VerdicchioB
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Verdicchio dei Castelli di Jesi 40 anni di storia, tipicità e tradizione Con il patrocinio di: In collaborazione con: Verdicchio dei Castelli di Jesi 40 anni di storia, tipicità e tradizione 2009 · Editrice Gabbiano srl · Ancona A cura di Cristiana Carnevali Gabriele Costantini Luigi Gagliardi Hanno collaborato Riccardo Ceccarelli Andrea Brunori Grafica e impaginazione Clizia Pavani Coordinamento Stefania Moruzzi Traduzioni Raffaella Onorati Stampa Tecnostampa Loreto (An) È vietata la riproduzione dell’opera o parte di essa con qualsiasi mezzo se non espressamente autorizzata Indice Introduzione Cristiana Carnevali 7 Le aziende di produzione 61 Prefazione Gian Mario Spacca 9 Casalfarneto 62 Patrizia Casagrande 10 Colonnara 64 La ricerca prof. Natale Giuseppe Frega 11 Conte Leopardi Dittajuti 66 La storia del Verdicchio dei Castelli di Jesi Riccardo Ceccarelli 13 Conti di Buscareto 68 Festa bella, festa profonda, festa vera Andrea Brunori 24 Croce del Moro 70 29 Fazi Battaglia 72 Garofoli 74 Monte Schiavo 76 Santa Barbara 78 Sartarelli 80 Tregalli 82 Umani Ronchi 84 Vallerosa Bonci 86 Vignamato 88 Zaccagnini 90 “ I territori di produzione 5 Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche Introduzione Sono passati 40 anni dalla DOC, dieci dal riconoscimento di “Miglior vino bianco del mondo”, ha appena ricevuto la DOCG. Il Verdicchio, con il suo sapore caratteristico, con le uve da cui proviene che si sposano perfettamente con il microclima delle Marche fino a dare origine a questo vino così conosciuto nel mondo, è sicuramente un testimonial considerevole di questo territorio, carico di significati. Della regione e della provincia di Ancona racchiude in sé tutte le caratteristiche: parla di dolci colline, del lavoro dell’uomo, di un piccolo lembo di terra che profuma di storia e tradizioni, di campi coltivati. Ma ha in sé anche quel mare che vede dai filari e il cui odore salmastro arriva insieme alla brezza. Il Verdicchio, insomma, racchiude, in un solo sorso, odori e sapori, pensieri e storie, fatica e amore, capacità e tradizioni: è un portatore sano di valori, tutte quelle caratteristiche che fanno parte delle Marche e rappresentano il nostro grande patrimonio intangibile. E’ seguendo queste motivazioni che abbiamo realizzato un volume sul Verdicchio, con la precisa intenzione di cominciare a legare questo nobile bianco alla sua piccola regione di provenienza. E’ fondamentale per ogni territorio e lo è ancora di più per le Marche, non del tutto consapevoli dell’eredità che hanno ricevuto dal passato e che si apprestano a portare nel futuro, della necessità di condivisione di tali ricchezze e del bisogno forte di legarsi al proprio “oro liquido” e non soltanto a questo. Ci auguriamo che possa arrivare un giorno nel quale anche nel più remoto paese del mondo si chieda, a tavola, un Verdicchio proveniente dalle Marche, terra di monti e mare, inframezzati da una fascia di colline che non hanno uguali in questo pianeta, ma che hanno la capacità di rimanere nel cuore per ciò che rappresentano, per ciò che raccontano, per ciò che racchiudono, per ciò che fanno vivere. Colline che, anche a distanza, mostrano con orgoglio le loro vigne, perfettamente disegnate con i colori delle stagioni, allegre o malinconiche a seconda del bacio del sole. E’ il testimoniare tutto questo che chiediamo al Verdicchio e a ciascuno di noi. Cristiana Carnevali 7 Forty years are spent from the D.O.C., ten years from the acknowledgment of “Better white wine in the world”, have just received the D.O.C.G.. The Verdicchio, with its features, of the region and of the province of Ancona speaks about sweet hills, of the man’s job, a small strip of the earth that smell of history and traditions, of cultivated fields. But it has in itself also the sea that sees from the rows and whose brackish smell arrives with the breeze. The Verdicchio encloses, in one drop only, smells and tastes, thoughts and histories, hard work and passion, skills and traditions: he is an healthy bearer of values that represent the great intangible patrimony of the Marches. Following these reasons, we have realized a volume about the Verdicchio: they are fundamental for each territory and still more for the Marches, not completely aware of the inheritance that they have received from the past and that they are going to carry in the future. We wish that arrive the day in which also in the most back country of the world someone ask at the table, a Verdicchio coming from the Marches, land of mounts and sea alternated from one area of hills that haven’t equal in the world, but remain in the heart for what they represent, tell, and enclose. Hills that, even in the distance, show with pride their vineyard, traced with the colours of the seasons, happy or melancholic in according to the sun kiss. It’s testify all this one that we ask to Verdicchio and to each of us. Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche Prefazione Può senza dubbio essere considerato il prodotto per eccellenza delle Marche, rispecchiandone il gusto e la qualità che derivano da un territorio che sa dare ottimi frutti. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi è da sempre il primo testimonial della nostra regione, protagonista pluripremiato in tutte le manifestazioni e le fiere enogastronomiche internazionali. Ma questo vino porta con sé anche un profondo significato che va oltre il prodotto. La Regione Marche da tempo sta spingendo sull’acceleratore della promozione e dell’informazione per far conoscere la nostra terra anche fuori dai confini nazionali. La strategia adottata è nell’integrazione fra cultura e turismo, due settori deputati a valorizzare l’identità marchigiana e a svilupparne l’economia che possono e devono diventare, come un tutto unico, un altro potente motore di sviluppo creando nuove opportunità di attrazione per un territorio che, viste le peculiarità e le eccellenze, non è secondo ad alcuno. Proprio in questo non facile impegno di integrazione, i prodotti tipici dell’enogastronomia di eccellenza giocano un ruolo fondamentale: sono per natura i primi prodotti che nascono dalla coltivazione della vite, simbolo antico della terra, ne rappresentano la tradizione più sana e genuina, ne promuovono la frequentazione da parte di un sempre più grande numero di vacanzieri, che oltre ai luoghi più belli vogliono anche trovare gusto e sapore della tipicità locale. Per questi motivi il Verdicchio si erge fra tutti i vini come vero protagonista di tale strategia promozionale: dentro a una sola bottiglia si svela tutta la incredibile magnificenza del lavoro agricolo, della lavorazione accurata e della confezione attenta che rispecchia la Denominazione d’Origine Controllata e al contempo la caratteristica genuinità della terra di provenienza: vale a dire quella splendida collina dei castelli jesini cullata fra mare e montagna, magnifica sintesi di bellezze paesaggistiche, storiche, artistiche, monumentali, folcloristiche. La Regione Marche ha messo al centro di tutte le sue politiche promozionali di internazionalizzazione l’attenzione e il sostegno alla vitivinicoltura e ai suoi prodotti d’eccellenza che vanno tutelati come patrimonio delle Marche e valorizzati come nostro importante biglietto da visita per farci apprezzare in tutto il mondo. Gian Mario Spacca Presidente della Regione Marche 9 It’s a Marches product, reflecting taste and quality that come from a territory able to give optimal fruits, the Verdicchio dei Castelli di Jesi is all along the first testimonial of our region, it’s rewarded many times and plays a starring role in all international oenogastronomic demonstrations and exhibitions. The Marches region, from time, is pushing for promotion and information in order to convey our territory. The integration between culture and tourism can and must became another source of development that creates new possibilities of attractions for a territory that because of its features and excellences, it’s not second to anyone. The typical oenogastronomic products of excellence play a fundamental role: they are the ancient symbol of the earth, it represent the healthier and genuine tradition, they promote the attending from a more and more great number of tourists that besides the beautiful places they want also find local tastes and flavours. For these reasons the Verdicchio become like protagonist of such advertising strategy: within to a single bottle is revealed all the munificence of the agricultural job, of the accurate working and of the careful package that reflect the DOC and in the meanwhile the characteristic genuineness of the origin land: that is the wonderful hill of the Jesi castles settled between sea and mountain, magnificent synthesis of landscape, historical, artistic, monumental, folkloristic beauties. Prefazione Il nobile e antico Verdicchio è il biglietto da visita della provincia di Ancona. Un vino profumato, prodotto nella zona dei Castelli di Jesi, apprezzato in tutto il mondo per la sua naturale vocazione a sposare i piatti della cucina mediterranea e non solo. Mi è capitato di viaggiare e incontrare il Verdicchio nel mondo, anche in situazioni curiose. Qualche anno fa, in un paese del Sudamerica, il sommelier di un ottimo ristorante mi propose “un vino ricercato, asciutto e armonico” che di certo, secondo la sua lunga esperienza, non avrei saputo riconoscere pur essendo italiana. Naturalmente si trattava del Verdicchio dei Castelli di Jesi e il sommelier, che aveva trovato grande soddisfazione con tanti altri italiani prima di me, rimase sbalordito nell’apprendere che quel vino proveniva dalle mie zone, che Jesi si trova nella provincia di Ancona, in una regione del centro Italia con un nome al plurale, le Marche. Se racconto l’episodio è solo per descrivere il carattere discreto e operoso degli abitanti di un territorio premiato per la qualità della vita con i primi posti nelle classifiche nazionali di un Bil (benessere interno lordo) che fa il paio con un Pil (prodotto interno lordo) di tutto rispetto. Di fatto, il Verdicchio ha contribuito a fare la storia economica e paesaggistica della provincia anconetana, disegnata da morbidissime colline digradanti dagli Appennini verso il mare Adriatico. E, nella valle disegnata dall’arco di deliziosi borghi medievali cinti da mura (i Castelli di Jesi), si estendono a perdita d’occhio vitigni allineati, percorsi da un venticello che evita il formarsi dell’umidità, soleggiati al punto giusto perché la terra produca l’uva da cui nasce un vino d’origine controllata, al profumo di fiori e dal retrogusto amarogno- lo. Un vino e un paesaggio da scoprire, dunque. Connubio vincente, che visitatori e turisti non mancano di apprezzare, grazie anche ad iniziative che ne esaltano la reciprocità. Così accade per iniziative promosse nel periodo che segue la vendemmia con le cantine aperte o per quel Fresco di Grotta che ospita, all’interno del complesso ipogeo di Frasassi, le migliori produzioni di Verdicchio come buon viatico a un fantastico percorso lungo trenta chilometri fra suggestive stalattiti e stalagmiti. Il Verdicchio stabilisce un rapporto diretto con la tradizione gastronomica della nostra provincia, che vanta la presenza di chef eccellenti. La sua presenza nel paesaggio contribuisce a mantenere alto il livello della qualità della vita e sottolinea quel rispetto verso la natura che da queste parti ci ostiniamo a rinnovare giorno dopo giorno. Non per caso, il vino verde è il nostro ambasciatore nel mondo, protagonista di una rete europea omonima che lega a un unico progetto di promozione quei Paesi partner (Italia, Spagna, Slovenia e Austria) che grazie ad esso hanno allacciato strette relazioni di amicizia e collaborazione. Il vino è veicolo di amicizia. Salute, dunque! Patrizia Casagrande Presidente della Provincia di Ancona The noble and old Verdicchio is the business card of the province of Ancona. A wine smelled, produced in the zone of Jesi Castles, appreciated all over the world for its natural vocation to match the Mediterranean kitchen dish and not only. It has happened to me to travel and meet the Verdicchio in the world, also in curious situations. Some year ago, in a country of the South America, a wine steward proposed me “a searched, dry and harmonic wine” that certainly, in his long experience, I wouldn’t been able to recognize. Of course, regarded about of Verdicchio of Jesi Castles and the wine steward, remained amazed to learn that the wine came from my country, Jesi is situated in the province of Ancona, in a region of the centre of Italy with a plural name, the Marches. I tell this story in order to describe the discreet and hard working features of the inhabitants of a territory rewarded for the quality of life with the first places in the national classification of a Bil (gross inner well-being) and a Pil (Gross Domestic Product) of all respect. Infact, the Verdicchio has contributed to create the economic and landscaped history of Ancona province, designed by softest sloping hills from the Apennines towards the Adriatic sea. And, in the valley designed by the arc of delicious medieval villages surrounded by town-walls (the Castles of Jesi), extends as far as the eye can see vineyard lined, sunned at the exact point in order to produce the grape from which a wine of controlled origin is born, from the scent of flowers and the aftertaste rather bitter. A wine and a landscape to discover, therefore. Successful union, than visitors and tourists appreciate, thanks also by initiatives that exalt the reciprocity. So it happens in the period that follows the grape harvest with the coves open or for that “Fresco di grotta” that it accommodates, in the inner of the complex ipogeo of Frasassi, the best productions of Verdicchio as good provisions for a journey to a fantastic way of thirty kilometres length between evocative stalactites and stalagmites wine cellars. The Verdicchio establishes a directed relationship with gastronomic tradition of our province. Its presence in the landscape contributes to maintain high the level of quality of life and emphasizes the respect towards the nature that renews day by day. Not for case, the green wine is our ambassador in the world, protagonist of an homonymous European net that link to an only plan of promotion those Countries partner (Italy, Spain, Slovenia and Austria) that thanks to it have made strong friendship and cooperation. The wine is friendship vehicle. Cheers! 10 La ricerca Il profilo nutrizionale del vino è sostanzialmente cambiato negli ultimi 30 anni. Anche se l’impatto sociale delle malattie da uso errato di bevande alcoliche aveva provocato un approccio che non distingueva bene tra l’uso moderato e l’abuso di alcol, già dalla fine degli anni ’70 il vino è stato rivalutato dagli studiosi della nutrizione. Studi francesi evidenziarono un’aspettativa di vita più lunga nei soggetti che consumavano moderate quantità di vino, rispetto ad altre bevande alcoliche: il rischio di morte per malattie cardiovascolari si dimezzava nei modesti bevitori rispetto agli astemi, mentre tali vantaggi non si riscontravano fra i bevitori di superalcolici. L’attenzione era comunque posta sul modesto consumo di vino, che, per sfruttare nel modo più efficiente la sua azione positiva, non doveva eccedere i 2-3 bicchieri al giorno. Sull’onda di questi risultati, la ricerca attuale si è incentrata sullo studio dei componenti del vino che influenzano positivamente la salute dell’organismo. Fra questi, sono stati annoverati i polifenoli e molecole a carattere fenolico, di cui il vino rosso è particolarmente ricco. Questi composti si sono rivelati importanti coadiuvanti dietetici, attivi nel contrastare molte patologie. Il loro ruolo, riconducibile fondamentalmente a una forte capacità antiossidante, trova riscontro in una riduzione delle malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, in attività antinfiammatorie, nonché nella soppressione delle cellule cancerogene. Nell’ambito di queste ricerche, gli studi che si svolgono nell’Area di Scienze e Tecnologie Alimentari della Facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle Marche si inseriscono a pieno titolo, avendo come tema fondamentale la relazione tra tecnologia di lavorazione e qualità nutrizionale degli alimenti e mirando alla caratterizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici e/o di nicchia delle Marche. Un recente studio, svolto in collaborazione con la Clinica di Gastroenterologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, ha dimostrato come in un "celebre" vino bianco marchigiano siano riscontrabili effetti benefici, poiché nel Verdicchio è stato individuato un componente, l’etilcaffeato, caratterizzato da una specifica proprietà antiproliferativa delle cellule epatiche. Natale Giuseppe Frega Facoltà di Agraria Università Politecnica delle Marche 11 The nutritional feature wine is substantially changed in the last 30’s. From the end of 70's the wine has already been revalued by the students of nutrition. French studies have showed an expectation of longer life in the moderated consumers, 2-3 glasses every day, respect to other alcoholic drinks: the risk of died for cardiovascular diseases was halved regarding to the abstemious ones, while such advantages were not found between the drinkers of super alcoholics. The components of the wine that influence positively the health are the polyphenolics and the molecules to natural phenolic substance. Their antioxidants role, have reply in a reduction of the cardiovascular and brain vascular diseases, in anti-inflammatory activities, as well as in the abolition of the carcinogen cells. The studies carried out in the Area of Sciences and Alimentary Technologies, of the Agrarian Faculty, of the Marches Polytechnic University, have as fundamental topic the relation between working technology and nutritional quality of the foods and aim to the characterization of the peculiarities of the typical products of the Marches. A recent study, carried out in collaboration with the Clinic of Gastroenterology of the Medicine and Surgery Faculty, has showed that in the Verdicchio it has been found a component, the ethyl - caffeoate, characterized by a specific anti prolific property of the hepatic cells. 12 Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche Il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Una storia di Riccardo Ceccarelli Tutto avrà pensato Padre Vincenzo Maria Cimarelli, frate domenicano, inquisitore a Gubbio, Crema e Brescia, nativo di Corinaldo (1585-1662) che il suo nome in futuro venisse legato al Verdicchio. Eppure fu naturalista, storico, tardo umanista dal sapere enciclopedico, oltre che versato in teologia e filosofia,1 ma quell’accenno al Verdicchio proprio non lo scrisse. Glielo attribuirono con tutta probabilità negli anni Cinquanta - Sessanta del Novecento quando cercando “nobili origini” del Verdicchio qualcuno non trovò di meglio che incastrare alcune espressioni in una pagina, scritta appunto dal Cimarelli nelle sue Istorie dello Stato di Urbino. Libro Terzo dell’origine e successi di Corinalto, stampato in Brescia nel 1642. Qui, al capitolo secondo, il Cimarelli avrebbe scritto. “Li amenissimi colli della Nevola, del Misa e del Suasano, a guisa di cornucopia rendono ogni altra cosa necessaria, non tanto al sostentamento umano, quanto al viver molle e delizioso et specialmente lo verdicchio, vino de solar claritade et virtù eccellentissime, come qualmente narra Bernardo Giustiniano nel secondo libro dell’origine di Venezia che Alarico, re dei Visigoti, muovendo da questa contrada alla terra dei Brutii, seco portasse quaranta some in barili, nulla a sé stimando recar sanitade et bellico vigore melio del menzionato verdicchio”. Ad un controllo del volume originale2 si è scoperto il falso. Al di là di qualche parola o frase, tra l’altro mal ricostruita, il riferimento al Verdicchio e al re Alarico è inesistente.3 La “storia” o meglio la leggenda, ebbe però successo e venne riportata da tutti coloro che hanno scritto di Verdicchio, in particolare riprendendo quell’espressione “vino di solar claritade et virtù eccellentissime”. E la usano ancora, staccata magari dal contesto pseudo-storico, perché in sintesi riesce a esprimere le connotazioni specifiche del verdicchio stesso 13 in un linguaggio aulico e fascinoso. Anche se l’espressione è indubbiamente felice, da tener presente che essa non è del Cimarelli, bensì frutto di un’invenzione letteraria piuttosto recente. Si è tramandato anche che Annibale saccheggiando l’attuale regione marchigiana e abruzzese si fosse servito del Verdicchio e del Rosso Conero addirittura per curare i suoi cavalli malati,4 in realtà gli autori citati parlano di vini praetutiani, cioè dell’attuale distretto di Teramo.5 Su altre origini certamente leggendarie del Verdicchio si è esercitata la fantasia di qualche scrittore senza però raggiungere la notorietà di quanto è stato attribuito al Cimarelli.6 Ovviamente la coltivazione della vite in epoca romana e preromana non è una leggenda, ma un fatto storico che gli scavi archeologici hanno ampiamente confermato. Ci riferiamo alla vitis vinifera che gli agricoltori coltivavano e non alla vitis vinifera silvestris, cioè una vite selvatica che cresceva spontaneamente insieme ad altra vegetazione, attestata tra l’altro in travertini con viti fossili del quaternario rinvenuti ad Ascoli Piceno.7 Prime tracce della vitis vinifera le abbiamo nell’età del ferro (IX sec. a. C.) in vinaccioli carbonizzati ritrovati a Moscosi di Cingoli8 e di altri duecento vinaccioli venuti alla luce dalla tomba di Villa Clara di Matelica, datata alla fine dell’VIII sec. a. C.9: testimoniano la coltivazione della vite e l’utilizzo dell’uva a scopi alimentari e anche culturali e nei contenitori trovati accanto al guerriero anche l’utilizzo del vino. Contenitori per mescolare l’acqua con il vino (“Cratere”) e una coppa da vino (“Kilix”), il primo del 510 a.C. circa e il secondo del 470 a.C. circa, sono venuti alla luce insieme ad altri manufatti ceramici, in una necropoli a Pianello Vallesina (Castelbellino), nella seconda decade del Novecento: ceramica attica che rivela l’utilizzo del vino.10 Il culto della dea Cupra, da cui il nome dell’antico municipio romano di Cupra Montana, divinità legata alla fertilità della terra e il frammento marmoreo d’epoca romana (ora nel Palazzo Comunale di Cupramontana) di una decorazione più ampia, raffigurante la cornucopia dell’abbondanza con grappoli e frutta, confermano come in tutta la media valle dell’Esino, l’agricoltura e in particolare la viticoltura fossero praticate su larga scala. Se fiorente era in epoca imperiale l’agricoltura, certamente essa conobbe un forte declino con le invasioni barbariche, con la guerra greco-gotica del VI secolo e la presenza dei Longobardi nella dorsale appenninica dal VII secolo. Tuttavia il loro insediarsi nel territorio e la presenza dei monaci