MIRANDOLINA verifica SOMMaTiva TeaTrO 1.2

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MIRANDOLINA verifica SOMMaTiva TeaTrO 1.2
Teatro
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volume B/F sezione 1 unità 2
verifica SOMMATIVa teatro 1.2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . competenze di lettura
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . cognome nome
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . classe
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data
Carlo Goldoni
MIRANDOLINA
La locandiera, 1753
La locandiera è una delle opere più famose di Carlo Goldoni, autore nel Settecento di una significativa
riforma del teatro, che segnò il passaggio dalla Commedia dell’Arte alla commedia moderna. I due cardini
della riforma goldoniana sono l’importanza del testo scritto, che sostituiva il canovaccio, e l’interesse
per la vita reale e concreta. Le vicende e i personaggi delle commedie di Goldoni sono tratti dal mondo
settecentesco in cui Goldoni viveva, e di cui egli coglie, con un sorriso, pregi e difetti, vizi e virtù. I testi
di Goldoni costruiscono personaggi vivaci e ricchi di sfumature: ne è un esempio Mirandolina, proprietaria
di una locanda di Firenze, un personaggio la cui modernità continua a suscitare l’interesse di attrici e
spettatori. La locandiera è una donna pratica, laboriosa, fiera della sua indipendenza e non certo priva
di vanità femminile; riesce a tenere a bada i suoi clienti, nobili e non nobili, che si illudono di poterla
conquistare, e a far breccia nel cuore del Cavaliere, che disprezza le donne e gli uomini che le corteggiano.
Mirandolina gli farà cambiare idea sulle donne, senza peraltro concedergli nulla; quanto a lei, sposerà il
ragazzo di cui è innamorata.
SCENA IX
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Mirandolina sola.
Mirandolina Uh, che mai ha detto! L’eccellentissimo signor Marchese
Arsura1 mi sposerebbe? Eppure, se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà. Io non lo vorrei. Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che
farne2 . Se avessi sposati tutti quelli che hanno detto volermi, oh, avrei pure
tanti mariti! Quanti arrivano a questa locanda, tutti di me s’innamorano,
tutti mi fanno i cascamorti3; e tanti e tanti mi esibiscono4 di sposarmi a
dirittura. E questo signor Cavaliere, rustico come un orso, mi tratta sì bruscamente? Questi è il primo forestiere capitato alla mia locanda, il quale
non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico che tutti in un salto
s’abbiano a innamorare; ma disprezzarmi così? È una cosa che mi muove
la bile5 terribilmente. È nemico delle donne? Non le può vedere? Povero
pazzo! Non avrà ancora trovato quella che sappia fare. Ma la troverà. La
troverà. E chi sa che non l’abbia trovata? Con questi per l’appunto mi ci
metto di picca6. Quei che mi corrono dietro, presto presto m’annoiano. La
nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo e non la stimo. Tutto il mio
piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata7, adorata. Questa è la mia
debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non
ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo
1. Marchese Arsura: il nome che Mirandolina
dà a uno degli ospiti della locanda, il Marchese
di Forlipopoli, alludendo alla sua spilorceria.
2. Mi piace … farne: espressione figurata che
significa: «mi interessa quel che è concreto
(l’arrosto) e non so che farmene delle belle parole (il fumo)».
3. mi fanno i cascamorti: mi fanno la corte in
modo insistente e stucchevole.
4. mi esibiscono: mi offrono.
5. mi muove la bile: mi irrita, mi fa arrabbiare.
6. mi ci metto di picca: mi ci impunto, mi metto
d’impegno per spuntarla.
7. vagheggiata: ammirata, desiderata.
4-7 Mirandolina sa di
piacere a tutti gli uomini
che sostano nella sua
locanda e non se ne
dispiace, ma è fiera della
propria indipendenza.
10-14 Uno dei clienti,
il Cavaliere di Ripafratta,
disprezza le donne e, a
differenza degli altri,
è scostante anche
con Mirandolina.
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la mia libertà. Tratto con tutti, ma non m’innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature di amanti spasimati8; e voglio usar tutta
l’arte per vincere, abbattere e conquassare9 quei cuori barbari e duri, che
son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo
la bella madre natura.
SCENA XV
Mirandolina colla biancheria, e detto.10
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Mirandolina (Entrando con qualche soggezione) Permette, illustrissimo?
Cavaliere (Con asprezza) Che cosa volete?
Mirandolina (S’avanza un poco) Ecco qui della biancheria migliore.
Cavaliere Bene. Mettetela lì. (Accenna il tavolino).
Mirandolina La supplico almeno degnarsi vedere se è di suo genio11.
Cavaliere Che roba è?
Mirandolina (S’avanza ancor più) Le lenzuola son di rensa12 .
Cavaliere Rensa?
Mirandolina Sì signore, di dieci paoli al braccio13. Osservi.
Cavaliere Non pretendevo tanto. Bastavami qualche cosa meglio di quel
che mi avete dato.
Mirandolina Questa biancheria l’ho fatta per personaggi di merito: per
quelli che la sanno conoscere; e in verità, illustrissimo, la do per esser lei,
ad un altro non la darei.
Cavaliere Per esser lei! 14 Solito complimento.
Mirandolina Osservi il servizio di tavola.
Cavaliere Oh! Queste tele di Fiandra,15 quando si lavano, perdono assai.
Non vi è bisogno che le insudiciate per me.
Mirandolina Per un Cavaliere della sua qualità, non guardo a queste piccole cose. Di queste salviette16 ne ho parecchie, e le serberò per V.S.17 illustrissima.
Cavaliere (Non si può però negare che costei non sia una donna obbligante18).
Mirandolina (Veramente ha una faccia burbera da non piacergli19 le
donne).
Cavaliere Date la mia biancheria al mio cameriere o ponetela lì, in qualche luogo. Non vi è bisogno che v’incomodiate per questo.
Mirandolina Oh, io non m’incomodo mai, quando servo Cavaliere di sì
alto merito.
Cavaliere Bene, bene, non occorr’altro. (Costei vorrebbe adularmi. Donne!
Tutte così).
Mirandolina La metterò nell’arcova20.
  8. spasimati: spasimanti, che spasimano, che
mi desiderano.
  9. conquassare: sconquassare, sconvolgere.
10. e detto: e il Cavaliere, che era stato nominato
nella breve scena XIV.
11. di suo genio: di suo gusto.
12. rensa: finissima tela di lino.
13. d ieci paoli al braccio: è una tela costosa; i
paoli erano monete dello Stato della Chiesa che prendevano il nome da papa Paolo
III; il braccio era un’unità di misura lineare usata per i tessuti; equivaleva a circa 60
centimetri.
14. Per esser lei!: espressione di cortesia che significa «proprio perché è lei». Il Cavaliere.
15. tele di Fiandra: tele pregiate, provenienti
dalla regione del Belgio famosa per i suoi
tessuti.
16. salviette: tovaglioli.
17. V.S.: abbreviazione di Vossignoria, Signoria
Vostra.
18. obbligante: gentile.
19. da non piacergli: si vede che non gli piacciono.
20. arcova: alcova, parte della camera, in genere
una rientranza, in cui è collocato il letto.
20-23 Mirandolina
dichiara di voler prendere
in giro corteggiatori
convinti di poterla
conquistare, ma anche
dare una lezione e a chi
non ha capito il valore
delle donne (noi).
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Cavaliere (Con serietà) Sì, dove volete.
Mirandolina (Va a riporre la biancheria) (Oh! vi è del duro.21 Ho paura di
non far niente).
Cavaliere (I gonzi22 sentono queste belle parole, credono a chi le dice, e
cascano).
Mirandolina (Ritornando senza la biancheria) A pranzo, che cosa comanda?
Cavaliere Mangerò quello che vi sarà.
Mirandolina Vorrei pur sapere il suo genio23. Se le piace una cosa più
dell’altra, lo dica con libertà.
Cavaliere Se vorrò qualche cosa, lo dirò al cameriere.
Mirandolina Ma in queste cose gli uomini non hanno l’attenzione e la
pazienza che abbiamo noi donne. Se le piacesse qualche intingoletto, qualche salsetta, favorisca di dirlo a me.
