Indicazioni programmatiche per la revisione della normativa di PRG
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Indicazioni programmatiche per la revisione della normativa di PRG
Comune di Modena Settore Risorse e Tutela dell'Ambiente via Santi 60 I 41100 Modena tel. 059/330302 - 333532 int. 345 - 350 INDICAZIONI PROGRAMMATICHE PER LA REVISIONE DELLA NORMATIVA DI P.R.G. RELATIVA ALLE ZONE PRODUTTIVE Tra i diversi ambiti d'applicazione delle norme tecniche d'attuazione del P.R.G. tuttora vigente, l'articolato relativo alle zone produttive e 1 senza dubbi o quello che in base ad un 1 ana1 i si fondata su principi di tutela ambientale sembra oggi piu' bisognoso di approfondita e radicale innovazione. Cio' e' d'altra parte facilmente comprensibile, tenuto conto che tale normativa vide la luce prima di quell'evoluzione ne 11 'approcci o alle ternati che ambienta 1i, so 1o pi u 1 recentemente impressa, che trova ora riscontro tanto sul piano culturale quanto a livello di un gia' consolidato ed oggi sufficientemente evol~to quadro giuiidico di riferimento. Se oggi 1 1 attenzione e 1 tutta concentrata sui "contenuti 11 , e quindi sugli effetti delle attivita' produttive nei confronti del circostante contesto insediativo e del patrimonio ambientale, la normativa del 1975 e' prevalentemente incentrata sulla disciplina dei "conteni tori 11 - e quindi sugli standards e parametri di intervento si a urbanistici .che edilizi; e quando si studia di proporre indicazioni di tipo "qualitativo", non appare in realta' in grado di cogliere e conseguentemente disciplinare gli aspetti sos~9nziali della materia trattata. Una compi_uta e coerente regolamentazione delle attivita' produttive non puo' certo puntare solo sulla normativa di tipo urbanistico; ma quest'ultima deve piuttosto essere messa in condizione di fungere da efficace e primario dren6 dei modi d'uso del' territorio e del patrimonio edilizio esistente anche per quanto riguarda gli insediamenti pr'oduttivi. Tali considerazioni vengono ad assumere ancor piu' sostanziale rilievo. nella prospettiva di un P.R.G. che presentandosi con un interfaccia "strutturale" a larghe maglie e con un interfaccia "operati vo 11 fondato su un permanente processo di mi cropi anifi cazi one, affida la sua efficacia ed il suo concreto attuarsi alla ca.pacita' gest iona 1e. Per meglio comprendere i contenuti innovativi che verranno successivamente proposti sembra opportuno richiamare i fondamenti del costrutto normativo elaborato nel 1975 ed a tutt'oggi vigente. 11 11 - 2 Non ci interesseremo, in questa sede, delle numerose articolazioni inerenti le modalita' di intervento (intervento diretto o strumento urbani~tico preventivo) e dei relativi parametri, se non per osservare marginalmente che sopratutto in grossi insediamenti coordinati l'eccessivo sovraddimensionamento degli standards puo' non di rado condurre ad effetti controproducenti; (aree che restano abbandonate, inutilizzate ed incolte, e si degradano fino a diventare discariche abusive di fifiuti). Si rivolgera' piuttosto l'attenzione al tentativo operato, come vedremo in termini abbastanza rudimentali, di disciplinare i "contenuti" delle attivita' produttive. I principi piu' classici dello zoning indussero la distinzione tra attivita' manufatturiere, attrezzature finalizzate all'industria delle costruzioni o all'installazione di impianti, ed attivita' "non direttamente produttive" (commercio all'ingrosso, attrezzature annonarie, depositi merci, attrezzature connesse ai trasporti etc.): le prime da allocarsi nelle zone industriali "I", le seconde nelle zone per infrastrutture tecniche "IT". In relazione al diverso ipotizzato impatto sull'ambiente le zone industri al i erao a loro volta art i col ate in "zone per industrie bianche" "zone per industrie normali", "zone per industrie insalubri": queste ultime riservate alle attivita' previste dagli elenchi di cui al D.M. 23/12/1976 (industrie insalubri di I' e II' classe), diversamente escluse da ogni possibilita' di insediamento nel territorio Comunale. Al tassativo rigore di tale