è lʼargentino Bergoglio, si chiamerà Francesco I

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è lʼargentino Bergoglio, si chiamerà Francesco I
CON IL PDL
ANNO LXI N.61
Habemus Papam:
è lʼargentino Bergoglio,
si chiamerà Francesco I
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Silvio B. addamurì
Marcello de Angelis
Colpevole di essere un vincitore.
Il problema di Berlusconi è questo, da sempre. Odiato dai suoi
concorrenti – De Benedetti in
testa – perché in campo imprenditoriale si è sempre dimostrato
un passo avanti. Anche nel
mondo del business, è la magistratura che è intervenuta per
colmare i deficit competitivi dei
suoi avversari, come con il lodo
Mondadori. In politica la sua longevità è divenuta insopportabile,
anche per molti dei suoi, considerato in quanti avevano deciso di
rottamarlo e sostituirlo con Monti
solo pochi mesi fa. Berlusconi si
vanta, come imprenditore, di non
aver mai licenziato nessuno. E in
fin dei conti fa lo stesso anche in
politica: buona parte dei cospiratori montiani del Pdl sono finiti ricandidati, persino capilista.
Berlusconi aggiusta tutto, trova
soluzioni, ha nuove idee, rilancia,
tira conigli fuori dai cilindri. E se
non vince ci arriva sempre pericolosamente vicino. Insomma,
non lascia spazio a nessuno e
non consente a nessuno di batterlo. Gli hanno messo una taglia
sopra pressoché tutti, ognuno a
modo suo. Gli americani perché
era amico di Putin e Gheddafi, gli
inglesi perché lo considerano
lʼarci-italiano per eccellenza e
quindi tutto ciò che odiano, i francesi e i tedeschi perché con lui
lʼItalia aveva pretese di competizione economica e non accettava
il duopolio oui oui ja ja al comando dellʼEurozona. Ha infranto
il progetto di rifondazione della
Balena Bianca che solo pochi
mesi fa andava per la maggiore
Oltre-Tevere e che ha fatto sognare porporati di rango, Casini
e persino De Mita e Cirino Pomicino. Con lui tra i piedi ogni progetto, piano, inciucio, strategia o
tattica si blocca a un passo dal
traguardo. Finora è sopravvissuto
persino alla Super alleanza M&M
(Media e Magistratura). E nemmeno la Goldman Sachs – per
cui lʼItalia è quello che fu il Nicaragua per lʼAmerican Fruit Company – dorme sonni tranquilli,
finché cʼè lui a minacciarne il dominio. Tra lʼaltro, al contrario di
tutti – da Monti, a Draghi, a Prodi
d’Italia
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giovedì 14/3/2013
Berlusconi: non voglio credere
che i pm lavorano
allʼoperazione Craxi 2
FABIANI PAG.2
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Sondaggio tra gli elettori:
Pd e Grillo contrari alle urne,
maggioranza favorevole nel Pdl
MAURELLI PAG.3
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mancato a febbraio per vincere?
Ogni volta che un uomo ha bloccato così gli ingranaggi del gioco
dei poteri gli è successo qualcosa.
Di solito, basta la magistratura o
anche solo i giornali per far fuori il
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personaggio ingombrante. Persino
Kohl lo liquidarono così. Non a
caso a Berlusconi si augura di finire come Craxi. Che, anche in esilio, era costretto a girare con una
nutrita scorta armata.
LʼItalia va sempre peggio, ma nessuno ne parla.
Perché a qualcuno non fa più comodo
Francesco Signoretta
Ormai nessuno ci fa più caso. O meglio, non fa
più comodo parlarne. Quando si pronunciano le
parole rating e holding bancaria, cʼè una sorta di
rifiuto, si cambia canale o si volta pagina. Perché
il bombardamento mediatico dei giorni di fuoco
(con il classico obiettivo strategico), quando si discuteva solo di spread e declassamenti a uso e
consumo dei poteri forti che volevano lʼannientamento del governo di centrodestra, ha perso di
credibilità. Tuttavia è giusto registrare che Morgan Stanley ha tagliato le stime di crescita per
lʼItalia. La banca dʼinvestimento prevede ora che
il nostro Paese chiuda il 2013 con un -1,7% contro il -1,2% precedente. Sarebbe fin troppo facile
scagliarsi contro i Monti-boys, perché ormai tutti
sanno che i miracoli del leader centrista erano
unʼinvenzione della grande stampa. Non a caso
lʼelettorato – considerato ingenuo dai sapienti
professoroni tecnici – ha capito talmente bene il
gioco da bocciare in tronco lʼipotesi del ritorno di
SuperMario a Palazzo Chigi. Interessanti sono invece le riflessioni sulle prospettive di Bersani &
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Il premier indiano: «Se lʼItalia
non riconsegna i due marò ci
saranno gravi conseguenze»
DELLE DONNE PAG.5
e Amato – Berlusconi non ha mai
preso una lira dalla superbanca angloamericana. E se ci fossero veramente nuove elezioni? Chi
garantisce che Berlusconi non recuperi anche quello 0,4% che gli è
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C: «Lʼinstabilità politica probabilmente rimarrà,
anche se la formazione di un governo dovesse
avere successo». Morgan Stanley dà un 30% di
probabilità a una «paralisi politica durevole» che
potrebbe provocare un calo del Pil 2013 di quasi
il 3% con una contrazione anche il prossimo
(nello scenario principale previsto invece in rialzo
dello 0,4%). Il 70% di probabilità è assegnato a
uno scenario più favorevole con un accordo su
un pacchetto di riforme istituzionali, anche se «le
riforme economiche probabilmente saranno rinviate ulteriormente». Nulla di nuovo sotto il sole,
quindi. Con una differenza: se quello scarto minimo di voti che ha dato la vittoria a Bersani
lʼavesse avuto il centrodestra, ora saremmo tutti
a leggere paginate su “Berlusconi bocciato”,
“Nessuna credibilità per il Cav” e roba del genere.