Cavaliere Vi ringrazio: ma né anche per questo verso vi riuscirà di far con
me quello che avete fatto col Conte e col Marchese.
Mirandolina Che dice della debolezza di quei due Cavalieri? Vengono
alla locanda per alloggiare, e pretendono poi di voler fare all’amore colla locandiera. Abbiamo altro in testa noi, che dar retta alle loro ciarle24 .
Cerchiamo di fare il nostro interesse; se diamo loro delle buone parole, lo
facciamo per tenerli a bottega25; e poi, io principalmente, quando vedo che
si lusingano26, rido come una pazza.
Cavaliere Brava! Mi piace la vostra sincerità.
Mirandolina Oh! Non ho altro di buono, che la sincerità.
Cavaliere Ma però, con chi vi fa la corte, sapete fingere.
Mirandolina Io fingere? Guardimi27 il cielo. Domandi un poco a quei
due signori che fanno gli spasimati per me, se ho mai dato loro un segno
d’affetto. Se ho mai scherzato con loro in maniera che si potessero lusingare con fondamento. Non gli28 strapazzo, perché il mio interesse non lo
vuole, ma poco meno. Questi uomini effeminati non li posso vedere. Siccome29 abborrisco anche le donne, che corrono dietro agli uomini. Vede?
Io non sono una ragazza. Ho qualche annetto; non son bella, ma ho avute
delle buone occasioni; eppure non ho mai voluto maritarmi, perché stimo
infinitamente la mia libertà.
Cavaliere Oh sì, la libertà è un gran tesoro.
Mirandolina E tanti la perdono scioccamente.
Cavaliere So io ben quel che faccio. Alla larga.
Mirandolina Ha moglie V.S. illustrissima?
Cavaliere Il cielo me ne liberi. Non voglio donne.
Mirandolina Bravissimo. Si conservi sempre così. Le donne, signore…
Basta, a me non tocca a dirne male.
Cavaliere Voi siete per altro la prima donna, ch’io senta parlar così.
Mirandolina Le dirò: noi altre locandiere vediamo e sentiamo delle cose
assai30; e in verità compatisco31 quegli uomini che hanno paura del nostro
sesso.
21. Vi è del duro: il Cavaliere fa resistenza alle
mie gentilezze, ai miei sforzi di conquistarlo,
di piacergli.
22. gonzi: sciocchi.
23. i l suo genio: quel che le piace, che le va a genio.
24. ciarle: chiacchiere.
25. tenerli a bottega: tenerli a bada in quanto
clienti della locanda.
26. si lusingano: si illudono (di avermi conquistata).
27. Guardimi: mi guardi, me ne guardi. È un
modo di dire «mai!».
28. gli: li.
29. siccome: così come.
30. delle cose assai: molte cose.
31. compatisco: capisco.
71-78 Il Conte di
Albafiorita e il Marchese
di Forlipopoli, due clienti
della locanda, nobili,
corteggiano Mirandolina.
95-98 Mirandolina
lascia intendere al
Cavaliere che lei lo
ammiri proprio per
l’indifferenza che lui
mostra nei confronti delle
donne.
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Cavaliere (È curiosa costei).
Mirandolina (Finge voler partire) Con permissione32 di V.S. illustrissima.
Cavaliere Avete premura di partire?
Mirandolina Non vorrei esserle importuna.
Cavaliere No, mi fate piacere; mi divertite.
Mirandolina Vede, signore? Così fo con gli altri. Mi trattengo qualche
momento; sono piuttosto allegra, dico delle barzellette per divertirli, ed
essi subito credono… Se la m’intende; e mi fanno i cascamorti.
Cavaliere Questo accade, perché avete buona maniera.
Mirandolina (Con una riverenza) Troppa bontà, illustrissimo.
Cavaliere Ed essi s’innamorano.
Mirandolina Guardi che debolezza! Innamorarsi subito di una donna!
Cavaliere Questa io non l’ho mai potuta capire.
Mirandolina Bella fortezza! Bella virilità!
Cavaliere Debolezze! Miserie umane!
[…]
Cavaliere Orsù, se avete da badare alle cose vostre, non restate per me.
Mirandolina Sì signore, vado ad attendere alle faccende di casa. Queste
sono i miei amori, i miei passatempi. Se comanderà qualche cosa, manderò
il cameriere.
Cavaliere Bene… Se qualche volta verrete anche voi, vi vedrò volentieri.
Mirandolina Io veramente non vado mai nelle camere dei forestieri, ma
da lei ci verrò qualche volta.
Cavaliere Da me… Perché?
Mirandolina Perché, illustrissimo signore, ella mi piace assaissimo.
Cavaliere Vi piaccio io?
Mirandolina Mi piace, perché non è effeminato, perché non è di quelli
che s’innamorano. (Mi caschi il naso, se avanti domani non l’innamoro).
(Parte).
C. Goldoni, La locandiera, Rizzoli, Milano 1997
32. permissione: permesso.
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verific are le competenze
Analizzare e comprendere
  1.Individua il monologo presente nel testo.
• Da che cosa si riconosce?
  2.Quali tratti del personaggio rivela il monologo?
  3.Individua e indica tre didascalie presenti nel testo e spiegane la funzione.
  4.Gli «a parte» sono scritti tra parentesi nel testo. Individuane e riportane uno. Chi lo pronuncia?
• A chi si rivolgono i personaggi negli «a parte»?
  5.Quali tratti del personaggio di Mirandolina emergono dal dialogo?
  6.Quali sono le intenzioni di Mirandolina nei confronti del cavaliere?
  7. Confronta l’ultima battuta di Mirandolina nella scena XV con l’«a parte» che vi fa seguito; il senso della
battuta e dell’«a parte» è lo stesso o è diverso?
• Quale effetto ha ottenuto Goldoni affiancando l’ultima battuta e l’ultimo «a parte» della scena XV?
Riflettere
  8.Osserva lo stile delle battute di Mirandolina e del cavaliere e quello degli «a parte» che essi pronunciano:
quali differenze di registro si possono notare? Dove i personaggi usano un linguaggio più colloquiale,
meno ricercato?
• Quale effetto produce questa differenza?
  9. Quale funzione hanno gli «a parte» presenti nel testo? Individua le due opzioni corrette.
Spiegano allo spettatore quello che succede sulla scena
Fanno conoscere allo spettatore i veri pensieri dei personaggi
Confondono un po’ lo spettatore, aumentando la sua curiosità
Creano un contrasto che accentua l’effetto comico
Comunicano allo spettatore il pensiero dell’autore
Scrivere
10. Scrivi un testo espositivo di almeno 150 parole dal titolo: «Monologhi, battute e «a parte» in due scene
della commedia di Goldoni La locandiera».
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Conoscenze
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classe
data
A Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.
  1. L’eroe tragico è sempre uguale a se stesso.
V F
  2. Il termine «tragedia» indicava originariamente solo la rappresentazione teatrale.
V F
  3. Nella tragedia l’eroe è libero di compiere le scelte relative alla propria esistenza.
V F
  4. Il concetto di «tragico» si è modificato nel tempo.
V F
  5. Le regole aristoteliche vennero inventate da Aristotele.
V F
  6. Corifeo è il termine greco con cui si indica il coro.
V F
  7. Il ditirambo era un canto in onore di Dioniso.
V F
  8. La figura dell’hypocrités costituì il primo attore della tragedia.
V F
......
/8
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità (anche
online).
  9. Indica, portando come esempio Edipo re, in che cosa consistono le regole aristoteliche.
10. Quali elementi allontanano l’opera di Goethe Faust dalla tragedia classica?
11. Per quale motivo quello di Antigone può essere considerato un «conflitto inconciliabile»?
12. Cordelia e Antigone sono due giovani donne: che cosa hanno in comune?
Totale punti
......
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......
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Friedrich Schiller
Maria ED ELISABETTA
Maria Stuart, 1801  Lingua originale tedesco
Schiller racconta gli ultimi tre giorni di vita di Maria Stuart, regina di Scozia, accusata di attentare al
trono della regina Elisabetta d’Inghilterra e condannata a morte da parte del tribunale. Schiller affronta
un argomento storico, ma ciò che mette al centro della tragedia non sono i motivi che hanno portato
la regina di Scozia alla morte, quanto il confronto-scontro tra due forti personalità, quelle di Maria e di
Elisabetta, che rappresentano due diversi tipi di donna e due diverse concezioni del potere femminile.
