AUTORIMPROVERI
Ci si rimprovera per eventi che si possono controllare
solo marginalmente e di cui non si ha colpa; ci si
giustifica e non si vedono i successi/qualità
Es. “è tutta colpa mia!”
Le distorsioni cognitive
PERSONALIZZAZIONE
Tutti gli eventi vengono sentiti in relazione a sé
(pensieri/sentimenti/azioni altrui sono riferiti
alla propria persona e provocati da pensieri e
azioni proprie). Autocentrazione e
svalutazione degli altri come soggetti
indipendenti.
Es. “non mi saluta perché gli ho fatto un torto”
Le distorsioni cognitive
LETTURA DEL PENSIERO
Parte dal presupposto che tutte le persone sono
come noi e la pensano allo stesso modo (cfr.
“proiezione” e attribuzione agli altri delle
proprie autovalutazioni negative). Si procede
verso conclusioni senza aver fatto alcuna
verifica, pretendendo di indovinare ciò che gli
altri pensano.
Es. “lui sa bene cosa penso!”
Le distorsioni cognitive
CREDENZE ERRATE
Ci si sente responsabili di tutto e per tutti oppure vittime
impotenti senza possibilità di controllare nulla
(“eccessivo controllo” o “assenza di controllo”)
RAGIONAMENTO EMOTIVO
Ci si basa solo sulle proprie emozioni per interpretare la
realtà e indirizzare l’azione senza tener conto di
regole razionali
Armi della critica: i “devo”
 I “devo” costituiscono la base ideologica a cui attinge la critica
patologica per autovalutarci in funzione di un “dover essere” e
colpirci nell’autostima
 Sono stati acquisiti dai genitori (per il bisogno di essere amati e
approvati e sentirci sicuri) e poi da altri riferimenti (per il bisogno
di essere accettati)
 Spesso hanno poco a che fare con i nostri bisogni autentici, non
ci appartengono (cfr. aspettative genitoriali, culturali); alcuni
sono utili, altri limitanti (dipende dalla loro natura “assoluta”)
Inventario dei “devo”












Relazioni interpersonali
Attività in casa
Attività ricreative
Attività lavorative
Attività di sviluppo delle proprie potenzialità
Sessualità
Attività sociali e politica
Religione
Denaro e finanze
Cura di sé
Gestione ed espressione dei sentimenti
Vissuti interiori
Valori sani e valori insani
- I valori autentici sono flessibili (lasciano spazio alle
eccezioni e a margini di errore)
- I valori autentici non sono introiettati (sono stati
esaminati nella loro adeguatezza alle circostanze,
alla propria personalità e bisogni)
- I valori autentici sono realistici (si basano su
valutazione delle conseguenze)
- I valori autentici sono vitalizzanti (rispettano i nostri
bisogni di base e incoraggiano a fare ciò che è di
supporto e nutriente)
COME MIGLIORARE L’AUTOSTIMA:
LA RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA
“Nessuno può farti sentire inferiore
senza il tuo consenso”
(E. Roosevelt)
RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA
L’autostima non consiste solo nel riconoscere i propri
aspetti positivi, ma anche nell’avere un’attitudine
all’accettazione e al non giudizio nei confronti di se
stessi e degli altri.
Si può migliorare l’autostima utilizzando le tecniche di
R.C. attraverso:
1. l’esplorazione dell’autodialogo negativo
2. la confrontazione della Critica patologica e delle
distorsioni cognitive
3. lo sviluppo di una autovalutazione più benevola
1. Esplorazione dell’autodialogo


Imparare ad ascoltare il dialogo interno per
identificare gli attacchi della critica
Identificare la funzione di ogni pensiero
critico:
a) “mi aiuta a sentirmi/fare…” (serve per
raggiungere un obiettivo? per rispettare una
regola?)
b) “mi aiuta a evitare…” (ad es. sentimenti
spiacevoli, rimproveri, giudizi negativi)
2. Disarmare la Critica (cfr. scheda)

Per combatterla bisogna innanzitutto riconoscerla!