Titoli che andrebbero ad aggiungersi a quelli sui
processi, sulla Boccassini, sulle eventuali manette e sul paragone con Craxi, tanto per completare il quadro della demonizzazione. Tutto questo
perché cʼè ancora chi non ha imparato nulla
dalla lezione delle urne.
Berlusconi: non voglio credere che i pm
lavorano all'operazione Craxi 2
2
Romana Fabiani
Per tutta la giornata si aspetta
una smentita che non arriva. Il
fuor d'opera del democratico
Maurizio Migliavacca che si
dice baldanzosamente favorevole all'eventuale richiesta a
procedere agli arresti di Silvio
Berlusconi tradisce lo stato
d'animo dei democratici e confermano l'escalation, per usare
un eufemismo, di attenzione
delle procure nei confronti di
Berlusconi. Il quale, in una
lunga intervista a Panorama,
che gli dedica il titolo di copertina “parla il super ricercato”,
commenta amareggiato ma
senza cedimenti («non posso
desistere») i ripetuti comportamenti «di una parte della magistratura, che è mossa da un
pregiudizio politico e si è trasformata da ordine dello Stato
in un potere assoluto, onnipotente e irresponsabile». Il mio
stato di salute – dice lʼex premier – potrà anche suscitare
lʼironia di qualche pubblico ministero, gli farà magari chiedere
e ottenere una ridicola visita fiscale. Ma a me non impedisce
di vedere bene nel mio futuro:
io so che a Milano non ho mai
avuto giustizia. «Anche per vedere riconosciuta la mia inno-
cenza nei tre attuali processi è
probabile che dovrò attendere
sino alla Cassazione». Dice di
avere un serio problema agli
occhi, ma di vedere bene nel
suo futuro e di non voler credere
alla riedizione sulla sua pelle
dellʼoperazione fatta con Bettino
Craxi. Il Cavaliere racconta al
settimanale che prima di essere
stato costretto al ricovero al San
Raffaele era talmente sicuro di
poter essere presente in aula da
aver pensato a una dichiarazione spontanea. «Ai giudici
avrei detto “il buon senso vor-
rebbe che io fossi altrove, a rappresentare gli interessi di 9 milioni di elettori. Invece sono qui,
da cittadino offeso e indignato
per una sentenza di primo
grado che può essere considerata solo una sentenza costruita
espressamente contro di me
perché capovolge la realtà, offende il buon senso e cancella il
diritto”». Malgrado tutto, dice di
aspettarsi ancora giustizia e di
non aver perso la fiducia.
«Anche se i miei avvocati sono
di contrario avviso, non voglio
credere che i miei giudici stiano
correndo verso una condanna
prestabilita». Corre voce – aggiunge il leader del Pdl – che nel
palazzo di giustizia di Milano si
parli espressamente e senza
vergogna di una “operazione
Craxi 2”.... «Non sono riusciti a
eliminarmi con il mezzo della democrazia – dice Berlusconi –
ora tornano a provarci attraverso
questo uso della giustizia a fini
di lotta politica perché sanno che
sono io il vero ostacolo sulla
strada della sinistra». Dopo le
«sagge parole pronunciate da
Napolitano ieri, dal Pd arrivano
reazioni deliranti – commenta
Maurizio Gasparri – si oscilla tra
annunci di voto favorevole a un
arresto di Berlusconi che nessuno ha chiesto e una minaccia
di voto sulla ineleggibilità di Berlusconi. Si tratta di una condotta
irresponsabile che rischia di
creare una autentica deriva democratica». È quantomeno «insensato ipotizzare espressioni di
voto su una inesistente richiesta», aggiunge Altero Matteoli,
«a riprova che i vertici del Pd
sono in stato confusionale ed
operano per acuire lo scontro
politico. Il Popolo della Libertà
impedirà con ogni mezzo azioni
lesive del voto degli italiani che
hanno confermato consenso e
fiducia a Silvio Berlusconi».
Il percorso verso il rinnovo di tutte le cariche istituzionali
Antonio Pannullo
Mentre i nuovi deputati e senatori continuano
a registrarsi a Montecitorio e Palazzo Madama
in vista della prima seduta della XVII legislatura, continua il percorso verso il rinnovo di tutte
le cariche istituzionali. I principali appuntamenti:
il 15 marzo ci sarà la prima riunione del nuovo
parlamento, la Camera alle 10.30, il Senato alle
11. Alla Camera la presidenza provvisoria
andrà a Antonio Leone (Pdl); a Palazzo Madama lo scranno più alto dovrebbe spettare a
Giulio Andreotti che però potrebbe rinunciare
passando la mano ad Emilio Colombo. Poi dovranno essere eletti i presidenti delle Camere.
