VerdicchioB

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VerdicchioB
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
40 anni di storia, tipicità e tradizione
Con il patrocinio di:
In collaborazione con:
Verdicchio dei Castelli di Jesi
40 anni di storia, tipicità e tradizione
2009 · Editrice Gabbiano srl · Ancona
A cura di
Cristiana Carnevali
Gabriele Costantini
Luigi Gagliardi
Hanno collaborato
Riccardo Ceccarelli
Andrea Brunori
Grafica e impaginazione
Clizia Pavani
Coordinamento
Stefania Moruzzi
Traduzioni
Raffaella Onorati
Stampa
Tecnostampa Loreto (An)
È vietata la riproduzione dell’opera o parte di essa con qualsiasi mezzo se non espressamente autorizzata
Indice
Introduzione
Cristiana Carnevali
7
Le aziende di produzione
61
Prefazione
Gian Mario Spacca
9
Casalfarneto
62
Patrizia Casagrande
10
Colonnara
64
La ricerca
prof. Natale Giuseppe Frega
11
Conte Leopardi Dittajuti
66
La storia del Verdicchio dei Castelli di Jesi
Riccardo Ceccarelli
13
Conti di Buscareto
68
Festa bella, festa profonda, festa vera
Andrea Brunori
24
Croce del Moro
70
29
Fazi Battaglia
72
Garofoli
74
Monte Schiavo
76
Santa Barbara
78
Sartarelli
80
Tregalli
82
Umani Ronchi
84
Vallerosa Bonci
86
Vignamato
88
Zaccagnini
90
“
I territori di produzione
5
Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche
Introduzione
Sono passati 40 anni dalla DOC, dieci dal riconoscimento di
“Miglior vino bianco del mondo”, ha appena ricevuto la DOCG. Il
Verdicchio, con il suo sapore caratteristico, con le uve da cui proviene che si sposano perfettamente con il microclima delle Marche
fino a dare origine a questo vino così conosciuto nel mondo, è
sicuramente un testimonial considerevole di questo territorio, carico di significati.
Della regione e della provincia di Ancona racchiude in sé tutte le
caratteristiche: parla di dolci colline, del lavoro dell’uomo, di un
piccolo lembo di terra che profuma di storia e tradizioni, di campi
coltivati. Ma ha in sé anche quel mare che vede dai filari e il cui
odore salmastro arriva insieme alla brezza.
Il Verdicchio, insomma, racchiude, in un solo sorso, odori e sapori,
pensieri e storie, fatica e amore, capacità e tradizioni: è un portatore sano di valori, tutte quelle caratteristiche che fanno parte
delle Marche e rappresentano il nostro grande patrimonio intangibile. E’ seguendo queste motivazioni che abbiamo realizzato un
volume sul Verdicchio, con la precisa intenzione di cominciare a
legare questo nobile bianco alla sua piccola regione di provenienza. E’ fondamentale per ogni territorio e lo è ancora di più per le
Marche, non del tutto consapevoli dell’eredità che hanno ricevuto
dal passato e che si apprestano a portare nel futuro, della necessità di condivisione di tali ricchezze e del bisogno forte di legarsi
al proprio “oro liquido” e non soltanto a questo. Ci auguriamo che
possa arrivare un giorno nel quale anche nel più remoto paese del
mondo si chieda, a tavola, un Verdicchio proveniente dalle Marche,
terra di monti e mare, inframezzati da una fascia di colline che non
hanno uguali in questo pianeta, ma che hanno la capacità di rimanere nel cuore per ciò che rappresentano, per ciò che raccontano,
per ciò che racchiudono, per ciò che fanno vivere. Colline che,
anche a distanza, mostrano con orgoglio le loro vigne, perfettamente disegnate con i colori delle stagioni, allegre o malinconiche
a seconda del bacio del sole. E’ il testimoniare tutto questo che
chiediamo al Verdicchio e a ciascuno di noi.
Cristiana Carnevali
7
Forty years are spent from the D.O.C., ten
years from the acknowledgment of “Better
white wine in the world”, have just received
the D.O.C.G.. The Verdicchio, with its features,
of the region and of the province of Ancona
speaks about sweet hills, of the man’s job, a
small strip of the earth that smell of history
and traditions, of cultivated fields. But it has
in itself also the sea that sees from the rows
and whose brackish smell arrives with the
breeze.
The Verdicchio encloses, in one drop only,
smells and tastes, thoughts and histories,
hard work and passion, skills and traditions:
he is an healthy bearer of values that represent the great intangible patrimony of the
Marches. Following these reasons, we have
realized a volume about the Verdicchio: they
are fundamental for each territory and still
more for the Marches, not completely aware
of the inheritance that they have received
from the past and that they are going to carry
in the future.
We wish that arrive the day in which also in
the most back country of the world someone
ask at the table, a Verdicchio coming from the
Marches, land of mounts and sea alternated
from one area of hills that haven’t equal in
the world, but remain in the heart for what
they represent, tell, and enclose. Hills that,
even in the distance, show with pride their
vineyard, traced with the colours of the seasons, happy or melancholic in according to
the sun kiss. It’s testify all this one that we
ask to Verdicchio and to each of us.
Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche
Prefazione
Può senza dubbio essere considerato il prodotto per eccellenza delle
Marche, rispecchiandone il gusto e la qualità che derivano da un territorio che sa dare ottimi frutti. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi è da sempre
il primo testimonial della nostra regione, protagonista pluripremiato in
tutte le manifestazioni e le fiere enogastronomiche internazionali. Ma
questo vino porta con sé anche un profondo significato che va oltre il
prodotto.
La Regione Marche da tempo sta spingendo sull’acceleratore della promozione e dell’informazione per far conoscere la nostra terra anche fuori
dai confini nazionali. La strategia adottata è nell’integrazione fra cultura
e turismo, due settori deputati a valorizzare l’identità marchigiana e a svilupparne l’economia che possono e devono diventare, come un tutto
unico, un altro potente motore di sviluppo creando nuove opportunità di
attrazione per un territorio che, viste le peculiarità e le eccellenze, non è
secondo ad alcuno. Proprio in questo non facile impegno di integrazione, i prodotti tipici dell’enogastronomia di eccellenza giocano un ruolo
fondamentale: sono per natura i primi prodotti che nascono dalla coltivazione della vite, simbolo antico della terra, ne rappresentano la tradizione più sana e genuina, ne promuovono la frequentazione da parte di
un sempre più grande numero di vacanzieri, che oltre ai luoghi più belli
vogliono anche trovare gusto e sapore della tipicità locale.
Per questi motivi il Verdicchio si erge fra tutti i vini come vero protagonista di tale strategia promozionale: dentro a una sola bottiglia si svela
tutta la incredibile magnificenza del lavoro agricolo, della lavorazione
accurata e della confezione attenta che rispecchia la Denominazione
d’Origine Controllata e al contempo la caratteristica genuinità della terra
di provenienza: vale a dire quella splendida collina dei castelli jesini cullata fra mare e montagna, magnifica sintesi di bellezze paesaggistiche,
storiche, artistiche, monumentali, folcloristiche.
La Regione Marche ha messo al centro di tutte le sue politiche promozionali di internazionalizzazione l’attenzione e il sostegno alla vitivinicoltura e ai suoi prodotti d’eccellenza che vanno tutelati come patrimonio
delle Marche e valorizzati come nostro importante biglietto da visita per
farci apprezzare in tutto il mondo.
Gian Mario Spacca
Presidente della Regione Marche
9
It’s a Marches product, reflecting taste and
quality that come from a territory able to
give optimal fruits, the Verdicchio dei
Castelli di Jesi is all along the first testimonial of our region, it’s rewarded many times
and plays a starring role in all international
oenogastronomic demonstrations and exhibitions.
The Marches region, from time, is pushing
for promotion and information in order to
convey our territory. The integration between
culture and tourism can and must became
another source of development that creates
new possibilities of attractions for a territory
that because of its features and excellences, it’s not second to anyone. The typical
oenogastronomic products of excellence
play a fundamental role: they are the
ancient symbol of the earth, it represent the
healthier and genuine tradition, they promote the attending from a more and more
great number of tourists that besides the
beautiful places they want also find local
tastes and flavours. For these reasons the
Verdicchio become like protagonist of such
advertising strategy: within to a single bottle
is revealed all the munificence of the agricultural job, of the accurate working and of
the careful package that reflect the DOC and
in the meanwhile the characteristic genuineness of the origin land: that is the wonderful
hill of the Jesi castles settled between sea
and mountain, magnificent synthesis of landscape, historical, artistic, monumental, folkloristic beauties.
Prefazione
Il nobile e antico Verdicchio è il biglietto da visita
della provincia di Ancona. Un vino profumato, prodotto nella zona dei Castelli di Jesi, apprezzato in
tutto il mondo per la sua naturale vocazione a sposare i piatti della cucina mediterranea e non solo.
Mi è capitato di viaggiare e incontrare il Verdicchio
nel mondo, anche in situazioni curiose.
Qualche anno fa, in un paese del Sudamerica, il
sommelier di un ottimo ristorante mi propose “un
vino ricercato, asciutto e armonico” che di certo,
secondo la sua lunga esperienza, non avrei saputo riconoscere pur essendo italiana. Naturalmente
si trattava del Verdicchio dei Castelli di Jesi e il
sommelier, che aveva trovato grande soddisfazione
con tanti altri italiani prima di me, rimase sbalordito nell’apprendere che quel vino proveniva dalle
mie zone, che Jesi si trova nella provincia di
Ancona, in una regione del centro Italia con un
nome al plurale, le Marche. Se racconto l’episodio
è solo per descrivere il carattere discreto e operoso degli abitanti di un territorio premiato per la
qualità della vita con i primi posti nelle classifiche
nazionali di un Bil (benessere interno lordo) che fa
il paio con un Pil (prodotto interno lordo) di tutto
rispetto.
Di fatto, il Verdicchio ha contribuito a fare la storia
economica e paesaggistica della provincia anconetana, disegnata da morbidissime colline digradanti dagli Appennini verso il mare Adriatico.
E, nella valle disegnata dall’arco di deliziosi borghi
medievali cinti da mura (i Castelli di Jesi), si
estendono a perdita d’occhio vitigni allineati, percorsi da un venticello che evita il formarsi dell’umidità, soleggiati al punto giusto perché la terra produca l’uva da cui nasce un vino d’origine controllata, al profumo di fiori e dal retrogusto amarogno-
lo. Un vino e un paesaggio da scoprire, dunque.
Connubio vincente, che visitatori e turisti non mancano di apprezzare, grazie anche ad iniziative che
ne esaltano la reciprocità. Così accade per iniziative promosse nel periodo che segue la vendemmia con le cantine aperte o per quel Fresco di
Grotta che ospita, all’interno del complesso ipogeo di Frasassi, le migliori produzioni di Verdicchio
come buon viatico a un fantastico percorso lungo
trenta chilometri fra suggestive stalattiti e stalagmiti. Il Verdicchio stabilisce un rapporto diretto con
la tradizione gastronomica della nostra provincia,
che vanta la presenza di chef eccellenti. La sua
presenza nel paesaggio contribuisce a mantenere
alto il livello della qualità della vita e sottolinea
quel rispetto verso la natura che da queste parti ci
ostiniamo a rinnovare giorno dopo giorno. Non per
caso, il vino verde è il nostro ambasciatore nel
mondo, protagonista di una rete europea omonima che lega a un unico progetto di promozione
quei Paesi partner (Italia, Spagna, Slovenia e
Austria) che grazie ad esso hanno allacciato strette relazioni di amicizia e collaborazione.
Il vino è veicolo di amicizia.
Salute, dunque!
Patrizia Casagrande
Presidente della Provincia di Ancona
The noble and old Verdicchio is the business card of the province of Ancona. A
wine smelled, produced in the zone of
Jesi Castles, appreciated all over the
world for its natural vocation to match the
Mediterranean kitchen dish and not only.
It has happened to me to travel and meet
the Verdicchio in the world, also in curious
situations. Some year ago, in a country of
the South America, a wine steward proposed me “a searched, dry and harmonic
wine” that certainly, in his long experience, I wouldn’t been able to recognize. Of
course, regarded about of Verdicchio of
Jesi Castles and the wine steward, remained amazed to learn that the wine came
from my country, Jesi is situated in the
province of Ancona, in a region of the centre of Italy with a plural name, the
Marches. I tell this story in order to
describe the discreet and hard working
features of the inhabitants of a territory
rewarded for the quality of life with the
first places in the national classification
of a Bil (gross inner well-being) and a Pil
(Gross Domestic Product) of all respect.
Infact, the Verdicchio has contributed to
create the economic and landscaped
history of Ancona province, designed by
softest sloping hills from the Apennines
towards the Adriatic sea. And, in the valley
designed by the arc of delicious medieval
villages surrounded by town-walls (the
Castles of Jesi), extends as far as the eye
can see vineyard lined, sunned at the
exact point in order to produce the grape
from which a wine of controlled origin is
born, from the scent of flowers and the
aftertaste rather bitter. A wine and a landscape to discover, therefore. Successful
union, than visitors and tourists appreciate, thanks also by initiatives that exalt the
reciprocity. So it happens in the period
that follows the grape harvest with the
coves open or for that “Fresco di grotta”
that it accommodates, in the inner of the
complex ipogeo of Frasassi, the best productions of Verdicchio as good provisions
for a journey to a fantastic way of thirty
kilometres length between evocative stalactites and stalagmites wine cellars. The
Verdicchio establishes a directed relationship with gastronomic tradition of our province. Its presence in the landscape contributes to maintain high the level of quality of life and emphasizes the respect
towards the nature that renews day by
day. Not for case, the green wine is our
ambassador in the world, protagonist of
an homonymous European net that link to
an only plan of promotion those Countries
partner (Italy, Spain, Slovenia and Austria)
that thanks to it have made strong friendship and cooperation. The wine is friendship vehicle. Cheers!
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La ricerca
Il profilo nutrizionale del vino è sostanzialmente cambiato negli
ultimi 30 anni. Anche se l’impatto sociale delle malattie da uso
errato di bevande alcoliche aveva provocato un approccio che non
distingueva bene tra l’uso moderato e l’abuso di alcol, già dalla
fine degli anni ’70 il vino è stato rivalutato dagli studiosi della
nutrizione. Studi francesi evidenziarono un’aspettativa di vita più
lunga nei soggetti che consumavano moderate quantità di vino,
rispetto ad altre bevande alcoliche: il rischio di morte per malattie cardiovascolari si dimezzava nei modesti bevitori rispetto agli
astemi, mentre tali vantaggi non si riscontravano fra i bevitori di
superalcolici. L’attenzione era comunque posta sul modesto consumo di vino, che, per sfruttare nel modo più efficiente la sua
azione positiva, non doveva eccedere i 2-3 bicchieri al giorno.
Sull’onda di questi risultati, la ricerca attuale si è incentrata sullo
studio dei componenti del vino che influenzano positivamente la
salute dell’organismo. Fra questi, sono stati annoverati i polifenoli e molecole a carattere fenolico, di cui il vino rosso è particolarmente ricco. Questi composti si sono rivelati importanti coadiuvanti dietetici, attivi nel contrastare molte patologie. Il loro ruolo,
riconducibile fondamentalmente a una forte capacità antiossidante, trova riscontro in una riduzione delle malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, in attività antinfiammatorie, nonché nella
soppressione delle cellule cancerogene. Nell’ambito di queste
ricerche, gli studi che si svolgono nell’Area di Scienze e Tecnologie
Alimentari della Facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle
Marche si inseriscono a pieno titolo, avendo come tema fondamentale la relazione tra tecnologia di lavorazione e qualità nutrizionale degli alimenti e mirando alla caratterizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici e/o di nicchia delle Marche. Un recente
studio,
svolto in collaborazione con la Clinica di
Gastroenterologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, ha dimostrato come in un "celebre" vino bianco marchigiano siano riscontrabili effetti benefici, poiché nel Verdicchio è stato individuato un
componente, l’etilcaffeato, caratterizzato da una specifica proprietà antiproliferativa delle cellule epatiche.
Natale Giuseppe Frega
Facoltà di Agraria
Università Politecnica delle Marche
11
The nutritional feature wine is substantially changed in the last 30’s.
From the end of 70's the wine has
already been revalued by the students of nutrition. French studies
have showed an expectation of longer
life in the moderated consumers, 2-3
glasses every day, respect to other
alcoholic drinks: the risk of died for
cardiovascular diseases was halved
regarding to the abstemious ones,
while such advantages were not found
between the drinkers of super alcoholics. The components of the wine that
influence positively the health are the
polyphenolics and the molecules to
natural phenolic substance. Their antioxidants role, have reply in a reduction of the cardiovascular and brain
vascular diseases, in anti-inflammatory activities, as well as in the abolition of the carcinogen cells. The studies carried out in the Area of
Sciences and Alimentary
Technologies, of the Agrarian Faculty,
of the Marches Polytechnic University,
have as fundamental topic the relation between working technology and
nutritional quality of the foods and
aim to the characterization of the
peculiarities of the typical products of
the Marches. A recent study, carried
out in collaboration with the Clinic of
Gastroenterology of the Medicine and
Surgery Faculty, has showed that in
the Verdicchio it has been found a
component, the ethyl - caffeoate, characterized by a specific anti prolific
property of the hepatic cells.
12
Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Una storia
di Riccardo Ceccarelli
Tutto avrà pensato Padre Vincenzo Maria Cimarelli, frate
domenicano, inquisitore a Gubbio, Crema e Brescia, nativo di
Corinaldo (1585-1662) che il suo nome in futuro venisse
legato al Verdicchio. Eppure fu naturalista, storico, tardo umanista dal sapere enciclopedico, oltre che versato in teologia
e filosofia,1 ma quell’accenno al Verdicchio proprio non lo
scrisse. Glielo attribuirono con tutta probabilità negli anni
Cinquanta - Sessanta del Novecento quando cercando “nobili origini” del Verdicchio qualcuno non trovò di meglio che
incastrare alcune espressioni in una pagina, scritta appunto
dal Cimarelli nelle sue Istorie dello Stato di Urbino. Libro Terzo
dell’origine e successi di Corinalto, stampato in Brescia nel
1642.
Qui, al capitolo secondo, il Cimarelli avrebbe scritto. “Li amenissimi colli della Nevola, del Misa e del Suasano, a guisa di
cornucopia rendono ogni altra cosa necessaria, non tanto al
sostentamento umano, quanto al viver molle e delizioso et
specialmente lo verdicchio, vino de solar claritade et virtù
eccellentissime, come qualmente narra Bernardo Giustiniano
nel secondo libro dell’origine di Venezia che Alarico, re dei
Visigoti, muovendo da questa contrada alla terra dei Brutii,
seco portasse quaranta some in barili, nulla a sé stimando
recar sanitade et bellico vigore melio del menzionato verdicchio”. Ad un controllo del volume originale2 si è scoperto il
falso. Al di là di qualche parola o frase, tra l’altro mal ricostruita, il riferimento al Verdicchio e al re Alarico è inesistente.3
La “storia” o meglio la leggenda, ebbe però successo e venne
riportata da tutti coloro che hanno scritto di Verdicchio, in
particolare riprendendo quell’espressione “vino di solar claritade et virtù eccellentissime”. E la usano ancora, staccata
magari dal contesto pseudo-storico, perché in sintesi riesce
a esprimere le connotazioni specifiche del verdicchio stesso
13
in un linguaggio aulico e fascinoso. Anche se l’espressione è
indubbiamente felice, da tener presente che essa non è del
Cimarelli, bensì frutto di un’invenzione letteraria piuttosto
recente.
Si è tramandato anche che Annibale saccheggiando l’attuale
regione marchigiana e abruzzese si fosse servito del
Verdicchio e del Rosso Conero addirittura per curare i suoi
cavalli malati,4 in realtà gli autori citati parlano di vini praetutiani, cioè dell’attuale distretto di Teramo.5
Su altre origini certamente leggendarie del Verdicchio si è
esercitata la fantasia di qualche scrittore senza però raggiungere la notorietà di quanto è stato attribuito al Cimarelli.6
Ovviamente la coltivazione della vite in epoca romana e preromana non è una leggenda, ma un fatto storico che gli scavi
archeologici hanno ampiamente confermato. Ci riferiamo alla
vitis vinifera che gli agricoltori coltivavano e non alla vitis vinifera silvestris, cioè una vite selvatica che cresceva spontaneamente insieme ad altra vegetazione, attestata tra l’altro in
travertini con viti fossili del quaternario rinvenuti ad Ascoli
Piceno.7
Prime tracce della vitis vinifera le abbiamo nell’età del ferro
(IX sec. a. C.) in vinaccioli carbonizzati ritrovati a Moscosi di
Cingoli8 e di altri duecento vinaccioli venuti alla luce dalla
tomba di Villa Clara di Matelica, datata alla fine dell’VIII sec.
a. C.9: testimoniano la coltivazione della vite e l’utilizzo dell’uva a scopi alimentari e anche culturali e nei contenitori trovati accanto al guerriero anche l’utilizzo del vino.
Contenitori per mescolare l’acqua con il vino (“Cratere”) e
una coppa da vino (“Kilix”), il primo del 510 a.C. circa e il
secondo del 470 a.C. circa, sono venuti alla luce insieme ad
altri manufatti ceramici, in una necropoli a Pianello Vallesina
(Castelbellino), nella seconda decade del Novecento: ceramica attica che rivela l’utilizzo del vino.10
Il culto della dea Cupra, da cui il nome dell’antico municipio
romano di Cupra Montana, divinità legata alla fertilità della
terra e il frammento marmoreo d’epoca romana (ora nel
Palazzo Comunale di Cupramontana) di una decorazione più
ampia, raffigurante la cornucopia dell’abbondanza con grappoli e frutta, confermano come in tutta la media valle
dell’Esino, l’agricoltura e in particolare la viticoltura fossero
praticate su larga scala.
Se fiorente era in epoca imperiale l’agricoltura, certamente
essa conobbe un forte declino con le invasioni barbariche,
con la guerra greco-gotica del VI secolo e la presenza dei
Longobardi nella dorsale appenninica dal VII secolo. Tuttavia
il loro insediarsi nel territorio e la presenza dei monaci benedettini costituirono elementi di ripresa che si consolidarono
con il passare dei decenni. Se rare erano le coltivazioni per i
non molti abitanti, mai comunque abbandonate, sia con i
Longobardi che con i monaci esse cominciarono progressivamente a incrementarsi.11 Tra le coltivazioni non dimenticate
c’era quella della vite. Vigne, infatti, sono attestate in contrada Rovegliano (Cupramontana) in un atto di donazione,
redatto l’11 dicembre 907, a favore dell’abbazia di S. Eutizio
in Campli (Nocera), fatto dall’ex-imperatrice Ageltruda, figlia
del principe di Benevento, moglie di Guido di Spoleto re
d’Italia e imperatore di una sua curtis, di sicura origine longobarda. La curtis comprendeva oltre all’Oratorio di S. Pietro
apostolo, anche case, terre e le ricordate vigne.12
I Longobardi dal canto loro tutelavano giuridicamente la coltivazione della vite: l’Editto di Rotari (643), infatti, proibisce
severamente a chicchessia di recidere una vite e di danneggiare l’altrui proprietà sia privando la vite stessi dei propri
sostegni, sia asportandosene licenza del padrone più di tre
grappoli d’uva.13
I monaci invece ebbero un ruolo di fondamentale importan-
botanico marchigiano originario di Piobbico in una lunga lettera
indirizzata, appunto nel 1569, al medico e naturalista Ulisse
Aldovrandi (1522-1605), Del’insalata e piante che in qualunque
modo vengono per cibo del’homo, inserisce il Verdicchio in un
elenco di uve da tavola e non da vino, distinguendolo, primo tra i
botanici, dal trebbiano, dalla malvasia e da altre qualità di uve. La
lettera del Felici è significativa per stabilire anche che il Verdicchio
non dava, almeno fino allora, un vino omonimo come oggi. Non
solo, ma il botanico di Piobbico lascia intendere inoltre che esso
non concorreva neppure a formare altri vini, perché era considerato solo come frutto di stagione da consumarsi a fine pasto.18
La lettera del Felici è rimasta inedita per oltre quattrocento anni,
fu pubblicata infatti solo nel 1986, essa comunque conferma che
il nome “Verdicchio”, applicato a un’uva, era all’epoca conosciuto
e usato indicando solo una delle circa quaranta varietà di uve presenti sul territorio, descritte dallo stesso Felici.
