Tumori Stromali Gastrointestinali: Raccomandazioni cliniche ESMO

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Tumori Stromali Gastrointestinali: Raccomandazioni cliniche ESMO
Traduzione in italiano a cura di A.I.G. Associazione Italiana GIST (luglio 2010)
Raccomandazioni cliniche
Annals of Oncology 21 (Supplement 5):
v98–v102, 2010 doi:10.1093/annonc/mdq208
Tumori Stromali Gastrointestinali: Raccomandazioni cliniche
ESMO per la diagnosi, il trattamento e il follow-up.
P. G. Casali /1 & J.-Y. Blay /2 *
On behalf of the ESMO/CONTICANET/EUROBONET Consensus Panel of Experts*
*1 Department of Cancer Medicine, Istituto Nazionale dei Tumori, Milan, Italy;
2 INSERM U590, Claude Bernard University and Department of Oncology, Edouard Herriot Hospital,, Lyon, France
Incidenza
I tumori stromali gastrointestinali (GIST) sono tumori rari con un’incidenza annua di 1.5/100 000.
Questo dato riguarda solo i GIST clinicamente rilevanti; probabilmente un numero molto piu’
elevato di lesioni microscopiche potrebbe essere rilevato patologicamente, se venisse ricercato.
Diagnosi
Quando un GIST si presenta come un piccolo nodulo gastroesofageo o duodenale ≤ 2 cm può
essere difficoltoso eseguire la biopsia endoscopica, e l’escissione (= asportazione chirurgica)
laparoscopica/laparotomica può essere il solo modo per avere una diagnosi istologica. Molti di
questi piccoli noduli sono GIST a basso rischio o entità il cui significato clinico rimane incerto.
perciò l’approccio standard per questi pazienti è la valutazione con ecografia endoscopica e poi il
follow-up, riservando l’escissione in quei pazienti nei quali il tumore aumenta di dimensione o
diventa sintomatico. In alternativa può essere condivisa con il paziente la decisione di fare una
valutazione istologica. Se viene scelto il follow up, bisogna tenere presente che non esiste una
procedura di follow-up ottimale basato sull’ evidenza. Una scelta regionevole può essere quella di
fissare un primo controllo a breve termine (per esempio a 3 mesi) e successivamente, in caso di
stabilità, può essere seguito un follow-up in tempi meno ravvicinati.
Nei GIST di piccole dimensioni, confermati istologicamente, il trattamento standard è
l’asportazione chirurgica, a meno che sia da prevedere una morbilità importante (=complicanze
derivanti all’operazione). In alternativa, si può condividere col paziente la decisione di procedere
col follow-up della lesione, in caso di GIST a basso rischio.
L’approccio standard ai noduli rettali (o nell’area retto-vaginale) è la
biopsia/l’asportazione dopo valutazione ecografia, indipendentemente dalla dimensione del tumore,
perché il rischio di un GIST in questa localizzazione è maggiore e le implicazioni locali della
chirurgia sono piu’ critiche. Tuttavia una politica di follow-up può essere un’opzione da
considerare e da condividere col paziente nel caso di lesioni di piccole dimensioni.
D’altra parte, per i noduli con dimensioni superiori a 2 cm l’approccio standard è la
biopsia/l’asportazione poiché, se trattasi di GIST, essi comportano un rischio più alto. Se c’è un
nodulo addominale non facilmente valutabile endoscopicamente, l’asportazione
laparoscopica/laparotomica è l’approccio standard. Se c’è una massa più grande, specialmente se è
probabile che la chirurgia comporti una resezione multi viscerale, la biopsia è l’approccio standard.
Questa dovrebbe essere eseguita preferibilmente a mezzo di guida ecografica e endoscopica oppure
con un approccio percutaneo a mezzo di guida ecografica/TC. Questo permette al chirurgo di
programmare la migliore strategia, in accordo con la diagnosi istologica, evitando gli interventi
chirurgici per quelle malattie dove non è necessario (per es. linfomi, fibromatosi mesenterica,
tumori a cellule germinali). Il rischio di contaminazione peritoneale è trascurabile se la procedura è
stata eseguita correttamente. Le lesioni a rischio (es. masse cistiche) dovrebbero essere biopsiate
solo in centri specializzati. L’asportazione immediata in laparoscopia/laparotomia è un’alternativa
da valutare in base al singolo caso, specialmente se la chirurgia è limitata.