A Montecitorio l'elezione scatta nei primi tre
scrutini solo se si raggiunge la maggioranza dei
2/3; a partire dal quarto è sufficiente la maggioranza assoluta, di cui il centrosinistra dispone. In mancanza di accordi nelle prime tre
votazioni, il presidente della Camera potrebbe
essere eletto sabato 16 marzo. Al Senato, nei
primi due scrutini per eleggere il presidente
serve la maggioranza assoluta dei voti, mag-
gioranza di cui nessuna coalizione dispone a
Palazzo Madama. Ove non si raggiunga questa maggioranza, si procede a una terza votazione in cui basta la maggioranza assoluta dei
voti dei presenti. Qualora nella terza votazione
nessuno abbia riportato questa maggioranza,
il Senato procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti. Entro il 18 marzo
i parlamentari devono dichiarare a che gruppo
aderiscono. I gruppi sono convocati il 20 marzo
per eleggere i rispettivi presidenti. Il 21, una
volta eletti i presidenti dei due rami del Parlamento, e costituiti i gruppi parlamentari di Camera e Senato con i capigruppo, ci saranno
tutti gli interlocutori del Capo dello Stato richiesti dalla Costituzione per le consultazioni che
porteranno alla nomina del presidente del Consiglio. Consultazioni che potrebbero prendere il
via dal 21 marzo. Probabilmente Napolitano
tenterà di conferire un incarico prima di Pasqua, che cade il 31 marzo. Napolitano è obbligato a fare di tutto per far nascere un nuovo
governo e deve dare un incarico. Ma, visto che
si trova nel suo "semestre bianco", non potrà
sciogliere le Camere, nemmeno nel caso di
mancato accordo sul nuovo governo; una facoltà di cui potrà avvalersi soltanto il suo successore. Considerato che il mandato del
presidente Napolitano scade il 15 maggio,
entro il 15 aprile dovrà arrivare la convocazione
del Parlamento in seduta comune per eleggerne il successore. Potrebbe tenersi per i
primi di maggio. Il presidente della Repubblica
è eletto dal Parlamento in seduta comune integrato da 58 rappresentanti delle Regioni. La
seduta è presieduta dal presidente della Camera, con al suo fianco il presidente del Senato. I grandi elettori saranno 1.007: 615
deputati, 319 senatori (315 più i 4 senatori a
vita) e 58 delegati delle Regioni. Nelle prime tre
votazioni la maggioranza richiesta per l'elezione sia quella dei due terzi dei componenti
dell'assemblea, 672 voti. Dal quarto scrutinio
per essere eletti basterà la maggioranza assoluta, 504 voti.
Sondaggio tra gli elettori: Pd e Grillo contrari
alle urne, maggioranza favorevole nel Pdl
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La serie tv dello scandalo:
“Fisica o Chimica”
potrà riprendere su Rai4
Luca Maurelli
Nonostante i veti incrociati, gli italiani chiedono
a grande maggioranza il rispetto delle urne, e
la formazione di un governo. Il più gradito è un
esecutivo guidato da Bersani, ma al secondo
posto c'è un governo con premier Napolitano.
Il sondaggio che l'Istituto IPR Marketing, diretto da Antonio Noto, ha effettuato per conto
di Repubblica.it per verificare quale fosse l'opzione preferita subito dopo l'insediamento del
nuovo Parlamento e la nascita della XVII legislatura evidenzia infatti che per due italiani su
tre (67%) bisogna che si formi un governo,
mentre solo il 28% degli elettori preferisce ipotizzare un immediato ritorno alle urne. Da notare che l'opzione governo risulta essere
ampiamente preferita non solo dagli elettori
della coalizione Bersani (tra i quali si sale
all'84%), ma anche dagli elettori del movimento 5 stelle, tra i quali il 73% preferisce la
nascita di un esecutivo piuttosto che un ritorno
alle urne. Solo tra i sostenitori della coalizione
Berlusconi, prevale la scelta per nuove elezioni (56%). Per quanto riguarda, invece, le
preferenze degli italiani sui possibili governi, la
maggioranza (52%) è favorevole ad un governo guidato da Bersani e appoggiato dai grillini. Questa scelta, oltre ad essere gradita
dall'84% di coloro che hanno votato per il centro sinistra, è auspicata anche da più di un
elettore su due del M5S (58%). Al secondo
posto c'è l'opzione di un Governo Napolitano
che si potrebbe verificare solo in seguito all'eventualità che un nuovo presidente della Repubblica possa assegnare l'incarico al
“senatore a vita” Napolitano. In questo caso è
da notare che se Napolitano conserva un livello di fiducia molto alto per quanto riguarda
la carica di Presidente della Repubblica, solo
il 30% vedrebbe in maniera positiva la nascita
di un Governo dell'ex Capo dello Stato. Non
va meglio per altre figure pur di grande prestigio. Solo come terza ipotesi, infatti, si gradirebbe in ex aequo un Governo guidato da
Rodotà con esponenti non parlamentari ma
provenienti dalla sinistra (26% di consenso) o
un governo della attuale Ministra Cancellieri
con una squadra di burocrati/tecnici (ugualmente 26% di gradimento). Ancora peggio se
si riproponesse un Governo tecnico Monti 2
che avrebbe appena il 16% del gradimento
degli elettori. Il livello di fiducia nel nuovo Parlamento:solo il 26% esprime una fiducia positiva, con un picco di entusiasmo tra gli elettori
"grillini", tra i quali si arriva al 48% di fiducia. È
bene ricordare, osserva Antonio Noto, che "un
livello di fiducia a garanzia di una sufficiente
reputazione delle Istituzioni dovrebbe almeno
superare il 40%". Il sondaggio è stato effettuato da Ipr per Repubblica.it intervistando, il
12 marzo, attraverso il proprio esclusivo sistema Tempo Reale, un campione di mille cittadini, rappresentativi per età, sesso ed area di
residenza della popolazione italiana.
Redazione
Martedì lo hanno fotografato a piazza San Pietro tra i fedeli ad attendere (invano) la fumata
bianca dal Conclave. Il vero "papabile", almeno
per quanto riguarda il Quirinale è lui. Romano
Prodi è infatti «in cima alla lavagna dei bookmaker, per la presidenza della Repubblica quotato a 3,20 dalla sigla Betaland e tallonato da
Gianni Letta, storico consigliere di Silvio Berlusconi, offerto a 4,00. Anche il leader del Pdl non
ha mai fatto mistero delle sue ambizioni al Quirinale: una sua vittoria a sorpresa vale 15 volte
la scommessa«. Lo riferisce l'agenzia specializzata Agipronews. «A quota 4,50, Emma Bonino precede in lavagna il premier uscente
Mario Monti (a 5,00), che per i quotisti aveva più
probabilità di salire al Quirinale prima di candidarsi in politica. Alle sue spalle si piazzano due
ministri del suo governo, Anna Maria Cancellieri
a 13,00 e Paola Severino a 25,00; stessa quota
anche per Pierferdinando Casini, mentre si sale
a 26,00 per il presidente della BCE Mario Draghi, che ha già detto di preferire l'attuale incarico. Pochissime le chance del candidato del
Movimento 5 Stelle, Dario Fo: il Quirinale al premio Nobel si gioca 100 a 1».