Un’ulteriore riprova che in quegli anni un’uva Verdicchio fosse presente sia in territorio marchigiano, sia settentrionale che centrale,
ci è fornita da uno studioso di Fabriano, Mambrino Roseo (1500
c. – 1580 c.) che ebbe il merito di tradurre dallo spagnolo il trattato di agricoltura allora più noto in Europa Obra de agricoltura
compilada da diuersos auctores di Gabriel Alonso d’Herrera
(1470-1539), professore a Salamanca, pubblicato in prima edizione nel 1513.19 La traduzione del Mambrino è del 1557 e fa corrispondere al termine spagnolo “torrontés” la parola “Verdicchio”.
“Torrontés” in verità è “aggettivo di vite e uva bianca simile al
moscatello” e l’identificazione con “Verdicchio” lascia qualche perplessità. Forse il traduttore intendeva indicare, con tale termine italiano e la relativa descrizione, un’uva molto vicina alle caratteristiche di quella spagnola, individuando proprio nel Verdicchio, a lui
certamente noto, l’uva e il vitigno più corrispondenti al “torrontès”
spagnolo. Questa la descrizione, nella traduzione di Mambrino
Roseo, del “torrontès-verdicchio”: “Il Verdicchio è uva bianca che
ha il granello picciolo, che traluce più che niuna altra. Fa graspi
piccoli e molto stretti. Queste viti sono migliori in luoghi alti, non
humidi, che piani ed in luoghi grassi, riposati, imperocché ha la
scorza molto sottile, tenera, di che avviene che si marcisce molto
presto, et ha il sarmento così tenero che da per sé la maggior parte
cade tutta, bisogna che al tempo della vendemmia si raccoglia per
terra, per questa cagione ricerca luogo asciutto, non ventoso, né
colli molto alti. Il vino di questo vitame è migliore che niuno altro
bianco. Si conserva lungo tempo, molto chiaro, odorifero, soave.
Jesi (An) - Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche
za nella rifondazione del paesaggio agricolo. “I monaci dissodano,
arano, seminano, piantano nuovamente la vite. Dal IX secolo, particolarmente nella Vallesina e zone limitrofe è un autentico pullulare di abbazie, monasteri, chiese, conventi ed eremi, in una percentuale che forse non ha pari in tutto il territorio nazionale”.14
Il “Catasto Antico (fine sec. XIII ) del Comune di Jesi” attesta una
già consistente presenza di vigne e terreni vignati in tutto il territorio della valle: mediamente, secondo diversi studi, in questo periodo nella Vallesina quasi tutti i proprietari, anche i più piccoli, possedevano una vigna fino a un massimo di mezzo ettaro.15
Non sappiamo se queste uve e queste vigne fossero di Verdicchio
e se monaci, braccianti agricoli e proprietari bevessero l’omonimo
vino, questo comunque c’era e in abbondanza.
Il primo accenno che viene fatto, lo dobbiamo al cronista fiorentino Matteo Villani (1295-1362) che raccontando nelle sue “Storie”
le scorribande di Montreal d’Albarno, più conosciuto come fra
Moriale, nei castelli del contado di Jesi nel 1354, scrive a proposito di Staffolo: “E del mese di Marzo presono il castello delle
Istaffole pieno di molto vino”.16
Mentre inizia la decadenza delle abbazie e si affermano i Comuni,
il vino, da bevanda riservata ai nobili, ai monaci o all’uso prettamente liturgico, entra in un consumo più esteso, favorito anche da
una maggiore produzione risultante da una progressiva opera di
disboscamento e dal successivo impianto di vigneti.
Non c’erano nomi specifici che indicassero singolarmente uve, vini
e vitigni, il nome più comune era quello di “uve trebbiane”, le più
conosciute “per tutta la Marca”, così indicate da Pietro de’
Crescenzi (1230-1321) agli inizi del Trecento nel suo monumentale trattato di agricoltura “Ruralium commodorum libri duodecim”,
scritto in latino verso il 1305 e tradotto più volte in italiano nella
prima metà del Cinquecento. Il De Crescenzi parla anche di un’uva
“verdecla”, ci piacerebbe che fosse un riferimento al Verdicchio,
ma tale sembra non essere dal momento che il grande agronomo
bolognese, trattenendosi a Senigallia per tutto il 1269 come giureconsulto al seguito del podestà Alberto Asinelli e venendo così a
conoscenza della realtà vitivinicola del territorio senigalliese e dei
dintorni, se lo avesse conosciuto ne avrebbe certamente fatto
cenno.17 Un’esplicita e chiara testimonianza del termine
“Verdicchio” si ha soltanto nella prima metà del Cinquecento o
poco oltre. Alla leggenda insomma attribuita al Cimarelli si sostituisce la storia.
La prima è del 1569. A darcela è Costanzo Felici (1525-1585),
Ma l’uva di esso per mangiare non vale molto”.20
Tra le affermazioni del Felici e quelle di Alonso Herrera - Mambrino
Roseo c’è una palese contraddizione a proposito del Verdicchio:
per il primo il Verdicchio è un’uva da pasto, mentre per il secondo
“per mangiare non vale molto”, ovviamente in quel di Fabriano,
patria del Roseo, il Verdicchio era più noto come vino che come
uva da tavola.
Le perplessità sulla sinonimia tra “torrontés “ e Verdicchio, ma non
solo per questa, erano state sollevate già agli inizi del Novecento
dal noto ampelografo francese, J. Roy-Chevrier, che parlava di “una
curiosa traduzione dove si vede una correlazione di nomi di vitigni
spagnoli divenuti italiani”.21
“A noi comunque, come si scriveva nel 1991, poco importa se il
Mambrino, traducendo da un’altra lingua abbia arbitrariamente
voluto paragonare o addirittura identificare un’uva spagnola con
una italiana. Sta di fatto che anch’egli come il Felici, usa il termine “Verdicchio” per indicare un determinato tipo di uva”.22 Indizio
sicuro che almeno nella prima metà del Cinquecento, salvo nuove
ricerche, in terra marchigiana, o almeno in certe zone delle
Marche, il “Verdicchio” era certamente conosciuto.
Un altro studioso marchigiano invece, botanico e medico di papa
Sisto V, Andrea Bacci (1524 - 1603), pur essendo contemporaneo
di Costanzo Felici e di Mambrino Roseo, nel suo grandioso trattato De naturali vinorum Historia, de Vinis Italiae et de Conviviis
Antiquorum Libri Septem, stampato a Roma nel 1596, non nomina il Verdicchio né come uva, né come vino. Anche per il Bacci,
come già per il de’ Crescenzi, nelle Marche del centro nord regnano sovrani i vini Trebbiani, provenienti da uve trebbiane o trebulane: distinguendo sottilmente queste due uve, si può ipotizzare che
tra le uve trebulane (affini a quelle trebbiane), il Bacci possa aver
annoverato anche il Verdicchio.23
Qualche incertezza in passato fu sollevata sul fatto se il Verdicchio
fosse un vitigno autoctono o importato. Era stata fatta, infatti, l’ipotesi di una sua importazione dal nord dell’Italia nella seconda
metà del Quattrocento quando consistenti colonie di “lombardi” si
insediarono non solo a Santa Maria Nuova, invitati dal Comune di
Jesi dopo una decimazione demografica causata dalla peste, ma
si sparsero per tutti i castelli della Vallesina. Con il nome di “lombardi”, essi provenivano da Verona, Bolzano, Lodi, Parma, Mantova,
ecc., artigiani, ma soprattutto agricoltori che ebbero dalla
Comunità Jesina da un quarto di ettaro fino a cinque ettari di terra
“scelta tra i terreni sodivi o selvati da destinarsi a vigna”.
15
Dopo un secolo della loro presenza sul territorio si registrarono in
campo viticolo risultati sorprendenti da attribuirsi in gran parte
all’infaticabile opera degli esperti agricoltori del nord.
Studi specifici avevano rilevato in passato somiglianze e caratteri
comuni tra il Verdicchio e il Trebbiano di Soave,24 recentemente
invece analisi scientifiche, tra cui il test del DNA, hanno accertato
il “Verdicchio bianco” come “sinonimo riconosciuto” con il
“Trebbiano di Soave” e il “Trebbiano di Lugana”, varietà iscritte
separatamente nel “Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite” fino a
pochissimo tempo fa. Comunque seppure per il vitigno Verdicchio
viene confermata la derivazione “lombarda”, ormai il particolare
adattamento del vitigno ai nostri terreni, sotto l’aspetto geomorfologico e all’habitat specifico del nostro territorio, lo caratterizza
come vitigno autoctono che dà origine a un vino inconfondibile per
sapidità e retrogusto amarognolo di mandorla.
Conosciuto come tale, il Verdicchio viene coltivato nel SeiSettecento insieme ad altri vitigni che producono vini in abbondanza, ai quali le autorità dell’epoca dedicano la loro attenzione
regolamentandone il commercio e anche la qualità, intervenendo
sulla data della vendemmia onde le uve non siano raccolte immature.25
Prima che le nuove carestie del Settecento (nel Seicento sono da
ricordare quelle che colpirono tutti i paesi europei tra il 1650 e il
1670, particolarmente grave quella del 1763-66), rovinassero
ulteriormente e su tutto il territorio nazionale quel prezioso patrimonio vegetale rimasto, il botanico fiorentino Pier Antonio Micheli
(1679-1737) inizia la prima vera grande catalogazione delle piante italiane e fra queste, nei suoi manoscritti, compare anche il
Verdicchio, che non è più considerato solo uva da tavola, come un
tempo scriveva il Felici, bensì a buon diritto un’uva da vino.
Descrive il Verdicchio come una “vitis viniferae varietas” e cioè
come una varietà di vite da vino. Nelle opere di altri due botanici,
Cosimo Trinci e Cosimo Villafranchi, contemporanei del Micheli,
invece, non si fa alcun accenno al Verdicchio. L’omissione può
essere così spiegata: con tutta probabilità il verdicchio, pur catalogato dal Micheli, era poco noto in Toscana o da poco importato
da altre regioni, così da non essere citato negli elenchi del Trinci e
del Villafranchi che descrissero i vitigni allora più conosciuti. In
questo contesto sono esplicative le indicazioni riportate nel titolo
del manoscritto inedito del Micheli: “…viti che si coltivano non solo
nel piano e nel distretto di Firenze…sia nostrali che forestiere.”26 Il
Verdicchio era dunque in Toscana nelle prime decadi del
della Villa finito di stampare nel 1809, mentre fu premiata e
diffusa a stampa quella di Giovanni Brignoli, professore di
agraria e botanica nel liceo –convitto di Urbino. Vi si diceva
che “è massimo errore preferire la quantità alla qualità del
vino” e che “conviene adattare la qualità delle uve alla natura ed alla situazione del terreno”: tra i vitigni infatti, onde
migliorare la qualità dei vini, si reputava necessario saggiare
la qualità del terreno, la direzione dei venti e soprattutto l’illuminazione del sole, c’è il Verdicchio. E ancora: “Non si
mescolino in un tino più quantità di uve a meno che ciò non
si faccia con quelle che l’esperienza insegnò riuscir bene
combinate insieme”, “Non si colga in un giorno più quantità
di uva, di quella che si può pigiare nella giornata medesima”31: enologi ed enotecnici dicono oggi queste cose come
fossero delle novità e invece erano suggerimenti che venivano dati due secoli fa.
Il vitigno Verdicchio, pur non coltivato su vasta scala, cominciò a trovare, decennio dopo decennio, su tutto il territorio
collinare quel suo habitat favorevole alla produzione di un
vino che ebbe le sue prime affermazioni in esposizioni regionali (Ancona 1872) e internazionali (Vienna 1873). Merito di
tutto questo fu la diffusione capillare di una rinnovata “cultura agricola”, promossa anche sul nostro territorio, in particolare dalla “Società Agraria Jesina” fondata nel 1838, cui parteciparono soci della città e dei vari paesi della Vallesina.
Periodiche riunioni, discussioni, sperimentazioni dirette sul
campo (vigneti, seminativi, colture varie, gestione aziendale,
organizzazione della casa colonica, ecc.) contribuirono a formare nuove generazioni di proprietari - imprenditori agricoli e
di coloni più aperti al progresso e alle innovazioni. La “Società
Agraria Jesina” scrisse “una delle più belle pagine della
nostra storia locale”32, diffuse idee e proposte attraverso la
pubblicazione di Atti della Società di Agricoltura jesina che
pur cambiando nome durerà fino al 1933. Di questa
“Società” è doveroso ricordare il fondatore il Card. Pietro
Ostini, vescovo di Jesi, il ruolo che vi ebbero il p. Vincenzo
Rinaldi (1779-1846), Eugenio Meriggiani (1812-1899) e
Arzeglio Felcini (1858-1938). Protagonista comunque ne fu
Ruggero Rosi (1829-1897), giornalista, amministratore civico, divulgatore e conferenziere, instancabile innovatore e sperimentatore di nuove tecniche nei suoi possedimenti, presidente della Commissione Ampelografica Provinciale e mem-
Clizia Pavani
Settecento un vitigno poco affermato, certamente “forestiero”. Con l’Ottocento il Verdicchio comincia la sua progressiva
affermazione anche se citato e coltivato insieme ad altri vitigni. Se ne parla come vitigno delle Marche centrali e come
vitigno specifico della Vallesina.
Per le Marche e in particolare nel Dipartimento del Metauro,
cui apparteneva la Vallesina, si scrive che c’erano “tutte uve
bianche”; nel Dipartimento del Tronto, cui appartenevano il
territorio di Macerata e quello di Fermo, si aggiunge che “coltivansi delle uve in varietà infinite. […] Tra le bianche le
migliori sono il Verdicchio, il Trebbiano ed il Moscatello.”
Questi accenni sono contenuti negli Annali di Agricoltura del
Regno d’Italia, una sorta di dettagliato rapporto-inventario
sulla situazione agricola, redatto nel 1809, nel momento in
cui si poneva mano, per volere di Napoleone, al riassetto
amministrativo del territorio.27
Per la Vallesina a darcene notizia è invece Don Angelo Antonio
Rastelli (1750-1824), nella sua opera Il Dottore della Villa su
tutti i principali oggetti dell’Agricoltura, pubblicato a Jesi nel
1808 e in successive edizioni nel 1818 e nel 1885. Così scrive: “Le uve secondo i paesi hanno pur diversi nomi. Presso
noi il Moscadello sì bianco, che negro, la Balsemina,
l’Aleatico, il Sangiovese, il Moscatello Francese sono le uve
più stimate. Viene appresso il Verdicchio, la Malvasia, il
Greco, il Trebbiano, […]”.28
Contemporaneamente le autorità si preoccupavano di migliorare la qualità dei vini, sia regolamentando la vendemmia che
migliorando la fabbricazione e la conservazione del vino. Il
prefetto del Dipartimento del Metauro, G. Casati, in un
“Avviso” del 5 novembre 1808, lamentando la decadenza dei
“vini Anconetani” e analizzando e confrontando i terreni sia
del litorale come dell’entroterra, indicava le cause di questa
decadenza nella “mancanza di un regolamento che fissi
l’epoca delle vendemmie, ed il metodo che si pratica nella
fabbricazione, e custodia de’ vini” e indiceva un concorso per
una “Memoria” per il miglioramento dei vini.29 Non sapeva il
Casati, lui era lombardo, che almeno da un secolo e mezzo
la data della vendemmia era regolamentata30, ma che le
disposizioni che pure c’erano, almeno in passato, non venivano osservate. Diversi studiosi parteciparono al concorso, tra
cui anche il Rastelli, la cui “Memoria” o “Dialogo sul miglioramento de’ vini” fu inserita nel secondo tomo de Il Dottore
16
Castelbellino (An)
17
bro di commissioni ministeriali. La sua azione a favore dell’agricoltura e della vitivinicoltura della Vallesina e dell’intera
provincia fu veramente preziosa.33
La preferenza dei viticoltori per il vitigno Verdicchio si andava
affermando e ci viene confermata nel volume di Francesco
De Bosis La Esposizione Ampelografica Marchigiana Abruzzese tenuta in Ancona il settembre 1872 e Studi sulla
vite e sul vino della Provincia di Ancona, Ancona 1873, dove
a p. 106 si scrive: “… e senza ripeter più volte la cosa stessa troveremo, che tutti convengono nella preferenza ai verdicchi bianchi”,34 e nonostante che in quegli anni in molte colline si privilegiassero le uve rosse, il “verdicchio tra le bianche non ha potuto essere detronizzato”.35
La diffusione soprattutto della fillossera e della peronospora
(1879-1880) su tutto il territorio nazionale produsse effetti
disastrosi proprio al Verdicchio che soffrì più di altri vitigni,
data la delicatezza dei suoi componenti, attaccabili da agenti esterni. Grazie comunque all’opera informativa delle cosiddette Cattedre Ambulanti di Agricoltura e a quelle specifiche
di Vitivinicoltura (vere e proprie Università di agraria itineranti sul territorio italiano, istituite a Rovigo nel 1890 e attive fintagli anni Trenta) si riuscì ad arginare il flagello dei parassiti.
Tra le varie Cattedre Ambulanti, proprio in riferimento al
Verdicchio, va ricordata la Cattedra Ambulante di
Vitivinicoltura ed Enologia insediata a Cupramontana il 15
agosto 1893, sotto la direzione del prof. Riccardo Callegari di
Conegliano Veneto, qui inviato allo scopo di diffondere, in
tutta la provincia di Ancona, pratiche razionali nella coltivazione della vite, combattere le malattie, selezionare i vitigni,
tutelare e promuovere le sviluppo dell’industria e del commercio dei vini marchigiani.
Il Callegari dalla sua sede di Cupramontana scrisse opere
destinate ai contadini e da esse risulta chiaro quanto il
Verdicchio fosse un vitigno ricercato e apprezzato.
Soprattutto egli però ebbe il merito di aver insegnato, un po’
in tutto il territorio della provincia, le pratiche di innesto per
sconfiggere, con l’apporto delle nuove viti americane, soprattutto la fillossera. Proprio su questo argomento dedicò un
libro durante il suo soggiorno a Cupramontana tenendo corsi
teorico - pratici sugli innesti delle viti. Le pratiche di innesto
non alteravano le caratteristiche del Verdicchio e degli altri
vitigni, in quanto i portainnesti americani si limitavano a raf-
forzare la capacità di resistenza delle viti agli agenti esterni.
Grazie all’azione di questa Cattedra Ambulante e a quella
concomitante di alcune scuole (la Scuola Speciale di
Agronomia e Agrimensura, antenata dell’Istituto “Cuppari” di
Jesi, il Comizio Agrario di Fabriano e la Scuola Pratica di
Ancona) il Verdicchio cessava per sempre di essere uva e
vino a esclusivo consumo del proprietario o del contadino,
assurgendo a importante fattore economico di intere comunità delle Marche centrali.
Per ampelografi ed enologi italiani di tutto l’Ottocento ormai
il Verdicchio, più come vitigno che come vino, non costituiva
un mistero, la sua fama aveva varcato i confini italiani trovando un posto di rilievo anche in un dizionario ampelografico
europeo.36
Come vino aveva superato anche gli stretti confini della
Vallesina e dei suoi colli. Già si sono ricordate le affermazioni all’Esposizione Provinciale di Ancona nel 1872 e
all’Esposizione Mondiale di Vienna del 1873, in quest’ultima
ebbe il secondo premio Eugenio Meriggiani di Jesi per il suo
“Verdicchio 1871”, una quasi certificazione ufficiale del vino
con questo nome; nel 1875 il dott. Raffaele Chiorrini ebbe la
medaglia d’argento all’Esposizione di Fabriano. Medaglie e
affermazioni che premiavano un vino che già si era fatto
conoscere da decenni ai consumatori di città come Ancona
e Roma e che ora ne stava incrementando l’apprezzamento
attraverso empori - osterie aperte in quelle città da operatori del nostro territorio. Un “fervore commerciale” che continuava quello già presente da decenni se non da secoli, che
tuttavia le rinnovate vie di comunicazione, in particolare la
nuova linea ferroviaria Roma - Falconara inaugurata nel
1868, rendevano più dinamico, interessando un numero crescente di operatori. In questo contesto vanno incluse, per
quanto il vino e via via soprattutto il Verdicchio, ad esempio,
l’osteria aperta ad Ancona dal dott. Raffaele Chiorrini di
Castelplanio, dove vendeva vino delle sue terre; le due osterie che avevano in Roma, attorno al 1890, i fratelli Augusto e
Domenico Cerioni di Cupramontana e le due analoghe osterie ad Ancona e in Roma, negli stessi anni, di Pasquale e
Luigi Pierangeli, anch’essi di Cupramontana: in tutti questi
esercizi era servito sempre il vino Verdicchio di
Cupramontana e dei Castelli limitrofi.37
Staffolo ebbe, dalla fine dell’Ottocento, a Roma, esercenti di
Mergo (An)
rivendite di Verdicchio, come Mariano Cantarini, o
gestori di osterie e ristoranti, come Giuseppe
Camerucci, Augusto Marchegiani e altri ancora che,
per tutto il Novecento, oltre al vino dei Castelli romani servirono e fecero conoscere il Verdicchio proveniente dalle cantine del loro paese, quando non
direttamente dalle cantine di famiglia.38
Il crescente apprezzamento del Verdicchio, non solo
in queste città, vedeva premiato l’impegno dei coltivatori che dopo la sciagura della fillossera avevano
progressivamente rinnovato gli impianti. Al loro lavoro si erano affiancati studi, sperimentazioni, concorsi ed esposizioni che contribuirono non poco a
migliorare la qualità dei vini e a far compiere soprattutto al Verdicchio un deciso “salto di qualità”. Un
ruolo importante per il successo del Verdicchio spetta alle esposizioni nazionali e internazionali, grazie a
esse il vino bianco marchigiano uscì ufficialmente e
definitivamente dagli angusti confini provinciali e
regionali per confrontarsi con vini più famosi e
anche con gusti, nel bere, decisamente diversi.
Anche alcune innovazioni tecnologiche, come i filtri
meccanici provenienti dalla Germina e dalla
Svizzera e introdotti negli stabilimenti vinicoli e il
progressivo abbandono di cuocere il mosto e
aggiungerlo a quello crudo, contribuirono in maniera determinante all’elevazione della qualità del
Verdicchio collocandolo, sia come vitigno che come
vino, al primo posto nelle Marche.
Vino da pasto, il Verdicchio, ma con tutta probabilità anche vino da spumante.
