II REPORT

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II REPORT
EUROPEAN COMMISSION
DG JUSTICE, FREEDOM AND SECURITY
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SASSARI
A new European network to exchange and transfer knowledge
and expertise in the field of treatment programmes for
perpetrators of sexual harassments and violence against
children and young people (SEXOFFENDERS)
II REPORT
A cura di
Prof.ssa Patrizia Patrizi (responsabile scientifico)
Dott.ssa Vera Cuzzocrea (coordinamento)
con la collaborazione di:
Dott.ssa Anna Bussu e Dott. Gian Luigi Lepri
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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INDICE
Premessa ….……………………………………………………………………………….........p.3
1. Analisi del contesto nazionale e europeo ………………………………………………...p.6
1. Ricerche, progetti e studi …….…………………………………..……………………….p.12
2.
Prevenzione e corsi di formazione………...……………………………………………...p.25
3. Programmi di trattamento per sex offenders………………………………………………p.34
Conclusioni…………………………………………………………………………………...p. 37
Bibliografia…………………………………………………………………………………...p. 38
APPENDICE…………………………………………………………………………………p. 40
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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Premessa
L’analisi effettuata nel primo report ha presentato una fotografia dello stato dell‘arte di ciascun
Paese (rispetto a scenari normativi, istituzionali e giudiziari), con l’obiettivo di comprendere
meglio i dati relativi alla presenza del fenomeno dell’abuso e della violenza a bambini/e e
giovani e di riflettere sull’efficacia delle risposte erogate a livello legislativo, politicoistituzionale e sociale.
Questo secondo report è mirato a indagare le esperienze esistenti a livello europeo al fine di
intercettare eventuali metodologie operative e buone prassi virtuose, approfondirne i
paradigmi interpretativi e confrontarne i principali risultati raggiunti.
Il presente documento ha pertanto previsto la raccolta delle principali esperienze esistenti in
ciascun Paese partner – in termini di progetti di studio e/o di ricerca, programmi di trattamento
rivolti agli autori (adulti o minorenni) di reati sessuali, corsi di formazione destinati a coloro che
si occupano direttamente di intervenire con le vittime e/o gli autori di questa tipologia di reati.
La finalità è quella di raccogliere le esperienze realizzate a livello locale, nazionale e
internazionale, confrontarle, riflettere sui punti di forza e le eventuali criticità emerse, sugli
eventuali risultati in termini di efficacia (per quanto concerne ad esempio i programmi di
trattamento) al fine di progettare uno specifico programma di trattamento per sex offeders da
implementare nel Paese di appartenenza (azione prevista in seno al progetto).
Questo lavoro risulta particolarmente interessante per l’Italia che, come sappiamo, nonostante la
presenza di norme rilevanti in materia di reati sessuali a danno di minori, non prevede
l’erogazione di interventi trattamentali specifici per sex offenders.
La ricerca effettuata attraverso i due report di ricerca costituisce pertanto il presupposto
fondamentale per la costruzione di progetti operativi di trattamento intra o extra murario
mirati a tentare di colmare questa lacuna (per quanto concerne l’Italia) e/o per migliorare
l’efficacia dei programmi già esistenti.
Siamo certi infatti che solo conoscendo approfonditamente il panorama esistente, in termini di
strumenti, procedure e metodologie adottate – a livello normativo, clinico, psico-sociale e
giudiziario – si possa pensare di impostare le basi per costruire un intervento consapevole ed
efficace.
Ecco perché, oltre alle statistiche esistenti, abbiamo ritenuto opportuno raccogliere in questo
secondo report anche l’ampia mole di progettualità e lavori di ricerca, prevenzione, formazione e
trattamento erogati a livello locale, nazionale e/o internazionale. L’approfondimento in oggetto è
stato organizzato su due livelli: internazionale e nazionale. Da una parte, guardando alle
esperienze di trattamento realizzate a livello europeo (European and National data analysis), a
esclusione dei Paesi coinvolti nel Progetto, attualmente Italia, Bulgaria e Polonia; si citano le
buone pratiche attuate in Inghilterra, Francia, Belgio, Olanda e Spagna e si riportano i risultati
del Programma Daphne (Appendice). Dall’altra, il Report si è occupato di organizzare le
iniziative (Research, projects and studies; Prevention and training corse; Treatment
programmes for sex-offenders) presenti nel panorama nazionale.
Per quanto concerne questo secondo livello di approfondimento, relativamente all’Italia, Paese
capofila dell’iniziativa, abbiamo ritenuto opportuno coinvolgere il Ministero della Giustizia e
nello specifico l’Ufficio Studi, Ricerche e Attività Internazionali (con la collaborazione della
dirigente dott.ssa Isabella Mastropasqua supportata dalla dott.ssa Giuditta Sturniolo) del
Dipartimento Giustizia Minorile (DGM) con cui l’Università di Sassari - Dipartimento di
Economia, Istituzioni e Società (Prof.ssa Patrizia Patrizi, Capofila e responsabile Scientifico del
Progetto) - ha stipulato un Accordo in data 27 maggio 2011.
La finalità dell’accordo è ben espressa nel documento: “sottoscrivere un accordo quadro di
cooperazione nell’ambito del Progetto europeo SEXOFFENDERS per la migliore
implementazione dello stesso e un continuo e proficuo scambio di esperienze e conoscenze tra le
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Parti”. Pertanto, in virtù dell’intento comune di operare sinergicamente nell’ambito di questo
specifico progetto europeo – come testimoniato dall’Accordo quadro di cooperazione – abbiamo
deciso di avvalerci della preziosa collaborazione del Ministero al fine di raccogliere i progetti
esistenti a livello locale e nazionale.
A tal fine, si è condiviso l’invio da parte del DGM di una nota rivolta a tutti i responsabili dei
Centri di Giustizia Minorile (CGM) con la richiesta di raccogliere e inserire in una apposita
griglia tutti i progetti di ricerca, trattamento e formazione presenti nel proprio territorio di
competenza. La suddetta scheda, nei contenuti, è stata costruita e riadattata dall’Università di
Sassari sulla base dei criteri condivisi con i Partner in sede di meeting iniziale a Sassari, mentre,
nella forma, ha previsto il doppio logo, dell’Università e del Ministero (oltre a quello del
Progetto). Come parzialmente già approfondito nell’ambito del I Report, i CGM sono organi del
decentramento amministrativo che possono avere competenza sul territorio di più regioni e in
questi casi fanno riferimento a più corti d'appello. Sul territorio nazionale sono presenti dodici
CGM (Bari, Bologna, Cagliari, Catanzaro, Firenze, L’Aquila, Milano, Napoli, Palermo, Roma,
Torino e Venezia) a cui afferiscono territorialmente i servizi della Giustizia Minorile competenti,
a vari livelli, nella gestione degli utenti minorenni autori di reato. Esercitano funzioni di
programmazione tecnica ed economica, controllo e verifica nei confronti dei Servizi minorili da
essi dipendenti quali gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM), gli Istituti penali per
i minorenni (IPM), i Centri di Prima Accoglienza (CPA), le Comunità.
Grazie a questa proficua collaborazione, è stato possibile raccogliere molte informazioni
relativamente ai progetti di studio, agli eventi di sensibilizzazione, formazione o aggiornamento
sulle tematiche oggetto di interesse (abuso e violenza a bambini/e e giovani; sex offenders; etc.)
che hanno coinvolto il personale della Giustizia Minorile e, in taluni casi, gli utenti dei Servizi
(rispetto ai progetti di trattamento). La sinergia attivata con il DGM ha pertanto reso possibile
l’acquisizione di iniziative che hanno interessato l’ambito della giustizia minorile - competente,
come sappiamo, nella presa in carico e nel trattamento di adolescenti e giovani autori di reati
sessuali (ancora in carico) - rendendo quindi possibile un’integrazione con le informazioni
disponibili relativamente al Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (DAP),
competente, invece, sul trattamento degli offenders adulti.
Parallelamente, rispetto al DAP, è proseguita la collaborazione con la Direzione Generale
dell’esecuzione penale esterna già avviata in fase iniziale e proseguita nell’ambito di alcuni
incontri avvenuti tra la Prof.ssa Patrizia Patrizi (affiancata da Gian Luigi Lepri e Vera
Cuzzocrea) e la Direttrice Dott.ssa Luigia Culla (alla presenza del suo staff coordinato dalla
dott.ssa Sonia Specchia). Questi incontri hanno prodotto un accordo di collaborazione tra
Università e Direzione Generale (attraverso la firma di un protocollo di intesa) di condividere i
risultati di alcune ricerche avviate dalla Direzione suindicata sulla tematica oggetto di interesse
dal Progetto, con specifico riferimento alle misure di presa in carico e trattamento dei sex
offenders all’esterno del carcere. Nella stessa sede, si è condiviso anche il coinvolgendo della
Direzione Generale dei detenuti e del trattamento nella persona del suo Direttore dott. Sebastiano
Ardita, con l’obiettivo di condividere e integrare le evidenze emerse (a livello extramurario) con
i programmi trattamentali implementati nei diversi istituti penali presenti a livello nazionale
(livello intra-murario).
Il confronto internazionale su differenti sistemi legislativi, programmi di trattamento e studi di
efficacia reso possibile da queste esperienze, come d’altra parte anche il confronto attivato con
e tra le diverse realtà dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile hanno
evidenziato non solo che la sanzione penale da sola non è sufficiente a circoscrivere il fenomeno,
ma anche e soprattutto che è necessario procedere con la realizzazione di strategie di intervento
pluridimensionali.
A partire dall’analisi delle principali prospettive di intervento, certamente non sorprende che
alcuni interrogativi siano rimasti privi di risposte adeguate, ad esempio, in relazione al modo in
cui gli autori di reati sessuali dovrebbero essere trattati da parte del sistema giudiziario e rispetto
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a quali caratteristiche trattamentali risultino più o meno efficaci rispetto alla prevenzione della
recidiva. Le incertezze che ne derivano assumono però una valenza positiva, se si pensa che ogni
perplessità sul tema può essere intesa come utile spunto di riflessione critica per un futuro
approfondimento. Bisogna iniziare a considerare che solo attuando delle azioni globali e
sistematiche (a livello legislativo, nell’erogazione di finanziamenti dedicati, nell’investimento di
risorse per la ricerca, la formazione degli operatori, trattamento degli offenders adulti e
minorenni, etc.) si può iniziare a ragionare in termini di reale protezione della società e
prevenzione dei reati di violenza, abuso e sfruttamento sessuali, a danno di bambini/e,
adolescenti, ma anche giovani e adulti.
Queste azioni, dovrebbero portare alla realizzazione, a livello nazionale, di un sistema di
trattamento specifico per questa tipologia di condannati che preveda, parallelamente,
l’erogazione di interventi di sensibilizzazione e formazione per gli operatori e la condivisione di
procedure di intervento comuni (anche attraverso la promozione di Accordi e Protocolli di
Intesa) a livello interistituzionale al fine di rendere maggiormente efficaci i percorsi di
prevenzione primaria, secondaria e terziaria. In tal senso, le collaborazioni con il Ministero della
Giustizia e con i due Dipartimenti – per la Giustizia Minorile e dell’Amministrazione
Penitenziaria – rappresentano un passaggio importante per la costruzione di protocolli
operativi necessari al fine di sperimentare un modello di trattamento condiviso, come
richiesto nella fase conclusiva del Progetto SEXOFFENDERS. Ad esempio, è già in programma,
proprio in questa direzione, un incontro con tutti gli operatori referenti a livello territoriale dei
servizi della giustizia minorile (CGM), pensato non solo per condividere i risultati emersi,
effettuare delle prime comparazioni tra buone prassi emerse e aspetti da migliorare, ma anche e
soprattutto per costruire un modello di trattamento che ascolti quanto già implementato partendo
proprio dall’esperienza pratica e dai bisogni emergenti.
Ci auguriamo che questo progetto di ricerca e altri possano essere considerati un punto di
partenza sul quale riflettere e approfondire le conoscenze e gli strumenti operativi necessari a
contrastare il fenomeno dell’abuso e della violenza.
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1.
Analisi del contesto nazionale e europeo1
La letteratura internazionale sottolinea come l'allarme sociale scaturito dai reati a sfondo sessuale
rappresenti, per le istituzioni preposte al controllo, una sfida da fronteggiare attivando risposte
concrete nel contrasto del fenomeno su più livelli tra loro sinergici: legislativo, giudiziario,
penitenziario e trattamentale (Cuzzocrea, Lepri, 2010). La complessità di questo fenomeno,
l’eterogeneità degli autori e dei profili psicologici e comportamentali ad essi riferibili
(Balasundaram, Frazer e Wood, 2009), rendono inoltre arduo il lavoro degli operatori impegnati
nella gestione di queste condotte. La ricerca delle variabili che partecipano alla co-costruzione
del comportamento sessualmente deviante ha stimolato sempre di più l’interesse di coloro che si
occupano, a vari livelli, di questo fenomeno (Dèttore, Fuligni, 2008; De Leo et al., 2001; Caffo,
Camerini e Florit, 2004). Il trattamento (nello specifico, rispetto ai reati contro la persona e
ancora maggiormente rispetto a quelli di tipo sessuale) è un processo che, oltre a rivolgersi al
sistema della vittima, si confronta infatti con la figura dell’autore del reato attraverso un livello
di competenza specifico e mirato.
Il trattamento dell'autore di reati sessuali, nei Paesi in cui è previsto, ha come obiettivo centrale
la riduzione della recidiva del reo. Secondo Traverso (1999), l'intervento dovrebbe assolvere a
tre principi: 1) il principio legato al rischio di recidiva; 2) il principio legato ai bisogni del
soggetto da trattare; 3) il principio legato all’adeguamento del tipo di trattamento alla
popolazione bersaglio. Secondo il primo, il trattamento sarà tanto più efficace quanto più sarà in
grado di indirizzarsi verso autori di reato ad alto rischio di recidiva, in quanto è evidente che,
riuscire a trattare soggetti così “gravi” riducendone le potenzialità offensive, produrrà benefici
maggiormente significativi. La valutazione del risk assessment (rischio di recidiva) (Looman,
Abracen, 2009) consiste nella capacità di individuare e stimare i fattori di rischio della condotta
sessualmente deviante2. Il principio successivo chiarifica che il trattamento sarà tanto più
efficace quanto più andrà a constatare elementi del comportamento delinquenziale (ad esempio
gli atteggiamenti/fattori di rischio che favoriscono il comportamento deviante); infine il terzo
principio stabilisce che il trattamento deve essere erogato in maniera tale da dimostrarsi coerente
con le possibilità di apprendimento e con le caratteristiche di personalità dell’autore di reati
sessuali. Un’attenta valutazione (assessment) del singolo - tramite colloqui individuali integrati
dall’acquisizione di dati di vario genere (caratteristiche socio-demografiche, notizie
anamnestiche personali e familiari, storia delinquenziale, dati giudiziari) - è di particolare
importanza e, soprattutto, è fondamentale nella scelta del trattamento più adeguato.
Le esperienze trattamentali sperimentate a livello internazionale e citate in questa sede seguono
questi presupposti operativi.
Le tipologie di intervento utilizzate nell’ambito di questi programmi sono differenti, per
semplificazione, vengono suddivise in quattro macrocategorie:
1
Molti dei contenuti con cui è stato scritto questi paragrafo sono stati estratti dal contributo scientifico:
Cuzzocrea V., Lepri G.L., 2010, “Il trattamento dell’autore di reati sessuali: miti e contraddizioni”, in
A.L. Fargnoli (a cura di), La violenza. Le responsabilità di Caino e le connivenze di Abele, Alpes, Roma
e dal contributo istituzionale: De Leo G., Di Tullio D’Elisiis M.S., Lepri G.L., Cuzzocrea V., (2001), Il
trattamento degli autori di reati sessuali a danno di minori, Relazione conclusiva non pubblicata del
progetto FOR WOLF, Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla Genesi e sullo Sviluppo delle
Motivazioni Prosociali e Antisociali, Roma.
2
Alcuni dei principali fattori di rischio sono considerati la precedente storia criminale (c.d. “carriera
deviante”), l’aver subito/assistito a situazioni di abuso all’interno della famiglia, la delinquenza giovanile,
l’età, e l’abuso di sostanze.
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1. di tipo cognitivo-comportamentale, di cui fa parte la relapse prevention (prevenzione della
ricaduta); il training sul controllo dello stress; il lavoro sulle distorsioni cognitive; etc.;
2. di tipo psicosociale, di cui fanno parte la terapia di gruppo; la terapia individuale e la terapia
familiare;
3. di tipo farmacologico, di cui fa parte il trattamento ormonale3: la cosiddetta “castrazione
chimica” ovvero la somministrazione di una terapia ormonale al fine di inibire la produzione di
testosterone e quindi l’istinto sessuale.
4. di tipo medico-chirurgico. Attualmente questo tipo di intervento è pressoché abbandonato,
eccetto la castrazione chirurgica che, in alcuni Paesi (ad esempio negli Stati Uniti), è prevista
dal codice penale come opzione alla castrazione chimica per l’accesso alla libertà sulla parola.