Da un paio di anni si fa il nome del Professore
come successore di Napolitano. Tra i primi giornali a lanciare l'idea Repubblica, che auspicava
un ritorno di Prodi in politica, intenzionato all'ottenimento di un'alleanza allargata tra le forze di
sinistra. L'intenzione è stata reiterata durante la
Prodi favorito dai bookmaker. Ma anche
per il Quirinale chi entra papa esce cardinale
Redazione
Una vittoria per Rai 4 e la serie tv "Fisica o chimica” che un vespaio di polemiche aveva suscitato. La Commissione per i servizi e i
prodotti dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha deliberato l'archiviazione del
procedimento relativo contro la serie televisiva
. Lo si legge nella pagina Facebook di Rai4,
dove la decisione viene salutata come una
“vittoria”. Il procedimento era stato avviato
dopo le polemiche dell'Aiart che riteneva il
contenuto inadatto alla fascia protetta del pomeriggio. «La serie - spiega l'Agcom, secondo
quanto riportato da Rai4 - tratta tematiche particolarmente sensibili quali le relazioni sentimentali e sessuali, la droga, i problemi
alimentari, il rapporto genitori-figli, l'omosessualità, il bullismo, il razzismo; pur rilevando
le criticità intrinseche alle tematiche trattate, si
osserva che le scene analizzate appaiono, nel
complesso, giustificate dal plot narrativo e che
le modalità di rappresentazione delle stesse
risultano scevre di attenzione morbosa e particolari gratuiti». La messa in onda di “Fisica o
chimica”, oltre alle critiche dell'Aiart, era stato
oggetto nel marzo 2012 anche di un articolo
su «Libero”, firmato da Francesco Borgonovo,
intitolato “Porno Rai in fascia protetta: droga,
sesso, ammucchiate”. A seguito dell'articolo,
ebbe luogo una telefonata tra l'autore dell'articolo e il direttore di Rai4 Carlo Freccero, poi
pubblicata sul sito de “Il Giornale”. Nella telefonata Freccero, oltre a contestare il contenuto dell'articolo, fece insinuazioni sul
rapporto tra l'ex dg Lorenza Lei e ambienti vaticani. Il dirigente venne quindi sospeso per 10
giorni. La serie, sospesa a seguito delle polemiche, dopo la decisione dell'Agcom dovrebbe tornare in onda.
campagna elettorale del Pd. Pier Luigi Bersani
in occasione di un comizio a Milano lo volle accanto sul palco come testimonial elettorale. Una
scelta, quella di Prodi al Colle, che sancirebbe
una spaccatura netta con metà degli italiani.
Tuttavia, per chi ha votato centrodestra una
speranza c'è. Visto che la primogenitura dell'idea di Prodi al Quirinale è del giornale di Scalfari, Repubblica ha una tradizione consolidata
nel tifo per il cavallo perdente. Senza contare i
casi clamorosi di candidati considerati pressoché sicuri. Clamorosi i casi di Fanfani e Forlani,
che alla vigilia avevano i numeri, ma al voto dell'aula clamorosamente trombati. Insomma,
anche per Prodi e il Quirinale può confermarsi la
tradizione: chi entra papa, esce cardinale.
La gaffe della direttrice della web-tv di Bersani:
«Prendo seimila euro al mese come tutti i giornalisti»
4
Guido Liberati
«Prendo 6mila euro al mese,
credo sia nella media, paragonabile alle remunerazioni
di altri colleghi giornalisti».
Parola di Chiara Geloni, direttore di Youdem, la tv del
Partito democratico, che
commenta il cosiddetto dossier Renzi, relativo ai costi di
funzionari e personale del
partito di Largo del Nazareno.
Il suo stipendio è quello di
giornalista, mentre «i costi
del personale e del Pd sono
trasparenti». Dice la direttrice
della tv web del Partito democratico, il cui stipendio sarebbe stato pubblicato nel
dossier sul partito. «Al netto,
nella mia busta paga ci sono
un po' meno di 6 mila euro,
uno stipendio alto. Ma ho lasciato il lavoro a tempo indeterminato, che avevo prima e
ho accettato un contratto a
termine, legato alle vicende
della politica, perché faccio il
direttore. Ho chiesto uno stipendio un po' più alto di
quello di prima, di vice direttore a tempo indeterminato di
un giornale. Credo sia nella
media, paragonabile alle remunerazioni di altri colleghi
giornalisti». Il curriculum? Redattrice al Popolo, storico organo
della
Democrazia
cristiana, poi vicedirettrice di
Europa, poi a Red tv, la tv di
D'Alema affondata sotto un
mucchio di debiti. Ora alla
web tv del Pd, non particolarmente seguita neanche dai
militanti. Ma parlare di rottamazione con la Geloni è
come parlare di croci e agli
con un vampiro: «Rottamare
un partito non è una buona
cosa in una democrazia traballante come la nostra, il Pd
è un presidio di riferimento e
di tenuta democratica come
lo sono altri corpi intermedi».
Poi sul dossier: «Non ho idea
di come nasca. Ripeto, qualsiasi dirigente democratico
può sapere i costi del bilancio
del partito, che sono online».