benedettini costituirono elementi di ripresa che si consolidarono con il passare dei decenni. Se rare erano le coltivazioni per i non molti abitanti, mai comunque abbandonate, sia con i Longobardi che con i monaci esse cominciarono progressivamente a incrementarsi.11 Tra le coltivazioni non dimenticate c’era quella della vite. Vigne, infatti, sono attestate in contrada Rovegliano (Cupramontana) in un atto di donazione, redatto l’11 dicembre 907, a favore dell’abbazia di S. Eutizio in Campli (Nocera), fatto dall’ex-imperatrice Ageltruda, figlia del principe di Benevento, moglie di Guido di Spoleto re d’Italia e imperatore di una sua curtis, di sicura origine longobarda. La curtis comprendeva oltre all’Oratorio di S. Pietro apostolo, anche case, terre e le ricordate vigne.12 I Longobardi dal canto loro tutelavano giuridicamente la coltivazione della vite: l’Editto di Rotari (643), infatti, proibisce severamente a chicchessia di recidere una vite e di danneggiare l’altrui proprietà sia privando la vite stessi dei propri sostegni, sia asportandosene licenza del padrone più di tre grappoli d’uva.13 I monaci invece ebbero un ruolo di fondamentale importan- botanico marchigiano originario di Piobbico in una lunga lettera indirizzata, appunto nel 1569, al medico e naturalista Ulisse Aldovrandi (1522-1605), Del’insalata e piante che in qualunque modo vengono per cibo del’homo, inserisce il Verdicchio in un elenco di uve da tavola e non da vino, distinguendolo, primo tra i botanici, dal trebbiano, dalla malvasia e da altre qualità di uve. La lettera del Felici è significativa per stabilire anche che il Verdicchio non dava, almeno fino allora, un vino omonimo come oggi. Non solo, ma il botanico di Piobbico lascia intendere inoltre che esso non concorreva neppure a formare altri vini, perché era considerato solo come frutto di stagione da consumarsi a fine pasto.18 La lettera del Felici è rimasta inedita per oltre quattrocento anni, fu pubblicata infatti solo nel 1986, essa comunque conferma che il nome “Verdicchio”, applicato a un’uva, era all’epoca conosciuto e usato indicando solo una delle circa quaranta varietà di uve presenti sul territorio, descritte dallo stesso Felici. Un’ulteriore riprova che in quegli anni un’uva Verdicchio fosse presente sia in territorio marchigiano, sia settentrionale che centrale, ci è fornita da uno studioso di Fabriano, Mambrino Roseo (1500 c. – 1580 c.) che ebbe il merito di tradurre dallo spagnolo il trattato di agricoltura allora più noto in Europa Obra de agricoltura compilada da diuersos auctores di Gabriel Alonso d’Herrera (1470-1539), professore a Salamanca, pubblicato in prima edizione nel 1513.19 La traduzione del Mambrino è del 1557 e fa corrispondere al termine spagnolo “torrontés” la parola “Verdicchio”. “Torrontés” in verità è “aggettivo di vite e uva bianca simile al moscatello” e l’identificazione con “Verdicchio” lascia qualche perplessità. Forse il traduttore intendeva indicare, con tale termine italiano e la relativa descrizione, un’uva molto vicina alle caratteristiche di quella spagnola, individuando proprio nel Verdicchio, a lui certamente noto, l’uva e il vitigno più corrispondenti al “torrontès” spagnolo. Questa la descrizione, nella traduzione di Mambrino Roseo, del “torrontès-verdicchio”: “Il Verdicchio è uva bianca che ha il granello picciolo, che traluce più che niuna altra. Fa graspi piccoli e molto stretti. Queste viti sono migliori in luoghi alti, non humidi, che piani ed in luoghi grassi, riposati, imperocché ha la scorza molto sottile, tenera, di che avviene che si marcisce molto presto, et ha il sarmento così tenero che da per sé la maggior parte cade tutta, bisogna che al tempo della vendemmia si raccoglia per terra, per questa cagione ricerca luogo asciutto, non ventoso, né colli molto alti. Il vino di questo vitame è migliore che niuno altro bianco. Si conserva lungo tempo, molto chiaro, odorifero, soave. Jesi (An) - Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche za nella rifondazione del paesaggio agricolo. “I monaci dissodano, arano, seminano, piantano nuovamente la vite. Dal IX secolo, particolarmente nella Vallesina e zone limitrofe è un autentico pullulare di abbazie, monasteri, chiese, conventi ed eremi, in una percentuale che forse non ha pari in tutto il territorio nazionale”.14 Il “Catasto Antico (fine sec. XIII ) del Comune di Jesi” attesta una già consistente presenza di vigne e terreni vignati in tutto il territorio della valle: mediamente, secondo diversi studi, in questo periodo nella Vallesina quasi tutti i proprietari, anche i più piccoli, possedevano una vigna fino a un massimo di mezzo ettaro.15 Non sappiamo se queste uve e queste vigne fossero di Verdicchio e se monaci, braccianti agricoli e proprietari bevessero l’omonimo vino, questo comunque c’era e in abbondanza. Il primo accenno che viene fatto, lo dobbiamo al cronista fiorentino Matteo Villani (1295-1362) che raccontando nelle sue “Storie” le scorribande di Montreal d’Albarno, più conosciuto come fra Moriale, nei castelli del contado di Jesi nel 1354, scrive a proposito di Staffolo: “E del mese di Marzo presono il castello delle Istaffole pieno di molto vino”.16 Mentre inizia la decadenza delle abbazie e si affermano i Comuni, il vino, da bevanda riservata ai nobili, ai monaci o all’uso prettamente liturgico, entra in un consumo più esteso, favorito anche da una maggiore produzione risultante da una progressiva opera di disboscamento e dal successivo impianto di vigneti. Non c’erano nomi specifici che indicassero singolarmente uve, vini e vitigni, il nome più comune era quello di “uve trebbiane”, le più conosciute “per tutta la Marca”, così indicate da Pietro de’ Crescenzi (1230-1321) agli inizi del Trecento nel suo monumentale trattato di agricoltura “Ruralium commodorum libri duodecim”, scritto in latino verso il 1305 e tradotto più volte in italiano nella prima metà del Cinquecento. Il De Crescenzi parla anche di un’uva “verdecla”, ci piacerebbe che fosse un riferimento al Verdicchio, ma tale sembra non essere dal momento che il grande agronomo bolognese, trattenendosi a Senigallia per tutto il 1269 come giureconsulto al seguito del podestà Alberto Asinelli e venendo così a conoscenza della realtà vitivinicola del territorio senigalliese e dei dintorni, se lo avesse conosciuto ne avrebbe certamente fatto cenno.17 Un’esplicita e chiara testimonianza del termine “Verdicchio” si ha soltanto nella prima metà del Cinquecento o poco oltre. Alla leggenda insomma attribuita al Cimarelli si sostituisce la storia. La prima è del 1569. A darcela è Costanzo Felici (1525-1585), Ma l’uva di esso per mangiare non vale molto”.20 Tra le affermazioni del Felici e quelle di Alonso Herrera - Mambrino Roseo c’è una palese contraddizione a proposito del Verdicchio: per il primo il Verdicchio è un’uva da pasto, mentre per il secondo “per mangiare non vale molto”, ovviamente in quel di Fabriano, patria del Roseo, il Verdicchio era più noto come vino che come uva da tavola. Le perplessità sulla sinonimia tra “torrontés “ e Verdicchio, ma non solo per questa, erano state sollevate già agli inizi del Novecento dal noto ampelografo francese, J. Roy-Chevrier, che parlava di “una curiosa traduzione dove si vede una correlazione di nomi di vitigni spagnoli divenuti italiani”.21 “A noi comunque, come si scriveva nel 1991, poco importa se il Mambrino, traducendo da un’altra lingua abbia arbitrariamente voluto paragonare o addirittura identificare un’uva spagnola con una italiana. Sta di fatto che anch’egli come il Felici, usa il termine “Verdicchio” per indicare un determinato tipo di uva”.22 Indizio sicuro che almeno nella prima metà del Cinquecento, salvo nuove ricerche, in terra marchigiana, o almeno in certe zone delle Marche, il “Verdicchio” era certamente conosciuto. Un altro studioso marchigiano invece, botanico e medico di papa Sisto V, Andrea Bacci (1524 - 1603), pur essendo contemporaneo di Costanzo Felici e di Mambrino Roseo, nel suo grandioso trattato De naturali vinorum Historia, de Vinis Italiae et de Conviviis Antiquorum Libri Septem, stampato a Roma nel 1596, non nomina il Verdicchio né come uva, né come vino. Anche per il Bacci, come già per il de’ Crescenzi, nelle Marche del centro nord regnano sovrani i vini Trebbiani, provenienti da uve trebbiane o trebulane: distinguendo sottilmente queste due uve, si può ipotizzare che tra le uve trebulane (affini a quelle trebbiane), il Bacci possa aver annoverato anche il Verdicchio.23 Qualche incertezza in passato fu sollevata sul fatto se il Verdicchio fosse un vitigno autoctono o importato. Era stata fatta, infatti, l’ipotesi di una sua importazione dal nord dell’Italia nella seconda metà del Quattrocento quando consistenti colonie di “lombardi” si insediarono non solo a Santa Maria Nuova, invitati dal Comune di Jesi dopo una decimazione demografica causata dalla peste, ma si sparsero per tutti i castelli della Vallesina. Con il nome di “lombardi”, essi provenivano da Verona, Bolzano, Lodi, Parma, Mantova, ecc., artigiani, ma soprattutto agricoltori che ebbero dalla Comunità Jesina da un quarto di ettaro fino a cinque ettari di terra “scelta tra i terreni sodivi o selvati da destinarsi a vigna”. 15 Dopo un secolo della loro presenza sul territorio si registrarono in campo viticolo risultati sorprendenti da attribuirsi in gran parte all’infaticabile opera degli esperti agricoltori del nord. Studi specifici avevano rilevato in passato somiglianze e caratteri comuni tra il Verdicchio e il Trebbiano di Soave,24 recentemente invece analisi scientifiche, tra cui il test del DNA, hanno accertato il “Verdicchio bianco” come “sinonimo riconosciuto” con il “Trebbiano di Soave” e il “Trebbiano di Lugana”, varietà iscritte separatamente nel “Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite” fino a pochissimo tempo fa. Comunque seppure per il vitigno Verdicchio viene confermata la derivazione “lombarda”, ormai il particolare adattamento del vitigno ai nostri terreni, sotto l’aspetto geomorfologico e all’habitat specifico del nostro territorio, lo caratterizza come vitigno autoctono che dà origine a un vino inconfondibile per sapidità e retrogusto amarognolo di mandorla. Conosciuto come tale, il Verdicchio viene coltivato nel SeiSettecento insieme ad altri vitigni che producono vini in abbondanza, ai quali le autorità dell’epoca dedicano la loro attenzione regolamentandone il commercio e anche la qualità, intervenendo sulla data della vendemmia onde le uve non siano raccolte immature.25 Prima che le nuove carestie del Settecento (nel Seicento sono da ricordare quelle che colpirono tutti i paesi europei tra il 1650 e il 1670, particolarmente grave quella del 1763-66), rovinassero ulteriormente e su tutto il territorio nazionale quel prezioso patrimonio vegetale rimasto, il botanico fiorentino Pier Antonio Micheli (1679-1737) inizia la prima vera grande catalogazione delle piante italiane e fra queste, nei suoi manoscritti, compare anche il Verdicchio, che non è più considerato solo uva da tavola, come un tempo scriveva il Felici, bensì a buon diritto un’uva da vino. Descrive il Verdicchio come una “vitis viniferae varietas” e cioè come una varietà di vite da vino. Nelle opere di altri due botanici, Cosimo Trinci e Cosimo Villafranchi, contemporanei del Micheli, invece, non si fa alcun accenno al Verdicchio. L’omissione può essere così spiegata: con tutta probabilità il verdicchio, pur catalogato dal Micheli, era poco noto in Toscana o da poco importato da altre regioni, così da non essere citato negli elenchi del Trinci e del Villafranchi che descrissero i vitigni allora più conosciuti. In questo contesto sono esplicative le indicazioni riportate nel titolo del manoscritto inedito del Micheli: “…viti che si coltivano non solo nel piano e nel distretto di Firenze…sia nostrali che forestiere.”26 Il Verdicchio era dunque in Toscana nelle prime decadi del della Villa finito di stampare nel 1809, mentre fu premiata e diffusa a stampa quella di Giovanni Brignoli, professore di agraria e botanica nel liceo –convitto di Urbino. Vi si diceva che “è massimo errore preferire la quantità alla qualità del vino” e che “conviene adattare la qualità delle uve alla natura ed alla situazione del terreno”: tra i vitigni infatti, onde migliorare la qualità dei vini, si reputava necessario saggiare la qualità del terreno, la direzione dei venti e soprattutto l’illuminazione del sole, c’è il Verdicchio. E ancora: “Non si mescolino in un tino più quantità di uve a meno che ciò non si faccia con quelle che l’esperienza insegnò riuscir bene combinate insieme”, “Non si colga in un giorno più quantità di uva, di quella che si può pigiare nella giornata medesima”31: enologi ed enotecnici dicono oggi queste cose come fossero delle novità e invece erano suggerimenti che venivano dati due secoli fa. Il vitigno Verdicchio, pur non coltivato su vasta scala, cominciò a trovare, decennio dopo decennio, su tutto il territorio collinare quel suo habitat favorevole alla produzione di un vino che ebbe le sue prime affermazioni in esposizioni regionali (Ancona 1872) e internazionali (Vienna 1873). Merito di tutto questo fu la diffusione capillare di una rinnovata “cultura agricola”, promossa anche sul nostro territorio, in particolare dalla “Società Agraria Jesina” fondata nel 1838, cui parteciparono soci della città e dei vari paesi della Vallesina. Periodiche riunioni, discussioni, sperimentazioni dirette sul campo (vigneti, seminativi, colture varie, gestione aziendale, organizzazione della casa colonica, ecc.) contribuirono a formare nuove generazioni di proprietari - imprenditori agricoli e di coloni più aperti al progresso e alle innovazioni. La “Società Agraria Jesina” scrisse “una delle più belle pagine della nostra storia locale”32, diffuse idee e proposte attraverso la pubblicazione di Atti della Società di Agricoltura jesina che pur cambiando nome durerà fino al 1933. Di questa “Società” è doveroso ricordare il fondatore il Card. Pietro Ostini, vescovo di Jesi, il ruolo che vi ebbero il p. Vincenzo Rinaldi (1779-1846), Eugenio Meriggiani (1812-1899) e Arzeglio Felcini (1858-1938). Protagonista comunque ne fu Ruggero Rosi (1829-1897), giornalista, amministratore civico, divulgatore e conferenziere, instancabile innovatore e sperimentatore di nuove tecniche nei suoi possedimenti, presidente della Commissione Ampelografica Provinciale e mem- Clizia Pavani Settecento un vitigno poco affermato, certamente “forestiero”. Con l’Ottocento il Verdicchio comincia la sua progressiva affermazione anche se citato e coltivato insieme ad altri vitigni. Se ne parla come vitigno delle Marche centrali e come vitigno specifico della Vallesina. Per le Marche e in particolare nel Dipartimento del Metauro, cui apparteneva la Vallesina, si scrive che c’erano “tutte uve bianche”; nel Dipartimento del Tronto, cui appartenevano il territorio di Macerata e quello di Fermo, si aggiunge che “coltivansi delle uve in varietà infinite. […] Tra le bianche le migliori sono il Verdicchio, il Trebbiano ed il Moscatello.” Questi accenni sono contenuti negli Annali di Agricoltura del Regno d’Italia, una sorta di dettagliato rapporto-inventario sulla situazione agricola, redatto nel 1809, nel momento in cui si poneva mano, per volere di Napoleone, al riassetto amministrativo del territorio.27 Per la Vallesina a darcene notizia è invece Don Angelo Antonio Rastelli (1750-1824), nella sua opera Il Dottore della Villa su tutti i principali oggetti dell’Agricoltura, pubblicato a Jesi nel 1808 e in successive edizioni nel 1818 e nel 1885. Così scrive: “Le uve secondo i paesi hanno pur diversi nomi. Presso noi il Moscadello sì bianco, che negro, la Balsemina, l’Aleatico, il Sangiovese, il Moscatello Francese sono le uve più stimate. Viene appresso il Verdicchio, la Malvasia, il Greco, il Trebbiano, […]”.28 Contemporaneamente le autorità si preoccupavano di migliorare la qualità dei vini, sia regolamentando la vendemmia che migliorando la fabbricazione e la conservazione del vino. Il prefetto del Dipartimento del Metauro, G. Casati, in un “Avviso” del 5 novembre 1808, lamentando la decadenza dei “vini Anconetani” e analizzando e confrontando i terreni sia del litorale come dell’entroterra, indicava le cause di questa decadenza nella “mancanza di un regolamento che fissi l’epoca delle vendemmie, ed il metodo che si pratica nella fabbricazione, e custodia de’ vini” e indiceva un concorso per una “Memoria” per il miglioramento dei vini.29 Non sapeva il Casati, lui era lombardo, che almeno da un secolo e mezzo la data della vendemmia era regolamentata30, ma che le disposizioni che pure c’erano, almeno in passato, non venivano osservate. Diversi studiosi parteciparono al concorso, tra cui anche il Rastelli, la cui “Memoria” o “Dialogo sul miglioramento de’ vini” fu inserita nel secondo tomo de Il Dottore 16 Castelbellino (An) 17 bro di commissioni ministeriali. La sua azione a favore dell’agricoltura e della vitivinicoltura della Vallesina e dell’intera provincia fu veramente preziosa.33 La preferenza dei viticoltori per il vitigno Verdicchio si andava affermando e ci viene confermata nel volume di Francesco De Bosis La Esposizione Ampelografica Marchigiana Abruzzese tenuta in Ancona il settembre 1872 e Studi sulla vite e sul vino della Provincia di Ancona, Ancona 1873, dove a p. 106 si scrive: “… e senza ripeter più volte la cosa stessa troveremo, che tutti convengono nella preferenza ai verdicchi bianchi”,34 e nonostante che in quegli anni in molte colline si privilegiassero le uve rosse, il “verdicchio tra le bianche non ha potuto essere detronizzato”.35 La diffusione soprattutto della fillossera e della peronospora (1879-1880) su tutto il territorio nazionale produsse effetti disastrosi proprio al Verdicchio che soffrì più di altri vitigni, data la delicatezza dei suoi componenti, attaccabili da agenti esterni. Grazie comunque all’opera informativa delle cosiddette Cattedre Ambulanti di Agricoltura e a quelle specifiche di Vitivinicoltura (vere e proprie Università di agraria itineranti sul territorio italiano, istituite a Rovigo nel 1890 e attive fintagli anni Trenta) si riuscì ad arginare il flagello dei parassiti. Tra le varie Cattedre Ambulanti, proprio in riferimento al Verdicchio, va ricordata la Cattedra Ambulante di Vitivinicoltura ed Enologia insediata a Cupramontana il 15 agosto 1893, sotto la direzione del prof. Riccardo Callegari di Conegliano Veneto, qui inviato allo scopo di diffondere, in tutta la provincia di Ancona, pratiche razionali nella coltivazione della vite, combattere le malattie, selezionare i vitigni, tutelare e promuovere le sviluppo dell’industria e del commercio dei vini marchigiani. Il Callegari dalla sua sede di Cupramontana scrisse opere destinate ai contadini e da esse risulta chiaro quanto il Verdicchio fosse un vitigno ricercato e apprezzato. Soprattutto egli però ebbe il merito di aver insegnato, un po’ in tutto il territorio della provincia, le pratiche di innesto per sconfiggere, con l’apporto delle nuove viti americane, soprattutto la fillossera. Proprio su questo argomento dedicò un libro durante il suo soggiorno a Cupramontana tenendo corsi teorico - pratici sugli innesti delle viti. Le pratiche di innesto non alteravano le caratteristiche del Verdicchio e degli altri vitigni, in quanto i portainnesti americani si limitavano a raf- forzare la capacità di resistenza delle viti agli agenti esterni. Grazie all’azione di questa Cattedra Ambulante e a quella concomitante di alcune scuole (la Scuola Speciale di Agronomia e Agrimensura, antenata dell’Istituto “Cuppari” di Jesi, il Comizio Agrario di Fabriano e la Scuola Pratica di Ancona) il Verdicchio cessava per sempre di essere uva e vino a esclusivo consumo del proprietario o del contadino, assurgendo a importante fattore economico di intere comunità delle Marche centrali. Per ampelografi ed enologi italiani di tutto l’Ottocento ormai il Verdicchio, più come vitigno che come vino, non costituiva un mistero, la sua fama aveva varcato i confini italiani trovando un posto di rilievo anche in un dizionario ampelografico europeo.36 Come vino aveva superato anche gli stretti confini della Vallesina e dei suoi colli. Già si sono ricordate le affermazioni all’Esposizione Provinciale di Ancona nel 1872 e all’Esposizione Mondiale di Vienna del 1873, in quest’ultima ebbe il secondo premio Eugenio Meriggiani di Jesi per il suo “Verdicchio 1871”, una quasi certificazione ufficiale del vino con questo nome; nel 1875 il dott. Raffaele Chiorrini ebbe la medaglia d’argento all’Esposizione di Fabriano. Medaglie e affermazioni che premiavano un vino che già si era fatto conoscere da decenni ai consumatori di città come Ancona e Roma e che ora ne stava incrementando l’apprezzamento attraverso empori - osterie aperte in quelle città da operatori del nostro territorio. Un “fervore commerciale” che continuava quello già presente da decenni se non da secoli, che tuttavia le rinnovate vie di comunicazione, in particolare la nuova linea ferroviaria Roma - Falconara inaugurata nel 1868, rendevano più dinamico, interessando un numero crescente di operatori. In questo contesto vanno incluse, per quanto il vino e via via soprattutto il Verdicchio, ad esempio, l’osteria aperta ad Ancona dal dott. Raffaele Chiorrini di Castelplanio, dove vendeva vino delle sue terre; le due osterie che avevano in Roma, attorno al 1890, i fratelli Augusto e Domenico Cerioni di Cupramontana e le due analoghe osterie ad Ancona e in Roma, negli stessi anni, di Pasquale e Luigi Pierangeli, anch’essi di Cupramontana: in tutti questi esercizi era servito sempre il vino Verdicchio di Cupramontana e dei Castelli limitrofi.37 Staffolo ebbe, dalla fine dell’Ottocento, a Roma, esercenti di Mergo (An) rivendite di Verdicchio, come Mariano Cantarini, o gestori di osterie e ristoranti, come Giuseppe Camerucci, Augusto Marchegiani e altri ancora che, per tutto il Novecento, oltre al vino dei Castelli romani servirono e fecero conoscere il Verdicchio proveniente dalle cantine del loro paese, quando non direttamente dalle cantine di famiglia.38 Il crescente apprezzamento del Verdicchio, non solo in queste città, vedeva premiato l’impegno dei coltivatori che dopo la sciagura della fillossera avevano progressivamente rinnovato gli impianti. Al loro lavoro si erano affiancati studi, sperimentazioni, concorsi ed esposizioni che contribuirono non poco a migliorare la qualità dei vini e a far compiere soprattutto al Verdicchio un deciso “salto di qualità”. Un ruolo importante per il successo del Verdicchio spetta alle esposizioni nazionali e internazionali, grazie a esse il vino bianco marchigiano uscì ufficialmente e definitivamente dagli angusti confini provinciali e regionali per confrontarsi con vini più famosi e anche con gusti, nel bere, decisamente diversi. Anche alcune innovazioni tecnologiche, come i filtri meccanici provenienti dalla Germina e dalla Svizzera e introdotti negli stabilimenti vinicoli e il progressivo abbandono di