Se un paziente presenta segni evidenti di malattia metastatica, una sola biopsia del focolaio
metastatico è sufficiente e il paziente di solito non necessita di una laparatomia a scopi diagnostici.
Il campione di tumore dovrebbe essere fissato in formalina (la fissazione in soluzione di Bouin deve
essere evitata poiché compromette l’esecuzione dell’analisi molecolare).
Sotto il profilo patologico, l’analisi di GIST si basa sulla morfologia e
sull’immunoistochimica (CD117 e/o DOG1). Una parte dei GIST (nell’ordine del 5 % ) è negativo
per CD117. La conta mitotica ha un valore prognostico e dovrebbe essere espressa come il numero
di mitosi su 50 campi ad alta definizione (HPF) (cioè su una superficie totale di 10 millimetri
quadrati). L’analisi mutazionale per le mutazioni conosciute che coinvolgono i geni KIT e
PDGFRA possono confermare la diagnosi di GIST se incerta (particolarmente nel caso di sospetto
GIST negativo a CD117/DOG1). L’analisi mutazionale ha valore predittivo per la sensibilità
all’imatinib e valore prognostico, per cui è raccomandata negli accertamenti diagnostici di
tutti i GIST. E’ utile far eseguire l’analisi mutazionale in laboratori (centralizzati) che applicano
un programma esterno di qualità e di sicurezza, e con esperienza in questa malattia. Una seconda
opinione da parte di un patologo esperto in GIST è raccomandata in tutti i casi in cui la
diagnosi originaria non è stata eseguita in centri di riferimento.
Si consiglia la raccolta di tessuti congelati, poiché nuove valutazioni molecolari potrebbero
diventare disponibili in tempi successivi ed essere quindi eseguite nell’interesse del paziente. Deve
essere richiesto l’opportuno consenso informato per permettere in seguito analisi e ulteriori
ricerche, purché ciò sia permesso dalle linee guida nazionali e internazionali.
Stadiazione e valutazione di rischio
Il rischio di recidiva è valutato sulla base della conta mitotica, dimensione del tumore,
localizzazione del tumore, margini chirurgici e se si è verificata la rottura del tumore. La
dimensione del tumore e la conta mitotica erano considerati già nella classificazione di rischio del
Consensus del 2002. Questo era correlato con la prognosi in uno studio epidemiologico, che
evidenziava che la categoria ad “alto rischio” ha una prognosi peggiore. Le categorie a rischio
“molto basso” e “basso” hanno una prognosi molto favorevole. Nella maggior parte degli studi
basati su serie di popolazioni, la categoria a “rischio intermedio” della classificazione del
Consensus non distingue i pazienti con una prognosi sfavorevole.
Una classificazione di rischio più recentemente include la localizzazione del tumore in
aggiunta alla conta mitotica e alla dimensione del tumore primario. In particolare, ciò
rispecchia il fatto che i GIST gastrici hanno una prognosi migliore di quelli del piccolo intestino o
del retto. Il rischio stimato per i sottogruppi è basato su una singola analisi retrospettiva e perciò
necessita di conferme. Comunque, questa classificazione distingue meglio tra i differenti livelli di
rischio. E’ stato sviluppato uno strumento (Nomogramma) che utilizza questi criteri. La rottura del
tumore, sia spontanea sia al momento della resezione chirurgica, dovrebbe essere segnalata, poiché
denota un aumento di rischio, indipendentemente dagli altri fattori prognostici.
Procedure di stadiazione
Le procedure di stadiazione tengono conto del fatto che la maggior parte delle recidive
riguardano il peritoneo e il fegato. La TC addome e pelvi con contrasto è la scelta per la stadiazione
ed il follow-up. La Risonanza Magnetica o l’ecografia con contrasto possono essere delle
alternative. Per i GIST rettali, la RM fornisce le migliori informazioni al momento della stadiazione
preoperatoria. La TC o la radiografia del torace e gli esami di laboratorio routinari sono
complementari agli accertamenti di stadiazione di un paziente asintomatico. La valutazione con la
PET – FDG o con PET-TC/RM, è utile soprattutto quando è di particolare interesse verificare
precocemente la risposta del tumore al trattamento con Imatinib.
Trattamento
E’ necessario un trattamento multidisciplinare (che coinvolga patologi, radiologi, chirurghi, e
medici oncologi) come quello che è disponibile in centri di riferimento per i sarcomi e i GIST, e/o
nell’ambito di Reti di riferimento che condividono competenze multidisciplinari.