I primi tentativi furono fatti verso la metà
dell’Ottocento a Jesi da Ubaldo Rosi con uve provenienti da un suo podere sperimentale sia nel 1857
sia in precedenza negli anni 1843-47, quando si
occupò di fare “spumanti alla maniera del vero
champagne”. Non sappiamo con certezza se il vino
fosse Verdicchio, ma conoscendo il Rosi come sperimentatore e innovatore nel settore vinicolo, ci
piace supporlo, convinti di non essere lontani dalla
verità. Nel 1849 a Loreto, Francesco Spalazzi
cominciò un’analoga produzione di un “vino spumante in cui tutti caratteri si rinvengono del celebre
Champagne francese”, ottenendo negli anni successivi lusinghiere affermazioni in esposizioni nazionali
e internazionali: Firenze (1861), Torino (1864),
Ancona (1869), Vienna (1873).39
Sicuramente di Verdicchio era invece lo
“Champagne Gran Bouddha” prodotto dalla
“Società Enologica Cuprense Ceccarelli – Dottori Rinaldi” che agli inizi del Novecento si era costituita
a Cupramontana e che in pochi anni si aggiudicò tre
Medaglie d’oro e una Gran Croce al merito.40 A questa società subentrò nel 1908 la “F.lli Dottori & C.”,
mentre l’anno prima, 1907, si era costituita la “Ditta
D. Vescovo & Figli”.
A Cupramontana inizia così, in questi anni, la prima
vera produzione industriale di spumante a base di
Verdicchio, non senza il positivo stimolo dei precedenti successi dello spumante marchigiano. La produzione e il conseguente successo dello spumante
accompagnarono e confermarono quelli del vino. La
coltivazione del vitigno Verdicchio di andava progressivamente allargando ai Castelli che si affacciavano sulla valle dell’Esino, tanto che nel 1923 il
Ministero dell’Economia Nazionale elogia così i vini
a base di Verdicchio dell’attuale zona dei Castelli di
Jesi: “Qui si producono buoni vini bianchi, soprattutto a Cupramontana e nei cosi detti Castelli di Jesi e
formati dai comuni di Castelbellino, Castelplanio,
Maiolati e Monte Roberto. Si ottengono con il
Verdicchio e riescono abbastanza alcoolici, sapidi,
gradevoli, sono molto ricercati, specialmente sui
mercati dell’Italia settentrionale ed a Roma ”.41
A Staffolo nel 1919 - 20 aveva iniziato la sua attività nel settore vinicolo lo “Stabilimento Vinicolo
Angelo Procicchiani” che produceva “Gran
Spumanti”, “Moscato Spumante” e “Vini da pasto e
di lusso”: ebbe non poche affermazioni in esposizioni in Italia e all’estero, cessò l’attività nel 1930
cedendola ad altri. Fu comunque la prima di una
serie di aziende che continuano ancora a produrre
18
19
mosti e dei vini. Queste norme vengono emanate
con D.P.R. n. 930 il 12 luglio 1963. Una legislazione questa che segna la data - simbolo di una
nuova epoca della vitivinicoltura italiana. Si mossero così produttori e istituzioni per ottenere quanto la
legislazione prevedeva: nel 1967 ottennero la
D.O.C. il “Rosso Conero” e il “Verdicchio di Matelica”
e nel 1968 il “Verdicchio dei Castelli di Jesi”.
Per quest’ultimo si diedero da fare i produttori di
Cupramontana, Castelplanio e di altri Castelli e lo
vollero chiamare, nome già peraltro usato da diversi decenni per indicare il territorio di produzione,
“Verdicchio dei Castelli di Jesi”, che copriva l’intero
contado che aveva avuto in Jesi, dal secolo XIV al
XIX secolo, la sua città-capitale, anche se il territorio di Jesi non rientrava nella zona tipica di produzione e proprio questo nome sarà utilizzato nel
disciplinare annesso al decreto dell’11 agosto
1968 (“Gazzetta Ufficiale” del 26 settembre 1968,
n. 245). Modificazioni sono state apportate nel
corso degli anni, l’essenzialità comunque della
D.O.C. è nel decreto del 1968. L’art. 8 del
“Disciplinare di produzione” annesso al decreto di
riconoscimento precisa il territorio del Verdicchio
dei Castelli di Jesi Classico da quello del Verdicchio
del Castelli di Jesi, denominazione, la prima, concessa “al prodotto della zona originaria più antica”.
Essa comprende i comuni di Apiro, Arcevia (parte),
Belvedere Ostrense, Castelbellino, Castelplanio,
Cupramontana, Maiolati Spontini, Mergo,
Montecarotto, Monte Roberto, Morro d’Alba, Poggio
San Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo di
Jesi, Serra de’Conti, Serra San Quirico (parte),
Staffolo.
Il territorio invece posto “alla sinistra del fiume
Misa” può usare solo la denominazione Verdicchio
dei Castelli di Jesi e comprende il comuni di
Barbara, Castelcolonna, Castelleone di Suasa,
Corinaldo, Monterado, Ostra, Ostra Vetere e Ripe. La
zona di produzione, in massima parte, è in provincia di Ancona, solo una minima parte dei terreni è
Clizia Pavani
Verdicchio onorando l’antica tradizione vinicola del
paese con prodotti di alta qualità.42
Il 23 settembre 1928 si celebrò a Cupramontana la
Sagra dell’Uva, la prima edizione di una serie che
ancora continua con crescente successo: fu voluta
per dare lustro al “Verdicchio del Massaccio” (antico nome di Cupramontana), promuoverne la conoscenza e sottolinearne l’indotto che esso aveva nell’economia del paese e non solo.43
Si intensificano intanto a Roma negozi che vendevano esclusivamente Verdicchio dei Castelli di Jesi,
Eugenio Zucchi e Vincenzo Perticaroli di Maiolati,
oltre a quelli originari di Staffolo già presenti in
città, se ne fecero entusiasti promotori. Le ditte di
Cupramontana lo facevano conoscere in Lombardia
e in Piemonte e non mancarono di farlo arrivare
anche ai nostri soldati inviati in Etiopia tra il 1930
ed il 1935. Partite di vino prendevano anche la via
dell’estero come il Belgio e il Giappone.
Con il secondo conflitto mondiale il Verdicchio fu
conosciuto in particolare non solo dai tedeschi
invasori, ma soprattutto dalle truppe alleate angloamericane e subito dopo la fine della guerra molti
imprenditori ravvisarono nel settore vinicolo e in
particolare nel Verdicchio, la loro sfera di azione.
Nacque così ad esempio a Cupramontana nel
1949 la “Fazi Battaglia”, mentre altre che avevano
già da qualche anno la loro attività la incrementarono notevolmente. Nel 1962 a Cupramontana si
contavano ben venti case vinicole, ma altre erano
da anni operanti a Maiolati Spontini, Castelplanio,
Rosora, San Paolo di Jesi, Montecarotto. La “Fazi Battaglia” frattanto, costruito un nuovo stabilimento a Castelplanio Stazione, aveva nel 1954 immesso nel mercato una nuova bottiglia per il Verdicchio,
l’anfora, disegnata dall’architetto milanese Antonio
Maiocchi che per decenni fu sinonimo nel mondo
di Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Nel 1963 con legge n. 116 del 3 febbraio viene
concessa al Governo la delega a emanare norme
per la tutela della denominazione di origine dei
Castelbellino (An)
in provincia di Macerata. Gli anni dal riconoscimento della D.O.C. del
Verdicchio, ormai quaranta ed oltre, sono stati contrassegnati da un
crescendo in qualità tanto da diventare il vino bianco delle Marche
più conosciuto e affermato.
La storia di questi anni è la storia di tante aziende che si sono impegnate per un prodotto che ha conosciuto e conosce un apprezzamento sempre più corale. Un apprezzamento che si è manifestato in continue affermazioni in campo nazionale, internazionale e mondiale.
Grandi e piccole aziende, anche a conduzione famigliare, hanno puntato sulla qualità e la specificità di un prodotto che non ha eguali in
altri territori.
Il percorso di questa crescita qualitativa e delle dinamiche dei mercati esteri dove è presente il Verdicchio, dal Giappone alla Cina, dagli
Stati Uniti alla Russia, alle nazioni del nord Europa, è stato analizzato nel corso di diversi convegni tenuti durante il 2008, in occasione
del quarantesimo della D.O.C.: Villa Salvati di Monte Roberto Pianello Vallesina (4 maggio), Belvedere Ostrense (28 giugno),
Rosora (18 ottobre), Jesi (29-31 ottobre). In tutti gli incontri sono
stati sottolineati i grandi risultati raggiunti, dovuti a un impegno
imprenditoriale non comune che richiede di essere supportato da
un’azione di sostegno reale e integrato da parte di istituzioni e privati, tenendo presenti sia i nuovi fronti del mercato che delle normative.
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, quale vino bianco più significativo
delle Marche, necessita di una strategia promozionale unitaria, legata strettamente alla storia del territorio e della regione, oltre che alle
specificità geomorfologiche della zona di produzione che lo rendono
unico e inconfondibile. Anche nel contesto delle nuove normative
europee il Verdicchio dovrà trovare le modalità più idonee per proporre la sua tipicità e garantire così anche la sua storia secolare connessa al lavoro di tante generazioni. Una storia, insomma, che ripercorrendo il passato ne dia e ne proponga l’immagine più adeguata e
più coerente.
Monteroberto (An)
20
Father Vincenzo Maria Cimarelli a Dominican friar born in Corinaldo (15851662) could never thought that in the future his name was linked to the
Verdicchio wine. He was a naturalist, historian and late humanist with
encyclopaedic knowledge, predisposed to philosophy and theology but he
didn’t write about the hint to Verdicchio wine. In the year of 1950-1960s
people ascribed it to him when looking up the word “ noble origins” of
Verdicchio someone thought to connect some terms in a page wrote by
Cimarelli himself in his Istorie of Urbino State. The third book of the origin
and the triumphs of Corinalto, printed in Brescia in 1642. After checking
the original volume they discovered the false. Except for some words or
phrases badly restored also, the reference to Verdicchio is not existing. The
history or rather the legend had a success and it was transcribed by those
who have wrote about the Verdicchio. The vine cultivation in an Romanic
and pre-Romanic period it is not a legend but an historic event that the
archaeological excavations have widely confirmed. We refers to vitis viniferous cultivated by the farmers not to the vitis vinifera silvestris, that is a
wild vine grown spontaneously with other vegetation moreover found into
travertines in fossil vines of the quaternary found at Ascoli Piceno.
We can find he first signs of the vitis vinifera in the iron age (IX century
B.C.) in a carbonised grape-stones found at Moscosi of Cingoli and two
hundred grape-stones came to light from the tomb of Villa Clara of
Matelica dated at the end of VIII century. B.C. they show the vine cultivation and the use of the grape with cultural and food purpose and in the
bins found close to the warrior attests the use of wine also. It came to light
with other ceramics hand-made, bins to mix water and wine (Cratere) and
a drinking wine cups (“Kilix”), the first about 510 B.C. and the second one
of 470 B.C. in a necropolis at Pianello Vallesina (Castelbellino), in the
second ten days of the month: attic ceramic that shows the use of wine. In
the Imperial time agriculture was growing, while declined in the period of
barbaric invasion, Graeco-gothic war of the VI century and with the presence of Longobard in the Apennines ridge line from the VII century. The
monks had, then, an important rule about restarting of agricultural landscape. The old land register of Jesi town Hall (at the end of XIII century)
certifies a strong presence of vineyards and lands planted with vines in all
valley. Mediately, according to different studies in this period in the
Vallesina area almost all of the landowners, the smallest also had got a
vineyards until a maximum of half ectare. We don’t know if these wine grapes and these vineyards were made of Verdicchio and if the monks, agri-
21
culture hired men and landowners drank the homonymous wine, but what
we know is that it was abundant. After the development of the cities, the
wine became from beverage drink reserved to noble people, monks or for
a liturgical use only, a drink of wide consumption. There weren’t specific
names that indicated individually grapes, wines and vineyards the most
common name was” Trebbiane Grapes ”.We have a clear wetness of the
word “Verdicchio” in the VI century. The first wetness back to 1569s. It has
been gave to us by Costanzo Felici (1525-1585) a Marches botanic born
in Piobbico who inserts in a long letter addressed to the doctor and naturalist Ulisse Aldovrandi, the word “Verdicchio” in a list of gripe table and
not gripe wine and differentiating it as first among the botanics, from
Trebbiano, to malvasia and from other quality of gripes. The letter written
by Felici is very important to establish also that the Verdicchio wine didn’t
give until that time, an homonymous wine like nowadays. It’s not all, in
effect the botanic of Piobbico give us to believe also that Verdicchio didn’t
contribute to make other wines because of his consideration like a fruit in
season to take at the end of the meals.
Further sign that a Verdicchio grape was present both in the north and
central Marches territory in that period, is provide us by a student called
Mambrino Roseo (1500 – 1580) born in Fabriano who had the merit to
translate from Spanish the most famous agriculture treatise known mainly
in Europe, written by Gabriel Alonso d’Herrera “Obra de agricoltura compilada da diuersos auctores”. Translation back to 1557, and Spanish word
“torrontés” became a synonymous of the word “Verdicchio”.
The doubts about the words “torrontés” and “Verdicchio” but not only for
this, had been already raised by the famous French ampelograph J. RoyChevrier at the beginning of the VIII century, spoke about a strange translation in which there is a correlation of Spanish wine grapes names that
become Italian.
It was uncertain if the Verdicchio was an autochthon or imported vineyard. In fact an hypothesis about his import had been done, from the northern Italy in the second half of V century, when a remarkable “Lombard”
colonies settled not only at Santa Maria Nuova invited by Jesi town hall
after a demographic decimation caused by the plague, but they spread all
along the Vallesina area castles. Named “Lombards” they came from
Verona, Bolzano, Lodi, Parma, Mantova etc.. they were artisans, especially
farmers. After one century of their presence on the territory someone
noted in a viticultural field astonish results thanks to untiring work of the
Monteroberto (An)
“Verdicchio dei Castelli di Jesi”. An history
north expert farmers. In the past specific studies showed
resemblances and common features between Verdicchio wine
and Trebbiano wine of Soave. Recently instead, scientific analysis included dna test, have showed white Verdicchio wine as a
synonym recognized as Trebbiano of Soave and Trebbiano of
Lugana, variety wrote separately in the national catalogue of the
grape’s variety until a very short time ago. Even if for the
Verdicchio vineyard is confirmed the “Lombard” derivation now
the particular adaptability of the vineyard to our soils about the
geo-morphological aspect and at the specific habitat of our territory, characterize it as native vineyard that give rise to the
unmistakable wine for sapidity and almond bitterrish aftertaste.
Since XIX century the Verdicchio wine know his development
even if mentioned and cultivated with other vineyards. People
talk about the vineyard of the central Marches and specifically
belonging to the Vallesina area. Meal wine but probably sparkling wine. Vineyard cultivation was amplifying on the castles
that looking on the Esino valley for this reason in 1923 the
national Economy ministry commends the wines composed by
Verdicchio of the current territory of Jesi castles. In 1963 with
the low no.116b on 3rd February the government receives the
permission to enact lows for protection of the origin denomination of the musts and of the wines. These lows are enacted with
D.P.R. no. 930 on 12th July 1963 .This is a legislation that
1. AA. VV., Atti del convegno di studi su Vincenzo Maria Cimarelli
da Corinaldo; Centro Culturale Comunale, Corinaldo 1988.
2. Vincenzo Maria Cimarelli, Istorie dello Stato di Urbino. Libro
terzo dell’origine, e successi di Corinalto, Brescia 1642, capitolo II, pp. 5-6. Ristampa anastatica, Forni, Bologna 1987.
3. Uno studio critico del testo apocrifo è stato fatto nel volume di
Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, Il Verdicchio
dei Castelli di Jesi, GESP, Città di Castello (PG) 1991, pp. 47-48
e qualche anno prima da Corrado Danti, Il re dei Visigoti e il
verdicchio, un incontro mai avvenuto, in Il Massaccio, n. 24 del
22 maggio 1988.
4. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 49
5. A. Marescalchi – G. Dalmasso, Storia della vite e del vino,
Unione Italiana Vini, Milano 1979, pp. 343 e 353.
6. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 49.
7. Ivi, p. 6.
8. Ivi, pp. 5-7.
9. Archeo, XVI, 8(186), 2000, p. 98. Giuliano De Marinis – Mara
Silvestrini, La tomba di Villa Clara in Archeologia a Matelica
–Nuove acquisizioni. Catalogo della Mostra, Matelica, marzoottobre 1999, pp. 41-47 e Piceni. Popolo d’Europa. Catalogo
della Mostra, De Luca, Roma 1999, pp. 76-78.
10. AA.VV., La ceramica attica, Ancona 1991, pp. 20, 25 e 110115.
11. Per la situazione nel periodo dopo la crisi dell’impero romano
marks the new age of Italian wine viticulture. So, producers and
institutions moved to obtain what law provided: in 1957 they
obtain the D.O.C. “Rosso Conero” and Matelica Verdicchio wine,
and in 1968 the Verdicchio wine of Jesi castles. For the latter
wine cited there was the moving of the Cupramontana,
Castelplanio and other castles producers who want to call it
“Verdicchio dei Castelli di Jesi” name already used for decades
to indicate the area of production. The art.no.8 of “production
regulation joint to recognition decree, specify the territory of the
“Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico” from that “Verdicchio
dei Castelli di Jesi”, the first denomination gave to the product
of the oldest primary zone. It includes the following small country towns: Apiro, a part of Arcevia, Belvedere Ostrense,
Castelbellino, Castelplanio, Cupramontana, Maiolati Spontini,
Mergo, Montecarotto, Monte Roberto, Morro d’Alba, Poggio San
Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo of Jesi, Serra
de’Conti, a part of Serra San Quirico, Staffolo. The territory
situated instead at the left of Misa river, can use only the denomination of “Verdicchio dei Castelli di Jesi”, it includes the following areas: Barbara, Castelcolonna, Castelleone di Suasa,
Corinaldo, Monterado, Ostra, Ostra Vetere and Ripe. The large
part of production is in the province of Ancona,only a small part
of lands is in the province of Macerata. The years marked by
the Verdicchio DOC recognition by now forty years and over, are
vedi Carlo Vernelli, La coltivazione della vite in un’area mezzadrile, in “Proposte e ricerche”, fasc. 60 (1/2008) pp. 155-156
12. Francesco Menicucci, Memorie istoriche della Terra di
Massaccio, Fermo 1793, appendice I, p. 223 e Riccardo
Ceccarelli, Le strade raccontano. Piazze, strade e contrade di
Cupra Montana, GESP, Città di Castello (PG) 1991, p. 200.
13. A. Marescalchi – G. Dalmasso, Storia della vite e del vino in
Italia, cit., vol. II, pp. 138-139..
14. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, Il Verdicchio
dei Castelli di Jesi, cit., p. 14.
15. Ivi, p. 17, nota 28 con bibliografia.
16. Francesco Menicucci, Memorie istoriche di Massaccio, Fermo
1793, p. 70. Vedi anche Staffolo, Jesi 1997, a cura di Corrado
Danti, p. 219 che ripropone in copia anastatica il testo del
Villani pubblicato a Venezia nel 1562, alla pagina 183.
17. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, Il Verdicchio
dei Castelli di Jesi, cit., pp. 16 e 52-53.
18. Ivi, p. 55. Costanzo Felici, Scritti naturalistici. Del’insalata e
piante che in qualunque modo vengono per cibo del’homo, a
cura di Guido Arbizzoni, Quattroventi, Urbino 1986, p. 105.
19. Giancarlo Castagnari, Mambrino Roseo poligrafo nel
Cinquecento traduttore dell’agronomo spagnolo Gabriel Alonso
d’Herrera in “Proposte e ricerche”, fascicolo 59 (2007), pp. 8393.
20. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., p. 56.
been characterized by increasing quality so much to become
the most appreciated and famous Marches white wine. The
history of the last years is the story of a lot of companies that
are engaged themselves for a product that has been appreciated in the past and more and more nowadays. An appreciation
showed in continuous agreement by national, international, and
worldwide territories. Big and small companies with a family
business also, have aimed to a quality and uniqueness of a product that hasn’t equal in the other territories. The way of this
qualitative growth and the dynamics of foreign markets where
the Verdicchio is present, from Japan to Chine, from USA to
Russia until to the northern Europe nations, it has been analysed during the year 2008 in the course of some meetings on
the occasion of fortieth anniversary of the D.O.C. The
Verdicchio wine of Jesi castles the most important Marches
white wine has need to a promotional unitary strategy closely
related to the history of the territory and of the region as well
as geo-morphologic characteristics of the production area that
makes it unique and unmistakable. In the contest of new
European laws also, the Verdicchio wine will must find the
modalities more suitable to propose his characteristic assuring
so his secular history linked to the work of many generation. An
history, therefore that retracing the past give and suggest an
image more coherent and more suitable.
21. J. Roy-Chevrier, Ampélographie rétrospective, Montpellier 1900,
p. 145.
22. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp.
56-57.
23. Ibidem.
24. Ivi, pp. 18-21.
25. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVII, Cupra
Montana 1986, pp. 11 e 30.
A. Nocchi-R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVIII, Cupra
Montana 1993, pp. 23, 26, 28.
26. Ceccarelli Riccardo, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp.
25-26.
27. Ivi, pp. 27-28.
28. Angelo Antonio Rastelli, Il Dottore della Villa, Floro Flori Editore,
Jesi 1885, terza edizione, p. 300.
29. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Affissi murali del secolo XIX, Cupra
Montana 1996, p. 135.
30. A. Nocchi-R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVII, cit., pp. 11
(1686). A. Nocchi-R Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVIII, cit.,
p. 23 (1776).
31. Vedi in testo integrale della “Istruzione sul miglioramento de’
vini nel dipartimento del Metauro” in Contadini marchigiani del
primo Ottocento. Una inchiesta del Regno Italico, a cura di
Sergio Ansemi, Editrice Sapere Nuovo, Senigallia 1995, pp.
365-370.
32. Vitaliano Cinti, I 120 anni del “Cuppari”, Centro Studi Jesini,
Jesi 1980, pp. 65-68.
33. Vedi Vitigni e vini della Marca di Ancona, a cura di Riccardo
Ceccarelli, Provincia di Ancona, Ancona 2007, pp. 14-15.
34. Il testo è riprodotto anastaticamente nel volume Vitigni e viti
della Marca di Ancona, cit., p. 75.
35. Ivi, p. 110.
36. Si tratta del Ampelographisches Woerterbuc di Herman Goethe,
Vienna 1876, p. 151. Per gli argomenti e la relativa bibliografia
vedi Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit.,
pp. 32-34.
37. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op.cit., pp.
66-67.
38. Riccardo Ceccarelli, Staffolo. Città del Vino e Terra di
Verdicchio, Comune di Staffolo 2005, pp. 32-34.
39. Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi, op. cit., pp.
30, 76-78.
40. Vedi “Listino dei prezzi” in Cupramontana nel 900. Modifiche al
tessuto urbano ed i segni del Liberty, a cura di Riccardo
Ceccarelli, Cupramontana 2009, p. 100.
41. Vedi testo in Riccardo Ceccarelli, Alfredo Nocchi, Enrico Stolfi,
op. cit., p. 66.
42. Riccardo Ceccarelli, Staffolo. Città del Vino e Terra di
Verdicchio, cit., pp. 39-41.