Maria lo ha fondato sulla bellezza e sul fascino che emana dalla sua persona, mentre Elisabetta ha messo
da parte il proprio lato femminile per dedicarsi totalmente ai suoi doveri di re, come farebbe un uomo.
Nel testo teatrale le protagoniste sono due giovani donne, mentre nella realtà storica Maria aveva quarantaquattro anni ed Elisabetta cinquantatré. Entrambe saranno a loro modo sconfitte: Maria sarà uccisa
sul patibolo mentre Elisabetta regnerà a lungo sul suo popolo, ma condannata alla solitudine, quasi a
significare l’impossibilità di conciliare la condizione di donna con quella di re.
Il brano che segue, tratto dalla Scena IV dell’Atto III, propone la parte conclusiva dell’incontro tra le due
donne, apparentemente casuale, in realtà organizzato dai fedeli della regina di Scozia per far revocare la
condanna a morte. Durante una passeggiata in un parco, Elisabetta incontra Maria, che cerca di fare leva
sui sentimenti d’affetto che dovrebbero legarle e di fare breccia nel cuore della regina per ottenerne la
grazia. L’episodio non appartiene alla realtà storica, ma è frutto dell’immaginazione dell’autore, che mette
così di fronte le due protagoniste e fa emergere dal loro incontro-scontro l’intreccio di motivi politici e di
rivalità personali, che rende impossibile ogni forma di conciliazione: nessuna vuole rinunciare al proprio
potere politico e nessuna è realmente disposta a cedere di fronte all’altra.
l a tr ama
L’antefatto è costituito dai fatti della realtà storica. Maria Stuart (1542-1587), regina cattolica di
Scozia, coinvolta nell’uccisione del proprio marito, venne costretta dall’ostilità dei nobili scozzesi, di religione protestante, a chiedere aiuto
alla regina d’Inghilterra, Elisabetta, sua parente.
Questa però la rinchiuse in carcere per diciotto
anni con l’accusa di avere ordito congiure contro
il trono inglese. Quando Maria viene condannata
a morte i suoi seguaci tentano in ogni modo di
salvarle la vita. Inizia qui la tragedia di Schiller.
La trama è costituita dalla serie di tentativi per
salvare Maria sino alla conclusione che, con la
messa in atto della condanna, si ricongiunge
all’inizio. Il primo Atto è ambientato nel castello
di Fotheringhay, dove Maria è prigioniera. La regina appare come una donna consapevole dei
suoi errori, ma nello stesso tempo ancora capa-
ce di lottare per la propria vita. Grazie a Mortimer, giovane nipote del suo guardiano, invaghito
di lei, riesce a far avere una lettera al conte di
Leicester per chiedere il suo sostegno. Leicester
appoggia Elisabetta, che ha con lui un forte rapporto affettivo, e organizza un incontro tra le due
regine, che non ha i risultati sperati. Mortimer
cerca con un atto di forza di liberare Maria, ma
il suo tentativo fallisce ed egli si suicida. Elisabetta propende per una condanna a morte della
rivale, ma si rifiuta di firmarne l’ordine, lasciando
indirettamente mano libera ai suoi uomini che
metteranno in atto la condanna. Il conte di Leicester, che si rivela essere stato dalla parte di
Maria, invaghito, come altri, della sua persona,
lascia l’Inghilterra. Nella conclusione Elisabetta
nel castello di Westminster può solo constatare
la propria solitudine.
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Elisabetta (fredda e severa)
Cosa avete da dirmi, Lady Stuart?
Volevate parlarmi. Io dimentico
la regina, gravemente offesa,
per adempiere ai pii doveri di sorella
vi concedo la consolazione della mia presenza.
Seguo un istinto generoso e mi espongo
al giusto biasimo per essermi tanto abbassata… Voi sapete
che volevate farmi uccidere.
Maria Da dove devo cominciare, come
Posso mettere insieme saggiamente le parole
affinché esse afferrino il vostro cuore ma non lo offendano!
Oh Dio, da’ forza al mio eloquio1 e privalo
di ogni aculeo capace di ferire!
Io non posso parlare in mio favore
senza accusarvi gravemente, ma non voglio.
Voi mi avete trattata in modo ingiusto
perché io sono regina, come voi,
e mi avete tenuta prigioniera
mentre ero venuta a voi chiedendo aiuto.
In dispregio alle sante leggi dell’ospitalità,
schernendo2 in me il sacro diritto delle genti,
mi avete chiusa tra le mura di un carcere, mi avete
strappato crudelmente gli amici, i servitori,
sono stata consegnata a un’indegna miseria,
e sottoposta a un tribunale oltraggioso…
Ma basta! Che un eterno oblio
nasconda l’orrore che ho sofferto.
Ecco! Dirò che tutto questo fu destino,
voi non siete colpevole, ma neanch’io lo sono.
Uno spirito maligno salì dall’abisso
per accendere nei nostri cuori l’odio
che già ci aveva divise nella tenera giovinezza.
L’odio è cresciuto con noi e uomini malvagi
hanno soffiato su quella sventurata fiamma.
Pazzi fanatici hanno armato
di spade e pugnali le mani di intrusi…
Questo è il destino maledetto dei sovrani,
quando si combattono, dividono nell’odio il mondo
intero e ogni dissidio scatena delle furie.
Ora tra noi non ci sono più bocche di estranei,
(si avvicina con fare confidenziale e tono adulatore)
ora siamo noi due, una di fronte all’altra.
Adesso parlate, sorella! Dite quale è la mia colpa,
voglio darvi piena soddisfazione.
Ah, se mi aveste ascoltato
quando insistevo per incontrarvi!
Mai saremmo giunte a questo punto
e questo incontro triste e sventurato
non avverrebbe ora in un luogo così tetro.
1. eloquio: capacità oratoria.
á Nella realtà Maria ed Elisabetta erano
cugine. Il termine rimanda comunque
all’esistenza di un legame familiare in nome
del quale Elisabetta acconsente
a vedere Maria.
á Elisabetta ricorda a Maria le sue congiure
per estrometterla dal trono.
á Maria Stuart ed Elisabetta furono sin
dall’infanzia coinvolte nella lotta
per il potere e la successione che interessò
l’Inghilterra e la Scozia.
á Le considerazioni di Maria si allargano
a una riflessione sul potere dei re.
2. schernendo: oltraggiando.
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Elisabetta La mia buona stella mi ha salvato
dal covare una vipera in seno.
Non accusate il destino ma il vostro cuore malvagio
e la furiosa ambizione della vostra casata.
Tra noi non c’era stata alcuna ostilità
quando vostro zio, quel prete arrogante
e avido di potere che allunga la mano impudente3
su ogni corona, mi dichiarò guerra
e vi convinse ad assumere il mio stemma,
ad appropriarvi del mio titolo regale
e a battervi con me all’ultimo sangue.
Chi non ha chiamato a combattere contro di me?
Le lingue dei preti e la spada dei popoli,
le armi terribili della pia follia,
persino qui nella pace del mio regno
soffiò sulle fiamme dell’insurrezione…
Ma Dio è con me e quel prete arrogante
non è padrone del campo… La mia testa era
minacciata, ma è la vostra a cadere!
[…]
Maria Regnate in pace!
Rinuncio a qualsiasi pretesa su questo regno.
Ah, le ali del mio spirito sono paralizzate,
non è più la grandezza ad attirarmi… Avete ottenuto
che io non sia più altro che l’ombra di Maria.
La lunga onta4 del carcere ha spezzato
il nobile coraggio… Avete prodotto in me
l’impossibile: mi avete distrutta nel fiore degli anni!
Ma ora smettete, sorella. Pronunciate
la parola per la quale siete venuta,
poiché mai crederò che siate qui
per deridere crudelmente la vostra vittima.
Pronunciate quella parola. Dite: «Siete libera,
Maria! Avete saggiato la mia forza,
ora imparate ad ammirare la mia generosità».
Ditelo e io riceverò come un dono la mia vita,
la mia libertà dalle vostre mani.
Una parola farà sì che nulla sia avvenuto.