Malattia localizzata
Il trattamento standard del GIST localizzato è l’asportazione chirurgica completa, senza dissezione
dei linfonodi clinicamente negativi [III, A]. Se è programmata un’asportazione in laparoscopia,
questa tecnica deve seguire i principi della chirurgia oncologica. L’approccio laparoscopico è
chiaramente sconsigliato in pazienti che hanno tumori di grandi dimensioni. L’obiettivo è
l’asportazione con margini chirurgici di tipo R0.
E’ raccomandato un trattamento pre-operatorio citoriduttivo con imatinib, se una chirurgia
R0 non è fattibile o per poter effettuare una chirurgia meno mutilante [IV, A]. Questo anche nel
caso in cui il chirurgo ritenga che la condotta chirurgica sia più sicura dopo citoriduzione (per es.
diminuito rischio di sanguinamento e di rottura del tumore). In seguito alla risposta massima del
tumore a imatinib, in genere dopo 6-12 mesi, si esegue la chirurgia. L’analisi mutazionale può
aiutare ad escludere dalla terapia citoriduttiva le mutazioni non sensibili a imatinib (per esempio la
mutazione di PDGFRA D842V). La PET o la PET TC/RM, possono essere particolarmente utili
per valutare molto rapidamente la risposta del tumore, nel giro di poche settimane, così che la
chirurgia non venga ritardata in caso di malattia che non risponde alla terapia.
Se è stata fatta un’asportazione con margini R1, un secondo intervento può essere una scelta,
a condizione che venga trovata la localizzazione iniziale della lesione e non siano previste
conseguenze funzionali più gravi.
Quando la chirurgia R0 implica gravi conseguenze funzionali e il trattamento medico
preoperatorio non è stato di aiuto o non può essere previsto, può essere condivisa con il paziente la
decisione di accettare un intervento con margini R1, in particolare per lesioni a basso rischio, in
mancanza di una formale dimostrazione che la chirurgia R1 è associata con una peggiore
sopravvivenza globale.
Il rischio di recidiva può essere consistente in molte presentazioni, così come definito dalla
classificazione di rischio (tabella 1). Data l’efficacia di Imatinib in questa malattia, è stato studiato
il trattamento di Imatinb adiuvante. I dati finali degli studi finora condotti relativamente alla
sopravvivenza globale non sono ancora disponibili, ma uno studio randomizzato, con controllo
placebo ha dimostrato che l’imatinib somministrato per la durata di un anno può prolungare la
sopravvivenza libera da recidiva nei GIST localizzati > 3 cm e completamente asportati. Un più
lungo studio è necessario per trarre conclusioni definitive riguardo: al tasso di recidiva assoluto
dopo un sostanziale intervallo di tempo, al tempo di ritardo della recidiva, e al tempo della
resistenza secondaria all’imatinib in pazienti che recidivano successivamente. Al momento non c’è
un consenso completo nella comunità medica internazionale sull’uso adiuvante di imatinib come
trattamento standard per i pazienti GIST con malattia localizzata. Essendo stato approvato dagli enti
regolatori quali l’EMEA e l’FDA, l’imatinib in uso adiuvante può essere proposto come un’opzione
per quei pazienti con un reale rischio di recidiva, per prendere una decisione condivisa [II, B] .
Oltre alla valutazione di rischio, l’analisi mutazionale può guidare la selezione dei pazienti che
beneficeranno di più dal trattamento. Se si prende la decisione di usare imatinib come adiuvante, i
dati degli studi clinici attualmente disponibili sostengono il suo uso per un anno. Si aspettano i
risultati di un altro studio clinico che confronti la durata del trattamento di un anno versus tre anni.
Qualora il tumore avesse subito una rottura nel corso della resezione chirurgica, con
prevedibile contaminazione del peritoneo, si dovrebbe assumere la presenza di malattia occulta nel
peritoneo. Questo porrebbe il paziente ad alto rischio di ripresa di malattia. Pertanto questi casi
sarebbero candidati alla terapia adiuvante, con durata ottimale del trattamento ancora sconosciuta.