43. Riccardo Ceccarelli, Fondazione Carifac, Fabriano 1997.
22
Staffolo (An)
Festa bella,
festa profonda, festa vera
di Andrea Brunori
“Era di notte, nel paese di C…, al tempo
degli ultimi giorni di settembre, una festa
di vendemmiatori e vendemmiatrici:
festa bella, festa profonda, festa vera:
rimasta, ineffabile, nelle mie memorie.
Era, per le strade notturne, uno schioccare di fruste di vendemmiatori, un trotterellare d’asini scuotendo bigonce: era,
sotto la luna scintillante, un mite esercito, in marcia, di vignaiuoli e vignaiuole:
che recavano dai colli bigonce colme
d’uve bianche e nere: recate in paese a
frangere nei tini padronali”.1
E’ con queste immagini intensamente
vissute e pittoriche, che Luigi Bartolini2
tratteggiava il rito, magico e sacrale,
della vendemmia nel suo paese natio ad
anni di distanza dalla sua partenza da
esso alla volta della capitale.
Una festa della vendemmia che “si riaccendeva” per la “distesa del paesaggio
marchegiano, di colli digradanti dalla
montagna alla marina dorica”. E dalla
cui vibrante umanità scoccava la scintilla della festa popolare spontanea ed
arcaica: “..nelle fumose cantine del
paese di C… eravamo alle grandi scene
della pigiatura. Una lucerna rischiarava,
con il suo triangolo di luce gialla, le
fumose pareti a volta, piena, scalpellata
nel tufo. Sembrava d’essere nel mitico
antro del dio Bacco. [..]
Duravano, le fatiche dei pigiatori sino al
far della notte. In ultimo, i polpacci rosseggiavano tinti di mosto. Un odor
d’umori d’uve spremute s’era diffuso
lungo il vicolo della cantina a tinello.
Andavano, donne e uomini, alla fontana
dell’antica piazzetta di San Leonardo a
detergersi il viso, le mani, i polpacci: e,
dopo aver faticato così gravemente per
l’intera giornata, ecco che avevano il
coraggio di riprendere nuovo aire, nuovo
vigore: da tanto che qualcuno proponeva di mettersi a ballare, per concludere
la vendemmia in una grande festa sulla
maggior piazza del paese. Balli s’accendevano fra i canti ed i suoni di melodiose fisarmoniche e di cembali leggeri.
Tale era, e certamente è rimasta, nei lontani paesi, puramente vergiliana la festa
della vendemmia. In Città, no. In Città, su
mille cittadini forse uno rammenta, a
settembre, la festa della vendemmia (e
se ne rammenta come d’un sogno)”.3
E tali sono rimaste, immutate nella vigorosa e schietta allegria, nel carattere
popolare e audace, le feste legate alla
vendemmia nella terra natia dello scrittore: quella Vallesina cuore e anima
della produzione del Verdicchio dei
Castelli di Jesi. Immutate sono rimaste le
celebrazioni autunnali di tanti piccoli
centri dei colli marchigiani: per il grande
coinvolgimento emozionale che suscitano, per il fascino che esercitano sul visitatore, per la capacità innata che posseggono di unire le persone in un sentire comune. Ben più del marketing e
delle politiche di comunicazione è forte
ancor oggi il richiamo spontaneo che
queste feste esercitano su migliaia di
persone nelle Marche, in Italia e sempre
più all’estero.
Sono momenti di gioia di paesi che “si
ritrovano” in piazza fisicamente e culturalmente. “Hic bibitur” (qui si beve) aleggia nelle vie dei centri storici nei giorni di
festa. In quel “si beve” c’è tutto: il sano
orgoglio per le proprie radici, la celebrazione della coesione della comunità
marchigiana laboriosa e geniale, l’esaltazione dell’uomo come parte pulsante
della natura. Nei Comuni ricchi di vigneti coltivati a Verdicchio le festa del raccolto e della fecondità della terra, della
vendemmia e del nettare di Bacco, sono
la diretta emanazione delle antiche celebrazioni picene e romane della fertilità.
Un fil rouge le rimanda direttamente ai
Liberalia e ai Baccanali4.
La più nota di queste, per storicità,
dimensioni e affluenza, si tiene proprio
nella patria di Bartolini, dove dal 1928
la “Sagra dell’uva” accende il primo fine
settimana di ottobre in un divampare di
folclore e gastronomia tipica, musica e danze, avvolgente allegria.
La sagra cuprense è seconda in
Italia per longevità, di appena due
anni più giovane di quella di
Marino, sui castelli romani5. Anche il
mantenimento della dicitura sagra è
stato fortemente voluto dai cuprensi, a dispetto di proposte ‘modernizzanti’, per conservare e rimarcare il
legame antico con la ruralità e il
forte coinvolgimento popolare che
la manifestazione esercita: un evento a cavallo tra sacro e profano6.
“Le piazze e le vie di Cupramontana
rigurgitavano di gente - riportava il
Corriere Adriatico all’indomani della
prima edizione della Sagra - Balconi
e finestre erano imbandierati ed
illuminati: ovunque erano esposti a
profusione grappoli d’uva magnifica
[..] All’entrata del paese, sotto le
antiche logge del Municipio, attirava
l’attenzione un riuscitissimo chalet,
in mezzo al quale troneggiava una
imponente botte di verdicchio di
140 ettolitri, mentre tutto all’intorno
erano esposti cestini di uva e fiaschi
e bottiglie, che venivano distribuiti
ai numerosissimi visitatori da graziose signorine del paese, indossanti caratteristici costumi contadineschi. Nel mezzo della piazza era
stato costruito un grande arco trionfale, anch’esso adorno di uva e
splendente di luce; e poco discosta
sorgeva la Casa dell’Uva fatta con
decine di splendidi grappoli [..]
Alle ore 18, come stabilito nel programma, sono usciti i carri allegorici, indovinatissimi, costruiti con
gusto artistico ammirevole [..]
Fecero tre volte il giro della piazza
25
passando sotto l’arco trionfale, tra
continui calorosi applausi..”7.
Peculiarità della Sagra dell’Uva
della Capitale del Verdicchio sono
infatti le caratteristiche “capanne”
(stand gastronomici realizzati con
canne, arbusti ed edera, dove
gustare tipicità culinarie e
Verdicchio locale) e i carri allegorico
- vendemmiali che dal 1928 caratterizzano la kermesse della domenica. Un aspetto peculiare delle
odierne sagre cuprensi è, secondo
lo studioso Alfredo Nocchi, proprio
quello carnevalesco che trae origine
dagli irriverenti Baccanali di epoca
romana che ora trovano la loro
moderna espressione appunto nei
carri allegorici. Tanto che secondo
alcuni proprio dai Baccanali deriverebbe il Carnevale stesso. “I carri
allegorici - scrive il Nocchi - con
trionfalistica enfasi reclamizzano,
anche ai limiti dell’assurdo, le virtù
del verdicchio, i loro passeggeri
mascherati nelle fogge più diverse
[..] quella voglia di trasgressione
che, verdicchio regnante, sembra
animare una folla cui, «bis in anno»,
è concesso di «insanire»”8.
Per celebrare i vendemmiatori e le
vendemmiatrici di un tempo numerosi sono i cantori degli stornelli (i
canti irriverenti e schietti che riecheggiavano un tempo nei campi,
nelle osterie, sull’aia al tempo del
raccolto) e i gruppi folk che si
cimentano nella caratteristica
danza del saltarello. Da diversi anni
la sagra ospita il “Palio del
Verdicchio”: gara di pigiatura con i
piedi, in tini di legno, tra le rappresentative dei comuni a maggiore
Beautiful, deep and true festival!
The autumnal grape harvest celebrations of many
small cities of the Marche’s hills haven’t changed,
thanks to their great emotional involvement, for
glamour excited on the visitor and for innate ability
to link people in a common feeling. It’s very important today, much more of marketing and communication policies, the spontaneous attract that these
festivals have towards thousands of persons in the
Marches, in Italy and more and more abroad. They
are joyful moments of countries that found themselves physically and culturally in a public square.
In the rich cities of cultivated vineyards of
Verdicchio, the harvest festivity, the earth fecundity , the grape harvest, and the nectar of Bacchus,
are the directed emanation of the ancient Picene
and Romans celebrations of the fertility. A continuity that goes back directly to Liberalia and
Bacchanals. Most famous than these for historicity, sizes and crowd, own in the native land of
Bartolini is kept since 1928 “the Grape festival”
that open the first weekend of October, it is an
explosion of folklore and typical gastronomy,
music, dances and sweeping joy. The Cupra’s
Festival is in the second place in Italy for longevity,
it’s two years younger than that of Marino on
Roman castles. The preservation of the wording “
festival” has been intentional from Cupra’s people
in spite of modern proposals, in order to preserve
and notice the old tie with country places and the
strong popular involvement exercised by the manifestation: an event that links sacred and profane.
“The public squares and the Cupramontana ways
overflowed by people – related by Corriere
Adriatico, the next day of the first edition of the
Festival balconies and windows were decked with
flags and lighted: anywhere magnificent grape
bunches were showed in abundance”.
At the entrance of the country under the old loggias of the Town Hall, a successful chalet attracted
people’s attention, in the middle of which dominated an enormous barrels of Verdicchio wine of 140
hectolitres, while all around were exposed baskets
vocazione vitivinicola del comprensorio del Verdicchio. Da
sempre la sagra è un momento collettivo che unisce ogni
fascia d’età. Negli ultimi anni la manifestazione si sta
imponendo sempre più come momento di cultura enologica tra i giovani (che la frequentano con grandissima
affluenza). Un esempio della possibilità di dare vita a un
modello di festa (ancorché appassionato e dal tramonto
all’alba) in cui le nuove generazioni sono protagoniste
della loro maturazione di consumatori e non solo, come
spesso avviene, ameno oggetto di studi sociologici e convegnistica. Di tutti questi valori sociali e culturali quello del
colle di Cupramontana è un focolare che trova epigoni,
con le stesse venature di storicità e fascino, nelle feste che
da decenni vengono organizzate a Staffolo, Arcevia,
Montecarotto, Rosora. Anche qui uomini e donne d’ogni
età, anche provenienti da molto lontano per l’occasione,
“lieti il dolce vino bevono/alla grata mensa amica,/e fra
loro ognun dimentica/la sofferta aspra fatica”.9
Folclore, allegria popolare, enogastronomia tipica, promozione delle attrattive produttive e turistiche si intrecciano,
in ognuna di queste manifestazioni, con la conservazione
e valorizzazione delle radici culturali locali. A Staffolo, il cui
toponimo secondo alcuni deriverebbe dal vocabolo greco
staphilé (grappolo d’uva), la Festa del Verdicchio si tiene
ad agosto ed è uno degli appuntamenti di maggiore tradizione dell’entroterra della provincia di Ancona.
Nel 1966 nasce la Festa (oggi curata da uno specifico
Comitato per la Valorizzazione del Verdicchio) e, accanto
ad essa, il Premio Nazionale “Verdicchio d’Oro”. Così che
a completamento del carattere gaudioso della sagra vera
e propria si tenesse ogni anno un momento di forte valore culturale e richiamo mediatico, prezioso per l’intero
comprensorio e per la vitivinicoltura ragionale. Il Premio,
che vede la partecipazione dell’Accademia Italiana della
Cucina, si tiene annualmente nel mese di settembre.
Prevede occasioni di dibattito e approfondimento con
esperti di settore e, dagli Anni Sessanta ad oggi, ha visto
premiati i grandi nomi dell’arte gastronomica, dello spettacolo, del giornalismo e della cultura che nell’ambito
delle loro attività hanno contribuito alla conoscenza e alla
valorizzazione delle eccellenze vinicole della Vallesina e
delle Marche. Ad Arcevia le vie e le piazze del centro storico si riempirono dei rumori e dei sapori della prima Festa
dell’Uva nel settembre del 1954. Da quella data l’appuntamento è cresciuto per notorietà e appeal, mantenendo il
saldo legame con la riproposizione della civiltà contadina,
dei suoi valori e dei suoi pregiati prodotti. Tramandata di
generazione in generazione la manifestazione arceviese si
è sviluppata senza soluzione di continuità, anno dopo
anno, richiamando un numero crescente di visitatori dalle
Marche e non solo. Con il passare delle edizioni il
Verdicchio ha fatto da traino a temi come la riscoperta dei
piatti poveri della tradizione rurale, la difesa dell’ambiente, il “buon ristoro”, il biologico in agricoltura, eccetera.
La Festa dell’Uva di Arcevia è tra le poche che possono
contare sulla verve e sulla vitalità carnascialesca dei carri
allegorici. Da alcuni anni la manifestazione ospita anche la
Giostra del Vino, competizione tra gli antichi castelli del
with grapes, flasks and bottles dealt to
numerous visitors by graceful Miss
wearing a typical rustic costume. In
the centre of square has been constructed a great triumphal arch, it had
also a shining light and it was covered by grapes, near by there was the
house of the grape composed by ten
wonderful bunch of grapes.
The features of the Grape festival of
the capital of Verdicchio are in fact,
the characteristics huts (gastronomic
stands made by canes, shrubs and ivy
where you can taste speciality culinary
and local Verdicchio) and the allegorical grapes-harvest wagons are the features of the Sunday festival since
1928. A peculiar aspect of nowadays
Cupra festival, according to Alfredo
Nocchi, is the carnival aspect that
draws origin from the irreverent
“Bacchanals” of Roman age that now
find their modern expression own in
the allegorical wagons. People think
that the carnival comes from the
Bacchanals feast.
With the aim to celebrate the vine-harvesters of the times past, there are
many singers of stornelli(frank and
irreverent songs that re-echoed
through the fields, in the taverns and
on the threshing floor in the harvest
time) and the folk group that attempt
to the typical dance called “saltarello”.
The festival from several ages has the
“Palio del Verdicchio” this is a winepressing competition by food in wood’s
tub, between the representative of
municipalities to grater wine vocation
of the Verdicchio territory.
Among all the social and cultural
values that one of Cupramontana hill
is an hearth that finds followers with
the same veins of historicity and glamour in the festivities that from decades are organised in Staffolo, Arcevia,
Montecarotto and Rosora. Folklore,
popular joy, typical oenograstronomy,
promotion of the productive and tourist attractions are interlaced in each
of these demonstrations with the conservation and valorisation of local and
cultural roots. At Staffolo, whose place
name according to someone, would
come from Greek. word “staphilé”
(grape bunch) the Verdicchio festival is
in August and it’s one of the greater
traditional appointments in the province of Ancona hinterland.
The festivity was born in 1966 (today
followed by a specific Committee for
the valorisation of Verdicchio) and
close to it the National Prize
“Verdicchio d'Oro”.
At Arcevia the ways and the public
squares of the historical center were
filled up of the noises and the tastes
of the first festivity of the Grape on
September 1954.
With the aim to spread the typical
native product to a public more and
more wide and interested, the
“Verdicchio in festa” of Montecarotto,
town situated in the centre of production area of “Verdicchio dei Castelli di
Jesi Classico” it begins from the traditional leitmotif of the popular festivals.
The demonstration was born in the
80’s and it happens on July and it is
characterized (beside to the classic
popular interest of the oenogastronomic festivities) by the offer of a qualified meeting place of the field, for the
oenologists ways and the tasting
thought in order to spread the culture
of drink good wine, for the connections
26
territorio comunale. Parte dai leit motiv tradizionali delle sagre popolari per far conoscere ad un
pubblico sempre più vasto e interessato il tipico
prodotto locale, il “Verdicchio in festa” di
Montecarotto, Comune al centro della zona di produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico.
La manifestazione, nata negli Anni Ottanta, si svolge a luglio e si caratterizza (accanto ai motivi di
richiamo classici delle feste enogastronomiche)
per l’offerta di una qualificata convegnistica di
settore, per i percorsi enologici e le degustazioni
pensate per diffondere la cultura del buon bere,
per i collegamenti con la filiera agroalimentare
regionale che trova nel Verdicchio il suo più noto e
apprezzato biglietto da visita.
Accompagna le dinamiche del mondo vitivinicolo
anche il convegno di studio che annualmente
viene organizzato in autunno nel piccolo Comune
di Rosora. Il primo appuntamento venne realizzato nel 1972 proprio tenendo conto dell’attribuzione della Denominazione di Origine Controllata che
imponeva ai produttori del Verdicchio dei Castelli
di Jesi un aggiornamento e un confronto costante
che portassero ad affrontare, in maniera concertata e strategica, le crescenti sfide del settore.
L’appuntamento è divenuto tradizionale e importante sino ad oggi e si è mantenuto prezioso per
una corretta informazione. Divenendo una ricorrenza caratterizzante del cartellone della paesana
Festa della Sapa: uno dei più antichi e ora rari
prodotti della civiltà contadina marchigiana, otte-
1. Luigi Bartolini. Miti Baccanti, da Signora malata di cuore,
Vallecchi, Firenze, 1954.
2. Luigi Bartolini (Cupramontana 1892-Roma 1963). Pittore,
scrittore e poeta, acquafortista di fama internazionale, fu tra i
maggiori incisori del Novecento. Personaggio mistico e sensuale, nostalgico e vigoroso, non aderì a nessuna delle correnti artistiche della sua epoca, fu invece fedele alla sua
visione equilibrata e rigorosa delle cose e della natura quasi
fosse uno specchio su cui confrontarsi. Tra le sue numerose
opere letterarie vanno ricordate: Ritorno sul Carso
(Mondadori, Milano 1930), Passeggiata con la ragazza
(Vallecchi, Firenze 1930), Ladri di biciclette (Polin, Roma
1946). Da quest’ultima opera trasse ispirazione l’omonima
celeberrima pellicola neorealista di De Sica e Zavattini.
27
nuto tramite la lunga bollitura del mosto in caldai
di rame. A corollario delle feste ‘storiche’ dedicate
al Verdicchio dei Castelli di Jesi, nel comprensorio
dove nasce questo vino paglierino dal retrogusto
amaro si snodano durante tutto l’anno feste enogastronomiche dedicate ad altre tipicità, che sono
tuttavia caratterizzate dalla stretta correlazione tra
l’evoluzione economico - sociale locale e la produzione del Verdicchio. Non è finalità di questa
sede richiamarle tutte, al pari di quelle che le nebbie del tempo hanno purtroppo avvolto e delle
molteplici iniziative che negli ultimi anni vengono
realizzate ad opera di enoteche, associazioni di
categoria, soggetti pubblici e privati. Meritano
comunque una nota, in questo breve excursus,
due ben strutturati e a modo loro originali musei.
Il Museo dell’Arte del Vino di Staffolo, pregevole
esposizione degli strumenti della tecnica enologica di un tempo (tini, botti, pigiatrici e un torchio in
quercia della fine Seicento, dialettalmente noto
come frisculu) e il Museo Internazionale
dell’Etichetta del Vino di Cupramontana.
Inaugurato nel 1987 si arricchisce di anno in
anno di nuovi esemplari (antichi, moderni e bozzetti d’artista): attualmente è arrivato a conservare circa centomila esemplari di etichette provenienti da tutto il mondo.
“Quando arrivava l’autunno, a casa si cominciava
a progettare l’escursione gastronomica settimanale; allora non si chiamava ancora week-end, ma
solo “gitarella”, comunque l’obiettivo era lo stes-
3. Luigi Bartolini. Miti Baccanti
4. Le feste vendemmiali marchigiane affondano le radici nei riti
pagani delle popolazioni picene prima e romane poi, radici
che i secoli non hanno inaridito.
Si ricollegano alle Liberalia celebrate a Roma sin dai tempi di
Numa in onore di Liber e Libera, dei del grappolo, alle Vinalia
e alle Meditrinalia, esaltanti l’uva e il vino come sostanze
medicamentose. Cfr. R.Ceccarelli, A.Nocchi, E.Stolfi, Il
Verdicchio dei Castelli di Jesi, Cupramontana 1991.
5. Nel 1930 il Governo fascista rese obbligatoria in ogni
Comune la “Festa Nazionale dell’Uva”. Cupramontana è uno
dei pochi centri dove la celebrazione della vendemmia e del
vino locale presero forma in maniera spontanea ancor prima
di questo ‘imprimatur’ proveniente dal governo centrale.
so: riposarsi, stare con gli amici, mangiare bene e
mandare all’inferno i pensieri molesti. Teatro di
apocalittiche mangiate, prima con i miei genitori e
i loro amici, poi con la masnada dei compagni di
scuola, erano sempre i paesini dell’interno che
avevano il pregio di produrre il vino più genuino ed
elettrizzante delle Marche: il Verdicchio”, raccontava l’indimenticata e indimenticabile Valeria
Moriconi10 a proposito delle sue gite giovanili alle
feste vitivinicole della Vallesina.
“Macchine scalcagnate, Vespe di quarta mano,
biciclette sverniciate salvate dalle razzie dei tedeschi, erano i nostri mezzi di locomozione; la festa
del vino a Cupramontana o Staffolo [..] con carri
allegorici e le botti straboccanti di Verdicchio in
piazza, ci vedevano sempre presenti ed il ritorno a
casa era inesorabilmente sull’ “allegro molto» o
«andante con moto»”.
Nonché una delle poche organizzata con continuità appunto
dagli anni Venti.
6. “Sagra è la trasformazione volgare del termine dotto sacra,
che per i romani indicava non solo le cose sante agli dèi e
agli uomini, quanto le cerimonie sacre, celebrate solennemente per una determinata ricorrenza e i riti e i sacrifici ad
essi collegati. Nella lingua volgare il termine è entrato nel
significato di festa popolare e quindi di festa annuale di tipo
popolare, in cui si esalta o si consacra qualcosa che è tenuto
in particolar conto. [..] In seguito la parola si è estesa a
significare una festa popolare [..] con spettacoli e giochi, in
cui la commistione del sacro e del profano, come avveniva un
tempo nella società rurale e patriarcale è inscindibile e non
facilmente delimitabile”. Cit. da Storia e storie della Sagra
with the agricultural regional food
chain that finds in the Verdicchio its
most famous one and appreciated
business card. With the events of the
wine’s world there is also the meeting
that actually is organised yearly in
Autumn in the small town of Rosora.
The first appointment was realised in
1972 considering the attribution of
controlled denomination of origin that
imposed to the producers of the
“Verdicchio dei Castelli di Jesi” a
modernization and a constant comparison that carried to face in a strategic
way the rising challenges of the field. A
particular note goes to the two original
and very structured museums. The
Museum of Art and Wine in Staffolo, a
valuable exposition of the instruments
of the oenological techniques (vats,
barrels, wine-press, and a oak press at
the end of 1600's, dialectically known
as frisculu) and the International
museum of Cupramontana label wine.
The museum has been inaugurated in
1987 each years is enriched by new
exemplary (ancient, modern and sketches of artist): currently it has succeeded in to conserve approximately one
hundred thousand exemplary of labels
coming from all over the world.
dell’Uva di Marino, Marino 1984, pag. 32.
7. Articolo comparso sul Corriere Adriatico del 24 settembre
1928 dal titolo “La sagra dell’Uva a Cupramontana”
8. R.Ceccarelli, A.Nocchi, E.Stolfi, Il Verdicchio dei Castelli di
Jesi, Cupramontana 1991
9. Giacomo Leopardi, Zibaldone
10. Valeria Moriconi (Jesi, 1931-2005). Passata al teatro dopo
una prima attività cinematografica (anche con l’avallo di
Eduardo De Filippo), è stata una tra le più significative attrici
della scena italiana.