Il modello di intervento maggiormente conosciuto e utilizzato a livello internazionale con questa
tipologia di utenti è quello della relapse prevention. La relapse prevention nasce come tecnica
per rafforzare le abilità di auto-gestione dei tossicodipendenti (Marlatt, 1982) ed è stata riveduta
per essere utilizzata nell'intervento con i bambini con problemi comportamenti connotati
sessualmente e per abusanti sessuali adolescenti e adulti (Dèttore, Fuligni, 2008). Il presupposto
teorico alla base è la possibilità di identificare e utilizzare gli "eventi precursori" del reato
sessuale come "mezzi per incrementare l'autogestione e facilitare la supervisione" dell'abusante
(Dèttore, 1999, p. 317). Il modello base dell’intervento si propone infatti di lavorare sulla
capacità di anticipare la comparsa di possibili errori che possono portare direttamente al
processo di ricaduta e di confrontarsi con essi. Nello specifico, gli step da raggiungere attengono
quindi alla promozione di alcune risorse individuali e allo sviluppo di alcune abilità, tra cui:
a) la capacità di riconoscere scelte e condizioni che mettono gli offenders in situazioni di rischio
di recidiva e di confrontarsi con esse;
b) l’abilità di pianificare, sviluppare e mettere in pratica una serie di risposte di confronto
rispetto alle situazioni e agli elementi identificati “ad alto rischio”;
c) la capacità di modificare il modo in cui interpretare i propri impulsi aggressivi sessuali;
d) l’incremento dell’empatia nei confronti della vittima,
e) la capacità di modificare o eliminare le distorsioni cognitive che potrebbero facilitare
successive ulteriori vittimizzazioni;
f) la realizzazione di cambiamenti di stile di vita progettati per incoraggiare un’astinenza
continuata.
L’obiettivo trasversale è di imparare a prevenire la ricaduta, in un processo in itinere all’interno
del quale l'autore di reati sessuali deve assumere un ruolo attivo e vigile. La partecipazione al
programma dovrebbe essere attiva non solo perché i dati indicano che essa facilita l’acquisizione
di nuove capacità e apprendimenti (Bandura,1995), ma anche perché sembra favorire
l’autoconsapevolezza e la fiducia in se stessi (Marshall, Anderson e Fernandez, 1999). Il setting
privilegiato solitamente è il gruppo e prevede la partecipazione al massimo di dieci - quindici
detenuti e la premessa indispensabile, nonché prerequisito d'accesso al programma, è il
riconoscimento (almeno formale) del reato commesso. La relapse prevention e/o altre tipologie
di interventi possono essere erogati in differenti contesi, istituzionali (come il carcere o una
struttura ospedaliera) o extraistituzionali (come la comunità) attraverso apposite strutture
ambulatoriali e/o residenziali che lavorano in stretta collaborazione con i servizi territoriali e le
associazioni di volontariato.
3
Viene soprattutto utilizzata negli Stati Uniti, dove dal 1997 in poi sono state varate diverse leggi che ne
prevedono l’utilizzo per il trattamento dei pedofiliche stanno per lasciare il carcere. Per una trattazione
più approfondita si veda: Cuzzocrea, Lepri (2002).
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Si citano qui di seguito le esperienze di programmi di trattamento presenti in Inghilterra, Francia,
Belgio, Olanda, Spagna raccolte attraverso un’analisi della letteratura esistente (Traverso, 1999;
Dettore, Fuligni, 2008; Cuzzocrea, Lepri, 2010) e gli esiti di progetti di ricerca transazionali
(AAVV, 1999; De Leo et al., 2001a; De Leo et al., 2001b; De Leo, Mariotti Culla, 2005).
Inghilterra. Uno dei programmi di trattamento più completi è il Sexual Offenders Treatment
Program (STOP) nato nel 1993 in Inghilterra e Galles con la creazione di un’unità speciale per il
lavoro con gli autori di reati sessuali (la Sex Offender Unit) ad opera del Probation Service del
West Midlands. La valutazione del rischio di recidiva è centrale nel programma e segna i diversi
momenti del percorso: dalla fase della condanna (in cui il probation officer, su richiesta del
giudice, prepara una relazione in cui descrive la sua valutazione in merito al caso in oggetto) alla
fase del trattamento in carcere fino al rilascio e alla fase di registrazione4 dell’autore di reato.
L’intervento consiste generalmente in un lavoro di gruppo molto strutturato con l’utilizzo di
tecniche di modelling e della recitazione. Ogni gruppo terapeutico funziona con un’équipe di tre
tutori, di cui almeno due sono presenti a ogni sessione e almeno uno è uno psicologo o un agente
incaricato dell’affidamento in prova. L’intervento è suddiviso in diversi moduli. Il primo,
d’ingresso, è detto Modulo di Inserimento; comprende 50h di trattamento ed è mirato alla
riduzione della negazione e/o minimizzazione affinché si giunga ad una piena
responsabilizzazione della persona rispetto alla commissione del reato sessuale. In seguito al
completamento positivo di questa prima fase di intervento, i sex offenders entrano in un Modulo
di Relapse prevention di 50h o in un programma di terapia a lungo termine di 190h. La decisione
rispetto a quale tipo di percorso si debba far seguire dipende da una valutazione del rischio di
recidiva (medio/basso o alto). Il programma di trattamento ha come obiettivo a lungo termine un
cambiamento nello stile di vita e al raggiungimento di una capacità auto-regolativa. Questo
traguardo ambizioso presuppone che l’autore di reati sessuali modifichi alcuni aspetti della sua
persona che coinvolgono: a) la sfera cognitiva (ad esempio: distorsioni, stereotipi culturali, etc.);
b) la sfera socio-relazionale (ad esempio: la capacità di coping, lo stile di attaccamento, la
capacità di instaurare delle relazioni sociali e/o affettive, ); c) la sfera sessuale (ad esempio:
l’educazione sessuale che ha ricevuto, le sue fantasie sessuali) ed infine d) la sua capacità
empatica. Il programma ha come obiettivi intermedi la responsabilizzazione dell’autore rispetto
al reato commesso e l’acquisizione di una capacità rielaborativa del percorso prima della messa
in atto del comportamento deviante, individuandone cioè i precursori che possono costituire dei
fattori di rischio per una ricaduta.
Francia. In Francia la legge prevede che tutte le persone condannate per reati sessuali a pene
restrittive della libertà debbano scontare la pena in istituti penitenziari che consentano di
garantire un controllo medico e psicologico adeguato. Questo controllo è reso possibile dalla
presenza, all’interno della maggior parte delle carceri, di Servizi medico-psicologici regionali
(S.M.P.R.) di competenza del Ministero della Sanità. Prima di entrare in carcere, il detenuto
condannato a una pena superiore a cinque anni trascorre sei settimane presso il Centre National
d’Observation (C.N.O.), una struttura che, grazie all’ausilio di un’équipe interdisciplinare, ha lo
scopo di costruire, in collaborazione con il detenuto stesso, un progetto di esecuzione di pena.
Terminato il periodo valutativo/progettuale, egli farà il suo ingresso nell’istituto penitenziario e,
se lo deciderà, parteciperà al processo trattamentale offerto dai S.M.P.R. La permanenza nel
servizio si verifica preferibilmente un anno prima della scarcerazione ed è strutturata in tre fasi. I
primi due mesi sono dedicati all’accoglienza del detenuto, nonché alla realizzazione del suo
genogramma. La seconda fase, della durata di circa due mesi, si concentra sul lavoro di gruppo:
4
La legislazione inglese (ma anche quella statunitense) prevede che il responsabile di reati sessuali
(soprattutto pedofili a rischio di recidiva), una volta uscito dal carcere e anche se scontata la pena, venga
“registrato” – cioè accompagnato e controllato dalle agenzie locali, per un periodo variabile da cinque a
15 anni.
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all’interno di laboratori monotematici, che integrano approcci educativi e terapeutici, si
organizzano gruppi di relax, di disegno e di ascolto della musica. Lo scopo è quello di sviluppare
le capacità di inserimento sociale, di gestione delle emozioni e dei conflitti. La scelta dei metodi
terapeutici più idonei tiene conto in primo luogo della personalità del detenuto, dello stato
mentale e delle circostanze al momento del fatto. Il trattamento mira all’acquisizione delle
competenze cognitive e affettive, allo sviluppo di attitudini a dominare la propria eccitazione
sessuale deviante e, infine, al riconoscimento delle situazioni e delle sequenze cognitivo-affettive
che favoriscono il passaggio all’atto, per evitarle, sfuggirvi o porvi fine. Lo stesso centro prevede
un trattamento anche dopo la scarcerazione, centrato sullo sviluppo di capacità espressive
(pittura, disegno, gruppi di discussione, ecc.) e sul controllo delle pulsioni. Tuttavia, è una realtà
che molti detenuti, una volta usciti dal carcere, non ricevono alcun tipo di assistenza. I
trattamenti post carcerari vengono, infatti, effettuati soltanto da alcuni medici esterni.
Belgio. In Belgio esiste l’obbligo giuridico del percorso terapeutico prima che sia stata
pronunciata la sentenza (come misura alternativa alla custodia cautelare) e dopo il
pronunciamento della sentenza in sostituzione o aggiunta alla pena (può essere imposta come
condizione della sua liberazione oppure al momento della sua liberazione). Le possibilità di
trattamento sono molto rare nel sistema penitenziario belga e il livello generale dell’intervento
erogato in carcere è nettamente inferiore a quello erogato negli ospedali psichiatrici piuttosto che
nelle strutture esterne. Programmi specializzati di trattamento sono forniti a livello ambulatoriale
da due centri (CRASC ed UFC). Ad esempio, il Centro di Bruxelles (CRASC), che ha iniziato ad
operare nel 1986, è un tipo di struttura detta guidance (Gazan, 1997), termine che si riferisce ad
una particolare intervento che ha lo scopo di creare uno spazio di diritti e doveri differenziati, a
vantaggio della società (prevenzione della recidiva), e a vantaggio dell’autore di reato (induzione
di uno stato di benessere). Il concetto di guidance, che simbolicamente rappresenta un ponte tra
il concetto di controllo e quello di cura, ci suggerisce di sostituire il termine “trattamento” con
quello di management (gestione), poiché mentre il primo indica un approccio all’aggressione
sessuale sul modello di una malattia, il secondo considera tale reato innanzi tutto come un
comportamento, che può essere modificato e quindi “gestito” grazie all’apprendimento di
determinate abilità. Dopo l’accettazione, che dura per tre sedute individuali, la persona viene
inviata ad un “gruppo di integrazione” per una valutazione più dettagliata del suo problema e
delle sue esigenze terapeutiche. Nel CRASC parecchi gruppi di terapia composti da 8 a 14
detenuti sono esposti a piani di trattamento centrati su: prevenzione della recidiva,
addestramento al controllo dell’impulso, modifica delle preferenze sessuali, formazione di
capacità sociali, gestione dello stress, e gruppo psicodinamico. Secondo le loro diverse necessità
di trattamento individuale, i delinquenti sessuali seguono diversi percorsi attraverso il
programma di trattamento. La maggior parte termina con il gruppo psicodinamico che tratta lo
squilibrio globale del loro stile di vita e stimola la crescita personale per una migliore qualità
della stessa. Se necessario e in aggiunta agli altri interventi, ad alcuni utenti vengono
somministrati dei farmaci antiandrogeni.
Spagna. Il trattamento intra-murario degli autori di reato sessuale sperimentato in Spagna fa
riferimento al Relapse Prevention Model, o modello per la Prevenzione della Recidiva, sulla scia
dell’approccio canadese, di stampo cognitivo-comportamentale, il cui programma è stato
riadattato al contesto spagnolo, differenziandone ulteriormente l’applicazione in base a ciascun
singolo istituto coinvolto, alla diversa popolazione di utenti e alle risorse utilizzate in termini di
personale. Sperimentato dal 1998 negli istituti penitenziari spagnoli, in termini di obiettivi
generali il programma di trattamento si propone di diminuire e/o eliminare la probabilità di
recidiva nella condotta delittuosa; di rendere capace l’autore di reato sessuale di controllare la
propria condotta di aggressione sessuale, intervenendo sui fattori predisponenti all’aggressione
sessuale in ciascun soggetto; di aiutare l’autore di reato sessuale a sviluppare la capacità di
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costruire e mantenere relazioni interpersonali libere dalla violenza e con partner adeguati. Gli
obiettivi specifici possono invece essere ricondotti a due livelli: la valutazione individuale e
l’intervento psico-sociale. Il piano valutativo a cui si fa riferimento comprende l‘osservazione
della condotta sessuale (i modelli comportamentali abituali di relazione con il partner; le
preferenze devianti); le distorsioni cognitive (quali la razionalizzazione e gli atteggiamenti
negativi nei confronti della donna), il funzionamento sociale (genesi e mantenimento della
condotta deviata, livello di empatia, grado di assertività). Con l’intervento psico-sociale si
intende invece adattare il programma alle variabili individuali, centrandosi su fattori quali
l’incremento della consapevolezza individuale (responsabilizzazione, empatia) degli effetti delle
proprie scelte comportamentali; lo sviluppo delle abilità di controllo e confronto (autocontrollo);
la valorizzazione delle situazioni di rischio e l’abilità di confronto con le situazioni stressanti. La
prima regione che ha sperimentato questo modello è stata quella della Catalogna; in seguito a
questa prima esperienza il programma è stato applicato in altri otto centri spagnoli, per poi essere
esteso a un totale di tredici istituti. Gli Istituti Pilota sono stati identificati in base a criteri quali il
numero di sex offender presenti e quello degli operatori specializzati in grado di realizzare il
progetto in ciascun istituto. Per quanto concerne la generica formazione del personale, questa è
rivolta a tutti i livelli di professionalità operanti in istituto, ma non è oggetto di particolare
investimento economico e temporale, in quanto l’accesso alle strutture penitenziarie è garantito
da concorsi per titoli che vengono considerati già di per sé indicativi di un certo livello di
professionalità inerente il settore. La scelta del personale che ha costituito le varie équipe
impegnate nel trattamento dell’autore di reato sessuale, è stata effettuata seguendo la procedura
ordinaria, basata sul ruolo professionale, sul merito e sulle capacità personali, con particolare
attenzione alle precedenti esperienze di lavoro, ricerca e formazione nel campo specifico. Altro
criterio di scelta è l’impegno dei professionisti ad assicurare lo sviluppo del programma per un
periodo sufficiente, quantomeno a medio termine. Gli operatori deputati ad erogare il trattamento
sono quindi sottoposti a un programma di formazione intensivo, centrato sull’approccio
metodologico del trattamento e sugli argomenti che verranno trattati attraverso l’applicazione del
programma. Questo avviene a livello centrale, al fine di impostare un piano di intervento
condiviso a livello sovrastrutturale, anche se suscettibile di modifiche in fase di applicazione,
coerentemente con le diverse realtà carcerarie presenti nei territori di interesse (De Leo et al.,
2001). Il modello della Relapse Prevention non viene applicato nella sua globalità; principale
“lacuna” della realizzazione del trattamento è infatti il suo essere esclusivamente realizzato
all’interno delle mura carcerarie, senza alcun tipo di effettiva possibilità di proseguimento dello
stesso al di fuori del circuito detentivo. Terminato il periodo della pena, gli ex-detenuti non sono
in alcun modo seguiti dal personale dell’Amministrazione Penitenziaria.
Olanda. In Olanda esistono due tipi di istituzioni in grado di ospitare gli autori di reati sessuali;
qualora il soggetto sia riconosciuto responsabile del suo atto, viene mandato in un istituto
carcerario, con l’idea che debba essere punito per il reato commesso attraverso la privazione
della libertà; al contrario, quando l’autore di reati sessuali sia giudicato irresponsabile del suo
atto, cioè “malato di mente”, ossia affetto da un disturbo psichico sulla base del DSM-IV, viene
costretto ad alloggiare in un T.B.S. (Terbeschikkingstelling), un’istituzione chiusa a vocazione
terapeutica. I soggetti giudicati parzialmente irresponsabili sono condannati a vivere prima in
carcere e poi in T.B.S. Attualmente, i dati parlano di 12.000 persone incarcerate, 800 alloggiate
in T.B.S. e 150 in attesa di un posto in T.B.S. Gli istituti T.B.S. sono sei e sono finanziati, in
buona parte, dal Ministero della Sanità, mentre il Ministero della Giustizia cura gli aspetti più
strettamente connessi alla sicurezza. Il soggiorno in T.B.S., quando costituisca una pena, è
imposto per una durata di due anni e può essere prolungato per un periodo di uno o due anni, e
addirittura per più tempo in alcune circostanze. In particolare, nei casi di condanna per reati
perpetrati con violenza, la decisione di internamento può essere reiterata indefinitamente. Gli
imputati temono tanto l’invio in queste strutture quanto in carcere, poiché nei T.B.S. la data di
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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uscita non è fissata in anticipo. Il T.B.S. può, infatti, essere considerato la forma più coercitiva di
trattamento psichiatrico, anche se la vita al suo interno sembra essere caratterizzata da una
grande libertà di movimento, parola e pensiero. Oltre al luogo di detenzione (T.B.S. o istituto
carcerario), la responsabilità determina anche l’accesso al trattamento. Infatti, l’irresponsabilità
implica l’idea di “malattia mentale” e, di conseguenza, quella di cura, mentre in caso contrario,
l’individuo giudicato responsabile, è considerato non affetto da turba psichica, oppure affetto da
una turba psichica senza nesso di causalità accertato con l’atto, il che comporta che egli non
beneficerà di una cura. Ne consegue che il trattamento terapeutico del condannato per reati
sessuali sarà effettuato unicamente in T.B.S. Se da un lato l’adesione al trattamento non è mai
imposta, dall’altro la pericolosità del paziente potrà essere valutata favorevolmente solo se questi
darà prova di un certo coinvolgimento nelle attività terapeutiche. Per la valutazione della
responsabilità, il giudice si avvale del supporto di un centro, il Pieterbaan Centrum, dove ogni
anno passano 200 imputati e vi soggiornano sette settimane. In questo periodo, per decisione del
giudice, un’équipe interdisciplinare redige un resoconto di una cinquantina di pagine che termina
con una valutazione della responsabilità del soggetto, che verrà poi inviato al giudice e sulla base
del quale poi si deciderà dove inviare l’imputato. Se il giudice ritiene opportuno condannare i
soggetti a un soggiorno in T.B.S., questi vengono prima portati in un istituto, il Meijers Instituut
di Utrecht, dove si tenta di orientare il soggetto verso il T.B.S. più adeguato. Un esempio di
trattamento è costituito dalla clinica Henri van Hoeven di Utrecht, un istituto che si compone di
tre strutture diverse che, pur essendo distinte e indipendenti, interagiscono in modo dinamico: il
T.B.S., il centro diurno e il politecnico. Nel T.B.S. gli autori di reati sessuali non vengono
separati dagli altri condannati e la maggioranza dei pazienti presenta tratti di personalità psico o
sociopatici. La parte di trattamento che è riservata alla sociopatia è fondamentale e si concretizza
soprattutto nell’organizzazione della vita quotidiana: i pazienti vivono in gruppi di otto-dieci
persone responsabili della loro unità di vita (arredamento, manutenzione, ecc.), imparando
pertanto a misurarsi con la realtà e con le difficoltà della vita di comunità, pur avendo ciascuno
la sua camera. Al fine di fornire un solido supporto sociale all’individuo, per un futuro
reinserimento all’esterno, sono coinvolte anche le famiglie, attraverso terapie familiari o di
coppia. Per sviluppare l’autostima e colmare i deficit vengono proposte attività formative e
terapeutiche, lavoro, scolarizzazione, sport, attività ricreative (disegno, scultura, mimica e
teatro). Una tecnica particolarmente utilizzata è l’offence script, uno strumento di studio del
passaggio all’atto che consente di descrivere lo scenario del delitto, offrendo il vantaggio di
prendere in considerazione le sei ore che precedono l’aggressione. Questo copione rappresenta
un modo di affrontare l’atto con una popolazione che rende spesso difficile questo compito, in
quanto nega l’atto e/o la responsabilità dello stesso. L’idea di base è che se l’autore di reati
sessuali ha piena consapevolezza dei pensieri, dei gesti e degli eventi che hanno preceduto il suo
passaggio all’atto, potrà più facilmente prendere coscienza del rischio di agirlo nuovamente, e
quindi prevenire meglio la recidiva.
