una triste pagina del passato

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una triste pagina del passato
Amministratore GIERRE
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Dalla rubrica : Riceviamo e Pubblichiamo
UNA TRISTE PAGINA DEL PASSATO
di Francesco Tropea
Il nostro sud vuoi per i governi che si sono succeduti e che non hanno mai saputo
creare le risorse con posti di lavoro per poter assicurare ad ognuno una vita
dignitosa,e anche perchè regno incontrastato da numerosi feudatari abituati ad
imporre il loro dominio assoluto occupando perfino nel governo i ministeri cardini
per meglio esercitare la loro tirannia. Per tali motivi quindi il nostro sud ha sempre
conosciuto soltanto miseria, da come mi appresto a raccontare;una parte appresa dai
predecessori,e una più minima vissuta di persona. Le terre unica fonte di vita come
già citato per la maggior parte sono sempre state di proprietà dei latifondisti,un’altra
parte di grossi e medi proprietari,e una minima parte di contadini con modestissimi
appezzamenti.
La gran massa di proletari era quindi costretta a lavorare alle dipendenze di costoro
ricevendo come compenso una misera paga,che non consentiva a far fronte al
mantenimento della famiglia,ma a stento per riuscire a sfamarla alla meno peggio
cioè privandosi di molti alimenti di prima necessità. Questi braccianti inoltre
venivano bistrattati su tutto trattati con disprezzo e giudicati servi, e in tanti che non
avevano buone prestazioni fisiche tali da pregiudicarne il rendimento sul lavoro se
volevano continuare a percepire quel misero compenso dovevano accondiscendere
che questi prepotenti se la spassassero con le loro donne anch’esse lavoratrici alle
loro dipendenze. E quanti di questi poveretti non avendo altra prospettiva dovettero
subire in silenzio accollandosi la paternità di uno o anche di più figli nati da tali
circostanze.
Tornando agli alimenti di prima necessità che quasi neanche si conoscevano per il
loro costo proibitivo erano:il pane di grano,(o bianco,la pasta,il caffé,il latte,lo
zucchero,la carne e inoltre l’abbigliamento anche molto esiguo e perfino le scarpe. Il
pane che si consumava era quello di mais e nemmeno in quantità sufficiente(lo si
doveva abbinare a fichi infornati)la pasta si mangiava solo in occasioni delle feste,le
famiglie più benestanti in parte consumavano la pasta ‘i zzita (tuttora esistente e che
si chiama appunto ziti o zitoni)condita col sugo di carne di capra.
Le famiglie popolane invece la pasta la consumavano in occasione delle feste era per
lo più preparata in casa con la farina ricavata dal grano da essi prodotto con
innumerevoli sacrifici. Mentre tante altre persone di scarse condizioni sociali la farina
l’avevano ricevuta in regalo,dato che le donne di tali famiglie prestavano servizio
presso quelle più agiate nel periodo delle feste provvedevano ad impastare e
preparare loro i maccarrùni tagliati (fettuccine) di tanto in tanto le padrone davano
alle dipendenti o un pò di farina o parte della pasta già preparata. Altre famiglie più
misere invece una piccola quantità di farina l’avevano ricevuta in segno di pietà
dicendo:VA PPI L’ANIMA DI MUARTI Con la farina bianca come detto di quantità
esigua veniva quindi usata per lo più per preparare la pasta che oltre al tipo citato
molto più di rado ne venivano preparati altri e cioè I SCILATÌALLI E LLI
STRAGUGLIA PRIAVITI ossia STROZZA PRETI.
La carne allora la mangiavano per lo più le persone benestanti una volta alla
settimana cioè la domenica. La varietà più usata era quella di capra ma per chi voleva
risparmiare sul costo poteva comprare quella di pecora o di agnello,il capretto lo
consumavano una minima parte di gente benestanti e per lo più per gente con
problemi di salute. Le fettine dette allora bistecche si conoscevano molto poco difatti
venivano consumate dagli ammalati gravi per lo più appartenenti alle famiglie
benestanti.