(cfr. dialogo interno)

Dopo averla identificata si può disarmarla
attraverso due fasi:
a)
Individuare i suoi propositi e funzioni (“cosa mi dico
quando…”)
Contestarla e renderla inutile (“cosa posso
rispondere per farla tacere?”…”quale prezzo pago
nel prestarle ascolto?”…”cosa posso dirmi per
ridarmi valore?”)
b)
Correggere le distorsioni cognitive
 Sono difficili da riconoscere (anche le
persone più razionali possono applicarle!)
 Per individuarle occorre rievocare le
affermazioni del dialogo interno in momenti o
situazioni difficili
 Creare la propria voce di contestazione
Situazione-Autodialogo-Distorsione-Contestazione
Scoprire e valutare i “devo”
 Per ogni area della propria vita chiedersi:
“provo/ho provato sentimenti di colpa in
quest’area? Sperimento conflitti? Provo un
senso di obbligo/dovere? E’ qualcosa che
sento di dover fare ma sto evitando?”
 Stabilita la presenza di questi sentimenti,
risalire ai “devo” che li provoca (“che cosa
succederebbe e significherebbe per me se
non rispettassi la mia regola?”)
Scoprire e valutare i “devo”
 Una volta individuati i “devo” occorre:
- Determinare se sono utili, sani e appropriati
- Esaminare il linguaggio (sostituire “voglio, preferisco”
a “devo”)
- Ridimensionare i principi assoluti di “giusto” e di
“sbagliato” (valutare realisticamente le conseguenze
dell’applicazione della regola)
- Domandarsi se quel “devo” si addice alla propria
personalità/bisogni/desideri
Interrompere i “devo”
 Per eliminare i “devo” dal proprio autodialogo occorre
contestarli con costanza e determinazione
evidenziando i seguenti elementi:
- Il bisogno originario che ha creato il dovere (“da chi e
in che modo ho acquisito la regola?”)
- Il motivo principale per cui non si vuol più seguire la
regola (“cosa comporta seguire la regola? È ciò che
voglio?”)
Ristrutturazione cognitiva
(disarmare la critica)
I.
Riconoscere la
critica
“cosa mi dico
quando…?”
Individuare i
propositi e
obiettivi e le
funzioni della
critica
“a che cosa
mi serve?
Che
vantaggio
traggo”?
“cosa mi
permette di
evitare
(sentimento
negativo,
rimprovero,
giudizio)?”
II.
Disarmare la
critica
“cosa posso
rispondere
per farla
tacere?”
“quale
prezzo pago
nel prestarle
ascolto?”
“cosa posso
dirmi per
ridarmi
valore?”
Contestare le
distorsioni
cognitive
Contestare i
DEVO
Rievocare le
affermazioni
del dialogo
interno
“sono utili,
sani,
appropriati?”
“cosa
comporta
seguire la
regola?” “cosa
succede se
non la
rispetto?” “da
chi l’ho
imparata?”
3.Sviluppare una buona autovalutazione
Per migliorare l’autostima è necessario valutare in
maniera realistica le proprie qualità, i propri punti di
forza, i limiti e i difetti. Occorre dunque sviluppare:
-
-
Benevolenza verso se stessi
La capacità di affrontare il dolore
La capacità di accettare la paura
Il saper affermare il proprio valore
Il saper gestire gli errori
L’empatia
La consapevolezza
L’assertività
L’autenticità
La benevolenza
 COMPRENSIONE (conoscenza più profonda di
sé/altri, consapevolezza di sé per aprirsi anche
all’ascolto dell’altro)
 ACCETTAZIONE (riconoscere le proprie
imperfezioni, senza combatterle, per essere più
responsabili). E’ presupposto essenziale per il
cambiamento!
 PERDONO (non per giustificarsi o dimenticare, ma
per andare oltre il passato)
Saper affrontare il dolore
 Rifiutando il dolore si rifiuta anche la gioia!
 Evitando il dolore si alimenta la paura (“se si
ha paura di soffrire, si finisce a soffrire di
paura!”) e ci si indebolisce nel mancato
superamento dell’esperienza
 Accettando il dolore lo si conosce meglio
(“l’onda fa il suo corso”) e ci si rafforza
Saper accettare la paura
 La paura è un’emozione primaria (“provare
paura è umano, ed essere capaci di tollerarla
è importante”); evitarla porta a distorcere la
realtà
 Il modo migliore per gestirla è riconoscerla e
accettarla (“come è cominciata questa paura?