E sul finanziamento pubblico:
«Si può discutere delle forme
e delle modalità del finanziamento pubblico. Sicuramente
ci vuole il massimo della trasparenza. Però non sono
d'accordo ad affidare la politica ai finanziamenti privati,
sullo stile Usa che ha molti difetti. Il sistema dei rimborsi
elettorali si può rivedere, però
il "pubblico" dà garanzie a
tutti». Soprattutto alla Geloni.
graziando gli assessori uscenti:
Nicola Fratoianni, «un fratello minore per me», Michele Pelillo,
«personalità forte», Dario Stefano, «un riferimento del mondo
agricolo», Ettore Attolini, «che ha
portato con garbo e sulle spalle la
croce più pesante nel momento
più pensante», Marida Dentamaro, «competente in materia tecnico amministrativa», Fabiano
Amati, «un altro fratello minore»,
Maria Campese, «che ha cucito
ferite costruite nel tempo». I nuovi
volti della giunta regionale sono:
l'assessore alle Risorse umane
Rosa Stanisci, ex sindaco di San
Vito dei Normanni ed ex parlamentare del Pd; l'assessore alle
Infrastrutture e lavori pubblici Antonio De Caro, capogruppo regionale del Pd e neoeletto alla
Camera; l'assessore al Bilancio
Leonardo Di Gioia, ex consigliere
regionale PdL ora in area montiana; l'assessore al Lavoro Leo
Caroli, primo dei non eletti della
lista Sel nelle ultime regionali; e
l'assessore alle Risorse agroalimentari Fabrizio Nardoni della
lista Puglia per Vendola. Angela
Barbanente da ieri ha assunto
l'incarico di vicepresidente ed è
stata confermata assessore alla
Qualità del territorio con deleghe
all'Assetto del Territorio, Beni
Culturali, Politiche abitative, Urbanistica. Il corposo rimpasto
viene motivato soprattutto con la
necessità «di rendere più efficace l'azione di governo», parole
utilizzate da Vendola subito dopo
il risultato elettorale quando annunciò di non avere alcuna intenzione di lasciare il timone
della Puglia. Incalzato dai consiglieri del Pdl diventato primo
partito in regione, il governatore
si lecca le ferite ma non molla.
«Continueremo a fare del bene
a questa terra, a cercare di risollevarla, a sentirne tutte le pene e
a provare a corrispondere con
politiche pubbliche, che forse dovremmo soltanto raccontare meglio». Un racconto interrotto
bruscamente dai risultati eletto-
Rimpasto di giunta in Puglia. Vendola
si lecca le ferite con una nuova squadra
Gloria Sabatini
«Si è chiuso un ciclo politico.
Credo che sia il contesto in cui va
ripensata l'organizzazione dei lavori del governo regionale». Con
queste parole Nichi Vendola ha
presentato il rimpasto di giunta
alla Regione Puglia che era nell'aria da giorni dovendo sostituire
gli assessori eletti in Parlamento
e ridistribuire le deleghe del Bilancio, dellʼAgricoltura e delle Politiche giovanili. Parte una nuova
fase – ha detto il governatore
uscito con le ossa rotte dal voto di
febbraio – sarà un corpo a corpo
tra la politica e la povertà. «Mi auguro – ha aggiunto con il lirismo
delle grandi occasioni – che sia un
gabinetto da combattimento contro il nemico che ci sta assediando: la povertà, la paura, la
perdita del lavoro. Spero in Consiglio regionale prevalga il senso
di responsabilità». Vendola ha
aperto la conferenza stampa rin-
Mps, sott'osservazione
telefonate ed email
di David Rossi
Redazione
Riflettori accesi sui contatti avuti
da David Rossi nei giorni precedenti al suo suicidio, con i telefoni
cellullari e le sim, con la linea
fissa del suo ufficio e via email.
Agli inquirenti sono infatti arrivati
i primi tabulati dalla Polposta, ma
i contatti da controllare nell'ambito del fascicolo aperto per istigazione al suicidio, sono molti. Di
certo, sempre secondo la stessa
fonte, le motivazioni del suicidio
del capo area comunicazione di
Banca Monte dei Paschi di Siena,
gettatosi dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni sono da
ricercare in qualcosa che è successo negli ultimi cinque-sei
giorni. Il che farebbe risalire i
tempi al cda del Monte del 28 febbraio, quando venne decisa
l'azione di responsabilità nei confronti dei vecchi vertici della
banca (l'ex presidente Giuseppe
Mussari e l'ex dg Antonio Vigni), e
la richiesta danni nei confronti di
Numura e Deutsche Bank per 1,2
miliardi di euro. Intanto nell'ambito dell'inchiesta principale,
quella sull'acquisizione di Antonveneta ma per il filone dei derivati, verranno sentiti come
imputati l'ex dg Vigni e Daniele
Pirondini, il vice di Gianluca Baldassarri. Poi toccherà all'ex vice
di Vigni, Marco Morelli.
rali: Sel non tocca la soglia del 7%
nella sua regione e lʼincertezza
nella formazione di un governo nazionale lo allontana da qualsiasi
ruolo nazionale (in caso di vittoria,
sembrava scontato una poltrona
da ministro). Come se non bastasse il tentativo di esportare il
modello Puglia a Roma è fallito di
fronte al boom elettorale dei grillini
e alla rimonta di Berlusconi.
«Adesso che Raffaele Fitto ha gettato alle ortiche ogni collaborazione nel nome della Regione –
dice Vendola – abbiamo bisogno
di rinsaldare un modello di governo partecipato e continuare con
spirito di dialogo con tutte le forze
vive della società». Come? «Con
un nuovo esecutivo da combattimento».
Il premier indiano: «Se l'Italia non riconsegna
i due marò ci saranno gravi conseguenze»
Valter Delle Donne
Se le autorità italiane «non
manterranno la parola», rifiutando di rispedire i due marò in
India per essere processati, «ci
saranno gravi conseguenze
nelle nostre relazioni con l'Italia». Ad annunciarlo il premier
indiano Manmohan Singh nel
suo discorso in Parlamento.
Sotto forti pressioni dell'opposizione che esigeva un dibattito, Singh ha detto ai deputati
che «non vi possono essere
due diverse opinioni sulle
azioni intraprese dal governo
italiano su questa questione».