cuocere il mosto e aggiungerlo a quello crudo, contribuirono in maniera determinante all’elevazione della qualità del Verdicchio collocandolo, sia come vitigno che come vino, al primo posto nelle Marche. Vino da pasto, il Verdicchio, ma con tutta probabilità anche vino da spumante. I primi tentativi furono fatti verso la metà dell’Ottocento a Jesi da Ubaldo Rosi con uve provenienti da un suo podere sperimentale sia nel 1857 sia in precedenza negli anni 1843-47, quando si occupò di fare “spumanti alla maniera del vero champagne”. Non sappiamo con certezza se il vino fosse Verdicchio, ma conoscendo il Rosi come sperimentatore e innovatore nel settore vinicolo, ci piace supporlo, convinti di non essere lontani dalla verità. Nel 1849 a Loreto, Francesco Spalazzi cominciò un’analoga produzione di un “vino spumante in cui tutti caratteri si rinvengono del celebre Champagne francese”, ottenendo negli anni successivi lusinghiere affermazioni in esposizioni nazionali e internazionali: Firenze (1861), Torino (1864), Ancona (1869), Vienna (1873).39 Sicuramente di Verdicchio era invece lo “Champagne Gran Bouddha” prodotto dalla “Società Enologica Cuprense Ceccarelli – Dottori Rinaldi” che agli inizi del Novecento si era costituita a Cupramontana e che in pochi anni si aggiudicò tre Medaglie d’oro e una Gran Croce al merito.40 A questa società subentrò nel 1908 la “F.lli Dottori & C.”, mentre l’anno prima, 1907, si era costituita la “Ditta D. Vescovo & Figli”. A Cupramontana inizia così, in questi anni, la prima vera produzione industriale di spumante a base di Verdicchio, non senza il positivo stimolo dei precedenti successi dello spumante marchigiano. La produzione e il conseguente successo dello spumante accompagnarono e confermarono quelli del vino. La coltivazione del vitigno Verdicchio di andava progressivamente allargando ai Castelli che si affacciavano sulla valle dell’Esino, tanto che nel 1923 il Ministero dell’Economia Nazionale elogia così i vini a base di Verdicchio dell’attuale zona dei Castelli di Jesi: “Qui si producono buoni vini bianchi, soprattutto a Cupramontana e nei cosi detti Castelli di Jesi e formati dai comuni di Castelbellino, Castelplanio, Maiolati e Monte Roberto. Si ottengono con il Verdicchio e riescono abbastanza alcoolici, sapidi, gradevoli, sono molto ricercati, specialmente sui mercati dell’Italia settentrionale ed a Roma ”.41 A Staffolo nel 1919 - 20 aveva iniziato la sua attività nel settore vinicolo lo “Stabilimento Vinicolo Angelo Procicchiani” che produceva “Gran Spumanti”, “Moscato Spumante” e “Vini da pasto e di lusso”: ebbe non poche affermazioni in esposizioni in Italia e all’estero, cessò l’attività nel 1930 cedendola ad altri. Fu comunque la prima di una serie di aziende che continuano ancora a produrre 18 19 mosti e dei vini. Queste norme vengono emanate con D.P.R. n. 930 il 12 luglio 1963. Una legislazione questa che segna la data - simbolo di una nuova epoca della vitivinicoltura italiana. Si mossero così produttori e istituzioni per ottenere quanto la legislazione prevedeva: nel 1967 ottennero la D.O.C. il “Rosso Conero” e il “Verdicchio di Matelica” e nel 1968 il “Verdicchio dei Castelli di Jesi”. Per quest’ultimo si diedero da fare i produttori di Cupramontana, Castelplanio e di altri Castelli e lo vollero chiamare, nome già peraltro usato da diversi decenni per indicare il territorio di produzione, “Verdicchio dei Castelli di Jesi”, che copriva l’intero contado che aveva avuto in Jesi, dal secolo XIV al XIX secolo, la sua città-capitale, anche se il territorio di Jesi non rientrava nella zona tipica di produzione e proprio questo nome sarà utilizzato nel disciplinare annesso al decreto dell’11 agosto 1968 (“Gazzetta Ufficiale” del 26 settembre 1968, n. 245). Modificazioni sono state apportate nel corso degli anni, l’essenzialità comunque della D.O.C. è nel decreto del 1968. L’art. 8 del “Disciplinare di produzione” annesso al decreto di riconoscimento precisa il territorio del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico da quello del Verdicchio del Castelli di Jesi, denominazione, la prima, concessa “al prodotto della zona originaria più antica”. Essa comprende i comuni di Apiro, Arcevia (parte), Belvedere Ostrense, Castelbellino, Castelplanio, Cupramontana, Maiolati Spontini, Mergo, Montecarotto, Monte Roberto, Morro d’Alba, Poggio San Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo di Jesi, Serra de’Conti, Serra San Quirico (parte), Staffolo. Il territorio invece posto “alla sinistra del fiume Misa” può usare solo la denominazione Verdicchio dei Castelli di Jesi e comprende il comuni di Barbara, Castelcolonna, Castelleone di Suasa, Corinaldo, Monterado, Ostra, Ostra Vetere e Ripe. La zona di produzione, in massima parte, è in provincia di Ancona, solo una minima parte dei terreni è Clizia Pavani Verdicchio onorando l’antica tradizione vinicola del paese con prodotti di alta qualità.42 Il 23 settembre 1928 si celebrò a Cupramontana la Sagra dell’Uva, la prima edizione di una serie che ancora continua con crescente successo: fu voluta per dare lustro al “Verdicchio del Massaccio” (antico nome di Cupramontana), promuoverne la conoscenza e sottolinearne l’indotto che esso aveva nell’economia del paese e non solo.43 Si intensificano intanto a Roma negozi che vendevano esclusivamente Verdicchio dei Castelli di Jesi, Eugenio Zucchi e Vincenzo Perticaroli di Maiolati, oltre a quelli originari di Staffolo già presenti in città, se ne fecero entusiasti promotori. Le ditte di Cupramontana lo facevano conoscere in Lombardia e in Piemonte e non mancarono di farlo arrivare anche ai nostri soldati inviati in Etiopia tra il 1930 ed il 1935. Partite di vino prendevano anche la via dell’estero come il Belgio e il Giappone. Con il secondo conflitto mondiale il Verdicchio fu conosciuto in particolare non solo dai tedeschi invasori, ma soprattutto dalle truppe alleate angloamericane e subito dopo la fine della guerra molti imprenditori ravvisarono nel settore vinicolo e in particolare nel Verdicchio, la loro sfera di azione. Nacque così ad esempio a Cupramontana nel 1949 la “Fazi Battaglia”, mentre altre che avevano già da qualche anno la loro attività la incrementarono notevolmente. Nel 1962 a Cupramontana si contavano ben venti case vinicole, ma altre erano da anni operanti a Maiolati Spontini, Castelplanio, Rosora, San Paolo di Jesi, Montecarotto. La “Fazi Battaglia” frattanto, costruito un nuovo stabilimento a Castelplanio Stazione, aveva nel 1954 immesso nel mercato una nuova bottiglia per il Verdicchio, l’anfora, disegnata dall’architetto milanese Antonio Maiocchi che per decenni fu sinonimo nel mondo di Verdicchio dei Castelli di Jesi. Nel 1963 con legge n. 116 del 3 febbraio viene concessa al Governo la delega a emanare norme per la tutela della denominazione di origine dei Castelbellino (An) in provincia di Macerata. Gli anni dal riconoscimento della D.O.C. del Verdicchio, ormai quaranta ed oltre, sono stati contrassegnati da un crescendo in qualità tanto da diventare il vino bianco delle Marche più conosciuto e affermato. La storia di questi anni è la storia di tante aziende che si sono impegnate per un prodotto che ha conosciuto e conosce un apprezzamento sempre più corale. Un apprezzamento che si è manifestato in continue affermazioni in campo nazionale, internazionale e mondiale. Grandi e piccole aziende, anche a conduzione famigliare, hanno puntato sulla qualità e la specificità di un prodotto che non ha eguali in altri territori. Il percorso di questa crescita qualitativa e delle dinamiche dei mercati esteri dove è presente il Verdicchio, dal Giappone alla Cina, dagli Stati Uniti alla Russia, alle nazioni del nord Europa, è stato analizzato nel corso di diversi convegni tenuti durante il 2008, in occasione del quarantesimo della D.O.C.: Villa Salvati di Monte Roberto Pianello Vallesina (4 maggio), Belvedere Ostrense (28 giugno), Rosora (18 ottobre), Jesi (29-31 ottobre). In tutti gli incontri sono stati sottolineati i grandi risultati raggiunti, dovuti a un impegno imprenditoriale non comune che richiede di essere supportato da un’azione di sostegno reale e integrato da parte di istituzioni e privati, tenendo presenti sia i nuovi fronti del mercato che delle normative. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, quale vino bianco più significativo delle Marche, necessita di una strategia promozionale unitaria, legata strettamente alla storia del territorio e della regione, oltre che alle specificità geomorfologiche della zona di produzione che lo rendono unico e inconfondibile. Anche nel contesto delle nuove normative europee il Verdicchio dovrà trovare le modalità più idonee per proporre la sua tipicità e garantire così anche la sua storia secolare connessa al lavoro di tante generazioni. Una storia, insomma, che ripercorrendo il passato ne dia e ne proponga l’immagine più adeguata e più coerente. Monteroberto (An) 20 Father Vincenzo Maria Cimarelli a Dominican friar born in Corinaldo (15851662) could never thought that in the future his name was linked to the Verdicchio wine. He was a naturalist, historian and late humanist with encyclopaedic knowledge, predisposed to philosophy and theology but he didn’t write about the hint to Verdicchio wine. In the year of 1950-1960s people ascribed it to him when looking up the word “ noble origins” of Verdicchio someone thought to connect some terms in a page wrote by Cimarelli himself in his Istorie of Urbino State. The third book of the origin and the triumphs of Corinalto, printed in Brescia in 1642. After checking the original volume they discovered the false. Except for some words or phrases badly restored also, the reference to Verdicchio is not existing. The history or rather the legend had a success and it was transcribed by those who have wrote about the Verdicchio. The vine cultivation in an Romanic and pre-Romanic period it is not a legend but an historic event that the archaeological excavations have widely confirmed. We refers to vitis viniferous cultivated by the farmers not to the vitis vinifera silvestris, that is a wild vine grown spontaneously with other vegetation moreover found into travertines in fossil vines of the quaternary found at Ascoli Piceno. We can find he first signs of the vitis vinifera in the iron age (IX century B.C.) in a carbonised grape-stones found at Moscosi of Cingoli and two hundred grape-stones came to light from the tomb of Villa Clara of Matelica dated at the end of VIII century. B.C. they show the vine cultivation and the use of the grape with cultural and food purpose and in the bins found close to the warrior attests the use of wine also. It came to light with other ceramics hand-made, bins to mix water and wine (Cratere) and a drinking wine cups (“Kilix”), the first about 510 B.C. and the second one of 470 B.C. in a necropolis at Pianello Vallesina (Castelbellino), in the second ten days of the month: attic ceramic that shows the use of wine. In the Imperial time agriculture was growing, while declined in the period of barbaric invasion, Graeco-gothic war of the VI century and with the presence of Longobard in the Apennines ridge line from the VII century. The monks had, then, an important rule about restarting of agricultural landscape. The old land register of Jesi town Hall (at the end of XIII century) certifies a strong presence of vineyards and lands planted with vines in all valley. Mediately, according to different studies in this period in the Vallesina area almost all of the landowners, the smallest also had got a vineyards until a maximum of half ectare. We don’t know if these wine grapes and these vineyards were made of Verdicchio and if the monks, agri- 21 culture hired men and landowners drank the homonymous wine, but what we know is that it was abundant. After the development of the cities, the wine became from beverage drink reserved to noble people, monks or for a liturgical use only, a drink of wide consumption. There weren’t specific names that indicated individually grapes, wines and vineyards the most common name was” Trebbiane Grapes ”.We have a clear wetness of the word “Verdicchio” in the VI century. The first wetness back to 1569s. It has been gave to us by Costanzo Felici (1525-1585) a Marches botanic born in Piobbico who inserts in a long letter addressed to the doctor and naturalist Ulisse Aldovrandi, the word “Verdicchio” in a list of gripe table and not gripe wine and differentiating it as first among the botanics, from Trebbiano, to malvasia and from other quality of gripes. The letter written by Felici is very important to establish also that the Verdicchio wine didn’t give until that time, an homonymous wine like nowadays. It’s not all, in effect the botanic of Piobbico give us to believe also that Verdicchio didn’t contribute to make other wines because of his consideration like a fruit in season to take at the end of the meals. Further sign that a Verdicchio grape was present both in the north and central Marches territory in that period, is provide us by a student called Mambrino Roseo (1500 – 1580) born in Fabriano who had the merit to translate from Spanish the most famous agriculture treatise known mainly in Europe, written by Gabriel Alonso d’Herrera “Obra de agricoltura compilada da diuersos auctores”. Translation back to 1557, and Spanish word “torrontés” became a synonymous of the word “Verdicchio”. The doubts about the words “torrontés” and “Verdicchio” but not only for this, had been already raised by the famous French ampelograph J. RoyChevrier at the beginning of the VIII century, spoke about a strange translation in which there is a correlation of Spanish wine grapes names that become Italian. It was uncertain if the Verdicchio was an autochthon or imported vineyard. In fact an hypothesis about his import had been done, from the northern Italy in the second half of V century, when a remarkable “Lombard” colonies settled not only at Santa Maria Nuova invited by Jesi town hall after a demographic decimation caused by the plague, but they spread all along the Vallesina area castles. Named “Lombards” they came from Verona, Bolzano, Lodi, Parma, Mantova etc.. they were artisans, especially farmers. After one century of their presence on the territory someone noted in a viticultural field astonish results thanks to untiring work of the Monteroberto (An) “Verdicchio dei Castelli di Jesi”. An history north expert farmers. In the past specific studies showed resemblances and common features between Verdicchio wine and Trebbiano wine of Soave. Recently instead, scientific analysis included dna test, have showed white Verdicchio wine as a synonym recognized as Trebbiano of Soave and Trebbiano of Lugana, variety wrote separately in the national catalogue of the grape’s variety until a very short time ago. Even if for the Verdicchio vineyard is confirmed the “Lombard” derivation now the particular adaptability of the vineyard to our soils about the geo-morphological aspect and at the specific habitat of our territory, characterize it as native vineyard that give rise to the unmistakable wine for sapidity and almond bitterrish aftertaste. Since XIX century the Verdicchio wine know his development even if mentioned and cultivated with other vineyards. People talk about the vineyard of the central Marches and specifically belonging to the Vallesina area. Meal wine but probably sparkling wine. Vineyard cultivation was amplifying on the castles that looking on the Esino valley for this reason in 1923 the national Economy ministry commends the wines composed by Verdicchio of the current territory of Jesi castles. In 1963 with the low no.116b on 3rd February the government receives the permission to enact lows for protection of the origin denomination of the musts and of the wines. These lows are enacted with D.P.R. no. 930 on 12th July 1963 .This is a legislation that 1. AA. VV., Atti del convegno di studi su Vincenzo Maria Cimarelli da Corinaldo; Centro Culturale Comunale, Corinaldo 1988. 2. Vincenzo Maria Cimarelli, Istorie dello Stato di Urbino. Libro terzo dell’origine, e successi di Corinalto, Brescia 1642, capitolo II, pp. 5-6. Ristampa anastatica, Forni, Bologna 1987. 3. Uno studio critico del testo apocrifo è stato fatto nel volume di Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, GESP, Città di Castello (PG) 1991, pp. 47-48 e qualche anno prima da Corrado Danti, Il re dei Visigoti e il verdicchio, un incontro mai avvenuto, in Il Massaccio, n. 24 del 22 maggio 1988. 4. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 49 5. A. Marescalchi – G. Dalmasso, Storia della vite e del vino, Unione Italiana Vini, Milano 1979, pp. 343 e 353. 6. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 49. 7. Ivi, p. 6. 8. Ivi, pp. 5-7. 9. Archeo, XVI, 8(186), 2000, p. 98. Giuliano De Marinis – Mara Silvestrini, La tomba di Villa Clara in Archeologia a Matelica –Nuove acquisizioni. Catalogo della Mostra, Matelica, marzoottobre 1999, pp. 41-47 e Piceni. Popolo d’Europa. Catalogo della Mostra, De Luca, Roma 1999, pp. 76-78. 10. AA.VV., La ceramica attica, Ancona 1991, pp. 20, 25 e 110115. 11. Per la situazione nel periodo dopo la crisi dell’impero romano marks the new age of Italian wine viticulture. So, producers and institutions moved to obtain what law provided: in 1957 they obtain the D.O.C. “Rosso Conero” and Matelica Verdicchio wine, and in 1968 the Verdicchio wine of Jesi castles. For the latter wine cited there was the moving of the Cupramontana, Castelplanio and other castles producers who want to call it “Verdicchio dei Castelli di Jesi” name already used for decades to indicate the area of production. The art.no.8 of “production regulation joint to recognition decree, specify the territory of the “Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico” from that “Verdicchio dei Castelli di Jesi”, the first denomination gave to the product of the oldest primary zone. It includes the following small country towns: Apiro, a part of Arcevia, Belvedere Ostrense, Castelbellino, Castelplanio, Cupramontana, Maiolati Spontini, Mergo, Montecarotto, Monte Roberto, Morro d’Alba, Poggio San Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo of Jesi, Serra de’Conti, a part of Serra San Quirico, Staffolo. The territory situated instead at the left of Misa river, can use only the denomination of “Verdicchio dei Castelli di Jesi”, it includes the following areas: Barbara, Castelcolonna, Castelleone di Suasa, Corinaldo, Monterado, Ostra, Ostra Vetere and Ripe. The large part of production is in the province of Ancona,only a small part of lands is in the province of Macerata. The years marked by the Verdicchio DOC recognition by now forty years and over, are vedi Carlo Vernelli, La coltivazione della vite in un’area mezzadrile, in “Proposte e ricerche”, fasc. 60 (1/2008) pp. 155-156 12. Francesco Menicucci, Memorie istoriche della Terra di Massaccio, Fermo 1793, appendice I, p. 223 e Riccardo Ceccarelli, Le strade raccontano. Piazze, strade e contrade di Cupra Montana, GESP, Città di Castello (PG) 1991, p. 200. 13. A. Marescalchi – G. Dalmasso, Storia della vite e del vino in Italia, cit., vol. II, pp. 138-139.. 14. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, cit., p. 14. 15. Ivi, p. 17, nota 28 con bibliografia. 16. Francesco Menicucci, Memorie istoriche di Massaccio, Fermo 1793, p. 70. Vedi anche Staffolo, Jesi 1997, a cura di Corrado Danti, p. 219 che ripropone in copia anastatica il testo del Villani pubblicato a Venezia nel 1562, alla pagina 183. 17. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, cit., pp. 16 e 52-53. 18. Ivi, p. 55. Costanzo Felici, Scritti naturalistici. Del’insalata e piante che in qualunque modo vengono per cibo del’homo, a cura di Guido Arbizzoni, Quattroventi, Urbino 1986, p. 105. 19. Giancarlo Castagnari, Mambrino Roseo poligrafo nel Cinquecento traduttore dell’agronomo spagnolo Gabriel Alonso d’Herrera in “Proposte e ricerche”, fascicolo 59 (2007), pp. 8393. 20. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 56. been characterized by increasing quality so much to become the most appreciated and famous Marches white wine. The history of the last years is the story of a lot of companies that are engaged themselves for a product that has been appreciated in the past and more and more nowadays. An appreciation showed in continuous agreement by national, international, and worldwide territories. Big and small companies with a family business also, have aimed to a quality and uniqueness of a product that hasn’t equal in the other territories. The way of this qualitative growth and the dynamics of foreign markets where the Verdicchio is present, from Japan to Chine, from USA to Russia until to the northern Europe nations, it has been analysed during the year 2008 in the course of some meetings on the occasion of fortieth anniversary of the D.O.C. The Verdicchio wine of Jesi castles the most important Marches white wine has need to a promotional unitary strategy closely related to the history of the territory and of the region as well as geo-morphologic characteristics of the production area that makes it unique and unmistakable. In the contest of new European laws also, the Verdicchio wine will must find the modalities more suitable to propose his characteristic assuring so his secular history linked to the work of many generation. An history, therefore that retracing the past give and suggest an image more coherent and more suitable. 21. J. Roy-Chevrier, Ampélographie rétrospective, Montpellier 1900, p. 145. 22. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp. 56-57. 23. Ibidem. 24. Ivi, pp. 18-21. 25. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVII, Cupra Montana 1986, pp. 11 e 30. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVIII, Cupra Montana 1993, pp. 23, 26, 28. 26. Ceccarelli Riccardo, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp. 25-26. 27. Ivi, pp. 27-28. 28. Angelo Antonio Rastelli, Il Dottore della Villa, Floro Flori Editore, Jesi 1885, terza edizione, p. 300. 29. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Affissi murali del secolo XIX, Cupra Montana 1996, p. 135. 30. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVII, cit., pp. 11 (1686). A. Nocchi-R Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVIII, cit., p. 23 (1776). 31. Vedi in testo integrale della “Istruzione sul miglioramento de’ vini nel dipartimento del Metauro” in Contadini marchigiani del primo Ottocento. Una inchiesta del Regno Italico, a cura di Sergio Ansemi, Editrice Sapere Nuovo, Senigallia 1995, pp. 365-370. 32. Vitaliano Cinti, I 120 anni del “Cuppari”, Centro Studi Jesini, Jesi 1980, pp. 65-68. 33. Vedi Vitigni e vini della Marca di Ancona, a cura di Riccardo Ceccarelli, Provincia di Ancona, Ancona 2007, pp. 14-15. 34. Il testo è riprodotto anastaticamente nel volume Vitigni e viti della Marca di Ancona, cit., p. 75. 35. Ivi, p. 110. 