La attendo. Oh, non fatemi aspettare troppo a lungo!
Guai a voi se non concluderete con questa parola!
Se ve ne andrete senza darmi la benedizione,
magnifica come una dea… Sorella!
Per tutte le ricchezze di quest’isola,
per tutte le terre che il mare circonda, non vorrei stare
davanti a voi come voi state dinanzi a me!
Elisabetta Vi riconoscete finalmente sconfitta?
I vostri intrighi sono finiti? Non ci sono più
sicari in marcia? Nessun avventuriero5 vuole più osare
per voi una miserabile impresa cavalleresca?
Sì, è finita, Lady Maria. Voi non sedurrete
3. impudente: priva di vergogna per ciò che sta facendo.
4. onta: offesa vergognosa.
á Carlo di Guisa, cardinale di Lorena
e arcivescovo di Reims, era zio di Maria
e aveva aiutato economicamente
l’opposizione cattolica. Nella realtà storica
all’epoca dei fatti era già morto da dodici
anni.
á Con il trattato di Edimburgo del 1560
Maria aveva rinunciato formalmente
al trono inglese.
5. avventuriero: persona priva di scrupoli, che ricorre ad azioni
anche spericolate e ai limiti della legge per ottenere i propri scopi.
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più nessuno. Il mondo ha altri pensieri.
Nessuno ha più voglia di diventare il vostro… quarto marito,
á Maria Stuart aveva sposato in prime
nozze il figlio del re di Francia divenuto
poiché voi uccidete i vostri spasimanti
poi re con il nome di Francesco II.
al modo stesso dei vostri mariti!
Alla morte di quest’ultimo sposò
il cugino Henry Stuart, un uomo
Maria (con impeto) Sorella! Sorella!
incapace e violento, che morì vittima
Oh Dio! Dio! Dammi la calma!
di un omicidio ordito dal conte
Elisabetta (la guarda a lungo con altero disprezzo)
di Bothwell, che divenne poi il terzo
marito di Maria.
Sono dunque queste, Lord Leicester, quelle grazie
6
che nessun uomo può scorgere impunemente
e a cui nessuna donna può paragonarsi!
Una fama davvero a buon mercato!
Per essere universale bellezza
è sufficiente diventare la bellezza di chiunque!
Maria Questo è troppo!
Elisabetta (con un riso di scherno)Ora mostrate il vostro vero
volto, finora era soltanto una maschera.
Maria (ardente di rabbia, ma con nobile dignità)
In gioventù ho commesso errori umani,
il potere mi ha attratto,
non l’ho nascosto né celato e ho disdegnato
Elisabetta era figlia di Enrico VIII
le false apparenze con regale franchezza.
e di Anna Bolena (1507-1536), che il re
aveva sposato segretamente, pare
Il mondo sa di me cose orribili e io
ancor prima della morte della moglie
posso dire di essere migliore della mia fama.
Caterina d’Aragona, dalla quale non
Guai a voi se un giorno verrà tolto
aveva avuto figli. Fortemente
osteggiata dalla popolazione, Anna
alle vostre azioni il manto dell’onore con cui ricoprite
subì un processo in cui venne
di lucentezza l’ardore selvaggio di passioni segrete.
ingiustamente accusata di adulterio,
Da vostra madre non avete ereditato
tradimento e stregoneria. Riconosciuta
il decoro, è noto per via di quali virtù
á colpevole, venne decapitata.
Anna Bolena salì sul patibolo.
Shrewsbury (si frappone tra le due regine)
á George Talbot, conte di Shrewsbury è
un personaggio storico. Nel suo castello
Oh Dio del cielo! A questo si doveva arrivare!
di Tutbury e sotto la sua custodia Maria
Sono queste la moderazione e la sottomissione,
trascorse quindici anni dopo l’inchiesta
di York, in cui, grazie a prove incerte,
Lady Maria?
venne ritenuta colpevole di tradimento.
Maria Moderazione! Ho sopportato
quello che un essere umano può sopportare.
Vattene mansuetudine da agnello,
vola in cielo, sofferente pazienza,
spezza infine i tuoi vincoli, esci
dalla tua tana, rancore troppo a lungo trattenuto…
E tu7, che hai dato al basilisco8 infuriato
il suo sguardo assassino, deponi sulla mia lingua
una freccia avvelenata…
Shrewsbury Oh, è fuori di sé!
Perdona quella folle, così profondamente incollerita!
(Elisabetta, senza parole per l’ira, lancia sguardi furenti a Maria).
Leicester (in preda alla massima agitazione cerca di condurre via Elisabetta)
Non ascoltare
quella donna furiosa! Via, via
da questo luogo sventurato!
6. impunemente: senza correre un pericolo.
7. E tu: il pronome indica genericamente chi è responsabile della creazione, al quale Maria chiede di avere i medesimi poteri
attribuiti al basilisco.
8. basilisco: rettile tropicale con creste sul capo e sul dorso; nella
zoologia fantastica è un mostro dai poteri malefici rappresentato con una cresta a forma di corona, ritenuto capace di uccidere solo con lo sguardo.
Teatro
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volume B/F sezione 2 unità 1
Maria Il trono d’Inghilterra è profanato
da una bastarda, il nobile popolo britannico
á
è ingannato da un’astuta truffatrice.
Se regnasse il diritto sareste voi, ora, a giacere davanti a me
nella polvere, perché io sono la sovrana.
(Elisabetta esce in fretta, i Lord la seguono profondamente costernati)
Elisabetta era con disprezzo chiamata
anche «la bastarda», per sottolineare la
sua nascita prima delle nozze ufficiali
tra Enrico VII e Anna Bolena.
F. Schiller, Maria Stuart, a cura di L. Crescenzi, Mondadori, Milano 1994
verific are le competenze
Analizzare e comprendere
  1. Come si presentano l’un l’altra Maria ed Elisabetta nel primo scambio di battute? Qual è l’atteggiamento
di ciascuna nei confronti dell’altra?
  2. Maria afferma che nessuna di loro due è colpevole di quanto accaduto. A che cosa attribuisce la loro
ostilità?
• Elisabetta è d’accordo con l’interpretazione dei fatti di Maria?
  3. Di che cosa Elisabetta accusa Maria?
• Di che cosa Maria accusa Elisabetta?
  4. Che cosa chiede Maria a Elisabetta?
• Che cosa risponde Elisabetta alla sua richiesta?
• Quali parole di Elisabetta rompono definitivamente ogni possibilità di conciliazione?
  5. Ricostruisci le personalità delle due regine così come emergono dal loro scambio di battute.
• Quali aspetti del loro carattere vengono sottolineate dalle didascalie dell’autore?
  6. Che cosa significa la frase di Elisabetta «Per essere universale bellezza è sufficiente diventare la bellezza
di chiunque»?
• L’antitesi universale /chiunque che cosa sottolinea?
Riflettere
  7. Maria si rivolge spesso a Elisabetta chiamandola «sorella». Che cosa vuole sottolineare e ottenere con
questo appellativo?
  8. Su quali leve fa pressione il discorso di Maria?
Sul potere di Elisabetta come regina
Sulla opportunità politica per Elisabetta di una condanna di Maria
Sulla sfera sentimentale e affettiva di Elisabetta
Sui loro rapporti interpersonali
• Perché non riesce a ottenere ciò che voleva?
• Su quali argomenti avrebbe dovuto maggiormente insistere secondo te?
  9. Quali elementi tipici della tragedia sono presenti nel brano che hai letto?
Scrivere
10. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di almeno 180 parole sul seguente argomento: «Maria ed Elisabetta: un confronto tra regine nella tragedia di Schiller».
Teatro
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volume B/F sezione 2 unità 2
verifica SOMMATIVa teatro 2.2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . cognome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conoscenze
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . nome
...............................
classe
data
A Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.
  1. Nel dramma moderno la parola prevale sull’azione.
V F
  2. Già alcuni drammi storici di Shakespeare si possono definire drammi moderni.
V F
  3. Il linguaggio del dramma moderno è molto vicino alla lingua parlata.
V F
  4. L a tecnica dello straniamento si propone di non far coincidere le emozioni
dello spettatore con quelle del personaggio.