Malattia estesa
Nei pazienti con malattia inoperabile localmente avanzata e nei pazienti con metastasi l’imatinib è il
trattamento standard [III, A]. Questo si applica anche ai pazienti metastatici nei quali sono state
asportate chirurgicamente tutte le lesioni. La dose standard di Imatinib è 400 mg al giorno [I, A]. In
base ai dati disponibili i pazienti con la mutazione nell’esone 9 di KIT, in termini di
sopravvivenza libera da progressione, hanno un esito migliore se assumono una dose più alta, 800
mg al giorno, che rappresenta quindi il trattamento standard in questo sottogruppo [III, A]. Il
trattamento dovrebbe essere continuato indefinitamente poiché l’interruzione del trattamento è
generalmente seguito da una relativamente rapida progressione del tumore praticamente in tutti i
casi, anche quando le lesioni sono state precedentemente asportate chirurgicamente [II, B].
Quando si inizia il trattamento farmacologico, il paziente deve essere avvisato
dell’importanza di osservare la terapia, così come deve essere avvisato delle possibili
interazioni con terapie concomitanti e alimenti, e su come gestire correttamente gli effetti
collaterali. La dose terapeutica dovrebbe essere mantenuta costante con l’ausilio di una corretta
gestione degli effetti collaterali e da una giusta condotta di riduzioni ed interruzioni della dose, nel
caso di eccessiva persistente tossicità, sotto controllo medico.
Un attento monitoraggio della risposta della malattia dovrebbe essere continuato per tutta la
durata del trattamento, poiché il rischio di progressione secondaria persiste nel tempo.
Dati retrospettici indicano che un livello sub-ottimale di imatinib nel plasma è associato a un
risultato peggiore della terapia, ma ulteriori studi clinici sono necessari per confermarlo.
E’ stato dimostrato che l’asportazione completa della malattia metastatica residua è correlata
con una buona prognosi, purchè il paziente risponda alla terapia con Imatinib, ma è ancora da
dimostrare se questo è dovuto alla chirurgia o all’evoluzione naturale della malattia. Perciò, la
chirurgia nei pazienti metastatici che rispondono alla terapia è ancora oggetto di valutazione e si
incoraggia la partecipazione dei pazienti nei relativi studi clinici. Al di fuori di questi studi, le
opzioni chirurgiche devono essere individualizzate e condivise col paziente.
La chirurgia nella malattia in progressione non ha dato buoni risultati nei casi studiati e
pubblicati, ma la chirurgia nella progressione limitata, come nel caso del “nodulo nella massa” è
associato con periodi di stabilità della malattia pari a quelli ottenuti con il trattamento di seconda
linea con sunitinib. Pertanto può essere questa un’opzione palliativa nei pazienti con progressione
limitata. Procedure diverse dalla chirurgia (trattamenti locoregionali, come l’ablazione, ecc.)
possono essere considerati.
L’approccio standard in caso di progressione della malattia è l’aumento della dose di
imatinib a 800 mg al giorno [III,B], con eccezione per le mutazioni insensibili al farmaco.
L’aumento della dose può essere utile nei GIST con mutazione nell’esone 9, nei casi di
cambiamenti nella farmacocinetica di Imatinib nel tempo, o, possibilmente, in caso di alcune
alterazioni molecolari. Deve essere esclusa la “falsa” progressione di malattia che si può rilevare
dalla diagnostica per immagini. Anche la non osservanza della terapia da parte del paziente
dovrebbe essere esclusa quale possibile causa di progressione del tumore, così come l’interazione
del farmaco con medicinali dati in concomitanza.
In caso di progressione o intolleranza all’imatinib, il trattamento di seconda linea è sunitinib
[II, B]. E’ stata dimostrata l’efficacia del farmaco in termini di sopravvivenza libera da progressione
secondo lo schema posologico di quattro settimane di somministrazione e due di riposo. E’ stato
dimostrato che anche la dose orale continua giornaliera con un dosaggio più basso può essere
efficace e ben tollerata, sebbene non sia stato fatto alcun confronto formale con uno studio clinico
randomizzato. Questa seconda schedula può essere considerata un’opzione su base individualizzata.
Dopo il fallimento con sunitinib, per il paziente con GIST metastatico si dovrebbe
considerare la possibilità di partecipare ad uno studio clinico di nuove terapie o di nuove
combinazioni di farmaci.