36. Si tratta del Ampelographisches Woerterbuc di Herman Goethe, Vienna 1876, p. 151. Per gli argomenti e la relativa bibliografia vedi Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp. 32-34. 37. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op.cit., pp. 66-67. 38. Riccardo Ceccarelli, Staffolo. Città del Vino e Terra di Verdicchio, Comune di Staffolo 2005, pp. 32-34. 39. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp. 30, 76-78. 40. Vedi “Listino dei prezzi” in Cupramontana nel 900. Modifiche al tessuto urbano ed i segni del Liberty, a cura di Riccardo Ceccarelli, Cupramontana 2009, p. 100. 41. Vedi testo in Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 66. 42. Riccardo Ceccarelli, Staffolo. Città del Vino e Terra di Verdicchio, cit., pp. 39-41. 43. Riccardo Ceccarelli, Fondazione Carifac, Fabriano 1997. 22 Staffolo (An) Festa bella, festa profonda, festa vera di Andrea Brunori “Era di notte, nel paese di C…, al tempo degli ultimi giorni di settembre, una festa di vendemmiatori e vendemmiatrici: festa bella, festa profonda, festa vera: rimasta, ineffabile, nelle mie memorie. Era, per le strade notturne, uno schioccare di fruste di vendemmiatori, un trotterellare d’asini scuotendo bigonce: era, sotto la luna scintillante, un mite esercito, in marcia, di vignaiuoli e vignaiuole: che recavano dai colli bigonce colme d’uve bianche e nere: recate in paese a frangere nei tini padronali”.1 E’ con queste immagini intensamente vissute e pittoriche, che Luigi Bartolini2 tratteggiava il rito, magico e sacrale, della vendemmia nel suo paese natio ad anni di distanza dalla sua partenza da esso alla volta della capitale. Una festa della vendemmia che “si riaccendeva” per la “distesa del paesaggio marchegiano, di colli digradanti dalla montagna alla marina dorica”. E dalla cui vibrante umanità scoccava la scintilla della festa popolare spontanea ed arcaica: “..nelle fumose cantine del paese di C… eravamo alle grandi scene della pigiatura. Una lucerna rischiarava, con il suo triangolo di luce gialla, le fumose pareti a volta, piena, scalpellata nel tufo. Sembrava d’essere nel mitico antro del dio Bacco. [..] Duravano, le fatiche dei pigiatori sino al far della notte. In ultimo, i polpacci rosseggiavano tinti di mosto. Un odor d’umori d’uve spremute s’era diffuso lungo il vicolo della cantina a tinello. Andavano, donne e uomini, alla fontana dell’antica piazzetta di San Leonardo a detergersi il viso, le mani, i polpacci: e, dopo aver faticato così gravemente per l’intera giornata, ecco che avevano il coraggio di riprendere nuovo aire, nuovo vigore: da tanto che qualcuno proponeva di mettersi a ballare, per concludere la vendemmia in una grande festa sulla maggior piazza del paese. Balli s’accendevano fra i canti ed i suoni di melodiose fisarmoniche e di cembali leggeri. Tale era, e certamente è rimasta, nei lontani paesi, puramente vergiliana la festa della vendemmia. In Città, no. In Città, su mille cittadini forse uno rammenta, a settembre, la festa della vendemmia (e se ne rammenta come d’un sogno)”.3 E tali sono rimaste, immutate nella vigorosa e schietta allegria, nel carattere popolare e audace, le feste legate alla vendemmia nella terra natia dello scrittore: quella Vallesina cuore e anima della produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Immutate sono rimaste le celebrazioni autunnali di tanti piccoli centri dei colli marchigiani: per il grande coinvolgimento emozionale che suscitano, per il fascino che esercitano sul visitatore, per la capacità innata che posseggono di unire le persone in un sentire comune. Ben più del marketing e delle politiche di comunicazione è forte ancor oggi il richiamo spontaneo che queste feste esercitano su migliaia di persone nelle Marche, in Italia e sempre più all’estero. Sono momenti di gioia di paesi che “si ritrovano” in piazza fisicamente e culturalmente. “Hic bibitur” (qui si beve) aleggia nelle vie dei centri storici nei giorni di festa. In quel “si beve” c’è tutto: il sano orgoglio per le proprie radici, la celebrazione della coesione della comunità marchigiana laboriosa e geniale, l’esaltazione dell’uomo come parte pulsante della natura. Nei Comuni ricchi di vigneti coltivati a Verdicchio le festa del raccolto e della fecondità della terra, della vendemmia e del nettare di Bacco, sono la diretta emanazione delle antiche celebrazioni picene e romane della fertilità. Un fil rouge le rimanda direttamente ai Liberalia e ai Baccanali4. La più nota di queste, per storicità, dimensioni e affluenza, si tiene proprio nella patria di Bartolini, dove dal 1928 la “Sagra dell’uva” accende il primo fine settimana di ottobre in un divampare di folclore e gastronomia tipica, musica e danze, avvolgente allegria. La sagra cuprense è seconda in Italia per longevità, di appena due anni più giovane di quella di Marino, sui castelli romani5. Anche il mantenimento della dicitura sagra è stato fortemente voluto dai cuprensi, a dispetto di proposte ‘modernizzanti’, per conservare e rimarcare il legame antico con la ruralità e il forte coinvolgimento popolare che la manifestazione esercita: un evento a cavallo tra sacro e profano6. “Le piazze e le vie di Cupramontana rigurgitavano di gente - riportava il Corriere Adriatico all’indomani della prima edizione della Sagra - Balconi e finestre erano imbandierati ed illuminati: ovunque erano esposti a profusione grappoli d’uva magnifica [..] All’entrata del paese, sotto le antiche logge del Municipio, attirava l’attenzione un riuscitissimo chalet, in mezzo al quale troneggiava una imponente botte di verdicchio di 140 ettolitri, mentre tutto all’intorno erano esposti cestini di uva e fiaschi e bottiglie, che venivano distribuiti ai numerosissimi visitatori da graziose signorine del paese, indossanti caratteristici costumi contadineschi. Nel mezzo della piazza era stato costruito un grande arco trionfale, anch’esso adorno di uva e splendente di luce; e poco discosta sorgeva la Casa dell’Uva fatta con decine di splendidi grappoli [..] Alle ore 18, come stabilito nel programma, sono usciti i carri allegorici, indovinatissimi, costruiti con gusto artistico ammirevole [..] Fecero tre volte il giro della piazza 25 passando sotto l’arco trionfale, tra continui calorosi applausi..”7. Peculiarità della Sagra dell’Uva della Capitale del Verdicchio sono infatti le caratteristiche “capanne” (stand gastronomici realizzati con canne, arbusti ed edera, dove gustare tipicità culinarie e Verdicchio locale) e i carri allegorico - vendemmiali che dal 1928 caratterizzano la kermesse della domenica. Un aspetto peculiare delle odierne sagre cuprensi è, secondo lo studioso Alfredo Nocchi, proprio quello carnevalesco che trae origine dagli irriverenti Baccanali di epoca romana che ora trovano la loro moderna espressione appunto nei carri allegorici. Tanto che secondo alcuni proprio dai Baccanali deriverebbe il Carnevale stesso. “I carri allegorici - scrive il Nocchi - con trionfalistica enfasi reclamizzano, anche ai limiti dell’assurdo, le virtù del verdicchio, i loro passeggeri mascherati nelle fogge più diverse [..] quella voglia di trasgressione che, verdicchio regnante, sembra animare una folla cui, «bis in anno», è concesso di «insanire»”8. Per celebrare i vendemmiatori e le vendemmiatrici di un tempo numerosi sono i cantori degli stornelli (i canti irriverenti e schietti che riecheggiavano un tempo nei campi, nelle osterie, sull’aia al tempo del raccolto) e i gruppi folk che si cimentano nella caratteristica danza del saltarello. Da diversi anni la sagra ospita il “Palio del Verdicchio”: gara di pigiatura con i piedi, in tini di legno, tra le rappresentative dei comuni a maggiore Beautiful, deep and true festival! The autumnal grape harvest celebrations of many small cities of the Marche’s hills haven’t changed, thanks to their great emotional involvement, for glamour excited on the visitor and for innate ability to link people in a common feeling. It’s very important today, much more of marketing and communication policies, the spontaneous attract that these festivals have towards thousands of persons in the Marches, in Italy and more and more abroad. They are joyful moments of countries that found themselves physically and culturally in a public square. In the rich cities of cultivated vineyards of Verdicchio, the harvest festivity, the earth fecundity , the grape harvest, and the nectar of Bacchus, are the directed emanation of the ancient Picene and Romans celebrations of the fertility. A continuity that goes back directly to Liberalia and Bacchanals. Most famous than these for historicity, sizes and crowd, own in the native land of Bartolini is kept since 1928 “the Grape festival” that open the first weekend of October, it is an explosion of folklore and typical gastronomy, music, dances and sweeping joy. The Cupra’s Festival is in the second place in Italy for longevity, it’s two years younger than that of Marino on Roman castles. The preservation of the wording “ festival” has been intentional from Cupra’s people in spite of modern proposals, in order to preserve and notice the old tie with country places and the strong popular involvement exercised by the manifestation: an event that links sacred and profane. “The public squares and the Cupramontana ways overflowed by people – related by Corriere Adriatico, the next day of the first edition of the Festival balconies and windows were decked with flags and lighted: anywhere magnificent grape bunches were showed in abundance”. At the entrance of the country under the old loggias of the Town Hall, a successful chalet attracted people’s attention, in the middle of which dominated an enormous barrels of Verdicchio wine of 140 hectolitres, while all around were exposed baskets vocazione vitivinicola del comprensorio del Verdicchio. Da sempre la sagra è un momento collettivo che unisce ogni fascia d’età. Negli ultimi anni la manifestazione si sta imponendo sempre più come momento di cultura enologica tra i giovani (che la frequentano con grandissima affluenza). Un esempio della possibilità di dare vita a un modello di festa (ancorché appassionato e dal tramonto all’alba) in cui le nuove generazioni sono protagoniste della loro maturazione di consumatori e non solo, come spesso avviene, ameno oggetto di studi sociologici e convegnistica. Di tutti questi valori sociali e culturali quello del colle di Cupramontana è un focolare che trova epigoni, con le stesse venature di storicità e fascino, nelle feste che da decenni vengono organizzate a Staffolo, Arcevia, Montecarotto, Rosora. Anche qui uomini e donne d’ogni età, anche provenienti da molto lontano per l’occasione, “lieti il dolce vino bevono/alla grata mensa amica,/e fra loro ognun dimentica/la sofferta aspra fatica”.9 Folclore, allegria popolare, enogastronomia tipica, promozione delle attrattive produttive e turistiche si intrecciano, in ognuna di queste manifestazioni, con la conservazione e valorizzazione delle radici culturali locali. A Staffolo, il cui toponimo secondo alcuni deriverebbe dal vocabolo greco staphilé (grappolo d’uva), la Festa del Verdicchio si tiene ad agosto ed è uno degli appuntamenti di maggiore tradizione dell’entroterra della provincia di Ancona. Nel 1966 nasce la Festa (oggi curata da uno specifico Comitato per la Valorizzazione del Verdicchio) e, accanto ad essa, il Premio Nazionale “Verdicchio d’Oro”. Così che a completamento del carattere gaudioso della sagra vera e propria si tenesse ogni anno un momento di forte valore culturale e richiamo mediatico, prezioso per l’intero comprensorio e per la vitivinicoltura ragionale. Il Premio, che vede la partecipazione dell’Accademia Italiana della Cucina, si tiene annualmente nel mese di settembre. Prevede occasioni di dibattito e approfondimento con esperti di settore e, dagli Anni Sessanta ad oggi, ha visto premiati i grandi nomi dell’arte gastronomica, dello spettacolo, del giornalismo e della cultura che nell’ambito delle loro attività hanno contribuito alla conoscenza e alla valorizzazione delle eccellenze vinicole della Vallesina e delle Marche. Ad Arcevia le vie e le piazze del centro storico si riempirono dei rumori e dei sapori della prima Festa dell’Uva nel settembre del 1954. Da quella data l’appuntamento è cresciuto per notorietà e appeal, mantenendo il saldo legame con la riproposizione della civiltà contadina, dei suoi valori e dei suoi pregiati prodotti. Tramandata di generazione in generazione la manifestazione arceviese si è sviluppata senza soluzione di continuità, anno dopo anno, richiamando un numero crescente di visitatori dalle Marche e non solo. Con il passare delle edizioni il Verdicchio ha fatto da traino a temi come la riscoperta dei piatti poveri della tradizione rurale, la difesa dell’ambiente, il “buon ristoro”, il biologico in agricoltura, eccetera. La Festa dell’Uva di Arcevia è tra le poche che possono contare sulla verve e sulla vitalità carnascialesca dei carri allegorici. Da alcuni anni la manifestazione ospita anche la Giostra del Vino, competizione tra gli antichi castelli del with grapes, flasks and bottles dealt to numerous visitors by graceful Miss wearing a typical rustic costume. In the centre of square has been constructed a great triumphal arch, it had also a shining light and it was covered by grapes, near by there was the house of the grape composed by ten wonderful bunch of grapes. The features of the Grape festival of the capital of Verdicchio are in fact, the characteristics huts (gastronomic stands made by canes, shrubs and ivy where you can taste speciality culinary and local Verdicchio) and the allegorical grapes-harvest wagons are the features of the Sunday festival since 1928. A peculiar aspect of nowadays Cupra festival, according to Alfredo Nocchi, is the carnival aspect that draws origin from the irreverent “Bacchanals” of Roman age that now find their modern expression own in the allegorical wagons. People think that the carnival comes from the Bacchanals feast. With the aim to celebrate the vine-harvesters of the times past, there are many singers of stornelli(frank and irreverent songs that re-echoed through the fields, in the taverns and on the threshing floor in the harvest time) and the folk group that attempt to the typical dance called “saltarello”. The festival from several ages has the “Palio del Verdicchio” this is a winepressing competition by food in wood’s tub, between the representative of municipalities to grater wine vocation of the Verdicchio territory. Among all the social and cultural values that one of Cupramontana hill is an hearth that finds followers with the same veins of historicity and glamour in the festivities that from decades are organised in Staffolo, Arcevia, Montecarotto and Rosora. Folklore, popular joy, typical oenograstronomy, promotion of the productive and tourist attractions are interlaced in each of these demonstrations with the conservation and valorisation of local and cultural roots. At Staffolo, whose place name according to someone, would come from Greek. word “staphilé” (grape bunch) the Verdicchio festival is in August and it’s one of the greater traditional appointments in the province of Ancona hinterland. The festivity was born in 1966 (today followed by a specific Committee for the valorisation of Verdicchio) and close to it the National Prize “Verdicchio d'Oro”. At Arcevia the ways and the public squares of the historical center were filled up of the noises and the tastes of the first festivity of the Grape on September 1954. With the aim to spread the typical native product to a public more and more wide and interested, the “Verdicchio in festa” of Montecarotto, town situated in the centre of production area of “Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico” it begins from the traditional leitmotif of the popular festivals. The demonstration was born in the 80’s and it happens on July and it is characterized (beside to the classic popular interest of the oenogastronomic festivities) by the offer of a qualified meeting place of the field, for the oenologists ways and the tasting thought in order to spread the culture of drink good wine, for the connections 26 territorio comunale. Parte dai leit motiv tradizionali delle sagre popolari per far conoscere ad un pubblico sempre più vasto e interessato il tipico prodotto locale, il “Verdicchio in festa” di Montecarotto, Comune al centro della zona di produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico. La manifestazione, nata negli Anni Ottanta, si svolge a luglio e si caratterizza (accanto ai motivi di richiamo classici delle feste enogastronomiche) per l’offerta di una qualificata convegnistica di settore, per i percorsi enologici e le degustazioni pensate per diffondere la cultura del buon bere, per i collegamenti con la filiera agroalimentare regionale che trova nel Verdicchio il suo più noto e apprezzato biglietto da visita. Accompagna le dinamiche del mondo vitivinicolo anche il convegno di studio che annualmente viene organizzato in autunno nel piccolo Comune di Rosora. Il primo appuntamento venne realizzato nel 1972 proprio tenendo conto dell’attribuzione della Denominazione di Origine Controllata che imponeva ai produttori del Verdicchio dei Castelli di Jesi un aggiornamento e un confronto costante che portassero ad affrontare, in maniera concertata e strategica, le crescenti sfide del settore. L’appuntamento è divenuto tradizionale e importante sino ad oggi e si è mantenuto prezioso per una corretta informazione. Divenendo una ricorrenza caratterizzante del cartellone della paesana Festa della Sapa: uno dei più antichi e ora rari prodotti della civiltà contadina marchigiana, otte- 1. Luigi Bartolini. Miti Baccanti, da Signora malata di cuore, Vallecchi, Firenze, 1954. 2. Luigi Bartolini (Cupramontana 1892-Roma 1963). Pittore, scrittore e poeta, acquafortista di fama internazionale, fu tra i maggiori incisori del Novecento. Personaggio mistico e sensuale, nostalgico e vigoroso, non aderì a nessuna delle correnti artistiche della sua epoca, fu invece fedele alla sua visione equilibrata e rigorosa delle cose e della natura quasi fosse uno specchio su cui confrontarsi. Tra le sue numerose opere letterarie vanno ricordate: Ritorno sul Carso (Mondadori, Milano 1930), Passeggiata con la ragazza (Vallecchi, Firenze 1930), Ladri di biciclette (Polin, Roma 1946). Da quest’ultima opera trasse ispirazione l’omonima celeberrima pellicola neorealista di De Sica e Zavattini. 27 nuto tramite la lunga bollitura del mosto in caldai di rame. A corollario delle feste ‘storiche’ dedicate al Verdicchio dei Castelli di Jesi, nel comprensorio dove nasce questo vino paglierino dal retrogusto amaro si snodano durante tutto l’anno feste enogastronomiche dedicate ad altre tipicità, che sono tuttavia caratterizzate dalla stretta correlazione tra l’evoluzione economico - sociale locale e la produzione del Verdicchio. Non è finalità di questa sede richiamarle tutte, al pari di quelle che le nebbie del tempo hanno purtroppo avvolto e delle molteplici iniziative che negli ultimi anni vengono realizzate ad opera di enoteche, associazioni di categoria, soggetti pubblici e privati. Meritano comunque una nota, in questo breve excursus, due ben strutturati e a modo loro originali musei. Il Museo dell’Arte del Vino di Staffolo, pregevole esposizione degli strumenti della tecnica enologica di un tempo (tini, botti, pigiatrici e un torchio in quercia della fine Seicento, dialettalmente noto come frisculu) e il Museo Internazionale dell’Etichetta del Vino di Cupramontana. Inaugurato nel 1987 si arricchisce di anno in anno di nuovi esemplari (antichi, moderni e bozzetti d’artista): attualmente è arrivato a conservare circa centomila esemplari di etichette provenienti da tutto il mondo. “Quando arrivava l’autunno, a casa si cominciava a progettare l’escursione gastronomica settimanale; allora non si chiamava ancora week-end, ma solo “gitarella”, comunque l’obiettivo era lo stes- 3. Luigi Bartolini. Miti Baccanti 4. Le feste vendemmiali marchigiane affondano le radici nei riti pagani delle popolazioni picene prima e romane poi, radici che i secoli non hanno inaridito. Si ricollegano alle Liberalia celebrate a Roma sin dai tempi di Numa in onore di Liber e Libera, dei del grappolo, alle Vinalia e alle Meditrinalia, esaltanti l’uva e il vino come sostanze medicamentose. Cfr. R.Ceccarelli, A.Nocchi, E.Stolfi, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, Cupramontana 1991. 5. Nel 1930 il Governo fascista rese obbligatoria in ogni Comune la “Festa Nazionale dell’Uva”. Cupramontana è uno dei pochi centri dove la celebrazione della vendemmia e del vino locale presero forma in maniera spontanea ancor prima di questo ‘imprimatur’ proveniente dal governo centrale. so: riposarsi, stare con gli amici, mangiare bene e mandare all’inferno i pensieri molesti. Teatro di apocalittiche mangiate, prima con i miei genitori e i loro amici, poi con la masnada dei compagni di scuola, erano sempre i paesini dell’interno che avevano il pregio di produrre il vino più genuino ed elettrizzante delle Marche: il Verdicchio”, raccontava l’indimenticata e indimenticabile Valeria Moriconi10 a proposito delle sue gite giovanili alle feste vitivinicole della Vallesina. “Macchine scalcagnate, Vespe di quarta mano, biciclette sverniciate salvate dalle razzie dei tedeschi, erano i nostri mezzi di locomozione; la festa del vino a Cupramontana o Staffolo [..] con carri allegorici e le botti straboccanti di Verdicchio in piazza, ci vedevano sempre presenti ed il ritorno a casa era inesorabilmente sull’ “allegro molto» o «andante con moto»”. Nonché una delle poche organizzata con continuità appunto dagli anni Venti. 6. “Sagra è la trasformazione volgare del termine dotto sacra, che per i romani indicava non solo le cose sante agli dèi e agli uomini, quanto le cerimonie sacre, celebrate solennemente per una determinata ricorrenza e i riti e i sacrifici ad essi collegati. Nella lingua volgare il termine è entrato nel significato di festa popolare e quindi di festa annuale di tipo popolare, in cui si esalta o si consacra qualcosa che è tenuto in particolar conto. [..] In seguito la parola si è estesa a significare una festa popolare [..] con spettacoli e giochi, in cui la commistione del sacro e del profano, come avveniva un tempo nella società rurale e patriarcale è inscindibile e non facilmente delimitabile”. Cit. da Storia e storie della Sagra with the agricultural regional food chain that finds in the Verdicchio its most famous one and appreciated business card. With the events of the wine’s world there is also the meeting that actually is organised yearly in Autumn in the small town of Rosora. The first appointment was realised in 1972 considering the attribution of controlled denomination of origin that imposed to the producers of the “Verdicchio dei Castelli di Jesi” a modernization and a constant comparison that carried to face in a strategic way the rising challenges of the field. A particular note goes to the two original and very structured museums. The Museum of Art and Wine in Staffolo, a valuable exposition of the instruments of the oenological techniques (vats, barrels, wine-press, and a oak press at the end of 1600's, dialectically known as frisculu) and the International museum of Cupramontana label wine. The museum has been inaugurated in 1987 each years is enriched by new exemplary (ancient, modern and sketches of artist): currently it has succeeded in to conserve approximately one hundred thousand exemplary of labels coming from all over the world. dell’Uva di Marino, Marino 1984, pag. 32. 