Oltre alle esperienze citate, per cui il cui approfondimento si rimanda alla letteratura specialistica
indicata all’inizio del paragrafo e in bibliografia, si segnala l’estratto dal Programma Daphne
“Preventing sexual abuse and exploitation of children”, disponibile in Appendice.
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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1.1.
Ricerche, progetti e studi
Il sistema penitenziario italiano si trova quotidianamente a confrontarsi con diverse difficoltà
legate sia alla natura di questa tipologia di reati sia al contesto in cui vengono accolti i loro
autori. Infatti, i miti sulla figura del sexoffender, la mostruosità di questa tipologia di delitti e
quindi le resistenze a interagire con chi si macchia di questi reati, si trovano tanto all’esterno che
all’interno del carcere, costringendo gli addetti ai lavori a un percorso ad ostacoli nel
programmare interventi specifici. La condizione di marginalità degli autori di reati sessuali viene
pertanto rinforzata all’interno del sistema penitenziario attraverso la predisposizione negli istituti
di sezioni protette in cui vengono collocati (De Leo, Patrizi, 2006; Cuzzocrea, Lepri, 2010).
E’ questa una delle principali contraddizioni esistenti nella gestione del problema. Secondo
quanto indicato dal nostro ordinamento penitenziario5 il periodo di reclusione dovrebbe servire al
detenuto per riflettere sul comportamento deviante assunto e sui danni provocati, al fine di
conseguire un adeguato reinserimento nella società. In tal senso, “la giustizia penale può
costituirsi come spazio sociale istituito per un confronto attivo fra il reo, le sue azioni
penalmente rilevanti, la vittima e le valenze sociali e simboliche del reato” (De Leo, 1996, p.
24). Ci chiediamo quindi come sia possibile conciliare il significato della pena, l’esigenza di
tutela la società diminuendo la pericolosità sociale di questi offenders e il rischio di ripetere il
reato, con la quasi totale mancanza di trattamento specifico all’interno e/o all’esterno del carcere.
A livello nazionale, si segnalano alcune importanti iniziative di studio promosse dal Ministero
della Giustizia: il progetto di ricerca transazionale “WOLF” (1998-1999) e l’analisi valutativa
sui sex offenders (2009) realizzate dal DAP (nell’ambito del Pea n. 13 del 2007) e l’indagine “I
minori vittime di reati sessuali e sex offenders presenti nel circuito penale minorile italiano”
realizzata dal DGM (nell’ambito del PEA n. 39 del 2010)6 a cui diversi CGM partecipano anche
fornendo le iniziative presenti a livello territoriale. A seguire, le schede descrittive relative ai
progetti di ricerca e/o di studio implementate a livello territoriale.
Titolo (della ricerca, progetto o studio): Progetto WOLF (Working On Lessening Fear). E'
un progetto di ricerca e scambio transnazionale sul trattamento degli autori dei reati di
sfruttamento sessuale di minori e sui bisogni di formazione degli operatori sociali addetti al loro
trattamento.
Anno: 1998-1999. Si conclude nel marzo 1999 con la presentazione dei risultati nell’abito di un
seminario transnazionale tenutosi a Roma nei giorni 10-12.03.1999.
0.Coordinatore: Ministero della Giustizia – Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria.
5
Legge 26 luglio 1975 n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
preventive e limitative della libertà”. Va anche citato il regolamento di esecuzione: D.P.R. 30 giugno
2000 n. 230 “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e
limitative della libertà” misure dovrebbero essere accessibili in ogni momento durante il processo, in
accordo con la legge interna.
6
Decreto 23 aprile 2010 - Adozione della Direttiva generale del Ministro per la Giustizia sull'attività
amministrativa e sulla gestione per l'anno 2010.
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1.Ente finanziatore: il Progetto è cofinanziato dalla Commissione europea (73%) e dal
Ministero della Giustizia7. L'Amministrazione penitenziaria italiana ha ottenuto dalla
Commissione europea un finanziamento al Progetto nell'ambito del programma STOP. Il
programma STOP è un programma della Commissione Europea che promuove interventi di
incentivazione e di scambi destinato alle persone responsabili della lotta contro la tratta degli
esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei minori. Lo scopo del programma è di stimolare e
potenziare le reti, la cooperazione pratica, le competenze specifiche di coloro che nei diversi
Stati membri sono responsabili della lotta contro questa forma di criminalità.
2.Partners: il Progetto è stato realizzato in partenariato con il Ministero della Giustizia del
Belgio e “HM Prison Service” organismo inglese che si occupa dei problemi della giustizia.
3.Ambito territoriale: è internazionale, trattandosi di una ricerca trasnazionale.
4.Obiettivi: il progetto è nato dall'esigenza di rispondere alla crescente attenzione sociale sulla
gravità del problema anche in seguito a drammatiche notizie di cronaca che hanno avuto per
oggetto violenze esercitate sui minori, di cui lo sfruttamento e l'abuso sessuale sono una delle
molteplici espressioni, probabilmente le più aberranti. La considerazione che la sanzione penale
da sola non è sufficiente a circoscrivere il fenomeno, vista la complessa personalità dei soggetti
condannati per questo genere di reati, l'alto tasso di recidiva, e la difficoltà degli operatori sociali
ad ipotizzare adeguati piani di intervento, ha portato ad affermare la necessità di realizzare
strategie pluridimensionali e di creare professionalità altamente qualificate. Il progetto, proposto
nell’ambito dell’Azione Comune 96/700/GAI del 29 novembre 1996 adottata dal Consiglio in
base all’art. K.3 del Trattato sull’Unione Europea, ha istituito un programma di incentivazione e
di scambi destinato alle persone responsabili della lotta contro la tratta degli esseri umani e lo
sfruttamento sessuale dei minori.
5.Metodologia e strumenti: non disponibile.
6.Risultati: il progetto "WOLF" ha consentito di approfondire la conoscenza del fenomeno
dell'abuso sessuale sui minori (connotati, estensione, sfaccettature) e dei modelli di trattamento
sperimentati e da sperimentare, sia in un contesto detentivo che all'esterno, in un'ottica di
scambio transnazionale. Ha permesso inoltre di cogliere quali sono attualmente le difficoltà degli
operatori in considerazione della complessità delle dinamiche in gioco nell'interazione con
questo particolare tipo di utenza e di definire, conseguentemente, la portata e i contenuti dei
bisogni formativi dei professionisti coinvolti. L’indagine sui bisogni formativi realizzata ha
messo in evidenza una carenza informativa sul fenomeno dei reati sessuali, in particolare in
riferimento alla pedofilia, accanto ad una serie di difficoltà di approccio e di interazione con i
detenuti autori di reati sessuali, categorizzabili come: a) rifiuto esplicito e implicito nei confronti
del detenuto, espresso attraverso atteggiamenti di difesa e di chiusura all'ascolto; b) aspetti di
collusione legati all’impossibilità di lavorare sull’ammissione della responsabilità; c) vissuto di
"punizione" associato alla presa in carico in termini di squalifica professionale. Altro aspetto
rilevante emerso è stata la necessità di un referente esterno alla struttura penitenziaria, connessa
alle esigenze di supporto e motivazione al lavoro, aiuto concreto nel problem solving, e sostegno
progettuale. La realizzazione del progetto WOLF nel contesto dell'Amministrazione
penitenziaria ha pertanto fatto emergere da un lato il problema del trattamento degli autori di
reati sessuali nelle strutture penitenziarie e dall'altro la necessità di una formazione specifica
degli operatori addetti al trattamento di questi particolari soggetti. Infatti è stata evidenziata nel
contempo l'assenza in Italia di progetti mirati al trattamento dei delinquenti sessuali e la
mancanza di iniziative formative orientate a questo scopo. Il progetto ha quindi individuato come
prioritaria la necessità di un forte intervento formativo in favore degli operatori anche alla luce
delle esperienze realizzate negli altri paesi partner che si è avuto modo di conoscere nel corso dei
seminari di studio transnazionali.
7
Al progetto è stato assegnato un budget di 104.000.000 delle vecchie lire.
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Titolo: “I sex offenders. Un’analisi valutativa sulla gestione di alcune tipologie di condannati
in misura alternativa o di comunità” (Pea n. 13/2007)8.
Anno: 2009
0.Coordinatore: Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria,
Direzione Generale dell’esecuzione penale esterna,.
1.Ente finanziatore:
2.Partners: i diversi PRAP presenti a livello locale sul territorio nazionale.
3.Ambito territoriale: livello nazionale.
4.Obiettivi: la ricerca è finalizzata all’analisi della metodologia operativa impiegata dagli
assistenti sociali in servizio presso gli uffici locali, sia in fase d’indagine ed osservazione dalla
libertà sia nel corso dell’esecuzione penale esterna, con condannati per reati di natura sessuale,
violenza sessuale (sex offenders). Gli obiettivi specifici sono:
1) acquisizione conoscitiva della metodologia operativa impiegata dagli assistenti sociali
nell’osservazione dalla libertà di condannati per reati di natura sessuale;
2) acquisizione conoscitiva del processo mediante il quale gli assistenti sociali, nel corso
dell’osservazione dalla libertà di condannati per reati di natura sessuale, rilevano e valutano le
problematiche (sanitarie e sociali) nei condannati per reati di natura sessuale;
3) acquisizione conoscitiva delle modalità seguite dagli assistenti sociali, anche in accordo con
gli psicologi operanti negli uffici locali e gli operatori delle agenzie territoriali, nella
predisposizione (fase d’inchiesta) e attuazione del programma di trattamento;
4) individuazione delle agenzie e dei servizi specialistici (pubblici e privati), presenti sul
territorio, coinvolti dall’assistente sociale nella diagnosi e valutazione delle problematiche
sanitarie e sociali nei condannati per reati di natura sessuale;
5) acquisizione conoscitiva delle agenzie e dei servizi specialistici (pubblici e privati), presenti
sul territorio, coinvolti dall’assistente sociale nell’attuazione dei programmi trattamentali rivolti
a condannati per reati di natura sessuale, che si trovano in esecuzione penale esterna;
6) acquisizione conoscitiva del livello di collaborazione esistente tra l’assistente sociale, lo
psicologo dell’ufficio e gli operatori delle agenzie specialistiche (pubbliche e private), nella fase
d’inchiesta, finalizzata alla valutazione del livello di rischio di recidiva e di bisogno nel
condannato per reati di natura sessuale;
7) acquisizione conoscitiva del livello di collaborazione esistente tra l’assistente sociale, lo
psicologo dell’ufficio e gli operatori delle agenzie specialistiche (pubbliche e private) territoriali,
nel corso dello svolgimento della misura alternativa alla detenzione o di comunità, finalizzata
all’attuazione dei programmi trattamentali nei confronti dei condannati per reati di natura
sessuale;
8) individuazione di altri metodi d’intervento che, a parere degli assistenti sociali intervistati, se
fossero stati impiegati, nel corso dell’osservazione dalla libertà del condannato per reati di natura
sessuale, avrebbero consentito di affrontare più efficacemente le problematiche (sanitarie e
sociali) rilevate nel soggetto, oltre a consentire una migliore gestione delle misure alternative o
di comunità;
9) individuazione di altri metodi d’intervento che, a parere degli assistenti sociali intervistati, se
fossero stati impiegati, nel corso dell’attuazione del programma trattamentale del condannato per
reati di natura sessuale, avrebbero consentito di affrontare più efficacemente le problematiche
rilevate nel soggetto, oltre a consentire una migliore gestione delle misure alternative;
8
Bergamini C., Ambrosoni G., Fracchiolla M., Ciarpi M., Cababrese P., Ruggiero D., “I sex offenders.
Un’analisi valutativa sulla gestione di alcune tipologie di condannati in misura alternativa o di comunità”,
in Temi di esecuzione penale, n. 2, 2009, Roma.
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10) individuazione di altri metodi d’intervento che, a parere degli assistenti sociali intervistati,
se fossero stati impiegati da parte degli operatori delle agenzie territoriali, nel corso
dell’osservazione dalla libertà del condannato per reati di natura sessuale, avrebbero consentito
di affrontare più efficacemente le problematiche (sanitarie e sociali) rilevate nel soggetto, oltre a
consentire una migliore gestione delle misure alternative o di comunità;
11) individuazione di altri metodi d’intervento che, a parere degli assistenti sociali intervistati se
fossero stati impiegati da parte degli operatori delle agenzie territoriali nel corso dell’attuazione
del programma trattamentale del condannato per reati di natura sessuale, avrebbero consentito di
affrontare più efficacemente le problematiche rilevate nel soggetto, oltre a consentire una
migliore gestione delle misure alternative o di comunità;
12) individuazione di altre agenzie e servizi specialistici (pubblici e privati), presenti sul
territorio che, a parere degli assistenti sociali intervistati, se fossero stati coinvolti nel corso
dell’osservazione dalla libertà del condannato per reati di natura sessuale, avrebbero consentito
di affrontare più efficacemente le problematiche rilevate nello stesso;
13) individuazione di altre agenzie e servizi specialistici (pubblici e privati), presenti sul
territorio che, a parere degli assistenti sociali intervistati, se fossero stati coinvolti nel corso
dell’esecuzione penale esterna con l’affidato, avrebbero consentito di affrontare più
efficacemente le problematiche rilevate;
14) individuazione di altre agenzie e servizi specialistici (pubblici e privati) non presenti sul
territorio che, a parere degli assistenti sociali intervistati, se fossero stati disponibili nel corso
dell’osservazione dalla libertà del condannato per reati di natura sessuale, avrebbero consentito
di diagnosticare e valutare più efficacemente le problematiche (sociali e sanitarie);
15) precisazione di quali delle seguenti informazioni, comprese le fonti, sono state ricavate o
meno, nel corso dell’osservazione dalla libertà e riportate nella relazione inviata al tribunale di
sorveglianza
5.Metodologia e strumenti: Lo strumento d’indagine consiste in un questionario definito da
parte della commissione, somministrato, con la collaborazione dei referenti regionali, agli
assistenti sociali che hanno condotto l’osservazione dalla libertà e gestito l’esecuzione penale di
tali soggetti. Per quanto concerne il campione analizzato si tratta di condannati per reati di natura
sessuale rintracciati mediante analisi degli archivi informatici degli uffici di Bologna, Lecce,
Milano, Roma e Torino. Sarebbe stato interessante partire dal dato informatico relativo al
coinvolgimento dell’ufficio in fase di indagine ma, purtroppo, analizzando i dati informatici
esistenti, si è dovuto concludere che sarebbe diventato quasi impossibile estrarre un campione di
soggetti con simile tipologia di reato, poiché il dato relativo al codice di reato non era rilevabile.
