gioco con vista

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gioco con vista
A lfabeto
18
P sicologia
della
Il Gioco
A cura di Maria Grazia Lentini *
Il gioco è un’attività caratterizzata da aspetti diversi che di regola non ha per scopo il profitto, ma segue
una trama di tipo fantastico, rispondendo ad un bisogno gratificante in sé e non nel fine che può raggiungere
o nel risultato che può produrre, come accade nell’attività lavorativa.
Le espressioni tipiche del gioco si hanno nell’infanzia e nell’adolescenza, età in cui l’attività ludica
implica un impegno piacevole e quasi continuativo, costituendo così il fattore più importante dell’equilibrio
emotivo. Attraverso il gioco ed i suoi strumenti, i giocattoli, i bambini imparano ad esplorare il mondo
circostante ed apprendono le regole per controllarlo imitando il modello adulto.
Durante questa attività, infatti, entrano in gioco, oltre al patrimonio istintuale,
la vita emotiva con quella intellettuale, i processi di socializzazione ed educazione
che rendono questa attività esercizio preliminare per lo sviluppo di aspetti di
vitale importanza nelle età successive.
Dal punto di vista emotivo, il gioco nel suo aspetto catartico permette ai
bambini di scaricare sui giocattoli, che sono oggetti-simbolo, tutte le paure,
tutte le insicurezze ed anche gli atteggiamenti aggressivi spostandoli dalle persone
“reali” alle cose.
Come sottolinea Lewin, questo processo permette di passare dal piano della
realtà a quello della rappresentazione, manifestando desideri e timori che
probabilmente, se il bambino non dovesse trovare possibilità di esprimere, lo
renderebbero più insicuro. Partendo da questo presupposto è più facile comprendere
l’utilità di quegli oggetti che Winnicott chiama “oggetti transazionali”: bambole,
coperte, pupazzi che i bambini tendono a portare sempre con sé per trovare quella
maggior sicurezza che farà da fondamenta per i nuovi rapporti affettivi che stabilirà nel futuro.
Dal punto di vista intellettivo, l’attività ludica permette al bambino di assimilare le esperienze
vissute creando schemi mentali preparatori alle nuove relazioni ed attività future.
ipotizza tre stadi del gioco:
L’attività
• Gioco percettivo motorio. Tipico dei primi anni di vita, come afferrare, portare alla bocca
ecc., non presuppone alcuna attività di pensiero o relazione.
• Gioco simbolico. I giocattoli sono considerati anche simboli di altri oggetti non presenti
e permettono al bambino di esprimere i propri bisogni in modo corretto. Si presuppone attività
di pensiero e di immaginazione molto spiccate: il bambino finge di dormire, combatte, vola, oppure si trasforma in
qualcun altro.
• Gioco delle regole. Il gioco diventa di gruppo, con ruoli distinti, con il rispetto delle regole condivise. Tutto ciò
permette al bambino di staccarsi dal suo egocentrismo e di interiorizzare le condotte sociali.
Dal punto di vista socializzante, il gioco asseconda il bambino nel passaggio dalla fase associativa, in cui condivide
gli oggetti con gli altri, ad una fase collaborativa, in cui realizza una vera integrazione caratterizzata dalla divisione
dei ruoli, dal rispetto delle regole, e dalla subordinazione dei bisogni individuali a quelli del gruppo. Questo aspetto
dell’attività ludica è quello che accompagnerà l’individuo per tutta la sua crescita.
Il gioco è utilizzato anche nell’intervento diagnostico perché permette al terapeuta di usarlo come un test dello
sviluppo nel bambino, sia a livello motorio che intellettivo, e come test reattivo-proiettivo in quanto può indicare, sul
piano simbolico, le sue paure, le tensioni e le difese in atto.
Fu per primo Freud, seguito da Melanie Klein, ad utilizzare il gioco nell’ambito terapeutico con la ludoterapia.
In questa situazione il bambino vive due piani fusi fra loro, dove realtà e fantasia si confondono, per cui il gioco
diventa un luogo privilegiato di espressione e comunicazione di ansie, paure e bisogni mai espressi chiaramente.
In Libreria
• Freud S., “Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (caso clinico del piccolo Hans)”, Boringhieri (Torino)
• Klein M., “La tecnica psicoanalitica del gioco: sua storia e suo significato”, Il Saggiatore (Milano)
• Piaget J., “Lo sviluppo mentale del bambino ed altri studi di psicologia”, Einaudi (Torino)
• Winnicot D. W., “Gioco e realtà”, Armando (Roma)
• Millar S., “La psicologia del gioco infantile”, Boringhieri (Torino)
• Erikson E. H., “Infanzia e società”, Armando (Roma)
• Belisario L., “Gioco e psicologia degli affetti”, Guerini & associati (Milano)
* Psicologa - Psicoterapeuta - ASL TA
pugliasalute
- cinquantadue -
novembre 2007