7. Articolo comparso sul Corriere Adriatico del 24 settembre 1928 dal titolo “La sagra dell’Uva a Cupramontana” 8. R.Ceccarelli, A.Nocchi, E.Stolfi, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, Cupramontana 1991 9. Giacomo Leopardi, Zibaldone 10. Valeria Moriconi (Jesi, 1931-2005). Passata al teatro dopo una prima attività cinematografica (anche con l’avallo di Eduardo De Filippo), è stata una tra le più significative attrici della scena italiana. Protagonista di importanti pellicole e con interpretazioni di successo in diversi sceneggiati televisivi, il vero amore della sua vita artistica fu però sempre il teatro. 11. Marche Magazine de Il Resto del Carlino Clizia Pavani I Comuni del 29 Castelbellino - Clizia Pavani erdicchio dei Castelli di Jesi Apiro Da Pire, Piro, Lapiro, vecchi appellativi di Apiro, una cosa è certa: ci sono due possibili vie percorribili per arrivare alla scelta del nome. La prima fa derivare il nome dal greco pjr, pjros (fuoco), mentre la seconda ipotesi è quella di una derivazione da un albero di pero posto sulla cima di una collina e visibile da ogni parte data la posizione, al punto da essere punto di riferimento per i viandanti e una terza ipotesi è quella che fa derivare il nome dalla Pira, oggetto usato nell’antichità per cremare i corpi dei re e dei sacerdoti, secondo alcuni reperti ritrovati in contrada Montalvello. Lo stemma di Apiro, comunque, ripropone l’albero di pero e il territorio da sottomesso ai Longobardi e ai Goti, divenne poi territorio dello Stato Pontificio e si caratterizzò per i molti Castelli: Insulas Orgalis, Civitella, Castreccioni, Castel Sant'Angelo, Castello delle Favete, Castello di San Pietro, Moscosi. Da segnalare l’annuale Festival Internazionale del Folclore. From Pire, Piro, Lapiro we have a certainty: there are two possibilities in order to arrive to the choice of the name. The first form the pjr, pjros (fire) while the second one is that the derivation from a pear tree place on the top of a hill, visible everywhere and useful datum-point for the wayfarers. The coat of arms of Apiro, however, propose again the pear tree, the territory that belongs to the Papal States is characterised for his many castles Insulas Orgalis, Civitella, Castreccioni, Castel Sant'Angelo, Castello delle Favete, Castello di San Pietro, Moscosi. It is important to remark the yearly folklore festival. 30 Arcevia The territory is situated between Marche’s and Umbria Apennines and the Adriatic sea. In this area besides the agriculture they have developed small and medium companies linked to shoe field, textile and mechanical. It is one of the territories of remarkable interest of Ancona hinterland, with its nine castles (Avacelli, Castiglioni, Caudino, Loretello, Montale, Nidastore, Palazzo, Piticchio, S.Pietro) and the richest history that has left numberless archaeological testimonies contained in the Archaeological State Museum. Il territorio comunale di Arcevia, prettamente collinare, è posizionato tra la catena montuosa degli Appennini umbro - marchigiani e il mare Adriatico. Sin dalla metà degli anni Settanta, accanto alla sempre presente agricoltura (i primi insediamenti rurali risalgono all’epoca romana), in questa area si sono sviluppate piccole e medie imprese legate prettamente al settore calzaturiero, tessile e meccanico. Il Comune di Arcevia è uno dei territori di notevole interesse dell'entroterra anconetano, con i suoi nove castelli (Avacelli, Castiglioni, Caudino, Loretello, Montale, Nidastore, Palazzo, Piticchio, S.Pietro) e una storia ricchissima che ha lasciato infinite testimonianze archeologiche, tutte racchiuse all’interno del Museo Archeologico Statale. 31 Barbara It sinks its roots in the invasions of Longobards installed here towards the end of VI century to the borders of the Byzantine city of Senigallia between the ancient roman cities of Ostra and Suasa. The first nucleus of actually inhabitant of Barbara developed themselves around the 12th century and very soon it was fortified by defensive walls and imposing bastions. In 1880 the Barbara town Hall entered into Ancona delegation, it was joint to Serra de’Conti municipality centre of government and then to the Municipality of Corinaldo, residence of the governor, under to which it remained also in the united Italy. Il Comune di Barbara affonda le sue radici storiche nell'invasione dei Longobardi: verso la fine del VI secolo un avamposto di questo popolo germanico ("barbaro" cioè straniero) si insediò qui, ai confini con il territorio della città bizantina di Senigallia, in posizione intermedia e dominante fra le antiche città romane di Ostra e Suasa, ormai abbandonate. Il primo nucleo dell'attuale abitato di Barbara si sviluppò intorno all'anno Mille e fu ben presto fortificato con mura difensive e imponenti bastioni. Trasformato in feudo ecclesiastico nei secoli dell'Alto Medioevo, divenne la sede principale dei monaci camaldolesi sitriani. Nel 1800 il Comune di Barbara entrò a far parte della delegazione di Ancona, fu unito al Comune di Serra dei Conti, sede di governo e poi al Comune di Corinaldo, residenza del governatore, sotto al quale rimase anche nell'Italia unita. 32 Belvedere Ostrense RAMSET Studio video (AN) Belvedere Ostrense ha origine medioevale. Presumibilmente la cittadina è stata fondata dai Monaci di Arcignano, a difesa dei feudatari vicini. Soggiorno di nobili famiglie jesine e di uomini illustri, a Belvedere non sono mancati edifici prestigiosi a cominciare dal teatro e dalla collegiata, ma una delle caratteristiche che oggi la rendono un’attrazione unica è il museo internazionale dell’Immagine postale, legato al patrono, San Rufo, protettore dei portalettere. Proprio questa specificità ha fatto sì che Belvedere Ostrense proponesse un’istituzione come il Museo per raccontare la storia dei vari sistemi postali del mondo e del loro sviluppo. La struttura nella sezione principale, infatti, raccoglie la documentazione (loghi, divise dei portalettere, sacchi postali, sistemi di trasporto, ecc.), ma poi si è dotata anche di sezioni artistiche come quella dove sono raccolti 400 francobolli eseguiti appositamente da pittori, scultori e grafici, italiani e stranieri. RAMSET Studio video (AN) It has probably the middle-aged origin founded by the Arcignano monks in order to defence feudatories. One of the characteristics that today render it an attraction unique is the international museum of the postal image joint to the patron Saint Rufo who is the patron of the postman. The museum told about the different world-wide systems and their development through a rich documentation (logos, postman wear, postal bags, transport systems etc..)and one collection of 400 stamps executed from painters, sculptors and graphics, Italians and foreigners. Castelbellino Castelbellino, per estensione (5,93 kmq), è il più piccolo Comune della provincia di Ancona, ma è tra i più densamente abitati. A 268 metri sul livello del mare, si trova a confinare con i territori di Maiolati Spontini, Monte Roberto e Jesi. E' il primo dei castelli che si incontra risalendo la media Vallesina direttamente da Jesi e nelle pendici della collina su cui sorge è ricco di vigneti e di vegetazione con zone di verde e di querce che caratterizzano il tipico aspetto agricolo tradizionale integrato in un panorama particolarmente godibile. Le zone a valle con le coltivazioni ortofrutticole danno il reddito maggiore, insieme alla tradizionale coltivazione del grano. Gli insediamenti urbani sviluppatisi negli ultimi decenni nella frazione Stazione e quelli artigianali e industriali in località Scorcelletti hanno trasformato profondamente un territorio che per secoli era rimasto immutato. It’s the smallest municipality of Ancona for his extension, but it is among them it is the most densely lived. It is at a high of 268 metres above sea level it’s the first one of the castles that we can meet going back the Vallesina average and in the slopes of the hill on which it rises it is rich of vineyards and vegetation. The zone at the valley with the fruit and vegetable cultivations give the greater yield, with to the traditional wheat cultivation. The city takeovers in the fraction and those handicraft and industrial ones in Scorcelletti locality have transformed a territory that for centuries was remained unchanged. Castel Colonna Castel Colonna, 1.069 abitanti, fino al 1921 si chiamò Tomba di Senigallia. È un piccolo centro storico su uno sperone naturale, il cui elemento saliente è costituito da una bella porta bastionata. Nel paesaggio agricolo che vi si gode è ancora possibile notare tracce delle tradizionali tecniche di coltivazione (vite coltivata in filari). Parte del territorio comunale è interessata per un breve tratto dal corso del fiume Cesano in corrispondenza della località Bruciata. Da segnalare sia la cinta muraria, del XIII secolo, largamente rimaneggiata (presente nella parte più antica una scarpata con parapetto e cornice di beccatelli) sia la chiesa di San Mauro Abate. Interessanti gli scorci panoramici dalla zona della "Croce", la collina di Montesalvatello, con vista dall'Appennino all'Adriatico, il Poggio di Francavilla (con vista sull'Adriatico e sulla valle del Fiume Cesano). It is a small historical centre on a natural spur of about 1069 inhabitants and till the 1921 it was called grave of Senigallia In the landscape is still possible to notice traces of the traditional techniques of cultivation (rows of vines ). It’s important to mark both the town-walls building, of the XIII century and widely modified the Saint Mauro church Abbot. Interesting are the overviw of the “cross" zone, the Montesalvatello hill, with sight from the Apennines to the Adriatic sea, the Francavilla hill (with sight over the Adriatic sea and over the Cesano River). Castelleone di Suasa It’s situated in dominant position on the right of Cesano river. It is famous for the ancient roman city of Suasa, whose area of diggings has become recently archaeological regional park . Today it is developed around the historical centre of medieval origin, with strong walls, a stronghold, the castle, the parochial church and the Renaissance Rovere palace. Situated in the bottom of the valley, exposed to the enemy incursions, in the Middle Ages became depopulated, while earth and vegetation hid the rests of the ancient splendour that since 2000 are usable to the public in the archaeological area and in the Civic Museum. Luigino Priori Giorgio Graziosi Fabio Medici Castelleone di Suasa si trova in posizione dominante sulla riva destra del fiume Cesano. Deve la sua notorietà all'antica città romana di Suasa, la cui ricca area di scavi è divenuta recentemente Parco Archeologico Regionale. L'attuale impianto cittadino di Castelleone si sviluppa attorno al tipico centro storico di origine medioevale, con forti mura, una Rocca, il Castello, la chiesa parrocchiale e il rinascimentale Palazzo della Rovere. Fondata come Senigallia dai Galli Senoni, data la sua posizione nel fondo valle, esposta alle incursioni nemiche, nel corso del Medioevo si spopolò, mentre terra e vegetazione lentamente nascondevano i resti del antico splendore che dall'anno 2000 sono fruibili al pubblico nell'area archeologica già menzionata e nel Museo Civico nel quale sono esposti parte dei reperti rinvenuti nella zona. Ubaldi, foto-video Jesi (AN) Giuseppe Gasparini, Castelplanio (An) The locality takes the name from the Castel of the Plan (from which Castelplanio) a fortress constructed in a level position as opposed to the abbey Saint Benedict of the Frondigliosi. It was completely destroyed after the siege of Nicolò Piccinino, called from the Pope to hunt Francisco Strains who got hold of the castle in 1433. The inhabitants that escaped at the siege and they rebuild the castle with a double town-walls of wall, tower, draw-bridge and an only door of access and from the beginnings of the XVI century represents one of the sixteen Jesi Castles. 37 Giuseppe Gasparini, Castelplanio (An) Situata in provincia di Ancona, la località prende il nome dal Castel del Piano (da cui Castelplanio) una fortezza costruita in posizione pianeggiante rispetto all’abbazia di San Benedetto dei Frondigliosi che era legata e dipendente dalla vicina abbazia di S. Elena di Serra San Quirico. Il Castel del Piano venne completamente distrutto dopo l’assedio di Nicolò Piccinino, chiamato dal Papa a cacciare Francesco Sforza che si era impossessato del castello nel 1433. Gli abitanti che scamparono all’assedio e lo fecero riedificare con una doppia cinta di mura, torrione, ponte levatoio e un’unica porta d’accesso e dagli inizi del ‘500 rappresenta uno dei sedici castelli di Jesi. Castelplanio Corinaldo Arroccato in posizione strategica tra la Marca di Ancona e lo Stato di Urbino, il borgo di Corinaldo ha il suo simbolo nelle imponenti mura, 912 metri, rimaste praticamente intatte dal Quattrocento. Le porte, i baluardi, le torri di difesa, i merli ghibellini a coda di rondine, i camminamenti di ronda contrassegnano il paesaggio di questo raro esempio di città fortificata dove ad apparire incongrui sono i segni della modernità, automobili o fili della luce. Perfetto set di un film di cappa e spada, Corinaldo si mostra con i suoi numerosi palazzi gentilizi e gli edifici civili e religiosi. Lo sviluppo artistico è dovuto principalmente alla presenza di grandi personalità come il pittore Claudio Ridolfi, che visse e morì a Corinaldo e l'organista Gaetano Antonio Callido che qui ha lasciato due eccezionali organi a canne, uno dei quali donato alla figlia, monaca di clausura negli ambienti oggi occupati dalla Pinacoteca civica. Di grande richiamo il Santuario di S. Maria Goretti, con l'ex monastero ora adibito a Sala del costume e biblioteca comunale, ingloba con fattezze settecentesche l'antica chiesa medievale di S. Nicolò. L'interno è un bell'esempio di tarda architettura barocca e custodisce numerose opere d'arte, tra cui una grande cantoria lignea che racchiude lo splendido Callido del 1767 di cui sopra (l’altro si trova nella cantoria lignea sopra la porta d'ingresso della Chiesa dell'Addolorata, consacrata nel 1755). A proposito delle Torri che si ergono dalla cinta muraria, di grande impatto è la quattrocentesca torre dello Sperone, alta 18 m. e di forma pentagonale, attribuita all'architetto senese Francesco di Giorgio Martini e più volte restaurata. 38 Il Sindaco di Corinaldo Livio Scattolini tra il Ministro del Turismo l’on. Michela Vittoria Brambilla e il Vicesindaco Cesare Morganti; a lato Fernando De Iasi, assessore al Turismo di Corinaldo Ma spicca anche quella dello Scorticatore (dove le mura raggiungono i 15 metri di altezza), quella del Mangano e quella del Calcinaro, che prendono il nome dalla professione che svolgeva chi vi abitava. Dalla Rotonda, invece, che fa parte dell'aggiunta rinascimentale terminata nel 1490, proseguendo verso il giro di ronda si accede ai Landroni, un corridoio porticato derivato dalla sopraelevazione degli edifici seicenteschi lungo via del Corso. Da lì si ritorna alle mura, che inglobano alcune imponenti porte bastionate. La parte più interessante della cerchia muraria è forse quella di Porta S. Giovanni, in quanto conserva inalterati molti elementi di difesa. L'architettura militare dell'epoca presenta in questo tratto tutto il suo corredo di saettiere, archibugiere, beccatelli, piombatoi e merlature. Situated between Ancona end the State of Urbino. Corinaldo has its symbol in the imposing walls, 912 meters, remained practically intact from the 1400's. The artistic development has had to the presence of great personalities like the painter Claudius Ridolfi and the organist Gaetano Antonio Callido who has left two exceptional canes organs here, one of which today admirable in the civic Picture gallery. It is of great recall S. Maria Goretti Sanctuary, with the ex-monastery now used in the town hall and communal library, than includes the ancient medieval church of S. Nicolò. The interior has numerous masterpieces, between which a great “cantoria lignea” that encloses the splendid Callido of 1767 (the other is found over the entrance door of Addolorata). In the town-walls building, of great impact it is the 15th century tower of the Spur, with a high of 18 metres, that of the Scorticatore 15m high, that of Mangano and that of Calcinaro. Corinaldo, aziende produttrici di vino: Armando Battistini Fattoria Laila Maurizio Mencaroni Nevio Mencaroni Giordano Spallacci Valerio Baldarelli Maurizio Brescini Tenuta del Bargello Boccafosca Cupramontana Presumibilmente Cupramontana fu fondata nel VI – V secolo a.C. e fece derivare il suo nome da un tempio che sorgeva nel territorio dedicato alla Dea Cupra. Distrutta durante la guerra greco – gotica (circa 500 d.C.), venne abbandonata e solo in seguito le sue rovine furono utilizzate per la costruzione di un posto fortificato che successivamente ha costituito una struttura portante per la realizzazione di un castello che sorse a poca distanza e in un luogo più elevato, al quale fu dato il nome Massaccio (massa di Accio). Solo nel 1861 Vittorio Emanuele II, dopo il desiderio espresso dal Consiglio Comunale, concesse, con Regio Decreto, a Massaccio di riavere il suo antico nome di Cupramontana. Presumablly founded in VI-V century B.C. its name come from a temple situated in the territory dedicated to the Goddess Cupra.It was destroyed during the Greek-Gothic war (approximately in the 500 A.C.), then abandoned. Later on its ruins were used for the construction of a fortified castle that arose nearby and in an higher zone, called Massaccio (mass of Accio). Only in the 1861 Vittorio Emanuele II, granted to Massaccio, by a Regal Decree, to get back its ancient name that is Cupramontana. 40 Maiolati Spontini Maiolati Spontini, situata a 405 metri sul livello del mare, ha avuto negli ultimi trent'anni un aumento demografico dovuto soprattutto allo sviluppo della frazione Moie, il cui toponimo è abbastanza diffuso nelle Marche, soprattutto nella forma diminutiva Moiette, derivato dal latino medievale e usato per indicare zone acquitrinose o ristagni d'acqua. Le altre frazioni di Maiolati Spontini sono principalmente centri rurali: Monteschiavo, quasi completamente spopolato, ma che conserva ancora qualche casa di terra testimonianza dell'antica presenza di immigrati quali gli Schiavoni provenienti dall'altra costa dell'Adriatico; Scisciano, dislocato sul colle, antico piccolo castello autonomo nell'ambito del contado di Jesi; Scorcelletti, di cui solo una parte è nel territorio comunale di Maiolati. Clizia Pavani Situated at 405 metre above the sea level it has had in the last ones thirty years a demographic increase caused by the development of the hamlet of Moie. The other countries are mainly rural centres: Monteschiavo, nearly completely depopulated, but that keep still some houses, testimony of the ancient presence of the immigrants called Schiavoni that come from the other coast of the Adriatic sea; Scisciano, placed on the hill, small ancient independent castle placed in a small county of Jesi; Scorcelletti, of which one part only is in the communal territory of Maiolati. 41 Clizia Pavani Mergo Mergo è una piccola località in provincia di Ancona, contenuta entro le sue mura di cinta risalenti al Medioevo. Posta a quasi 400 metri sul livello del mare, si affaccia sul serpeggiante corso del fiume Esino ed è perfettamente infrastrutturata, essendo, a fondo valle, attraversata dalle più importanti vie di comunicazione (Linea FS Ancona - Roma e Statale 76). Il paese è dotato di numerosi complessi sportivi e di un’area camper attrezzata presso il campo sportivo di Mergo. Per non perdere il valore delle tradizioni rurali, da oltre dieci anni, la scuola elementare di Mergo ha portato avanti nuovi metodi di ricerca scolastica ricostruendo spaccati di vita contadina d'epoca, dai quali sono poi nate traduzioni teatrali e filmiche con apprezzate e premiate partecipazioni a rassegne. Situated within its surrounding wall going back to the Middle Ages, nearly 400 metres above the sea level, it looks on the Esino river and it’s crossed by the more important landline (FS Line Ancona - Rome and state highway76). In order to not lose the value of the rural traditions, for over ten years, the junior school of Mergo has carried on new methods of scholastic search reconstructing a slice of peasantry life, from which arise appreciated and rewarded theatrical and movie translations. Montecarotto La collina sulla quale sorge Montecarotto, fin dall'origine, fu luogo di confine e di incontro tra il territorio di Senigallia e quelli di Jesi. Pur avendo acquisito da molti secoli la connotazione di uno dei sedici castelli del Contado di Jesi, Montecarotto rappresenta ancora, idealmente, l'incontro tra i due territori della vallata dell'Esino e quella del Misa. Il panorama che si ammira dalle mura di questa cittadina è splendido: lo sguardo è in grado di abbracciare quasi tutta la provincia di Ancona, accarezzando le vallate di fiumi sino alle cime dell’Appennino marchigiano e la Gola della Rossa. The hill on which it rises is always place of border and meeting between the territory of Senigallia and that one of Jesi. Having also acquired from many centuries the characteristic of one of the sixteen castles of Jesi area, Montecarotto represents still, ideally, the encounter between two territories of the Esino valley and that of the Misa valley. The overview is splendid: the view embrace nearly all the province of Ancona, caressing the valleys of rivers until to the tops of Marches Apennines and the zone called ”throat of the Red”. Fotoreporter Giorgio Pegoli 43 Monterado L'attuale Comune di Monterado deriva la sua denominazione da un personaggio di origine germanica (Radus), vissuto prima del sec. XII e proprietario del colle su cui sorge il paese. La prima testimonianza della sua esistenza risale al 1115 e, successivamente al 1153, quando Gozzo Ugolini dona al priore Savino di Fonte Avellana tutta la proprietà in "Monterado”. Nel 1227 alcuni capifamiglia del castello di Frattula chiedono all'eremo di Fonte Avellana il terreno e il "castellare" di Monterado per costruirvi le proprie abitazioni; un mese più tardi Albertino, priore di Fonte Avellana concede l'autorizzazione, sotto forma di enfiteusi, riservando all'eremo alcuni spazi per costruire il palazzo e la chiesa nel castello e alcune case nel borgo. Il nuovo castello rientra nel territorio di Senigallia ed è quindi soggetto alla giurisdizione del comune cittadino; per questo Monterado è elencato già come villa senigalliese nel registro papale del 1283. Its existence date back to 1115 and its denomination come from a character of Germanic origin (Radus), lived before the XII century and owner of the hill on which the country rises. In 1227 some patriarchs of the Frattula castle’s ask to the hermitage of Fonte Avellana the land in order to build own houses; the prior grants the authorization, reserving to the hermitage some spaces. The new castle is placed in the territory of Senigallia and for that it is listed as a manor of Senigallia in the papal registry of 1283. 