Si è pensato, quindi, di procedere creando un campione di soggetti condannati per reati sessuali
sottoposti a misura alternativa, nel periodo 2005-2006, non limitandosi a quelli seguiti dagli
uffici considerati, ma ampliando la ricerca all’ambito regionale. Quindi, il campione di soggetti
condannati per reati sessuali sottoposti a misura alternativa o di comunità, nel periodo 20052006-2007, è stato costituito da un totale di 210 posizioni, di cui 67 individuate in Emilia
Romagna, 18 nel Lazio, 71 in Lombardia, 22 in Piemonte e 32 in Puglia. Il campione, così
determinato, è stato utilizzato anche al fine di individuare l’assistente sociale che aveva seguito il
caso, per sottoporgli l’intervista-questionario: nella maggior parte dei casi, infatti lo stesso
operatore aveva seguito il soggetto sia in fase di indagine sia nello stato di esecuzione della
misura alternativa o di comunità. Gli uffici coinvolti quindi sono risultati: Bologna, Modena e
Reggio Emilia (Provveditorato dell’Emilia Romagna), Frosinone, Roma e Viterbo
(Provveditorato del Lazio), Milano e Pavia (Provveditorato della Lombardia), Bari, Foggia,
Lecce e Taranto (Provveditorato della Puglia), Alessandria, Cuneo, Torino e Vercelli
(Provveditorato del Piemonte). Il numero totale di questionari restituiti è stato di 86 di cui: 20
per l’Emilia Romagna, 9 per il Lazio, 18 per la Lombardia, 23 per il Piemonte e 16 per la
Puglia.
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6.Risultati: Le misure alternative e di comunità eseguite dai soggetti compresi nel campione
oggetto di indagine, hanno avuto una durata compresa fra i 22 ed i 31 mesi (32%), fra gli 0 e 12
mesi (14%), fra i 32 e 36 mesi (9%) e più di 36 mesi (8%). Lo psicologo è stato coinvolto nel
corso della fase di esecuzione penale esterna nel 25% dei soggetti componenti il campione, di
poco inferiore a quanto registrato nell’indagine con il 33%. Le motivazioni del mancato
coinvolgimento da parte dell’assistente sociale sono state, in ordine di importanza, assenza dello
psicologo presso l’ufficio (35%), non ritenuto necessario (22%), soggetto in carico ad altra
agenzia territoriale (16%), indisponibilità del soggetto in carico ad incontrare lo psicologo (8%),
inadeguatezza del tempo a disposizione da parte dell’assistente sociale per coinvolgere lo
psicologo (5%), impossibilità per il soggetto (in particolare se in detenzione domiciliare) a
lasciare la propria abitazione per raggiungere lo psicologo presso l’ufficio (3%), prevalenza
nell’affidato di problematiche di natura sociale (3%) e scarsità delle ore a disposizione dello
psicologo (2%). Nel corso dell’esecuzione penale esterna le agenzie territoriali sono state
coinvolte nel 66% dei soggetti compresi nel campione oggetto d’indagine, con una distribuzione
tra servizi pubblici socio-sanitari locali (55%), privato sociale (33%) e forze dell’ordine (15%).
Le motivazioni del mancato coinvolgimento delle agenzie territoriali da parte degli assistenti
sociali intervistati sono state, prevalentemente; non ritenuto necessario (55%), indisponibilità del
soggetto a prendere contatti con le agenzie territoriali (17%) e l’inadeguatezza dei servizi
territoriali (17%). Il livello di soddisfacimento della collaborazione con i servizi locali, espresso
da parte degli assistenti sociali, è risultato compreso tra moltissimo (9%), molto (38%) e
abbastanza (39%). Negli uffici si riscontra, quindi la difficoltà ad individuare i servizi
specialistici esistenti sul territorio ai quali indirizzare i soggetti autori di reati di natura sessuale .
La valutazione del livello di bisogno è stata effettuata da parte degli uffici nella quasi totalità dei
casi presi in esame (85%) e risulta così distribuito: alto (28%), medio (33%), basso (31%) e
assente (8%). Le motivazioni della mancata valutazione del livello di bisogno sono state, in
ordine di importanza, perché non ritenuto necessario (84%) e assenza dello psicologo presso
l’ufficio (16%). Nella valutazione del livello di bisogno, lo psicologo presente presso l’ufficio è
stato coinvolto nel 26% dei casi. Il livello di coinvolgimento degli stessi nelle operazioni di
valutazione, espresso da parte degli intervistati, è risultato compreso tra moltissimo (14%),
molto (41%), abbastanza (41%) e per niente (5%). Le motivazioni del mancato coinvolgimento
dello psicologo nella valutazione del livello di bisogno sono state, in ordine di importanza,
assenza dello psicologo (37%), perché non ritenuto necessario (24%), soggetto in incarico ad
altre agenzie (17%), indisponibilità del soggetto (8%), scarso tempo a disposizione (5%),
impossibilità per il soggetto a lasciare la propria abitazione, prevalenza delle problematiche di
natura sociale (3%) e scarsità delle ore a disposizione dello psicologo (3%). La valutazione del
livello di rischio è stata effettuata nel 79% dei soggetti, risultando alto nel 3%, medio nel 18%,
basso nel 64% e assente nel 15%. Lo psicologo è stato coinvolto dagli assistenti sociali nella
valutazione del livello di rischio nel 25% dei soggetti e il suo contributo è stato considerato
sempre come significativo (abbastanza 45%, molto 45% e moltissimo 9%). Le motivazioni del
mancato coinvolgimento dello psicologo nella valutazione del livello di rischio sono state, in
ordine di importanza, assenza di tale operatore presso gli uffici (33%), non ritenuto necessario
(25%) e soggetto in carico ad altre agenzie territoriali (24%). Le agenzie territoriali sono state
coinvolte nella valutazione del livello di rischio nel 33% dei soggetti presi in esame. Nella quota
restante, il mancato coinvolgimento è stato motivato per il 53% in quanto non ritenuto necessario
e per il 23% per la indisponibilità dell’interessato a prendere contatti con le stesse. Dall’esame
del campione oggetto d’indagine si rileva, in particolare, che mancano prescrizioni definite
specificatamente per condannati per reati di natura sessuale, anche perché gli uffici locali non
avevano fornito ai tribunali di sorveglianza indicazioni specifiche in tal senso. Per quanto
riguarda gli esiti finali delle misure alternative, nel 48% dei soggetti presi in esame è risultato un
livello di raggiungimento pieno degli obiettivi, nel 40% parziale, nel 12% non completo e,
solamente nel 5% si è avuta la revoca. Il focus principale individuato dall’assistente sociale fa
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riferimento alle aree socio-familiare e lavorativa (49%), tipiche del mandato professionale ed
ascrivibili ad un contesto d’aiuto, oltre a quelle relative al rispetto delle prescrizioni ed alla
consapevolezza del reato (32%), proprie del mandato istituzionale e maggiormente riferibili ad
un contesto di controllo. Solamente nel 2,7% non è stato individuato alcun focus.
7. Implicazioni della ricerca: Alla luce delle precedenti interpretazioni dei dati della ricerca e
delle successive osservazioni sviluppate sui punti di forza e criticità del processo di servizio
dell'indagine sociale per i condannati in oggetto, si ritiene di poter fornire le seguenti indicazioni
sulle risorse, metodologie, strategie operative, che appaiono necessarie per la reale efficacia
degli interventi degli uffici verso i sex offenders che accedono alle misure alternative: necessità
di disporre di tempi congrui per l’espletamento di indagini sociali, da approfondire con rigore
specialistico e metodologico. Detti tempi si stimano adeguati se compresi nell’arco temporale di
3/6 mesi; necessità di acquisire d’ufficio la documentazione giuridica (certificato penale e
sentenza di condanna) all’apertura del fascicolo; assegnazione d’ufficio dell’incarico all’esperto
psicologo; gli uffici dovrebbero implementare nell'organizzazione l'équipe multi professionale,
costituita oltre che dall'assistente sociale, anche dallo psicologo, eventualmente dal criminologo.
Per lo studio dei campi d'indagine specialistici, gli uffici devono poi disporre di un monte ore di
prestazioni specialistiche adeguato all’esame del soggetto in équipe, ed alla definizione
congiunta del programma individualizzato di trattamento; la metodologia del lavoro in équipe
multi professionale deve essere adottata dagli uffici nel lavoro con i sex-offenders, per la
valorizzazione dei singoli saperi specialistici; gli operatori, a tal fine, necessitano di percorsi
formativi per l’acquisizione di conoscenze teoriche e metodologiche e di competenze emotive
per la corretta gestione delle relazioni di servizio con gli autori dei reati in oggetto che, nella
maggior parte dei casi, non riconoscono le proprie responsabilità nella commissione dei reati;
utile, nell’ambito delle attività formative, risulterebbe la pubblicizzazione delle buone prassi
praticate in taluni uffici per la loro estensione nel circuito degli uffici locali; le attività di
formazione dovrebbero prevedere sia percorsi di auto-formazione con gli psicologi, sia percorsi
di formazione integrata con la partecipazione di operatori di servizi locali specialistici, ove
presenti, e con l’impiego di formatori qualificati nel campo d’intervento specifico; a tal fine gli
uffici potrebbero svolgere attività di monitoraggio sulla presenza di strutture e/o servizi
competenti nella valutazione della potenziale pericolosità dei soggetti in osservazione, e nella
gestione di percorsi di responsabilizzazione e trattamento del condannato; è necessario, inoltre,
un programma di coinvolgimento dei servizi territoriali e delle agenzie esterne (es. centri
antiviolenza), per l'avvio per i sex offenders di percorsi di responsabilizzazione e di
consapevolezza dei danni alle vittime; sono necessari quindi protocolli d'intesa operativi per la
costituzione di équipes integrate, orientate ai compiti della formulazione della diagnosi e della
valutazione dell'opportunità della presa in carico del singolo sex-offender da parte del servizio
specialistico individuato; il gruppo di lavoro multi professionale interno all'ufficio deve in ultimo
acquisire competenze tecniche per attuare strategie di interventi operativi mirati alla tutela
sociale; a tal fine occorre pervenire ad un confronto con la magistratura di sorveglianza sugli
elementi da fornire nella relazione di servizio sociale riferita al condannato in questione.
Titolo: PEA n. 38 “I minori vittime di reati sessuali e sui sex offenders presenti nel circuito
penale minorile italiano”.
Anno: 2010
5.Coordinatore: Ministero della Giustizia, Dipartimento Giustizia Minorile, Direzione Generale
per l’Attuazione dei Provvedimenti Giudiziari (Direttore Generale Dott.ssa Serenella Pesarin)
con la collaborazione dei Centri di Giustizia Minorile (CGM).
6.Ente fondatore: Ministero della Giustizia.
7.Partners: i diversi CGM presenti a livello locale sul territorio nazionale.
8.Ambito territoriale: livello nazionale.
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4.Obiettivi: il progetto si pone l’obiettivo di studiare il fenomeno dei minori vittime di reati
sessuali e dei sex offenders minori d’età, attraverso l’attività degli Uffici di Servizio Sociale per i
Minorenni, nel quadro degli interventi possibili nell’ambito di competenza del Dipartimento
Giustizia Minorile.
5.Metodologia e strumenti: il progetto prevede l’articolazione di diverse fasi operative. Si
elencano qui di seguito le attività così come pianificate a livello centrale:
A. Prima fase: creazione di schede di rilevazione per il monitoraggio del fenomeno dei minori
vittime di reati sessuali e dei sex offenders minori d’età, attraverso la segnalazione e l’attività
degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni.
B. Seconda fase: raccolta dei dati desunti dalle schede di rilevazione per il monitoraggio del
fenomeno dei minori vittime di reati sessuali e dei sex offenders minori d’età.
C. Terza fase: analisi ed aggregazione dei dati desunti dalle schede di rilevazione per il
monitoraggio del fenomeno dei minori vittime di reati sessuali e dei sex offenders minori
d’età.
D. Quarta fase: sistematizzazione e diffusione dati desunti dalle schede di rilevazione per il
monitoraggio del fenomeno dei minori vittime di reati sessuali e dei sex offenders minori
d’età.
6.Risultati: non disponibile.
Titolo: Il fenomeno del maltrattamento e dell’abuso all’infanzia in Sardegna.
Anno: 2008
0.Coordinatore: Università di Sassari (Prof. Patrizia Patrizi).
1.Ente finanziatore: Regione Autonoma della Sardegna - Assessorato all’Igiene, Sanità e
Assistenza Sociale.
2.Partners: Tribunali Ordinari, Tribunali per i Minorenni dei distretti del territorio regionale e
Corte d’Appello di Sassari, Direzioni Generali, Amministrative e Sanitarie dei servizi delle
Aziende Sanitarie Locali, Servizi Sociali Comunali. Al progetto ha inoltre collaborato la Onlus
S.O.S. Il Telefono Azzurro.
3.Ambito territoriale: livello locale, nello specifico il territorio regionale della Sardegna.
4.Obiettivi: la ricerca è finalizzata a fotografare il fenomeno dell’abuso e del maltrattamento
all’infanzia in Sardegna. L’indagine sul fenomeno del maltrattamento e dell’abuso dell’infanzia
in Sardegna si inserisce nel programma di iniziative di studio e di ricerca finalizzate ad un
approfondito esame a livello regionale di importanti tematiche inerenti la condizione
dell’infanzia e dell’adolescenza. Ai sensi degli artt. 4 co. 3 e 4 della legge 23 dicembre 1997 n.
451, le Regioni sono chiamate, infatti, a presentare il loro rapporto annuale, contribuendo così
alla realizzazione dell’Osservatorio Nazionale sull’Infanzia, istituito attraverso la stessa legge e
in base alla quale l’osservatorio predispone ogni due anni il Piano di Azione relativo agli
interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva.
5.Metodologia e strumenti: la ricerca si è strutturata secondo diverse fasi operative:
A. Prima fase. Secondo quanto previsto dalla Convenzione stipulata, è stata effettuata,
preliminarmente, una approfondita analisi quantitativa e descrittiva del fenomeno a livello
regionale attraverso due livelli di ricerca: 1) l’acquisizione dei dati e delle statiche già
disponibili (precedenti studi o ricerche nazionali, regionali, provinciali e comunali); 2) una
nuova indagine relativa alla raccolta e analisi delle casistiche della Magistratura, dei Servizi
Sociali dei Comuni e dei Servizi delle Aziende Sanitarie Locali, relativamente alle situazioni
di maltrattamento e abuso sessuale sui/lle bambini/e, nel periodo 1997-2002 (arco temporale
successivo all’entrata in vigore della L. 15 febbraio 1996 n. 66 “Norme contro la violenza
sessuale”). Attraverso l’analisi dei dati raccolti si è cercato di interpretare il fenomeno per
individuare i contesti familiari, sociali e territoriali in cui esso si manifesta più acutamente e
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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diffusamente. Fin dall’avvio dell’indagine sono stati coinvolti enti e servizi pubblici
impegnati nel problema dell’abuso/maltrattamento con gli obiettivi di rilevare le modalità di
gestione dei casi, evidenziare specifiche iniziative di prevenzione e di intervento, cogliere
valutazioni e proposte elaborate da quanti, quotidianamente, affrontano il problema in sede
operativa. L’indagine, quindi, non si è configurata come pura, o prevalente, azione
conoscitiva circa la diffusione del fenomeno, ma ha avuto anche un carattere propositivo che
ha visto la sua concretizzazione nella seconda fase.
B. Seconda fase: fondamentalmente qualitativa e mirata, mediante la somministrazione di
questionari, interviste e lo svolgimento di focus group, alla conoscenza delle modalità
operative attuate dagli operatori sociali e socio-sanitari, delle loro prassi e di eventuali
programmi innovativi; realizzazione di una mappatura dei Centri attivi in ambito regionale
per la prevenzione e il trattamento dei casi di abuso/maltrattamento (terzo rapporto). Gli
obiettivi di questa fase sono stati quelli di individuare gli standard di lavoro dei servizi
interessati al fenomeno e la qualità degli interventi effettuati, valutare l’adeguatezza sul piano
interistituzionale, ma anche far emergere proposte concrete di miglioramento dell’offerta e di
organizzazione dei servizi tramite la formulazione di un programma di intervento, alla luce
delle indicazioni pervenute attraverso la somministrazione di questionari, interviste e lo
svolgimento di focus group. In questa fase sono stati coinvolti gli operatori e i professionisti
impegnati nel trattamento dei casi di abuso e maltrattamento. Considerata la complessità di
tale fase di lavoro, il coinvolgimento attivo richiesto ai servizi della rete, anche in termini di
tempo ed energie da investire nella collaborazione alla ricerca, si è concordato con la
committenza di estendere l’arco temporale inizialmente previsto per la sua conclusione.
C. Terza fase: elaborazione di un sistema informativo per la gestione e il trattamento dei casi,
nonché per assicurare i flussi informativi, con predisposizione del relativo software; il
risultato atteso consiste nella gestione e fruizione del sistema informativo da parte della
Regione, delle Province, delle Aziende Sanitarie Locali e dei Comuni (secondo rapporto).
Con il secondo rapporto è stato consegnato il software (sistema informativo per la gestione e
il trattamento dei casi) finalizzato, come da convenzione, alla fruizione di flussi informativi
da parte di Regione, Province, Aziende Sanitarie Locali e Comuni.
Trasversali a tutte le fasi sono stati la sensibilizzazione e il coinvolgimento di professionisti, enti
e servizi rispetto alle finalità della ricerca e alle sue ricadute. Relativamente agli strumenti
utilizzati, sono state effettuate analisi bibliografiche e statistiche su dati e ricerche già esistenti;
analisi sui fascicoli giudiziari (Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minorenni); analisi
quantitative attraverso la somministrazione di questionari relativi alla presa in carico da parte dei
Servizi territoriali di bambini/e abusati/e; analisi qualitative attraverso interviste semistrutturate
di gruppo - focus group – ad operatori socio- sanitari. La ricerca si propone di trasmettere e
operare attraverso una specifica metodologia di lavoro, considerata efficace anche e soprattutto
nella gestione di casi complessi come quelli concernono l’abuso all’infanzia.