disposto normativo ha corrisposto la sua totale inefficacia, tanto che l'unico comparto zonizzato dal P.R.G. del 75 per le attivita' insalubri e' rimasto del tutto i nedifi cato senza che per questo nuovi insedi amenti compresi nei citati elenchi non siano stati in cotrcreto realizzati: ne' diversamente avrebbe potuto essere, a meno di un incremento zero dell'apparato produttivo locale, atteso che tra industrie insalubri di I' e II' classe gli elenchi Ministeriali comprendono almeno il 70% delle possibili attivita' manufatturiere. L'attenzione gestionale sul piano urbanistico fu precedentemente incentrato su aspetti interpretativi delle norme cosi' da poter giustificare per esempio la presenza di concessionarie auto in zona industriale o di attivita' manufatturiera (es:industria alimentare) in zona per infrastrutture tecniche; mentre la reale salvaguardia ambientale fu delegata di fatto all'intervento di organi - 3 - "paralleli", ma diversi dall'Ammnistrazione Comunale (Consorzio Socio-Sanitario, e successivamente, Serv1zio di Igiene Pubblica dell 'U.S.L. n.16) che operando una gestione "caso per caso", attraverso 1a nascente 1egis1 azione settori a1e per 1a tute 1a dell'ambiente riuscirono in effetti -non certo grazie alle norme urbanistiche- a scongiurare irreparabili guasti. Il nuovo impalcato normativo non potra' questa volta prescindere dal portato di un'attivita' legislativa che proprio nell'ultimo decennio ha conosciuto, pur con sfasamenti e contraddizioni, decisiva accelerazione. Del quadro giuridico di riferimento non si vuole qui dare neppur sintetica riassunzione, ma solo sottolineare i diversi profili. Il primo, e piu' antiquato, e' quello che facendo capo al Regolamento Generale Sanitario del 1901 ed agli artt. 216 e 217 del T.U.L.S. del 1934 affronta il tema delle lavorazioni cosiddette "insa 1ubri", proponendo attraverso una decretazione protrattasi fino al 1981 gli elenchi delle industrie insalubri di I e Il classe. Il concetto di insalubrita' assume significato intrinseco in relazione al tipo di lavorazione e/o ai cicli produttivi previsti, prescindendo dispositivi di disinquinamento ed totalmente da eventuali attenuazione dei potenziali impatti sull'ambiente: alla presenza e all'efficacia di questi ultimi e' invece assegnato da tali leggi ruolo determinante quando si tratti di decidere se l'·insediamento possa essere "ammesso nell'abitato" o non invece "isolato nelle campagne". Il secondo profilo e' quello della tutela "settoriale" dell'ambiente, che vede oggi disciplinati gli scarichi idrici, le emissioni in atmosfera, l'attivita' di smaltimento dei rifiuti. A completare il quadro manca- orniai solo una regolamentazione, sancita a livello legislativo,·· degli aspetti inerenti l'inquinamento acustico. Varra' qui' la pena di rilevare come le obbligazioni generalizzate, conseguenti~ a tali ormai consolidate normative di settore tolgano molto ~i~ spessore alla tematica delle lavorazioni "insalubri", che non dovranno piu' trovare discriminazione solo in forza di una loro presenza negli elenchi ministeriali: elenchi che per altro conservano rilievo e significato quando si tratti di dover selezionare attivita' che nonostante i dispositivi di disinquinamento attivati possano comunque conservare un residuo impatto, incompatibile con determinati contesti del tessuto insediativo. - 4 - Terzo e piu' recente profilo e' quello, tuttora in fase di recepimento nel nostro ordinamento giuridico, relativo alla disciplina delle ''industrie a rischio di incidenti rilevanti". Non si tratta di "rischio ecologico" in senso stretto, ne' di permanenti ripercussioni sull'ambiente: talune "attivita' a rischio" possono presentare, in condizioni standard, un impatto ambientale assolutamente nullo, per poi dar luogo ad effetti catastrofici in caso di incendio o di esplosioni, eventualmente dovute a cause esterne del tutto accidentali. Se si opera una prima disamina dell'apparato produttivo con riferimento ad un'ottica di tutela ambientale si assiste al crollo dei concetti base che hanno informato la disciplina urbanistica oggi