44 Monteroberto Con tre frazioni, Sant'Apollinare, Ponte Pio, Pianello Vallesina, un Comune gemellato in Francia, Fontanil, un centro storico a 348 metri sul livello del mare, Monteroberto gode di un clima particolarmente piacevole nel periodo estivo che permette a questo piccolo centro di rappresentare una meta ambita per sfuggire al caldo opprimente delle città e della vallata. Tutto il territorio del Comune è compreso nella zona di produzione del Verdicchio Classico dei Castelli di Jesi, mentre colture di cereali e di prodotti ortofrutticoli sono a fondo valle. With its three hamlets, Pianello Vallesina, Devout Bridge, Saint' Apollinare, a municipality twin in France, Fontanil, an historical centre at 348 metre above the sea level, Monteroberto has a particularly pleasant climate in the summer that allows to this small city to be a desired destination in order to escape to the overwhelming warmth of the cities and the valley. All the territory of the Municipality is included in the zone of production of the “Verdicchio Classico dei Castlelli di Jesi”, while cultivations of cereals and fruits and vegetables products are at the bottom of the valley. Morro d’Alba It is situated at 10 kilometres from the sea on the line hill that follow one another between the territory of Senigallia and that one of Jesi, Morro d' alba dominates to all the surrounding countryside. A Municipality that conserve still today numerous testimonies of its past: from the town-walls building and the inner walk " La Scarpa" , to the beautiful basements, the Town Hall Palace, the Saint Gaudenzio church and that of the S. Annunziata. These ancient beauties represent the history that has characterized this small agricultural village. A 10 chilometri dal mare, sulla linea di colline che si susseguono tra il territorio di Senigallia e quello di Jesi, Morro d'Alba domina tutta la campagna circostante. Un Comune che conserva ancora oggi numerose testimonianze del suo passato: dalla cinta muraria e il camminamento interno "La Scarpa", ai bellissimi sotterranei, al Palazzo Comunale, la chiesa di San Gaudenzio e quella della SS. Annunziata. Queste bellezze antiche rappresentano tutte le tappe fondamentali da non perdere per tutti coloro che desiderano ripercorrere un tratto di storia di questo centro con gli avvenimenti storici che hanno caratterizzato questo piccolo borgo agricolo. Ostra Antico centro di origine medioevale, le sue vicende storiche e artistiche sono legate alla presenza di importanti comunità religiose. La testimonianza più attendibile di questo legame è data dalla venerazione di due figure importanti della storia del cattolicesimo: San Pasquale Baylon e la Beata Maria Crocifissa Satellico. Disseminati nel centro storico edifici sacri e civili che arricchiscono il patrimonio artistico – religioso della cittadina: la chiesetta del SS. Crocifisso, la chiesa di San Severo, con il portale romanico della scomparsa chiesa di S. Francesco, di cui rimane il chiostro, il palazzo municipale che ospita un affresco del 1471, raffigurante la Vergine con il Bambino e i Santi. Particolare interessante di questo affresco è il globo terrestre tenuto in mano dal Bambino, nel quale sono indicati solamente tre continenti (Europa, Asia e Africa), dato che del "Nuovo Mondo" si sentirà parlare soltanto più tardi. It has a medieval origin, its vicissitudes are tied to the presence of religious communities and the veneration of two figures: Saint Pasquale Baylon and the Blessed Maria Crucifies Satellico. It’s important to remember the small church of the SS. Crocifisso, the Severo church Saint, with the Romanic doorway of S. Francisco disappeared church , the municipal palace that accommodates a painting wall of 1471, representing the Virgin with the Child and the Saints. In this painting wall is the terrestrial globe kept from the baby, in which three continents (Europe, Asia and Africa) are indicated only. 47 Ostra Vetere Anticamente denominata Montenovo dal medioevo al 1882, è una cittadina a circa 21 km da Senigallia, nell’entroterra collinare marchigiano. Il suo panorama particolare si affaccia nel verde della campagna che la circonda, con le caratteristiche e predominanti guglie del campanile, al di sopra dell’imponente cupola della chiesa principale, l’Abbazia di Santa Maria di Piazza che sono il simbolo di distinzione dal resto dei piccoli centri delle Marche. Il centro storico è caratterizzato da porte d’ingresso aperte sulle cinta murarie: Porta S.Croce, Porta Pesa e Porta Nuova. Un paese con tradizioni agricole, culturali e storiche di rilievo ma sono presenti anche moderni insediamenti produttivi. Da sempre si distingue per l’imprenditorialità e per l’operosità dei suoi abitanti in tutti i settori dall’artigianato al commercio, dall’agricoltura all’industria e ai servizi. L’associazione Pro-Loco fa da perno ad ogni iniziativa di richiamo turistico-culturale. Called Montenovo from the Middle Ages to 1882, it’s a city of the Marche hinterland hill. Its overview overlook in the green of the countryside, with the characteristics and predominant spires of the bell tower over of the imposing dome of the main church, the Abbey of Saint Maria di piazza. The old town centre is characterized from doors opened on the town-walls building: Porta S.Croce, Porta Pesa and Porta Nuova. A country with agricultural, cultural and historical important traditions and modern productive settlements. 48 Poggio San Marcello Reperti archeologici testimoniano la presenza dell'uomo nel territorio di Poggio San Marcello sin da tempi antichissimi. Ritrovamenti archeologici come un’autentica tomba di guerriero piceno e notevoli reperti (armature, fibule, lame di pugnale, vasellame) testimoniano la presenza di insediamenti umani fin dal 500 a.C.. Altre testimonianze hanno permesso di tracciare la storia della comunità e gli insediamenti monacali sono ancora visibili nella piccola chiesa di San Marcello al Poggio mentre il castello, entrato a far parte dei Castelli di Jesi, è rimasto a lungo assoggettato al Comune della valle. Poggio San Marcello, in tempi più recenti, è diventato frazione di Castelplanio nel 1926 e dal 1947 è Comune autonomo. Archaeological retrieval as the grave of Piceno warrior testify the presence of human takeovers since the 500 B.C. Other testimonies have allowed to trace the history of the community and the monastically settlement are still visible in the small church of Saint Marcello to the hill while the castle entered to make part of the Jesi Castles , is remained over a long time subjected to the Municipality. Saint Marcello hill, in recent times, has become hamlet of Castelplanio in 1926 and from 1947 it is an independent Municipality. 49 Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche Ripe Ripe fu borgo fortificato di origine medioevale, poi Libero Comune, ma la perdita di documentazioni attendibili impedisce riferimenti precisi circa la sua data di nascita come entità comunale o del castello di Ripe come residenza feudale. Un autentico cimelio, datato 1141, è una "ventola", segnavento di ferro battuto, dove è rappresentata l'immagine del santo patrono, S. Pellegrino, accanto allo stemma municipale (tre colline sormontate da una stella cometa). Sottomesso, nei secoli, alla signoria dei Malatesta, dei Piccolomini, dei Borgia, dei Della Rovere, tornò sotto il dominio dello Stato Pontificio fino al 1860, anno in cui, con l'avvento del Regno d'Italia, divenne parte della Provincia di Ancona. Oggi Ripe, "Paese dei mestieri", appare come centro marchigiano più vivo che mai, giovane e fiorente. The loss of reliable documentations prevents to precise references approximately its date of birth like communal entity or for the Ripe castle’s as feudal residence. An authentic heirloom, dated 1141, is a " fan" , wrought iron, where it is represented the image of the Saint patron S. Pellegrino, near the municipal coat. Submitted, for centuries to the lordship of the Malatesta, the Piccolomini, the Borgia, of the Rovere, it returned under the Papal State till 1860, then with the coming of the reign of Italy, became part of the Province of Ancona. 52 Rosora It has origins that forgiveness in the night of the times thanks to the traces recovered of hand-made rudimentary of primordial age and then Longobard and Roman retrievals. The historical nucleus of the country is situated at a high of 380 metres above sea level, from which the characteristic landscape of the Vallesina with hills bordered from the castles can be admired. Rosora takes its name to the " rus area" for the presence of red brown tuff, even if is possible a derivation from "rus area" for the deforestation made from Benedictines monks or from the name of Queen Rosaria. 53 Piccolo e tranquillo borgo collinare, Rosora ha origini che si perdono nella notte dei tempi a giudicare anche dalle tracce rinvenute di manufatti rudimentali di epoca primitiva e ritrovamenti poi romani e longobardi. Con tutto questo è in grado di offrire ai visitatori, attraverso sorprendenti scorci medioevali, la possibilità di immergersi in un'atmosfera d'altri tempi. Il nucleo storico del paese si trova ad un'altezza di 380 metri sul livello del mare, dalla quale si può ammirare il caratteristico paesaggio della Vallesina con le colline orlate dai Castelli. Rosora deve il suo nome alla "rus area" per la presenza di tufi rossicci, anche se è probabile una derivazione da "rasa area" per il disboscamento fatto da monaci benedettini o dal nome della Regina Rosaria (come narra la leggenda...). San Marcello San Marcello, posto sul più alto colle che si erge a sinistra del fiume Esino, è una cittadina, dotata di una ricca cinta di mura castellane ed è particolarmente ricca anche di prestigiosi palazzi in stile rinascimentale. Da centro di insediamento monastico benedettino verso il Mille, San Marcello divenne castello nel 1234, quando giunsero da Jesi 136 cittadini per popolarlo. Distrutto verso la fine del '300, fu ricostruito nel 1429 e, alla fine del XVI secolo, ottenne da Jesi autonomia amministrativa come castello del Contado. San Marcello place on the highest hill that erected to the left of the Esino river, it’s a city equipped of a rich castles town-walls and it is particularly rich also of prestigious palaces in renaissance style. From center of monastic Benedictine takeover towards the year 1000, Saint Marcello became castle in 1234, when 136 citizens reached from Jesi in order to populate it. Destroyed towards the end of the ' 300, was reconstructed in 1429 and, at the end of XVI the century, it obtained from Jesi administrative autonomy as castle of the countryside. 54 San Paolo di Jesi Piccolo castello nato tra le vigne e tutt’ora fortemente legato alla produzione del vino Verdicchio, San Paolo di Jesi domina la valle posta a destra del fiume Esino, a pochi chilometri dalla città di Jesi. Il paese, con i suoi splendidi panorami, regala indimenticabili passeggiate a quei turisti che apprezzano le località tranquille per le loro vacanze, non dimenticando i piaceri della tavola e del buon bere. San Paolo di Jesi è facilmente raggiungibile dai maggiori centri della vallata e della costa adriatica ed è interessante anche per una serie di piantagioni officinali dalle quali si estraggono preziosi oli essenziali. Small castle born between the vineyards and still linked to the production of the Verdicchio wine, Saint Paul of Jesi dominates the valley placed to right of the Esino river. The country, with its splendid overview, gives to the visitors unforgettable walks, without forget the pleasures of the table and the good drinking. Saint Paul of Jesi is easy reachable from the greater centres of the valley and from the Adriatic coast and is interesting also for a series of medicinal plantations from which precious essential oils are extracted. 55 Serra de’ Conti La cittadina di Serra de’ Conti nasce sulle alture della Valle del fiume Misa e offre, alla vista di chi la raggiunge, un suggestivo scorcio panoramico, ma soprattutto su un passato che solo gli antichi borghi medievali sanno donare. Superba la cinta muraria e di grande interesse l’accesso tramite la Porta della Croce, ma Serra de’ Conti conserva anche altri tesori di grande prestigio, dalla chiesa romanico – gotica di San Michele agli affreschi del Palazzo Comunale. Interessante la testimonianza di archeologia industriale rappresentata dalla fornace di tipo Hoffmann che si trova fuori dal centro abitato, restaurata e adibita oggi a struttura comunale ospitante iniziative culturali e di promozione del territorio. Serra de' Conti is born on the heights of the valley of the Misa river and offers an evocative overview, but above all about past that only the ancient medieval villages are able to donate. Sublime the town-walls building and of great interest the access through the door of the cross. Of great prestige, moreover, the Romanic - gothic church of Saint Michele, the town hall wall painting, and a testimony of industrial archaeology represented from the furnace of Hoffmann type restored and used today for communal structure accommodating cultural and promotional initiatives for the territory. Serra San Quirico Serra San Quirico è una città di pietra adagiata su costa rocciosa, una città che assume le sembianze di una nave con la prua rivolta verso la valle dell'Esino. I monti che la circondano e sui quali sorge sovrastano l'antica fortezza, testimoni, nei secoli, delle vestigia della località dal passato importante e che il tempo non ha cancellato, ma anzi ancora oggi si esalta agli occhi di un osservatore attento nelle costruzioni civili e religiose, nell'impianto urbanistico della città all’interno delle mura, dei centri rurali sparsi nel territorio del Comune, ricchi di testimonianze e di cultura. Ovunque, nel territorio, regna il verde delle piante e delle pinete e la montagna, con le sue bellezze e le sue passeggiate, rende la suggestione visiva ancora più inebriante… 57 Serra San Quirico is a stone city placed over a rock coast, a city that seems a ship with the prow turned towards the Esino valley. Locality from the important past not erased by the time, but indeed still today boasts to the eyes of a careful observer in the civil and religious constructions, in the urban system of the city inside of walls, of the rural centres diffused in the territory of the Municipality, rich of testimonies and culture. Anywhere it reigns green of the plants and pine-wood and the mountain, with its beauties and its walks. Staffolo Situated on a back of hill at a height of 442 metres above sea level, the overview spaces out to 360° from the valley of the Esino river to the Musone river. From this feature come the denomination of “balcony of the Vallesina” derives. The overview reaches till the Adriatic sea and to the crown of mounts dominated from the Saint Mount. The campaign is upholstered of several cultivations, where the olive tree and the vine are dominants. The center inhabited many times devastated and reconstructed in the Middle Ages, has conserved medieval walls and a village rich of historical testimonies. Staffolo è un centro della provincia di Ancona situato su un dorso di una formazione collinare posta a 442 metri sul livello del mare. Per questa sua posizione, il panorama spazia a 360° dalla valle del fiume Esino a quella del Musone. Da questa caratteristica deriva la denominazione di “balcone della Vallesina”. Lo sguardo giunge fino al mare Adriatico e alla corona dei monti dominata dalla singolare sagoma del Monte San Vicino. La campagna che circonda il centro marchigiano, dalle morbide ed eleganti colline, è tappezzata di varie coltivazioni, dove l'olivo e la vite, però la fanno da padroni. Il centro abitato è sorto probabilmente nel VI - VII secolo d.C., su un preesistente presidio militare romano. Più volte devastato e ricostruito nel Medioevo, Staffolo ha conservato il centro storico cinto dalle mura medioevali e un borgo ricco di testimonianze storiche. “Fresco di Grotta” www.frescodigrotta.it “Fresco di Grotta” è un progetto di co-marketing territoriale promosso dalla Provincia di Ancona e il Consorzio Frasassi, in collaborazione con la locale Camera di Commercio, la Regione Marche, l’associazione ASSIVIP, il consorzio IMT, le Organizzazioni professionali agricole e l’Associazione Albergatori, Ristoratori e Bar di Frasassi. L’iniziativa intende promuovere le Grotte di Frasassi e il vino più rappresentativo della Provincia, il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Una esposizione di bottiglie di vino Verdicchio dei Castelli di Jesi è stata allestita lungo il preingresso delle Grotte di Frasassi mentre presso le cantine aderenti si possono degustare ed acquistare i migliori vini della Provincia. Il complesso ipogeo delle Grotte di Frasassi 59 a Genga con i suoi 30 km di estensione disposti su tre livelli rappresenta uno dei percorsi sotterranei più grandiosi del mondo ed una delle più importanti attrattive della Regione Marche, visitata da oltre 300.000 persone l’anno. Esibendo il biglietto di ingresso alle Grotte alle cantine aderenti all’iniziativa i visitatori delle Grotte potranno degustare il Verdicchio e acquistarlo ad un prezzo agevolato. Inoltre godranno di agevolazioni anche presso i Bar e Ristoranti di Genga. Non solo visita alle Grotte quindi, che pure sono il prodotto turistico di eccellenza, ma anche fruizione del territorio con il suo paesaggio inconfondibile e con i tanti tesori nascosti di storia, arte ed enogastronomia. “Fresco di Grotta” is a project of territorial comarketing promoted from the province of Ancona and the Frasassi Consortium, with the local Chamber of Commerce, the Marches Region, ASSIVIP, consortium IMT, the agricultural professional Organizations and the Association of hotels, restaurateurs and bar of Frasassi. The initiative purpose to promote the Coves of Frasassi and the “Verdicchio dei Castelli di Jesi”. The complex ipogeo of the Coves of Frasassi with its 30 km of extension represents one of the huger underground distances of the world and one of the more important attractive of Marches Region, visited beyond 300.000 persons every year. Exhibiting the ticket for the Coves to the wine cellars adherent to the initiative, visitors will be able to taste the Verdicchio and to acquire it to a facilitated price. Moreover they will have special facilities also in bars and restaurants of Genga. Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche Le aziende del erdicchio dei Castelli di Jesi The men, the earth, the history, the expressed culture of people in the reflex of a wine. He was born from these values the production and the experience of the CASALFARNETO wine cellar, in the campaigns among Serra de' Conti and Montecarotto, heart of the production of “Verdicchio dei Castelli di Jesi”. Fruit of an entrepreneurial impulse son of that model of Marches development harmonious and respectful of the landscaped peculiarities and social locals, the activity of the CASALFARNETO indissolubly constitutes an example of valorisation of a typical product like the wine legacy to own earth and own people. The investments in vine and wine cellar have always had and continue to having like epicentre the harmony with the natural context. Situated in an only panoramic view point, on the crest of a hill opened on the below valley like towards the Apennines, for expressed will of its holders the CASALFARNETO wine cellar espouse magnificently to the landscape in the forms and the materials. It thus constitutes as a whole with Marches’ hills like so its valuable wines represent searching and valuable elite than the vine vocation of the Marches hinterland can express. Panorama da CasalFarneto Gli uomini, la terra, la storia, la cultura di un popolo espresse nei riflessi di un vino. Nasce da questi valori la produzione e l’esperienza della cantina CASALFARNETO, nelle campagne tra Serra de’ Conti e Montecarotto, cuore della produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Frutto di uno slancio imprenditoriale figlio di quel modello di sviluppo marchigiano armonioso e rispettoso delle peculiarità paesaggistiche e sociali locali, l’attività della CASALFARNETO costituisce un esempio di valorizzazione di un prodotto tipico come il vino indissolubilmente legato alla propria terra e alla propria gente. Gli investimenti in vigna e in cantina hanno sempre avuto e continuano ad avere come epicentro l’armonia con il contesto naturale. Situata in uno scenario panoramico unico, sulla cresta di una collina aperta sulla vallata sottostante come verso l’Appennino, per espressa volontà dei suoi titolari la cantina CASALFARNETO si sposa magnificamente al paesaggio nelle forme e nei materiali. Costituisce un tutt’uno con le colline marchigiane così come i suoi pregiati vini rappresentano una ricercata e pregiata élite di quanto la vocazione vitivinicola dell’entroterra marchigiano può esprimere. Cantina Casalfarneto www.casalfarneto.it I vigneti MERAGO Marche Rosso Indicazione Geografica Tipica CIMAIO Marche Bianco Indicazione Geografica Tipica GRANCASALE Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Riserva FONTEVECCHIA Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore 63 La cantina This is the story of e heart-felt passion for vine cultivation. This is the result of the constant daily effort and dedication of people who have firmly believed in their work for 50 years. Thanks to the initiative of 19 farmers, Colonnara was founded in Cupramontana in 1959. Today this company has over 110 associates and thanks to the use of innovative technology and the practice of environmentally friendly farming, it has managed to develop a production range that may singled out among high quality wines. But Colonnara has not forgotten its roots, its link to farming traditions. Around here they say wine is made in the vineyard, it is only educated in the cellar and then “presented” in the best possible way in the bottle. A real hymn to the quality of the product, a perfect synthesis between tradition, research and passion for our work. WINES Wine tasting is a ritual connoisseurs and wine lovers always enjoy. At Colonnara we have added something a little special to these occasions, by turning them into pleasant meetings in which the warmth of the hospitality is matched by the quality of the wines. You