6.Risultati: la ricerca ha evidenziato diversi aspetti relativi alle modalità e agli strumenti
necessari per la gestione efficace dei casi di abuso e maltrattamento all’infanzia.
1. La ricerca sottolinea innanzitutto come il verificarsi di difficoltà nella gestione del fenomeno
dell’abuso all’infanzia sia dovuto ad insufficienza di personale socio-assistenziale e sanitario
specificatamente formato con attivazione di tutti i servizi di aiuto. Qualora i servizi siano stati
chiamati ad intervenire, a volte, non sono in grado di dare risposte congrue e in tempi utili per
mancanza di sinergia. Nel Rapporto emerge la necessità dell’utilizzo di una metodologia di
lavoro integrata: «E’ fondamentale per una efficace politica di intervento, per affrontare il
problema del maltrattamento, della violenza e dell’abuso, una stretta collaborazione dei
sevizi competenti, un percorso operativo condiviso e una metodologia di lavoro
interdisciplinare […]». Le Conferenze Permanenti vengono indicate come lo strumento più
incisivo per mettere in rete i diversi attori già presenti ed operanti nel territorio, quali gli Enti
locali (Regione, Provincia, Comune) Servizi sociali delle ASL (consultori familiari; Servizi di
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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neuropsichiatria infantile), Servizi sociali del Comune, soccorso sanitario (118 e Pronto
Soccorso), Forze dell’Ordine e di Pubblica sicurezza (Polizia, Carabinieri, Polizia
Municipale), Scuole, Procure e Tribunali, soggetti privati e del no profit.
2. Il progetto evidenzia la necessità che il fenomeno dell’abuso venga affrontato attraverso il
coordinamento delle politiche e delle azioni di istituzioni e servizi a diverso titolo interessati
alla tutela dei minori. Esso propone l’avvio di una concreta strategia per la prevenzione e la
presa in carico dell’abuso all’infanzia attraverso una stretta collaborazione ed una profonda
integrazione non solo fra i vari servizi socio-assistenziali, ma anche tra questi e le diverse
istituzioni (politiche, giudiziarie, amministrative e formative) alle quali è affidato il compito
di tutelare e promuovere un’adeguata crescita dei soggetti in età evolutiva (Caffo, 2003). Nel
documento si evidenzia come la complessità e la delicatezza dell’argomento richiedano
l’attivazione di strategie e risposte diversificate e incisive, sia sul piano della repressione
dell’illegalità che su quello della prevenzione del fenomeno. Bisogna tuttavia constatare che,
nonostante gli sforzi istituzionali per la programmazione di un modello operativo di rete, la
sua effettiva realizzazione si scontra con una serie di ostacoli sovra-strutturali che spesso ne
rendono inapplicabili i principi e ne inficiano potenzialità, efficienza ed efficacia. Interagire in
rete significa mettere a confronto culture organizzative diverse, strutturate secondo propri
linguaggi, gerarchie, tempi (Zan, 1984). Questa serie di fattori, ampiamente rappresentati e
“sofferti” dai soggetti della nostra indagine, costituiscono tutt’oggi il maggiore impedimento
ad una completa realizzazione dei propositi previsti da tutti gli atti amministrativi in favore
della costituzione di reti di protezione dell’infanzia e dell’adolescenza. Per ovviare a tali
problematiche, derivanti anche dai vincoli di natura istituzionale e organizzativa (Sanicola,
1995), le diverse agenzie devono conoscersi e comunicare fra loro, devono possedere
consapevolezza dei reciproci ruoli e competenze ma soprattutto condividere momenti di
apprendimento finalizzati alla creazione di linguaggi e strategie operative comuni. Alle varie
agenzie è richiesto di saper lavorare in rete e ciò significa saper progettare, gestire e valutare
una serie di funzioni, compiti e risultati non necessariamente sequenziali, significa saper
instaurare rapporti con soggetti singoli o plurimi e lavorare in team condividendo
responsabilità e risorse ed essendo in grado di gestire sapientemente sia le spinte collaborative
che quelle competitive.
3. L’efficienza e l’efficacia di un intervento in casi di abuso e maltrattamento ai minori sono, in
ultima analisi, il risultato di un processo di comunicazione tra le varie agenzie che si
occupano del caso. Ogni operatore dei servizi o nodo della rete «non è solo un esperto di
bisogni, domanda e trattamenti, diventa necessariamente anche un comunicatore. E attraverso
le informazioni inevitabilmente trasmette l’immagine del servizio» (Ferrario et al., 2002, pp.
31-32). La gestione di un caso include necessariamente la qualità della relazione tra le diverse
agenzie e cioè la qualità della relazione fra i singoli soggetti appartenenti alle diverse agenzie.
E’ opportuno lavorare per il miglioramento di tali relazioni fornendo strumenti adeguati ai
diversi professionisti che si trovano ad operare per la tutela dei minori.
4. Affinché la rete territoriale di protezione del fanciullo possa operare in modo efficace è
necessario che siano definite, con la maggiore precisione possibile, le agenzie che ne fanno
parte ed i rispettivi ruoli. Questo presupposto è fondamentale per garantire il riconoscimento
reciproco tra i vari operatori, quindi il rispetto delle diverse professionalità, ed al contempo
per evitare sovrapposizioni e ripetizioni di interventi (ad esempio, ascolti ripetuti del
bambino, ad opera di diversi esperti e/o di diverse agenzie1) o, viceversa, deleghe reciproche
su determinati aspetti che rischiano di creare dei vuoti di intervento (Zan, 1984). Si pensi ad
un percorso tipo di segnalazione, in cui, ad esempio, si passerebbe da una prima narrazione
del bambino ad una figura di riferimento ad un operatore dai servizi socio-sanitari, per poi
finire prima all’attenzione delle forze dell’ordine e poi dell’autorità giudiziaria. In questo caso
ipotizzato, il bambino presunta vittima di abuso sessuale potrebbe essere ascoltato
formalmente prima dagli operatori dei Servizi (pediatra, psicologo, neuropsichiatra infantile,
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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assistente sociale, etc.), poi dalle forze dell’ordine (dopo la segnalazione dei servizi e in sede
di SIT, raccolta di sommarie informazione testimoniali, finalizzate alla costruzione di “fonti
di prova” necessarie per creare “impalcatura processuale”) ed infine dai diversi protagonisti
dell’iter giudiziario (GIP, PM, esperti nominati dal giudice ed esperti nominati dalle parti;
etc.).
5. L’efficacia della rete è data, tra l’altro – e secondo quelli che riteniamo siano stati i principi
ispiratori della presente ricerca -, dalla formazione condivisa tra i diversi attori, dalla
possibilità di accesso a banche dati comuni sulla casistica territoriale e da possibilità reali di
incontro e confronto: tutto ciò richiede risorse umane, strutturali e, quindi, finanziarie.
Titolo: Indagine sui minorenni autori di reati sessuali nella giustizia minorile.
Anno: 2002-2003.
0.Coordinatore: Dipartimento per la Giustizia Minorile.
1.Ente finanziatore: non pervenuto.
2.Partners: Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino.
3.Ambito territoriale: nazionale.
4.Finalità: identificare l'estensione del problema relativo al comportamento sessuale antisociale
dei minori in Italia, la sua distribuzione nel territorio, la frequenza e prevalenza, la tipologia
degli individui minorenni coinvolti, nonché degli atti sessualmente aggressivi da loro commessi;
Analizzare l'iter giuridico-procedurale relativo alla presa in carico da parte dei Servizi della
Giustizia Minorile; capire gli aspetti relativi sia alla diagnosi psicologica sia all'intervento ed ai
programmi trattamentali.
5.Metodologia: La ricerca ha previsto le seguenti fasi di sviluppo:
A. Raccolta del materiale scientifico nazionale e internazionale.
B. Elaborazione degli specifici items da inserire nello strumento di assessment della violenza
sessuale.
C. Somministrazione dello strumento presso gli Istituti Penali per i Minorenni e gli Uffici di
Servizio Sociale per i Minorenni dislocati sull'intero territorio italiano.
D. Costruzione di una banca dati per l'inserimento dei dati raccolti.
E. Analisi ed elaborazione dei dati.
F. Stesura report.
6.Risultati: pubblicazione del report prevista nell'anno 2011 e non ancora disponibile.
Titolo: Disegno di ricerca sul fenomeno dei minori abusanti.
Anno: 2005-2010
0.Coordinatore: Università di Palermo.
1.Ente finanziatore: non pervenuto.
2.Partners: USSM di Palermo
3.Finalità: è una ricerca finalizzata alla prevenzione del rischio di devianza e recidiva che nello
specifico intende:
• promuovere una maggiore conoscenza del fenomeno dei minori abusanti sessuali e della sua
trasformazione nel tempo;
• verificare la metodologia di presa in carico;
• verificare gli esiti del trattamento nel gruppo degli utenti che partecipano alla ricerca;
• esplorare le premesse degli operatori nel lavoro con gli abusanti.
4.Ambito territoriale: Palermo
5.Metodologia e strumenti: Gli utenti vengono suddivisi in tre gruppi:
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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•
il gruppo A1: formato dagli utenti presi in carico nel periodo gennaio 2005- dicembre 2009
e il cui fascicolo risulta chiuso al 1° gennaio 2010;
• il gruppo A2: formato dagli utenti presi in carico nel periodo gennaio 2009 - dicembre 2009,
il cui fascicolo risulta aperto all' 1° gennaio 2010;
• il gruppo B formato dagli utenti presi in carico nel periodo gennaio 2010- dicembre 2010.
La ricerca prevede le seguenti indagini:
1) Analisi dei dati ed elaborazione di schede multifattoriali relative a: aspetti personali, familiari,
socioculturali e giudiziari degli utenti. Sono considerati gli utenti presi in carico dal 2005 al
2010.
2) Individuazione aree di valutazione per gli utenti:
• stile di attaccamento, esperienze infantili e familiari
• competenze emotive e espressione e riconoscimento emozioni
• indici di disimpegno morale
• rete sociale: risorse e percezioni
3) Analisi e valutazione qualitativa e quantitativa dei dati raccolti.
Gli strumenti di indagine utilizzati sono: (per gli utenti) IPPA - TAS-20- DES - Scala del
disimpegno morale - Intervista sulle Risorse Sociali; (per gli operatori) questionario sulle
rappresentazioni sociali della violenza e sui profili tipici dei protagonisti
6.Risultati: non pervenuto.
Titolo: PROGETTO: PIT 3 Area metropolitana "H cantiere dell'inclusione"- Patti per
l’inclusione sociale, la sicurezza e la legalità.
Anno: 2009.
0.Coordinatore: Comune di BARI (Puglia).
1.Ente finanziatore: Fondi Europei - Por Puglia 2000-2006
2.Partners: USSM, UEPE e Provincia di Bari; Ente Attuatore: Consorzio Meridia.
3.Ambito territoriale: locale, nello specifico Comuni di Bari (capofila), Triggiano, Mola di
Bari.
4.Finalità: prevenire e contrastare la violenza attraverso percorsi integrati di inclusione sociale e
lavorativa rivolti, in particolare, a donne e minori vittime di abuso, maltrattamento, violenza
fisica e psicologica, minori autori di reati di abuso sessuale.
5.Metodologia: il coordinamento, il monitoraggio e il controllo dell'intero progetto è stato in
capo ad una Struttura Operativa Unitaria con funzioni di "cabina di regia", composta per ciascun
Ambito da: un rappresentante comunale, in genere l'Assistente Sociale referente del Comune
Capofila di ciascun Ambito, rappresentanti del USSM (almeno uno per ciascun ambito). UEPE,
Centro Antiviolenza con compiti di valutazione e selezione dei casi. monitoraggio e verifiche ex
ante ed in itinere, valutazioni finali. Come strumenti sono previsti degli incontri interistituzionali
ed accordi di rete; attivazione di un sito Web per monitoraggio e diffusione dei risultati con
accesso protetto e riservato agli operatori titolari dei casi e allo staff dell'Ente gestore; attività
seminariali di presentazione dell'iniziativa e conclusiva, con report finale. Strumenti operativi:
borse lavoro quale incentivo dei tirocini formativi in favore di destinatari segnalati con scheda
interistituzionale secondo criteri stabiliti e verificati dalla “cabina di regia”; colloqui individuali
di orientamento, chiarificazione, sostegno e motivazione rivolti ai destinatari dell'intervento;
Intereventi ex ante ed in itinere di sostegno ed orientamento sulle problematiche connesse
all'inserimento lavorativo, indirizzati ai datori di lavoro a cura degli operatori dell'ente attuatore
che ha seguito i tirocini formativi, che hanno previsto affiancamento di tutors.
6.Risultati: creazione rete interistituzionale e banca dati; inserimento di circa nove minori in
carico all'USSM di Bari, in percorsi di tirocini formativi incentivati con borsa lavoro.
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Titolo: Progetto di ricerca “Personalità, Cure parentali, e stili di coping nei sexual
offenders”.
Anno: 2010 - 2011
0.Coordinatore: Centro per la Giustizia Minorile della Puglia.
1.Finanziatore. Non pervenuto
2.Partners: Regione Puglia — Distretti Corte D'Appello di Lecce e Bari.
3.Ambito territoriale: locale (Regione Puglia).
4.Finalità: scopo della ricerca è trovare la relazione tra tratti di personalità, cure parentali e stili
di coping nel fronteggiare situazioni difficili o di stress nei minori autori di reato. In particolare
il progetto-ricerca mira a: 1) analizzare le influenze che particolari tipi di personalità hanno sullo
stile di coping nei minori sex offendere; 2) valutare se le cure parentali, caratterizzate da
ipercontrollo, senza affetto, prevedono l'utilizzo di strategie emozionali funzionali in contesti
negativi.
5.Metodologia: la ricerca ha coinvolto 50 persone minorenni in carico ai servizi minorili della
giustizia che hanno commesso reati a partire dal 2005. Attraverso l’utilizzo di test
psicodiagnostici e colloqui clinici, un’équipe composta da psicologi e psichiatri sta effettuando
l’intervento al fine di indagare i fattori di rischio per lo sviluppo di comportamenti devianti.
6.Risultati: la ricerca è ancora in corso, motivo per cui i risultati non disponibili.
Titolo: PROGETTO G.I.A.D.A. ("Gruppo Interdisciplinare Assistenza Donne e bambini
Abusati").
Anno: 2011 (in corso).
0.Coordinamento: ASL.
1.Finanziatore: Regione Puglia, con deliberazione n.2236 del 17.11.2009.
2.Partnership: gruppi di lavoro sanitari, universitari, giuridici, impegnati nella costruzione di
reti interdisciplinari e nella condivisione di percorsi diagnostici-terapeutici finalizzati
all'individuazione precoce di situazioni di rischio.
3.Ambito territoriale: Locale (Regione Puglia).
4.Finalità: potenziamento della rete sanitaria regionale per attività in favore di
bambini/adolescenti e famiglie in condizioni di rischio e/o abuso, con la previsione di spazi
operativi presso i Presidi Ospedalieri.
5.Metodologia e strumenti: sviluppo di un lavoro interistituzionale attraverso
l’implementazione di: équipe multidisciplinari presso i Presidi Ospedalieri (su Bari, ad es.
Ospedaletto Giovanni XXIII, Policlinico); attività di Prevenzione e Formazione (tra gli eventi, la
conferenza dei servizi "La violenza all'infanzia, un problema di salute pubblica: percorsi della
rete G.I.A.D.A. tra assistenza e tutela", Bari, 18.3.11).
6.Risultati: non disponibili in quanto la ricerca è ancora in corso.
Titolo: Personalità, cure parentali e stili di coping nei sex offenders.
Anno: 2010-2011 (in corso).
1.Coordinatori: DAP.
2.Finanziatore: non rilevato.
3.Partners: Università degli Studi di Bari.
4.Ambito territoriale: regionale (Puglia).
5.Finalità: analizzare le influenze che particolari tipi di personalità hanno sullo stile di coping
dei minori autori di reati sessuali, individuare le rappresentazioni mentali relative alla
genitorialità dei minori sex offenders, valutare se le cure genitoriali caratterizzate da un iper
controllo senza affetto prevedono l'utilizzo di strategie emozionali funzionali in contesti negativi.
6.Metodologia: analisi psicodiagnostica e colloqui clinici con i/le minorenni in carico ai servizi
minorili della Puglia, esame dei diari clinici e dei fascicoli personali, analisi ed elaborazione dei
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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dati raccolti, stesura del report.
7.Risultati: non disponibili in quanto la ricerca è ancora in corso, è prevista la pubblicazione del
report al termine della ricerca.