Protagonista di importanti pellicole e con interpretazioni di
successo in diversi sceneggiati televisivi, il vero amore della
sua vita artistica fu però sempre il teatro.
11. Marche Magazine de Il Resto del Carlino
Clizia Pavani
I Comuni del
29
Castelbellino - Clizia Pavani
erdicchio
dei Castelli
di Jesi
Apiro
Da Pire, Piro, Lapiro, vecchi appellativi di
Apiro, una cosa è certa: ci sono due possibili
vie percorribili per arrivare alla scelta del
nome. La prima fa derivare il nome dal greco
pjr, pjros (fuoco), mentre la seconda ipotesi è
quella di una derivazione da un albero di pero
posto sulla cima di una collina e visibile da
ogni parte data la posizione, al punto da essere punto di riferimento per i viandanti e una
terza ipotesi è quella che fa derivare il nome
dalla Pira, oggetto usato nell’antichità per cremare i corpi dei re e dei sacerdoti, secondo
alcuni reperti ritrovati in contrada
Montalvello. Lo stemma di Apiro, comunque,
ripropone l’albero di pero e il territorio da sottomesso ai Longobardi e ai Goti, divenne poi
territorio dello Stato Pontificio e si caratterizzò per i molti Castelli: Insulas Orgalis,
Civitella, Castreccioni, Castel Sant'Angelo,
Castello delle Favete, Castello di San Pietro,
Moscosi. Da segnalare l’annuale Festival
Internazionale del Folclore.
From Pire, Piro, Lapiro we have a certainty: there are two
possibilities in order to arrive to the choice of the name.
The first form the pjr, pjros (fire) while the second one is
that the derivation from a pear tree place on the top of a
hill, visible everywhere and useful datum-point for the wayfarers. The coat of arms of Apiro, however, propose again
the pear tree, the territory that belongs to the Papal
States is characterised for his many castles Insulas
Orgalis, Civitella, Castreccioni, Castel Sant'Angelo, Castello
delle Favete, Castello di San Pietro, Moscosi. It is important to remark the yearly folklore festival.
30
Arcevia
The territory is situated between Marche’s and Umbria Apennines and the
Adriatic sea. In this area besides the agriculture they have
developed small and medium companies linked to shoe field, textile and mechanical. It is one of the territories of remarkable interest of Ancona hinterland, with
its nine castles (Avacelli, Castiglioni, Caudino, Loretello, Montale, Nidastore,
Palazzo, Piticchio, S.Pietro) and the richest history that has left numberless
archaeological testimonies contained in the Archaeological State Museum.
Il territorio comunale di Arcevia, prettamente collinare, è posizionato tra
la catena montuosa degli Appennini umbro - marchigiani e il mare
Adriatico. Sin dalla metà degli anni Settanta, accanto alla sempre presente agricoltura (i primi insediamenti rurali risalgono all’epoca romana), in
questa area si sono sviluppate piccole e medie imprese legate prettamente
al settore calzaturiero, tessile e meccanico. Il Comune di Arcevia è uno dei
territori di notevole interesse dell'entroterra anconetano, con i suoi nove
castelli (Avacelli, Castiglioni, Caudino, Loretello, Montale, Nidastore,
Palazzo, Piticchio, S.Pietro) e una storia ricchissima che ha lasciato infinite testimonianze archeologiche, tutte racchiuse all’interno del Museo
Archeologico Statale.
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Barbara
It sinks its roots in the invasions of Longobards installed here towards the end of VI century to the borders
of the Byzantine city of Senigallia between the ancient roman cities of Ostra and Suasa. The first nucleus of
actually inhabitant of Barbara developed themselves around the 12th century and very soon it was fortified
by defensive walls and imposing bastions. In 1880 the Barbara town Hall entered into Ancona delegation, it
was joint to Serra de’Conti municipality centre of government and then to the Municipality of Corinaldo,
residence of the governor, under to which it remained also in the united Italy.
Il Comune di Barbara affonda le
sue radici storiche nell'invasione
dei Longobardi: verso la fine del
VI secolo un avamposto di questo
popolo germanico ("barbaro" cioè
straniero) si insediò qui, ai confini
con il territorio della città bizantina di Senigallia, in posizione
intermedia e dominante fra le
antiche città romane di Ostra e
Suasa, ormai abbandonate. Il
primo nucleo dell'attuale abitato
di Barbara si sviluppò intorno
all'anno Mille e fu ben presto fortificato con mura difensive e
imponenti bastioni. Trasformato
in feudo ecclesiastico nei secoli
dell'Alto Medioevo, divenne la
sede principale dei monaci camaldolesi sitriani. Nel 1800 il
Comune di Barbara entrò a far
parte della delegazione di Ancona,
fu unito al Comune di Serra dei
Conti, sede di governo e poi al
Comune di Corinaldo, residenza
del governatore, sotto al quale
rimase anche nell'Italia unita.
32
Belvedere
Ostrense
RAMSET Studio video (AN)
Belvedere Ostrense ha origine medioevale. Presumibilmente la cittadina è stata fondata dai Monaci di
Arcignano, a difesa dei feudatari vicini. Soggiorno di nobili famiglie jesine e di uomini illustri, a Belvedere
non sono mancati edifici prestigiosi a cominciare dal teatro e dalla collegiata, ma una delle caratteristiche
che oggi la rendono un’attrazione unica è il museo internazionale dell’Immagine postale, legato al patrono,
San Rufo, protettore dei portalettere. Proprio questa specificità ha fatto sì che Belvedere Ostrense proponesse un’istituzione come il Museo per raccontare la storia dei vari sistemi postali del mondo e del loro sviluppo. La struttura nella sezione principale, infatti, raccoglie la documentazione (loghi, divise dei portalettere, sacchi postali, sistemi di trasporto, ecc.), ma poi si è dotata anche di sezioni artistiche come quella dove
sono raccolti 400 francobolli eseguiti appositamente da pittori, scultori e grafici, italiani e stranieri.
RAMSET Studio video (AN)
It has probably the middle-aged origin founded by the Arcignano
monks in order to defence feudatories. One of the characteristics
that today render it an attraction unique is the international
museum of the postal image joint to the patron Saint Rufo who is
the patron of the postman. The museum told about the different
world-wide systems and their development through a rich documentation (logos, postman wear, postal bags, transport systems
etc..)and one collection of 400 stamps executed from painters,
sculptors and graphics, Italians and foreigners.
Castelbellino
Castelbellino, per estensione (5,93 kmq), è il più piccolo Comune della provincia
di Ancona, ma è tra i più densamente abitati. A 268 metri sul livello del mare, si
trova a confinare con i territori di Maiolati Spontini, Monte Roberto e Jesi. E' il
primo dei castelli che si incontra risalendo la media Vallesina direttamente da Jesi
e nelle pendici della collina su cui sorge è ricco di vigneti e di vegetazione con zone
di verde e di querce che caratterizzano il tipico aspetto agricolo tradizionale integrato in un panorama particolarmente godibile. Le zone a valle con le coltivazioni ortofrutticole danno il reddito maggiore, insieme alla tradizionale coltivazione
del grano. Gli insediamenti urbani sviluppatisi negli ultimi decenni nella frazione
Stazione e quelli artigianali e industriali in località Scorcelletti hanno trasformato
profondamente un territorio che per secoli era rimasto immutato.
It’s the smallest municipality of Ancona for his extension, but it is among them it is the most densely
lived. It is at a high of 268 metres above sea level it’s the first one of the castles that we can meet
going back the Vallesina average and in the slopes of the hill on which it rises it is rich of vineyards
and vegetation. The zone at the valley with the fruit and vegetable cultivations give the greater yield,
with to the traditional wheat cultivation. The city takeovers in the fraction and those handicraft and
industrial ones in Scorcelletti locality have transformed a territory that for centuries was remained
unchanged.
Castel Colonna
Castel Colonna, 1.069 abitanti, fino al 1921 si chiamò Tomba di Senigallia. È un
piccolo centro storico su uno sperone naturale, il cui elemento saliente è costituito da
una bella porta bastionata. Nel paesaggio agricolo che vi si gode è ancora possibile
notare tracce delle tradizionali tecniche di coltivazione (vite coltivata in filari). Parte
del territorio comunale è interessata per un breve tratto dal corso del fiume Cesano
in corrispondenza della località Bruciata. Da segnalare sia la cinta muraria, del XIII
secolo, largamente rimaneggiata (presente nella parte più antica una scarpata con
parapetto e cornice di beccatelli) sia la chiesa di San Mauro Abate. Interessanti gli
scorci panoramici dalla zona della "Croce", la collina di Montesalvatello, con vista
dall'Appennino all'Adriatico, il Poggio di Francavilla (con vista sull'Adriatico e sulla
valle del Fiume Cesano).
It is a small historical centre on a natural spur of about 1069 inhabitants and till the 1921 it was called grave of Senigallia In the landscape is still possible to notice traces of the traditional techniques of
cultivation (rows of vines ). It’s important to mark both the town-walls building, of the XIII century and
widely modified the Saint Mauro church Abbot. Interesting are the overviw of the “cross" zone, the
Montesalvatello hill, with sight from the Apennines to the Adriatic sea, the Francavilla hill (with sight
over the Adriatic sea and over the Cesano River).
Castelleone di Suasa
It’s situated in dominant position on the right of Cesano river. It is famous for the ancient
roman city of Suasa, whose area of diggings has become recently archaeological regional
park . Today it is developed around the historical centre of medieval origin, with strong walls,
a stronghold, the castle, the parochial church and the Renaissance Rovere palace. Situated
in the bottom of the valley, exposed to the enemy incursions, in the Middle Ages became
depopulated, while earth and vegetation hid the rests of the ancient splendour that since
2000 are usable to the public in the archaeological area and in the Civic Museum.
Luigino Priori
Giorgio Graziosi
Fabio Medici
Castelleone di Suasa si trova in posizione dominante sulla riva destra del
fiume Cesano. Deve la sua notorietà all'antica città romana di Suasa, la cui
ricca area di scavi è divenuta recentemente Parco Archeologico Regionale.
L'attuale impianto cittadino di Castelleone si sviluppa attorno al tipico centro storico di origine medioevale, con forti mura, una Rocca, il Castello, la
chiesa parrocchiale e il rinascimentale Palazzo della Rovere.
Fondata come Senigallia dai Galli Senoni, data la sua posizione nel fondo
valle, esposta alle incursioni nemiche, nel corso del Medioevo si spopolò,
mentre terra e vegetazione lentamente nascondevano i resti del antico splendore che dall'anno 2000 sono fruibili al pubblico nell'area archeologica già
menzionata e nel Museo Civico nel quale sono esposti parte dei reperti rinvenuti nella zona.
Ubaldi, foto-video Jesi (AN)
Giuseppe Gasparini, Castelplanio (An)
The locality takes the name from the
Castel of the Plan (from which
Castelplanio) a fortress constructed
in a level position as opposed to the
abbey Saint Benedict of the
Frondigliosi. It was completely
destroyed after the siege of Nicolò
Piccinino, called from the Pope to
hunt Francisco Strains who got hold
of the castle in 1433. The inhabitants that escaped at the siege and
they rebuild the castle with a double
town-walls of wall, tower, draw-bridge
and an only door of access and
from the beginnings of the XVI century represents one of the sixteen
Jesi Castles.
37
Giuseppe Gasparini, Castelplanio (An)
Situata in provincia di Ancona, la località prende il nome dal
Castel del Piano (da cui Castelplanio) una fortezza costruita in
posizione pianeggiante rispetto all’abbazia di San Benedetto dei
Frondigliosi che era legata e dipendente dalla vicina abbazia di S.
Elena di Serra San Quirico. Il Castel del Piano venne completamente distrutto dopo l’assedio di Nicolò Piccinino, chiamato dal
Papa a cacciare Francesco Sforza che si era impossessato del
castello nel 1433. Gli abitanti che scamparono all’assedio e lo fecero riedificare con una doppia cinta di mura, torrione, ponte levatoio e un’unica porta d’accesso e dagli inizi del ‘500 rappresenta
uno dei sedici castelli di Jesi.
Castelplanio
Corinaldo
Arroccato in posizione strategica tra la Marca di Ancona e
lo Stato di Urbino, il borgo di Corinaldo ha il suo simbolo
nelle imponenti mura, 912 metri, rimaste praticamente
intatte dal Quattrocento. Le porte, i baluardi, le torri di difesa, i merli ghibellini a coda di rondine, i camminamenti di
ronda contrassegnano il paesaggio di questo raro esempio di
città fortificata dove ad apparire incongrui sono i segni della
modernità, automobili o fili della luce. Perfetto set di un film
di cappa e spada, Corinaldo si mostra con i suoi numerosi
palazzi gentilizi e gli edifici civili e religiosi. Lo sviluppo
artistico è dovuto principalmente alla presenza di grandi
personalità come il pittore Claudio Ridolfi, che visse e morì
a Corinaldo e l'organista Gaetano Antonio Callido che qui
ha lasciato due eccezionali organi a canne, uno dei quali
donato alla figlia, monaca di clausura negli ambienti oggi
occupati dalla Pinacoteca civica. Di grande richiamo il
Santuario di S. Maria Goretti, con l'ex monastero ora adibito a Sala del costume e biblioteca comunale, ingloba con fattezze settecentesche l'antica chiesa medievale di S. Nicolò.
L'interno è un bell'esempio di tarda architettura barocca e
custodisce numerose opere d'arte, tra cui una grande cantoria lignea che racchiude lo splendido Callido del 1767 di cui
sopra (l’altro si trova nella cantoria lignea sopra la porta d'ingresso della Chiesa dell'Addolorata, consacrata nel 1755). A
proposito delle Torri che si ergono dalla cinta muraria, di
grande impatto è la quattrocentesca torre dello Sperone, alta
18 m. e di forma pentagonale, attribuita all'architetto senese
Francesco di Giorgio Martini e più volte restaurata.
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Il Sindaco di Corinaldo Livio Scattolini tra il Ministro del Turismo
l’on. Michela Vittoria Brambilla e il Vicesindaco Cesare Morganti;
a lato Fernando De Iasi, assessore al Turismo di Corinaldo
Ma spicca anche quella dello Scorticatore (dove le mura raggiungono i 15 metri
di altezza), quella del Mangano e quella del Calcinaro, che prendono il nome
dalla professione che svolgeva chi vi abitava. Dalla Rotonda, invece, che fa parte
dell'aggiunta rinascimentale terminata nel 1490, proseguendo verso il giro di
ronda si accede ai Landroni, un corridoio porticato derivato dalla sopraelevazione degli edifici seicenteschi lungo via del Corso. Da lì si ritorna alle mura, che
inglobano alcune imponenti porte bastionate. La parte più interessante della cerchia muraria è forse quella di Porta S. Giovanni, in quanto conserva inalterati
molti elementi di difesa. L'architettura militare dell'epoca presenta in questo
tratto tutto il suo corredo di saettiere, archibugiere, beccatelli, piombatoi e merlature.
Situated between Ancona end the State of Urbino. Corinaldo has its symbol in the imposing walls,
912 meters, remained practically intact from the 1400's. The artistic development has had to the
presence of great personalities like the painter Claudius Ridolfi and the organist Gaetano Antonio
Callido who has left two exceptional canes organs here, one of which today admirable in the civic
Picture gallery. It is of great recall S. Maria Goretti Sanctuary, with the ex-monastery now used in
the town hall and communal library, than includes the ancient medieval church of S. Nicolò. The
interior has numerous masterpieces, between which a great “cantoria lignea” that encloses the
splendid Callido of 1767 (the other is found over the entrance door of Addolorata). In the town-walls
building, of great impact it is the 15th century tower of the Spur, with a high of 18 metres, that of
the Scorticatore 15m high, that of Mangano and that of Calcinaro.
Corinaldo, aziende
produttrici di vino:
Armando Battistini
Fattoria Laila
Maurizio Mencaroni
Nevio Mencaroni
Giordano Spallacci
Valerio Baldarelli
Maurizio Brescini
Tenuta del Bargello
Boccafosca
Cupramontana
Presumibilmente Cupramontana fu
fondata nel VI – V secolo a.C. e fece
derivare il suo nome da un tempio che
sorgeva nel territorio dedicato alla
Dea Cupra. Distrutta durante la guerra greco – gotica (circa 500 d.C.),
venne abbandonata e solo in seguito
le sue rovine furono utilizzate per la
costruzione di un posto fortificato che
successivamente ha costituito una
struttura portante per la realizzazione
di un castello che sorse a poca distanza e in un luogo più elevato, al quale
fu dato il nome Massaccio (massa di
Accio). Solo nel 1861 Vittorio
Emanuele II, dopo il desiderio
espresso dal Consiglio Comunale,
concesse, con Regio Decreto, a
Massaccio di riavere il suo antico
nome di Cupramontana.
Presumablly founded in VI-V century B.C. its
name come from a temple situated in the territory dedicated to the Goddess Cupra.It was
destroyed during the Greek-Gothic war (approximately in the 500 A.C.), then abandoned. Later on its ruins were used for the construction of a fortified castle that arose nearby
and in an higher zone, called Massaccio (mass
of Accio). Only in the 1861 Vittorio Emanuele
II, granted to Massaccio, by a Regal Decree, to
get back its ancient name that is
Cupramontana.
40
Maiolati Spontini
Maiolati Spontini, situata a 405 metri sul livello del mare, ha avuto negli ultimi
trent'anni un aumento demografico dovuto soprattutto allo sviluppo della frazione Moie, il cui toponimo è abbastanza diffuso nelle Marche, soprattutto nella
forma diminutiva Moiette, derivato dal latino medievale e usato per indicare zone
acquitrinose o ristagni d'acqua. Le altre frazioni di Maiolati Spontini sono principalmente centri rurali: Monteschiavo, quasi completamente spopolato, ma che
conserva ancora qualche casa di terra testimonianza dell'antica presenza di immigrati quali gli Schiavoni provenienti dall'altra costa dell'Adriatico; Scisciano, dislocato sul colle, antico piccolo castello autonomo nell'ambito del contado di Jesi;
Scorcelletti, di cui solo una parte è nel territorio comunale di Maiolati.
Clizia Pavani
Situated at 405 metre above the sea level it has had in the last ones thirty years a demographic
increase caused by the development of the hamlet of Moie. The other countries are mainly rural
centres: Monteschiavo, nearly completely depopulated, but that keep still some houses, testimony
of the ancient presence of the immigrants called Schiavoni that come from the other coast of the
Adriatic sea; Scisciano, placed on the hill, small ancient independent castle placed in a small county of Jesi; Scorcelletti, of which one part only is in the communal territory of Maiolati.
41
Clizia Pavani
Mergo
Mergo è una piccola località in provincia di
Ancona, contenuta entro le sue mura di cinta risalenti al Medioevo. Posta a quasi 400 metri sul
livello del mare, si affaccia sul serpeggiante corso
del fiume Esino ed è perfettamente infrastrutturata, essendo, a fondo valle, attraversata dalle più
importanti vie di comunicazione (Linea FS
Ancona - Roma e Statale 76).
Il paese è dotato di numerosi complessi sportivi e
di un’area camper attrezzata presso il campo sportivo di Mergo. Per non perdere il valore delle tradizioni rurali, da oltre dieci anni, la scuola elementare di Mergo ha portato avanti nuovi metodi di
ricerca scolastica ricostruendo spaccati di vita contadina d'epoca, dai quali sono poi nate traduzioni
teatrali e filmiche con apprezzate e premiate partecipazioni a rassegne.
Situated within its surrounding
wall going back to the Middle
Ages, nearly 400 metres above
the sea level, it looks on the
Esino river and it’s crossed by the
more important landline (FS Line
Ancona - Rome and state
highway76). In order to not lose
the value of the rural traditions,
for over ten years, the junior
school of Mergo has carried on
new methods of scholastic
search reconstructing a slice of
peasantry life, from which arise
appreciated and rewarded theatrical and movie translations.
Montecarotto
La collina sulla quale sorge Montecarotto, fin dall'origine, fu luogo di confine e di
incontro tra il territorio di Senigallia e quelli di Jesi. Pur avendo acquisito da molti
secoli la connotazione di uno dei sedici castelli del Contado di Jesi, Montecarotto rappresenta ancora, idealmente, l'incontro tra i due territori della vallata dell'Esino e quella del Misa. Il panorama che si ammira dalle mura di questa cittadina è splendido: lo
sguardo è in grado di abbracciare quasi tutta la provincia di Ancona, accarezzando le
vallate di fiumi sino alle cime dell’Appennino marchigiano e la Gola della Rossa.
The hill on which it rises is always place of border and meeting between the territory of
Senigallia and that one of Jesi. Having also acquired from many centuries the characteristic
of one of the sixteen castles of Jesi area, Montecarotto represents still, ideally, the encounter between two territories of the Esino valley and that of the Misa valley. The overview is
splendid: the view embrace nearly all the province of Ancona, caressing the valleys of rivers
until to the tops of Marches Apennines and the zone called ”throat of the Red”.
Fotoreporter Giorgio Pegoli
43
Monterado
L'attuale Comune di Monterado deriva la sua denominazione da un
personaggio di origine germanica (Radus), vissuto prima del sec. XII e
proprietario del colle su cui sorge il paese. La prima testimonianza della
sua esistenza risale al 1115 e, successivamente al 1153, quando Gozzo
Ugolini dona al priore Savino di Fonte Avellana tutta la proprietà in
"Monterado”. Nel 1227 alcuni capifamiglia del castello di Frattula
chiedono all'eremo di Fonte Avellana il terreno e il "castellare" di
Monterado per costruirvi le proprie abitazioni; un mese più tardi
Albertino, priore di Fonte Avellana concede l'autorizzazione, sotto
forma di enfiteusi, riservando all'eremo alcuni spazi per costruire il
palazzo e la chiesa nel castello e alcune case nel borgo. Il nuovo castello rientra nel territorio di Senigallia ed è quindi soggetto alla giurisdizione del comune cittadino; per questo Monterado è elencato già come
villa senigalliese nel registro papale del 1283.
Its existence date back to 1115 and its denomination come from a character of
Germanic origin (Radus), lived before the XII century and owner of the hill on
which the country rises. In 1227 some patriarchs of the Frattula castle’s ask to
the hermitage of Fonte Avellana the land in order to build own houses; the prior
grants the authorization, reserving to the hermitage some spaces. The new castle
is placed in the territory of Senigallia and for that it is listed as a manor of
Senigallia in the papal registry of 1283.
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Monteroberto
Con tre frazioni, Sant'Apollinare,
Ponte Pio, Pianello Vallesina, un
Comune gemellato in Francia,
Fontanil, un centro storico a 348
metri sul livello del mare,
Monteroberto gode di un clima
particolarmente piacevole nel
periodo estivo che permette a
questo piccolo centro di rappresentare una meta ambita per sfuggire al caldo opprimente delle
città e della vallata. Tutto il territorio del Comune è compreso
nella zona di produzione del
Verdicchio Classico dei Castelli
di Jesi, mentre colture di cereali e
di prodotti ortofrutticoli sono a
fondo valle.
With its three hamlets, Pianello Vallesina, Devout Bridge, Saint' Apollinare, a municipality twin in France, Fontanil, an historical centre at 348 metre above the sea level,
Monteroberto has a particularly pleasant climate in the summer that allows to this
small city to be a desired destination in order to escape to the overwhelming
warmth of the cities and the valley. All the territory of the Municipality is included in
the zone of production of the “Verdicchio Classico dei Castlelli di Jesi”, while cultivations of cereals and fruits and vegetables products are at the bottom of the valley.