V F
  5. Il teatro politico si avvicina alla concezione di teatro dell’antica Grecia. V F
  6. L’abolizione della quarta parete consiste nello sfondamento della scenografia.
V F
  7. Il teatro dell’assurdo mette in scena situazioni che lo spettatore non comprende.
V F
  8. Le scenografie dei drammi moderni sono sempre realistiche. V F
......
/8
B Rispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità (anche
online).
  9. A quali realtà storiche rimandano i drammi di Arthur Miller, di Marco Paolini e di Bertolt
Brecht?
10. In che cosa consiste la tecnica dello «straniamento»?
11. Che cosa si intende con l’espressione «teatro di parola»?
12. Indica quali sono le differenze fondamentali fra tragedia e dramma moderno.
Totale punti
......
/ 12
......
/ 20
Teatro
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volume B/F sezione 2 unità 2
verifica SOMMATIVa teatro 2.2
.................................................... .................................................... ....................... cognome nome
competenze di lettura
...............................
classe
Anton Pavlovic Cechov
LA FINE DEL GIARDINO
Il giardino dei ciliegi, 1903-04  Lingua originale russo
Anton Cechov fu uno dei maggiori scrittori di racconti dell’Ottocento. I suoi racconti,
privi spesso di un intreccio, non presentano grandi storie, personaggi eroici, ma piuttosto la banale quotidianità, stati d’animo, caratteri, attimi di realtà, colti come per caso.
Sono storie fatte di nulla, in cui non accade nulla. La sua scrittura è fatta di dettagli,
a proposito dei quali Lev Tolstoj parlò di «tecnica impressionistica»: i dettagli da soli
sembrano privi di significato, così come le singole pennellate, ma se ci si allontana un
po’ «nel complesso si riceve un’impressione straordinaria: davanti a noi c’è un quadro
chiaro, indiscutibile» (L. Tolstoj).
Le medesime atmosfere e la medesima tecnica si trovano nelle opere teatrali, come Il
gabbiano (1895), Zio Vania (1898-99) e Il giardino dei ciliegi (1903), che rappresentano figure della borghesia provinciale russa, chiuse nel mondo che si sono costruite,
incapaci di immaginare e di crearsi una diversa prospettiva di vita. Quello di Cechov è
un teatro privo di azione, in cui prevalgono gli stati d’animo, la quotidianità nella quale
i personaggi cercano una propria ragione di vita.
Il brano proposto è la scena seconda del secondo atto. Nell’ora del tramonto i personaggi
si incontrano in campagna, vicino a una vecchia cappelletta. Da un lato si intravede il
giardino dei ciliegi, in lontananza «una fila di pali telegrafici» e all’orizzonte la sagoma
di una città. Emerge nello svagato dialogare dei personaggi il carattere pragmatico
del personaggio di Lopachin, che vorrebbe scuotere i proprietari del giardino dalla loro
apatia e salvarli così dalla rovina.
l a tr ama
Ljubov Andrieievna ritorna dopo una lunga permanenza all’estero nella sua vecchia casa di
famiglia, famosa per un bellissimo giardino di
ciliegi. Il suo patrimonio è stato ormai dilapidato
e l’unica soluzione per poter sopravvivere dignitosamente è quella di dividere in lotti il giardino
per farvi costruire delle villette. Sia Ljubov Andrieievna e il fratello Gaiev che le persone che li
circondano si mostrano però incapaci di prendere in mano la situazione e si fanno vincere dalla
nostalgia di un tempo trascorso felicemente del
quale il giardino diventa il simbolo. Essi rifiutano
l’idea che al posto di un luogo incantevole si co-
struiscano i villini, testimonianza del nuovo mondo degli affari che sta soppiantando la ricca borghesia cui essi appartengono. Incapaci di agire
nonché di vivere appieno la loro vita, i personaggi si trascinano in una tranquilla e apatica rassegnazione. Infine Lopachin, un mercante che ha
invano tentato di salvarli dalla rovina, compra il
terreno e mette in atto il piano proposto. Ljubov
Andrieievna e la sua famiglia sono costretti ad
andarsene. Nella casa resta il vecchio servitore
Firs, mentre in lontananza si sentono i tonfi dei
primi ciliegi abbattuti.
data
Teatro
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volume B/F sezione 2 unità 2
Personaggi
Ljubov Andrieievna Ranevskaja, proprietaria del giardino
Anja, figlia
Varja, figlia adottiva
Leonid Andreeviè Gaiev, fratello di Ljubov Andrieievna Ranevskaja
Ermolaj Alekseeviè Lopachin, mercante
Firs, vecchio maggiordomo
Jaša, giovane servitore
Jaša resta, siede accanto alla cappella. Giungono Ljubov Andrieievna,
Gaiev e Lopachin.
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Lopachin Bisogna decidere una buona volta; il tempo stringe. La questione, vede­te, è semplicissima. Consentite o no a cedere la vostra terra per
costruirci dei vil­lini? Rispondete una parola sola: sì o no? Una parola sola!
Ljubov A. Chi è qui che fuma questi detestabili sigari?
(Siede).
Gaiev Ecco, hanno costruito la ferrovia e fa comodo (siede). Noi siamo andati fino in città e lì abbiamo fatto colazione… Tata, carambola!1 A proposito, prima di tutto dovrei andare a casa a fare una partita…
Ljubov A. Ma farai in tempo!
Lopachin Una parola sola! (Supplichevole). Datemi dunque una risposta.
Gaiev (sbadigliando) Che?
Ljubov A. (guardando nel suo portamonete) Ieri c’erano molti denari, stamattina invece ce ne sono molti pochi. La mia povera Varja, per economia,
dà da mangiare a tutti una zuppa al latte; in cucina ai vecchi non si danno
che ceci e io in­vece spendo e spando pazzamente… (le cade il portamonete,
le monete corrono via). Ecco… corrono via da tutte le parti.
Jaša Lasciatele, le raccolgo io. (Raccoglie le monete).
Ljubov A. Sì, Jaša, fatemi la cortesia… Ma perché poi sono andata a far
colazione in città?… Detestabile quel vostro ristorante con orchestra! Ha le
tovaglie che sanno ancora di sapone!… E tu Lenja perché bere tanto? Perché mangiare tanto? Perché parlare tanto? Oggi al ristorante tu hai parlato
di nuovo troppo e sempre fuori di proposito: della generazione del settanta,
dei decadenti… E a chi poi? Ai camerieri, parlare dei decadenti!
Lopachin Già!
Gaiev (fa un gesto con la mano) Sono incorreggibile, è evidente… (Irritato,
a Jaša). Ma che storia è questa di gironzolarmi sempre attorno!…
Jaša (ridendo) Non posso sentire la vostra voce senza ridere.
Gaiev (alla sorella) O io, o lui…
Ljubov A. Andatevene, Jaša, andate…
Jaša (rendendo il portamonete a Ljubov Andrieievna)
Me ne vado subito (si trattiene a stento dal ridere). Sull’istante… (Se ne va).
Lopachin La vostra proprietà ha intenzione di comprarla quel riccone di
Deriga­nov.
Dicono che all’asta verrà lui in persona.
Ljubov A. Ma voi da chi l’avete inteso dire?
Lopachin Lo dicono in città.
1. Tata, carambola!: Gaiev fingeva di stare giocando a biliardo usando il proprio bastone come stecca.
La carambola è il colpo con cui si colpisce con la propria palla sia quella dell’avversario sia il pallino.
Tata è una forma onomatopeica.
6 La donna sembra
quasi non aver sentito la
perentoria domanda di
Lopachin e cambia
totalmente discorso.
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Gaiev La zia di Jaroslàvil2 ha promesso di mandar denari, ma quando e
quanto non si sa.
Lopachin Quanto manderà? Centomila rubli? Duecentomila?
Ljubov A. Sììì… Dieci o quindicimila, e sarà molto.
Lopachin Scusate, signori, ma della gente spensierata e irriflessiva come
voi, della gente così inetta agli affari, così strana, non ne ho mai incontrata.
Vi si dice chiaro e tondo che la vostra roba andrà all’asta e pare proprio che
voi non ca­piate.
Ljubov A. Che dobbiamo fare dunque? Ditecelo voi: che cosa?