A livello locale, si segnano inoltre anche un’altra ricerca dal titolo: “I reati a sfondo sessuale, la
pedofilia e la comorbilità da sostanze e dipendenza da alcol” che si è svolta tra il 2004 e il 2007
nella Casa di reclusione di Milano Opera. Dallo studio emerge che su 30 detenuti sex
offenders il 63% ha dichiarato che, al momento del reato, si trovava sotto l’effetto di sostanze, il
90% era “poliabusante”, il 30% aveva agito recidiva specifica, il 40% era affetto da un disturbo
borderline, infine il 23% aveva ottenuto l’affidamento terapeutico in comunità. Per quanto
concerne le persone che hanno agito violenza sotto l’effetto di sostanza, la stessa non è stata fatta
emergere e analizzata in sede processuale. Probabilmente la dipendenza da sostanza non viene
dichiarata al fine di non determinare altre conseguenze che potrebbero incidere ulteriormente
sulla posizione dell'autore/autrice di reato, in quanto non supportati/e da prove oggettive che
palesino uno stato di dipendenza conclamato. Tutti gli intervistati dipendenti da sostanza hanno
riconosciuto il ruolo preponderante dell’alcol durante l’abuso; in effetti, l’alcol svolge un’azione
che può incidere notevolmente sulla percezione della realtà e sulla perdita del controllo da parte
dell’autore persona. La ricerca ha fatto emergere un’interessante correlazione tra disagio
psichico, dipendenza da sostanze e reato; aspetto rilevante ai fini di un’adeguata presa in carico
integrata da parte dei servizi della giustizia anche ai fini di potenziale trattamento (Fadda, 2011).
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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2.
Prevenzione e corsi di formazione
A livello nazionale si sottolinea innanzitutto For-WOLF - Formazione per WOLF (Working On
Lessening Fear), a seguire altre iniziative locali di formazione e sensibilizzazione sullo specifico
tema del trattamento dell’autore di reati sessuali, sui comportamenti violenti. Molto significative,
in termini di sviluppo sul territorio nazionale, gli eventi concernenti la tematica dell’abuso
sessuale.
Titolo (dell’evento): For-WOLF - Formazione per WOLF (Working On Lessening Fear). Il
progetto FOR WOLF (cofinanziato dall’Unione Europea), ha costituito la prosecuzione del
progetto Wolf ed è stato proposto nell’ambito dell’annualità successiva del medesimo
programma (2000-2001). Il progetto ha proposto uno studio comparativo dei sistemi di
valutazione dei percorsi formativi nei paesi partner e ha realizzato un modello formativo italiano
per gli operatori penitenziari.
0.Coordinatore: Ministero della Giustizia – Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria.
Il nucleo di consulenza scientifica al progetto For-WOLF fa riferimento al Centro
Interuniversitario per la Ricerca sulla Genesi e sullo Sviluppo delle Motivazioni Prosociali e
Antisociali (CIRGSMPA) istituito nel 1991 ed attualmente sottoscritto dai Rettori delle
Università di Roma, Napoli, Firenze e Milano. Il Centro ha come finalità istituzionale quella di
promuovere lo svolgimento di attività di ricerca, a livello nazionale ed internazionale, di
formazione, di aggiornamento e di fornitura di servizi attraverso l'apporto congiunto degli Atenei
afferenti. Il coordinamento scientifico è stato assicurato dal Prof. Gaetano De Leo Ordinario di
Psicologia Giuridica presso l'Università di Roma "Sapienza" (mancato il 31 dicembre 2006) e
dal suo gruppo di ricerca (di cui facevano parte Gian Luigi Lepri e Vera Cuzzocrea).
1.Finanziatore: Comunità europea e Ministero della Giustizia.
2.Destinatari: il percorso formativo sperimentale, elaborato sulla base dei risultati del
precedente progetto WOLF, è destinato ad operatori impegnati in progetti trattamentali pilota da
realizzare in una o più strutture penitenziarie (istituti o centri di servizio sociale). I destinatari
finali del progetto sono direttori, educatori, assistenti sociali, psicologi, infermieri, personale di
polizia penitenziaria per un totale di 30 operatori direttamente impegnati nelle attività
trattamentali delle strutture penitenziarie (istituti e centri di servizio sociale) che hanno preso in
carico autori di reati di sfruttamento sessuale anche nei confronti di minorenni. I destinatari
intermedi sono 20 addetti alla formazione del personale della struttura centrale e/o decentrata
dell'Amministrazione penitenziaria ai quali è affidato il compito di monitorare e valutare i
progetti formativi e i risultati conseguiti.
3.Obiettivi: il progetto "For-WOLF" intende realizzare una ricerca e uno scambio transnazionale
sulle metodologie e sui contenuti della formazione degli operatori sociali e penitenziari addetti al
trattamento degli autori di reati di sfruttamento sessuale dei minori. Prevede inoltre uno studio e
una comparazione dei sistemi di valutazione dei percorsi formativi nei paesi partner finalizzati
alla sperimentazione di un modello formativo italiano per lo stesso tipo di operatori.
L'Amministrazione penitenziaria italiana con questo progetto intende dare una risposta ai bisogni
formativi specifici sulla scia dei risultati e delle proposte evidenziate con il progetto WOLF,
finanziato dalla Commissione Europea sempre nell'ambito dello programma STOP. Il progetto
"For-WOLF" intende realizzare un percorso formativo sperimentale indirizzato agli operatori
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che si occupano dei delinquenti sessuali con l'obiettivo di aiutarli, in primis, a superare le
difficoltà di approccio con questo tipo di utenza, difficoltà che si concretizzano spesso in
collusioni difensive o reazioni di evitamento o anche in chiusure relazionali, tutte dinamiche che
possono inficiare l'intervento trattamentale. Questo percorso formativo contribuirà quindi a
fornire agli operatori coinvolti una maggiore conoscenza della complessa realtà con cui
interagiscono quotidianamente nonché adeguati strumenti operativi. In questo contesto andrà
sviluppata la capacità degli operatori di lavorare in gruppo integrando le risorse esistenti in
chiave interprofessionale e multidisciplinare in modo da poter coinvolgere e attivare le strutture
del territorio al fine di costruire una rete che supporti il lavoro per progetti. L'obiettivo finale di
"For-Wolf" è quello di arrivare, attraverso l'affinamento della professionalità degli operatori nel
senso sopra descritto, a metterli in grado di progettare interventi trattamentali nei confronti dei
delinquenti sessuali efficaci e significativi: interventi cioè che possano, per quanto possibile,
ridurre/eliminare la recidiva in un'opera di prevenzione di questo tipo di crimine nel quadro del
già ricordato programma STOP. Sono stati fatti degli scambi transnazionali per la messa in
comune delle esperienze effettuate e dei dati raccolti, finalizzati alla pubblicazione di un report
di ricerca sugli aspetti più rilevanti dei fenomeni indagati e sulle prospettive di utilizzo di tali
informazioni in vista della qualificazione e dell'aggiornamento del personale deputato al
trattamento degli autori di questi specifici reati.
4.Contenuti: i contenuti del Corso di formazione, coerentemente con i risultati emersi
dall’indagine iniziale in merito ai bisogni formativi dei destinatari coinvolti, hanno previsto
l’approfondimento conoscitivo - competenze tecnico-teoriche (a. aspetti normativi-giuridici; b.
aspetti descrittivi sull’abuso sessuale a seconda delle diverse prospettive di analisi (dell’autore
e/o della vittima): conoscenze specifiche sul fenomeno dell’abuso e dello sfruttamento sessuale a
danno i minori, sui meccanismi scatenati l’azione abusante e sugli aspetti relazionali ad essa
connessi, sugli aspetti di risonanza sociale e culturale del fenomeno, sulle implicazioni
psicologico-relazionali dell’abuso sulla vittima sui modelli di intervento nazionali ed
internazionali sperimentati con la specifica tipologia di utenza, sulle metodologie di intervento di
carattere giuridico applicate alle vittime nel contesto italiano, e di carattere socio-sanitario) - e
l’acquisizione di strumenti operativi - competenze tecnico-pratiche (capacità di affrontare le
difficoltà connesse al rapporto con la specifica categoria di detenuti, di direzionare l’intervento
in modo funzionale all’obiettivo socio-riabilitativo, di co-gestire l’intervento nel contesto
dell’équipe, di utilizzare la rete dei servizi territoriali, di auto monitorare e di verificare il grado
di efficacia dell’intervento). La progettazione del corso ha previsto una strutturazione attraverso
tre moduli di tre giornate ciascuno. Sono state inserite, quindi, delle “pause” tra un modulo e
l’altro tali da permettere una più profonda interiorizzazione dei contenuti presentati e lo
svolgimento del mandato relativo al “lavoro sul campo”. Il corso ha pertanto previsto
l’alternanza di momenti teorici, tali da permettere l’approfondimento teorico-metodologico
dell’argomento in un’ottica multidisciplinare grazie all’intervento di docenti appartenenti a
professionalità diverse, e di momenti pratico-esperienziali, che favorissero la capacità di operare
praticamente alla luce di quanto esposto teoricamente.
5.Metodologia e strumenti: l’attività di ricerca è stata affidata all’Università di Roma
“Sapienza” e nello specifico all’équipe coordinata dal Prof. Gaetano De Leo. E’ stata svolta
preliminarmente un’indagine transnazionale sui risultati della formazione degli operatori addetti
al trattamento degli/delle autori/autrici di reati sessuali con particolare riferimento alle modalità e
metodologie di valutazione adottate, promuovendo anche uno scambio, a livello transnazionale,
delle informazioni raccolte, nell'ambito di visite di studio e seminari monotematici finalizzati al
confronto dei contenuti e delle metodologie formative. Il gruppo di ricerca universitario ha anche
provveduto alla progettazione ed erogazione del successivo corso di formazione. Il Nucleo FSE
dell’Amministrazione Penitenziaria ha supportato sia l’attività di ricerca che di formazione
collaborando con l’Università di Roma “Sapienza” – Dipartimento di Psicologia dei processi si
sviluppo e socializzazione e ha curato direttamente l’organizzazione dei tre seminari
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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trasnazionali previsti dal medesimo progetto a Madrid, Londra e Roma. Presso l’Istituto
Superiore Studi Penitenziari è stato organizzato il convegno transnazionale conclusivo del
progetto con gli interventi del Capo del Dipartimento, studiosi del problema del trattamento dei
sex offenders, operatori penitenziari, rappresentanti di istituzioni pubbliche e private,
rappresentanti del Ministero del Interior – Direcciòn General de Instituciones Penitenciarias
(SPAGNA) e del West Midlands Probation Service (REGNO UNITO), del Service de la
Politique Criminelle – Ministère de la justice (BELGIO). Inoltre, per quanto riguarda la
metodologia formativa, sono stati indicati, in termini di utilità per sé, le cosiddette tecniche attive
come la discussione su casi concreti, le simulazioni, l’uso del gruppo; era stata, infine, attribuita
una particolare valenza alla sperimentazione sul campo. La valutazione ha previsto due diversi
livelli di intervento:
a) Valutazione ex ante: è sostanzialmente fondata sullo studio di contesto, del sistema normativo
italiano entro cui si colloca il trattamento penitenziario, sull'analisi dei fabbisogni degli operatori
penitenziari (anche rispetto a quanto già emerso con il Progetto WOLF). L’équipe afferente al
Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla genesi e sullo Sviluppo delle Motivazioni
Prosociali e Antisociali di Roma, ha infatti inizialmente identificato una serie di contenuti di
interesse rilevante ai fini dell’indagine, a partire dall’analisi dei risultati del precedente progetto
Wolf e, successivamente, identificato gli strumenti e le metodologie più funzionali alla
rilevazione dei dati di interesse rilevante. Al fine appunto di indagare i bisogni formativi, è stato
elaborato un questionario semi strutturato poi somministrato - attraverso intervista - ad un
piccolo gruppo composto da 9 figure professionali operanti nel sistema penitenziario, distribuite
per territorio (Veneto, Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia), ed impegnate nei ruoli
professionali di educatore coordinatore, assistente sociale coordinatore, collaboratore di istituto
penitenziario con funzioni direttive, direttore coordinatore di area pedagogica, assistente di
polizia penitenziaria, ispettore di polizia penitenziaria. Nell’effettuazione dell’indagine – il cui
scopo non è stato quello di mirare ad un´analisi statistico-quantitativa, bensì di raccogliere una
serie di informazioni funzionali all’elaborazione dei criteri tecnico-operativi che guidano un
percorso formativo -, il focus è stato centrato sugli aspetti contestuali relazionali, coerentemente
con i presupposti secondo i quali i bisogni di formazione sono espressione della globale
interazione individuo-organizzazione. Nello specifico, sono state esplorate una serie di aree di
contenuto, successivamente elaborate rispetto a criteri di riferimento considerati significativi in
termini progettuali, quali la motivazione e le attese formative connesse al vissuto sperimentato
nel qui ed ora della propria operatività. In linea generale, il confronto internazionale su differenti
sistemi legislativi, programmi di trattamento e studi di efficacia reso possibile da queste
esperienze, come d’altra parte anche il confronto attivato in sede formativa con e tra le diverse
realtà penitenziarie coinvolte a livello nazionale, hanno evidenziato non solo che la sanzione
penale da sola non è sufficiente a circoscrivere il fenomeno, ma anche e soprattutto che è
necessario procedere con la realizzazione di strategie di intervento pluridimensionali. Eppure,
negli anni a seguire, a parte alcune sperimentazioni locali9, non vi è stata alcuna iniziativa
governativa in tal senso.
b) Valutazione finale: valutazione del raggiungimento degli obiettivi del progetto attraverso
somministrazioni di questionari, interviste, verifiche sul campo, raccolta delle opinioni dei
beneficiari finali, avvalendosi della consulenza di esperti della valutazione. I questionari
utilizzati presentavano domande chiuse (o ad alternative fisse) e domande aperte (o a risposta
libera). Quasi tutte le domande chiuse erano seguite da una domanda aperta (”Perché?”), il cui
scopo era chiarire ed approfondire la risposta precedente, formulata in termini numerici, in
quanto in forma di scala di giudizio bipolare (Poco/Molto) a cinque gradi di risposta, ordinati
9
Solo per fare alcuni esempi: il “Progetto In.Tra.For.WOLF” realizzato presso la Casa Circondariale di
Prato, il “Progetto Azzurro” realizzato presso la Casa Circondariale di Biella, il “Progetto Chirone”
realizzato presso le Case Circondariali di Monza, Vigevano, Lodi e Sondrio; etc.
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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numericamente da 1 a 5 (Manganelli e Rattazzi, 1990). Vi era inoltre una domanda chiusa in
forma di scala di giudizio a tre variabili (Elevato/Medio/Scarso). Ogni soggetto ha compilato in
tutto sei questionari:
1.il primo questionario è stato consegnato il primo giorno del primo modulo per essere
riconsegnato il giorno successivo; veniva richiesta una valutazione iniziale volta a indagare le
aspettative dei partecipanti e il loro grado di interesse e di partecipazione alla luce della
presentazione del corso formativo .
2.il secondo questionario è stato consegnato il terzo giorno del primo modulo per essere
riconsegnato il primo giorno del secondo modulo; veniva richiesto un giudizio globale sui
contenuti, la metodologia, i relatori del primo modulo.
3.il terzo questionario è stato consegnato il primo giorno del secondo modulo, per essere
riconsegnato il giorno successivo; veniva chiesto un giudizio sul lavoro sul campo nella fase di
osservazione attuata tra il primo ed il secondo modulo.
4.il quarto questionario è stato consegnato il terzo giorno del secondo modulo per essere
riconsegnato il primo giorno del terzo modulo; veniva richiesto un giudizio globale sul secondo
modulo.
5.il quinto questionario è stato consegnato il primo giorno del terzo modulo per essere
riconsegnato il giorno successivo; veniva richiesto un giudizio sul lavoro sul campo nella fase di
sperimentazione, attuata tra il secondo e terzo modulo.
6.il sesto ed ultimo questionario è stato consegnato il terzo giorno del terzo modulo per essere
subito riconsegnato; veniva richiesto un giudizio globale sul terzo modulo e c’erano inoltre due
domande di valutazione dell’intero processo formativo.
6.Risultati: in conclusione, dalla valutazione effettuata, il percorso formativo sembra aver
soddisfatto le richieste dei corsisti nei diversi ambiti indagati. All’elevata soddisfazione rilevata
dopo la presentazione del percorso è seguito un calo generale , soprattutto al termine del primo
modulo, in quanto, come già specificato, i soggetti avvertivano la necessità di entrare nel “vivo”
degli argomenti attinenti alla sfera pratica e attuabile nel contesto operativo. Dopo il secondo ed
il terzo modulo questa insoddisfazione si ridimensiona notevolmente e i dati relativi alla fine del
percorso indicano che il livello di corrispondenza alle aspettative formative iniziali è alto. L’aver
sperimentato la possibilità di confrontare ed integrare dati inerenti alla sfera teoricometodologica con aspetti di tipo operativo-esperienziale ha quindi ampliato il piano delle
competenze del saper, saper fare e saper essere, attivando una riflessione che va oltre lo
specifico contesto formativo, come espresso dagli stessi corsisti nella fase finale di bilancio
complessivo dell’esperienza.
Titolo: "Pluseducando". Progetto di informazione, sensibilizzazione e prevenzione della
violenza per di genere finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per
le Pari opportunità nell’anno 2009.
0.Coordinatore: Provincia di Cagliari - Commissione Pari Opportunità e Assessorati alle
politiche sociali e alla pubblica istruzione. Il coordinamento dell'attività è a cura della
Cooperativa Madrugada e la realizzazione a cura del Grecam (Cagliari e Sassari).
1.Finanziatore: non pervenuto.
2.Destinatari: persone minorenni del carcere di Quartucciu, operatori, alunni/e delle scuole
elementari, medie e superiori.