Il mio governo, ha proseguito,
«ha già chiarito che queste
azioni del governo dell'Italia
non sono accettabili. Esse violano tutte le regole del comportamento
diplomatico
e
rimettono in questione impegni
solenni garantiti da rappresentanti accreditati di un governo
sovrano alla nostra Corte Suprema». Secondo la stampa locale il governo indiano sta
esaminando varie possibili reazioni di carattere diplomatico,
politico ed economico. Fra
queste l'ipotesi di una richiesta
di allontanamento dell'ambasciatore Daniele Mancini, il
quale ha apposto la sua firma
alla dichiarazione giurata consegnata alla Corte Suprema a
sostegno di un ritorno di Latorre e Girone dopo le quattro
settimane di permesso accordate. Intanto Harish Salve, l'avvocato che ha sostenuto le
ragioni dei marò in Corte Suprema ha manifestato totale disaccordo con la strategia
adottata dall'Italia e non tornerà più ad assumere la loro
difesa. In una intervista a un
quotidiano, Salve ha confermato: «Bon difenderò la decisione del governo italiano di
non far ritornare i marò. La Repubblica italiana deve rispettare l'impegno preso con la
Corte Suprema». A Nuova
Dehli è giunto anche il governatore del Kerala Oommen
Chandy, che ha incontrato il
ministro degli Esteri, Salman
Khurshid, la leader del partito
del Congresso Sonia Gandhi e
il figlio e vice presidente Rahul
Gandhi. Proprio sulle origini
italiane della Gandhi, la
stampa e l'opposizione hanno
speculato additando la teoria di
un complotto per aiutare i
"marò". «Anche Sonia Gandhi
pensa che sia stato un grave
errore da parte dell'Italia», ha
precisato il governatore del Kerala. Nelle stesse ore si è
svolta una manifestazione di
protesta di un gruppo di militanti della All India Youth Federation (Aiyf, giovani comunisti)
nei pressi dell'ambasciata d'Italia a New Delhi.
Antonio Marras
«Io quando inizio a sparare,
non mi fermo...», aveva confidato a un amico in una telefonata intercettata. Il presunto
esecutore materiale dell'omicidio di Lino Romano, 30 anni,
ucciso per errore in un agguato di camorra il 16 ottobre,
a Napoli, è stato arrestato dai
Carabinieri nel capoluogo
campano. È Salvatore Baldassarre, 30 anni, ritenuto affiliato
al clan “Abete-AbbinanteNotturno”, individuato e arrestato dai Carabinieri del
nucleo investigativo di Napoli
in un appartamento di Marano
di Napoli, dove secondo le indagini si era nascosto per
sfuggire alle ricerche. Al momento dell'arresto Baldassarre
era armato di semiautomatica
e in possesso di documenti
falsi. L'agguato - secondo le
indagini dei Carabinieri - fu organizzato e messo in atto nell'ambito dei contrasti fra il clan
camorristico degli “Abete-Ab-
binante-Notturno”, al qualoöo
secondo gli investigatori apparteneva Baldassarre, e il
gruppo della cosiddetta “Vanella Grassi”, per il controllo
sulle piazze di spaccio nella
zona Nord di Napoli. La vittima
innocente, Pasquale Romano,
30 anni, residente a Cardito
(Napoli), un giovane stimato
da tutti, fu ucciso nel quartiere
napoletano di Marianella per
un “sms” non arrivato in tempo
che avrebbe dovuto mandare
una donna assoldata dai sicari. Lino era andato a trovare
la sua fidanzata ed era appena uscito dalla palazzina
dove abita la ragazza con la
sua famiglia. I killer lo scambiarono con la vittima designata e non esitarono a far
fuoco uccidendolo con 14
colpi di pistola. La svolta nelle
indagini è arrivata il 28 novembre scorso quando Carabinieri e Polizia hanno fermato
uno dei presunti assassini,
Giovanni Marino. Agli investi-
gatori qualche giorno prima si
era però presentata una
donna, la zia della fidanzata di
un piccolo pregiudicato del
quartiere, che avrebbe dovuto
andare un sms ai killer per farli
entrare in azione spiegando
quanto era accaduto quella
sera. I sicari non attesero quel
messaggio che avrebbe dovuto segnalare l'arrivo del vero
bersaglio, designato nell'ambito della "guerra" per il controllo delle piazze dello
spaccio della droga facendo
fuoco su Lino Romano che per
caso si era trovato in quel momento nel luogo dell'agguato.
Camorra, preso il killer che uccise per errore un innocente
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Pd e M5S, deposte
le armi, montano in bici:
e gli onorevoli
arrivano in Parlamento
su due ruote
Redazione
Dopo quasi tre settimane di
appelli caduti nel vuoto e di invettive virtuali, tra accuse reciproche
e
recriminazioni,
almeno su una cosa Pd e Movimento Cinque Stelle sembrano aver raggiunto un
accordo: l'uso della bicicletta
per arrivare il parlamento.
Tanto per cominciare ad affrontare la sfida “ecologista”,
dunque, e pronti a smitizzare
cerimoniali istituzionali e ingressi trionfali, alcuni neo eletti
si sono dati appuntamento ieri
mattina al centro di Roma per
raggiungere su due ruote il Senato e la Camera dei Deputati,
aderendo all'iniziativa, lanciata
dal deputato reggiano del Pd
Paolo Gandolfi, organizzata in
collaborazione con la Fiab (la
Federazione Italiana Amici
della Bicicletta) al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica
sul tema della mobilità sostenibile. All'ombra del Colosseo
c'erano dunque, oltre a Gandolfi, anche la giovane deputata del Pd Francesca Bonomo
e i 5 Stelle Luigi Gallo e Diego
De Lorenzis, tutti per la prima
volta sulla stessa rotta parlamentare. Presenti anche i senatori sardi Manuela Serra e
Roberto Ciotti, quest'ultimo, da
vero integralista delle ruote, ha
addirittura raggiunto il centro
della Capitale dall'aeroporto di
Ciampino direttamente in bicicletta. Come previsto dal programma dell'iniziativa, che ha
scadenzato tappe e soste mirate del corteo su due ruote,
durante il tragitto dall'Anfiteatro Flavio al Pantheon, gli onorevoli in bici hanno sostato in
via dei Fori Imperiali per ricordare una giovane ciclista
morta dopo essere stata investita da un taxi mentre rincasava di notte in bicicletta.