Tra i contadini la carne che si consumava era ridotta solo a coloro che possedevano la
casa a che potevano crescersi il maiale e allevare dei polli,dei conigli,e magari
possedevano pure la capra così si poteva avere il latte per i bambini e una volta ogni
anno farla coprire e avere anche da uno a due capretti che il più delle volte venivano
venduti per ricavare dei soldi,ma per quei braccianti che dovevano campare con le
sole braccia tutti questi alimenti come già detto erano soltanto un miraggio.
Per il caffé veniva usato l’orzo misto a ghiande infornate per preparare il cacao
veniva infornata la soia il latte come già detto lo bevevano solo coloro che
possedevano la capra come pure le persone ammalate. Anche per il companatico quel
che si consumava lo si doveva produrre da se e prepararli a fine estate in salamoia o
essiccati:(per sapere tutto ciò controllare nel mio libro viaggio nel passato ).
Anche l’abbigliamento era molto più ristretto come più dettagliata mentre viene
descritto sempre nel libro sopra citato la popolazione del passato come visto faceva
una vita di stenti ma con tutte queste ristrettezze non disdegnava di sfornare una
numerosa prole cercando sempre di non far loro mancare lo stretto necessario.
Lavorando come bestie per raggiungere tale scopo e venendo inoltre tiranneggiati
dagli amministratori che approfittando dell’ignoranza che regnava sovrana facevano
pagare esosi tributi,come sulle case e anche la tassa animale per l’asino e il cane che
alcuni possedevano anche sulle biciclette c’e stato un periodo che si doveva pagare il
bollo e perfino sulle carrette e birocci su questi addirittura una tassa doppia perché
considerato veicolo privilegiato.
Già di per se la gente che a stento poteva mangiare quando doveva pagare tali balzelli
non facile poteva farlo puntualmente specie con la tassa fondiaria e quindi erano
sempre morosi e mai in tempo potevano provvedere a pagare gli altri numerosi
balzelli. Ma i periodi più tristi che i nostri predecessori hanno dovuto sopportare(e
qui rientra ciò che ho appreso da mio padre e nonni)sono gli anni dell’avvento del
fascismo che ad incominciare dal 1930 fino ad arrivare al 1935 quando giunse al
culmine,la gente che possedevano dei discreti appezzamenti di terreno videro il costo
dei loro prodotti agricoli tra cui il vino tracollare, non essendo addirittura più richiesti
sul mercato furono quindi costretti per cinque lire al giorno ad emigrare nell’africa
orientale,costretti per la vergogna a partire di notte affinché non li vedesse nessuno
giacché il loro armamentario era costituito: per valigia un sacchetto di canapa
(CIRMELLA) con dentro un pane e una misera mutatura.
In tali luoghi infine scoppiò la guerra e quelle persone ebbero un bellissimo risultato
dato che in molti ci lasciarono la pelle. Altri ancora nel 1936 andarono volontari alla
guerra della Spagna venduti per fame con il petto alle palle per la quale il governo
Spagnolo li ricompensava con dieci lire in oro al giorno e qui il governo Italiano
glieli tramutava in dieci lire di carta,quindi beffa nella beffa.
Anche qui in molti trovarono la morte e in tanti tornarono feriti con mutilazioni
permanenti. Nel frattempo scoppiò il secondo conflitto mondiale tutti quei giovani
che per anni loro e le loro famiglie erano state angariate da tasse e costretti ad una
vita di stenti il governo si ricordò che erano figli della patria chiamandoli in guerra
con il risultato che si è visto,questi figli della patria chi non cadde in guerra dopo anni
di prigionia e di maltrattamenti ritornato in Italia punto e daccapo peggio di prima.
Nel frattempo in molti dopo il loro rientro si ammalarono perché il loro fisico
duramente provato dai maltrattamenti subiti durante la prigionia come pure per gli
altri che avevano trascorso molti anni ai vari fronti il loro fisico risultò minato da tali
patimenti.
Com’era loro diritto inoltrarono domanda affinché gli venisse riconosciuta la causa di
servizio onde vedersi assegnare una pensione ma puntualmente questa venne respinta
o addirittura rigettata e di queste persone pochi morirono di vecchiaia. Finita la
guerra si era sperato finisse la miseria ma purtroppo invece aleggiava sempre sovrana
e quindi tutti coloro che erano costretti a campare con il lavoro delle sole braccia i
loro problemi erano sempre gli stessi,perciò non appena si presentava il momento
favorevole onde poter emigrare ed avere un avvenire migliore per loro e i loro figli
non si lasciavano di certo sfuggire tale occasione,e nei periodi di massima dei flussi
migratori i paesi del nostro circondario rimasero privi del fior fiore della gioventù.