C’è evidenza aneddotica che i pazienti che hanno avuto progressione durante il trattamento
con imatinib possono avere occasionalmente un beneficio quando riprovano lo stesso farmaco in
tempi successivi. Allo stesso modo, mantenere il trattamento con un farmaco anti tirosin kinasi,
anche in caso di malattia in progressione, può rallentare la progressione invece di fermarla,
naturalmente se non c’è altra opzione disponibile al momento. Perciò riprovare o continuare il
trattamento con un farmaco anti tirosin kinasi col quale il paziente è già stato trattato può essere
un’opzione in casi individuali particolari. Tuttavia, combinazioni di farmaci anti tirosin kinasi
vanno scoraggiati al di fuori degli studi clinici a causa di una potenziale considerevole
tossicità.
Valutazione della risposta
L’attività antitumorale si traduce in una riduzione delle dimensioni del tumore nella maggior parte
dei pazienti, ma alcuni pazienti possono mostrare alla TC solo cambiamenti nella densità del
tumore, o questi cambiamenti possono precedere una riduzione della massa tumorale che si
verificherà più tardi.. Questi cambiamenti negli aspetti radiologici del tumore devono essere
considerati come risposta favorevole della malattia. In particolare, anche un aumento nella
dimensione del tumore può essere indicativo di risposta se alla TC la densità del tumore è
diminuita. Anche la ‘comparsa’ di nuove lesioni può dipendere dal fatto che queste sono più
evidenti quando diventano meno dense. Perciò, sia la dimensione che la densità del tumore visti
alla TC, o consistenti cambiamenti osservati con la RM, vanno considerati come criteri di risposta
tumorale alla terapia. La FDG-PET si è dimostrata molto sensibile nella valutazione precoce della
risposta del tumore alla teerapia e può essere utile in casi dubbi, o quando una precoce predizione di
risposta è molto utile (per es. nel caso di trattamenti citoriduttivi pre-operatori). L’assenza di
progressione del tumore dopo mesi di trattamento egualmente equivale ad una risposta. D’altra
parte, la progressione del tumore può non essere accompagnata da cambiamenti nella dimensione.
Infatti, un aumento nella densità del tumore dentro la lesione tumorale può essere indicativa di
progressione. Un tipico esempio di progressione è “il nodulo dentro il nodulo” per il quale una parte
di una lesione che sta rispondendo diviene iperdensa.
Follow-up
Non ci sono dati pubblicati a supporto di linee di condotta specifiche per il follow-up ottimale di
pazienti trattati chirurgicamente per malattia localizzata. Le recidive molto spesso si verificano nel
peritoneo e nel fegato. La conta mitotica probabilmente influisce sulla velocità con cui si ha la
recidiva. La valutazione di rischio basata sulla conta mitotica, sulla dimensione del tumore e sulla
localizzazione può aiutare nella scelta di come condurre il follow-up. I pazienti ad alto rischio in
genere recidivano entro 2-3 anni, mentre i pazienti a basso rischio possono recidivare più tardi.
sebbene con minore probabilità.. Detto questo, la schedula di routine del follow-up differisce da
istituzione ad istituzione.. Per esempio in alcuni centri i pazienti con un rischio intermedio-alto
hanno un follow-up con TC ogni 3-4 mesi per tre anni, poi ogni 6 mesi fino a cinque anni e in
seguito annualmente; per i pazienti con tumori a basso rischio, il follow-up con TC è eseguito ogni
6 mesi per 5 anni. I GIST con rischio molto basso probabilmente non necessitano di follow-up
regolare, sebbene si debba comunque stare sempre attenti perché il rischio di recidiva non è pari a
zero.
Note
Queste Raccomandazioni Cliniche sono state formulate in seguito ad un processo di consenso
basato su un evento organizzato da ESMO a Lugano nel mese di novembre 2009. A questo lavoro
hanno partecipato esperti della comunità medica del gruppo di ricerca dell’European Sarcoma
Group, delle reti di eccellenza sui sarcomi e membri della società scientifica ESMO. I loro nomi
sono indicati di seguito. Il testo riflette il loro consenso globale, sebbene ciascuno di essi può non
necessariamente trovarlo conforme al proprio punto di vista. Il network europeo di eccellenza
CONTICANET (COnnective TIssue CAncers NETwork) e EUROBONET (EUROpean BOne
NETwork) hanno sostenuto economicamente il processo di consenso.