in vigore. Un deposito di idrocarburi, teoricamente ammissibile in zona per infrastrutture tecniche, se eccedente determinate dimensioni, puo' essere ricondotto alla tipologia delle "industrie a rischio di rilevanti incidenti", cosi' come un'attivita' che saremmo indotti a considerare "bianca" (es:. la confezione di piumini) appartiene in realta' al novero delle industrie insalubri di Il classe. Un'attivita' di autotrasporto o di stoccaggio merci puo' dar luogo ad un rilevante impatto acustico, mentre un attivita produttiva connessa all'assemblaggio di componenti elettroniche sembra poter coesistere senza ·problemi con magazzini di vendita all 1 ingrosso. Nella specifica realta' modenese oltre ai tradizionali aspetti dell'impatto ambientale che si estrinsecano in altrettante forme di inquinamento (atmosferico, acustico, idrico etc) assume primario rilievo un altro fattore di pressione sulle risorse naturali: ci si riferisce all'esistenza di attivita' idroesigenti che largamente contribuiscono al deficit del rapporto apporti/prelievi nelle falde sotterranee, e giocano un ruolo primario nell'innesco del fenomeno di subsidenza che interessa il nostro terr-itorio. Se tale temii verra' in seguito piu' diffusamente trattat0-, si ritiene fin d'ora opportuno rilevare come anche sotto questo profilo non presenti alcun significato la distinzione tra attivita' manifatturiere in senso stretto ed attivita' non direttamente produttive, che, come si e' visto, sta invee alla base dell'attuale disciplina di P.R.G. Un magazzino frigorifero, o un macello, - attivita' riconducibili alla zonizzazione di Infrastrutture Tecniche, sotto l'aspetto dei consumi idrici possono essere accomunati alle attivita' industriali a 1 1 - 5 - piu' forte prelievo unitario, per diretto impiego dell'acqua nei cicli produttivi. Le esemplificazioni su riportate tendono a rendere piu' immediatamente ed ,intuitivamente comprensibili i concetti che si vogliono proporré come nuovo fondamento· alla classificazione delle attivita' produttive, da recepirsi attraverso la normativa di P.R.G. Nell_a definizione della normativa non potra' inoltre non tenersi conto del pr~onderante peso dell'esistente rispetto alle ipotizzate quote di nuovo sviluppo, e quindi del ruolo che in ben indirizzato riuso del patrimonio edilizio esistente puo' venire ad assumere per una sostanziale elevazione della qualita' della vita nell'ambiente urbanizzato. Giova senza dubbio a tale riguardo l'opzione per una pianificazione urbanistica attuata su due livelli. La versione "strutturale" del PRG potra' confermare la "prevalente" vocazione ad accogli ere atti vita' effettivamente produttive, ovvero attrezzature infrastrutturali. nelle di verse zone individuate; al tempo stesso dovra' affrontare nodi fondamentali come quelli delle "attivita' a rischio di rilevanti incidenti" e delle "attivita' idroesigenti" di cui dovra' fornire adeguata declaratoria - proponendo le relative discipline sia per quanto riguarda eventuali nuovi insediamenti sia per quelli gia' in essere. Per contro la versione "operativa" della strumentazione urbanistica dovra' meglio entrare nel merito, attraverso analisi di maggior dettaglio, dei "contenuti" ammissibili per gli insediamenti, esistenti e di progetto. A tali analisi non dovranno rimanere estranee le considerazioni della effettiva distribuzione dell'apparato produttivo nella compagine urbana, e dei possibili effet~j indotti dalle diverse realta' produttive sul circostante contesto, immeqjato, o a medio raggi o. Quasi ne~suno dei comparti per insediamenti produttivi esistenti -ne' quelli "storici" fondatisi spontaneamente a nord della ferrovia· ove tra l'altro si concentrano le:. attivita' piu' marcatamente idroesigenti, ne' quelli "coordinati" dall'iniziativa pubblica o privata- si presenta infatti come zona esclusivamente monofunzionale. D'altra parte talora le zonizzazioni produttive sono applicate su aree dimensionalmente piuttosto ristrette, cosi' da farle recepire in pratica come "inclusioni" nell'ambito di altre funzioni urbane; nel caso di comparti piu' vasti