Ma il poter emigrare non era sempre possibile difatti vi erano i periodi in cui in altri
stati era richiesta molta manodopera seguiti da altri periodi di stanca in cui come si
diceva allora i passaggi erano chiusi..
In uno di questi periodi del recente dopo guerra del secondo conflitto mondiale molti
altri giovani come coloro che li avevano preceduti non avendo altre alternative e
allettati dall’offerta dell’ingaggio molto alto rispetto all’allora modestissimo salario
giornaliero si arruolarono volontari nella legione straniera,operante in Algeria e
Tunisia dove imperava il dominio francese e da cui dipendevano appunto tali
legionari. Anche qui in tanti trovarono la morte e altri ancora restarono feriti mentre i
fortunati finito il periodo di ferma obbligatoria (che se non ricordo male era di dieci
anni rinnovabile)diventarono per tale obbligo svolto,cittadini onorari Francesi e una
volta finita la ferma fu lì che si trasferirono definitivamente trovando quella vita
dignitosa che avevano sempre sognato e che nella loro madre patria gli era sempre
stata negata.
La gente del nostro circondario quindi come visto era per lo più composta da
braccianti dipendenti dei tanti proprietari e da questi vessati,per tale motivo quindi il
proposito era sempre lo stesso:poter un giorno emigrare per raggiungere un tenore di
vita dignitoso e sempre con questo proposito già nei primi del novecento in molti
erano emigrati negli stati uniti d’America come pure in Brasile e in Argentina ma
siccome anche negli Stati Uniti non si stava poi così bene si troncò l’emigrazione e in
tanti preferirono addirittura tornarsene,chi invece rimase dopo anni si vide premiato
della sua scelta e quando ai parenti rimasti in Italia mandava qualche pacco per lo più
composto da capi di vestiario spesso usati ma seminuovi per quei poveretti era come
una manna scesa dal cielo. Figuriamoci quindi come nel suo animo ognuno cullava
questo sogno cioè poter emigrare. Però siccome col passare degli anni a cavallo del
dopo guerra le cose non cambiavano e non vi erano richieste di emigrazione in tanti
per porre fine a quella vita grana a cui erano costretti emigrarono clandestinamente
proprio come gli extra comunitari di oggi. Servendosi di contrabbandieri ai quali
pagavano affinché attraverso valichi segreti della frontiera delle alpi li facevano
approdare in Francia dove trovavano lavoro e da dove in molti proseguivano per il
Belgio e la Germania in questi stati il lavoro che trovavano era per lo più nelle minire
una volta qui venivano regolarmente registrati, giacché servivano braccia e dove
erano in pochi coloro che erano propensi a recarsi a lavorare per il rischio che tale
lavoro comportava. Difatti anche qui ogni tanto alcuni poveretti trovavano la morte
quando avvenivano dei crolli,molti altri dopo anni di questo duro lavoro che
svolgevano con rassegnazione giacché ben retribuito si ammalarono di silicosi e
furono costretti a smettere dopo essere stati riconosciuti come ammalati professionali
e ricompensati con una adeguata pensione e anche dall’aver racimolato un bel
gruzzolo mentre i tanti che erano di fisico molto più resistente arrivarono a coprire i
quindici anni che erano il massimo prima del ritiro,questi ebbero la nomina ad
ONOREM di cavalieri del lavoro ed una buona pensione per tale raggiungimento.
Però il loro fisico duramente provato da tutti questi anni di duro lavoro fece si che
molto pochi furono quelli che morirono di vecchiaia e poter quindi godere il frutto
dei loro sacrifici.