Lopachin Ve lo ripeto tutti i giorni. Ogni giorno non faccio che dire la stessa cosa: affittare senz’altro il giardino dei ciliegi e tutta la vostra terra per
costruirci dei villini; e questo farlo ora, al più presto: l’asta è imminente!
Cercate di capirlo! Una volta che abbiate deciso definitivamente di farci
costruire dei villini, vi daranno denari quanti ne vorrete e voi sarete salvi.
Ljubov A. Villini e villeggianti: tutto questo è così volgare, scusate.
Gaiev Sono perfettamente d’accordo con te.
Lopachin Sentite: o mi metto a piangere, a urlare, oppure mi prende un
accidente. Non ne posso più! Mi avete stroncato! (A Gaiev). Siete una femmina, voi!
Gaiev Che?
Lopachin Una femmina! (Fa l’atto di andarsene).
Ljubov A. (spaventata) No, non ve ne andate, restate, caro. Ve ne prego.
Forse po­tremo escogitare qualche cosa.
Lopachin Che c’è da escogitare?
Ljubov A. Non ve ne andate, ve ne prego. Quando ci siete voi, nonostante
tutto, c’è qualcosa di più gaio… (Pausa) Io m’aspetto sempre che debba
succedere qual­cosa, come se dovesse crollarci la casa addosso.
Gaiev (profondamente assorto) Carambola! Colpo in pieno!
Ljubov A. Troppo abbiamo peccato!
Lopachin Ma che peccati avete commessi?…
Gaiev (si mette in bocca una pasticca) Dicono che io ho consumato tutto il
mio avere in pasticche di zucchero d’orzo… (Ride).
Ljubov A. Ah, le mie colpe!… Io ho sempre profuso i denari sfrenatamente, come una pazza e andai sposa ad un uomo che non fece altro che debiti.
Mio marito morì per il troppo champagne – beveva in modo spaventoso
– e per disgrazia mi innamorai di un altro, non gli seppi resistere e proprio
allora – questa fu la pri­ma punizione: come una mazzata sul capo – ecco
mio figlio cadere nel fiume e annegare. Allora me ne andai all’estero, me ne
andai per sempre, per non torna­re mai più, per non vedere questo fiume…
Chiusi gli occhi, fuggii… come una forsennata; e lui dietro… implacabilmente, senza nessuna compassione. Com­perai una villa presso Mentone3,
perché lui s’era ammalato laggiù, e per tre anni non conobbi riposo né di
giorno né di notte: la sua malattia mi spossò, la mia anima fu spremuta fino
in fondo. E l’anno passato, quando per i debiti fu venduta la villa, io andai
a Parigi e a Parigi lui mi portò via tutto, mi abbandonò, si unì ad un’altra;
io tentai di avvelenarmi… Che sciocchezza, che vergogna!… E all’improvviso mi sentii attratta verso la Russia, verso la patria, verso mia figlia…
(si asciuga le lacrime). Dio, Dio sii misericordioso, perdona i miei peccati!
Non mi punire di più! (Tira fuori dalla tasca un telegramma) L’ho ricevuto
oggi da Parigi… lui chiede perdono, mi scongiura di tornare… (lacera il
2. Jaroslàvil: città russa.
3. Mentone: località della Costa Azzurra al confine tra Francia e Italia.
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telegramma). Sem­bra che suonino qui vicino… (Si mette in ascolto).
Gaiev È la nostra famosa orchestra ebrea. Ricordi? Quattro violini, un
flauto, e un contrabbasso.
Ljubov A. Esiste ancora? Bisognerà farla venire da noi una volta o l’altra e
organiz­zare una seratina.
Lopachin (si mette in ascolto) Non si sente niente. (Canta sottovoce) «I Tedeschi pei quattrini francesizzano le lepri»4 . (Ride) Che lavoro ho visto ieri
sera al teatro! Buffissimo!
Ljubov A. Sono certa invece che non c’era niente di buffo. Voi non dovreste
veder drammi o commedie, ma guardare più spesso dentro di voi. Com’è
grigia la vita di tutti qui, quante cose inutili dite!
Lopachin È vero. Dobbiamo dirlo francamente: la nostra vita è sciocca…
(pausa). Mio padre era un contadino, un idiota5, non capiva niente, non
mi fece istruire, e quand’era ubriaco non faceva che battermi: e sempre col
bastone. In fondo anch’io sono uno stupido e un idiota come lui. Non ho
imparato niente, ho una calligrafia che fa paura e scrivo in modo che me
ne vergogno.
Ljubov A. Bisogna che prendiate moglie, amico mio.
Lopachin Già… è vero.
Ljubov A. Dovreste prendere la nostra Varja. È una brava ragazza.
Lopachin Certo.
Ljubov A. Lei viene da gente semplice, lavora tutto il giorno e, ciò che più
importa, vi ama. Sì; e anche a voi piace: da molto tempo.
Lopachin Ebbene? Io non ho niente in contrario… E una brava ragazza.
(Pausa).
Gaiev Mi offrono un posto in banca. Seimila rubli all’anno… Hai inteso?
Ljubov A. A te? Quando mai! Sta’pur tranquillo!…
Firs entra portando un cappotto.
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Firs (a Gaiev) Favorite indossarlo, signore: è umido.
Gaiev (indossando il cappotto) Mi hai seccato, vecchio mio!
Firs Eh, non c’è niente da fare!.. Questa mattina siete uscito senza dire
niente. (Lo osserva attentamente dalla testa ai piedi).
Ljubov A. Come sei invecchiato, Firs!
Firs Comandate?
Lopachin Dice che sei invecchiato assai.
Firs È un pezzo che sto a questo mondo. Volevano darmi moglie che vostro
padre non era ancora nato… (Ride). E quando avvenne l’emancipazione dei
servi6 ero già primo cameriere. Allora io rifiutai l’emancipazione e restai
coi padroni… (Pausa). Ricordo: tutti erano contenti, ma di che cosa nemmeno loro lo sapeva­no.
Lopachin Prima si stava molto bene. Almeno si frustava.
Firs (che non ha sentito) Certo! I contadini erano coi padroni, i padroni coi
conta­dini; ora, invece, ognuno per conto suo: non ci si capisce più niente.
Gaiev Taci, Firs. Domani debbo andare in città. Mi hanno promesso di
farmi co­noscere un generale, che può farmi un prestito dietro cambiale7.
4. I Tedeschi … lepri: la canzone fa un gioco di
parole; per dire «quattrini», oiselles, storpiano
la parola tedesca che significa «lepri», hasen,
rendendola fonicamente simile al francese oiselles. È forse una canzonatura della pronuncia dei tedeschi quando parlano francese.
5. un idiota: un uomo semplice.
6. emancipazione dei servi: nel marzo del
1861 era stata abolita in Russia la servitù
della gleba.
7. cambiale: titolo di credito con cui si promette
il pagamento di una determinata somma.
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volume B/F sezione 2 unità 2
Lopachin Non combinerete niente. E non pagherete gl’interessi8: state
tranquillo.
Ljubov A. Son tutte cose che si sogna lui. Questo generale esiste solo nella
sua fan­tasia.
A. P. Cechov, Racconti e teatro, trad. C. Grabher, Sansoni, Firenze 1966
8. gli interessi: Lopachin sa bene che la somma non basterà mai a pagare i debiti contratti da Gaiev.
verific are le competenze
Analizzare e comprendere
  1.Di che cosa parlano i personaggi? Hanno un preciso argomento di conversazione?
  2.Ljubov A. attribuisce la propria attuale condizione economica ai peccati commessi nella sua vita. Di quali
peccati si tratta?
• Quali sono state secondo lei le punizioni ricevute?
  3.Che cosa rispondono Ljubov A. e il fratello alla proposta di Lopachin?
• Che cosa vuol dire Ljubov A. con le parole «tutto è così volgare…»?
Lei e il fratello non possono occuparsi di argomenti legati al denaro
Villini e villeggianti faranno diminuire il valore economico della loro casa
I villeggianti porteranno chiasso e disturberanno la pace della loro casa
Il loro stato sociale verrebbe sminuito dalla vicinanza di villette e villeggianti
  4.Attraverso quali tratti l’autore caratterizza i personaggi di Ljubov A. e Gaiev?