Morro d’Alba
It is situated at 10 kilometres from the
sea on the line hill that follow one another between the territory of Senigallia
and that one of Jesi, Morro d' alba
dominates to all the surrounding countryside. A Municipality that conserve still
today numerous testimonies of its past:
from the town-walls building and the
inner walk " La Scarpa" , to the beautiful
basements, the Town Hall Palace, the
Saint Gaudenzio church and that of the
S. Annunziata. These ancient beauties
represent the history that has characterized this small agricultural village.
A 10 chilometri dal mare, sulla linea di
colline che si susseguono tra il territorio
di Senigallia e quello di Jesi, Morro
d'Alba domina tutta la campagna circostante. Un Comune che conserva ancora oggi numerose testimonianze del suo
passato: dalla cinta muraria e il camminamento interno "La Scarpa", ai bellissimi sotterranei, al Palazzo Comunale,
la chiesa di San Gaudenzio e quella
della SS. Annunziata. Queste bellezze
antiche rappresentano tutte le tappe
fondamentali da non perdere per tutti
coloro che desiderano ripercorrere un
tratto di storia di questo centro con gli
avvenimenti storici che hanno caratterizzato questo piccolo borgo agricolo.
Ostra
Antico centro di origine medioevale, le sue vicende storiche e artistiche sono
legate alla presenza di importanti comunità religiose. La testimonianza più
attendibile di questo legame è data dalla venerazione di due figure importanti della storia del cattolicesimo: San Pasquale Baylon e la Beata Maria
Crocifissa Satellico. Disseminati nel centro storico edifici sacri e civili che
arricchiscono il patrimonio artistico – religioso della cittadina: la chiesetta
del SS. Crocifisso, la chiesa di San Severo, con il portale romanico della
scomparsa chiesa di S. Francesco, di cui rimane il chiostro, il palazzo municipale che ospita un affresco del 1471, raffigurante la Vergine con il Bambino
e i Santi. Particolare interessante di questo affresco è il globo terrestre tenuto in mano dal Bambino, nel quale sono indicati solamente tre continenti
(Europa, Asia e Africa), dato che del "Nuovo Mondo" si sentirà parlare soltanto più tardi.
It has a medieval origin, its vicissitudes are tied to the presence of religious communities and
the veneration of two figures: Saint Pasquale Baylon and the Blessed Maria Crucifies Satellico.
It’s important to remember the small church of the SS. Crocifisso, the Severo church Saint, with
the Romanic doorway of S. Francisco disappeared church , the municipal palace that accommodates a painting wall of 1471, representing the Virgin with the Child and the Saints. In this painting wall is the terrestrial globe kept from the baby, in which three continents (Europe, Asia and
Africa) are indicated only.
47
Ostra Vetere
Anticamente denominata Montenovo dal medioevo al 1882, è
una cittadina a circa 21 km da Senigallia, nell’entroterra collinare marchigiano.
Il suo panorama particolare si affaccia nel verde della campagna
che la circonda, con le caratteristiche e predominanti guglie del
campanile, al di sopra dell’imponente cupola della chiesa principale, l’Abbazia di Santa Maria di Piazza che sono il simbolo di
distinzione dal resto dei piccoli centri delle Marche.
Il centro storico è caratterizzato da porte d’ingresso aperte sulle
cinta murarie: Porta S.Croce, Porta Pesa e Porta Nuova.
Un paese con tradizioni agricole, culturali e storiche di rilievo
ma sono presenti anche moderni insediamenti produttivi. Da
sempre si distingue per l’imprenditorialità e per l’operosità dei
suoi abitanti in tutti i settori dall’artigianato al commercio, dall’agricoltura all’industria e ai servizi.
L’associazione Pro-Loco fa da perno ad ogni iniziativa di richiamo turistico-culturale.
Called Montenovo from the Middle Ages to 1882, it’s a city of the Marche hinterland hill. Its
overview overlook in the green of the countryside, with the characteristics and predominant
spires of the bell tower over of the imposing dome of the main church, the Abbey of Saint
Maria di piazza. The old town centre is characterized from doors opened on the town-walls
building: Porta S.Croce, Porta Pesa and Porta Nuova. A country with agricultural, cultural and
historical important traditions and modern productive settlements.
48
Poggio San Marcello
Reperti archeologici testimoniano la presenza dell'uomo nel territorio di Poggio San Marcello sin da tempi antichissimi.
Ritrovamenti archeologici come un’autentica tomba di guerriero
piceno e notevoli reperti (armature, fibule, lame di pugnale, vasellame) testimoniano la presenza di insediamenti umani fin dal 500 a.C..
Altre testimonianze hanno permesso di tracciare la storia della
comunità e gli insediamenti monacali sono ancora visibili nella piccola chiesa di San Marcello al Poggio mentre il castello, entrato a far
parte dei Castelli di Jesi, è rimasto a lungo assoggettato al Comune
della valle.
Poggio San Marcello, in tempi più recenti, è diventato frazione di
Castelplanio nel 1926 e dal 1947 è Comune autonomo.
Archaeological retrieval as
the grave of Piceno warrior
testify the presence of human
takeovers since the 500 B.C.
Other testimonies have allowed to trace the history of
the community and the
monastically settlement are
still visible in the small
church of Saint Marcello to
the hill while the castle entered to make part of the Jesi
Castles , is remained over a
long time subjected to the
Municipality. Saint Marcello
hill, in recent times, has
become hamlet of
Castelplanio in 1926 and
from 1947 it is an independent Municipality.
49
Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche
Ripe
Ripe fu borgo fortificato di origine medioevale, poi Libero Comune, ma la perdita di documentazioni attendibili impedisce riferimenti precisi circa la sua data
di nascita come entità comunale o del castello di Ripe come residenza feudale.
Un autentico cimelio, datato 1141, è una "ventola", segnavento di ferro battuto,
dove è rappresentata l'immagine del santo patrono, S. Pellegrino, accanto allo
stemma municipale (tre colline sormontate da una stella cometa). Sottomesso,
nei secoli, alla signoria dei Malatesta, dei Piccolomini, dei Borgia, dei Della
Rovere, tornò sotto il dominio dello Stato Pontificio fino al 1860, anno in cui,
con l'avvento del Regno d'Italia, divenne parte della Provincia di Ancona. Oggi
Ripe, "Paese dei mestieri", appare come centro marchigiano più vivo che mai,
giovane e fiorente.
The loss of reliable documentations prevents to precise references approximately its date of birth
like communal entity or for the Ripe castle’s as feudal residence. An authentic heirloom, dated
1141, is a " fan" , wrought iron, where it is represented the image of the Saint patron S. Pellegrino,
near the municipal coat. Submitted, for centuries to the lordship of the Malatesta, the Piccolomini,
the Borgia, of the Rovere, it returned under the Papal State till 1860, then with the coming of the
reign of Italy, became part of the Province of Ancona.
52
Rosora
It has origins that forgiveness in the night of
the times thanks to the traces recovered of
hand-made rudimentary of primordial age
and then Longobard and Roman retrievals.
The historical nucleus of the country is
situated at a high of 380 metres above sea
level, from which the characteristic landscape of the Vallesina with hills bordered from
the castles can be admired. Rosora takes
its name to the " rus area" for the presence
of red brown tuff, even if is possible a derivation from "rus area" for the deforestation
made from Benedictines monks or from the
name of Queen Rosaria.
53
Piccolo e tranquillo borgo collinare, Rosora ha origini che si
perdono nella notte dei tempi a giudicare anche dalle tracce
rinvenute di manufatti rudimentali di epoca primitiva e ritrovamenti poi romani e longobardi. Con tutto questo è in grado di
offrire ai visitatori, attraverso sorprendenti scorci medioevali, la
possibilità di immergersi in un'atmosfera d'altri tempi. Il
nucleo storico del paese si trova ad un'altezza di 380 metri sul
livello del mare, dalla quale si può ammirare il caratteristico
paesaggio della Vallesina con le colline orlate dai Castelli.
Rosora deve il suo nome alla "rus area" per la presenza di tufi
rossicci, anche se è probabile una derivazione da "rasa area" per
il disboscamento fatto da monaci benedettini o dal nome della
Regina Rosaria (come narra la leggenda...).
San Marcello
San Marcello, posto sul più alto colle che si erge a sinistra del fiume
Esino, è una cittadina, dotata di una ricca cinta di mura castellane ed
è particolarmente ricca anche di prestigiosi palazzi in stile rinascimentale. Da centro di insediamento monastico benedettino verso il Mille,
San Marcello divenne castello nel 1234, quando giunsero da Jesi 136
cittadini per popolarlo. Distrutto verso la fine del '300, fu ricostruito
nel 1429 e, alla fine del XVI secolo, ottenne da Jesi autonomia amministrativa come castello del Contado.
San Marcello place on the highest hill that
erected to the left of the Esino river, it’s a
city equipped of a rich castles town-walls
and it is particularly rich also of prestigious palaces in renaissance style. From
center of monastic Benedictine takeover
towards the year 1000, Saint Marcello
became castle in 1234, when 136 citizens
reached from Jesi in order to populate it.
Destroyed towards the end of the ' 300,
was reconstructed in 1429 and, at the end
of XVI the century, it obtained from Jesi
administrative autonomy as castle of the
countryside.
54
San Paolo di Jesi
Piccolo castello nato tra le vigne
e tutt’ora fortemente legato alla
produzione del vino Verdicchio,
San Paolo di Jesi domina la valle
posta a destra del fiume Esino, a
pochi chilometri dalla città di
Jesi. Il paese, con i suoi splendidi panorami, regala indimenticabili passeggiate a quei turisti
che apprezzano le località tranquille per le loro vacanze, non
dimenticando i piaceri della
tavola e del buon bere. San
Paolo di Jesi è facilmente raggiungibile dai maggiori centri
della vallata e della costa adriatica ed è interessante anche per
una serie di piantagioni officinali dalle quali si estraggono preziosi oli essenziali.
Small castle born between the vineyards
and still linked to the production of the
Verdicchio wine, Saint Paul of Jesi dominates the valley placed to right of the
Esino river. The country, with its splendid
overview, gives to the visitors unforgettable walks, without forget the pleasures
of the table and the good drinking. Saint
Paul of Jesi is easy reachable from the
greater centres of the valley and from
the Adriatic coast and is interesting also
for a series of medicinal plantations
from which precious essential oils are
extracted.
55
Serra de’ Conti
La cittadina di Serra de’ Conti nasce sulle
alture della Valle del fiume Misa e offre, alla
vista di chi la raggiunge, un suggestivo scorcio
panoramico, ma soprattutto su un passato che
solo gli antichi borghi medievali sanno donare. Superba la cinta muraria e di grande interesse l’accesso tramite la Porta della Croce, ma
Serra de’ Conti conserva anche altri tesori di
grande prestigio, dalla chiesa romanico – gotica di San Michele agli affreschi del Palazzo
Comunale. Interessante la testimonianza di
archeologia industriale rappresentata dalla
fornace di tipo Hoffmann che si trova fuori
dal centro abitato, restaurata e adibita oggi a
struttura comunale ospitante iniziative culturali e di promozione del territorio.
Serra de' Conti is born on the heights
of the valley of the Misa river and
offers an evocative overview, but
above all about past that only the
ancient medieval villages are able to
donate. Sublime the town-walls building and of great interest the access
through the door of the cross. Of
great prestige, moreover, the
Romanic - gothic church of Saint
Michele, the town hall wall painting,
and a testimony of industrial archaeology represented from the furnace
of Hoffmann type restored and used
today for communal structure accommodating cultural and promotional
initiatives for the territory.
Serra
San Quirico
Serra San Quirico è una città di pietra adagiata su costa rocciosa,
una città che assume le sembianze di una nave con la prua rivolta
verso la valle dell'Esino. I monti che la circondano e sui quali sorge
sovrastano l'antica fortezza, testimoni, nei secoli, delle vestigia della
località dal passato importante e che il tempo non ha cancellato, ma
anzi ancora oggi si esalta agli occhi di un osservatore attento nelle
costruzioni civili e religiose, nell'impianto urbanistico della città
all’interno delle mura, dei centri rurali sparsi nel territorio del
Comune, ricchi di testimonianze e di cultura. Ovunque, nel territorio, regna il verde delle piante e delle pinete e la montagna, con le
sue bellezze e le sue passeggiate, rende la suggestione visiva ancora
più inebriante…
57
Serra San
Quirico is a stone
city placed over a
rock coast, a city that
seems a ship with the prow
turned towards the Esino valley.
Locality from the important past not
erased by the time, but indeed still today
boasts to the eyes of a careful observer in the
civil and religious constructions, in the urban system
of the city inside of walls, of the rural centres diffused in the
territory of the Municipality, rich of testimonies and culture.
Anywhere it reigns green of the plants and pine-wood and
the mountain, with its beauties and its walks.
Staffolo
Situated on a back of hill at a height of 442 metres above sea
level, the overview spaces out to 360° from the valley of the
Esino river to the Musone river. From this feature come the
denomination of “balcony of the Vallesina” derives. The overview reaches till the Adriatic sea and to the crown of mounts
dominated from the Saint Mount. The campaign is upholstered
of several cultivations, where the olive tree and the vine are
dominants. The center inhabited many times devastated and
reconstructed in the Middle Ages, has conserved medieval
walls and a village rich of historical testimonies.
Staffolo è un centro della
provincia di Ancona situato
su un dorso di una formazione collinare posta a 442
metri sul livello del mare.
Per questa sua posizione, il
panorama spazia a 360° dalla
valle del fiume Esino a quella del Musone. Da questa
caratteristica deriva la denominazione di “balcone della
Vallesina”. Lo sguardo giunge fino al mare Adriatico e
alla corona dei monti dominata dalla singolare sagoma
del Monte San Vicino. La
campagna che circonda il
centro marchigiano, dalle
morbide ed eleganti colline,
è tappezzata di varie coltivazioni, dove l'olivo e la vite,
però la fanno da padroni. Il
centro abitato è sorto probabilmente nel VI - VII secolo
d.C., su un preesistente presidio militare romano. Più
volte devastato e ricostruito
nel Medioevo, Staffolo ha
conservato il centro storico
cinto dalle mura medioevali
e un borgo ricco di testimonianze storiche.
“Fresco di Grotta”
www.frescodigrotta.it
“Fresco di Grotta” è un progetto di co-marketing territoriale promosso dalla Provincia di Ancona e il Consorzio
Frasassi, in collaborazione con la locale Camera di
Commercio, la Regione Marche, l’associazione ASSIVIP, il
consorzio IMT, le Organizzazioni professionali agricole e
l’Associazione Albergatori, Ristoratori e Bar di Frasassi.
L’iniziativa intende promuovere le Grotte di Frasassi e il
vino più rappresentativo della Provincia, il Verdicchio dei
Castelli di Jesi. Una esposizione di bottiglie di vino
Verdicchio dei Castelli di Jesi è stata allestita lungo il preingresso delle Grotte di Frasassi mentre presso le cantine
aderenti si possono degustare ed acquistare i migliori vini
della Provincia. Il complesso ipogeo delle Grotte di Frasassi
59
a Genga con i suoi 30 km di estensione disposti su tre livelli rappresenta uno dei percorsi sotterranei più grandiosi del
mondo ed una delle più importanti attrattive della Regione
Marche, visitata da oltre 300.000 persone l’anno.
Esibendo il biglietto di ingresso alle Grotte alle cantine
aderenti all’iniziativa i visitatori delle Grotte potranno
degustare il Verdicchio e acquistarlo ad un prezzo agevolato. Inoltre godranno di agevolazioni anche presso i Bar e
Ristoranti di Genga.
Non solo visita alle Grotte quindi, che pure sono il prodotto turistico di eccellenza, ma anche fruizione del territorio
con il suo paesaggio inconfondibile e con i tanti tesori
nascosti di storia, arte ed enogastronomia.
“Fresco di Grotta” is a project of territorial comarketing promoted from the province of
Ancona and the Frasassi Consortium, with the
local Chamber of Commerce, the Marches
Region, ASSIVIP, consortium IMT, the agricultural
professional Organizations and the Association
of hotels, restaurateurs and bar of Frasassi. The
initiative purpose to promote the Coves of
Frasassi and the “Verdicchio dei Castelli di
Jesi”. The complex ipogeo of the Coves of
Frasassi with its 30 km of extension represents
one of the huger underground distances of the
world and one of the more important attractive
of Marches Region, visited beyond 300.000
persons every year. Exhibiting the ticket for the
Coves to the wine cellars adherent to the initiative, visitors will be able to taste the Verdicchio
and to acquire it to a facilitated price. Moreover
they will have special facilities also in bars and
restaurants of Genga.
Archivio fotografico Servizio Turismo Regione Marche
Le aziende del
erdicchio
dei Castelli di Jesi
The men, the earth, the history, the expressed culture of people in the reflex of a wine.
He was born from these values the production and the experience of the CASALFARNETO
wine cellar, in the campaigns among Serra de' Conti and Montecarotto, heart of the
production of “Verdicchio dei Castelli di Jesi”. Fruit of an entrepreneurial impulse son of
that model of Marches development harmonious and respectful of the landscaped
peculiarities and social locals, the activity of the CASALFARNETO indissolubly constitutes
an example of valorisation of a typical product like the wine legacy to own earth and
own people. The investments in vine and wine cellar have always had and continue to
having like epicentre the harmony with the natural context. Situated in an only panoramic view point, on the crest of a hill opened on the below valley like towards the
Apennines, for expressed will of its holders the CASALFARNETO wine cellar espouse magnificently to the landscape in the forms and the materials. It thus constitutes as a whole
with Marches’ hills like so its valuable wines represent searching and valuable elite
than the vine vocation of the Marches hinterland can express.
Panorama da CasalFarneto
Gli uomini, la terra, la storia, la cultura di un popolo espresse nei riflessi di un vino. Nasce da
questi valori la produzione e l’esperienza della cantina CASALFARNETO, nelle campagne tra
Serra de’ Conti e Montecarotto, cuore della produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Frutto
di uno slancio imprenditoriale figlio di quel modello di sviluppo marchigiano armonioso e
rispettoso delle peculiarità paesaggistiche e sociali locali, l’attività della CASALFARNETO costituisce un esempio di valorizzazione di un prodotto tipico come il vino indissolubilmente legato
alla propria terra e alla propria gente. Gli investimenti in vigna e in cantina hanno sempre avuto
e continuano ad avere come epicentro l’armonia con il contesto naturale. Situata in uno scenario panoramico unico, sulla cresta di una collina aperta sulla vallata sottostante come verso
l’Appennino, per espressa volontà dei suoi titolari la cantina CASALFARNETO si sposa magnificamente al paesaggio nelle forme e nei materiali. Costituisce un tutt’uno con le colline marchigiane così come i suoi pregiati vini rappresentano una ricercata e pregiata élite di quanto la vocazione vitivinicola dell’entroterra marchigiano può esprimere.
Cantina
Casalfarneto
www.casalfarneto.it
I vigneti
MERAGO
Marche Rosso
Indicazione
Geografica Tipica
CIMAIO
Marche Bianco
Indicazione
Geografica Tipica
GRANCASALE
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
DOC Classico Riserva
FONTEVECCHIA
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Superiore
63
La cantina
This is the story of e heart-felt passion for vine cultivation. This is the result of the constant daily effort and
dedication of people who have firmly believed in their
work for 50 years. Thanks to the initiative of 19 farmers,
Colonnara was founded in Cupramontana in 1959.
Today this company has over 110 associates and
thanks to the use of innovative technology and the practice of environmentally friendly farming, it has managed
to develop a production range that may singled out
among high quality wines. But Colonnara has not forgotten its roots, its link to farming traditions. Around here
they say wine is made in the vineyard, it is only educated in the cellar and then “presented” in the best possible way in the bottle. A real hymn to the quality of the
product, a perfect synthesis between tradition, research
and passion for our work.
WINES
Wine tasting is a ritual connoisseurs and wine lovers
always enjoy. At Colonnara we have added something a
little special to these occasions, by turning them into
pleasant meetings in which the warmth of the hospitality is matched by the quality of the wines. You can taste
sparkling wines, classis method and charmat method,
fresh young wines, classic wines, reserve wines, passito
wine and grappa. Our grapes: Verdicchio, Bianchello,
Pecorino, Sangiovese, Montepulciano and Lacrima di
Morro d’Alba.
64
www.colonnara.it
Colonnara
E’ la storia della passione per la coltivazione della vite.
Il risultato dell’impegno costante di chi crede, ogni
giorno, in quello che fa, con dedizione, da 50 anni.
Colonnara nasce nel 1959 per iniziativa di 19 agricoltori. L’azienda oggi conta oltre 110 soci e, grazie all’utilizzo di innovative tecnologie e la pratica di un’agricoltura eco-compatibile, ha sviluppato una produzione di
vini e spumanti di alta qualità, senza abbandonare le sue
origini e il forte radicamento alla tradizione contadina.
Da queste parti si dice che il vino si fa in vigna; in cantina lo si può solo educare per poi “presentarsi” in bottiglia nel migliore dei modi. Un vero e proprio inno alla
qualità del prodotto, una sintesi perfetta tra tradizione,
ricerca e passione per il lavoro.
I VINI
Il rito della degustazione, caro a tutti gli estimatori del
buon vino, assume da Colonnara un significato più
ricco: è un piacevole incontro, una magnifica occasione
per brindare all’ospitalità e alla qualità con spumanti
metodo classico e metodo charmat, vini frizzanti, vini
freschi e giovani, vini classici, vini riserva, vino passito e
grappa. I vitigni: Verdicchio, Bianchello, Pecorino,
Sangiovese, Montepulciano e Lacrima di Morro
d’Alba.
UBALDO ROSI
Brut metodo classico
Riserva 2004
65
The estate: is owned by the ancient Count Leopardi Dittajuti
family and the current owner is Count Piervittorio, who renewed and enhanced both, vineyards and cellars. The agronomic and oenological consultancy comes from Doctor
Riccardo Cotarella.
The vineyards: are estate owned and extend for about 45
hectares (111 Acres). Yields are extremely low, so to favour
quality. Since 2005 the estate has managed a vineyard in the
Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC appellation.
The products: today the estate produces about 200,000 bottles. The flagship is constituted by the Rosso Cònero Doc and
the estate’s white wines are obtained from separately vinified
Sauvignon and Verdicchio grapes. The winery’s Verdicchio
grows on an estate-managed farm located in Cupramontana,
in the Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico doc area and
here further two wines are obtained: CASTELVERDE, a 100%
Verdicchio with modern and elegant aromas and VILLA MARINA, a Charmât-method Verdicchio.
CASTELVERDE
Verdicchio
2005
66
Azienda agricola
Conte Leopardi Dittajuti
www.leopardiwines.com
L’Azienda Agricola Conte Leopardi Dittajuti è di proprietà dell’antica casata nobile
ed è stata tramandata di padre in figlio per moltissime generazioni. L’attuale proprietario è il conte Piervittorio che ha rinnovato e migliorato i vigneti e la cantina avvalendosi della consulenza enologica del dottor Riccardo Cotarella. I Vigneti di proprietà dell’azienda hanno una superficie di circa 45 ettari con rese produttive molto
basse, ma di ottima qualità. L’azienda ha in gestione un vigneto nell’area del
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, per la produzione di vini a base verdicchio.
Conte
Piervittorio Leopardi
I prodotti: delle circa 240.000 le bottiglie prodotte con il Rosso
Conero doc vino di punta, i bianchi prodotti dall’azienda sono ottenuti dai vitigni Sauvignon e Verdicchio.