Tra i tanti emigranti clandestini ve ne furono altri che sapendo il tipo di lavoro che
trovavano negli stati Europei preferirono tentare oltre oceano e cioè Argentina,
Brasile e Venezuela. Ma qui dopo arrivati trovarono una cocente delusione il tenore
di vita era di gran lunga superiore rispetto ai luoghi d’origine ma il PESOS
ARGENTINO confronto ad altre valute era irrisorio e anche rispetto alla nostra lira,e
quindi anche lavorando duramente con ciò che guadagnavano lì potevano fare i
nabbabi ma per altro non avendo valore non potevano ne mandare denaro alle proprie
famiglie ne tanto meno ritornarsene alle proprie case,per il semplice motivo che mille
pesos argentini che li erano una fortuna in Italia ci si comprava pochi chilogrammi di
pasta. E questo valeva anche per quelli emigrati in Brasile e Venezuela a questo
proposito questi stati furono denominati «AMERICA D’ì PATATI».
Tra gli emigranti in questi stati e le loro famiglie avvenne perciò una separazione
forzata,solo poche famiglie che al loro paese possedevano una casetta oppure un
piccolo appezzamento di terreno dopo averli venduti furono in grado di
ricongiungersi emigrando a loro volta dato che lì chi vi si stabiliva come già detto
viveva molto meglio, chi invece qui non aveva niente da vendere furono costretti alla
definitiva separazione.
Nei primissimi anni cinquanta e qui viene coinvolta anche la mia famiglia si
incominciò a emigrare in Australia cioè il continente nuovissimo pieno di molte
risorse in grado di soddisfare le numerose esigenze di molta gente in cerca di fortuna
qui di fatti ognuno trovò il rimedio a tutti i suoi bisogni e per oltre un decennio fecero
la spola molte navi tra le quali quelle della flotta Lauro e della LOYDY TRIESTINA,
navi che per coprire l’enorme distanza per la traversata impegnavano dai trenta giorni
in su prima di raggiungere questo sperduto continente. Per poter emigrare in detto
continente bisognava per prima cosa avere la fedina penale pulita, non discendere da
una famiglia con pendenze con la giustizia, inoltre per dimostrare di non aver
problemi anche di salute bisognava sostenere un visto di espatrio due mesi prima
presso il consolato di Napoli e de l’emigrante era sposato dovevano sottoporsi a tale
visita anche i componenti della sua famiglia.
E bisogna tener presente che anche per i denti in cattivo stato oppure mancanti sia per
lui come pure per i familiari che rimanevano sul suolo italico si correva il rischio di
vedersi rifiutare l’espatrio. Solo dopo espletati positivamente tali formalità tramite
l’agente di navigazione si fissava la data dell’imbarco. Gli emigranti con il loro
bagaglio composto da un baule e due valigie di cartone in questi erano riposti oltre al
vestiario la speranza di poter risolvere i loro problemi finanziari.
L’imbarco avveniva dapprima dal porto di Napoli e successivamente da quello di
Messina dal momento che gli emigranti salivano sulla nave li assillava il pensiero
dell’oneroso debito che avevano dovuto contrarre per intraprendere il viaggio verso la
speranza il costo del solo viaggio allora era di quattrocento mila lire più qualcosa
lasciata alla famiglia oltre alle proprie spese durante la navigazione questo
naturalmente per chi era sposato,chi invece partiva scapolo aveva contratto il debito
del solo viaggio. Bisogna inoltre sapere che tra la gran massa di emigranti che
avevano contratto tale debito si erano per lo più dovuti rivolgere a degli usurai perché
erano gli unici che possedevano denaro per tale prestito.
Costoro pretendevano il venticinque e spesso anche il trenta per cento come interesse
sempre dopo aver avuto l’avallo di tale somma da qualcuno che in caso di mancato
pagamento del traente avrebbe potuto provvedere alla restituzione della somma. In
questi trenta giorni di navigazione sulla nave «una piccola città galleggiante » si
facevano nuove amicizie, con gente di altre regioni d’Italia e anche di stati diversi qui
nacquero patti di andarsi a trovare l’un l’altro una volta giunti a destinazione
avvennero cresime e comparaggi e sbocciarono anche degli amori quali finiti con
l’avvento dello sbarco ed altri andati a termine dopo un periodo trascorso sull’altro
continente.
Dal momento dello sbarco l’emigrante cominciava a fare i suoi progetti,di fatti quelli
già sposati in molti erano decisi a chiamare il resto della famiglia e per arrivare a
questo traguardo lavorando duramente occorrevano da due a tre anni per riuscirci.