Quali possono essere le conseguenze
peggiori che rischio?”)
Saper affermare il proprio valore
 Nella nostra cultura:
valore personale=capacità, successo, denaro!
 Nell’esperienza precoce il bisogno di
riconoscimento può avvenire:
- generalizzando positivamente un attributo,
azione, modo d’essere
- approvando delle capacità
- confermando il valore come individuo (qualità
interiori)
Saper affermare il proprio valore
 Quando i messaggi ricevuti sono negativi
(“sei cattivo, sbagliato, stupido, incapace”) ci
si può auto-istruire in senso positivo (“Ho
valore perché esisto. Sono degno di essere
amato e sono una persona capace. Voglio
bene a me stesso e sento di essere O.K.”)
 Ciò richiede di integrare il bambino e
l’adolescente che è in noi!
Saper gestire gli errori
 Accettarsi e accettare incondizionatamente con difetti




ed errori (anti-perfezionismo)
Interpretare in maniera nuova gli errori (sono un
insegnamento, un avvertimento, un requisito per la
spontaneità!)
Ampliare la consapevolezza (“errore” è la definizione
data al comportamento “dopo” l’accaduto e cioè
quando la consapevolezza è cambiata)
Aumentare la responsabilità (più coscienza dei propri
bisogni e delle conseguenze delle proprie azioni)
Liberarsi dai sensi di colpa
L’empatia
 L’accettazione per essere completa non deve
rivolgersi solo a noi stessi ma anche agli altri
attraverso il rispetto (riconoscimento del valore) e
l’empatia (accettazione/accoglienza)
 Empatia non è simpatia (sentire quello che sente
l’altro)
 Empatia non è supporto (comportarsi in modo tenero
e comprensivo)
 Empatia non è apprezzamento (lodi eccessive)
L’empatia
 Identificarsi, mettersi nei panni dell’altro (condividere
emotivamente l’esperienza dell’altro, “vibrare”
emotivamente)
 Ascoltare attentamente, fare domande, non
giudicare, usare l’immaginazione per “capire” l’altro
nella sua globalità (contenuto, emozione, sentimento)
 Essere in contatto, nel “qui e ora”, con la sfera intima
dell’altro (percepire i sentimenti e i valori dell’altro
“come se” fossero propri, entrare nella pelle dell’altro
senza perdere la propria identità)
 Comunicare all’altro le percezioni
La consapevolezza
 Sentire il proprio “mondo interno” nel “qui e
ora” (attenzione alle sensazioni interne ed
esterne)
 Assumersi la responsabilità della propria vita
e delle proprie “scelte” (pensieri, emozioni,
azioni)
 Avere, di conseguenza, fiducia in se stessi,
rispetto e senso del proprio valore
L’ assertività
 Dalla consapevolezza al riconoscimento e
riappropriazione del proprio mondo di bisogni e
desideri
 E’ lo stile comunicativo che caratterizza un individuo
sicuro di sé, socievole, aperto al confronto
 Implica la capacità di comprendere e rispettare gli
altri ma, contemporaneamente, di salvaguardare i
propri diritti
 Promuove l’uguaglianza e la parità nei rapporti
interpersonali
L’ assertività:
caratteristiche
Caratteristiche della persona assertiva:
Livello cognitivo-verbale Livello comportament.
Livello fisiologico
-Comunic. chiara e
-Postura eretta
-Assenza di segnali di
diretta
-Esprime onestamente
le sue opinioni e
sensazioni
-Non è manipolativo
-Cerca di comprendere
il messaggio dell’altro
-Se non comprende
chiede chiarimenti
-Corpo rivolto verso
ansia
-Non teme di esprimere
dubbi o fare richieste
-Rimane tranquillo
anche in situazioni
ansiogene
l’interlocutore
-Si comporta in modo
da rispettare l’altro
L’ assertività:
confronto tra i diversi stili comunicativi
emozioni
comportamenti
pensieri
Passivo
Spesso prova
rabbia repressa.