Il Verdicchio è coltivato in un podere gestito dall’azienda nell’area
tipica del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico doc, con cui viene
prodotto il CASTELVERDE, dal bouquet moderno ed elegante.
Anche lo spumante brut VILLA MARINA, a metodo Charmât è
ottenuto da uve dello stesso vitigno.
67
Claudio Gabellini and Enrico Giacomelli owns a
big IT and software where the winery is located
started more than 10 years ago. Due to exponentially growing business and incomes, and
shared passion towards wine and wine culture
of the two, they decide to invest their capitals
into almost 70 hectares of vineyards. The company started in 2002 and is steadily growing
in quality (it has been already reviewed by
most of the wine guides of Italy, including
Gambero Rosso) and in quantity (from a starting 30.000 bottles to the 200.000 of next
year). Our oenologist, Umberto Trombelli is
quite renown in our region, due to the high
quality of the wines he made during the past
years with his master Giacomo Tachis, worldly
famous for inventing “Sassicaia”.
68
Conti di Buscareto
www.contidibuscareto.com
Claudio Gabellini
L’azienda, nata nel 2002, è il frutto della
passione per il vino e il mondo vitivinicolo in
generale, di due imprenditori marchigiani,
Enrico Giacomelli e Claudio Gabellini, soci
in un’impresa di IT. L’azienda possiede un
totale di 70 ettari, quasi equamente divisi fra
Verdicchio e Lacrima di Morro d’Alba, più
una piccola percentuale di vigneti utilizzati
Enrico Giacomelli
per altri uvaggi come Montepulciano e
Sangiovese. La produzione è aumentata
esponenzialmente (dalle 30.000 bottiglie del
2002 si è passati alle 200.000 del prossimo
anno) a braccetto con l’implementazione
delle strutture produttive della cantina e con
il miglioramento qualitativo dei vini, oramai
recensiti in quasi tutte le riviste del settore
VERDICCHIO
CASTELLI DI JESI
Passito 2004
CONTI DI BUSCARETO
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC 2006
DEI
69
(da Luca Maroni, alla Guida del Gambero
Rosso, Vini Buoni d’Italia, Duemilavini,
L’Espresso e Veronelli). Questo anche grazie
al prezioso contributo dell’enologo Umberto
Trombelli, toscano, con un passato da allievo
del famoso Giacomo Tachis (“creatore” del
Sassicaia) e gran conoscitore della realtà vitivinicola marchigiana.
FURTARELLO
Rosso Piceno
DOC
LE MUSE
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
Classico DOC
IL MORO
Rosso Piceno
DOC
CAPETTO
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
Classico Passito
CROCETTA
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Riserva
CROCETTA
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Superiore
70
Azienda agricola
Croce del Moro
www.tassanare.it
It’s a passion that begins only for
a pure pleasure then grown until
to became the art to produce quality
wine. This is the story of Cavallaro
Family, producers of “Croce del moro”
wines since 1984, a wine obtained
only by a selection of gripes cultivated
in business lands with an extension
of the vineyard part of approximately
8 hectares of which 5 hectares of
Verdicchio wine and 3 hectares of
Montepulciano, Sangiovese, Merlot.
With the help of the oenologist
Umberto Trombelli the farm has
obtained great results so in 2004
has received the excellence
recognition of the “Espresso
guide-book” for the wine Crocetta
Riserva 2001.
A passion for wine, Verdicchio,
Marches and for Senigallia where the
farm has invested in an Hotel also.
71
Una passione avviata dapprima per puro piacere e poi, con impegno e professionalità,
maturata fino a diventare un’arte, l’arte di produrre vino di qualità. E’ la storia della famiglia
Cavallaro che dal 1984 produce i vini “Croce
del Moro” ottenuti esclusivamente dalla selezione di uve coltivate nei terreni aziendali, con
un’estensione della parte vitata di circa 8 ettari, dei quali 5 di Verdicchio (vigneto reimpiantato nel 1994) e 3 di Montepulciano,
Sangiovese, Merlot. Con l’aiuto dell’enologo
Umberto Trombelli, l’azienda ha ottenuto
importanti risultati e, nel 2004, il riconoscimento di eccellenza della Guida dell’Espresso
per il vino Crocetta Riserva 2001. Una passione per il vino e per il prestigioso vitigno del
Verdicchio, una passione per le Marche e per
il territorio sul quale l’azienda ha investito
anche in una struttura alberghiera, a
Senigallia.
La storia della Fazi Battaglia ha inizio nel 1949,
anno in cui Francesco Angelini rileva una piccola
cantina vinicola nel centro di Cupramontana e un
marchio con cui venivano vendute circa 60.000
bottiglie di Verdicchio, vitigno allora ancora poco
conosciuto. Francesco Angelini, uomo dal temperamento fuori dal comune, sindaco di Ancona e
imprenditore farmaceutico, sulla Fazi Battaglia ha
riversato il suo innato amore per la terra: negli
anni ha così cominciato ad acquistare i terreni
migliori per impiantare Verdicchio. Nel 1953
viene creata la bottiglia ad “anfora”, ispirata agli
antichi contenitori etruschi per il vino, dell’architetto Antonio Maiocchi, vincitore del bando di
concorso della Fazi Battaglia per rendere il suo
Verdicchio “Titulus” riconoscibile sulle tavole di
tutto il mondo. In questo lungo e attento lavoro,
Francesco Angelini è stato affiancato dalla figlia e
dal genero, Spartaco Sparaco, costruttore romano
soprannominato “l’ingegner Verdicchio” per la
passione e la dedizione con cui portò avanti la
Fazi Battaglia. L’impegno nella vigna non si limitò all’impianto di viti, ma i 300 ettari a disposizione divennero vere e proprie aree sperimentali in
cui provare diversi cloni e diversi sistemi di allevamento, per puntare ad ottenere un grande vino,
un Verdicchio dei Castelli di Jesi che potesse portare le Marche nel mondo! Con questo immenso
patrimonio sperimentale da cui partire, con questo sogno fortemente condiviso e con una passione innata per il vino, nel 1990 entra in azienda
Maria Luisa Sparaco, figlia minore di Spartaco,
seguita nel tempo dai suoi figli, Luca, Barbara e
Chiara Giannotti. Inizia una nuova fase in cui
quanto ottenuto e portato avanti nei vigneti riesce
finalmente ad esprimersi pienamente anche in
bottiglia, grazie ad una gamma che negli ultimi
anni si è arricchita e ampliata con prodotti innovativi e di grande livello qualitativo.
ARKENZIA
Muffo di San Sisto
Marche Bianco
Indicazione
Geografica
Tipica
TITULUS
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
DOC
Classico
72
www.fazibattaglia.it
Fazi
“In 1949, in Cupramontana, Francesco Angelini took over himself the Fazi
Battaglia winery, created shortly before. His multifaceted skills, coupled with a
strong passion for its countryside, led him to plant first estate vineyards of
Verdicchio, and to transform the winery in order to establish Fazi Battaglia as the
region’s leading winery. He announced then a national competition to create a
new bottle to personalize its extraordinary production of Verdicchio and in 1954
was born the acclaimed Fazi Battaglia emerald green “amphora”, now recognized
73
Battaglia
throughout the world as the ultimate icon for Verdicchio. Fazi Battaglia’s success
stems first of all from its own vineyards and strong commitment to experimentation and continuous improvement. Today, under the helm of the fourth family
generation, Fazi Battaglia’s estate, reached swift global recognitions, and include
300 hectares under vine and a bigger cellar in Castelplanio. This high quality
oriented production includes many interesting signature wine from the estate,
made principally with Verdicchio grape, like Arkezia, San Sisto and Massaccio.”
Barbara, Chiara e Luca Giannotti
con Maria Luisa Sparaco
74
www.garofolivini.it
Garofoli
Da sinistra: Beatrice Carlo Giuliana Gianfranco Daria Caterina Gianluca Garofoli
Le origini della Casa Vinicola Garofoli
risalgono al 1871 quando Antonio Garofoli,
è già dedito alla produzione e vendita di vini
locali. Suo figlio Gioacchino continua e sviluppa l’attività paterna e fonda, nel 1901, la
ditta Gioacchino Garofoli. I suoi due figli,
Franco e Dante, gli succedono nella conduzione dell’azienda dopo il secondo conflitto
mondiale. La Gioacchino Garofoli nel 1950
diventa quindi una società e inizia un processo di forte sviluppo. Seguendo la tradizione anche i figli di Franco, Carlo e
Gianfranco, entrano nell’azienda di famiglia
a partire dai primi anni ’70. Lavorano insieme alla precedente generazione per oltre un
75
ventennio promovendo un ulteriore sviluppo della casa vinicola dal punto di vista produttivo e commerciale. Attualmente la
Gioacchino Garofoli è una società per azioni posseduta e guidata dai fratelli Carlo e
Gianfranco Garofoli. Nel 2005 ha fatto il
suo ingresso in azienda la quinta generazione Garofoli, sempre con la stessa filosofia:
aggiornamento continuo delle tecniche produttive ma rispetto per i sistemi tradizionali e storici di far vino; attenzione alle evoluzioni del mercato e alle sue esigenze ma
fedeltà al valore delle peculiarità che le tradizioni del territorio hanno trasmesso.
The origins of the Garofoli Wine House go back to the end
of the 19th century, to 1871, when Antonio Garofoli had
already began the production and sale of local wines. His
son Gioacchino continued and expanded the paternal business. In 1901, he founded the Gioacchino Garofoli Wine
House. His two sons Franco and Dante, succeeded him in
the management of the estate after World War II.
Gioacchino Garofoli became a company in 1950 and
embarked on a process of strong development. Following
tradition, Franco’s sons, Carlo and Gianfranco, joined the
family company’s staff in the early seventies. They worked
together with the preceding generation for more than 20
years and they energetically promoted further development
of the wine house whether from the production or the commercial standpoint. The history of the Garofolis is a story of
men and of a family that has been identified for fifth generations now with the sector of wine production.
Fiore all’occhiello del Gruppo Pieralisi, da sempre contraddistinto dal suo impegno per lo
sviluppo del comparto agricolo - industriale, MONTE SCHIAVO è un’azienda moderna
e dinamica.
Consapevole di dover valorizzare un patrimonio particolarmente ricco e prezioso, rappresentato non solo dagli splendidi vigneti collinari nel cuore della patria del Verdicchio dei
Castelli di Jesi, ma anche dall’esperienza e dalla passione di enologi e maestri vinificatori di
prim’ordine, MONTE SCHIAVO vuole distinguersi sul mercato per la costante ricerca di
qualità: con produzioni di eccellenza e processi di lavorazione allineati ai più moderni standard internazionali di igiene e genuinità e con una politica di servizio alla clientela che
punta su un’ampia gamma di prodotti selezionati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti
i canali distributivi, dalle bottiglierie alla ristorazione.
The jewel in the crown of the Pieralisi Group, distinguished by its commitment
to agricultural/industrial development, MONTE SCHIAVO is a modern and dynamic company. Ever aware of its responsibility to use its especially rich and priceless heritage – not only the splendid hillside vineyards in the heart of
Verdicchio dei Castelli di Jesi country, but also the experience and passion of
its enologists and superb, top-quality winemakers – MONTE SCHIAVO has defined its niche in the market through its constant search for quality, offering products of excellence that meet the highest standards of production and adhere
to the most modern international standards of hygiene and genuineness. The
company’s client services include a wide range of selected products to satisfy
the needs of all distribution networks, from wine merchants to restaurants.
Azienda agricola
Monte Schiavo
www.monteschiavo.it
“In every thing the key of the happened one of a man hides”
the success of Stefano Antonucci is in the attainment
of the objectives placed. The throw of the native grapes, Verdicchio,
Montepulciano and the wines creation of “international taste” that
had originality and great personality. In the scenery of Verdicchio
already known Pignocco Bianco, Le Vaglie and Stefano Antonucci
has joined “Tardivo ma non Tardo" Verdicchio classico from
over-ripped grape harvest 2001.Great satisfaction of the farm
“ we are very satisfied for quality in fact we have been able
to obtain a special wine bouquets musky joined to a great
persistence, features of good longevity.
STEFANO ANTONUCCI
Verdicchio
dei Castelli di Jesi DOC
Classico Riserva
LE VAGLIE
Verdicchio
dei Castelli di Jesi DOC
Classico V.Q.P.R.D.
78
“In ogni cosa si nasconde la chiave del successo di uomo” e il
successo di Stefano Antonucci sta tutto nel raggiungimento
degli obiettivi che si è posto con la sua azienda Santa
Barbara: il rilancio delle uve autoctone, Verdicchio e
Montepulciano e la creazione di vini di “gusto internazionale” che avessero originalità e grande personalità.
Il vino richiede coraggio e forse una punta di incoscienza.
Nel panorama dei Verdicchi, ai già noti Pignocco Bianco, Le
Vaglie e Stefano Antonucci, si è aggiunto il “Tardivo ma non
Tardo” verdicchio classico surmaturato in pianta vendemmia
2001. Grande la soddisfazione dell’azienda: “Siamo molto
soddisfatti della qualità, dopo quattro tentativi nelle vendemmie precedenti siamo riusciti ad ottenere un vino molto
particolare, che racchiude profumi muschiati uniti ad una
grande persistenza; caratteristiche che fanno ben sperare in
una buona longevità”.
Azienda agricola
Santa Barbara
www.vinisantabarbara.it
79
The company is situated at 300-350 metres above sea-level. Geographically the hills are on the west
side of the Esino river, which is the area where the wine DOC "Verdicchio dei Castelli di Jesi" is produced. Nowadays, by using only the grapes picked in our own vineyards, we can offer you the following
selection of wines:
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico; Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Tralivio;
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana. This wine, in 1999, took part in the international competition "International Wine Challenge" in London, organised by the specialised Wine
Magazine, winning a gold medal, the Italian White Wine Trophy and the White Wine Trophy.
Situata a 300-350 metri sul livello
del mare, l’azienda Sartarelli con
51 ettari di vigneto e 5 ettari di
oliveto, si dispone geograficamente sulle colline della riva sinistra
del fiume Esino, zona di produzione del vino DOC "Verdicchio
dei Castelli di Jesi".
Dalla vinificazione delle uve
aziendali propone Verdicchio dei
Castelli di Jesi Classico; una rigorosa selezione che dà origine al
"Tralivio" e una raccolta tardiva
con bassa produzione per ettaro,
indispensabili per la produzione
del "Balciana ", immagine e vanto
dell’azienda.
Nel 1999 l'azienda ha partecipato
per la prima volta al concorso
internazionale
di
Londra
"International Wine Challenge"
organizzato dalla rivista specializzata Wine Magazine, con il vino
Verdicchio dei castelli di Jesi
Classico Superiore "Balciana" che
si è aggiudicato la medaglia d’oro,
l’Italian White Wine Trophy e il
White Wine Trophy.
80
Azienda agricola
Sartarelli
Donatella e Patrizio Sartarelli
81
www.sartarelli.it
BALCIANA
Verdicchio
dei Castelli di Jesi DOC
Classico Superiore
Riserva 2004
www.tregalligusto.com
TREGALLI is a lifestile born in 2008 from the strategic
meeting of wine and food lovers who shared the common wish to promote the high quality gourmet products
of their region. "The philosophy is simple: Marche region
and his culture, landscapes, art, food and wine products, deserve to be internationally appreciated" say
Luca Cinì, Andrea Ruggeri and Alessandro Papa. TREGALLI is an idea evolved in a full project, his business
keyword has become quality, both referred to the service supplied and to the goods selected. Every day TREGALLI provides importers, wholesalers and high level
restaurants with the finest food and wines available.
WWW.TREGALLIGUSTO.COM web site offers the same
products on his e-commerce section besides a direct
booking service of quality holiday apartments,villas and
historical homes in Marche region.
82
www.tregalligusto.com
Enoline 8 refrigerated
with wine card reader
and digital display
Enoline 4 refrigerated
TREGALLI è un progetto in continua espansione.
“Siamo tre amici di Senigallia - raccontano i tre titolari Luca Cinì, Andrea Ruggeri e Alessandro Papa uniti dalla passione per la nostra terra e dal desiderio
di far conoscere le sue eccellenze agli amanti del buon
gusto e del buon vivere. Selezioniamo i migliori prodotti che l’eno-gastronomia marchigiana sa offrire per
poi proporli al mercato regionale, nazionale ed estero.
Ogni giorno rivenditori e ristoratori d’alto livello si
rivolgono a Tregalli, attraverso la rete commerciale, o
direttamente presso la nuova sede e showroom di
Senigallia, o su www.tregalligusto.com, il nostro sito
di e – commerce. Quella delle Marche è una splendida terra, ricca di sapori, di arte e di cultura che
nasconde borghi incontaminati immersi in paesaggi
che riescono a regalare emozioni d’altri tempi... Noi
di Tregalli siamo professional partners di INTERHOME (azienda leader in Europa nel settore affitti
case-vacanza) e offriamo un servizio di booking diretto dal nostro portale, in modo da poter proporre ai
83
Tregalli
nostri clienti l’opportunità di soggiornare in questi
luoghi e di gustare le emozioni di una qualità della
vita altrove dimenticata. Tregalli è tradizione, ma
anche innovazione; siamo infatti concessionari regionali di ENOMATIC, azienda leader nella produzione di sistemi tecnologicamente avanzati per la degustazione e somministrazione del vino a bicchiere,
un’esigenza oggi sempre più sentita sia dagli operatori del settore sia dai consumatori”.
www.umanironchi.com
PLENIO
Verdicchio
dei Castelli di Jesi DOC
Classico Riserva
CASAL DI SERRA
Verdicchio
dei Castelli di Jesi DOC
Classico Superiore
La Umani Ronchi produce da oltre 50 anni vini che valorizzano il territorio e i vitigni
autoctoni adriatici, distinguendosi per la ricerca della qualità e recitando un ruolo
d’avanguardia per sperimentazioni e tecnologie avanzate. Fondata negli anni ‘50 a
Cupramontana e rilevata pochi anni dopo dalla famiglia Bianchi Bernetti, attuale proprietaria, oggi conta 200 ettari di vigneto e 3 cantine nelle aree vitivinicole più importanti di Marche e Abruzzo e prevalenza di vitigni autoctoni regionali: Verdicchio e
Montepulciano. Michele Bernetti che con il padre Massimo è alla guida della Umani
Ronchi, sottolinea sempre l’importanza dell’estrema attenzione a ogni singola pianta e
della riconoscibilità territoriale di un vino. Sono gli imperativi che hanno spinto la
Umani Ronchi negli anni a rinnovare i vigneti, incrementare la densità per ettaro, selezionare cloni e portainnesti, ridurre al minimo l’impatto ambientale. Con 110 ettari di
Verdicchio, 60 di Rosso Conero e 30 di Montepulciano d’Abruzzo, la Umani Ronchi
ha conquistato un posto di primo piano nella viticoltura italiana. E mostra con orgoglio i suoi campioni, il Casal di Serra, una delle prime vere selezioni di Verdicchio effettuate nelle Marche e il Plenio, pluripremiato e Riserva della casa, affinato per un periodo minimo di 18 mesi, dei quali 6 in bottiglia.
84
Azienda vinicola
Umani Ronchi
Da sinistra:
Michele
e Massimo
Bernetti
Umani Ronchi produces wines that value the territory and the native vineyards, it was founded in
years `50 to Cupramontana and bought few years later from Bianchi Bernetti family with head
Michele and his father Massimo. It is composed by 200 hectares of vineyards and wine cellars
in the Marches and Abruzzi with prevalence of Verdicchio and Montepulciano vineyards. Through
the ages the vineyard have been renewed and has been stepped up density for each hectare
selecting clones. With 110 hectares of Verdicchio, 60 of Rosso Conero and 30 of Montepulciano
of Abruzzi the farm has conquered a first level place in the Italian agriculture and shows with
pride its samples: The “Casal di Serra” and the “Plenio”, reserve awarded many times.
85
In the first years of the XX century at Cupramontana Domenico Bonci,
started his own production and commercialization of wine. Today the
winery produces around 250 000 bottles of individual and handmade
“Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC” white wines and sparkling wines,
reflecting their soils and different microclimates. The medium altitude
of the six different vineyards is about 450 mt. above sea level, in the
quarter of Cupramontana, which guarantees a good acidity, freshness
and aging potential for the wines. The great interest for research is
testified by the presence of two experimental vineyards planted with
the objective to find the “perfect” Verdicchio – clone. The Verdicchio
specialist Giuseppe Bonci has worked for decades to bring his family winery to where it is today; one of the leading wineries in the region for
high - quality wines with character and soul.
LE CASE
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Superiore
PIETRONE
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Riserva
BONCI SAN MICHELE
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Superiore
86
Azienda agricola
www.vallerosa-bonci.com
Vallerosa Bonci
Giuseppe Bonci
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A Cupramontana, da almeno tre generazioni, la famiglia Bonci ha avviato la sua
attività di produzione e commercializzazione del vino.
Incominciò Domenico Bonci, nei primi
anni del '900, con la propria produzione e
con un’accurata selezione di aziende e dei
relativi prodotti, condotta con la sapienza
del conoscitore.
Attualmente l’azienda possiede 30 ettari di
terreno di cui 26 di vigneto, specializzato
per la produzione del Verdicchio dei
Castelli di Jesi Classico e Rosso Piceno a
Denominazione di Origine Controllata.
I vigneti si trovano a un'altezza media di
450 metri sul livello del mare, nelle contrade di San Michele, Colonara, Torre,
Carpaneto, Alvareto, Pietrone, sempre a
Cupramontana.
La forte attenzione per la ricerca è testimoniata dalla presenza di due vigneti sperimentali seguiti con cura, in collaborazione con l'Istituto Coltivazioni Arboree
dell'Università di Milano.
Il particolare microclima, la selezione delle
uve, la pluriennale esperienza artigianale
di vinificazione, sposata ormai ai modernissimi sistemi di ottimizzazione dei risultati, pongono l’azienda in una posizione di
primissimo piano nel settore dei vini e
spumanti di qualità.
The farm was founded in years `50 by Maria and Amato Ceci
then, they transferred their passion to the son Maurizio, the
farm has always been distinguished for the relationship quality price and for DOC wines production like Verdicchio dei
Castelli di Jesi, Rosso Piceno and Esino Rosso. The farm gives
special attention to own farming systems with an continuous
contact for the optimal ripening of the grapes that are collected then, in a small cases and taken quickly in a wine cellar
for processing. The red wine-making follows only traditional
methods while in order to exalt the features of white wines
the most modern technology is followed also. The sharpening
can happen into barrels and casks in a French oak.
Vignamato farm produces also the extravergine olive oil, wild
sherry wine and white Verdicchio brandy.
VALLE DELLE LAME
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC Classico
EOS
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC Classico - Biologico
VERSIANO
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC Classico Superiore
AMBROSIA
Verdicchio dei Castelli di Jesi
Classico Superiore Riserva
ANTARES
Verdicchio dei Castelli di Jesi
DOC Passito
GRAPPA
Grappa di Verdicchio
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Azienda agricola
Vignamato
www.vignamato.com
L’azienda agricola Vignamato, fondata alla fine degli anni ’50 dagli appassionati vignaioli
Maria e Amato Ceci che hanno poi trasmesso la loro passione al figlio Maurizio, si è sempre distinta per un perfetto equilibrio del rapporto qualità-prezzo. In circa sedici ettari di
vigneti, nei Comuni di San Paolo di Jesi e Staffolo, hanno giaciture e terreni ad altezze fra
250 e 450 metri s.l.m. e sono specializzati per la produzione di vini DOC, quali Verdicchio
dei Castelli di Jesi, Rosso Piceno ed Esino Rosso. Dalla convinzione che la qualità del prodotto si ottiene principalmente in vigna, l’azienda Vignamato pone meticolosa attenzione ai
propri impianti, con un contatto continuo che consente di seguire tutte le varie operazioni
del ciclo agrario e di controllare la resa di ciascun ettaro.