Altri invece lasciavano le famiglie ai luoghi di origine,avendo in animo di migliorare
la loro posizione e ritornare di nuovo in patria. Ma affinché quest’altro progetto
potesse realizzarsi occorrevano dagli otto ai dieci anni di duro sacrificio, giacché
prima di rimpatriare si doveva aver raggranellato il denaro necessario che consisteva
oltre a coprire i debiti contratti precedentemente,il poter comprare al paese natio per
primo la casa, inoltre dei terreni per avere la fonte di reddito assicurata per il resto
degli anni a venire.
Bisognava altresì sapere che anche se per gli emigranti che vi posero piede
l’Australia si rivelò si, la fonte dei loro sogni per il miglioramento delle condizioni
sociali, bisogna però tener presente i disagi e gli inumani sacrifici iniziali che
dovettero subire prima del raggiungimento di tali scopi.
Come sappiamo l’Australia fa parte dell’Oceania ossia il continente nuovissimo, fu
questo uno degli intoppi iniziali con pochissime comodità sia abitative come pure
difendersi dalla gran miriade di insetti senza l’aiuto dei più comuni prodotti atti a
combatterli. Anche le abitazioni scarseggiavano le case per lo più erano di legno e tra
queste molte potevano definirsi baracche ed era appunto in queste dove trovavano
sede gli emigranti. I lavori poi come si può immaginare i più spossanti e inoltre
pericolosi erano e rimangono:meglio retribuiti quindi gli emigranti molto bisognosi di
guadagno erano loro ad eseguirli,anche il sabato giorno di riposo,l’emigrante per
esigenza di denaro trovava sempre un qualcosa di extra e spesso finiva anche
sfruttato.
Come si può immaginare anche l’impatto con la lingua creava non pochi problemi e
quindi coloro giunti da poco si dovevano affidare a chi già sapeva in qualche modo
esprimersi. Tanti tra questi erano di pochi scrupoli pattuivano loro il compenso e
all’ignaro compagno consegnavano una somma abbastanza al di sotto di quella
spettante. In tanti altri che erano allettati dai lavori ben pagati nel periodo del taglio
della canna da zucchero che avveniva nel NORT QUEEZLAND non esitavano ad
andarvi e anche lì che è la zona più tropicale,bisognava fare i conti oltre ai raggi
cocenti del sole anche alle zanzare,serpenti e formiche. Come pure per dormire ci si
doveva arrangiare in capanne di frasche anche per cucinare si accendeva un fuoco
all’esterno con sopra un pentolone da cui ognuno minestrava il suo piatto nel quale
spesso finivano delle formiche che sovente venivano ingoiate insieme al cibo che
date le circostanze non si potevano fare gli schizzinosi. Il momento più bello per
l’emigrante era quando riceveva le lettere dei familiari perché l’unico modo per
attingere notizie era appunto la corrispondenza i telefoni allora nessuno nemmeno li
sognava, l’unico modo per tenersi informati erano appunto le lettere attese con ansia
dai due opposti continenti.
L’avvenimento che gli emigranti non si lasciavano sfuggire era,quando sapevano
dell’arrivo di una nave dall’Italia correvano al porto per vedere se sbarcavano
italiani,ai quali non mancavano di dargli il benvenuto e offrire il loro appoggio per
quanto era nella loro possibilità. Molti degli emigranti giunti in Australia notando il
tenore di vita che si viveva e le prospettive che quel continente offriva per l’avvenire
dei giovani, cambiavano i piani originali per il bene appunto dei figli decidevano di
stabilirsi lì definitivamente. Difatti tutti coloro che hanno scelto questa via i loro figli
sono tutti sistemati come in Italia ciò era riservato solo ai benestanti.
