Madre Francesca Cabrini, patrona degli emigranti

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Madre Francesca Cabrini, patrona degli emigranti
TESTIMONI
Madre Francesca Cabrini,
patrona degli emigranti
Santificata nel 1946 e proclamata nel 1950 da Pio XII “patrona universale degli emigranti”, Madre Francesca Cabrini sbarcò per la prima volta a New York nel 1889
insieme con sei compagne: nonostante la gracilità e la
salute malferma, nel corso degli anni aprì in tutto il continente americano scuole, convitti, orfanotrofi, ospedali,
centri sociali… Erano gli anni in cui migliaia e migliaia di
emigranti italiani si trasferivano in America, dove vivevano in condizioni estremamente difficili. Solo tra il 1901
e il 1913 emigrarono quasi 5 milioni di italiani, di cui oltre
la metà provenienti dal Sud.
Nata vicino a Milano nel 1850 da una modesta famiglia di
agricoltori, fin da bambina Francesca era appassionata
alla vita missionaria. Dopo alcuni anni di vita apostolica
in un orfanotrofio affidatole dal parroco di Codogno, nel
1880 costituì il primo nucleo delle Suore Missionarie del Sacro Cuore. Voleva andare in Cina, ispirandosi a san Francesco Saverio, ma papa Leone XIII la mandò negli Stati Uniti e nell’America del Sud, in mezzo agli emigranti italiani di cui condivise
disagi e incertezze. Alla sua morte, nel 1917, la congregazione da lei fondata contava 67 fondazioni.
Il suo ardore missionario la spinse in ogni angolo del continente americano, attraversò l’Atlantico 24 volte, passò la Cordigliera delle Ande a cavallo. Lei, così fragile
fisicamente, viaggiò lungamente in treno, in carrozza, a piedi, in nave, per far conoscere l’amore di Gesù. Nei suoi quaderni di viaggio aveva scritto: “Oggi è tempo
che l’amore non sia nascosto, ma diventi operoso, vivo e vero”. E ancora: “Con la
tua grazia, amatissimo Gesù, io correrò dietro a Te sino alla fine della corsa, e ciò
per sempre, per sempre. Aiutami o Gesù, perché voglio fare ciò ardentemente, velocemente”.
Con coraggio e intraprendenza, Madre Francesca Cabrini realizzò innumerevoli
opere nel corso di una vita trascorsa a “lavorare, sudare, faticare per Dio, per la
sua gloria, per farlo conoscere ed amare”. Un grande impegno sociale che svolgeva
senza lamentarsi: “Ci sentiamo male? Sorridiamo lo stesso”, diceva alle suore della
sua congregazione.

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