can taste sparkling wines, classis method and charmat method, fresh young wines, classic wines, reserve wines, passito wine and grappa. Our grapes: Verdicchio, Bianchello, Pecorino, Sangiovese, Montepulciano and Lacrima di Morro d’Alba. 64 www.colonnara.it Colonnara E’ la storia della passione per la coltivazione della vite. Il risultato dell’impegno costante di chi crede, ogni giorno, in quello che fa, con dedizione, da 50 anni. Colonnara nasce nel 1959 per iniziativa di 19 agricoltori. L’azienda oggi conta oltre 110 soci e, grazie all’utilizzo di innovative tecnologie e la pratica di un’agricoltura eco-compatibile, ha sviluppato una produzione di vini e spumanti di alta qualità, senza abbandonare le sue origini e il forte radicamento alla tradizione contadina. Da queste parti si dice che il vino si fa in vigna; in cantina lo si può solo educare per poi “presentarsi” in bottiglia nel migliore dei modi. Un vero e proprio inno alla qualità del prodotto, una sintesi perfetta tra tradizione, ricerca e passione per il lavoro. I VINI Il rito della degustazione, caro a tutti gli estimatori del buon vino, assume da Colonnara un significato più ricco: è un piacevole incontro, una magnifica occasione per brindare all’ospitalità e alla qualità con spumanti metodo classico e metodo charmat, vini frizzanti, vini freschi e giovani, vini classici, vini riserva, vino passito e grappa. I vitigni: Verdicchio, Bianchello, Pecorino, Sangiovese, Montepulciano e Lacrima di Morro d’Alba. UBALDO ROSI Brut metodo classico Riserva 2004 65 The estate: is owned by the ancient Count Leopardi Dittajuti family and the current owner is Count Piervittorio, who renewed and enhanced both, vineyards and cellars. The agronomic and oenological consultancy comes from Doctor Riccardo Cotarella. The vineyards: are estate owned and extend for about 45 hectares (111 Acres). Yields are extremely low, so to favour quality. Since 2005 the estate has managed a vineyard in the Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC appellation. The products: today the estate produces about 200,000 bottles. The flagship is constituted by the Rosso Cònero Doc and the estate’s white wines are obtained from separately vinified Sauvignon and Verdicchio grapes. The winery’s Verdicchio grows on an estate-managed farm located in Cupramontana, in the Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico doc area and here further two wines are obtained: CASTELVERDE, a 100% Verdicchio with modern and elegant aromas and VILLA MARINA, a Charmât-method Verdicchio. CASTELVERDE Verdicchio 2005 66 Azienda agricola Conte Leopardi Dittajuti www.leopardiwines.com L’Azienda Agricola Conte Leopardi Dittajuti è di proprietà dell’antica casata nobile ed è stata tramandata di padre in figlio per moltissime generazioni. L’attuale proprietario è il conte Piervittorio che ha rinnovato e migliorato i vigneti e la cantina avvalendosi della consulenza enologica del dottor Riccardo Cotarella. I Vigneti di proprietà dell’azienda hanno una superficie di circa 45 ettari con rese produttive molto basse, ma di ottima qualità. L’azienda ha in gestione un vigneto nell’area del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, per la produzione di vini a base verdicchio. Conte Piervittorio Leopardi I prodotti: delle circa 240.000 le bottiglie prodotte con il Rosso Conero doc vino di punta, i bianchi prodotti dall’azienda sono ottenuti dai vitigni Sauvignon e Verdicchio. Il Verdicchio è coltivato in un podere gestito dall’azienda nell’area tipica del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico doc, con cui viene prodotto il CASTELVERDE, dal bouquet moderno ed elegante. Anche lo spumante brut VILLA MARINA, a metodo Charmât è ottenuto da uve dello stesso vitigno. 67 Claudio Gabellini and Enrico Giacomelli owns a big IT and software where the winery is located started more than 10 years ago. Due to exponentially growing business and incomes, and shared passion towards wine and wine culture of the two, they decide to invest their capitals into almost 70 hectares of vineyards. The company started in 2002 and is steadily growing in quality (it has been already reviewed by most of the wine guides of Italy, including Gambero Rosso) and in quantity (from a starting 30.000 bottles to the 200.000 of next year). Our oenologist, Umberto Trombelli is quite renown in our region, due to the high quality of the wines he made during the past years with his master Giacomo Tachis, worldly famous for inventing “Sassicaia”. 68 Conti di Buscareto www.contidibuscareto.com Claudio Gabellini L’azienda, nata nel 2002, è il frutto della passione per il vino e il mondo vitivinicolo in generale, di due imprenditori marchigiani, Enrico Giacomelli e Claudio Gabellini, soci in un’impresa di IT. L’azienda possiede un totale di 70 ettari, quasi equamente divisi fra Verdicchio e Lacrima di Morro d’Alba, più una piccola percentuale di vigneti utilizzati Enrico Giacomelli per altri uvaggi come Montepulciano e Sangiovese. La produzione è aumentata esponenzialmente (dalle 30.000 bottiglie del 2002 si è passati alle 200.000 del prossimo anno) a braccetto con l’implementazione delle strutture produttive della cantina e con il miglioramento qualitativo dei vini, oramai recensiti in quasi tutte le riviste del settore VERDICCHIO CASTELLI DI JESI Passito 2004 CONTI DI BUSCARETO Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC 2006 DEI 69 (da Luca Maroni, alla Guida del Gambero Rosso, Vini Buoni d’Italia, Duemilavini, L’Espresso e Veronelli). Questo anche grazie al prezioso contributo dell’enologo Umberto Trombelli, toscano, con un passato da allievo del famoso Giacomo Tachis (“creatore” del Sassicaia) e gran conoscitore della realtà vitivinicola marchigiana. FURTARELLO Rosso Piceno DOC LE MUSE Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico DOC IL MORO Rosso Piceno DOC CAPETTO Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Passito CROCETTA Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Riserva CROCETTA Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore 70 Azienda agricola Croce del Moro www.tassanare.it It’s a passion that begins only for a pure pleasure then grown until to became the art to produce quality wine. This is the story of Cavallaro Family, producers of “Croce del moro” wines since 1984, a wine obtained only by a selection of gripes cultivated in business lands with an extension of the vineyard part of approximately 8 hectares of which 5 hectares of Verdicchio wine and 3 hectares of Montepulciano, Sangiovese, Merlot. With the help of the oenologist Umberto Trombelli the farm has obtained great results so in 2004 has received the excellence recognition of the “Espresso guide-book” for the wine Crocetta Riserva 2001. A passion for wine, Verdicchio, Marches and for Senigallia where the farm has invested in an Hotel also. 71 Una passione avviata dapprima per puro piacere e poi, con impegno e professionalità, maturata fino a diventare un’arte, l’arte di produrre vino di qualità. E’ la storia della famiglia Cavallaro che dal 1984 produce i vini “Croce del Moro” ottenuti esclusivamente dalla selezione di uve coltivate nei terreni aziendali, con un’estensione della parte vitata di circa 8 ettari, dei quali 5 di Verdicchio (vigneto reimpiantato nel 1994) e 3 di Montepulciano, Sangiovese, Merlot. Con l’aiuto dell’enologo Umberto Trombelli, l’azienda ha ottenuto importanti risultati e, nel 2004, il riconoscimento di eccellenza della Guida dell’Espresso per il vino Crocetta Riserva 2001. Una passione per il vino e per il prestigioso vitigno del Verdicchio, una passione per le Marche e per il territorio sul quale l’azienda ha investito anche in una struttura alberghiera, a Senigallia. La storia della Fazi Battaglia ha inizio nel 1949, anno in cui Francesco Angelini rileva una piccola cantina vinicola nel centro di Cupramontana e un marchio con cui venivano vendute circa 60.000 bottiglie di Verdicchio, vitigno allora ancora poco conosciuto. Francesco Angelini, uomo dal temperamento fuori dal comune, sindaco di Ancona e imprenditore farmaceutico, sulla Fazi Battaglia ha riversato il suo innato amore per la terra: negli anni ha così cominciato ad acquistare i terreni migliori per impiantare Verdicchio. Nel 1953 viene creata la bottiglia ad “anfora”, ispirata agli antichi contenitori etruschi per il vino, dell’architetto Antonio Maiocchi, vincitore del bando di concorso della Fazi Battaglia per rendere il suo Verdicchio “Titulus” riconoscibile sulle tavole di tutto il mondo. In questo lungo e attento lavoro, Francesco Angelini è stato affiancato dalla figlia e dal genero, Spartaco Sparaco, costruttore romano soprannominato “l’ingegner Verdicchio” per la passione e la dedizione con cui portò avanti la Fazi Battaglia. L’impegno nella vigna non si limitò all’impianto di viti, ma i 300 ettari a disposizione divennero vere e proprie aree sperimentali in cui provare diversi cloni e diversi sistemi di allevamento, per puntare ad ottenere un grande vino, un Verdicchio dei Castelli di Jesi che potesse portare le Marche nel mondo! Con questo immenso patrimonio sperimentale da cui partire, con questo sogno fortemente condiviso e con una passione innata per il vino, nel 1990 entra in azienda Maria Luisa Sparaco, figlia minore di Spartaco, seguita nel tempo dai suoi figli, Luca, Barbara e Chiara Giannotti. Inizia una nuova fase in cui quanto ottenuto e portato avanti nei vigneti riesce finalmente ad esprimersi pienamente anche in bottiglia, grazie ad una gamma che negli ultimi anni si è arricchita e ampliata con prodotti innovativi e di grande livello qualitativo. ARKENZIA Muffo di San Sisto Marche Bianco Indicazione Geografica Tipica TITULUS Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico 72 www.fazibattaglia.it Fazi “In 1949, in Cupramontana, Francesco Angelini took over himself the Fazi Battaglia winery, created shortly before. His multifaceted skills, coupled with a strong passion for its countryside, led him to plant first estate vineyards of Verdicchio, and to transform the winery in order to establish Fazi Battaglia as the region’s leading winery. He announced then a national competition to create a new bottle to personalize its extraordinary production of Verdicchio and in 1954 was born the acclaimed Fazi Battaglia emerald green “amphora”, now recognized 73 Battaglia throughout the world as the ultimate icon for Verdicchio. Fazi Battaglia’s success stems first of all from its own vineyards and strong commitment to experimentation and continuous improvement. Today, under the helm of the fourth family generation, Fazi Battaglia’s estate, reached swift global recognitions, and include 300 hectares under vine and a bigger cellar in Castelplanio. This high quality oriented production includes many interesting signature wine from the estate, made principally with Verdicchio grape, like Arkezia, San Sisto and Massaccio.” Barbara, Chiara e Luca Giannotti con Maria Luisa Sparaco 74 www.garofolivini.it Garofoli Da sinistra: Beatrice Carlo Giuliana Gianfranco Daria Caterina Gianluca Garofoli Le origini della Casa Vinicola Garofoli risalgono al 1871 quando Antonio Garofoli, è già dedito alla produzione e vendita di vini locali. Suo figlio Gioacchino continua e sviluppa l’attività paterna e fonda, nel 1901, la ditta Gioacchino Garofoli. I suoi due figli, Franco e Dante, gli succedono nella conduzione dell’azienda dopo il secondo conflitto mondiale. La Gioacchino Garofoli nel 1950 diventa quindi una società e inizia un processo di forte sviluppo. Seguendo la tradizione anche i figli di Franco, Carlo e Gianfranco, entrano nell’azienda di famiglia a partire dai primi anni ’70. Lavorano insieme alla precedente generazione per oltre un 75 ventennio promovendo un ulteriore sviluppo della casa vinicola dal punto di vista produttivo e commerciale. Attualmente la Gioacchino Garofoli è una società per azioni posseduta e guidata dai fratelli Carlo e Gianfranco Garofoli. Nel 2005 ha fatto il suo ingresso in azienda la quinta generazione Garofoli, sempre con la stessa filosofia: aggiornamento continuo delle tecniche produttive ma rispetto per i sistemi tradizionali e storici di far vino; attenzione alle evoluzioni del mercato e alle sue esigenze ma fedeltà al valore delle peculiarità che le tradizioni del territorio hanno trasmesso. The origins of the Garofoli Wine House go back to the end of the 19th century, to 1871, when Antonio Garofoli had already began the production and sale of local wines. His son Gioacchino continued and expanded the paternal business. In 1901, he founded the Gioacchino Garofoli Wine House. His two sons Franco and Dante, succeeded him in the management of the estate after World War II. Gioacchino Garofoli became a company in 1950 and embarked on a process of strong development. Following tradition, Franco’s sons, Carlo and Gianfranco, joined the family company’s staff in the early seventies. They worked together with the preceding generation for more than 20 years and they energetically promoted further development of the wine house whether from the production or the commercial standpoint. The history of the Garofolis is a story of men and of a family that has been identified for fifth generations now with the sector of wine production. Fiore all’occhiello del Gruppo Pieralisi, da sempre contraddistinto dal suo impegno per lo sviluppo del comparto agricolo - industriale, MONTE SCHIAVO è un’azienda moderna e dinamica. Consapevole di dover valorizzare un patrimonio particolarmente ricco e prezioso, rappresentato non solo dagli splendidi vigneti collinari nel cuore della patria del Verdicchio dei Castelli di Jesi, ma anche dall’esperienza e dalla passione di enologi e maestri vinificatori di prim’ordine, MONTE SCHIAVO vuole distinguersi sul mercato per la costante ricerca di qualità: con produzioni di eccellenza e processi di lavorazione allineati ai più moderni standard internazionali di igiene e genuinità e con una politica di servizio alla clientela che punta su un’ampia gamma di prodotti selezionati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti i canali distributivi, dalle bottiglierie alla ristorazione. The jewel in the crown of the Pieralisi Group, distinguished by its commitment to agricultural/industrial development, MONTE SCHIAVO is a modern and dynamic company. Ever aware of its responsibility to use its especially rich and priceless heritage – not only the splendid hillside vineyards in the heart of Verdicchio dei Castelli di Jesi country, but also the experience and passion of its enologists and superb, top-quality winemakers – MONTE SCHIAVO has defined its niche in the market through its constant search for quality, offering products of excellence that meet the highest standards of production and adhere to the most modern international standards of hygiene and genuineness. The company’s client services include a wide range of selected products to satisfy the needs of all distribution networks, from wine merchants to restaurants. Azienda agricola Monte Schiavo www.monteschiavo.it “In every thing the key of the happened one of a man hides” the success of Stefano Antonucci is in the attainment of the objectives placed. The throw of the native grapes, Verdicchio, Montepulciano and the wines creation of “international taste” that had originality and great personality. In the scenery of Verdicchio already known Pignocco Bianco, Le Vaglie and Stefano Antonucci has joined “Tardivo ma non Tardo" Verdicchio classico from over-ripped grape harvest 2001.Great satisfaction of the farm “ we are very satisfied for quality in fact we have been able to obtain a special wine bouquets musky joined to a great persistence, features of good longevity. STEFANO ANTONUCCI Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Riserva LE VAGLIE Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico V.Q.P.R.D. 78 “In ogni cosa si nasconde la chiave del successo di uomo” e il successo di Stefano Antonucci sta tutto nel raggiungimento degli obiettivi che si è posto con la sua azienda Santa Barbara: il rilancio delle uve autoctone, Verdicchio e Montepulciano e la creazione di vini di “gusto internazionale” che avessero originalità e grande personalità. Il vino richiede coraggio e forse una punta di incoscienza. Nel panorama dei Verdicchi, ai già noti Pignocco Bianco, Le Vaglie e Stefano Antonucci, si è aggiunto il “Tardivo ma non Tardo” verdicchio classico surmaturato in pianta vendemmia 2001. Grande la soddisfazione dell’azienda: “Siamo molto soddisfatti della qualità, dopo quattro tentativi nelle vendemmie precedenti siamo riusciti ad ottenere un vino molto particolare, che racchiude profumi muschiati uniti ad una grande persistenza; caratteristiche che fanno ben sperare in una buona longevità”. Azienda agricola Santa Barbara www.vinisantabarbara.it 79 The company is situated at 300-350 metres above sea-level. Geographically the hills are on the west side of the Esino river, which is the area where the wine DOC "Verdicchio dei Castelli di Jesi" is produced. Nowadays, by using only the grapes picked in our own vineyards, we can offer you the following selection of wines: Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico; Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Tralivio; Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana. This wine, in 1999, took part in the international competition "International Wine Challenge" in London, organised by the specialised Wine Magazine, winning a gold medal, the Italian White Wine Trophy and the White Wine Trophy. Situata a 300-350 metri sul livello del mare, l’azienda Sartarelli con 51 ettari di vigneto e 5 ettari di oliveto, si dispone geograficamente sulle colline della riva sinistra del fiume Esino, zona di produzione del vino DOC "Verdicchio dei Castelli di Jesi". Dalla vinificazione delle uve aziendali propone Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico; una rigorosa selezione che dà origine al "Tralivio" e una raccolta tardiva con bassa produzione per ettaro, indispensabili per la produzione del "Balciana ", immagine e vanto dell’azienda. Nel 1999 l'azienda ha partecipato per la prima volta al concorso internazionale di Londra "International Wine Challenge" organizzato dalla rivista specializzata Wine Magazine, con il vino Verdicchio dei castelli di Jesi Classico Superiore "Balciana" che si è aggiudicato la medaglia d’oro, l’Italian White Wine Trophy e il White Wine Trophy. 80 Azienda agricola Sartarelli Donatella e Patrizio Sartarelli 81 www.sartarelli.it BALCIANA Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore Riserva 2004 www.tregalligusto.com TREGALLI is a lifestile born in 2008 from the strategic meeting of wine and food lovers who shared the common wish to promote the high quality gourmet products of their region. "The philosophy is simple: Marche region and his culture, landscapes, art, food and wine products, deserve to be internationally appreciated" say Luca Cinì, Andrea Ruggeri and Alessandro Papa. TREGALLI is an idea evolved in a full project, his business keyword has become quality, both referred to the service supplied and to the goods selected. Every day TREGALLI provides importers, wholesalers and high level restaurants with the finest food and wines available. WWW.TREGALLIGUSTO.COM web site offers the same products on his e-commerce section besides a direct booking service of quality holiday apartments,villas and historical homes in Marche region. 82 www.tregalligusto.com Enoline 8 refrigerated with wine card reader and digital display Enoline 4 refrigerated TREGALLI è un progetto in continua espansione. “Siamo tre amici di Senigallia - raccontano i tre titolari Luca Cinì, Andrea Ruggeri e Alessandro Papa uniti dalla passione per la nostra terra e dal desiderio di far conoscere le sue eccellenze agli amanti del buon gusto e del buon vivere. Selezioniamo i migliori prodotti che l’eno-gastronomia marchigiana sa offrire per poi proporli al mercato regionale, nazionale ed estero. Ogni giorno rivenditori e ristoratori d’alto livello si rivolgono a Tregalli, attraverso la rete commerciale, o direttamente presso la nuova sede e showroom di Senigallia, o su www.tregalligusto.com, il nostro sito di e – commerce. Quella delle Marche è una splendida terra, ricca di sapori, di arte e di cultura che nasconde borghi incontaminati immersi in paesaggi che riescono a regalare emozioni d’altri tempi... Noi di Tregalli siamo professional partners di INTERHOME (azienda leader in Europa nel settore affitti case-vacanza) e offriamo un servizio di booking diretto dal nostro portale, in modo da poter proporre ai 83 Tregalli nostri clienti l’opportunità di soggiornare in questi luoghi e di gustare le emozioni di una qualità della vita altrove dimenticata. Tregalli è tradizione, ma anche innovazione; siamo infatti concessionari regionali di ENOMATIC, azienda leader nella produzione di sistemi tecnologicamente avanzati per la degustazione e somministrazione del vino a bicchiere, un’esigenza oggi sempre più sentita sia dagli operatori del settore sia dai consumatori”. www.umanironchi.com PLENIO Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Riserva CASAL DI SERRA Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore La Umani Ronchi produce da oltre 50 anni vini che valorizzano il territorio e i vitigni autoctoni adriatici, distinguendosi per la ricerca della qualità e recitando un ruolo d’avanguardia per sperimentazioni e tecnologie avanzate. Fondata negli anni ‘50 a Cupramontana e rilevata pochi anni dopo dalla famiglia Bianchi Bernetti, attuale proprietaria, oggi conta 200 ettari di vigneto e 3 cantine nelle aree vitivinicole più importanti di Marche e Abruzzo e prevalenza di vitigni autoctoni regionali: Verdicchio e Montepulciano. Michele Bernetti che con il padre Massimo è alla guida della Umani Ronchi, sottolinea sempre l’importanza dell’estrema attenzione a ogni singola pianta e della riconoscibilità territoriale di un vino. Sono gli imperativi che hanno spinto la Umani Ronchi negli anni a rinnovare i vigneti, incrementare la densità per ettaro, selezionare cloni e portainnesti, ridurre al minimo l’impatto ambientale. Con 110 ettari di Verdicchio, 60 di Rosso Conero e 30 di Montepulciano d’Abruzzo, la Umani Ronchi ha conquistato un posto di primo piano nella viticoltura italiana. E mostra con orgoglio i suoi campioni, il Casal di Serra, una delle prime vere selezioni di Verdicchio effettuate nelle Marche e il Plenio, pluripremiato e Riserva della casa, affinato per un periodo minimo di 18 mesi, dei quali 6 in bottiglia. 84 Azienda vinicola Umani Ronchi Da sinistra: Michele e Massimo Bernetti Umani Ronchi produces wines that value the territory and the native vineyards, it was founded in years `50 to Cupramontana and bought few years later from Bianchi Bernetti family with head Michele and his father Massimo. It is composed by 200 hectares of vineyards and wine cellars in the Marches and Abruzzi with prevalence of Verdicchio and Montepulciano vineyards. Through the ages the vineyard have been renewed and has been stepped up density for each hectare selecting clones. With 110 hectares of Verdicchio, 60 of Rosso Conero and 30 of Montepulciano of Abruzzi the farm has conquered a first level place in the Italian agriculture and shows with pride its samples: The “Casal di Serra” and the “Plenio”, reserve awarded many times. 