La gestione Vendola della Puglia:
otto anni di continui disastri
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Redazione
«Quando, nel 2005, Vendola si insediò alla
guida della Regione – ricorda il senatore Francesco Amoruso, coordinatore pugliese del Pdl
– Franco Tatò aveva appena scritto un libro in
cui definiva la nostra regione “la California del
Sud”. L'Alenia, dopo una dura battaglia con la
Campania di Bassolino e la sinistra nel suo
complesso, si stava insediando a Grottaglie, il
nuovo splendido aeroporto d Bari si era appena aperto, i conti della sanità pugliese registravano un attivo di 9 milioni di euro e la
Regione aveva in cassa quasi tre miliardi. Il
centrodestra aveva risanato i conti che aveva
ereditato in condizioni pre-fallimentari, aveva
conseguito tutte le “premialità” nazionali e comunitarie per il pieno adempimento degli impegni in materia di spesa dei fondi strutturali,
aveva attratto investimenti strategici dalla
Borsh alla Getrag, da Evergreen ad Alenia,
aveva sostenuto con misure di ogni tipo e dimensioni il sistema di imprese pugliesi, stava
infrastrutturando il territorio rendendolo più
competitivo. Per la sanità, per i rifiuti, per lʼenergia erano stati definiti piani realistici ed assolutamente sostenibili, che avrebbero evitato le
crisi successive. Otto anni dopo – continua
Amoruso – Vendola torna in una Puglia che
avrebbe dovuto governare ma alla quale ha
dedicato soltanto qualche ritaglio di tempo qua
e là, inseguendo unʼambizione tanto sconfinata
quanto spropositata. E trova intorno a sé il deserto. Un sistema sanitario prima degradato e
poi quasi azzerato, a seguito anche del dissesto complessivo dei conti. Grandi imprese in
fuga (ultime, la Bridgestone e l'Evergreen) per
gravi difetti di competitività del territorio. Morìa
di piccole e medie imprese. Non una sola infrastruttura in più. Questioni rifiuti ed energia al
palo. Unʼintera generazione di giovani cervelli
costretta allʼemigrazione. Disoccupazione alle
stelle. Insomma – secondo l'atto d'accusa del
coordinatore regionale del Pdl – un disastro,
ormai riconosciuto anche dai più distratti dei
pugliesi, che hanno relegato la coalizione di
governo regionale, che sembrava un invincibile “armata da guerra”, ad un umiliante terzo
posto nelle urne del 24 e 25 febbraio, in cui per
di più Vendola si era giocato tutto sbandierando il più fantomatico dei buongoverni regionali. Ciò conferma che quella di Vendola è in
realtà una rovinosa ritirata che precede la
sconfitta finale, lʼinizio ormai avanzato di un
inesorabile e meritatissimo tramonto».
No ai tagli delle sezioni
distaccate
dei tribunali siciliani
Redazione
«Non si possono chiudere le sezioni distaccate dei tribunali soprattutto in quei
territori dove invece è necessario anche
il mantenimento della sede, perché non
si tratta di una questione di snellimento
delle procedure né di tagli di costi, ma si
tratta di mantenere luoghi simbolo della
giustizia e della lotta alla criminalità. Non
è in questione l'efficienza della giustizia
telematica, piuttosto il valore di un simbolo allʼinterno di un territorio». È quanto
dichiara Salvino Caputo, parlamentare
regionale di Fratelli dʼItalia allʼAssemblea
Regionale Siciliana e vicepresidente
della commissione legislativa Attività produttive, che ha presentato unʼaltra interrogazione sul tema della chiusura delle
sezioni distaccate dei tribunali siciliani
per chiedere al presidente della Regione
di intervenire anche a sostegno degli enti
locali per garantire il mantenimento delle
strutture almeno nelle zone più a rischio
come Partinico, Monreale e Corleone.
«In questi ultimi giorni – continua Caputo
– abbiamo assistito a episodi incendiari a
Partinico, a tentativi di furto in esercizi
commerciali nel Monrealese e denunce
di pizzo da parte di noti imprenditori palermitani. È certamente un momento in
cui non si deve abbassare la guardia
nella lotta alla mafia e la cancellazione
dei tribunali minori in alcune città può trasmettere un segnale negativo. Ritengo
necessario - continua Caputo - adoperarsi per evitare la chiusura e invito tutti
gli amministratori locali a fare in modo di
garantire il mantenimento delle strutture.
I problemi sui costi e sulla mancanza di
personale nel settore della giustizia non
deve privare i cittadini dei punti di riferimento come i tribunali».
Frane e dissesti in Appennino, il Pdl accusa: disastro annunciato
Redazione
«La mancanza di un piano strutturale e di prevenzione, che da
dieci anni, attraverso interrogazioni ed ordini del giorno, chiedo
alla Giunta Errani di elaborare ed
applicare, porta purtroppo alle disastrose conseguenze che, in
questi giorni, stanno mettendo in
ginocchio la maggior parte dei
Comuni del nostro Appennino».