Consensus panel
Paolo G. Casali, Milano, Italy (Coordinating author)
Jean-Yves Blay, Lyon, France (Coordinating author)
Massimo Aglietta, Universita` degli Studi di Torino, Italy
Thor Alvegaard, Lund University Hospital, Lund, Sweden
Nick Athanasou, University of Oxford, Oxford, UK
Bui Binh, Institut Bergonie´, Bordeaux, France
Jean-Yves Blay, Centre Le´on Be´rard Lyon, France
Slyvie Bonvalot, Institut Gustave Roussy, Villejuif, France
Ioannis Boukovinas, Theagenion Cancer Hospital of
Thessaloniki, Greece
Paolo G. Casali, Istituto Nazionale Tumori, Milan, Italy
Enrique De Alava, Centro de Investigacion del Cancer-IBMCC,
Salamanca, Spain
A. Paolo Dei Tos, Ospedale Civile, Treviso, Italy
Palma Dileo, Istituto Nazionale Tumori, Milan, Italy
Mikael Eriksson, University Hospital, Lund, Sweden
Andrea Ferrari, Istituto Nazionale Tumori, Milan, Italy
Stefano Ferrari, Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna, Italy
Solans Francisco Javier Garcia Del Muro, Institut Catala`
d’Oncologia, Barcelona, Spain
Alessandro Gronchi, Istituto Nazionale Tumori, Milan, Italy
Kirsten Sundby Hall, Norwegian Radium Hospital, Oslo,
Norway
Bass Hassan, Oxford Weatherall Institute of Molecular
Medicine, UK
Pancras C.W. Hogendoorn, University Medical Center, Leiden,
Netherlands
Peter Hohenberger, University Hospital, Mannheim, Germany
Hans Gelderblom, University Medical Centre, Leiden,
Netherlands
Robert Grimer, Royal Orthopaedic Hospital, Birmingham, UK
Rolf Issels, Munich Klinikum Grosshadern Medical Center,
Munich, Germany
Heikki Joensuu, Helsinki University Central Hospital, Helsinki,
Finland
Lorenz Jost, Bruderholz Kantonsspital Bruderholz, Switzerland
Ian R. Judson, Research Centre for Cancer Therapeutics,
Sutton, UK
Heribert Jurgens, Universita¨tsklinikum, Mu¨nster, Germany
Axel Le Cesne, Institut Gustave Roussy, Villejuif, France
Serge Leyvraz, University of Lausanne Hospitals, Lausanne,
Switzerland
Javier Martin, Hospital U. son Dureta, Palma de Mallorca,
Spain
Michael Montemurro, Centre Hospitalier Universitaire
Vaudois, Lausanne, Switzerland
Toshirou Nishida, Osaka Police Hospital, Osaka, Japan
Shreyaskumar Patel, MD Anderson Cancer Center, Houston,
USA
Peter Reichardt, Helios Klinikum Bad Saarow, Berlin, Germany
Martin Robinson, Weston Park Hospital, Sheffield, UK
Piotr Rutkowski, Centrum Onkologii, Warszaw, Poland
Patrick Scho¨ffski, Cancer Institute, Leuven, Belgium
Marcus Schlemmer, Ludwig-Maximilians-UniversityGrobetahadern, Munich, Germany
Stefan Sleijver, Erasmus University Medical Center, Rotterdam,
Netherlands
Winette Van der Graaf, Unversity Hospital, Groningen,
Netherlands
Daniel Vanel, Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna, Italy
Jaap Verweij, Erasmus University Medical Center Rotterdam,
Netherlands
Eva Wardelmann, Universita¨tsklinikum, Bonn, Germany
Jeremy Whelan, The Middlesex Hospital University College,
London Hospitals, UK
Classificazione di rischio (tabella 1)
Parametri della massa (dimensione e numero di mitosi)
Pazienti in progressione durante il follow-up e rischio di recidiva in %
Gruppo
Dimensione
n° mitosi / 50
HPF
STOMACO
INTESTINO
1
< 2 cm.
<5
0%molto basso
0%molto basso
2
2 – 5 cm.
<5
1,9% basso
4,3% basso
3a
5 – 10 cm.
<5
3,6% basso
24% intermedio
3b
> 10
<5
12% intermedio
52% alto
4
<2
>5
0% basso (*)
50% alto (*)
5
2 – 5 cm.
>5
16% intermedio
73% alto
6a
5 – 10 cm.
>5
55% alto
85% alto
6b
> 10
>5
86% alto
90% alto
(*) Il numero di casi in questo gruppo è stato troppo basso per essere significativo.
Fonte: Miettinen M., Lasotha J, Arch Pathos Lab Med 2006,130:1466-1478
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