In tanti che invece emigrarono scapoli formarono famiglie in quel continente
abbandonando qui gli affetti dei genitori con il distacco definitivo e questo frangente
mi tocca personalmente giacché quattro dei fratelli di mio padre emigrarono appunto
scapoli lasciando i miei nonni nella più triste desolazione con il presentimento che
non si sarebbero più rivisti io allora ero un ragazzo e assistivo quasi incuriosito
quando già vedevo preparare il corredo che l’emigrante si doveva portare con sé. Il
tutto veniva sistemato in un baule ciò che era composto dalle cose di lunga durata
cioè coperte, lenzuola e doppioni di mutature, le cose da usare in quel mese di
navigazione venivano invece sistemate in due valige di cartone, il tutto veniva spedito
una settimana prima della partenza e la compagnia di navigazione ad ogni uno li
faceva trovare nella cabìna assegnata. Prima della partenza assistevo ai colloqui di
mio padre (che era il primo dei fratelli) con lo zio che doveva emigrare e leggevo sui
loro volti la soddisfazione di entrambi nella consapevolezza che emigrando li
aspettava una vita migliore rispetto a quella che conducevano nel nostro paese.
Inoltre con tanto entusiasmo facevano progetti per l’avvenire uniti sul suolo
Australiano giacché anche mio padre doveva emigrare,ma poi per una serie di
circostanze contrarie non fu più possibile altrimenti anche il sottoscritto che adesso
qui è rimasto da solo si troverebbe in quel continente. Restando qui invece fui io ad
avere il compito di curare la corrispondenza di mia nonna coi miei zii (giacché lei era
analfabeta) e ricordo ancora quelle lettere ogni dieci, dodici giorni puntuali con il loro
contenuto ricco di sentimenti e quando alla nonna gliele leggevo e quando mi dettava
quelle da scrivere potevo notare i suoi occhi lucidi che a stento trattenevano lacrime.
Inesorabilmente gli anni sono passati e anche le lettere cariche di sentimento sono
state sostituite dai telefoni,in tanti ormai non esistono più,della mia famiglia infatti
solo gli ultimi due zii sono in vita in Australia di tanto in tanto ci sentiamo per
telefono e attraverso la loro voce afferro che mentre conversiamo hanno un nodo in
gola effetto appunto della nostalgia sempre viva del distacco.
Queste persone che dovettero emigrare qui oltre agli affetti familiari lasciarono il loro
cuore e la loro anima,difatti anche se nel benessere in quelle terre straniere dove
erano costretti a vivere dimoravano meccanicamente il loro cuore e i loro pensieri
erano altrove ai loro luoghi di origine dove tramite consolati,enti preposti comuni, di
appartenenza ecc.. svolgevano delle indagini onde aggiornarsi sulle loro discendenze
coinvolgendo perfino non solo i figli ma addirittura i nipoti da come mi risulta
personalmente tramite corrispondenza del figlio di una mia cugina nata qui ed
emigrata ad appena un anno di età cresciuta in Australia sposata con uno slavo il
figlio di diciotto anni mi scrive cercandomi notizie riguardanti il cognome mio e della
madre.
Questo devo dire mi ha toccato il cuore pensando che anche essendo distanti a
migliaia di chilometri c’è chi ti pensa. Tutto questo non sfiora minimamente i nostri
governanti che dopo essersi venduto il proprio sangue ora accolgono tanti stranieri
dei quali una minima parte vengono per lavorare mentre la gran massa sono soltanto
dei delinquenti e spacciatori di droga senza contare quanti sono gli irregolari ma tutto
questo fa loro comodo per i patti stilati con i re e gli sceicchi dei loro stati d’origine
facendo vergognare gli onesti cittadini conosciuti per italiani giacché tali signori
amministratori tale nome l’hanno coperto di fango,non domandandosi mai cosa
possono pensare di loro tutti coloro che sono stati costretti a vendersi per fame e che
il loro posto sia stato occupato da tali individui sol perché tutto ciò fa comodo a chi
già citato,ci sarebbe da sprofondare sotto terra per la vergogna.
Leggendo ciò che ho scritto qualcuno può dedurre che ciò sia dettato da discordie di
ideologia politica,ma a scanso di equivoci mi preme sottolineare che la mia come
ideologia non si sposa con nessuna dì quelle finora esistite, anzi oso dire che non
esiste affatto giacché quel che io ambirei e che sento nell’ anima è soltanto un sogno.
Difatti ambirei un mondo equo e con pari dignità così come descritto nel vangelo ma
che viene spesso calpestato anche da chi lo predica, il mio quindi è solo uno sfogo
buttato al vento ma che spero un giorno qualcuno dall’alto del potere possa
raccoglierlo giacché sulla terra c’è posto per tutti senza praticare angherie e soprusi
verso chicchessia.