possono determinarsi invece altrettanto estese "fasce di frontiera" con aree a diversa - 6 - destinazione, ove gli effetti di talune attivita' si fanno risentire con non trascurabili negativi impatti. Se tale pluralita' e frammistione di funzioni puo' risultare positiva per la vitalita' de11,a struttura urbana, e' pur vero che in assenza di una pi u' attenta rego 1amentazi one essa puo' trasformarsi in preoccupante fattore di degrado ambientale: pericolosi segnali in questo senso vanno da qualche tempo moltiplicandosi, forse anche per il diffondersi di una piu' acuta sensibilita' ai problemi dell'ambiente in sempre piu' ampi strati della cittadinanza. Di tali aspetti dovra' farsi carico la disciplina delle attivita' produttive proposte dallo strumento urbanistico in corso di definizione, se si vorra' garantire successo all'approccio pianificatorio di tipo "operativo". Ferme restando 1e "vocazioni prevalenti", cui s' e' fatto cenno, dovra' essere consentita una maggiore elasticita' -ed intercambiabilita'- per l'insediamento nelle diverse zone funzionali di attivita' ad impatto ambientale nullo od irrilevante: si tratta in pratica delle attivita' che non danno luogo ad emissioni in atmosfera -se non per quanto riguarda l'impianto di riscaldamento-; che non generano scarichi idrici se non di tipo civile (servizi igienici, docce o mense) e non hanno pertanto bi sogno di impianti di depurazione acque (a loro volta in genere capaci di significativi impatti per esalazioni odorigene o rumorosita'); che non generano scarti tossici e nocivi, sempre testimonianza di lavorazioni che esigono particolari cautele ambientali; che non creano problemi di inquinamento acustico, sia dovuto ai macchinari ed agli impianti tecnologici, sia connesso ad eventuali mezzi pesanti di trasporto in afflusso od in uscita. Viceversa in funzione de 1 di verso grado =o de 1 sommarsi dei diversi impatti la regolamentazione da costruire dovra' dar luogo a crescenti gradi di vincolo in relazione alle specificita' dei diversi contesti insediativi. Anche in questo caso piu' che alla classificazione funzionale delle zone di PRG, converra' riferirsi alla natura e alla dimensione dell 'attivita': un'azienda di autotrasporto con notevole movimentazione di merci e continuativo afflusso di autotreni dovrebbe ritenersi preferibilmente 'insediabile nel nocciolo interno di un comparto a destinazione industriale, piuttosto che in una urbanisticamente piu' appropriata "zona per infrastrutture tecniche", - 7 ma a confine con aree residenziali. L'insediarsi di alcune attivita' dovra' risultare tassativamente escluso dalle "fasce di frontiera" o da quelle zone produttive che si presentino piu' marcamente caratterizzate da funzioni "miste"· si tratta di quelle attivita' che indipendentemente dai dispositivi antiinquinamento posti in atto .conservano rilevanti ed ineliminabili impatti, come le fonderie di ghisa o le lavorazioni in vetroresina, tanto per fornire esemplificazione di un elenco che potrebbe senza dubbio essere elaborato, se non altro per approssimazioni successive. Parimenti 1o strumento urbanistico dovrebbe dare risposta alle esigenze di trasferimento di attivita' che allo stato di fatto risultino inaccettabilmente collocate nella struttura urbana tenendo di cio' conto nella definizione delle nuove quote, ma, altrettanto facendo riferimento alla possibile disponibilita' di edifici· esistenti per il primo insediarsi di nuove e piu' idonee attivita'. In tema di riuso e rinnovo urbanistico, per le attivita' di maggior consistenza e dimensione dovra' essere possibile esprimere un definitivo giudizio di ammissibilita', ed impostare · la pianificazione delle zone con termini in funzione delle valutazioni operate. I principi fin qui esposti sono passibili di trasposizione in termini di enunciati normativi, definizioni, elenchi di attivita' a diverso grado di impatto, cosi' come le considerazioni di tipo analitico distributivo possono trovare riscontro in elaborati cartografici di "lettura" delle singole realta' insediative. .- .- .- .- .- .- .- .- .- .- .