Ha paura
Fuga, scarso
coinvolgimento; a
volte manipola gli
altri
Colpa e
autosvalutazione;
si autocritica e
collega il suo valore
alle prestazioni
Aggressivo
Spesso prova
rabbia esplosiva e
risentimento
Attacca
verbalmente e
fisicamente; è
molto competitivo e
invadente
“o si attacca o si
viene attaccati”;
colpa dopo la
rabbia; collega il
valore ai risultati
asseritivo
Prova emozioni in
modo misurato ed
è capace di
controllarle
Cerca il contatto
con l’altro ma
sempre nel rispetto
dello spazio altrui
Autostima; rispetta
sé e gli altri in
modo
incondizionato
L’ assertività:
abilità di base
 Richiede la padronanza di alcune abilità di
base poiché è importante non tanto ciò che si
dice o si fa ma il COME ci si esprime
 Tra le abilità di base:
- Contatto oculare
- Postura
- Gestione dello spazio
- Voce
L’ assertività:
abilità complesse
 Richiede anche la padronanza di alcune abilità
complesse cioè relative al sistema verbale
 Tra le abilità complesse:
- di conversazione per interagire (autoapertura,
inserimento nella conversazione, stabilire contatto,
informazioni personali, domanda, concludere
conversazione, gestire il silenzio)
- di difesa rispetto ad attacchi o manipolazioni
(“asserzione negativa” cioè accettare gli errori se si
ricevono critiche fondate;”inchiesta negativa” cioè
domande dubitative e di approfondimento se le
critiche sono immotivate; “disco rotto” per richieste
insistenti; “annebbiamento” con risposte date solo in
riferimento al livello di contenuto; “smoking” con
risposte ironiche e/o incongruenti; “saper dire di no”)
L’ assertività:
tipologie di messaggi assertivi
-
Fornire informazioni
Esprimere proprie opinioni
Esprimere propri bisogni
Esprimere propri sentimenti
Assumere decisioni ed esprimerle
Formulare e accettare complimenti
Esprimere critiche (cfr. messaggi Io) e accettare
quelle costruttive (cioè quelle “precise”, rivolte alla
prestazione e al comportamento, che mantengono
aperto il dialogo vs. quelle distruttive che sono
“imprecise”, rivolte alla persona, che tendono a
colpevolizzare e a chiudere il dialogo)
L’ assertività:
i principali diritti affermativi
 Hai il diritto di:
- Giudicare il tuo comportamento, i tuoi pensieri, le tue emozioni e di
-
-
assumerti la responsabilità per l’iniziativa e le conseguenze su te
stesso
Non offrire ragioni o scuse per giustificare il tuo comportamento
Giudicare se sei in dovere di trovare soluzioni ai problemi degli altri
Cambiare le tue opinioni
Commettere errori e di essere responsabili di essi
Dire “non lo so”
Non essere condizionato dal giudizio degli altri prima di entrare in
relazione con loro
Essere irrazionale nel prendere decisioni
Dire “non capisco”
Dire “non me ne occupo”
Dire “No!” senza sentire ansia o disagio
L’ assertività:
formulazioni nel counseling
 Per esprimere efficacemente le proprie

-
richieste/desideri occorre definire:
la richiesta specifica (il comportamento/azione); a chi;
quando; dove; con chi
Suggerimenti per richieste efficaci:
convenire luogo e momento opportuni per il colloquio
(se possibile)
proporre una richiesta contenuta
formulare la richiesta in modo semplice e
comprensibile
ascoltare il punto di vista dell’altro
non rimproverare o aggredire l’altro
usare una comunicazione che rispetti i propri pensieri
e sentimenti
L’ autenticità
 Accettare e conoscere il proprio sé
 Congruenza tra il sé interno e quello che si
manifesta all’esterno
 Onestà con sé e gli altri sui propri sentimenti
 Comunicazione chiara e sincera (ma tenendo
conto delle circostanze)
 Dare giusto peso ai giudizi esterni
 Apprezzare l’autenticità/individualità degli altri
“Non smetteremo mai di esplorare
e alla fine di tutto il nostro esplorare
ritorneremo al punto da cui siamo partiti
e conosceremo quel posto per la prima volta”
(T. S. Eliot)