3.Obiettivi: gli obiettivi del percorso sono:
• Sviluppare un clima di attenzione sui fenomeni della violenza;
• Essere consapevoli che per riconoscere la violenza altrui è necessario riconoscere la propria
violenza;
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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• Riflettere sulle forme di violenza più o meno visibili che si agiscono fisicamente e
psicologicamente nell’ambito familiare, sui minori, nelle relazioni affettive, insomma tra noi e
gli altri e verso la natura che ci circonda;
• Attivare la consapevolezza sul fatto che ogni nostra azione contribuisce al cambiamento della
comunità.
4.Contenuti: non pervenuti.
5.Metodologia e strumenti: il progetto si è sviluppato a livello locale, nello specifico, nel
territorio sardo dei Comuni della provincia di Cagliari. In linea con le finalità, l’evento ha
previsto l’organizzazione delle seguente azioni:
1. Costruzione di una Rete degli Attori del Progetto.
2. Promozione e lo sviluppo della Rete Territoriale di riferimento e delle istituzioni coinvolte.
3. Realizzazione di una Giornata di Studio sul tema della violenza di genere destinata agli
operatori del Territorio Plus 21.
4. Realizzazione di tre giornate di approfondimento destinate ad operatori di settore;
5. Realizzare di un Ciclo di Laboratori dedicati ad operatori di servizi;
6. Realizzazione di Laboratori Esperienziali destinati agli alunni/e delle scuole elementari,
medie e superiori.
7. Attivazione di uno Sportello di Ascolto denominato “L’Orecchio Muto”.
8. Realizzare di un Cortometraggio sul Progetto (ad utilizzo di tutte le scuole ed enti interessati).
Il Progetto ha anche previsto, prima e dopo un’attività di Monitoraggio e Valutazione dei
Risultati.
6.Risultati: il progetto ha reso possibile l’acquisizione di una maggiore consapevolezza nei
giovani sul tema della violenza di genere (grazie agli incontri in occasione dei quali sono stati
prodotti dei contenuti che hanno permesso l'allestimento di una mostra) e si è dimostrato
un’ottima opportunità di dibattito e formazione per gli operatori del territorio.
Titolo: Corso di formazione "Young sex offenders e complessità dell'intervento"
0.Coordinatore: Associazione Mama (partner del progetto migliorativo della Cooperativa
"Nuova Speranza").
1. Finanziatore: non pervenuto.
2.Destinatari: educatori e operatori della Comunità penale per minori di Caltanissetta (Sicilia).
3.Obiettivi: Rendere "pensabile" il reato sessuale e mostrare come l'interesse della società, oltre
a quello giuridico di valutazione del reato c di somministrazione della pena, è quello di
accompagnare l'adolescente in questo momento, per evitare l'appiattimento nell'identità di reo,
che inevitabilmente promuoverebbe nuovi agiti, c per favorire la ripresa del percorso evolutivo.
Il cambiamento nelle modalità di pensare a sé, a partire dalla riflessione sul reato, può essere
molto ampio, per quanto non implichi necessariamente lo sviluppo di una funzione riflessiva, o
di una ridefinizione complessiva dell'immagine di sé, obiettivi questi di un lavoro terapeutico più
prolungato. Può tuttavia costituire la premessa per interventi psicoterapeutici successivi. Per i
minori abusanti, l'età adolescenziale permette di ipotizzare che la condotta deviante non si sia
cristallizzata ma che possa appartenere in alcuni casi, ancora alla fisiologica esplorazione in
campo relazionale c sessuale c che in ogni caso possa avere delle quote trasformative positive.
Nonostante in seguito al trattamento le recidive possano ridursi, il percorso trasformativi
dell'adolescente necessita di un intervento più esteso nel tempo.
4.Contenuti:
I. Violenza, abuso, maltrattamento definizioni e rappresentazioni sociali
• Violenza ai danni dell'infanzia: caratteristiche del fenomeno
• Le diverse manifestazioni e conseguenze del maltrattamento e dell'abuso all'infanzia
• L'abuso sessuale: manifestazioni e tipologie
• Approccio teorico al maltrattamento e il modello ecologico di riferimento
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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II. Segni e sintomi del maltrattamento e dell'abuso. Strategie di intervento
• Gli indicatori dell'abuso
• Trauma e shock emotivo
• Disturbo Post-traumatico da Stress
• Traumi e bambini
• La terapia: il lavoro sul sistema dei significati, l'esperienza emozionale correttiva, la resilienza
III. Il cambiamento d'identità dell'adolescenza. Il ruolo del gruppo
• Le adolescenze e i compiti di sviluppo
• La formazione dell'identità
• Fattori protettivi e fattori di rischio in adolescenza
• L'adolescente e il gruppo dei pari
IV. Patologia mentale e comportamento violento: quali connessioni - Le forme dell'aggressività
• Psicopatologia nell'adolescente
• Aggressività e comportamento aggressivo
• L'aggressività nell'adolescenza
• L'abusante, adolescente
• I modelli di trattamento
V. La famiglia dell'abusante
L'abusante adolescente - I meccanismi di negazione che caratterizzano il soggetto abusante
• Chi sono gli abusanti?
• Infanzia deviata, infanzia deviante
• La famiglia maltrattante
• Visione film - Esercitazione
VI. Il lavoro individuale - Il lavoro d'equipe - Il lavoro di rete
• Il reinserimento dell'adolescente nella famiglia e nella società. L'influenza dei giudizi nel
riscatto morale.
• La terapia con il soggetto abusante
• La messa alla prova
• La mediazione penale
• I sistemi coinvolti
• Dalla presa in carico coatta alla cooperazione
VII. L'auto percezione dell'equipe nel lavoro integrato. Aspetti pragmatici del lavoro all'interno
di una comunità
• Le comunità penali per i minori
• Le istituzioni giudiziarie che ruotano attorno all' adolescente deviante
• Il lavoro d'equipe
• L' educatore e la relazione d'aiuto
VIII. Le emozioni degli operatori
• Difficile e complessa presa in carico terapeutica
• Il pregiudizio
• La comunità come metodo e strumento di lavoro
• L'ascolto, l'attenzione e il sostegno all'abusante
• Il malessere dell'operatore
5.Metodologia e strumenti: il corso, sviluppatosi tra i mesi di settembre e dicembre del 2009,
ha previsto l’articolazione di otto moduli di una giornata ciascuno (di cinque ore) per un totale di
8 incontri e complessive 40 ore di formazione. La metodologia ha previsto delle lezioni frontali,
la presentazione di casi, la visione e discussione di film e video, dei lavori di gruppo, delle
esercitazioni.
6.Risultati: non pervenuti.
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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A livello locale si segnalano inoltre le seguenti iniziative pervenute dai Centri di Giustizia
Minorile (CGM) presenti sul territorio:
CGM di Bari. Gli operatori dei servizi hanno partecipato a diversi eventi:
• "Help: maltrattamento ed abuso sessuale" (2006/007), gestito dal Gruppo tecnico di
Coordinamento L. 285/97 nell’ambito e in collaborazione con i Comuni di Gravina; Battiati;
Nicolosi; Clarenza; Camporotondo; Treccastagni; Mascalucia; Tremestieri; Pedara. Destinato
ad operatori dei servizi sociali territoriali Finalità , Conoscenza e approfondimento e
finalizzato alla conoscenza e all’approfondimento della tematica ed eventuale costruzione di
un modello integrato di lavoro di rete utilizzabile dai diversi operatori. Nel biennio di
formazione, il percorso ha previsto 100 ore di formazione teorica e di trattazione ed analisi di
casi.
• Corso di Formazione "Buone prassi per la gestione psicosociale dei casi di maltrattamento e
abuso sessuale su minori" (2009) coordinato dall’Ufficio Piano Ambito Sociale 5, Comune
Capofila Triggiano (Bari) con la responsabilità scientifica del Centro TIAMA. Destinato ad
operatori dei Servizi operanti nell'ambito, afferenti alla ASL -Consultorio Familiare, CSM,
Sert, Neuropsichiatria Infantile, USSM di Bari. Il percorso ha previsto una formazione
multidisciplinare integrata, individuazione di modalità condivise d'intervento, nelle varie
fasi:valutazione, segnalazione, trattamento (buone prassi) anche in vista dell'attivazione e
potenziamento dell'Ufficio Tutela Minori, istituito nell'ambito dei Piani di Zona (L.328/2000).
con equipe interistituzionale (operatori Comune-Asl) con funzioni in campo di: affido e
adozioni; presa in carico di minori maltrattati e abusati, nonché di minori abusanti residenti
nell'Ambito. Il corso, suddiviso in cinque giornate per un totale di 35 ore. ha fornito elementi
di conoscenza ed approfondimento del fenomeno con attenzione alle varie fasi
(riconoscimento-valutazione-segnalazione-presa in carico/trattamento) con approccio
integrato ed individuazione buone prassi. La metodologia ha previsto lezioni frontali, lavori di
gruppo, presentazione studio di casi scelti da operatori con discussione in
plenaria;strumenti:sussidi didattici, compresi casi TIAMA. Il percorso ha previsto
l’acquisizione ed implementazione di competenze professionali con un approccio
multidisciplinare; avvio confronto dialettico interistituzionale sulle procedure e buone prassi.
• Giornata di Studio "Eros e Tanatos", Percorsi operativi per il trattamento dei sexual offenders
(2008), coordinato dal Ministero della Giustizia - UEPE di Bari, dall’Università degli Studi Facoltà Scienze Politiche di Bari. Le finalità della sensibilizzazione sono state:
l’approfondimento del fenomeno, allo scopo d'individuare percorsi operativi e buone prassi
per il trattamento, anche intramurario. dei sexual offenders in chiave socioeducativa, clinicoriabilitativa, con riferimento sia agli autori di reato maggiorenni, sia minorenni. I destinatari:
professionisti dell'area psico-socio-educativa afferenti ai Servizi che a vario titolo prendono in
carico sexual offenders o i loro familiari, a partire da quelli della Giustizia, i contenuti relativi
all'approfondimento del fenomeno oggetto di studio. Con riferimento agli autori di reato
minorenni, l'Ussm ha presentato una lettura del fenomeno tesa ad evidenziarne la specificità
rispetto agli stessi reati commessi da adulti, sia in ordine alle possibili motivazioni sottese, sia
in ordine alle specifiche esigenze trattamentali. che discendono sia dalla peculiare fase
evolutiva sia dalla specificità del rito minorile, con cenni ad alcune esperienze. La
metodologia ha seguito un approccio multidisciplinare e ha previsto l’alternanza tra relazioni
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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e discussioni in plenaria con il supporto di sussidi (slide, esperienze dei servizi), permettendo
l’approfondimento del fenomeno e un proficuo scambio e confronto interistituzionale.
CGM di Bologna. Il personale dell’USSM di Bologna ha partecipato ai seguenti eventi
formativi:
• “Lo spazio neutro: uno strumento per valutare e sostenere le reazioni familiari”, organizzato
dal Centro Specialistico “Il faro” nelle giornate del 12.01.2006, 10.01.2006, 20.01.2006
(ECM).
• “Il bambino coinvolto in relazioni familiari violente: come riconoscerlo e tutelarlo”,
organizzato dal Centro Specialistico “Il faro” nelle giornate dell’11.01.2006 e 25.01.2006 a
Bologna (ECM).
• Seminario “Esperienze traumatiche infantili di abuso e conseguenze psicopatologiche”, a cura
della dr.ssa Malacrea, organizzato dal Centro specialistico “Il faro” e della clinica Pediatrica
Gozzadini di Bologna il 12.05.2006 (ECM).
• Seminario “Abuso all’infanzia: fattori di rischio in gravidanza e in prima infanzia. Quali
possibili interventi preventivi?” a cura del Centro Specialistico “Il faro” e Policlinico S.
Orsola di Bologna il 17.11.2007 (ECM).
CGM di Cagliari:
•Sex offender e pedofilia: modelli di valutazione e prospettive di intervento (2005), il percorso è
stato coordinato dall’Università degli studi di Cagliari nell’ambito del Master biennale di I
livello in Psicologia Giuridica e Criminologia e ha visto la partecipazione anche di operatori
dell’USSM Cagliari. Attraverso lezioni frontali ed esercitazioni con studio di casi si è tentato
di fornire elementi conoscitivi e strumenti operativi in merito al trattamento dei sex offenders.
•Il colloquio con le famiglie maltrattanti e i minori abusati: strumenti operativi (2007), corso di
formazione sul Child Abuse coordinato dall’Istituto di Formazione Sardegna. IFOS e rivolto a
psicologi, educatori, assistenti sociali, medici. Hanno partecipato al percorso (articolato in
lezioni frontali; esercitazioni pratiche e studio di casi; lavori di gruppo) anche operatori
dell’USSM di Cagliari.
•L'ascolto del disagio dei minori e l'intervento nei casi di maltrattamento e abuso sessuale
(2010), coordinato dalla Provincia Carbonia-lglesias in collaborazione con il Centro studi
Hansel e Gretel di Torino. Si tratta di un Corso di formazione (nell'ambito del P:L:U:S)
rivolto a psicologi, educatori, assistenti sociali (anche dell’USSM di Cagliari), medici.
CGM di Napoli. L’USSM di Napoli ha partecipato tra il 2002 e il 2009 a diversi corsi di
prevenzione e formazione con specifico riferimento al tema dell’abuso all’infanzia, tra cui:
• Workshop organizzati dal consultorio familiare “Toniolo”, in convenzione con il Comune di
Napoli, condotti da CISMAI (coordinamento Italiano di servizi contro il maltrattamento e
l’Abuso all’infanzia) e CBM (Centro per il Bambino maltrattato);
• Corso di aggiornamento per assistenti sociali sul tema dell’ascolto del disagio dei minori e
dell’intervento nei casi di maltrattamento e abuso all’infanzia;
• Corso di formazione “Minori che assistono alla violenza” curato dall’associazione
ARTEMISIA;
• Seminario di studio “La cura dei bambini vittima di maltrattamenti e abusi” curati dal
CISMAI;
• V congresso CISMAI Stati Generali 2009/2010 sul maltrattamento all’infanzia in Italia;
• Seminario formativo “European assessment of Risk/needs in Juvenile violent offenders”.
Gli operatori dei servizi hanno inoltre costituito un gruppo di autoformazione sull’abuso,
costituito da un gruppo di assistenti sociali dell’USSM, con l’obiettivo di elaborare un modello
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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di intervento sperimentale nei confronti di minori vittime di abusi e maltrattamenti (alla luce di
quanto previsto dalla legge n.66/96 che richiede l’assistenza dei servizi minorili
dell’amministrazione della giustizia nei confronti dell’abusato minorenne). L’obiettivo del
gruppo di lavoro è duplice: preparare gli operatori ad intervenire nei casi di minori vittime di
abuso segnalati dal Tribunale per i minorenni o dalla Procura minorenni e, soprattutto, imparare
a lavorare in rete con altri servizi ed enti. L’attenzione è stata rivolta in particolare ad
approfondire il tema del disagio, dell’ascolto, dell’intervento e del trattamento del minore
abusato. Nel corso del tempo è stato possibile acquisire maggiori conoscenze e definire una
metodologia circa l’ascolto, l’intervento e il trattamento dei minori vittime di maltrattamento e
abuso.
CGM di Palermo. I servizi minorili hanno partecipato a diversi eventi, in rete con gli Enti locali
delle diverse province siciliane:
•"Vincere la paura" (2006), coordinato dalla Provincia di Siracusa in collaborazione con
l’Assessorato alla Famiglia della Regione Sicilia, l’ASL, l’Ufficio Scolastico Regionale
(USR) della Sicilia, i Distretti socio sanitari, l’UEPE del DAP e il CGM. La finalità
dell’iniziativa è di formare gli operatori dei servizi sociali territoriali al lavoro integrato
attraverso la creazione di una rete interistituzionale competente per la prevenzione e il
trattamento dell’abuso all’infanzia. Il percorso si è articolato in 5 incontri tematici.
•"Dentro e fuori l'abuso" (2006), coordinato dall’I.C.F di Messina e destinato agli operatori dei
servizi minorili. La finalità del progetto è il contrasto dell'abuso sessuale a danno di bambini/e
e i contenuti hanno riguardato una trattazione del profilo della persona minorenne vittima di
abuso; la relazione di aiuto; il supporto alla famiglia; gruppi di supporto per adolescenti. Il
percorso si è articolato in 4 giornate di studio con lezioni frontali e gruppi di
approfondimento.
•"Dal silenzio alla parola" (2006), un Progetto coordinato dal Centro donne antiviolenza - in
Collaborazione con l'ICF (Accordo di Programma Quadro-Regione Sicilia) e con il DGM Istituto Centrale della Formazione di Messina. Il percorso - rivolto agli operatori dei servizi
sociali territoriali della provincia di Messina e agli operatori dei servizi minorili della giustizia
- era mirato all’acquisizione di una maggiore conoscenza e all’approfondimento degli aspetti
giuridici e psicologici relativi alla testimonianza del bambino sessualmente abusato. Il corso,
organizzato in tre giornate di studio con lezioni frontali, ha riguardato le tematiche della
psicologia della testimonianza e dell’ascolto protetto in ambito giudiziario dei/lle minori
vittime di abuso.
•"La tutela degli operatori come fattore di protezione del bambino maltrattato” (2009), progetto
di sensibilizzazione coordinato dal CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il
Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia) in collaborazione con il Ministero della Salute, la
Regione Sicilia e il Comune dì Taormina. Il progetto ha previsto l’organizzazione di un
Seminario di studi con relazioni frontali e focus-group finalizzato alla prevenzione del
maltrattamento infantile.