• L’autore costruisce i loro caratteri solo con i dialoghi?
  5.Quale immagine del mondo cui appartiene la protagonista viene costruito in questo passo?
Riflettere
  6.Fratello e sorella sembrano del tutto indifferenti alla rovina economica che incombe su di loro. A che cosa
è dovuto questo loro atteggiamento?
Non si rendono conto della situazione in cui versano
Sono incapaci di affrontare le difficoltà della vita
Sono incapaci di prendere una decisione che cambi la loro vita
Pensano che le cose si aggiusteranno da sole
Motiva la tua risposta facendo riferimento alle parole del testo.
  7. Nonostante siano impegnati in una conversazione i tre personaggi sembrano non comunicare tra loro.
Qual è la causa di questa situazione?
Parlano solo per passare il tempo
Ognuno segue un proprio filo di pensieri
Sono troppo diversi per potersi capire
Nessuno è interessato a ciò che dice l’altro.
Spiega la tua risposta.
  8.Quali funzioni hanno le didascalie dell’autore?
  9. Quali elementi del testo rimandano alle caratteristiche del dramma moderno?
Scrivere
10. Scrivi un testo descrittivo-argomentativo di 150 parole sul personaggio di Ljubov Andrieievna.
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volume B/F sezione 2 unità 3
verifica SOMMATIVa teatro 2.3
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . cognome Conoscenze
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . nome
...............................
classe
data
A Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false e sottolinea le parole che rendono falsa l’affermazione.
  1. La commedia togata è un tipo di commedia greca.
V F
  2. Il dramma moderno nacque con Shakespeare.
V F
  3. Il linguaggio della commedia riproduce quello della lingua parlata.
V F
  4. Il comico nasce da una sfasatura, da una sproporzione tra fatti
e atteggiamenti del personaggio.
V F
  5. La commedia non ha scopi critici nei confronti della realtà.
V F
  6. Gli attori della Commedia dell’arte recitavano «a soggetto».
V F
  7. La commedia di carattere propone il ritratto di un personaggio particolare.
V F
  8. Scopo della commedia è rappresentare la vita quotidiana.
V F
......
/8
B R
ispondi alle seguenti domande, facendo riferimento ai testi che hai letto in questa Unità (anche
online).
  9. Elenca gli elementi fondamentali della riforma goldoniana.
10. Su quali elementi si basa la comicità della commedia Arsenico e vecchi merletti?
11. Spiega in che cosa consiste il grammelot.
12. Quale differenza c’è tra il comico di intreccio e il comico di significato?
Totale punti
......
/ 12
......
/ 20
Teatro
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volume B/F sezione 2 unità 3
verifica SOMMATIVa teatro 2.3
.................................................... .................................................... cognome ....................... competenze di lettura
...............................
nome
classe
data
Carlo Goldoni
UN INCAUTO ACQUISTO
La famiglia dell’antiquario, 1749
La famiglia dell’antiquario, rappresentata per la prima volta nel 1750, è una commedia
in cui Goldoni costruisce con ricchezza di particolari i caratteri dei personaggi, anche
se si tratta di maschere tipiche della Commedia dell’arte. Il personaggio di Pantalone
presenta, ad esempio, le sfumature di carattere di un abile mercante e quelle di un padre
preoccupato per la propria figlia Doralice.
Un tema della commedia è il rapporto tra vecchi e giovani, rappresentato attraverso le
figure della contessa Isabella e della nuora, la giovane Doralice, mal sopportata nella
casa del marito perché non è di origine nobile. Il tema di fondo è però, come spesso
accade per le commedie di Goldoni, il confronto tra due classi sociali: da una parte la
nobiltà, rappresentata dal conte Anselmo, incapace di gestire il patrimonio di famiglia,
perso dietro le anticaglie che abili truffatori gli propongono, e dall’altra la borghesia,
incarnata da Pantalone, ricco mercante che mostra tutto il buon senso e le capacità
della sua classe. Alla borghesia Goldoni guardava come a una possibilità non solo di
rinnovamento delle energie politiche ma anche di cambiamento dei costumi.
Nella commedia Goldoni utilizza sia il dialetto veneziano sia la lingua italiana, affidando
alle due lingue il compito di caratterizzare ulteriormente i personaggi.
Nelle scene XVII e XVIII del primo atto emerge con chiarezza la dabbenaggine del conte Anselmo. Brighella e Arlecchino si sono messi d’accordo per truffarlo: Arlecchino si
presenta nelle vesti di un mercante originario dell’Armenia, che vende oggetti antichi e
parla una lingua incomprensibile, e il povero conte pende dalle sue labbra.
l a tr ama
Il conte Anselmo dilapida la sua fortuna comprando falsi oggetti antichi. In casa con lui, oltre
alla moglie, vivono il figlio Giacinto e la giovane
sposa Doralice, figlia di Pantalone de’ Bisognosi,
un ricco mercante veneziano. Suocera e nuora
non vanno d’accordo, in quanto ciascuna vuole
essere padrona nella casa; inoltre la servetta Colombina e gli accompagnatori delle due donne le
mettono l’una contro l’altra. Giacinto convince infine il padre ad affrontare il problema per mettere
pace in famiglia, ma il conte non ha né l’abilità né
l’interesse necessari per dirimere la questione.
Interviene allora Pantalone, che vede gli sperperi del conte e si rende conto della situazione in
cui deve vivere sua figlia. Invita quindi alcuni veri
antiquari a visitare la galleria del conte e riesce
con loro a dimostrargli che il suo servo Brighella e il suo complice Arlecchino lo hanno truffato.
Pantalone si offre così di amministrare le finanze
della famiglia e manda via dalla casa i servi e le
altre persone che mal consigliavano la figlia e la
suocera. Infine tutti concordano che per mettere
davvero pace tra suocera e nuora occorre che
ciascuna abbia la propria casa.
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Scena XVII
Il conte Anselmo e detti1.
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Brighella Signor padron, l’è qua l’Armeno delle antigaggie.
Anselmo Oh bravo! Ha delle cose buone?
Brighella Cosse belle! cosse stupende!
Anselmo Amico, vi saluto (ad Arlecchino).
Arlecchino Saludara, patrugna cara. (Dighia ben?)2 (a Brighella).
Brighella (Pulito)3.
Anselmo Che avete di bello da mostrarmi?
Arlecchino (fa vedere un lume da olio ad uso di cucina) Questo stara…
stara… (cossa stara?) (piano a Brighella).
Brighella (Lume eterno) (piano ad Arlecchino).
Arlecchino Stara lume lanterna, trovata in Palamida da getto, in sepolcro
Barto­lomeo4 .
Anselmo Che diavolo dice? Io non l’intendo.
Brighella L’aspetta; mi intendo un pochetto l’armeno. Aracapi, nicoscopi,
ramar­catà (finge di parlare armeno).
Arlecchino La racaracà, taratapatà, baracacà, curocù, caracà (finge di rispondere armeno a Brighella).
Brighella Vedela? Ho inteso tutto. El dis che l’è un lume eterno trovà
nelle pira­midi d’Egitto, nel sepolcro di Tolomeo.
Arlecchino Stara, stara.
Anselmo Ho inteso, ho inteso. (Oh che cosa rara! Se lo posso avere, non mi
scappa dalle mani). Quanto ne volete?
Arlecchino Vinta zecchina5.
Anselmo Oh! L troppo. Se me lo deste per dieci, ancor ancora lo prenderei.
Arlecchino No podira, no podira6.
Anselmo Finalmente… non è una gran rarità! (Oh! lo voglio assolutamente).
Brighella Volela che l’aggiusta mi?7
Anselmo Sì, vedi se lo desse con dodici (gli fa cenno colle mani che gli
offerisca dodici zecchini).
Brighella Lamacà, volenich, calabà.
Arlecchino Salàmin, salumun, salamà.
Brighella Curich, maradas, chiribara.
Arlecchino Sarich, micon, tribio.
Anselmo (Che linguaggio curioso; e Brighella l’intende!)
Brighella Sior paron, l’è aggiustada8.
Anselmo Sì, quanto?
Brighella Quattordese zecchini.
Anselmo Non vi è male. Son contento. Galantuomo, quattordici zecchini?
Arlecchino Stara, stara.