Lo ha affermato il consigliere del
Pdl alla Regione Emilia Romagna, Andrea Leoni, in merito alle
numerose emergenze che, a seguito di frane e smottamenti,
stanno interessando numerosi
centri del Modenese. «Purtroppo
fino ad ora, nella migliore delle
ipotesi, si è proceduto con costosi
interventi tampone inutili per la
prevenzione dei problemi sul
lungo periodo, come quello della
strada di Tagliole. Interventi provvisori che moltiplicano la spesa di
anno in anno ma che non evitano
il ripetersi delle problematiche
l'anno successivo, con le piogge
primaverili ed autunnali. A questo
si aggiunge la totale mancanza di
attenzione e di sostegni, anche
economici, alle popolazioni, sostegni anch'essi ripetutamente richiesti e mai ottenuti, nel
momento in cui queste vengono
colpite dalla chiusure di strade
che collegano aziende, abitazioni,
scuole, come sta succedendo in
tutti i Comuni nella cintura del Cimone. Il dramma per le persone
che vivono nelle aree colpite non
è solo legato a danni e disagi ma
anche e soprattutto al senso di
abbandono e di disinteresse da
parte di Provincia e Regione, costantemente sorde agli appelli dei
sindaci. Nelle prossime ore porterò sul tavolo della Giunta
l'elenco delle emergenze dall'Appennino della provincia di Modena che da Fanano a Guiglia, da
Pievepelago a Montecreto, da
Palagano a Serramazzoni,
stanno colpendo duramente la
montagna, chiedendo che si vada
oltre i pur necessari interventi di
urgenza e si ragioni e si intervenga con un piano strutturale di
prevenzione».
Arriva nelle sale “L'amore inatteso”,
la fede nell'era dello scetticismo
Priscilla Del Ninno
In un momento in cui i riflettori sono puntati su Roma e il Vaticano, con i cardinali
riuniti per eleggere il successore al soglio pontificio, arriva nelle sale di casa
nostra un film che racconta, con leggerezza e ironia, la netta linea di confine
che separa il mondo dei credenti da
quello degli scettici. Il 21 marzo esce
nelle sale italiane L'amore inatteso, film
diretto da Anne Giafferi che, grazie alla
riuscite interpretazioni di Eric Caravaca,
Arly Jover, Valerie Bonneton, Jean-Luc
Bideau, Benjamin Biolay, racconta la storia di Antoine, brillante quarantenne, rappresentante tipico di quella media
borghesia parigina, colta, illuminata e decisamente poco avvezza all'approfondimento
interiore,
che
scopre
improvvisamente dentro di sé la dimensione della fede, con tutto il corollario di
religiosità e spiritualità connesso. Sposato con Claire, padre di due figli, il protagonista de L'amore inatteso conduce
una vita agiata sullo sfondo di una Parigi
illuminista e intellettuale; ma in seguito
ad un colloquio con l'insegnante del figlio
Arthur, Antoine inizia a frequentare,
senza alcuna convinzione, dei corsi di
catechesi. Poco alla volta quegli incontri,
dopo la derisione e lo scetticismo iniziali,
per lui diventano indispensabili per raggiungere un nuovo equilibrio e una nuova
serenità. Tra lo scherno degli amici e le
paure della moglie, spaventata da un
possibile sbandamento del marito, Antoine inizia così, quasi clandestinamente,
un percorso che lo porterà alla conquista
di una dimensione sacra della vita, riuscendo così a trovare dentro di sè gli
strumenti per ridefinire, migliorandolo, il
rapporto con suo figlio. Il film, tratto dal
best seller francese Catholique anonyme
(Cattolico anonimo) scritto (e vissuto) da
Thierry Bizot, marito della regista, è ispirato al rapporto reale tra la cineasta e il
consorte, autore del soggetto, che recentemente ha iniziato un percorso di avvicinamento alla Chiesa Cattolica. Un
viaggio alla conoscenza del Divino scandito dalla catechesi, non condiviso dalla
moglie, rimasta una scettica convinta,
senza che questo incrinasse comunque il
loro matrimonio. «Rimango abbastanza
distante nei confronti della fede e della
religione – ha spiegato in merito a vita
vissuta e esperienza cinematografica
Anne Giafferi –. Ciò che mi interessava
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era dimostrare perché e come una persona qualunque, equilibrata e poco vulnerabile, possa essere toccata dalla
fede». Gli esiti, allora, sono condensati in
un film che esce in uno dei momenti storicamente più difficili per la Chiesa, e che
riflette sulla ricerca del sacro nella vita
quotidiana, giocando sul filo dell'ironia
garbata con i cliché e i pregiudizi di cui
spesso il mondo cattolico è oggetto.
Totti, Bisio, Abatantuono, Cristicchi prestano il loro volto alla campagna down
Antonella Ambrosioni
È online la campagna di sensibilizzazione e raccolta di fondi
per difendere i diritti delle persone con sindrome di Down
“DammiPiùVoce”, e già alcuni
personaggi famosi dello spettacolo, dell'arte, del calcio,
hanno aderito con entusiasmo:
si tratta di Diego Abatantuono,
Luca Argentero, Claudio Bisio,
Alessandro Cattelan, Simone
Cristicchi e Francesco Totti. I
primi a prestare il loro volto. Ne
dà notizia Coordown, il Coordinamento nazionale associazioni delle persone con
sindrome di Down che ha promosso l'iniziativa in collaborazione con Saatchi and Saatchi.
Sul sito di Coordown 50 ragazzi e ragazze con sindrome
di Down hanno chiesto una donazione particolare a 50 personaggi famosi, ai loro beniamini.
Non hanno chiesto di donare
dei soldi, ma un video in cui
siano gli stessi vip a chiedere
di sostenere la campagna e i
diritti delle persone con sindrome di Down con una donazione, amplificando così la loro
voce. L'obiettivo è quello di arrivare con il maggior numero di
risposte possibile al 21 marzo,
Giornata Mondiale sulla Sindrome di Down. Non è possibile sapere quanti personaggi
famosi decideranno di donare
un proprio video per il 21
Marzo e condividerlo - sottolinea Coordown - ma più saranno coloro che decideranno
di farlo, più persone saranno
raggiunte, maggiori saranno le
possibilità di ricevere delle donazioni. Il Coordinamento Nazionale Associazioni delle
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Mario Landolfi
Ugo Lisi
persone con sindrome di Down
nasce nel 2003, in occasione
della prima Giornata Nazionale
delle persone con sindrome di
Down, e da allora promuove iniziative sempre di grande impatto per tutelare i diritti delle
persone con tali problematiche.
Direttore Politico Marcello De Angelis
Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà
Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503
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7 agosto 1990 n. 250