•"Dietro il silenzio" (2003), coordinato dalla Provincia Regionale di Ragusa (Sicilia) in
collaborazione con ASP; Questura; Uffici Giudiziari; USR della Sicilia. Percorso mirato a
fornire delle informazioni di base agli operatori dei servizi sociali, sanitari e delle forze
dell’ordine al fine di migliorare l'integrazione tra istituzioni e il lavoro di rete. Il percorso ha
previsto l’articolazione di contenuti psicologici e giuridici sull’abuso all’infanzia e sul lavoro
di rete.
CGM di Roma. Nel 2010 in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Neurologiche
psichiatriche e riabilitative dell’età evolutiva dell’Università di Roma “Sapienza” organizza un
Progetto di formazione per il personale dei servizi minorili rivolto al personale dei servizi della
giustizia minorile. Corso di aggiornamento-formazione è stato centrato sul contenuto dei
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comportamenti etero e auto-aggressivi degli adolescenti, con uno specifico modulo dedicato ai
minori sex offenders. La metodologia didattica ha visto un’alternanza tra lezioni d’aula e
materiale su supporto informatico. E’ stato raggiunto un congruo numero di operatori; i temi
trattati sono apparsi oggetto di interesse; la metodologia poteva forse prevedere momenti più
partecipati
3.
Programmi di trattamento per sex-offenders
Nonostante nel nostro Paese non vi è stata alcuna iniziativa governativa nella direzione di
prevedere uno specifico di trattamento per sex offenders, si riscontrano alcune sperimentazioni
locali (il Progetto Pluseducando) e progettualità implementate successivamente ai due Progetti
europei (già citati) realizzati dal Ministero della Giustizia – DAP tra il 1998 e il 2001.
Tra le iniziative implementate a livello locale, si cita, tra le altre, quella sperimentata nella
Seconda Casa di reclusione di Milano-Bollate a partire dal 2006: si tratta dell'unico caso in Italia
in cui, dopo un anno di trattamento in un'unità specializzata all'interno dell’istituto, i detenuti
vengono spostati e possono trascorrere il tempo della pena insieme agli altri detenuti di reati c.d.
"comuni".
Titolo (del programma di trattamento): Progetto Pluseducando (2010)
0.Coordinatore: Provincia di Cagliari
1.Ente finanziatore. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari
Opportunità.
2.Finalità: prevenzione e contrasto alla violenza di genere.
3.Destinatari: operatori e detenuti dell’Istituto Penale per i Minorenni di Quartucciu.
4.Ambito di riferimento (interno o esterno al contesto giudiziario): Istituto Penale per i
Minorenni di Quartucciu (Sassari)
5.Contenuti: attivazione di laboratori di sensibilizzazione al tema della violenza attraverso
attività pratiche ed esperienziali con la finalità di favorire l'espressività individuale,
migliorare la socializzazione all'interno del gruppo, creare nuove modalità di comunicazione,
riconoscere il sé e l'altro nella diversità, riconoscere il proprio valore e quello dell'altro,
rispettare sé stessi, gli altri e lo spazio.
6.Metodologia e strumenti: metodo Grecam: tramite la conoscenza di nuove forme di
espressione e di linguaggio attraverso l'uso di tecniche artistiche, i ragazzi hanno potuto
comunicare esperienze, emozioni e stati d'animo e su questi lavorare nell'ottica della
prevenzione della violenza.
7.Valutazione dei risultati: il progetto è stato svolto nel 2010. Gli indicatori di valutazione del
progetto (partecipazione dei ragazzi agli incontri, riconoscimento e gradimento dei ragazzi
rispetto al progetto, produzione di materiali che i ragazzi hanno chiesto di poter mostrare) sono
molto positivi. Non può invece esserci alcun elemento di valutazione dei risultati sotto il profilo
della recidiva.
Titolo: “Sperimentazione della metodologia di intervento di gruppo per autori di violenza
sessuale ex art. 609 octies” (2010)
0.Coordinatore: USSM di Napoli
1.Ente finanziatore: non pervenuto.
2.Obiettivi: gli obiettivi dell’intervento sono stati di stimolare la responsabilizzazione degli
autori di reato di abuso sessuale e promuovere una riflessione critica sull’evento.
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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3.Destinatari: il gruppo era composto da 7 minori di una fascia di età compresa tra i 15 e i 17
anni, coimputati di molestie sessuali, rimessi in libertà ed in attesa di applicazione dell’art. 28
dpr.448/88.
4.Ambito di riferimento: il contesto di intervento è interno sistema giudiziario.
5.Contenuti: L’intervento ha interessato diverse aree/tematiche di intervento: dalla riflessione
sulle conseguenze del reato - attraverso ad esempio un lavoro sull’empatia (il punto di vista
della vittima di reato) – al raggiungimento di una piena assunzione di responsabilità rispetto ai
comportamenti agiti.
6.Metodologia e strumenti: il progetto di trattamento è stato realizzato nel 2010. Il team di
lavoro è costituito da assistenti sociali, educatori e psicologi e la metodologia di intervento ha
previsto l’organizzazione di incontri di gruppo (per un totale di sei incontri). Gli incontri sono
stati condotti dallo psicologo in servizio presso l’USSM, alla presenza di un osservatore. Il
gruppo – come metodologia di trattamento – è utilizzato come risorsa per stimolare la riflessione
sui propri agiti, l’empatia con la parte offesa, la resilienza dei singoli verso le pressioni
provenienti dal senso di appartenenza e di fedeltà al gruppo.
7.Valutazione dei risultati: tra i risultati raggiunti, si rileva una sufficiente revisione critica del
reato e al riconoscimento delle potenzialità positive del gruppo.
Titolo: “Progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali in Unità di
Trattamento Intensificato e sezione attenuata" (2006). Si tratta di una sperimentazione avviata
nel 2006 e ancora in corso.
0.Coordinatore: Seconda Casa di reclusione di Milano - Bollate (Direttrice Dott.ssa Lucia
Castellano) con la collaborazione del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione
(CIPM) di Milano.
1.Ente finanziatore: non pervenuto.
2.Obiettivi gli obiettivi generali dell’intervento concernono il trattamento dei sex offenders
presenti nel carcere, l’inclusione all’interno del carcere insieme ai detenuti c.d. “comuni”, la
prevenzione della recidiva.
3.Destinatari: il CIPM segue in tutto circa 200 persone: una trentina dentro al carcere, gli altri in
esecuzione penale esterna.
4.Contesto: il contesto di intervento è interno al sistema giudiziario, a livello intra ed extra
murario.
5.Contenuti: tutto il progetto è incentrato sul riconoscimento del reato e sull’assunzione della
responsabilità; questo comporta un lavoro importante per modificare/ridurre la negazione e/o la
minimizzazione nei confronti del fatto commesso.
6.Metodologia e strumenti: i sex offenders seguono un percorso trattamentale studiato
appositamente per chi ha commesso reati sessuali. L'équipe che si occupa di seguire i sex
offenders nel loro percorso fa parte del CIPM di Milano. Si tratta di un team composto da tre
criminologi, sette psicologi, uno psichiatra, due educatori, un'arteterapeuta e uno psicomotricista,
Il lavoro ha una cadenza giornaliera, e consiste in colloqui individuali e di gruppo. Appena
terminato il programma di trattamento in sezioni protette, i sex offenders vengono integrati con il
resto dei detenuti.
7.Valutazione dei risultati: su 80 soggetti trattati, solo tre sono stati recidivi e uno di loro ha
chiesto di tornare per continuare le terapie.
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A livello locale, si elencano qui di seguito delle esperienze intramurarie implementate in
diversi istituti penali per detenuti adulti attivate in Italia negli ultimi anni, molte delle quali
nate e sviluppatisi grazie all’esperienza dei Progetti Wolf e For Wolf:
• “Progetto S.P.I.A.-Servizio Protezione Infanzia dagli Abusi” presso la Casa Circondariale di
Teramo che ha attivato una serie di percorsi valutativo – trattamentali (psicoterapia) sui sex
offenders.
• "In.Tra.For.W.O.L.F" (interventi trattamentali formazione Working on Lessening fearlavorare per ridurre la paura), realizzato presso la casa Circondariale di Prato, con la
partecipazione della Regione Toscana – anno 2003-2005;
• "Working with sex offenders", progetto che prevedeva interventi di valutazione e trattamento
dei sex offenders, a cura dell'Ufficio del Trattamento intramurario di Catanzaro – anno 20032004;
• “Sex offenders e ipotesi di trattamento”: indagine sperimentale sulle caratteristiche di
personalità dei sex offenders, effettuato dall’Università di Cassino nella casa Circondariale di
Frosinone – anno 2002-2003;
• Progetto "Sperare" (sperimentare percorsi esperienze rivolte a rimuovere esclusione), a cura
dell'Ufficio del Trattamento intramurario della regione Puglia e concretizzatosi presso la Casa
Circondariale di Bari – anno 2002-2003;
• Progetto "Chirone" pensato come formazione integrata per operatori penitenziari, sociosanitari, assistenziali e del terzo settore, realizzato presso le case Circondariali della regione
Lombardia. Gli Istituti interessati dal progetto sono le case Circondariali di Monza, Vigevano,
Lodi, Sondrio – anno 2002-2005
• Progetto "Azzurro" concretizzatosi presso la Casa Circondariale di Biella - anno2004-2005,
finanziato dalla Regione Piemonte, che ha attivato percorsi di formazione specifica per gli
operatori e attività terapeutiche con i detenuti (sperimentazione di attività trattamentali).
Nell’ambito dei Servizi della Giustizia Minorile si segnala inoltre:
CGM di Bologna. Dall’1.1.2005 all’8.3.2010 (data di inizio immissione dati nel sistema SISM)
l’USSM di Bologna ha ricevuto segnalazioni per n. 91 ragazzi imputati di reati sessuali, di cui 54
maschi italiani e n. 37 stranieri. Dalla data dell’8.03.2010 non è possibile, per questo Ufficio,
estrapolare dal SISM i dati per tipologia di reato. La presa in carico dei minori imputati di reato
sessuale ha previsto sempre un colloquio preliminare con la psicologa del servizio, per una prima
valutazione psicologica; per due casi si è realizzato un intervento di mediazione penale. Per tutti
i casi si è provveduto ad avviare i consueti programmi di trattamento individualizzati secondo le
modalità e i criteri utilizzati in generale per i minori in carico al servizio.
CGM di Palermo. E’ stato implementato un programma dal titolo "La Ginestra" coordinato
dall’U.O.N.P.1. della ASL Catania 3 (anche sostenitore) in collaborazione con l’USSM. Nato
con l’obiettivo di migliorare la collaborazione interistituzionale con riferimento agli interventi di
sostegno, osservazione e trattamento dei minori segnalati dall'USSM e destinato a minorenni
imputati/condannati per reati di tipo sessuale.
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Conclusioni
Parlare di trattamento nel contesto carcerario significa far riferimento al percorso storico che ha
coinvolto legislatori, esperti ed operatori del settore e al dibattito culturale sviluppatosi nel corso
degli anni sulla tipologia, il metodo, il significato e la valenza dell’intervento, a partire dalla
pratica dell’esperienza penitenziaria. Senza entrare nel merito di temi storicamente affrontati a
livello multidisciplinare e specialistico, rispetto ai quali si rimanda alla vasta letteratura esistente,
intendiamo fare riferimento alla cultura della pena intesa come possibilità di reintegrazione
socio-affettiva e relazionale e a un modello di rieducazione che faccia da cornice al trattamento
in termini di ascolto individualizzato e attenzione all’individuo, posto di fronte a una scelta e
offerta concreta di effettive opportunità riabilitative.
La possibilità di accedere al panorama di alcune delle progettualità trattamentali presenti a
livello europeo, del modo in cui vengono messe in pratica, e del terreno istituzionale in cui
trovano applicazione, se da un lato incrementa la conoscenza del fenomeno in questione, da un
altro fa emergere anche il bisogno di ricerche più specifiche sul trattamento dei reati a sfondo
sessuale, e soprattutto più attendibili per ciò che concerne la valutazione dei risultati.
Pensiamo, infatti, che la frequente assenza di valutazione degli esiti trattamentali influenzi
notevolmente la reale possibilità di rilevare l’efficacia e l'efficienza delle varie ipotesi
trattamentali sperimentabili.
Le conclusioni saranno integrate successivamente, dopo l’analisi e la comparazione tra le
esperienze erogate a livello nazionale e il resto delle esperienze realizzate nei Paesi Partner
del Progetto.
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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APPENDICE
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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Daphne-supported projects in the area of sexual abuse and
exploitation of children (prevention)10
Laws and law enforcement
97-012-C Comparative legal review in the field of missing and sexually exploited minors
97-013-C The collection and use of personal information on child sex off enders (CUPISCO)
Scope and nature of sexual violence
97-233-WC Conference and research on sexual violence in higher education institutes
98-211-W Violent men involved in domestic and sexual violence
99-025-C Vulnerability study as a basis for prevention of violence
00-241-WC Mapping of types of violence in families with parental mental illness
00-129-WC Analysis of violence in the family
01-016-YC KIRIADE – The exploitation of under-age migrants
02-188-Y Investigating continuous and occasional prostitution of minors and young foreign adults
02-065-YC The causes of social violence against migrant children
03-125-Y Unaccompanied minor migrants on the streets of Europe
Awareness raising and education
97-132-C Young people’s campaign on commercial sexual exploitation of children
98-065-C Raising the awareness of parents on child abuse
99-027-WC Awareness raising among the media, trade unions, MEPs and political players on issues
related
to violence against women and children
00-287-WC ATAV – Action Teenagers against Violence
01-006-C CIRCE – Coalition for Integration of Roma Children in Europe
01-189-YC Understanding and preventing violence and child abuse through education and an awareness
campaign involving children
03-070-W Radio series to raise understanding of violence against women and children
Direct action
97-182-WC Prevention of sexual violence against disabled girls and women
97-197-WC Networks and exchange for the prevention of violence against women and children
97-417-C Innovative actions to prevent violence in educational centers
98-028-C Combating and preventing sexual abuse of young people in residential institutions
98-130-WC Preventing alcohol-related violence
98-146-WC Primary prevention of sexual violence by 12-16 year-old male students
98-159-C Preventing sexual violence against adolescents and women in training and education
98-249-C Capacity building for teachers, social workers and parents to protect children against sexual
abuse
99-035-C Training of trainers to prevent violence against children from socially disadvantaged groups
00-051-C QUATRE ATOUTS – Establishing a European network for inter-disciplinary training and
participation
in the field of violence prevention
01-074-WYC User-led training project to protect children, young people and women with learning
disabilities from sexual abuse
01-111-C Transnational support programme to prevent violence and abuse of children in families
01-159-YC ANCORA MATILDE – programmes to protect children at times of family break-up
01-161-YC Transnational exchange of experiences and further development of protection measures for
the risk
group of unaccompanied minor migrants
03-008-W Development of a user-led pilot sex education/peer education project
03-126-W Increasing teacher trainees’ awareness of sexualized and gendered violence
03-175-W Multidisciplinary network to tackle violence against women and children
10
Estratto letterale dal progetto Kane J. (a cura di), Preventing sexual abuse and exploitation of children
(Daphne programme), http://ec.europa.eu/justice/funding/daphne3/funding_daphne3_en.htm
Progetto SEXOFFENDERS - II Report
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03-215-C Empowering disability organizations to develop prevention strategies
04-2-007-YC Non-formal education and teacher networks to support children on the streets of Poland
04-1-061-WYC Safeguarding people with learning disabilities against sexual violence, with particular
reference
to the experiences of families
Identification of good practice
97-028-C Vision and reality: promoting good practice in the EU in the field of child sexual abuse
97-120-WC Means to measure the effectiveness of experiences in preventing violence
99-175-C Evaluation of prevention tools and methodologies for the prevention of sexual abuse
00-309-C PROTINTER II – pilot project for the integration of services in child protection systems in the
countries
of the European Union
02-055-YC What works in child sexual exploitation
03-007-YC Comparison of models of integrated risk assessment with a view to reducing recidivism by
better
risk assessment of young sex off enders
04-1-157-WYC Models of co-operation among women’s NGOs and state authorities to prevent violence
against
women and children
04-2-003-YC Good practice in the new Member States: exchange and networking
Tools
99-101-C Development and testing of guidelines for media coverage of violence
01-125-YC Believe Me – a video resource pack on sexual violence against children
02-037-YC Directory of organizations working in the field of disappearance and sexual exploitation of
children
03-108-W Europe-wide training courses on violence-conditioned symptoms
04-2-008-YC Dissemination of the SCEP Statement of Good Practice to prevent sexual abuse
Protection from on-line abuse
97-038-C Internet action: making the Internet a safer place for children
98-045-C Combating child pornography on the Internet
01-097-C Child pornography on the Internet: evaluating preventive measures in order to improve their
effectiveness in the EU Member States
00-067-C Child pornographic images on the Internet: the VIP project
02-004-YC Development of a tele-health resource to support young people and adults who compulsively
access Internet child pornography
02-079-C Child pornographic images on the Internet: the VIP project (guidelines and good practice)
03-017-YC Evaluation of a cognitive behaviour therapy module with adolescents who sexually off end
through
downloading child abuse images
03-104-YC Child protection in interactive Net services
04-2-042-YC Pro-active intervention with people who victimise through Internet child pornography:
dissemination
of the CROGA website
Telephone helplines
97-011-WC Promoting co-operation among telephone helplines for children and young people
97-021-C Establishing a European network of helplines for the prevention of child abuse
98-118-C Managing emergency situations concerning children and young people
04-1-070-YC 24-hour children’s helpline for abused and missing children
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