85 In the first years of the XX century at Cupramontana Domenico Bonci, started his own production and commercialization of wine. Today the winery produces around 250 000 bottles of individual and handmade “Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC” white wines and sparkling wines, reflecting their soils and different microclimates. The medium altitude of the six different vineyards is about 450 mt. above sea level, in the quarter of Cupramontana, which guarantees a good acidity, freshness and aging potential for the wines. The great interest for research is testified by the presence of two experimental vineyards planted with the objective to find the “perfect” Verdicchio – clone. The Verdicchio specialist Giuseppe Bonci has worked for decades to bring his family winery to where it is today; one of the leading wineries in the region for high - quality wines with character and soul. LE CASE Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore PIETRONE Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Riserva BONCI SAN MICHELE Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore 86 Azienda agricola www.vallerosa-bonci.com Vallerosa Bonci Giuseppe Bonci 87 A Cupramontana, da almeno tre generazioni, la famiglia Bonci ha avviato la sua attività di produzione e commercializzazione del vino. Incominciò Domenico Bonci, nei primi anni del '900, con la propria produzione e con un’accurata selezione di aziende e dei relativi prodotti, condotta con la sapienza del conoscitore. Attualmente l’azienda possiede 30 ettari di terreno di cui 26 di vigneto, specializzato per la produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico e Rosso Piceno a Denominazione di Origine Controllata. I vigneti si trovano a un'altezza media di 450 metri sul livello del mare, nelle contrade di San Michele, Colonara, Torre, Carpaneto, Alvareto, Pietrone, sempre a Cupramontana. La forte attenzione per la ricerca è testimoniata dalla presenza di due vigneti sperimentali seguiti con cura, in collaborazione con l'Istituto Coltivazioni Arboree dell'Università di Milano. Il particolare microclima, la selezione delle uve, la pluriennale esperienza artigianale di vinificazione, sposata ormai ai modernissimi sistemi di ottimizzazione dei risultati, pongono l’azienda in una posizione di primissimo piano nel settore dei vini e spumanti di qualità. The farm was founded in years `50 by Maria and Amato Ceci then, they transferred their passion to the son Maurizio, the farm has always been distinguished for the relationship quality price and for DOC wines production like Verdicchio dei Castelli di Jesi, Rosso Piceno and Esino Rosso. The farm gives special attention to own farming systems with an continuous contact for the optimal ripening of the grapes that are collected then, in a small cases and taken quickly in a wine cellar for processing. The red wine-making follows only traditional methods while in order to exalt the features of white wines the most modern technology is followed also. The sharpening can happen into barrels and casks in a French oak. Vignamato farm produces also the extravergine olive oil, wild sherry wine and white Verdicchio brandy. VALLE DELLE LAME Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico EOS Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico - Biologico VERSIANO Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore AMBROSIA Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Riserva ANTARES Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Passito GRAPPA Grappa di Verdicchio 88 Azienda agricola Vignamato www.vignamato.com L’azienda agricola Vignamato, fondata alla fine degli anni ’50 dagli appassionati vignaioli Maria e Amato Ceci che hanno poi trasmesso la loro passione al figlio Maurizio, si è sempre distinta per un perfetto equilibrio del rapporto qualità-prezzo. In circa sedici ettari di vigneti, nei Comuni di San Paolo di Jesi e Staffolo, hanno giaciture e terreni ad altezze fra 250 e 450 metri s.l.m. e sono specializzati per la produzione di vini DOC, quali Verdicchio dei Castelli di Jesi, Rosso Piceno ed Esino Rosso. Dalla convinzione che la qualità del prodotto si ottiene principalmente in vigna, l’azienda Vignamato pone meticolosa attenzione ai propri impianti, con un contatto continuo che consente di seguire tutte le varie operazioni del ciclo agrario e di controllare la resa di ciascun ettaro. Tutte le uve, a maturazione ottimale, sono raccolte in piccole casse e portate immediatamente in cantina per essere lavorate. La vinificazione dei vini bianchi segue la tradizione e la più moderna tecnologia produttiva per esaltare al meglio le caratteristiche del Verdicchio, mentre quella dei rossi segue solo metodi tradizionali. L’affinamento di alcuni vini bianchi, del passito di Verdicchio e dei rossi avviene in barriques e tonneaux di rovere francese. Con la consulenza dell’enologo e agronomo Giancarlo Soverchia, la Vignamato produce anche olio extravergine di oliva, vino di Visciola e grappa di Verdicchio bianca affinata in barrique. Serenella e Maurizio Ceci 89 PIER DELLE VIGNE Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore SALMÀGINA Verdicchio Classico Superiore DOC VIGNA VESCOVI Marche IGT Rosso ZACCAGNINI Brut Vino spumante di qualità Riserva In the last 1973, Zaccagnini family founded their Azienda Agricola, moved by an hobby, that became a real passion during the time. So Mario devote himself to this activity and can pass the same passion on her daughter Rossella, creating a company totally owned by the his family. The evolution of the activity was favourited by particular climatic and territorial condition of Staffolo. In the last years spectacular improvements in product quality have been obtained thanks to careful selection of the grapes, to the research and to the new technologies. All this is testified by the membership in VIDE. In the property there is also “Segnavento Countryhouse” where guests can taste typical products of this land. VINEYARDS The Salmàgina vineyards extend for 42 hectares in the Municipality of Staffolo, Ancona, 400 metres above sea level. The strategic climatic condition and the particular soil, that boasted the presence of saltine, join to the hard work of Zaccagnini, allowed to obtain great and distinctive wines ( for example the excellent quality of "Verdicchio"). The vineyard colours the fields, leaving uncultivated spaces to the historical remnants of Mediterranean maquis, aligned to the west, protected from the north wind and from the dangers of bad weather. Azienda agricola Zaccagnini www.zaccagnini.it Nel lontano 1973 la famiglia Zaccagnini costituisce la propria azienda agricola, spinti da un hobby che con gli anni era diventato una vera e propria passione. E' così che Mario Zaccagnini dedica la maggior parte della sua vita a questa attività e riesce a trasmettere la sua stessa passione a sua figlia, creando un'azienda totalmente gestita dalla sua famiglia. L'evoluzione dell'attività è stata favorita dalle particolari condizioni climatiche e territoriali di Staffolo e, negli ultimi anni, grazie alle sempre più accurate selezioni delle uve, al lavoro di ricerca e alle tecnologie d'avanguardia utilizzate, si sono ottenuti spettacolari miglioramenti della qualità dei prodotti, testimoniati dall'appartenenza dell'azienda alla VIDE. All’interno della proprietà vi è un agriturismo “Segnavento” dove è possibile ospitare e far degustare i prodotti tipici del territorio. I VIGNETI I vigneti della Salmàgina si stendono per 42 ettari nel Comune di Staffolo, Ancona, a 500 metri sul livello del mare. La condizione climatica strategica e il particolare suolo che in passato vantava la presenza delle saline, unite al duro lavoro degli Zaccagnini hanno permesso di ottenere vini di gran pregio e distinzione (come ad esempio l'eccellente vitigno "Verdicchio"). La vigna colora i campi, lasciando gli spazi incolti agli storici ritagli della macchia mediterranea, allineata tutta a ovest, protetta dalla tramontana e dalle insidie del brutto tempo. Le aziende produttrici del Verdicchio dei Castelli di Jesi Az. Agr. Marchetti Ancona Azienda Gambelli Vini di Paolo Gambelli Fenili & C. Ancona Serenelli Alberto Ancona Azienda Agraria Simone Mariotti Arcevia Conti di Buscareto Arcevia Velenosi srl Ascoli Piceno Azienda Santa Barbara srl Barbara Agricola Landi Luciano Belvedere Ostrense Cantina Ma.Ri.Ca. Belvedere Ostrense Silvestroni snc di Silvestroni A. & C. Camerata Picena Azienda Vitivinicola Venturi Filiberto Castelleone Di Suasa Azienda Vitivinicola Umberto Socci Castelplanio Fazi Battaglia Spa Castelplanio Tenuta Dell'Ugolino Castelplanio Agricola Lucangeli Aymerich di Laconi Cingoli Azienda Agraria Lombardi Antonietta Cingoli Tenuta di Tavignano Cingoli Saputi Alvaro Colmurano Azienda Agricola Biologica San Lorenzetto Corinaldo Azienda Vinicola Baldarelli Valerio Corinaldo Battestini Armando Corinaldo Cantina Sociale Val di Nevola Corinaldo Mencaroni Maurizio Corinaldo Mencaroni Nevio Corinaldo Spallacci Giordano Corinaldo Az. Agr. Vallerosa Bonci & C. Snc Azienda Agricola Simone Cherubini Azienda Vinicola Sparapani Frati Bianchi Colonnara La Distesa Az Agr. Montecappone Brunori Mario & Giorgio snc Casa Vinicola Gioacchino Garofoli Spa Amadio Vini Az. Agr. Mancini Benito Az.Agr. Ripa Marchetti La Vite Spa Pievalta Fattoria Laila Az. Agr. Poggio Montali sas Azienda Agricola Zaccagnini Azienda Agricola “Sabbionare” Fattoria San Lorenzo Terre Cortesi Moncaro Vico Lamberto Az. Agr. Giovanni e Francesca Marotti Campi Az. Agr. Mario Lucchetti Az. Agr. Stefano Mancinelli Azienda Agricola Olivetti Orlando Vicari Nazzareno e Vico S.S. Cupramontana Cupramontana Cupramontana Cupramontana Cupramontana Jesi Jesi Loreto Maiolati Spontini Maiolati Spontini Maiolati Spontini Maiolati Spontini Maiolati Spontini Mondavio Monte Roberto Monte Roberto Montecarotto Montecarotto Montecarotto Montecarotto Morro D'Alba Morro D'Alba Morro D'Alba Morro D'Alba Morro D'Alba Antica Cantina Sant'amico Morro D'Alba Badiali e Candelaresi Morro D'Alba Conte Leopardi Dittajuti Numana Azienda Vinicola Umani Ronchi Spa Osimo Scalo Azienda Agricola F.lli Bucci Ostra Vetere Boccafosca Pianello Di Ostra Eredi Cesaroni Giovanni Poggio San Marcello Soc. Agr. Sartarelli Poggio San Marcello Azienda Agricola Croce Del Moro Rosora Cantina San Giovanni Rosora Cantine Marconi San Marcello Azienda Agricola Ceci Enrico San Paolo di Jesi Azienda Agricola Tiberi Aldo San Paolo di Jesi Dino Scalini San Paolo di Jesi Vignamato San Paolo di Jesi Az. Agr. S. Piersanti & C. San Paolo di Jesi Quagliani Egidio Serra De' Conti Casalfarneto Serra De' Conti Accadia Serra San Quirico Azienda Agricola Belelli – La Staffa Staffolo Azienda Agricola Simonetti Dino Simonetti Dino Staffolo Brocani di Brocani Giuseppe Staffolo Cimarelli Luca Staffolo Finocchi Staffolo Gianfranco Verdolini Staffolo 92 Terre di Frattula L’area denominata “Terre di Frattula” si trova nella vallata del Cesano, sulla sponda destra del fiume nel tratto che va da Santa Maria in Portuno (Madonna del Piano) di Corinaldo alla collina di Montedoro di Senigallia, nei pressi della foce, comprendendo il territorio di Scapezzano e Roncitelli di Senigallia, quasi tutto il territorio di Castel Colonna e Monterado, una porzione di Ripe, fino a congiungersi di nuovo con Corinaldo. Con una storia che si perde fin nel Medioevo e importanti testimonianze che hanno permesso di ricostruirne i dettagli, le Terre di Frattula sono oggi un angolo della provincia anconetana ricco di tradizioni rurali e gastronomiche: il salame di Frattula e il Pane delle Terre di Frattula sono solo due esempi della prelibatezza di antichi sapori marchigiani. The area called “ Lands of Frattula” is situated in Cesano valley on the right side of the river from the line of Santa Maria at Portuno (Madonna del Piano) in Corinaldo until to Senigallia Montedoro hill nearby the mouth, including the following territory: Scapezzano and Roncitelli of Senigallia nearly all the territory Castel Colonna and Monterado, a part of Ripe till to rejoin itself to Corinaldo. The lands of Frattula have an history that begins in the Middle ages, the important testimonies have allowed to reconstruct the details, the lands of Frattula are today a place rich of rural and gastronomic traditions like the salame and the bread of lands of Frattula. 93 I Comuni della provincia di Ancona Principali monumenti all’interno dei centri storici Agugliano Chiesa SS. Sacramento (sec. XIX) Tratti di mura quattrocentesche Arcevia Centro culturale San Francesco Chiesa di S. Francesco (sec. XIII; sec. XVIII) Chiesa di S. Maria (sec. XVI) Collegiata di S. Medardo (sec. XVII) Giardino Leopardi Palazzo comunale (sec. XIII) Porte di S. Lucia e di S. Agostino (secc. XV-XVI) Teatro Misa (sec. XIX) Barbara Chiesa di S. Barbara (sec. XVII) Chiesa di S. Maria Assunta (sec. XVIII) Porta d’ingresso e torrione (sec. XV) Belvedere Ostrense Chiesa di S. Pietro Apostolo (sec. XVIII) Collegiata di S. Maria (sec. XIX) Museo Internazionale dell’Immagine postale Camerano Chiesa parrocchiale (sec. XVII) Chiesa di S. Francesco (sec. XIII; sec. XVIII) Le Grotte (secc. XIV-XIX) Palazzo comunale (sec. XVIII) Camerata Picena Chiesa della Natività di Maria (sec. XIX) Circuito delle mura (sec. XIV) Castelbellino Chiesa di S. Marco (sec. XVIII) Loggetta Belvedere (sec. XVI) Palazzo comunale e Museo civico Castel Colonna Porta di accesso (sec. XV) Castelfidardo Chiesa di S. Agostino (sec. XVIII) Collegiata di S. Stefano (sec. XVIII) Monumento al generale Cialdini (sec. XX) Museo internazionale della Fisarmonica Museo del Risorgimento Castelleone di Suasa Chiesa di S. Francesco di Paola (sec. XVII) Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo (sec. XVI) Museo Archeologico “Alvaro Casagrande” Castelplanio Chiesa di S. Sebastiano (sec. XVI; sec. XIX) Palazzo comunale e Museo Civico Cerreto d'Esi Collegiata di S. Maria della Piazza (sec. XVIII) Porta di accesso (sec. XV) Torre di Belisario (sec. XIII) Chiaravalle Abbazia di S. Maria in Castagnola (sec. XII) Casa natale di Maria Montessori Teatro comunale (sec. XIX) Corinaldo - Bandiera arancione Chiesa di S. Francesco (sec. XVIII) Pinacoteca civica “Claudio Ridolfi” Porta S. Giovanni e Porta di Sotto (secc. XIV-XV) Sala del costume e delle tradizioni popolari Santuario di S. Maria Goretti (sec. XVIII) Teatro “Goldoni” (sec. XIX) Cupramontana Chiesa di San Leonardo (sec. XVIII) Chiesa di San Lorenzo (sec. XVIII) Museo internazionale dell’Etichetta Palazzo comunale (sec. XVIII) Falconara Castello (sec. XIV) Chiesa di S. Maria delle Grazie (sec. XIV) Museo della Resistenza Filottrano Chiesa dell’Assunta (sec. XVII) Chiesa di S. Cristoforo (sec. XVI) Chiesa di S. Francesco (sec. XIX) Museo del Biroccio marchigiano Museo della Civiltà contadina Genga - Bandiera arancione Chiesa di S. Clemente (sec. XIII) e Museo d’Arte Sacra Chiesa di S. Maria Assunta (sec. XVII) Palazzo dei Conti della Genga (sec. XIII) Loreto Palazzo apostolico e Museo-Pinacoteca Santuario della Santa Casa (sec. XVI) Torrioni circolari detti rondelle (sec. XVI) Maiolati Spontini Chiesa di S. Giovanni Battista (sec. XIX) Chiesa di S. Stefano (sec. XVIII) Museo Gaspare Spontini Parco Colle Celeste (sec. XIX) Mergo Chiesa di S. Lorenzo (sec. XVIII) Porta d’ingresso (sec. XVI) Monsano Chiesa di S. Pietro (sec. XVIII) Chiesa del SS. Sacramento (secc. XVII-XVIII) Torrione pentagonale (sec. XVI) Montecarotto Collegiata di S. Maria (sec. XVIII) Museo della Mail Art Teatro comunale (sec. XIX) Torrione con orologio (sec. XVI) Montemarciano Chiesa di S. Pietro (sec. XVIII) Teatro Alfieri (sec. XIX) Monterado Chiesa di S. Giacomo maggiore (sec. …) Palazzo Cinciari (sec. XVII) Monte Roberto Chiesa di S. Silvestro (sec. XVIII) Teatro Gigli (sec. XIX) Monte S. Vito Collegiata di S. Pietro (sec. XVIII) Palazzo comunale (sec. XVI) Teatro La Fortuna (sec. XX) Morro d'Alba Chiesa di S. Gaudenzio (sec. XVIII) Fontana di Enzo Cucchi (sec. XX) La Scarpa (sec. XV) Museo Utensilia 0731 63824 Palazzo comunale (sec. XVIII) Numana - Bandiera blu Antiquarium statale Palazzo comunale (sec. XVIII) Santuario del SS. Crocifisso (sec. XX) Offagna Chiesa del SS. Sacramento (sec. XVIII) Museo Paolucci 071 7107611 Rocca e Museo della Rocca (sec. XV) Ostra – Bandiera arancione Chiesa di S. Francesco Cinta muraria Collegiata della S. Croce Pinacoteca comunale Teatro La Vittoria (sec. XIX) Ostra Vetere Chiesa di S. Maria di Piazza (sec. XX) Chiesa di S. Severo (sec. XIII) Chiesa del SS. Crocifisso (sec. XVI) Museo civico parrocchiale Porta Pesa (sec. XV) Poggio S. Marcello Cinta muraria (sec. XV) Palazzo Comunale (sec. XVIII) Parrocchiale di S. Nicola di Bari (sec. XVIII) Santuario della Madonna del Soccorso (sec. XVII) Polverigi Chiesa di S. Antonino (sec. XIX) Chiesa del Sacramento (sec. XV; sec. XVII) Ripe Chiesa di S. Pellegrino (sec. XVIII) Palazzo Fiorenza (sec. …) Rosora Chiesa di S. Michele (sec. XVIII) Torrione circolare (sec. XV) San Marcello Chiesa di S. Marcello (sec. XVII) Teatro Ferrari (sec. XIX) Torrione e loggetta rinascimentale San Paolo di Jesi Chiesa di S. Paolo (sec. XIX) Palazzo comunale (fine sec. XVIII) Santa Maria Nuova Chiesa di S. Antonio da Padova (sec. XVIII) Chiesa di S. Giuseppe (sec. XVIII) Sassoferrato Chiesa di S. Francesco (sec. XIII) Chiesa di S. Maria del Ponte del Piano (sec. XVII) Chiesa di S. Pietro (sec. XVIII) Museo Archeologico e Raccolta perottiana Museo delle Tradizioni popolari e Galleria d’Arte contemporanea Palazzo Bentivoglio (sec. XIV) Palazzo dei Priori (sec. XIV) Rocca di Albornoz (sec. XIV) Serra de' Conti Chiesa di S. Maria de Abbatissis (sec. XIX) Chiesa di S. Michele (secc. XIII-XV) Museo delle arti monastiche 0731 871737 Porta della Croce (secc. XIV-XV) Serra San Quirico Cartoteca Storica delle Marche Chiesa di S. Lucia (sec. XVII) Chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta (sec. XVIII) Le Copertelle (secc. XVI-XVII) Resti del Cassero (sec. XIV) Sede operativa Parco Gola della Rossa e di Frasassi Sirolo - Bandiera blu Chiesa del Rosario (sec. XVII) Spiagge Teatro Cortesi (sec. XIX) Torrione scarpato (sec. XV) Staffolo Chiesa di S. Egidio (sec. XIII) Chiesa di S. Francesco (sec. XIII) Museo del Vino e dell’Arte contadina Torrione circolare (sec. XV) Ancona Arco di Traiano (sec. II) Cattedrale di S. Ciriaco (secc. XIII-XIV) Museo diocesano Chiesa del Gesù (sec. XVII) Chiesa di S. Francesco delle Scale (sec. XV) Chiesa di S. Maria della piazza (sec. XIII) Mole vanvitelliana (sec. XVIII) Museo Omero Museo Archeologico Nazionale delle Marche Piazza del Plebiscito Pinacoteca Podesti Teatro Le Muse Ancona sotterranea (cisterna in piazza Stamira; cisterna della Chioccia in via Trento) Fabriano Cattedrale di S. Venanzo (sec. XIV; sec. XVII) Collegiata di S. Nicolò (sec. XVII) Museo della Carta e della Filigrana Ospedale del Buon Gesù (sec. XV) Piazza del Comune e Palazzo del Podestà (sec. XIII) Teatro Gentile (sec. XIX) Chiesa di S. Agostino (sec. XIV) Chiesa dei Ss. Biagio e Romualdo (sec. XV; sec. XVIII) Deposito attrezzato delle opere d’arte Jesi Cattedrale di S. Settimio (sec. XVIII) Complesso S. Floriano (sec. XIX) Chiesa di S. Marco (sec. XIII) Palazzo della Signoria (sec. XV) Pinacoteca civica di Jesi Porta Valle (sec. XV) Teatro Pergolesi (sec. XVIII) Torrione del Montirozzo (sec. XV) Studio per le Arti della Stampa Enoteca regionale Osimo Battistero (sec. XVI) Cattedrale di S. Leopardo (sec. XIII) Museo diocesano Chiesa di S. Giuseppe da Copertino (sec. XIII; sec. XVIII) Chiesa di S. Marco (sec. XVIII) Fonte Magna Osimo sotterranea (secc. XVII-XX) Palazzo municipale (sec. XVII) Palazzo Campana (sec. XVIII) Teatro La nuova Fenice (sec. XIX) Tratti di mura romane e medievali Senigallia - Bandiera blu Area archeologica La Fenice Cattedrale (sec. XVIII) Chiesa della Croce (sec. XVII) Museo dell’Informazione Palazzo municipale (sec. XVII) Palazzetto Baviera (sec. XVI) Rocca Roveresca (sec. XV) Museo Pio IX Foro annonario (sec. XIX) Rotonda a mare 94 Sapore, profumo, genuinità per i prodotti tipici della nostra terra. Il vino è il prodotto più famoso. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, il Rosso Conero e il Lacrima di Morro d’Alba sono le tre D.O.C. di cui il territorio va fiero. Feste dell’Uva e del Vino sono ad Arcevia, Cerreto d’Esi, Cupramontana, Montecarotto, Morro d’Alba e Staffolo. Alla sapa, condimento a base di mosto concentrato, è dedicata una festa a Rosora. A Serra de’ Conti trovi la cicerchia (legume) assieme al lonzino di fico e al Pan di Serra. La cipolla è alla base delle pietanze preparate a Castelleone di Suasa. Inoltre, il nostro olio extravergine di oliva (in cui eccelle l’area di Monte S. Vito) si aggiudica prestigiosi riconoscimenti, eccellenti anche le produzioni di miele e formaggi. Infine, da nominare il salame di Fabriano e il morbido ciauscolo da spalmare sul pane. Taste, smell, genuineness for typical products of our territory. The wine is the most famous with three D.O.C.: Verdicchio dei Castelli di Jesi, Rosso Conero and Lacrima of Morro d’Alba. Festivities of grapes and wine are at Arcevia, Cerreto d’Esi, Cupramontana, Montecarotto, Morro d’Alba and Staffolo. To the “sapa” a relish made by the extract of must, is dedicated a festivity at Rosora. At Serra de’Conti, you can find the “cicerchia” (pod), the “lonzino di fico” and the “Pan di Serra”. The onion is the base of Castellone of Suasa dish. The extra virgin of olive-oil of Mont S.Vito has had a lot of acknowledgments. It’s excellent the productions of honey, cheeses as well as the salami of Fabriano and the mellow “Ciauscolo”. 95 www.shantihousedalmago.com Albergo Shanti House dal Mago L’albergo Shanti House dal Mago, di Lorena Baccani è una struttura moderna, in località Morro d’Alba (AN), in un posto tranquillo con i migliori confort, immerso nel verde delle colline, fra gli ulivi. E' una meta piacevole sia per scoprire la dolcezza del paesaggio, la storia, le usanze e le tradizioni contadine sia per chi, in fuga dal caos cittadino, trova qui il modo di riposare e ritemprare lo spirito, a stretto contatto con la natura. L’intero complesso è a conduzione familiare con una tradizione di ristoratori da quattro generazioni. Ospitalità e cortesia sono due aspetti fondamentali e Morro d’Alba è un luogo famoso per i vini D.O.C. “Lacrima” e “Verdicchio” dei Castelli di Jesi. The hotel Shanti House dal Mago owned by Lorena Baccani is a modern structure in Morro d’Alba (AN) in a very tranquil place, immersed in the green hills, among olivetrees. It’s a beautiful destination for relaxing and restoring spirit. Morro d’Alba is also a famous place for its wines DOC “Lacrima” and “Verdicchio”.