Anselmo Sì, stara, stara. Ecco i vostri denari (glieli conta).
1. detti: Arlecchino e Brighella presenti nella
scena precedente, che rappresenta il salotto di
casa nel quale entra ora il conte Anselmo.
2. Saludara … ben: saluti, caro padrone (Dico
bene?). Arlecchino chiede a Brighella se pronuncia bene le parole; nella scena precedente
infatti Brighella gli ha suggerito come fingere
di parlare armeno: terminare le parole in ira,
in ara.
3. Pulito: bene.
4. Bartolomeo: fondatore della dinastia tolemaica, ma qui il nome vuole indicare genericamente un faraone egizio.
5. v inta zecchina: venti zecchini.
6. No podira: non posso, non è possibile.
7. L’aggiusta mi?: sistemo io la cosa?
8. l’è aggiustada: affare fatto.
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Arlecchino Obligara9, obligara.
Anselmo E se avere altra… altra… rara; portara.
Arlecchino Sì, portara, vegnira, cuccara10.
Anselmo Che cosa vuol dir cuccara? (a Brighella)
Brighella Vuol dire, distinguer da un altro.
Anselmo Benissimo; se cuccara mi, mi cuccara ti (ad Arlecchino).
Arlecchino Mi cuccara ti, ma non ti cuccara mi.
Anselmo Sì, prometterà.
Brighella Andata, andata.
Arlecchino Saludara, patrugna.
Brighella Aspettare, aspettare (vuol seguirlo).
Anselmo Senti (a Brighella).
Brighella La lassa11, che lo compagna… (in atto di andarsene).
Anselmo Ma senti (lo vuol trattenere).
Brighella Vegnira, vegnira. Pol esser che el gh’abbia qualcosa altro. (Maledetto! i mi sette zecchini) (parte correndo).
Scena XVIII
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Il conte Anselmo poi Pantalone.
Anselmo Gran fortuna è stata la mia! Questa sorta d’antichità non si trova
così facilmente. Gran Brighella per trovare i mercanti d’antichità! Questo lume eterno l’ho tanto desiderato, e poi trovarlo sì raro! Di quei d’Egitto? Quello di Tolo­meo? Voglio farlo legare in oro, come una gemma.
Pantalone Con grazia, se pol vegnir?12 (di dentro)
Anselmo È il signor Pantalone? Venga, venga.
Pantalone Servitore umilissimo, sior Conte.
Anselmo Buon giorno, il mio caro amico. Voi che siete mercante, uomo di
mondo e intendente di cose rare, stimatemi questa bella antichità.
Pantalone La me ha ben in concetto de un bravo mercante, a farine stimar una luce da oggio!13
Anselmo Povero signor Pantalone, non sapete niente. Questo è il lume
eterno del sepolcro di Tolomeo.
Pantalone (ride)
Anselmo Sì, di Tolomeo, ritrovato in una delle piramidi d’Egitto.
Pantalone (ride)
Anselmo Ridete, perché non ve ne intendete.
Pantalone Benissimo, mi son ignorante, ella xe vertuoso, e no vói catar
bega su questo. Ghe digo ben che tutta la città se fa meraveggia, che un
cavalier della so sorte perda el so tempo, e sacrifica i so bezzi in sta sorte
de minchionerie14 .
Anselmo L’invidia fa parlare i malevoli; e quei stessi che mi condannano in
pub­blico, mi applaudiscono in privato.
  9. Obligara: obbligato; è una forma di ringraziamento.
10. cuccara: in dialetto veneto cuccare significa
imbrogliare.
11. La lassa: permetta, lasci; brighella vuole accompagnare fuori Arlecchino, temendo che
questi se ne vada senza dargli metà del guadagno (sette zecchini), come pattuito in precedenza.
12. se pol vegnir?: si può entrare?
13. luse da oggio: lume ad olio; si tratta di una
normale lampada.
14. ella xe … minchionerie: ella è (xe) un uomo
saggio (virtuoso), e non voglio stare a discutere (catar bega) su questo. Le dico che tutta
la città si meraviglia che un cavaliere come lei
perda il suo tempo e sacrifichi i suoi denari
(bezzi) in questa specie di stupidaggini.
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Pantalone No gh’è nissun gh’abbia invidia della so15 galleria, che consiste
in t’un capitai de strazze16. No gh’è nissun che ghe pensa un bezzo de vederlo un’altra volta andar in malora; ma mi, che gh’ho in sta casa mia fia,
mi che gh’ho dà el mio sangue, non posso far de manco da no sentir con
della passion le pasqui­nade che se fa della so mala condotta17.
Anselmo Ognuno in questo mondo ha qualche divertimento. Chi giuoca,
chi va all’osteria; io ho il divertimento delle antichità.
Pantalone Me dispiase de mia fia, da resto non ghe penso un figo18.
Anselmo Vostra figlia sta bene, e non le manca niente.
Pantalone No ghe manca gnente: ma non la gh’ha gnanca un strazzo de
abito d’andar fora de casa.19
Anselmo Sentite, amico; io in queste cose non me ne voglio impicciare.
Pantalone Ma qua bisogna trovarghe remedio assolutamente.
Anselmo Andate da mia moglie, parlate con lei, intendetevi con lei, non mi
rom­pete il capo.
Pantalone E se no la ghe remedierà eia, ghe remedierò mi.20
Anselmo Lasciatemi in pace; ho da badare alle mie medaglie, al mio museo, al mio museo.
Pantalone Perché mia fia le xe fia de un galantuomo, e la pol star al pari
de chi se sia21.
Anselmo Io non so che cosa vi dite. So che questo lume eterno è una gioia.
Signor Pantalone, vi riverisco (parte).
C. Goldoni, La famiglia dell’antiquario, in Tutte le opere, Rizzoli, Milano 1961
15. so: sua.
16. un capital de strazze: una ricchezza fatta di
stracci, di cose che non valgono nulla.
17. No gh’è … condotta: non c’è nessuno a cui
importi qualcosa (ghe pensa un bezzo) di vederlo andare in rovina; ma io che in questa
casa ho mia figlia, io che le ho dato il mio
sangue, non posso far a meno di soffrire
quando sento le risate alle sue spalle che la
gente fa del suo stupido comportamento.
18. Me dispiase … figo: mi dispiace solo per mia
figlia, per il resto non me ne importa niente.
19. No ghe manca…casa: non le manca niente;
ma non ha neanche uno straccio di vestito
per uscire.
20. E se non la … mi: e se lei non troverà un rimedio, lo troverò io.
21. Perché mia fia … se sia: perché mia figlia è
figlia di un galantuomo e può stare alla pari
con chiunque.
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verific are le competenze
Analizzare e comprendere
  1.Che cosa vendono Arlecchino e Brighella al conte?
• Che cosa pensa di avere acquistato il conte?
• Perché il conte si fida di loro?
  2.Che cosa rimprovera Pantalone al conte?
• Che cosa risponde il conte alle sue obiezioni?
  3.Individua i diversi modi in cui Goldoni costruisce il lessico di Arlecchino «mercante armeno». Tre opzioni
sono corrette.
Storpia le parole italiane
Inserisce parole straniere
Inventa un codice segreto noto a Brighella e Arlecchino
Inserisce parole prive di senso
Inserisce parole dialettali
Inventa parole nuove
  4.Individua i tratti con cui viene costruito il personaggio del conte.
  5.Individua che cosa indicano le parentesi nelle quali sono racchiuse molte battute dei personaggi.
• Individua le funzioni delle didascalie.
Riflettere
  6.Il conte Anselmo parla in italiano mentre Pantalone in veneziano. Che cosa sottolinea con questa differenza Goldoni?
  7. Quale tipo di comico costruisce Goldoni nelle due scene che hai letto?
Comico del significato
Comico del significante
Comico di intreccio
Spiega la tua risposta con almeno due esempi.
  8.Quali valori emergono dalle parole di Pantalone?
  9. Che cosa hanno in comune il conte Anselmo e i protagonisti della commedia Le smanie della villeggiatura
Leonardo e Vittoria?
Scrivere
10. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di almeno 160 parole sul seguente argomento: «La costruzione
del comico nella scena XVII, atto I della commedia La famiglia dell’antiquario».