Tutte le uve, a maturazione ottimale, sono raccolte in piccole casse e portate immediatamente in cantina per essere lavorate. La vinificazione dei vini bianchi segue la tradizione e la più
moderna tecnologia produttiva per esaltare al meglio le caratteristiche del Verdicchio, mentre quella dei rossi segue solo metodi tradizionali. L’affinamento di alcuni vini bianchi, del
passito di Verdicchio e dei rossi avviene in barriques e tonneaux di rovere francese. Con la
consulenza dell’enologo e agronomo Giancarlo Soverchia, la Vignamato produce anche olio
extravergine di oliva, vino di Visciola e grappa di Verdicchio bianca affinata in barrique.
Serenella e Maurizio Ceci
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PIER DELLE VIGNE
Verdicchio
dei Castelli di Jesi
DOC
Classico Superiore
SALMÀGINA
Verdicchio
Classico Superiore
DOC
VIGNA VESCOVI
Marche IGT
Rosso
ZACCAGNINI
Brut
Vino spumante
di qualità
Riserva
In the last 1973, Zaccagnini family founded their
Azienda Agricola, moved by an hobby, that became a
real passion during the time. So Mario devote himself to this activity and can pass the same passion
on her daughter Rossella, creating a company totally
owned by the his family. The evolution of the activity
was favourited by particular climatic and territorial
condition of Staffolo. In the last years spectacular
improvements in product quality have been obtained
thanks to careful selection of the grapes, to the
research and to the new technologies. All this is
testified by the membership in VIDE. In the property
there is also “Segnavento Countryhouse” where
guests can taste typical products of this land.
VINEYARDS
The Salmàgina vineyards extend for 42 hectares in
the Municipality of Staffolo, Ancona, 400 metres
above sea level.
The strategic climatic condition and the particular
soil, that boasted the presence of saltine, join to
the hard work of Zaccagnini, allowed to obtain great
and distinctive wines ( for example the excellent
quality of "Verdicchio").
The vineyard colours the fields, leaving uncultivated
spaces to the historical remnants of Mediterranean
maquis, aligned to the west, protected from the
north wind and from the dangers of bad weather.
Azienda agricola
Zaccagnini
www.zaccagnini.it
Nel lontano 1973 la famiglia Zaccagnini costituisce la propria azienda
agricola, spinti da un hobby che con gli anni era diventato una vera e
propria passione.
E' così che Mario Zaccagnini dedica la maggior parte della sua vita a
questa attività e riesce a trasmettere la sua stessa passione a sua figlia,
creando un'azienda totalmente gestita dalla sua famiglia. L'evoluzione
dell'attività è stata favorita dalle particolari condizioni climatiche e territoriali di Staffolo e, negli ultimi anni, grazie alle sempre più accurate
selezioni delle uve, al lavoro di ricerca e alle tecnologie d'avanguardia
utilizzate, si sono ottenuti spettacolari miglioramenti della qualità dei
prodotti, testimoniati dall'appartenenza dell'azienda alla VIDE.
All’interno della proprietà vi è un agriturismo “Segnavento” dove è possibile ospitare e far degustare i prodotti tipici del territorio.
I VIGNETI
I vigneti della Salmàgina si stendono per 42 ettari nel Comune di
Staffolo, Ancona, a 500 metri sul livello del mare. La condizione climatica strategica e il particolare suolo che in passato vantava la presenza
delle saline, unite al duro lavoro degli Zaccagnini hanno permesso di
ottenere vini di gran pregio e distinzione (come ad esempio l'eccellente
vitigno "Verdicchio"). La vigna colora i campi, lasciando gli spazi incolti agli storici ritagli della macchia mediterranea, allineata tutta a ovest,
protetta dalla tramontana e dalle insidie del brutto tempo.
Le aziende produttrici
del Verdicchio dei Castelli di Jesi
Az. Agr. Marchetti
Ancona
Azienda Gambelli Vini di Paolo Gambelli Fenili & C.
Ancona
Serenelli Alberto
Ancona
Azienda Agraria Simone Mariotti
Arcevia
Conti di Buscareto
Arcevia
Velenosi srl
Ascoli Piceno
Azienda Santa Barbara srl
Barbara
Agricola Landi Luciano
Belvedere Ostrense
Cantina Ma.Ri.Ca.
Belvedere Ostrense
Silvestroni snc di Silvestroni A. & C.
Camerata Picena
Azienda Vitivinicola Venturi Filiberto
Castelleone Di Suasa
Azienda Vitivinicola Umberto Socci
Castelplanio
Fazi Battaglia Spa
Castelplanio
Tenuta Dell'Ugolino
Castelplanio
Agricola Lucangeli Aymerich di Laconi
Cingoli
Azienda Agraria Lombardi Antonietta
Cingoli
Tenuta di Tavignano
Cingoli
Saputi Alvaro
Colmurano
Azienda Agricola Biologica San Lorenzetto
Corinaldo
Azienda Vinicola Baldarelli Valerio
Corinaldo
Battestini Armando
Corinaldo
Cantina Sociale Val di Nevola
Corinaldo
Mencaroni Maurizio
Corinaldo
Mencaroni Nevio
Corinaldo
Spallacci Giordano
Corinaldo
Az. Agr. Vallerosa Bonci & C. Snc
Azienda Agricola Simone Cherubini
Azienda Vinicola Sparapani Frati Bianchi
Colonnara
La Distesa
Az Agr. Montecappone
Brunori Mario & Giorgio snc
Casa Vinicola Gioacchino Garofoli Spa
Amadio Vini
Az. Agr. Mancini Benito
Az.Agr. Ripa Marchetti
La Vite Spa
Pievalta
Fattoria Laila
Az. Agr. Poggio Montali sas
Azienda Agricola Zaccagnini
Azienda Agricola “Sabbionare”
Fattoria San Lorenzo
Terre Cortesi Moncaro
Vico Lamberto
Az. Agr. Giovanni e Francesca Marotti Campi
Az. Agr. Mario Lucchetti
Az. Agr. Stefano Mancinelli
Azienda Agricola Olivetti Orlando
Vicari Nazzareno e Vico S.S.
Cupramontana
Cupramontana
Cupramontana
Cupramontana
Cupramontana
Jesi
Jesi
Loreto
Maiolati Spontini
Maiolati Spontini
Maiolati Spontini
Maiolati Spontini
Maiolati Spontini
Mondavio
Monte Roberto
Monte Roberto
Montecarotto
Montecarotto
Montecarotto
Montecarotto
Morro D'Alba
Morro D'Alba
Morro D'Alba
Morro D'Alba
Morro D'Alba
Antica Cantina Sant'amico
Morro D'Alba
Badiali e Candelaresi
Morro D'Alba
Conte Leopardi Dittajuti
Numana
Azienda Vinicola Umani Ronchi Spa
Osimo Scalo
Azienda Agricola F.lli Bucci
Ostra Vetere
Boccafosca
Pianello Di Ostra
Eredi Cesaroni Giovanni
Poggio San Marcello
Soc. Agr. Sartarelli
Poggio San Marcello
Azienda Agricola Croce Del Moro
Rosora
Cantina San Giovanni
Rosora
Cantine Marconi
San Marcello
Azienda Agricola Ceci Enrico
San Paolo di Jesi
Azienda Agricola Tiberi Aldo
San Paolo di Jesi
Dino Scalini
San Paolo di Jesi
Vignamato
San Paolo di Jesi
Az. Agr. S. Piersanti & C.
San Paolo di Jesi
Quagliani Egidio
Serra De' Conti
Casalfarneto
Serra De' Conti
Accadia
Serra San Quirico
Azienda Agricola Belelli – La Staffa
Staffolo
Azienda Agricola Simonetti Dino Simonetti Dino
Staffolo
Brocani di Brocani Giuseppe
Staffolo
Cimarelli Luca
Staffolo
Finocchi
Staffolo
Gianfranco Verdolini
Staffolo
92
Terre di Frattula
L’area denominata “Terre di Frattula” si trova nella vallata del Cesano,
sulla sponda destra del fiume nel tratto che va da Santa Maria in
Portuno (Madonna del Piano) di Corinaldo alla collina di
Montedoro di Senigallia, nei pressi della foce, comprendendo il territorio di Scapezzano e Roncitelli di Senigallia, quasi tutto il territorio
di Castel Colonna e Monterado, una porzione di Ripe, fino a congiungersi di nuovo con Corinaldo. Con una storia che si perde fin nel
Medioevo e importanti testimonianze che hanno permesso di ricostruirne i dettagli, le Terre di Frattula sono oggi un angolo della provincia anconetana ricco di tradizioni rurali e gastronomiche: il salame
di Frattula e il Pane delle Terre di Frattula sono solo due esempi della
prelibatezza di antichi sapori marchigiani.
The area called “ Lands of Frattula” is situated in Cesano valley on the right side of the river from the line
of Santa Maria at Portuno (Madonna del Piano) in Corinaldo until to Senigallia Montedoro hill nearby the
mouth, including the following territory: Scapezzano and Roncitelli of Senigallia nearly all the territory
Castel Colonna and Monterado, a part of Ripe till to rejoin itself to Corinaldo. The lands of Frattula have
an history that begins in the Middle ages, the important testimonies have allowed to reconstruct the
details, the lands of Frattula are today a place rich of rural and gastronomic traditions like the salame
and the bread of lands of Frattula.
93
I Comuni della provincia di Ancona
Principali monumenti all’interno dei centri storici
Agugliano
Chiesa SS. Sacramento (sec. XIX)
Tratti di mura quattrocentesche
Arcevia
Centro culturale San Francesco
Chiesa di S. Francesco (sec. XIII; sec. XVIII)
Chiesa di S. Maria (sec. XVI)
Collegiata di S. Medardo (sec. XVII)
Giardino Leopardi
Palazzo comunale (sec. XIII)
Porte di S. Lucia e di S. Agostino
(secc. XV-XVI)
Teatro Misa (sec. XIX)
Barbara
Chiesa di S. Barbara (sec. XVII)
Chiesa di S. Maria Assunta (sec. XVIII)
Porta d’ingresso e torrione (sec. XV)
Belvedere Ostrense
Chiesa di S. Pietro Apostolo (sec. XVIII)
Collegiata di S. Maria (sec. XIX)
Museo Internazionale dell’Immagine postale
Camerano
Chiesa parrocchiale (sec. XVII)
Chiesa di S. Francesco (sec. XIII; sec. XVIII)
Le Grotte (secc. XIV-XIX)
Palazzo comunale (sec. XVIII)
Camerata Picena
Chiesa della Natività di Maria (sec. XIX)
Circuito delle mura (sec. XIV)
Castelbellino
Chiesa di S. Marco (sec. XVIII)
Loggetta Belvedere (sec. XVI)
Palazzo comunale e Museo civico
Castel Colonna
Porta di accesso (sec. XV)
Castelfidardo
Chiesa di S. Agostino (sec. XVIII)
Collegiata di S. Stefano (sec. XVIII)
Monumento al generale Cialdini (sec. XX)
Museo internazionale della Fisarmonica
Museo del Risorgimento
Castelleone di Suasa
Chiesa di S. Francesco di Paola (sec. XVII)
Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo (sec. XVI)
Museo Archeologico “Alvaro Casagrande”
Castelplanio
Chiesa di S. Sebastiano (sec. XVI; sec. XIX)
Palazzo comunale e Museo Civico
Cerreto d'Esi
Collegiata di S. Maria della Piazza (sec. XVIII)
Porta di accesso (sec. XV)
Torre di Belisario (sec. XIII)
Chiaravalle
Abbazia di S. Maria in Castagnola (sec. XII)
Casa natale di Maria Montessori
Teatro comunale (sec. XIX)
Corinaldo - Bandiera arancione
Chiesa di S. Francesco (sec. XVIII)
Pinacoteca civica “Claudio Ridolfi”
Porta S. Giovanni e Porta di Sotto
(secc. XIV-XV)
Sala del costume e delle tradizioni popolari
Santuario di S. Maria Goretti (sec. XVIII)
Teatro “Goldoni” (sec. XIX)
Cupramontana
Chiesa di San Leonardo (sec. XVIII)
Chiesa di San Lorenzo (sec. XVIII)
Museo internazionale dell’Etichetta
Palazzo comunale (sec. XVIII)
Falconara
Castello (sec. XIV)
Chiesa di S. Maria delle Grazie (sec. XIV)
Museo della Resistenza
Filottrano
Chiesa dell’Assunta (sec. XVII)
Chiesa di S. Cristoforo (sec. XVI)
Chiesa di S. Francesco (sec. XIX)
Museo del Biroccio marchigiano
Museo della Civiltà contadina
Genga - Bandiera arancione
Chiesa di S. Clemente (sec. XIII)
e Museo d’Arte Sacra
Chiesa di S. Maria Assunta (sec. XVII)
Palazzo dei Conti della Genga (sec. XIII)
Loreto
Palazzo apostolico e Museo-Pinacoteca
Santuario della Santa Casa (sec. XVI)
Torrioni circolari detti rondelle (sec. XVI)
Maiolati Spontini
Chiesa di S. Giovanni Battista (sec. XIX)
Chiesa di S. Stefano (sec. XVIII)
Museo Gaspare Spontini
Parco Colle Celeste (sec. XIX)
Mergo
Chiesa di S. Lorenzo (sec. XVIII)
Porta d’ingresso (sec. XVI)
Monsano
Chiesa di S. Pietro (sec. XVIII)
Chiesa del SS. Sacramento (secc. XVII-XVIII)
Torrione pentagonale (sec. XVI)
Montecarotto
Collegiata di S. Maria (sec. XVIII)
Museo della Mail Art
Teatro comunale (sec. XIX)
Torrione con orologio (sec. XVI)
Montemarciano
Chiesa di S. Pietro (sec. XVIII)
Teatro Alfieri (sec. XIX)
Monterado
Chiesa di S. Giacomo maggiore (sec. …)
Palazzo Cinciari (sec. XVII)
Monte Roberto
Chiesa di S. Silvestro (sec. XVIII)
Teatro Gigli (sec. XIX)
Monte S. Vito
Collegiata di S. Pietro (sec. XVIII)
Palazzo comunale (sec. XVI)
Teatro La Fortuna (sec. XX)
Morro d'Alba
Chiesa di S. Gaudenzio (sec. XVIII)
Fontana di Enzo Cucchi (sec. XX)
La Scarpa (sec. XV)
Museo Utensilia 0731 63824
Palazzo comunale (sec. XVIII)
Numana - Bandiera blu
Antiquarium statale
Palazzo comunale (sec. XVIII)
Santuario del SS. Crocifisso (sec. XX)
Offagna
Chiesa del SS. Sacramento (sec. XVIII)
Museo Paolucci 071 7107611
Rocca e Museo della Rocca (sec. XV)
Ostra – Bandiera arancione
Chiesa di S. Francesco
Cinta muraria
Collegiata della S. Croce
Pinacoteca comunale
Teatro La Vittoria (sec. XIX)
Ostra Vetere
Chiesa di S. Maria di Piazza (sec. XX)
Chiesa di S. Severo (sec. XIII)
Chiesa del SS. Crocifisso (sec. XVI)
Museo civico parrocchiale
Porta Pesa (sec. XV)
Poggio S. Marcello
Cinta muraria (sec. XV)
Palazzo Comunale (sec. XVIII)
Parrocchiale di S. Nicola di Bari (sec. XVIII)
Santuario della Madonna del Soccorso (sec.
XVII)
Polverigi
Chiesa di S. Antonino (sec. XIX)
Chiesa del Sacramento (sec. XV; sec. XVII)
Ripe
Chiesa di S. Pellegrino (sec. XVIII)
Palazzo Fiorenza (sec. …)
Rosora
Chiesa di S. Michele (sec. XVIII)
Torrione circolare (sec. XV)
San Marcello
Chiesa di S. Marcello (sec. XVII)
Teatro Ferrari (sec. XIX)
Torrione e loggetta rinascimentale
San Paolo di Jesi
Chiesa di S. Paolo (sec. XIX)
Palazzo comunale (fine sec. XVIII)
Santa Maria Nuova
Chiesa di S. Antonio da Padova (sec. XVIII)
Chiesa di S. Giuseppe (sec. XVIII)
Sassoferrato
Chiesa di S. Francesco (sec. XIII)
Chiesa di S. Maria del Ponte del Piano (sec. XVII)
Chiesa di S. Pietro (sec. XVIII)
Museo Archeologico e Raccolta perottiana
Museo delle Tradizioni popolari e Galleria d’Arte
contemporanea
Palazzo Bentivoglio (sec. XIV)
Palazzo dei Priori (sec. XIV)
Rocca di Albornoz (sec. XIV)
Serra de' Conti
Chiesa di S. Maria de Abbatissis (sec. XIX)
Chiesa di S. Michele (secc. XIII-XV)
Museo delle arti monastiche 0731 871737
Porta della Croce (secc. XIV-XV)
Serra San Quirico
Cartoteca Storica delle Marche
Chiesa di S. Lucia (sec. XVII)
Chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta (sec. XVIII)
Le Copertelle (secc. XVI-XVII)
Resti del Cassero (sec. XIV)
Sede operativa Parco Gola della Rossa e di
Frasassi
Sirolo - Bandiera blu
Chiesa del Rosario (sec. XVII)
Spiagge
Teatro Cortesi (sec. XIX)
Torrione scarpato (sec. XV)
Staffolo
Chiesa di S. Egidio (sec. XIII)
Chiesa di S. Francesco (sec. XIII)
Museo del Vino e dell’Arte contadina
Torrione circolare (sec. XV)
Ancona
Arco di Traiano (sec. II)
Cattedrale di S. Ciriaco (secc. XIII-XIV)
Museo diocesano
Chiesa del Gesù (sec. XVII)
Chiesa di S. Francesco delle Scale (sec. XV)
Chiesa di S. Maria della piazza (sec. XIII)
Mole vanvitelliana (sec. XVIII)
Museo Omero
Museo Archeologico Nazionale delle Marche
Piazza del Plebiscito
Pinacoteca Podesti
Teatro Le Muse
Ancona sotterranea (cisterna in piazza Stamira;
cisterna della Chioccia in via Trento)
Fabriano
Cattedrale di S. Venanzo (sec. XIV; sec. XVII)
Collegiata di S. Nicolò (sec. XVII)
Museo della Carta e della Filigrana
Ospedale del Buon Gesù (sec. XV)
Piazza del Comune e Palazzo del Podestà
(sec. XIII)
Teatro Gentile (sec. XIX)
Chiesa di S. Agostino (sec. XIV)
Chiesa dei Ss. Biagio e Romualdo
(sec. XV; sec. XVIII)
Deposito attrezzato delle opere d’arte
Jesi
Cattedrale di S. Settimio (sec. XVIII)
Complesso S. Floriano (sec. XIX)
Chiesa di S. Marco (sec. XIII)
Palazzo della Signoria (sec. XV)
Pinacoteca civica di Jesi
Porta Valle (sec. XV)
Teatro Pergolesi (sec. XVIII)
Torrione del Montirozzo (sec. XV)
Studio per le Arti della Stampa
Enoteca regionale
Osimo
Battistero (sec. XVI)
Cattedrale di S. Leopardo (sec. XIII)
Museo diocesano
Chiesa di S. Giuseppe da Copertino
(sec. XIII; sec. XVIII)
Chiesa di S. Marco (sec. XVIII)
Fonte Magna
Osimo sotterranea (secc. XVII-XX)
Palazzo municipale (sec. XVII)
Palazzo Campana (sec. XVIII)
Teatro La nuova Fenice (sec. XIX)
Tratti di mura romane e medievali
Senigallia - Bandiera blu
Area archeologica La Fenice
Cattedrale (sec. XVIII)
Chiesa della Croce (sec. XVII)
Museo dell’Informazione
Palazzo municipale (sec. XVII)
Palazzetto Baviera (sec. XVI)
Rocca Roveresca (sec. XV)
Museo Pio IX
Foro annonario (sec. XIX)
Rotonda a mare
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Sapore, profumo, genuinità per i prodotti
tipici della nostra terra. Il vino è il prodotto più famoso. Il Verdicchio dei Castelli di
Jesi, il Rosso Conero e il Lacrima di
Morro d’Alba sono le tre D.O.C. di cui il
territorio va fiero. Feste dell’Uva e del
Vino sono ad Arcevia, Cerreto d’Esi,
Cupramontana, Montecarotto, Morro
d’Alba e Staffolo. Alla sapa, condimento a
base di mosto concentrato, è dedicata una
festa a Rosora. A Serra de’ Conti trovi la
cicerchia (legume) assieme al lonzino di
fico e al Pan di Serra. La cipolla è alla base
delle pietanze preparate a Castelleone di
Suasa. Inoltre, il nostro olio extravergine
di oliva (in cui eccelle l’area di Monte S.
Vito) si aggiudica prestigiosi riconoscimenti, eccellenti anche le produzioni di
miele e formaggi. Infine, da nominare il
salame di Fabriano e il morbido ciauscolo
da spalmare sul pane.
Taste, smell, genuineness for typical products of our
territory. The wine is the most famous with three
D.O.C.: Verdicchio dei Castelli di Jesi, Rosso Conero
and Lacrima of Morro d’Alba. Festivities of grapes
and wine are at Arcevia, Cerreto d’Esi,
Cupramontana, Montecarotto, Morro d’Alba and
Staffolo. To the “sapa” a relish made by the extract of
must, is dedicated a festivity at Rosora. At Serra
de’Conti, you can find the “cicerchia” (pod), the “lonzino di fico” and the “Pan di Serra”.
The onion is the base of Castellone of Suasa dish.
The extra virgin of olive-oil of Mont S.Vito has had a
lot of acknowledgments. It’s excellent the productions
of honey, cheeses as well as the salami of Fabriano
and the mellow “Ciauscolo”.
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www.shantihousedalmago.com
Albergo
Shanti House
dal Mago
L’albergo Shanti House dal Mago, di Lorena Baccani è una struttura moderna, in località Morro d’Alba (AN), in un posto tranquillo con i migliori confort, immerso nel verde delle colline, fra gli ulivi. E' una meta piacevole sia per
scoprire la dolcezza del paesaggio, la storia, le usanze e le tradizioni contadine
sia per chi, in fuga dal caos cittadino, trova qui il modo di riposare e ritemprare lo spirito, a stretto contatto con la natura. L’intero complesso è a conduzione familiare con una tradizione di ristoratori da quattro generazioni. Ospitalità
e cortesia sono due aspetti fondamentali e Morro d’Alba è un luogo famoso
per i vini D.O.C. “Lacrima” e “Verdicchio” dei Castelli di Jesi.
The hotel Shanti House dal
Mago owned by Lorena Baccani
is a modern structure in Morro
d’Alba (AN) in a very tranquil
place, immersed in the green
hills, among olivetrees. It’s a
beautiful destination for relaxing
and restoring spirit. Morro
d’Alba is also a famous place
for its wines DOC “Lacrima” and
“Verdicchio”.